COLLEGIO DI BOLOGNA
COLLEGIO DI BOLOGNA
composto dai signori:
(BO) MARINARI Presidente
(BO) XXXXX XXXXXXXX VELI Membro designato dalla Banca d'Italia (BO) LOMBARDI Membro designato dalla Banca d'Italia
(BO) XXXXXXXXXXXX Membro di designazione rappresentativa degli intermediari
(BO) XXXXXXXXXX Membro di designazione rappresentativa dei clienti
Relatore XXXXXX XXXXX XXXXXXXX
Seduta del 10/03/2020
FATTO
Il ricorrente ha affermato che, in data 10 aprile 2014, ha stipulato con l’intermediario resistente il contratto di finanziamento dietro cessione del quinto degli emolumenti n.
***513 per complessivi 35.400,00 euro, da rimborsare mediante cessione di quote della pensione in centiventi rate di 295,00 euro ciascuna. Il finanziamento veniva estinto anticipatamente al 30 giugno 2018, dopo il pagamento di quarantotto rate di rimborso. Parte ricorrente, previa proposizione di reclamo in data 17 dicembre 2019, ha chiesto all’ABF il rimborso di oneri e commissioni non maturate a seguito di estinzione anticipata ai sensi dell’art. 125-sexies TUB per la somma di 4.114,79 euro.
L’intermediario resistente, confermati i fatti, ha affermato che, in ordine alle commissioni di attivazione, sussiste una sostanziale differenza tra le commissioni di attivazione e le spese di istruttoria, entrambe percepite up front dalla banca. In particolare, le commissioni di attivazione non sono soggette a rimborso in quanto percepite up front dalla Banca a copertura dei costi e dei rischi connessi all’attivazione del finanziamento. Nel corso di detta fase, pur essendo stato sottoscritto il contratto di finanziamento, non ha avuto ancora inizio l’ammortamento del finanziamento, e, infatti, solo conclusa tale fase, con l’erogazione del netto ricavo dell’operazione, inizia il successivo periodo di ammortamento, con la conseguente attività volta alla vera e propria fase di gestione amministrativa del prestito, remunerata con la voce “commissioni di gestione”, aventi
natura recurring e come tali soggette a restituzione pro quota. In ordine al riconoscimento delle commissioni di gestione non maturate, ha affermato che, a seguito di specifica richiesta in tal senso da parte del cliente, il contratto è stato estinto, e la banca ha riconosciuto al ricorrente la somma di 50,41 euro, a titolo di commissioni di gestione non maturate, calcolata secondo i criteri previsti dai principi contabili internazionali IFRS-IAS. In ordine alle “commissioni di intermediazione”, ha evidenziato che sono state trattenute up front al momento dell’erogazione del finanziamento e successivamente versate al Mediatore creditizio per la remunerazione di attività prodromiche alla stipula del contratto di prestito, dallo stesso svolte in forza dell’incarico di mediazione conferito dal cliente; che il mediatore creditizio, a seguito del conferimento di specifico incarico da parte del cliente, svolge la sua attività senza essere legato ad alcuna delle parti, come chiaramente stabilito dall’art. 128-sexies; che la non rimborsabilità dei relativi oneri è stata confermata in più occasioni dalla giurisprudenza dell’ABF e dalla giurisprudenza di merito. In ordine, infine, alle “spese di istruttoria”, l’intermediario ha affermato che le suddette spese fanno riferimento ad una mera attività di pre-analisi, prodromica alla concessione del finanziamento, e pertanto costituiscono un onere up front. La parte resistente ha, così, richiesto, in xxx xxxxxxxxxx, xx xxxxxxxxx “l’avversa richiesta di restituzione delle ulteriori somme a titolo di gestione e di attivazione, tenuto conto di quanto già rimborsato” pari a 50,41 euro; di rigettare “la richiesta di restituzione delle commissioni di intermediazione”; di rigettare “l’avversa domanda di restituzione delle spese di istruttoria”. “In via subordinata, nella denegata ipotesi in cui fosse tenuto a rimborsare ulteriori somme, circoscrivere l’importo a quello già offerto in sede di reclamo” pari a 527,03 euro rifiutati dal ricorrente. In via di ulteriore subordinata, “nella denegata ipotesi in cui la parte resistente fosse tenuta a rimborsare somme ulteriori e diverse da quelle già offerte, decurtare dall’importo individuato quanto già rimborsato al cliente a titolo di commissioni” pari a 50,41 euro.
