TRANSAZIONE
Art. 239
TRANSAZIONE
1. Anche al di fuori dei casi in cui è previsto il procedimento di accordo bonario ai sensi dell’art. 240, le controversie relative a diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, possono sempre essere risolte mediante transazione nel rispetto del codice civile (1).
2. Per le amministrazioni aggiudicatrici e per gli enti aggiudicatori, se l’importo di ciò che detti soggetti concedono o rinunciano in sede di transazione eccede la somma di 100.000 euro, è necessario il parere dell’avvocatura che difende il soggetto o, in mancanza, del funzionario più elevato in grado, competente per il contenzioso.
3. Il dirigente competente, sentito il responsabile del procedimento, esamina la proposta di transazione formulata dal soggetto aggiudicatario, ovvero può formulare una proposta di transazione al soggetto aggiudicatario, previa audizione del medesimo.
4. La transazione ha forma scritta a pena di nullità.
(1) X. xxxx. 0000 - 0000 x.x.
XXXXXXXX
Xxxxxxxxxxxx.
Sez. I. L’inquadramento - 1. Premessa. 2. La transazione in campo pubblicistico. 3. La transazione ex
art. 239, d.lgs. n. 163 del 2006.
Sez. II. Le domande e le risposte - 1. Che cosa è la transazione? 2. Che valore hanno le dichiarazioni rese in sede transattiva? 3. Può l’amministrazione sottoscrivere una transazione? 4. Quali sono i presupposti della transazione? 4.1. Capacità. 4.2. Reciproche concessioni. 4.3. Res litigiosa. 4.4. Res dubia. 4.5. Oggetto determinato o determinabile. 4.6. Carenza di presupposti. 5. Quali sono gli effetti. della transazione? 5.1. Tra le parti. 5.2. Nel giudizio in corso. 6. Procedimento. 6.1. Parere. 6.2. Forma. 6.3. Controllo. 7. Quale è il contenuto minimo che deve avere l’atto transattivo? 8. La transazione vincola l’amministrazione che l’ha sottoscritta? 9. Si può fare un accordo transattivo in ordine al quantum risarcitorio? 10. Si può ricorrere in sede giudiziale contro una transazione? 10.1. Principi generali. 10.2. Xxxx accade se la lite è definita sia con sentenza che con transazione? 10.3. Impugnazione a causa di lesioni. 10.4. Azione temeraria. 10.5. Errore su caput controversum. 10.6. Errore su circostanze di fatto. 10.7. Scoperta di documenti nuovi. 10.8. Azione di ottemperanza.
11. Stipulata una transazione, si può conoscere in sede giudiziale la situazione preesistente? 12. Che tutela hanno i terzi a fronte di una transazione? 13. Xxxxx è il giudice competente a conoscere la lite insorta sulla transazione o sul provvedimento che la annulla? 13.1. Giurisdizione nei giudizi avverso l’atto che autorizza la transazione. 13.2. Giurisdizione nei giudizi avverso l’atto che recepisce la transazione. 13.3. Giurisdizione nei giudizi promossi avverso il provvedimento che annulla la transazione. 13.4. Giurisdizione nei giudizi promossi per il pagamento di somme oggetto di transazione. 14. Può la Corte dei conti agire per responsabilità connessa ad una transazione conclusa dall’amministrazione? 14.1. Danno erariale. 14.2. Soggetto responsabile del danno. 14.3. Prescrizione.
Sez. III. Le formule - 1. Schema di transazione.
BIBLIOGRAFIA
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forniture, in AA.VV., Commento al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, Torino, 2007; DE NICTOLIS, Il nuovo Codice degli appalti pubblici, EPC Libri, II Ed., 2007; ASTONE, Strumenti di tutela i risoluzione bonaria del contenzioso nel codice dei contratti pubblici, in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx; DEODATO, la transazione della P.A. in materia di appalti alla luce del nuovo Codice dei contratti pubblici, in xxx.xxxxxxxxxx.xx; BUTERA, Transazione, in D.I., XXXIII, CHIRULLI, XXXXXX XXXXXXX, Transazione (dir. amm.), in Enc. dir., Milano, XLIV; DEL PRATO, Transazione (dir priv.), in Enc. dir., Milano, XLIV; FERRARI, Transazione della Pubblica amministrazione, Treccani, 2; FORMENTIN, Transazione nel diritto amministrativo, in Dig. pubbl..
Sez. I. L’inquadramento
1. Premessa. Ai sensi dell’art. 1965, comma 1, c.c. la transazione è il contratto con il quale le parti, facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro. Lo stesso art. 1965 aggiunge, al comma 2, che con le reciproche concessioni si possono creare, modificare o estinguere anche rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pretesa e della contestazione delle parti.
Con la transazione, dunque, le parti rinunciano reciprocamente ad un’azione per comporre una controversia (caput controversum) anche solo potenziale. Le reciproche concessioni (aliquid datum aliquid retentum) costituiscono il tratto caratteristico della transazione e la differenziano dagli altri modi extragiudiziali in cui la lite stessa può essere risolta dalle parti interessate (ad es. l’arbitrato). Non è però necessario che le reciproche concessioni siano di peso equivalente (BOZZOLA, Presupposti ed effetti preclusivi della transazione, in Contratti, 1994, 181).
Le parti possono stipulare anche una transazione novativa (art. 1976 c.c.), che determina una sostituzione integrale della situazione preesistente, a differenza della transazione semplice (detta anche conservativa) che comporta solo modifiche del pregresso rapporto (XXXXXXXX XXXXXXX, La transazione novativa, Milano, 1996; la mancanza dell’animus novandi la distingue dalla novazione del rapporto: GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli, 2000, 1241).
L’art. 239 del Codice dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture (d’ora in poi, Codice) - adottato con d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 - recepisce l’istituto civilistico della transazione, anche se con alcuni connotati pubblicistici (ad es. la forma scritta ad substantiam), in quanto strumento extragiudiziale ritenuto idoneo a risolvere le controversie, relative a diritti soggettivi, insorte nella fase di esecuzione di un contratto pubblico di lavori, servizi e forniture. Proprio per tale ragione l’analisi dell’istituto della transazione ex art. 239 del Codice non può prescindere da un breve cenno sulla transazione così come disciplinata dal codice civile e come recepita nel diritto amministrativo.
