Nullità di accordo transattivo in tema di contratti derivati
Commento a Tribunale di Verona, 10/08/2017, n. 2027 (Xxxxxxx Xxxxxxx Xxxxxxx)
Nullità di accordo transattivo in tema di contratti derivati
(in collaborazione con avv. Xxxxxx Xxxxxxxxx), in Altalex 26/10/2017.
Massima:
L’accordo transattivo concluso dal cliente con la banca a definizione di ogni contestazione relativa ai plurimi contratti derivati conclusi tra le parti, così come la rinuncia all’azione in esso contenuta, sono nulli per mancata individuazione della res dubia qualora non risultano esplicitate le censure che il cliente aveva mosso ai diversi contratti citati nelle premesse dell’accordo transattivo, non essendo possibile stabilire se esse corrispondano o meno a quelle svolte nel giudizio (7.2.).
(Omissis) RAGIONI DELLA DECISIONE
V. spa e i suoi soci ed amministratori F. B. e M.L.N. hanno convenuto in giudizio davanti a questo Tribunale Unicredit Spa per sentir accertare la nullità, sotto diversi profili tutti meglio esplicitati nell’atto di citazione, di quindici contratti di Interest Rate Swap di diversa tipologia che la predetta società aveva stipulato con la convenuta in un arco di tempo compreso tra il giugno 2000 e il marzo 2006. Gli attori hanno lamentato anche la nullità e l’annullabilità per diversi motivi dell’accordo transattivo che aveva concluso con la convenuta nel luglio del 2007 a definizione di ogni contestazione relativa ai predetti contratti. Gli attori hanno anche avanzato domanda di risarcimento dei danni subiti a seguito della stipulazione dei succitati contratti di interest swap.
La convenuta si è costituita in giudizio e in via pregiudiziale ha eccepito l’improcedibilità delle domande attoree sulla scorta dell’assunto che i titoli posti a fondamento di esse erano stati oggetto dell’accordo transattivo del 21.05.2007. In via preliminare di rito, nel caso non fosse stata accolta la predetta domanda, la convenuta ha eccepito l’incompetenza del Tribunale di Verona in favore di quella del collegio Arbitrale relativamente ai contratti Convertible Swap in data 6.6.2000 (doc. 1 di parte attrice), Convertible Swap 22.6.2000 (doc. 2 di parte attrice), Convertible Swap 19.10.2000 (doc. 3 di parte attrice), Interest Rate Swap 26.7.2001 (doc. 4 di parte attrice) in virtù della clausola n. 14 dell’accordo quadro del 6 giugno 2000.
In via subordinata a tale ultima eccezione Unicredit ha eccepito l’estinzione, per il decorso del termine di prescrizione quinquennale, delle pretese che si fondavano sulla dedotta responsabilità extracontrattuale della convenuta ed ha eccepito anche l’estinzione, per il decorso del termine di prescrizione decennale, delle pretese fondate sulla dedotta responsabilità contrattuale di Unicredit. Infine, ha eccepito l’estinzione per il decorso del termine di prescrizione decennale, dell’azione di ripetizione dell’asserito indebito ex adverso proposta.
La convenuta ha anche assunto l’infondatezza nel merito delle pretese avversarie.
Ciò detto con riguardo agli assunti delle parti, seguendo l’ordine delle argomentazioni che esse hanno svolto, occorre innanzitutto stabilire la validità dell’atto di transazione da loro concluso il 21.05.2007 e della rinuncia all’azione di V. s.p.a. che è in esso contenuta (doc. 18 di parte attrice). Xxxxxx, sul punto merita di essere condiviso il rilievo attoreo secondo cui l’accordo, al pari della rinuncia all’azione in esso contenuta, sono nulli per mancata individuazione della res dubia ovvero di quell’elemento che la giurisprudenza di legittimità ritiene essenziale per la validità della transazione (cfr. Cass. 09.11.1983, n. 6636; Cass., 25.10.2013, n. 24169; Cass., 04.05.2016, n. 8917). Infatti in esso non risultano esplicitate le censure che Xxxx aveva mosso ai diversi contratti citati nelle sue premesse cosicché non è possibile stabilire se esse corrispondano o meno a quelle svolte nel presente giudizio.
