ASSOCIAZIONE DI CATEGORIA
“I contratti di rete nell’ambito delle procedure di gara”
Contributi pervenuti da associazioni di categoria ed altri soggetti alla Consultazione on line entro il 4 luglio 2012
ASSOCIAZIONE DI CATEGORIA
n.1
Assoimprenditori Alto Adige – Xxxxxxxx XXXXX - Responsabile servizio legale
Con riferimento alla consultazione on line promossa da codesta spettabile Autorità per la Vigilanza sui Contratto Pubblici relativamente ai Contratti di rete, di cui al comma 4-ter e seguenti dell’art. 3 DL 5/2009, nell’ambito delle procedure da gara per l’affidamento di appalti pubblici si coglie l’occasione per avanzare le seguenti sintetiche valutazioni ed osservazioni.
Quanto alla necessità di una modifica legislativa al DLGS 163/2006 nonché, ove necessario, al DPR 207/2010, al fine di consentire alle reti d’impresa di partecipare alle procedure di gara ovvero alla possibilità di pervenire alla medesima conclusione in via interpretativa, considerando i molteplici profili connessi alla partecipazione di un soggetto ad una procedura di gara si ritiene necessario procedere ad una modifica legislativa al fine della certezza del diritto e della tutela della par condicio tra offerenti.
Modifica peraltro urgente considerando il tempo nel mentre trascorso dall’entrata in vigore della norma che detta diretta partecipazione ha previsto.
Non si ritiene che il suggerimento di costituire di volta in volta, tra tutte o solo tra alcune delle imprese partecipanti alla rete (retisti), un raggruppamento temporaneo d’impresa rispecchi la volontà, se pur confusamente espressa, dal legislatore nel cd. Statuto delle imprese di consentire a questa specifica forma di collaborazione tra imprese di partecipare, direttamente e non sotto altra veste, alle procedure di gara.
Peraltro la prassi riscontrabile nella lettura dei contratti di rete già in essere indica chiaramente l’intento di utilizzare questa tipologia contrattuale quale raggruppamento temporaneo d’imprese non vincolato e diretto al singolo appalto bensì con natura “stabile”, se pure leggera, e potenzialmente teso alla partecipazione coordinata e congiunta ad un numero indefinito di appalti nel lasso di tempo segnato dalla durata del contratto medesimo. Ovvero, visto da un altro punto di vista, come se fosse un consorzio ordinario ex 2602 c.c. senza tuttavia l’appesantimento di forme ed adempimenti derivanti dalla costituzione di un nuovo soggetto giuridico.
Alla luce di quanto sopra e tenendo presente altresì che, data la natura giuridica del contratto di rete, non sembra possibile riconoscere in capo allo stesso la titolarità di un’autonoma qualificazione SOA, per quanto riguarda gli appalti di lavori, ovvero di autonomi requisiti di qualificazione per quanto riguarda gli appalti di servizi e forniture, si ritiene che, una volta annoverato il contratto di rete tra i soggetti che possono presentare un’offerta nella gara d’appalto, previa adeguata modifica all’art. 34 del DLGS 163/2006, dal punto di vista della qualificazione al contratto di rete possano essere estese, mediante ulteriore modifica normativa, le regole ora vigenti per i raggruppamenti d’impresa fatte salve le ulteriori precisazioni:
a) quale condizione per la partecipazione alle gare d’appalto il contratto di rete dovrà obbligatoriamente prevedere un organo comune al quale conferire mandato e procura con rappresentanza, così da poter agire in nome e per conto di tutte le imprese aderenti alla rete per la partecipazione ad appalti pubblici. Considerando la forma richiesta per il contratto di rete, il mandato così conferito rispetterebbe il requisito di forma richiesto per il mandato sottostante al RTI;
b) il predetto mandato all’organo comune dovrà altresì presentare tutte le caratteristiche, del mandato e della procura, ora espressamente richieste per il XXX, xx xxxxxx x’xxxxxxxxxxx xxx xx XX contraente di una sua eventuale revoca così come di un recesso dalla rete;
c) l’organo comune del contratto di rete, come il presidente del consorzio ordinario, dovrà indicare di volta in volta in sede di partecipazione alla gara d’appalto per quali tra i retisti, se non per tutti, intende presentare l’offerta. La qualificazione avverrà quindi in relazione ai requisiti posseduti da retisti indicati e nelle forme ora possibili e previste per il RTI;
d) dal punto di vista della fatturazione, così come già ora per il RTI, il contratto di rete risulterebbe “trasparente”, mantenendo i retisti una loro autonomia ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali.
Conclusivamente si ritiene quindi che la partecipazione alla gara d’appalto del contratto di rete debba essere garantita allo stesso in quanto tale mediante una modifica alla normativa vigente che contestualmente fissi le regole per detta partecipazione, nonché, ove necessario, per l’esecuzione del successivo contratto avendo come riferimento quelle ora applicabili al RTI/Consorzio ordinario di concorrenti.