La dottrina civilistica è divisa in relazione alla natura della transazione. Secondo l’orientamento prevalente (TRABUCCHI, Istituzione di diritto civile, Padova, 2005, 886; VALSECCHI, Giuoco e scommessa, Transazione, in Trattato di diritto civile e commerciale, a cura di Cicu - Messineo, vol. XXXVII, Tomo II, Milano, 1954) si tratta di un contratto con il quale le parti decidono di comune accordo di chiudere una controversia già insorta o che sta per sorgere, anche costituendo nuovi rapporti o modificando o estinguendo rapporti diversi (cd. transazione mista). È un contratto a prestazioni corrispettive e a carattere oneroso (RADOCCIA, Transazione e accertamento, in Giur. merito, 2005, 5, 1259; GAZZONI, Manuale di diritto privato, op. cit., 1239; XXXXXXX, NICITA, XXXXXXX, Sequestro convenzionale, Fideiussione, Mandato di credito, Anticresi, Transazione, Cessione dei beni ai creditori, in Giurisprudenza sistematica civile e commerciale, a cura di Bigiavi, Torino, 1968, 381; POLACCO, Delle obbligazioni. Parte generale, Del contratto di transazione, Roma, 1921, 33. Contra, CARRESI, Concetto e natura giuridica della transazione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1953, 361; TARTAFURI, Del possesso quale titolo di diritto, Torino, 1870). CARNELUTTI (La transazione è un contratto?, in Riv. dir. priv., 1953, 187) ha invece escluso che la transazione sia un contratto in considerazione della mancanza dell’unità volitiva caratteristica del contratto stesso, trattandosi di locuzione cui si è fatto ricorso per intendere il collegamento di due negozi reciprocamente condizionati dall’esistenza dell’altro, id est la rinuncia ed il riconoscimento. Anche tra coloro che attribuiscono alla transazione natura di contratto si sono formati due diversi orientamenti. Alla tesi, di gran lunga minoritaria (CARRESI, La transazione, in Trattato di diritto civile italiano, a cura di Xxxxxxxx, Torino, 1966, 98; XXXXXX, La transazione, Napoli, 1931; BUTERA, Transazione, in D.I., XXXIII, 1925, 1666), sviluppatasi prevalentemente nella vigenza del codice civile del 1865, che inquadra la transazione nel negozio di accertamento (o dichiarativo), si contrappone quella maggioritaria (PALAZZO, La transazione, in Trattato dir. priv., a cura di Xxxxxxxx, Torino, 1985, 13; XXXXXXX XXXXXXXXXX, La transazione, op. cit., 67), che inquadra invece la transazione nel contratto costitutivo (o dispositivo) sul rilievo che essa presuppone l’attitudine, sia pure potenziale, ad incidere sulla vicenda che ha dato origine alla lite.
Presupposto della transazione è, dunque, l’esistenza di una lite (res litigiosa). Quest’ultima deve essere di esito incerto (res dubia). È cioè necessaria l’incertezza in capo alle parti circa la soluzione della controversia che sta per insorgere o che è insorta tra esse (CAPOTOSTI, La res litigiosa come presupposto del contratto di transazione, in Foro it., 1958, IV, 4 ss; VITERBO, Ancora su La «res dubia» e la lite incerta nella transazione, in Riv. dir. proc., 1947, I, 125; Id. La
«res dubia» e la lite incerta nella transazione, in Riv. dir. proc. civ., 1937, I, 223 ss).
La transazione può avere ad oggetto solo diritti disponibili e deve essere effettuata da soggetti che non solo siano titolari degli stessi, ma siano anche capaci di disporne (art. 1966 c.c.). L’indisponibilità dei diritti, per loro natura o ex lege (ad es. diritti del prestatore di lavoro), rende nulla l’eventuale transazione ancorché di comune accordo sottoscritta.
La forma con cui la transazione può essere esternata è libera e la forma scritta è necessaria solo per far valere in giudizio i diritti derivanti dal relativo contratto (art. 1967 c.c.), non potendo essere provata per testimoni o tramite presunzioni semplici, se non quando si renda necessaria per supplire all’incolpevole perdita del documento da parte del contraente (art. 2724, n. 3, c.c.). Se la transazione ha per oggetto beni immobili la forma scritta è invece richiesta ad substantiam (art. 1350, n. 12, c.c.) e il relativo atto deve essere trascritto (XXXXXXX, Prova del contratto di transazione e atto di quietanza, in Resp. civ. prev., 2000, 1073).
La normativa codicistica disciplina anche l’impugnazione della transazione. La transazione non può essere annullata per errore di diritto (art. 1969 c.c.) relativamente alle questioni che sono state oggetto di controversia tra le parti (caput controversum). È invece rilevante l’errore di fatto (che sia essenziale e riconoscibile) che cade sulle persone o sulle cose che sono state oggetto della controversia (CARRESI, La transazione, op. cit., 209. Contra, VALSECCHI, Giuoco e scommessa, Transazione, op. cit., 333). La transazione non può essere impugnata neanche per sproporzione tra le reciproche concessioni (art. 1970 c.c.). È invece possibile chiedere l’annullamento della transazione se la controparte era a conoscenza della temerarietà della propria pretesa.
2. La transazione in campo pubblicistico. L’art. 14, r.d. 18 novembre 1923, n. 2440 (Nuove disposizioni sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato) sanciva l’obbligo della previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato prima di approvare atti di transazione, qualunque fosse l’oggetto della controversia, nel caso in cui ciò che con tale atto l’amministrazione statale dava o abbandonava superasse una certa somma o anche se inferiore alla stessa qualora non intendesse uniformarsi all’avviso espresso dall’Avvocatura erariale. Il parere del Consiglio di Stato - che ai sensi dell’art. 17, comma 25, l. 15 maggio 1997, n. 127, non è più obbligatorio - atteneva alla regolarità formale del contratto e alla sua convenienza amministrativa. L’art. 00, x.x. 00 xxxxxxx 0000, x. 0000 (Xxxxxxxxxxxx xxx X.X. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato) attribuisce all’Avvocatura di Stato la funzione di predisporre transazioni d’accordo con le amministrazioni statali interessate o di esprimere pareri su quelle redatte dalle stesse amministrazioni.
Da queste previsioni normative si evince che la transazione può trovare applicazione anche nel diritto pubblico, conservando la stessa natura contrattuale che ha nel diritto privato (FERRARI, Transazione della Pubblica amministrazione, op. cit., 3). Può incidere sia su rapporti di diritto privato che su quelli di diritto pubblico. Dopo un’iniziale titubanza di parte della dottrina (DE VALLES, Le transazioni degli enti pubblici, in Foro it., 1934, I, 46; CAMMEO, Corso di diritto amministrativo, vol. III, Padova, 1914, 1563 ss) che ne escludeva l’ammissibilità, si può dunque ritenere che non è di ostacolo al riconoscimento della transazione anche in area pubblicistica il carattere indisponibile dei pubblici poteri, ove si consideri che detti poteri pubblici sono adattabili e trasformabili nel tempo e nelle situazioni che di volta in volta si presentano (FORMENTIN, Transazione nel diritto amministrativo, in Dig. pubbl., 315; MELE, La transazione nei rapporti amministrativi, in Xxx.xx., 1950, 511; GUICCIARDI, Le transazioni degli enti pubblici, in Arch. dir. pubbl., 1936, I, 125). Proprio al fine di perseguire il superiore interesse pubblico l’amministrazione può infatti ritenere necessario rinunciare a difendere la propria posizione dinanzi ad un giudice e transigere con la controparte, ferma restando la necessità di motivare tale scelta. Solo, infatti, con una congrua motivazione, adeguata - quanto a compiutezza - ai margini di aleatorietà della fattispecie ed esauriente - quanto a proporzionalità - nell’esplicazione della soluzione accolta, è possibile limitare i rischi dell’operazione e, soprattutto, escludere le responsabilità personali dei soggetti pubblici, che ne sono artefici. La transazione, in altri termini, deve essere accompagnata da atti di evidenza pubblica, che assolvano alle predette necessità. Ma si tratterà - nel rapporto tra le parti - di atti di evidenza pubblica interna e, in quanto tali, non sono sindacabili dal soggetto antagonista (ove dovessero limitare o escludere una possibile transazione), ma al più da altri soggetti, eventualmente legittimati. Così come si tratta di atti di formazione della volontà contrattuale, che non mutano certo la natura privatistica della transazione stipulata in base ad essi (GRECO, Contratti e accordi della Pubblica amministrazione con funzione transattiva (appunti per un nuovo studio), in Dir. amm., 2005, 2, 223). La transazione può essere disposta non solo tra l’amministrazione ed un privato ma anche tra due amministrazioni.