(Omissis)
P.Q.M.
Il Giudice unico del Tribunale di Verona, non definitivamente pronunciando, ogni diversa ragione ed eccezione disattesa e respinta:
- dichiara la nullità dell'accordo transattivo del 21 maggio 2007; (Omissis)
Verona, 2 agosto 2017. Il Giudice
Commento
La vicenda oggetto della controversia così decisa corrisponde a una tipologia di operazioni alle quali diversi istituti Bancari all’epoca (la specifica vicenda si colloca nella prima metà degli anni duemila) ricorrevano per “fare cassa” a danno dei loro clienti, attraverso contratti su derivati SWAP tra loro concatenati, dove alla chiusura (spesso anticipata) di quello precedente, il saldo negativo a danno del cliente veniva “neutralizzato” attraverso la stipulazione di nuovi contratti, con funzione sostanzialmente di finanziamento delle perdite e con accrediti di importi di up-front che conglobavano i debiti maturati e spesso di gran lunga inferiori all’up-front matematico, e quindi comprendenti commissioni occulte sovente rilevantissime. Quando questa catena (nel caso deciso formata da ben quindici contratti SWAP), per volontà della banca o perché il cliente si rendeva finalmente conto del girone infernale in cui era caduto, si interrompeva, a fronte del saldo negativo via via accumulatosi e moltiplicato dalla catena di contratti (nella fattispecie decisa oltre € 800.000,00) la Banca offriva una transazione, con uno “sconto” sull’importo risultante e per lo più (cioè nella quasi sempre verificantesi ipotesi in cui il conto corrente del cliente non era capiente) con la concessione di un mutuo, che consentiva alla Banca medesima di immediatamente realizzare il suo credito, mentre il cliente si trovava per numerosi anni a dover rimborsare il capitale mutuato (ovviamente con i relativi interessi).
Tutto ciò avveniva attraverso comportamenti standardizzati della Banca, con contratti redatti su modelli di accordo in cui erano ricorrenti le medesime clausole caratterizzanti, spesso identiche finanche nella formulazione letterale, e così quanto alla transazione si rinveniva (oltre a quelle sulla valenza generale della transazione e sulla natura novativa della medesima, alle deroghe agli artt. 1975 e 1972, co. 2, c.c., ecc.) quella particolarmente significativa sulla segretezza (“Le parti si impegnano a mantenere il presente accordo, nonché ogni dato o informazione allo stesso inerente, strettamente riservati, e a non divulgarli in alcun modo, in tutto o in parte, a terzi”) e sulla rinuncia a contestazioni anche in sede penale (“Nello specifico, le Parti dichiarano di rinunciare ad ogni reciproca pretesa e/o contestazione presente o futura innanzi a qualsivoglia giurisdizione e/o autorità, anche penale, a qualunque titolo ricollegabile ai fatti ed ai Contratti menzionati in Premessa”: vera e propria confessio criminis!).
La transazione era così utilizzata non in conformità alla sua causa tipica, bensì per conseguire un risultato diverso, quello cioè di fondare una pretesa altrimenti poggiante su contratti derivati per più versi contestabili (attraverso le varie cause di invalidazione che la giurisprudenza ha in questo anni sviluppato) e a dare un più consistente titolo giuridico alla pretesa di pagamento della Banca.
Finora questa transazione è stata ampiamente ritenuta (quantomeno dalle banche) come incontestabile (o al più soggetta ad azioni di annullamento, con i limiti temporali e le difficoltà probatorie che queste caratterizzano), ma la pronuncia che si annota – sia pure nella motivazione confinata alla mancata specificazione della res dubia - vale a costituire un leading case, che potrà ridare prospettive a una vasta moltitudine di clienti incorsi nella deprecabile prassi bancaria sull’uso deviato dei contratti derivati.