DIRITTO
La controversia ha ad oggetto il riconoscimento del diritto della ricorrente alla restituzione di parte dei costi del finanziamento, a seguito della avvenuta estinzione anticipata di quest’ultimo rispetto al termine convenzionalmente pattuito, da cui deriva, come previsto dall’articolo 125-sexies del TUB, il diritto del soggetto finanziato a ottenere una riduzione del costo totale del credito pari all’importo degli interessi e dei costi “dovuti per la vita residua del contratto”. Più in particolare, la domanda avanzata dal ricorrente risulta riferita alle spese di istruttoria, alle commissioni del finanziatore, alle commissioni dell’agente e al premio assicurativo.
La consolidata giurisprudenza dei Collegi di questo Arbitro, coerentemente con quanto stabilito, peraltro, dalla stessa Banca d’Italia negli indirizzi rivolti agli intermediari nel 2009 e nel 2011, ha affermato fino a oggi che la concreta applicazione del principio di equa riduzione del costo del finanziamento determinasse la rimborsabilità delle sole voci soggette a maturazione nel tempo (c.d. recurring) che – a causa dell’estinzione anticipata del prestito – costituirebbero un’attribuzione patrimoniale in favore del finanziatore ormai priva della necessaria giustificazione causale. A contrario, il medesimo orientamento ha confermato la non rimborsabilità delle voci di costo relative alle attività preliminari e prodromiche alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipata (c.d. up front).
Si è ugualmente consolidato l’orientamento alla cui stregua il criterio di calcolo della somma corrispondente alla “riduzione” dei costi retrocedibili in caso di estinzione
anticipata deve essere individuato nel metodo proporzionale puro, comunemente denominato pro rata temporis.
La cornice interpretativa appena descritta si è, di recente, arricchita della decisione dell’11 settembre 2019 nella causa C-383/18 della Corte di Giustizia Europea, e della successiva decisione dell’11 dicembre 2019 del Collegio di Coordinamento di questo ABF.
Con domanda di pronuncia pregiudiziale ex art. 267 TFUE, infatti, il Giudice del Tribunale di Lublino ha chiesto alla Corte di Giustizia Europea di fornire l’esatta interpretazione dell’articolo 16, paragrafo 1, della Direttiva 2008/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 sui contratti dei consumatori, che ha abrogato la precedente Direttiva 87/102 CEE del Consiglio, e in particolare di chiarire se tale disposizione, nel prevedere che “il consumatore ha diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”, includa o meno tutti i costi del credito, compresi quelli non dipendenti dalla durata del rapporto.
La Corte Europea, con la già ricordata sentenza 11 settembre 2019, (c.d. sentenza LEXITOR), ha fornito risposta a tale quesito affermando che l’articolo 16 della Direttiva deve essere interpretato nel senso che “il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore”.
Dal proprio canto, il Collegio di Coordinamento di questo ABF, investito della questione dal Collegio di Palermo con ordinanza del 16 settembre 2019 in relazione alle conseguenze della citata sentenza della CGUE sulla rimborsabilità dei costi non continuativi (c.d. up front), accogliendo parzialmente il ricorso, con decisione dell’11 dicembre 2019, ha enunciato il principio, per un verso, per cui “A seguito della sentenza 11 settembre 2019 della Corte di Giustizia Europea, immediatamente applicabile anche ai ricorsi non ancora decisi, l’art. 125-sexies TUB deve essere interpretato nel senso che, in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto alla riduzione di tutte le componenti del costo totale del credito, compresi i costi up front”, e, per l’altro, per cui “Il criterio applicabile per la riduzione dei costi istantanei, in mancanza di una diversa previsione pattizia che sia comunque basata su un principio di proporzionalità, deve essere determinato in via integrativa dal Collegio decidente secondo equità, mentre per i costi recurring e gli oneri assicurativi continuano ad applicarsi gli orientamenti consolidati dell’ABF”.