I presupposti della transazione in campo pubblicistico sono gli stessi di quelli dettati dal codice civile. Potendo l’amministrazione stipulare contratti solo in forma scritta, la transazione richiede tale forma ad substantiam, a differenza di quanto avviene nel caso sia sottoscritta tra privati, per i quali, come già chiarito sub 1), tale forma - salvo alcune eccezioni - è richiesta ad probationem. Una volta stipulata la transazione, il relativo contratto è disciplinato dalle regole dettate dal codice civile e su di esso non sarà più possibile per l’amministrazione incidere unilateralmente con un proprio provvedimento che, ove adottato, sarà inficiato da carenza assoluta di potere. La stipula del contratto presuppone l’esistenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi propri dell’atto amministrativo per
quanto attiene alla dichiarazione di volontà dell’amministrazione e del contratto per quanto attiene alla stessa amministrazione e al privato (GUICCIARDI, Le transazioni degli enti pubblici, op. cit., 65 ss).
3. La transazione ex art. 239, d.lgs. n. 163 del 2006. L’art. 239 del Codice annovera l’istituto della transazione nella Parte IV relativa al Contenzioso, quale strumento di composizione stragiudiziale di una lite, in aggiunta all’accordo bonario disciplinato dal successivo art. 240.
A differenza dell’accordo bonario, che trovava compiuta disciplina nella previsione normativa previgente dettata dall’art. 31 bis, l. 11 febbraio 1994, n. 109, la transazione trova la sua prima espressa disciplina solo nel Codice dei contratti. L’ammissibilità della transazione nella materia dei lavori pubblici era stata però già affermata dall’Autorità per la vigilanza sui lavori pubblici (che, ai sensi dell’art. 6, comma 1, del Codice assume la denominazione di Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture) nella delibera 13 settembre 2001, n. 308, secondo la quale «l’istituto della transazione è applicabile alla materia dei lavori pubblici, in quanto fonte integrativa e modificativa del rapporto contrattuale che permane nella sua essenziale identità, a condizione che nella transazione stessa non sia previsto un atto dispositivo diverso dall’attribuzione patrimoniale, come ad esempio un atto di alienazione con il quale si verrebbe a mutare non solo l’oggetto della prestazione ma anche l’oggetto dell’obbligazione per cui si verifica la transazione novativa. Non è applicabile alla materia dei lavori pubblici una transazione che, facendo seguito ad un grave inadempimento per il quale l’amministrazione potrebbe risolvere il contratto, porta alla realizzazione di un’opera totalmente diversa, dimodochè la disciplina di detto rapporto non è più rinvenibile nell’originario contratto di appalto, bensì nel successivo negozio giuridico».
La transazione è dunque uno strumento alternativo all’accordo bonario, potendosi far ricorso ad esso nelle sole ipotesi in cui, pur esistendo una controversia, non si realizzino le condizioni fissate dall’art. 240 per l’accordo bonario (XXXXXXXX, Contenzioso, in Commento al codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, in AA.VV., Commento al codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, Torino, 0000, 000; XX XXXXXXXX, Xx nuovo Codice degli appalti pubblici, EPC Libri, II Ed., 2007, 342, che ritiene la transazione «uno strumento alternativo all’accordo bonario in tutte le ipotesi in cui questo non abbia luogo o fallisca»; XXXXXXXX, La transazione, in AA.VV., La tutela in tema di appalti pubblici, Napoli, 2007, 630, il quale ha escluso che il responsabile del procedimento abbia la facoltà di scegliere se fare ricorso alla transazione nelle ipotesi in cui sussistono gli estremi per l’accordo bonario ex art. 240 del Codice, essendo in tal caso un obbligo e non una mera facoltà il tentativo di chiudere la lite con l’accordo). La relazione illustrativa al Codice, trasmessa al Consiglio di Stato per il necessario parere, ha chiarito che con tale disposizione si crea uno strumento agile, alternativo e facoltativo rispetto all’accordo bonario, recependo e codificando i principi di diritto vivente in tema di transazione. Ha aggiunto che si tratta di norma di chiusura, che consente di transigere le liti senza formalità, salva la necessità del parere legale dell’organo competente, per quelle di elevato importo. Sul punto si è detto d’accordo il Consiglio di Stato, Sez. consultiva atti normativi, con il parere 6 febbraio 2006 n. 355, reso sullo schema di decreto del Codice, il quale ha precisato che
«l’istituto della transazione nell’ampia possibilità di utilizzo prevista dalla norma in esame …. appare destinato ad erodere spazi di utilizzazione all’istituto dell’accordo bonario che, però, è munito di ben più ampie garanzie procedimentali «natura di transazione».
A differenza dell’accordo bonario, per il cui raggiungimento è necessaria la costituzione di apposita commissione, la transazione è decisa direttamente dall’amministrazione. Peraltro, comunque voglia intendersi il rapporto tra transazione e accordo bonario, certo è che quest’ultimo, a parte il diverso e più rigoroso regime procedimentale, sfocia in un atto al quale l’art. 240, comma 18, espressamente riconosce «natura di transazione» (GAVERINI, La giurisdizione del giudice amministrativo in materia di appalti e le forme di tutela, anche cautelare, nel codice degli appalti (d.lgs. n. 163 del 2006): spunti di riflessione, in Foro amm. Tar, 2006, 3554).
Presupposto della transazione è l’esistenza di una lite in atto o potenziale (res litigiosa) conseguente al dubbio (res dubia) in ordine alla spettanza di un diritto. In effetti però si può avere transazione anche nel caso in cui l’amministrazione è consapevole dell’illegittimità del proprio atto e, quindi, dell’esito molto probabilmente o sicuramente negativo della lite giudiziale (GRECO, Contratti e accordi della Pubblica amministrazione con funzione transattivi, op. cit., 223 ss). Non è necessario che le rispettive tesi delle parti abbiano assunto il connotato proprio della pretesa, essendo sufficiente l’esistenza di un dissenso potenziale, anche se ancora da definire nei più precisi termini di una lite e non esteriorizzata in una rigorosa formulazione (ASTONE, Strumenti di tutela e forme di risoluzione bonaria del contenzioso nel codice dei contratti pubblici, in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx). È altresì necessaria la volontà di entrambe le parti del rapporto controverso di addivenire a reciproche rinunce e riconoscimenti.