ALTRO
N. 1
Xxxxxxx XXXXXX - Osservatorio di Diritto Comunitario e Nazionale sugli Appalti - Centro studi attivato nel 2001 dal xxxx. Xxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxx presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università di Trento
1. Sui limiti soggettivi inerenti l’adesione al contratto di rete, con particolare riguardo ai liberi professionisti.
Secondo l’opinione prevalente la costituzione dei contratti di rete (CdR) è possibile solo fra imprese, siano esse organizzate giuridicamente in forma individuale o societaria. Ne deriva, come osserva l’AVCP nel documento di consultazione, che la sottoscrizione dei contratti di rete resterebbe preclusa ai soggetti che non rivestono la qualifica di imprenditori e, in particolare, ai liberi professionisti. V’è anche chi propone soluzioni meno restrittive, in considerazione del fatto che “la legge non vieta forme di affiliazione diverse dalla partecipazione alla conclusione del contratto (ad es. contratti di collaborazione collegati al CdR)”. In questo modo il coinvolgimento dei liberi professionisti viene risolto attraverso un rapporto “di affiliazione” alla rete, reso appetibile dalla possibilità di assegnare ai professionisti (che partecipano alla rete) un ruolo rappresentativo negli organi di governo.
Entrambe le soluzioni non convincono soprattutto perché rischiano di depotenziare l’appeal cooperativo dei CdR nonché la capacità di perseguire nel modo migliore le finalità stabilite dal legislatore (art. 3, d.l. 5/09 e ss. mm.). Né riteniamo che la partecipazione eventuale dei professionisti agli organi di governo costituisca un bilanciamento sufficiente al mancato riconoscimento di un ruolo inter pares con gli operatori che hanno concluso il contratto di rete. Pensiamo che sia opportuno parificare il ruolo dei professionisti, riconoscendo ad essi piena cittadinanza nel contratto di rete fin dalle fasi iniziali di costituzione.
Quanto detto si basa su una serie di considerazioni di più ampia portata che rinviano anzitutto al modello di sviluppo verso il quale l’intera Europa si sta dirigendo: ovverosia un modello basato in misura crescente sul sapere esperto, che assegna ai servizi professionali una funzione strategica. Basti considerare i cambiamenti strutturali intervenuti nel mercato nell’ultimo decennio: riconducibili principalmente al ruolo svolto dai servizi professionali nell’incrementare i livelli di produttività ed efficienza (EC, I servizi professionali, 2005). Se si accetta che il rapporto tra professionisti e CdR sia solo del tipo fornitore-committente si otterrà il risultato di depotenziare le logiche di responsabilizzazione e collaborazione che, più di altre, sembrano caratterizzare i rapporti interni ai CdR.
Altra considerazione segue il rilievo, condiviso dall’AVCP, secondo il quale il contratto di rete supera la logica dei distretti territoriali e risponde ad obiettivi di accrescimento delle capacità innovative e di competitività (art. 3, co. 4-ter, d.l. 5/2009 e ss. mm.). Orbene il perseguimento di dette finalità non sembra sviare il focus dei contratti di rete dal perseguimento “dell’innovazione radicale” già sperimentata nell’ambito dei distretti tecnologici e dei sistemi innovativi locali. I CdR, in altri termini, dovrebbero fondarsi sulla continua interazione fra attività produttive e attività di ricerca e sviluppo. Di qui la necessità di riconoscere ai professionisti, che si pongono (rectius: si dovrebbero porre) tradizionalmente come “interpreti della modernità” e “playmaker dello scambio tra scienza e tecnologia, tra sapere ed economia”, un ruolo nei CdR che non sia di mera affiliazione.
Altra considerazione, di carattere più strettamente giuridico, riguarda la possibilità per i professionisti di partecipare ai contratti di rete, che sono definiti dal legislatore come aggregazioni di “più imprenditori” che collaborano “in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese” o che esercitano in comune “attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”. Si
introduce qui la complessa questione dell’equiparazione delle attività professionali (e dei professionisti) all’attività di impresa (e agli imprenditori).
Tale equiparazione, a lungo ricusata da letteratura e giurisprudenza specie italiana (per una ricostruzione sistematica Ticozzi M., 2007), è stata sancita in primis dalla giurisprudenza della Corte di giustizia e dalle decisioni della Commissione europea susseguitesi a partire dagli anni ’90 del secolo scorso ed oggi costituisce un principio pressoché consolidato del diritto dell’UE, i cui effetti negli ordinamenti nazionali non sono ancora pienamente dispiegati. Gli snodi fondamentali del ragionamento comunitario si possono così sintetizzare:
i. la nozione di impresa, in ambito comunitario, attrae “qualsiasi entità che esercita un’attività economica, a prescindere dallo status giuridico di detta entità e delle sue modalità di finanziamento”;
ii. è attività economica “qualsiasi attività che consiste nell’offrire beni o servizi su un determinato mercato”;
iii. ogni prestazione di servizio (incluse quella del professionista intellettuale) offerta dietro retribuzione, allo scopo di conseguire un profitto, costituisce attività economica svolta da un’entità qualificabile come impresa.