Lo stesso Collegio di Coordinamento, ha osservato che “La ripetibilità dei costi up front opera rispetto ai nuovi ricorsi e ai ricorsi pendenti, purché preceduti da conforme reclamo, con il limite della domanda”, che “Non è ammissibile la proposizione di un ricorso per il rimborso dei costi up front dopo una decisione che abbia statuito sulla richiesta di retrocessione di costi recurring”, e che “Non è ammissibile la proposizione di un ricorso finalizzato alla retrocessione dei costi up front in pendenza di un precedente ricorso proposto per il rimborso dei costi recurring”.
Quanto al criterio di riduzione dei costi, il Collegio di coordinamento ha affermato, in primo luogo, la nullità di ogni clausola che “[…] sia pure in modo implicito, abbia escluso la ripetibilità dei costi riferiti ad attività preliminari […]”, in quanto contraria a norma imperativa, conseguendone che tale nullità rilevabile d’ufficio in base al disposto degli articoli 127 TUB e 1418 c.c. comporti la sostituzione automatica del disposto di cui all’art. 1419, comma 2, c.c. con la norma imperativa che, già al momento della conclusione del contratto – come si deve necessariamente concludere, per la natura dichiarativa della
decisione LEXITOR – imponeva la restituzione anche dei costi up front.
In secondo luogo, il Collegio di coordinamento, rilevato che, quanto alla riduzione dei costi diversi da quelli recurring, si è in presenza di una lacuna del regolamento contrattuale, osserva che la CGUE non impone al riguardo un criterio di riduzione comune e unico per tutte le componenti, ma ha affermato che il metodo di calcolo utilizzabile “consiste nel prendere in considerazione la totalità dei costi sopportati dal consumatore e nel ridurne poi l’importo in proporzione della durata residua del contratto”, intendendo la “totalità” non “[…] come sommatoria, ma come complessità delle voci di costo […]”.
Le parti, quindi, potranno “[…] declinare in modo differenziato il criterio di rimborso dei costi up front rispetto ai costi recurring, sempre che il criterio prescelto, con ciò senza escludere la facoltà di estendere il metodo pro rata, sia agevolmente comprensibile e quantificabile dal consumatore e risponda sempre ad un principio di (relativa) proporzionalità […]”.
Sempre secondo il Collegio di coordinamento, se tale situazione non dovesse verificarsi spetterà al giudicante il compito di integrare il regolamento contrattuale incompleto, e, non potendosi procedere a tale fine in via interpretativa, in relazione al contenuto del contratto, né in base ad una disposizione normativa suppletiva, il Collegio afferma che non possa che procedersi al ricorso per la integrazione “giudiziale” secondo equità (art. 1374 c.c.).
Il Collegio di coordinamento, quindi, premesso che spetterà ai singoli Collegi territoriali la valutazione dei casi concreti, considera il merito del ricorso, in relazione al quale “[…] ritiene peraltro che il criterio preferibile per quantificare la quota di costi up front ripetibile sia analogo a quello che le parti hanno previsto per il conteggio degli interessi corrispettivi, costituendo essi la principale voce del costo totale del credito espressamente disciplinata in via negoziale. Ciò significa che la riduzione dei costi up front può nella specie effettuarsi secondo lo stesso metodo di riduzione progressiva (relativamente proporzionale appunto) che è stato utilizzato per gli interessi corrispettivi (c.c. curva degli interessi) come desumibile dal piano di ammortamento […]”, concludendo che si tratta della soluzione da ritenere “[…] allo stato la più idonea a contemperare equamente gli interessi delle parti contraenti perché, mentre garantisce il diritto del consumatore a una riduzione proporzionale dei costi istantanei del finanziamento, tiene conto della loro ontologica differenza rispetto ai costi recurring e della diversa natura della controprestazione […]”, e che “[…] essa, inoltre, trova un collegamento puntuale nel richiamo alla portata del diritto all’equa riduzione del costo del credito sancito nell’abrogato art. 8 della Direttiva 87/102, di cui l’art. 16 della Direttiva 2008/48 costituisce una più precisa consacrazione evolutiva […]”.
Il Collegio aggiunge, infine, che “[…] non ricorre invece alcuna ragione per discostarsi dai consolidati orientamenti giurisprudenziali dell’Arbitro bancario per quanto attiene ai costi ricorrenti e agli oneri assicurativi […]”.