Come chiarito sub 2, la transazione può avere ad oggetto solo posizioni attinenti a diritti soggettivi e non anche ad interessi legittimi. Data la premessa da essa discende, come corollario obbligato, che non si può transigere l’aggiudicazione che conclude una gara pubblica. L’art. 239 del Codice è del resto chiaro in tal senso. La transazione deve riguardare la fase di esecuzione del contratto, e quindi la vicenda del rapporto sorta a seguito dell’aggiudicazione. Peraltro, anche in relazione a tale fase restano escluse le vicende che coinvolgono posizioni giuridiche soggettive di interesse legittimo, quali l’esercizio del potere di recesso ex art. 134 del Codice e la risoluzione per reati accertati ai sensi dell’art. 125 dello stesso Xxxxxx. Non può essere oggetto di transazione
neanche la pretesa risarcitoria conseguente ad illegittima omessa aggiudicazione della gara (XXXXXXXX, Xxxxxxxxxxx, op. cit., secondo il quale l’unica transazione possibile in questa ipotesi è quella conseguente ad accordo diretto tra le parti o conseguente alle indicazioni fornite dal giudice amministrativo ex art. 35, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, introdotto dall’art. 7, l. 21 luglio 2000, n. 205, nella sentenza che riconosce al ricorrente il diritto al risarcimento dei danni). La specifica materia degli appalti, alla quale è connessa la peculiarità dell’inderogabilità ed imperatività della disciplina che regola l’accordo contrattuale, limita ancora di più il ricorso alla transazione (DEODATO, la transazione della P.A. in materia di appalti alla luce del nuovo Codice dei contratti pubblici, in xxx.xxxxxxxxxx.xx, secondo il quale non può farsi ricorso alla transazione nel caso in cui l’accordo finirebbe per alterare l’assetto negoziale definito con l’aggiudicazione e per costituire la nuova fonte del rapporto, in palese violazione del principio dell’inderogabilità delle disposizioni che regolano la scelta del contraente e la definizione del contenuto del contratto).
Per quanto attiene al procedimento, che l’amministrazione deve seguire per concludere una transazione, il parere dell’Avvocatura (di Stato, se si tratta di un’amministrazione statale) è necessario, ai sensi del comma 2 dell’art. 239, se il valore della lite eccede la somma di 100.000 euro. Xxx l’amministrazione non sia rappresentata da un legale nella lite in questione, il parere deve essere reso dal funzionario di grado più elevato, competente per il contenzioso. Il Consiglio di Stato, nel predetto parere n. 355 del 2006, ha invece escluso, in coerenza con le competenze proprie dei dirigenti delineate dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che sia sufficiente il parere del responsabile del procedimento. È invece facoltativa, ex art. 17, comma 25, l. n. 127 del 1997, l’acquisizione del parere del Consiglio di Stato. La transazione è decisa, sentito il responsabile del procedimento, dal dirigente competente, che sottopone la proposta alla controparte o esamina quella da quest’ultima formulata.
A differenza della transazione tra privati, per la quale la forma scritta è richiesta ad probationem (retro, I.1), quando a stipulare una transazione è una pubblica amministrazione la transazione necessita, a pena di nullità, della forma scritta, che è quindi richiesta ad substantiam. Non si tratta, peraltro, di una novità introdotta dal Codice, ma della regola vigente nella materia dei contratti pubblici (CANCRINI, PISELLI, CAPUZZA, La nuova legge degli appalti pubblici, Commentario al codice degli appalti pubblici di lavori, servizi e fornitura, Roma, 2006, 465).
Ai sensi dell’art. 253, comma 1, del Codice (recante Norme transitorie), nel testo modificato dagli artt. 1 octies, d.l. 12 maggio 2006, n. 173, aggiunto dalla legge di conversione 12 luglio 2006, n. 228, e 1 e 3, d.lgs. 26 gennaio 2007,
n. 6, la disciplina dettata dall’art. 239 dello stesso Xxxxxx si applica alle procedure di gara i cui bandi o avvisi siano stati pubblicati dopo l’entrata in vigore del Codice o i cui inviti a presentare le offerte siano stati trasmessi successivamente a tale data.
Sez. II. Le domande e le risposte
1. Che cosa è la transazione?
È qualificabile come transazione semplice o conservativa l’accordo con il quale le parti si limitano ad apportare modifiche ad una situazione già in atto e a regolare il preesistente rapporto mediante reciproche concessioni, consistenti (anche) in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un quid medium tra le prospettazioni iniziali (Cass. civ. 12 aprile 2005, n. 7522).
È invece novativa la transazione che determina l’estinzione del precedente rapporto e ad esso si sostituisce integralmente, in modo che si verifichi una situazione di oggettiva incompatibilità tra il rapporto preesistente e quello dell’accordo transattivo, con conseguente insorgenza da quest’ultimo di un’obbligazione oggettivamente diversa dalla precedente. Segue da ciò che, per avere transazione novativa sono necessari contestualmente due elementi, uno di natura oggettiva e uno di natura soggettiva: sul piano oggettivo è necessario che le parti, onde risolvere o prevenire una lite, siano addivenute ad una rinunzia reciproca, anche parziale, alle rispettive pretese, volta a modificare, estinguendola, la situazione negoziale precedente e ad instaurarne una nuova in quanto tra i due rapporti, il vecchio e il nuovo, sussista una situazione di obiettiva incompatibilità; sul piano soggettivo, è necessario che esista un’inequivoca manifestazione di volontà delle parti in tal senso ovvero che esse abbiano palesato l’intento di instaurare tra loro un nuovo rapporto e di estinguere quello originario, dando a tale volontà forma e contenuto adeguati (Cass. civ., sez. II, 28 febbraio 2006, n. 4455; Cass. civ., sez. III, 29 aprile 2005, n. 8983). In tal caso occorre accertare se le parti, nel comporre l’originario rapporto litigioso, abbiano inteso o meno addivenire alla conclusione di un nuovo rapporto, diretto a costituire, in sostituzione del precedente, nuove autonome situazioni (Cass. civ. 13 dicembre 2005, n. 27448, id. 10 febbraio 2003, n. 1946), intenzione in tal senso delle parti che può essere desunta anche per implicito da facta concludentia (Cass. civ., sez. III, 12 gennaio 2006, n. 421). L’accertamento circa la ricorrenza dell’una o dell’altra ipotesi di transazione, integrando un apprezzamento di fatto, è riservato al giudice del merito (Cass. civ., s.l., 14 giugno 2006, n. 13717; Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 2006, n. 4008; id. 12 gennaio 2006, n. 421). L’indagine compiuta da detto giudice, volta a stabilire l’oggetto ed i limiti della transazione, involge un apprezzamento di fatto insindacabile in sede di legittimità dalla Corte di cassazione se non per violazione delle regole di ermeneutica contrattuale e per vizi logici (Cass. civ., s.l., 26 settembre 2005, n.
18760). È dunque sindacabile ove la motivazione non consenta la ricostruzione dell’iter logico seguito dal giudice per giungere ad attribuire al negozio un determinato significato ovvero nel caso di violazione delle norme di ermeneutica ex art. 1362 c.c. ovvero ancora se la relativa decisione non è sorretta da una motivazione congrua, logica e completa (Cass. civ., s.l., 7 settembre 2005, n. 17817).
