COLLEGIO DI NAPOLI
COLLEGIO DI NAPOLI
composto dai signori:
(NA) MARINARI Presidente
(NA) XXXXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia (NA) XXXXXXXXX DE XXXXXX Membro designato dalla Banca d'Italia
(NA) XXXXXXX Membro designato da Associazione rappresentativa degli intermediari
(NA) CAMPOBASSO Membro designato da Associazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXX XXXXXXXXXX
Nella seduta del 07/03/2016 dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
Il ricorrente, titolare di una rivendita di Sali e Xxxxxxxx, afferma in ricorso che:
- in data 11.5.2015 ha formulato all’intermediario una richiesta di credito, garantito da un confidi, per il risanamento della propria attività commerciale; ha quindi ricevuto comunicazione di accoglimento da parte del Confidi garante;
- è stato convocato a più riprese dalla banca per la produzione della documentazione necessaria per la concessione del mutuo, compreso il business planing, prodotto “immediatamente” dopo “l'ennesima” convocazione;
- in data 21.7.2015, è stato nuovamente convocato, con comunicazione scritta, presso l'istituto di credito, con un “nulla di fatto”, poiché a parere della funzionaria incaricata, la fideiussione del Confidi era riferita "alla ristrutturazione dei locali dell'attività e non a liquidità a fini d'impresa";
- in data 23.7.2015, per esigenze immediate di liquidità e presentando ulteriori documenti, ha ottenuto un fido di € 5.000,00;
- una volta chiarito lo scopo della garanzia rilasciata dal confidi, gli è stata comunicata la scadenza della fideiussione, che aveva durata di soli due mesi; per procedere alla richiesta di mutuo avrebbe quindi dovuto produrre una nuova fideiussione;
- la nuova fideiussione è stata quindi inoltrata dal confidi alla Banca, ma questa ha comunicato al cliente il peggioramento del rating e, di conseguenza, in data 31.8.2015, la mancata concessione del mutuo, con il consiglio di rivolgersi ad altro Istituto di Credito.
Il cliente precisa che, infine, in data 10.9.2015, ha ottenuto il giorno stesso della richiesta, presso altra banca, un prestito personale di euro 25.000,00, ad un tasso del 7,66%, a fronte del tasso del 3,50% previsto nella convenzione banca convenuta/confidi.
Ciò premesso in fatto, il ricorrente ritiene che la condotta posta in essere dalla banca sia fonte di chiara responsabilità precontrattuale, per violazione dei doveri di correttezza e buona fede; sebbene il contratto di mutuo non sia stato perfezionato, infatti, le trattative tra le parti erano “ben avviate considerando la delibera positiva della Confidi recepita dall'Istituto per ben due volte”; l’intermediario, per consuetudine commerciale e posta la natura di imprenditore del ricorrente (iscritto a titolo oneroso al Confidi), avrebbe dovuto esprimersi in termini chiari (interrompendo la trattativa per un motivo preciso e non interpretativo) e celeri (in modo consentire al cliente di intraprendere una “strategia di accesso al credito” meno “invasiva” di quella di fatto realizzata).
Sulla base di ciò il ricorrente chiede all’Arbitro di accertare e dichiarare la responsabilità contrattuale dell’intermediario condannandolo al pagamento dei danni subiti che si sarebbero tradotti in un tracollo dell’attività commerciale quantificato in € 26.750.
L’intermediario replica con le controdeduzioni osservando preliminarmente che la problematica portata all'attenzione dell’Arbitro verte su valutazioni di merito creditizio, tipica attività rientrante nella sfera dell'autonoma discrezionalità della banca, come rappresentato all'interessato con la risposta al reclamo.
Nel merito, la banca precisa che:
- nell'atto di convenzione del 5.3.2015 sottoscritto tra la Banca e il Confidi è espressamente prevista in 60 mesi la durata massima dei finanziamenti della specie (cfr. allegato "A" della convenzione); la garanzia richiesta dal cliente al Confidi era, invece, relativa ad un mutuo chirografario della durata di 84 mesi che, come tale, ha richiesto un ulteriore iter istruttorio di competenza di superiori Organi deliberanti diversi da quelli locali, supportato da documentazione integrativa richiesta al cliente;
- nel relativo lasso temporale, l'iniziale "rating" assegnato al cliente si è deteriorato passando dall'iniziale C2 (aprile-maggio-giugno 2015) a C3 (luglio 2015) e infine a D1 (agosto 2015); tali ultime classi (C3 e D1) - nell'ambito del processo di gestione del rischio di credito - sintetizzano una valutazione di merito della controparte inferiore ai parametri minimi previsti dal "Sistema dei Rating interni" della banca, tanto che nell'allegato "A" della convenzione, dove viene inoltre ribadito che "La classe di merito a cui si fa riferimento per l'applicazione delle condizioni economiche è quella stabilita ad insindacabile giudizio della Banca. ", non sono menzionati;
- le varie fasi della pratica sono sempre state portate a conoscenza del cliente, che ha anche ricevuto specifiche lettere di invito a recarsi in filiale per comunicazioni inerenti il finanziamento;
- la concessione della fideiussione da parte del Confidi è un atto svincolato dalla autonoma ed insindacabile valutazione del merito creditizio da parte della Banca.