Questo Collegio, nel dare piena attuazione sia alla decisione del Collegio di Xxxxxxxxxxxxx sia ai principi di diritto esposti nel suo dispositivo, ritiene appropriato, nel merito, in base alla sua autonoma valutazione, il criterio di calcolo adottato nel caso concreto dal Collegio di Coordinamento per la quantificazione dei costi up front da restituire, condividendo pienamente, e qui richiamando integralmente le argomentazioni poste a fondamento di tale scelta che individua nella previsione pattizia del conteggio degli interessi il referente normativo da utilizzare al fine di calcolare l’importo di tale restituzione in applicazione del principio di integrazione giudiziale secondo equità.
Il Collegio ritiene, inoltre, sempre quale principio generale di diritto, che analogo criterio
debba essere utilizzato anche in relazione ai contratti stipulati antecedentemente alla Direttiva 2008/48/CE relativa al credito ai consumatori e nel vigore della precedente direttiva 87/102 CEE.
A tale riguardo, appare innanzitutto significativo l’espresso riferimento a tale Direttiva contenuto nel paragrafo 28 della sentenza LEXITOR, nel quale la Corte afferma che l’art. 16 della nuova Direttiva ha concretizzato il diritto del consumatore a una riduzione del costo del credito in caso di rimborso anticipato, sostituendo alla nozione generica di “equa riduzione” quella “più precisa di“ riduzione del costo totale del credito e aggiungendo che tale riduzione deve riguardare “gli interessi e i costi”, così come rilevato e confermato anche dal Collegio di coordinamento, come supra riportato.
Tale conclusione appare, quindi, pienamente in accordo con l’orientamento espresso dal Collegio di coordinamento e dai Collegi ABF in merito ai principi che regolavano la materia anche prima dell’introduzione dell’art. 125-sexies del TUB.
Nel caso di specie, la domanda di rimborso, concordi le parti nel ritenere che il prestito è stato estinto il 30 giugno 2018, decorsa la quarantottesima rata sulle centoventi originariamente previste, ha ad oggetto le commissioni bancarie, gli oneri di distribuzione e le spese di istruttoria.
Sulla scorta dei condivisi orientamenti dei Collegi ABF, se le spese di istruttoria sono state ritenute up front, le commissioni di attivazione e le commissioni di gestione, sono state ritenute recurring. Più in particolare, nel caso di specie, quest’ultima voce di costo è stata rimborsata al ricorrente secondo un criterio alternativo al pro rata temporis (principi contabili IAS 39), sebbene, tale modalità di rimborso non fosse specificamente prevista nelle condizioni contrattuali, né constasse agli atti documentazione riguardante la pattuizione di tale criterio alternativo per il rimborso della voce di costo in oggetto.
Quanto al costo di intermediazione, sulla scorta dei condivisi orientamenti dei Collegi ABF, è stata ritenuta up front, come si evince dalla documentazione allegata dall’intermediario (conferimento di incarico di mediazione), da cui si ricava come l’attività di mediazione sia effettivamente circoscritta all’attività propedeutica alla conclusione del contratto di finanziamento.
Alla luce di quanto precede, applicando per le voci di costo ritenute recurring, il criterio pro rata temporis, e, per quelle ritenute up front, il criterio “finanziario” al tasso d’interesse nominale (i.e. curva degli interessi secondo il piano di ammortamento), considerati gli orientamenti espressi dal Collegio e ferme le sue valutazioni sull’applicazione del criterio dell’equità integrativa al caso di specie, la domanda deve essere accolta parzialmente, tenuto conto dei rimborsi già effettuati pari a 50,41 euro, che vanno a compensarsi con l’importo corrispondente al residuo delle commissioni e delle provvigioni ancora da rimborsare. Ne risulta un importo dovuto pari a 2.895,50 euro, oltre a interessi legali dal reclamo al saldo, che non coincide con quanto richiesto dal ricorrente (4.114,79 euro) in quanto quest’ultimo ha utilizzato il pro rata temporis per tutte le voci richieste.
PER QUESTI MOTIVI
Il Collegio – in parziale accoglimento del ricorso – dichiara l’intermediario tenuto in favore della parte ricorrente alla restituzione dell’importo complessivo di euro 2.895,50 (duemilaottocentonovantacinque/50).
Dispone, inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda
alla Banca d’Italia la somma di Euro 200,00 (duecento/00) quale contributo alle spese della procedura e alla parte ricorrente quella di Euro 20,00 (venti/00) quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1