2. Che valore hanno le dichiarazioni rese in sede transattiva?
Nel contenuto complessivo di una transazione può distinguersi anche un momento accertativo della situazione di fatto preesistente e in tal caso le relative dichiarazioni di scienza rese dalle parti hanno valore confessorio, a condizione, tuttavia, che esse abbiano per oggetto la ricognizione di situazioni fattuali o di situazioni giuridiche considerate sub specie facti (quali un preesistente negozio, un contratto, una promessa ecc.) e non già valutazioni giuridiche (Cass. civ., sez. I, 13 ottobre 2005, n. 19833).
3. Può l’amministrazione sottoscrivere una transazione?
L’istituto della transazione per prevenire una lite che può sorgere fra le parti o chiuderne una già in atto, introdotto dall’art. 1965 comma 1, c.c., ha portata generale ed è applicabile a tutti i soggetti titolari di diritti, comprese dunque le pubbliche amministrazioni, non sussistendo alcuna esplicita preclusione legislativa nei confronti di queste ultime (Tar Bologna 30 ottobre 1984, n. 462).
Peraltro, la natura pubblicistica di un ente limita i poteri dello stesso nel ricorso al contratto di transazione in considerazione del tipo di concessioni che può fare e alla preferenza, presente nell’ordinamento, per l’utilizzo degli ordinari strumenti di autotutela (Tar Catanzaro, sez. I, 4 maggio 2006, n. 485). L’amministrazione, infatti, nel concludere una transazione non si trova nella stessa posizione del privato, che può disporre liberamente del suo patrimonio, ma deve rispettare le regole del diritto pubblico (Cons. St., sez. VI, 2 agosto 2004, n. 5365). È infatti da escludere che l’amministrazione possa rinunciare all’esercizio dei poteri di autotutela ad essa spettanti in relazione ai pubblici interessi implicati nel provvedimento, con la conseguenza che l’eventuale rinuncia deve considerarsi incompatibile con il carattere pubblicistico del rapporto inerente al provvedimento, che non può essere pretermesso dalla semplice decisione di procedere ad una transazione (Cons. St., sez. VI, 2 agosto 2004, n. 5365, che ha escluso che possa assumere rilievo in ordine alla legittimità della rinuncia all’esercizio del potere di autotutela la manifestata disponibilità alla transazione di una controversia in via preventiva; id. 19 febbraio 1993, n. 171).
Perché la transazione sia inibita occorre che la situazione giuridica sia presidiata da una disposizione di natura tale da impedire effetti contrari a quelli da essa positivamente indicati, anche mediante la qualificazione di indisponibilità del relativo diritto, così da assicurare la piena tutela del valore esposto dalla situazione giuridica ovvero che la situazione sia correlata alla cura di pubblici interessi la cui indisponibilità è saldamente connessa alla doverosità della relativa attribuzione. In altre parole si rende necessaria, al fine di dichiarare indisponibile un diritto, una sua tutela per esplicita previsione normativa o quanto meno in via sistematica, differenziata e qualificata (Cons. St., sez. IV, 6 giugno 2001, n. 3045).
4. Quali sono i presupposti della transazione?
4.1. Capacità. Ai sensi dell’art. 1966 c.c., applicabile anche alle transazioni stipulate da un’amministrazione, per transigere le parti devono avere la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della lite, essendo nulla la transazione se tali diritti, per loro natura o per espressa disposizione di legge, sono sottratti alla loro disponibilità (Cons. St., sez. VI, 2 agosto 2004, n. 5365; Tar Salerno, sez. II, 14 luglio 2006, n. 1043, che ha affermato la radicale inidoneità dello strumento transattivo a risolvere la controversia inerente alla demanialità di un’area; Tar Veneto 28 novembre 1998, n. 2334, che ha ritenuto nulla di pieno diritto la transazione avente ad oggetto la determinazione dell’orario di servizio e del trattamento economico spettanti al dipendente, entrambi definiti e correlati per legge alla qualifica e alle funzioni formalmente a quello attribuite; Tar Veneto, sez. II, 28 novembre 1998, n. 2334. La Cass. civ., 16 febbraio 1957, n. 565 ha chiarito che l’art. 1966 c.c. non si riferisce alla capacità di agire ma alla cd. legittimazione a transigere, e cioè alla particolare posizione subiettiva delle parti nei riguardi del diritto che forma oggetto della transazione).
Data la premessa secondo cui per poter transigere occorre avere la capacità di disporre dei diritti che formano oggetto della lite, consegue come corollario obbligato che è nulla la transazione conclusa da un soggetto privo del potere di manifestare efficacemente la volontà in ordine al rapporto controverso, a cui era estraneo. È pertanto parzialmente nulla la transazione relativa ad una lite insorta in relazione ad un contratto d’appalto nella parte in cui sia stata ultroneamente sottoscritta anche da un soggetto estraneo al precedente rapporto (App. Torino, 22 aprile 2005).
4.2. Reciproche concessioni. Presupposto imprescindibile perché si abbia transazione è che sia l’amministrazione che il privato si facciano reciproche concessioni (aliquid datum aliquid retentum), che possono consistere anche in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese, in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un quid medium tra le prospettazioni iniziali (Cass. civ., sez. I, 15 maggio 2001, n. 662; Trib. Roma 23 marzo 2005).
Non occorre che sussista equivalenza tra le reciproche concessioni (Cass. civ. 29 aprile 1952). La sproporzione, ove effettivamente riscontrata, non deve però superare il limite della ragionevolezza e dell’equità, pena l’inesistenza del contratto stesso (A. Torino 27 aprile 1948).
Il contenuto delle reciproche concessioni può essere il più vario e può consistere anche nella rinuncia ad un diritto, cui corrisponda l’assunzione di un obbligo nei confronti di un terzo (Cass. civ., sez. III, 6 maggio 2003, n. 6861).
Le reciproche concessioni possono riguardare anche liti future non ancora instaurate ed eventuali danni non ancora manifestatisi, purché questi ultimi siano ragionevolmente prevedibili. Il relativo accertamento è riservato all’apprezzamento del giudice del merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da motivazione logica e completa (Cass. civ., sez. III, 10 giugno 2005, n. 12320; id. 17 gennaio 2003, n. 615).
4.3. Res litigiosa. Per la validità della transazione è necessaria la sussistenza della res litigiosa, ma a tal fine non occorre che le rispettive tesi delle parti abbiano assunto la determinatezza propria della pretesa, essendo sufficiente l’esistenza di un dissenso potenziale, anche se ancora da definire nei più precisi termini di una lite e non esteriorizzata in una rigorosa formulazione (Cass. civ., sez. III, 16 luglio 2003, n. 11142).