L’intermediario afferma quindi la correttezza del proprio operato, facendo presente – quanto alla richiesta risarcitoria – che il "contratto di finanziamento" stipulato con altro intermediario prodotto dal cliente a sostegno della domanda è in realtà “un'esemplificazione di un prestito eventualmente erogabile” da tale banca.
DIRITTO
La controversia ha ad oggetto la domanda di risarcimento del danno provocato dall’asserito ritardo da parte dell’intermediario convenuto nel comunicare l’esito negativo della richiesta di finanziamento, presentata dalla ricorrente, per il quale questa aveva già ottenuto la garanzia del Confidi.
Al riguardo, il Collegio richiama il costante orientamento dell’Arbitro (v. per tutte, Collegio di coordinamento, n. 6182/13), per il quale, non può dirsi esistente, nel nostro ordinamento un obbligo dell’intermediario di erogare credito, né tanto meno l’ABF può sostituirsi ad un intermediario per valutare la convenienza di un’operazione e per imporgli la concessione di un finanziamento.
Nel contempo, però, è del pari indubitabile che anche nell’esercizio dell’attività creditizia “la discrezionalità tecnica di cui indiscutibilmente gli intermediari dispongono ... non può che svolgersi all’interno del perimetro segnato dai limiti di correttezza, buona fede e specifico grado di professionalità che l’ordinamento loro richiede, il che rende certamente sindacabile, limitatamente a tali profili la condotta degli stessi nello svolgimento di tale attività” (Collegio di Napoli, 3181/15; Collegio di Roma, n. 2625/2012).
Sotto quest’ultimo profilo, si può rilevare come la normativa regolamentare si sia assunta il compito di rendere il più possibile espliciti i parametri di riferimento della correttezza e buona fede dell’intermediario nella materia che qui occupa:
- ad esempio, nella Comunicazione Banca d’Italia del 22 ottobre 2007 (Bollettino di Vigilanza n. 10 dell’ottobre 2007) in tema di rifiuto di una richiesta di finanziamento, in particolare, è precisato che qualora la banca, nell’ambito della propria autonomia gestionale, “decida di non accettare una richiesta di finanziamento, è necessario che l’intermediario fornisca riscontro con sollecitudine al cliente; nell’occasione, anche al fine di salvaguardare la relazione con il cliente, andrà verificata la possibilità di fornire indicazioni generali sulle valutazioni che hanno indotto a non accogliere la richiesta di credito”;
- nella Circolare ABI del 22 gennaio 1996, n. 6, che ha reso pubblico il Codice di comportamento del settore bancario e finanziario, in forza del quale, nello svolgimento
dell’istruttoria delle domande di finanziamento, è sancito che “l’aderente (banca) si atterrà alle specifiche regole di comportamento di seguito indicate, poste nell’interesse generale dei clienti e a tutela degli stessi. In particolare, esso si impegna a: - ridurre il più possibile i tempi per le decisioni sulle richieste di affidamento, tenendo conto della propria struttura organizzativa, delle procedure interne e della tipologia del fido richiesto; - seguire criteri di trasparenza nelle procedure per la valutazione delle richieste di affidamento al fine di consentire la conoscenza dello stato di avanzamento della pratica di fido”;
- ed ancora nella Comunicazione della Banca d’Italia n. 993215 del 26-11-2012 (in tema di segnalazione dei Prefetti previste dall’art. 27-bis, comma 1-quinquies, del d. l.