L’equiparazione dell’attività professionale all’attività di impresa, come anticipata in sede comunitaria, ha trovato autorevole ratifica in Italia in primo luogo da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, secondo la quale “la natura di impresa dei liberi professionisti è già pacificamente acquista non solo in sede comunitaria, ma anche all’interno degli Stati membri” (AGCM, 1997). Più recentemente si segnala la posizione della giurisprudenza amministrativa italiana che, nel confermare l’orientamento comunitario, rileva che in ambito europeo la nozione di impresa comprende qualsiasi entità che esercita un’attività economica a prescindere dallo status giuridico di detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (Consiglio di Stato, 5 marzo 2012 n. 1244). Per altro, come osserva attenta dottrina, ciò non significa che vengano meno “quelle peculiarità della professione che ne rendono difficoltosa l’equiparazione, sotto ogni profilo, all’attività imprenditoriale” (Ticozzi M., 2007; Xxxxx V.M., 2012).
Orbene, prescindendo dagli effetti molteplici e tutti rilevanti che potranno derivare da detta equiparazione, non solo sotto il profilo delle modalità di esercizio delle prestazioni, quanto, soprattutto, sotto il profilo dell’approccio complessivo all’attività professionale, evidenziamo l’opportunità di riconoscere ai professionisti la legittimità di essere parte costitutiva dei contratti di rete. Per ciò segnaliamo la possibilità di intervenire sul testo legislativo che disciplina il CdR (art. 3, d.l. 5/2009 e ss. mm.) andando a modificare il riferimento alla nozione di imprenditore con quella più ampia e di matrice comunitaria dell’operatore economico.
2. Rete contrattualizzata e disciplina degli appalti pubblici: come mantenere le efficienze del modello contrattuale?
Costituisce “rete di impresa” ogni forma di cooperazione tra soggetti per la condivisione, l’utilizzo e la produzione di risorse e beni attraverso la governance delle dinamiche di interdipendenza, con la finalità di accrescere l’innovazione e la competitività. Così inquadrato il fenomeno, possiamo distinguere tra: reti di impresa di tipo contrattuale (CdR) e reti di impresa di tipo associativo o miste.
Le esperienze di CdR realizzate in Italia hanno dimostrato il conseguimento di economie di scala, massimizzazione dei benefici apportati e riduzione dei costi transattivi (Cafaggi, Gobbato, 2011). Pensiamo che l'ottimizzazione qualitativa e quantitativa dell'offerta, dimostrata nel mercato privato, possa essere estesa al mercato degli appalti pubblici attraverso l’utilizzo dei CdR.
Il legislatore non offre una disciplina dettagliata dei CdR e si limita ad una generica tipizzazione dell’oggetto contrattuale (art. 3, co. 4-ter Dl 5/2009 e xx.xx.) e, quanto al contenuto, ad una serie di direttive non vincolanti (con riferimento alla struttura e alle condizioni di funzionamento). Ne deriva uno strumento contrattuale estremamente flessibile e ad alta variabilità degli assetti istituzionali: tutti elementi che, come detto, offrono indubbi vantaggi per l’efficienza e la circolazione del modello sul mercato, ma che possono ostacolare l’accesso dei CdR agli appalti pubblici, caratterizzato da restrizioni di tipo soggettivo ed oggettivo.
La disciplina nazionale degli appalti pubblici già stabilisce per ‘le reti di imprese’ di tipo associativo o miste (es. consorzi stabili ed RTI) le regole per la partecipazione alle gare pubbliche, l’esecuzione degli appalti nonché le tutele nella fase ‘patologica’. L’estensione di detta disciplina ai CdR sollecita l’adozione di alcuni accorgimenti con riferimento alla fase dell’evidenza pubblica (requisiti soggettivi, stabilità del vincolo associativo, sistema di qualificazione etc.) e dell’esecuzione (modalità di pagamento, responsabilità, recesso del partecipante alla rete ed obbligazione dedotta in contratto, responsabilità, legittimazione in sede contenziosa etc.).
A tal riguardo e con l’obiettivo della massima semplificazione, potrebbe risultare opportuna la predisposizione di una disciplina ad hoc per un sottotipo di contratto di rete (inde “CdR speciale o CdRS”), disciplina che potrebbe trovare collocazione nel Codice dei contratti pubblici. A chi obiettasse la diseconomia di interventi di limitazione dell’autonomia contrattuale (sub specie di creazione di sottotipo contrattuale) si osserva che la stessa soluzione è già stata percorsa dal legislatore con riferimento alla disciplina delle figure consortili (consorzi stabili) e delle associazioni tra imprese.
Quanto ai contenuti di detta disciplina essa potrebbe fare riferimento alle seguenti voci:
l'oggetto del contratto, l'organo di rappresentanza e governo comune, la partecipazione alle gare, le problematiche relative ad eventuali recessi anticipati [per i dettagli relativa alle voci menzionate si rinvia al documento integrale sul sito web dell'Osservatorio: xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxxxx.xx.