4.4. Res dubia. La transazione non può ritenersi nulla per mancanza della res dubia per essere all’epoca in cui è stata sottoscritta già intervenuto un giudicato, non essendo essenziale la posizione psicologica della parte sulla situazione di diritto della controversia, così come non lo è neppure la certezza assoluta della intangibilità della
propria posizione, poiché l’interesse a transigere può nascere dalle esigenze più varie e per il raggiungimento dei fini più disparati. La transazione fatta su lite già decisa con sentenza passata in giudicato può al più comportarne l’annullabilità, se una o entrambe le parti non ne avessero avuto notizia, alla stregua dell’art. 1974 c.c. (Cons. St., sez. V, 28 giugno 2006, n. 4214; Cass. civ., sez. I, 1 settembre 1995, n. 9229).
4.5. Oggetto determinato o determinabile. L’oggetto del negozio transattivo va identificato non in relazione alle espressioni letterali usate dalle parti, non essendo necessaria una puntuale specificazione delle contrapposte pretese, bensì in relazione all’oggettiva situazione di contrasto che le parti stesse hanno inteso comporre attraverso reciproche concessioni, giacché la transazione - quale strumento negoziale di prevenzione di una lite - è destinata, analogamente alla sentenza, a coprire il dedotto ed il deducibile (Cass. civ., sez. I, 14 gennaio 2005, n. 690). Pertanto, perché si possa parlare di transazione non è necessario che, nell’atto che la consacra, le parti enuncino le rispettive tesi contrapposte, nè che delle rispettive concessioni sia fatta una precisa e dettagliata indicazione, essendo sufficiente che il complesso dei diritti abdicati dall’uno e dall’altro contraente possa essere desunto sinteticamente, ma con certezza e per via di logica conseguenzialità, dal nuovo regolamento di interessi (Cass. civ., sez. II, 14 novembre 1991, n. 12182).
Con riferimento ad un contratto di transazione che, in relazione alla realizzazione di un’opera pubblica, preveda la cessione dei terreni necessari e la fissazione del corrispettivo per i danni e le servitù che all’opera conseguano, la verifica del requisito di determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto, di cui una parte denunci il difetto per l’imprevedibilità del danno connesso alla perdita della prerogativa di edificabilità che l’area abbia acquisito successivamente, non può essere rapportata ad una vicenda, quella urbanistica successiva alla transazione, che è autonoma e al di fuori dell’oggetto del contratto, e relativamente alla quale la parte che lamenti il danno per la perdita dell’edificabilità è soggetta agli ordinari oneri di allegazione e prova (Cass. civ., sez. I, 30 settembre 2005, n. 19212).
4.6. Carenza di presupposti. L’accordo transattivo assolve allo scopo di porre fine ad una lite o di prevenirla, di modo che una parte modifichi in tutto o in parte le sue pretese in cambio di una reciproca concessione dell’altra; ne consegue che, mancando l’esistenza quanto meno potenziale di una controversia (c.d. res litigiosa) e delle reciproche concessioni che le parti si fanno (aliquid datum aliquid retentum), l’accordo transattivo deve ritenersi nullo per mancanza di causa (T. Roma 23 maggio 2005). Pertanto, in mancanza di una lite in atto o potenziale tra privato e amministrazione quest’ultima non può legittimamente ricorrere allo strumento della transazione con il privato per raggiungere finalità che possano essere perseguite soltanto servendosi degli strumenti dell’evidenza pubblica e rispetto ai quali la transazione stessa appare utilizzata in modo oggettivamente elusivo dei principi concorsuali (C.g.a. 11 febbraio 2005, n. 41; id. 22 aprile 2002, n. 206).
5. Quali sono gli effetti. della transazione?
5.1. Tra le parti. La transazione è efficace anche se riguarda solo due delle numerose parti interessate alla vicenda, essendo consentita anche una transazione limitata ad alcune parti della lite (Cons. St., sez. V, 28 giugno 2006, n. 4214).
Il rapporto giuridico che si ricollega (come nuovo o modificato) al contratto di transazione non è determinato da tale contratto, che è soltanto l’elemento genetico della sua costituzione o modificazione, restando qualificato dalle situazioni giuridiche sostanziali che lo strutturano (Cass. civ., sez. III, 20 ottobre 2006, n. 22523).
Qualora una lite venga fatta oggetto di una transazione non novativa, la mancata estinzione del rapporto originario discendente da quel carattere della transazione significa non che la posizione delle parti sia regolata contemporaneamente dall’accordo originario e da quello transattivo, ma che l’eventuale venir meno di quest’ultimo fa rivivere l’accordo originario, al contrario di quanto, invece, accade qualora le parti espressamente od oggettivamente abbiano stipulato un accordo transattivo novativo, che implica il venir meno in via definitiva dell’accordo originario (Cass. civ., sez. III, 16 novembre 2006, n. 24377; id. 26 gennaio 2006, n. 1690).
La transazione è l’atto con il quale le parti chiudono la loro vicenda giudiziaria facendosi concessioni reciproche, e dunque prescindendo dalla affermazione o dalla negazione di qualunque responsabilità; da tale
natura neutrale nei confronti del punto controverso consegue la mancanza di effetti nei confronti dei soggetti che ad essa non partecipano salvo che, avendone titolo in quanto condebitori, non chiedano di profittarne (Cass. civ., sez. I, 29 settembre 2004, n. 19549).
5.2. Nel giudizio in corso. Nel giudizio in corso l’atto di transazione non determina l’improcedibilità del ricorso per cessazione della materia del contendere, non versandosi in ipotesi di integrale e pacifico soddisfacimento delle pretese azionate dal ricorrente, con il pagamento di tutti gli emolumenti richiesti; tale atto, in quanto importante dismissione sul piano sostanziale del rapporto di diritti soggettivi a contenuto patrimoniale, ed implicando l’estinzione del rapporto obbligatorio, riverbera i suoi effetti processuali nel senso della estinzione del diritto di azione e, quindi, della inammissibilità del ricorso (Tar Bari, sez. I, 14 settembre 1995, n. 798).
6. Procedimento.
6.1. Parere. La transazione deve essere preceduta dal parere dell’avvocato che difende l’amministrazione (dall’Avvocatura di Stato ove si tratti di un’amministrazione statale), con il quale devono essere ponderati i diversi interessi sottesi alla decisione di transigere. È dunque improntato a superficialità e negligenza il comportamento di alcuni amministratori di un ente pubblico che hanno stipulato una transazione sulla base di un parere, generico ed apodittico, mentre sarebbe stata necessaria un’approfondita analisi, chiedendo il parere di un organo a ciò deputato dall’ordinamento, quale l’Avvocatura generale dello Stato (Corte Conti reg. Lazio, sez. giur., 13 dicembre 2005, n. 2921).
6.2. Forma. La transazione conclusa da un’amministrazione deve avere (a pena di nullità) la forma scritta ad substantiam (Cass. civ., sez. I, 6 giugno 2002, n. 8192; id. 30 luglio 1996, n. 6908); pertanto, il giudice, con riguardo all’ idoneità di un documento a fornire la prova scritta di una transazione con l’amministrazione, deve accertare in via preliminare se il contratto si sia perfezionato nella forma ad substantiam prescritta dalla legge, in quanto l’accertamento, se negativo, comporta l’inidoneità del documento anche ai detti fini probatori mentre, se positivo, implica l’assolvimento dell’onere probatorio prescritto per la transazione (Cass. civ., sez. I, 23 marzo 1987, n. 2839).