1/2012)” si legge che: «Ferma restando l’autonomia delle banche nell’assunzione delle scelte di erogazione del credito e nella definizione di livelli di rischio e rendimento coerenti con l’obiettivo di garantire la sana e prudente gestione, è stato auspicato – anche di recente – che le banche italiane affinino la loro capacità di selezionare il merito creditizio […] . Come specificato in altre occasioni, nel caso in cui l’intermediario decida di non accettare una richiesta di finanziamento, andrà reso al cliente un sollecito riscontro»;
E’ evidente, pertanto, che il diritto del cliente “a ricevere indicazioni”, al quale fa riscontro il dovere “di assistenza” dell’intermediario (così si esprime il Collegio di coordinamento nella decisione n. 6182/2013), si sostanzia anche nel dovere di fornire l’adeguato riscontro entro un tempo ragionevole.
Sotto questo profilo, il comportamento tenuto dall’intermediario nel caso di specie non può ritenersi del tutto esente da censure.
Secondo la cronologia dei fatti, prospettata dal ricorrente e non contestata dall’intermediario, la richiesta di credito garantito è stata presentata l’11.5.2015; a metà giugno la banca ha ricevuto la garanzia rilasciata dalla Confidi (rilasciata il 3/6/2015); in seguito il cliente ha ricevuto ripetute richieste di documentazione dalla banca; l’intermediario ha sollevato rilievi sull’idoneità della garanzia ricevuta, perché non conforme alla convenzione in essere con il Confidi, ma nonostante tale difformità fosse - secondo la banca - rilevabile ictu oculi non risulta averlo segnalato tempestivamente al cliente: tant’è che la prima fideiussione è scaduta ed è stato necessario presentarne una seconda (rilasciata il 24/8/2015) di analogo tenore: quest’ultima presumibilmente ritenuta idonea dalla banca, dato che la stessa sostiene nelle controdeduzioni di aver rifiutato il finanziamento per altra ragione (deterioramento del rating). Secondo il ricorrente il definitivo diniego del credito è gli stato comunicato solo il 31-8-2015, e la banca non contesta né presenta alcuna documentazione di tale comunicazione per attestare di aver quanto meno ottemperato al dovere di comunicare con trasparenza le ragioni del rifiuto.
In definiva, in considerazione dell’anomala durata dell’istruttoria, della richiesta “a
singhiozzo” di ulteriore documentazione, della mancata produzione di documentazione sulla comunicazione del rifiuto definitivo del credito, il Collegio ritiene che il comportamento dell’intermediario non sia stato conforme ai doveri generali di correttezza e buona fede, nella specifica accezione del dovere di assistenza, del dovere di riscontro in tempi ragionevoli della richiesta e di trasparenza.
Tuttavia, la domanda di risarcimento dei danni proposta dalla ricorrente non può essere accolta, in quanto non risulta adeguatamente provato il danno subito.
Il Collegio al riguardo ribadisce che il diritto al risarcimento del danno conseguente alla lesione di un diritto soggettivo può essere riconosciuto non per finalità punitive, ma solo in relazione all’effettivo pregiudizio subito dal titolare del diritto leso. Ne consegue che la scorrettezza della condotta del convenuto non è sufficiente di per sé a fondare un credito risarcitorio, scorrettezza che può giustificare uno spostamento patrimoniale a favore del danneggiato solo allo scopo di eliminare le conseguenze del danno subìto (cfr. sul punto Collegio di Coordinamento, decisione n. 3089/2012).
Quanto alla prova del danno, produce un conteggio da lui stesso predisposto e presumibilmente riferibile ai mancati incassi registrati, agli oneri finanziari sostenuti e ai contributi previdenziali non versati. Il cliente allega poi – a sostegno della doglianza relativa all’accesso al credito ottenuto a condizioni peggiori rispetto a quelle attese presso l’intermediario convenuto – una copia delle “informazioni europee di base relative al credito ai consumatori” emesse da altro intermediario, con indicazione delle condizioni contrattuali applicabili ma senza alcuna evidenza dell’effettiva conclusione del relativo contratto. Tale documentazione, a giudizio del Collegio, non solo appare inidonea a suffragare la quantificazione del danno prospettata dal ricorrente (€ 26.750), ma a ben vedere neppure consente di accertare con certezza l’esistenza di un pregiudizio patrimoniale. Peraltro, come affermato dalla giurisprudenza della Cassazione, in mancanza della prova del danno non è possibile neppure procedere alla liquidazione in via equitativa, trovando applicazione l'ulteriore principio giurisprudenziale secondo cui “l'esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c. […] presuppone che sia provata l'esistenza di danni risarcibili e che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile, per la parte interessata, provare il danno nel suo preciso ammontare” (Xxxx. 30 aprile 2010, n. 10607). Conseguentemente, la domanda risarcitoria non può che essere rigettata.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1