Poiché la forma scritta costituisce anche prova dell’avvenuta transazione, tutti gli elementi costitutivi del negozio transattivo devono risultare dal documento, non essendo possibile ricorrere, neppure a fini integrativi, alla prova per testimoni o per presunzioni (Cass. civ., sez. II, 28 aprile 2005, n. 8875). Non è quindi sufficiente che il privato dichiari di accettare il contenuto della delibera con cui l’amministrazione si è determinata a transigere la lite nè che detta delibera abbia ricevuto esecuzione, essendo indispensabile che la transazione sia fatta per iscritto (Cass. civ., sez. III, 2 febbraio 2005, n. 2072).
6.3. Controllo. Si sottrae ai poteri di indagine e di censura dell’ organo di controllo la decisione di transigere una lite sulla base di taluni parametri di convenienza piuttosto che di altri, trattandosi di valutazione di merito dell’ azione amministrativa (Tar Pescara 3 dicembre 1994, n. 614; Tar Lecce 12 aprile 1990, n. 451).
8. La transazione vincola l’amministrazione che l’ha sottoscritta?
7. Quale è il contenuto minimo che deve avere l’atto transattivo?
La transazione ha un oggetto ben determinato in relazione sia al contenuto che alle prestazioni. Ai fini della esistenza della transazione non è necessario che, nell’atto che la consacra, le parti enuncino in modo puntuale le rispettive tesi contrapposte né le reciproche concessioni alle quali sono addivenute. È infatti sufficiente che possa desumersi sinteticamente, ma con certezza e per via logica di conseguenzialità il complesso dei diritti abdicati dall’uno o dall’altro ed il nuovo regolamento degli interessi (Cass. civ., sez. III, 21 settembre 2005, n. 18616; id. 1 settembre 1995, n. 9229; id. 14 novembre 1991, n. 12182). Contra, Tar Lazio, sez. II, 17 marzo 1982, n. 365, secondo cui è illegittima la delibera che approva una transazione, se la decisione di rinunciare ad un giudizio pendente non sia sorretta dalla puntuale enunciazione dei concreti vantaggi che deriverebbero all’amministrazione dalla transazione stessa.
L’amministrazione pubblica, che si è obbligata in modo rigido ed immodificabile nell’ambito di un atto conciliativo ad adottare un provvedimento a contenuto predeterminato e compiuto, non può assumere nuove e sostanzialmente diverse determinazioni, travalicando così i limiti che essa stessa ha discrezionalmente posto in modo irretrattabile all’esercizio dei propri poteri pubblicistici (Tar Bari, sez. II, 19 ottobre 2006, n. 3719; Tar Liguria, sez. I, 20 maggio 2000, n. 656).
Aggiungasi che una volta che l’amministrazione, nell’esercizio della propria autonomia negoziale, ponga in essere atti di transazione, soggetti alla normale disciplina civilistica, questi vengono sottratti ad ogni possibilità di successiva rimozione mediante provvedimenti amministrativi di autotutela, mancando il potere di incidere autoritativamente sugli effetti di un negozio privatistico (Cass. civ., s.u., 23 novembre 1985, n. 5809; Tar Catania, sez. II, 11 gennaio 2002, n. 48; Tar Bari 6 agosto 1987, n. 596). La delibera di annullamento, successiva alla stipulazione della transazione, è quindi del tutto inidonea a dispiegare alcun effetto inibitorio dell’efficacia del contratto (Tar Napoli, sez. V, 4 febbraio 2004, n. 1590).
9. Si può fare un accordo transattivo in ordine al quantum risarcitorio?
Una particolare forma di transazione è quella relativa alla determinazione del quantum debeatur in sede di condanna giudiziale al risarcimento del danno ex art. 35, d.lgs. n. 80 del 1998, modificato dalla l. n. 205 del 2000. Infatti secondo la previsione legale, la determinazione del quantum dovuto - alla stregua dei criteri dettati dalla sentenza di cognizione che reca quindi una condanna sostanzialmente generica - è demandata in prima battuta all’accordo delle parti e solo se questo non viene raggiunto costituisce oggetto di un successivo giudizio di merito, introdotto da una domanda proposta nelle
forme dell’ottemperanza. Ne consegue che detta norma, proprio perché evoca termini quali «proposta» e
«accordo», postula in via preferenziale che la soluzione della controversia sia raggiunta mediante un contratto di stampo sostanzialmente transattivo, per la cui conclusione si fa affidamento (oltre che sui principi di buona amministrazione, efficacia ed efficienza cui deve doverosamente improntarsi l’agere amministrativo degli organi preposti) sul corretto e leale comportamento delle parti. La natura transattiva dell’accordo - che sussiste anche quando i criteri di liquidazione siano analiticamente individuati dal giudice - comporta la sinallagmaticità del contratto che è destinato perciò a concludersi nel momento ordinariamente previsto dall’art. 1326, comma 0, x.x., x xxxx quando il proponente conosce l’accettazione della controparte (Cons. St., sez. IV, 11 ottobre 2006, n. 6063).
10. Si può ricorrere in sede giudiziale contro una transazione?
10.1. Principi generali. Essendo la transazione un contratto, le azioni promuovibili contro la stessa e la legittimazione ad agire vanno individuate sulla base dei principi civilistici (Tar Bari, sez. II, 29 maggio 2006, n. 2117).
10.2. Xxxx accade se la lite è definita sia con sentenza che con transazione? Nel caso in cui tra le parti di un giudizio intervenga una transazione, senza tuttavia che alcuna di esse deduca nel medesimo la sopravvenuta composizione transattiva della controversia ed il giudizio sia, quindi, definito con sentenza non impugnata e passata in giudicato, la situazione accertata dalla sentenza diviene intangibile e preclude ogni possibilità di rimettere in discussione questa situazione in un successivo giudizio e di apprezzare e rilevare il contenuto dell’accordo transattivo (Cass. civ., sez. I, 15 febbraio 2005, n. 3026; Cass. civ., sez. II, 22 dicembre 1984, n. 6666).
Diversa è invece la conclusione nel caso in cui la transazione fra le parti in causa sia intervenuta dopo l’udienza di discussione ma prima della pubblicazione della sentenza, che è situazione non disciplinata dall’art. 1974 c.c., la quale prende in considerazione solo l’ipotesi di transazione intervenuta dopo il passaggio in giudicato della sentenza resa sulla medesima controversia e ne prevede l’annullabilità. Ricorrendo invece la prima evenienza si è ritenuto in giurisprudenza (Cass. 29 settembre 1970, n. 1748; Trib. Roma 9 novembre 1970; Pret. Torino 4 dicembre 1998) che si debba dare prevalenza all’atto di autonomia privata sia perché, con il passaggio in decisione della lite, il giudizio è ormai pervenuto ad uno stadio tale che nessuna eccezione può più essere sollevata dalle parti in causa, sia perché il componimento transattivo costituisce il rimedio migliore per far cessare la litigiosità e ripristinare uno stato di certezza giuridica.
10.3. Impugnazione a causa di lesioni. Ai sensi dell’art. 1970 c.c., la transazione non può essere impugnata a causa di lesione, e cioè in caso di sproporzione tra le reciproche concessioni, e ciò in considerazione della stessa causa del negozio transattivo, il quale è preordinato non ad assicurare l’equivalenza tra opposte prestazioni secondo un criterio sinallagmatico, prestazioni che, in quanto reciprocamente contestate e quindi incerte, non possono essere assunte puramente e semplicemente a parametro ai fini di una determinazione obiettiva dell’equilibrio economico del rapporto, ma a conseguire, con il meccanismo delle reciproche rinunce, nel quadro di una valutazione dei sacrifici e dei vantaggi rimessa interamente alla autonomia negoziale delle parti, il risultato della composizione della lite già insorta o prossima ad insorgere (Trib. Bari, sez. II, 12 settembre 2006, n. 2243). Nè può ovviarsi a tale preclusione dopo che nel giudizio di primo grado si sia proposta domanda di rescissione trasformandola, in appello, in domanda di annullamento della transazione per temerarietà della pretesa ex art. 1971 c.c., in quanto, in tal modo, si dedurrebbe un rimedio basato su di un petitum ed una causa petendi diversi da quelli prospettati in primo grado, con conseguente inammissibilità della domanda ex art. 345 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 22 aprile 1999, n. 3984).
10.4. Azione temeraria. L’annullamento della transazione per temerarietà della pretesa di una delle parti in causa presuppone, ai sensi dell’art. 1971 c.c., la presenza di due elementi, uno obiettivo ed uno soggettivo, e cioè che la pretesa fatta valere dalla parte nei cui confronti si chiede l’annullamento sia totalmente infondata e che la parte stessa versi in mala fede ovvero che, pur essendo consapevole della infondatezza della propria pretesa, l’abbia dolosamente sostenuta (App. Reggio Calabria 29 gennaio 2004).
10.5. Errore su caput controversum. Nel caso in cui in sede transattiva l’appaltatore si impegni all’esecuzione di determinate opere per conseguire il pagamento da parte del committente di un residuo corrispettivo a stralcio, si è in presenza di una obbligazione di risultato (id est l’effettiva esecuzione delle opere) che non presuppone anche la soddisfazione dell’interesse ultimo perseguito dal committente, con la conseguenza che l’eventuale erronea valutazione circa la sufficienza ed idoneità delle opere pattuite in transazione costituisce errore su caput controversum, che non consente l’annullamento del contratto (App. Venezia 22 aprile 2005).
10.6. Errore su circostanze di fatto. La parte non può chiedere l’annullamento della transazione sulla base di un errore su circostanze di fatto, non conosciute al momento del perfezionamento del contratto, neanche se tali circostanze sono risultate essenziali per la definizione dell’accordo transattivo (Cass. civ., sez. I, 14 gennaio 2005, n. 690; Cass. civ., sez. III, 3 aprile 2003, n. 5139; Cass. civ. 9 agosto 1969, n. 2973; id. 28 dicembre 1967, n. 3024). Diversamente opinando, infatti, verrebbe meno la funzione della transazione, che attua il superamento della lite prescindendo dalla consistenza della precedente situazione controversa. Se, invece, l’errore di fatto ricade su una questione estranea all’oggetto della lite transatta (caput non controversum), esso rende impugnabile la transazione (Cass. 16 marzo 1981, n. 1465). In questo caso, infatti, viene meno la deroga alla disciplina generale, fissata dall’art. 1969 c.c.
10.7. Scoperta di documenti nuovi. Ai sensi dell’art. 1975, comma 1, c.c. la transazione non è impugnabile per il solo fatto che, successivamente alla sua stipula, una delle parti sia venuta a conoscenza di documenti che in precedenza le erano ignoti, salvo che non fossero stati occultati dall’altra parte. Verificandosi questa seconda evenienza, per l’annullamento della transazione l’occultamento non deve necessariamente rivestire le caratteristiche del raggiro di cui all’art. 1439 c.c., ma è sufficiente la violazione del dovere legale o contrattuale di rendere noto all’altra parte il documento, tranne che questi non rivesta alcuna importanza. La più attenta lettura di un documento già noto non è parificabile alla tardiva scoperta della sua esistenza, né può parlarsi di tardiva scoperta con riferimento al caso di documenti che la parte ha ignorato solo perché non si era dato cura di conoscerxx (Xxxx. xxx. 8 maggio 1960, n. 734).
Ai sensi dell’art. 1975, comma 2, c.c. la transazione è annullabile quando, riguardando un solo oggetto ovvero più oggetti determinati nella loro specie (cd. transazione speciale), sia provato da un documento posteriormente scoperto che una delle parti non aveva alcun diritto su di esso o su di essi. È stato peraltro chiarito (Cass. civ., sez. III, 3 aprile 2003, n. 5138) che la tardiva conoscenza deve intendersi riferita non alla situazione giuridica preesistente ma al documento come mezzo di prova e, quindi, come rappresentazione grafica di un fatto che, prima della transazione, dimostrava l’infondatezza della pretesa di una delle parti. La scoperta di detta documentazione grafica deve essere successiva alla transazione, e cioè nel senso che prima era perfettamente sconosciuta.
10.8. Azione di ottemperanza. L’esistenza di un atto di transazione preclude l’azione di ottemperanza (Cons. St., sez. V, 28 giugno 2006, n. 4214; C.g.a. 12 febbraio 2004, n. 27; Tar Brescia 25 gennaio 2005, n. 37). È dunque inammissibile il ricorso per l’ottemperanza del giudicato se tra il privato vittorioso e l’amministrazione sia intervenuta transazione efficace, intendendosi per tale anche quell’atto sottoscritto in nome e per conto della stessa amministrazione da soggetto privo di mandato al riguardo, il cui operato sia stato poi validamente ratificato, in quanto il potere di ratifica del falsus procurator non può essere in alcun caso contestato dal terzo contraente (Cons. St., sez. V, 7 agosto 1996, n. 892).
Nel caso in cui il debitore eccepisca l’effetto estintivo della sentenza a lui sfavorevole derivante da una sopravvenuta transazione, il creditore, che agisca per l’esecuzione di detta sentenza, può limitarsi ad opporre, onde eludere l’effetto preclusivo della transazione, purché non novativa, l’eccezione di inadempimento della transazione, senza necessità per lui di chiedere la risoluzione del contratto al fine di eliminarne, retroattivamente e definitivamente, gli effetti (Cons. St., sez. V, 29 maggio 2006, n. 3247; Cass. civ., sez. III, 30 marzo 2005, n. 6733).
11. Stipulata una transazione, si può conoscere in sede giudiziale la situazione preesistente?
A seguito dell’accordo transattivo, che dirime o previene la lite, resta preclusa la possibilità di accertare quale fosse realmente la situazione giuridica preesistente, sia pure ai soli fini di stabilire se ricorrevano gli estremi per la transazione (Trib. Roma 7 luglio 2005).
12. Che tutela hanno i terzi a fronte di una transazione?
Ai sensi del combinato disposto degli artt. 1441 e 1965 c.c., i terzi non hanno legittimazione all’azione di annullamento della transazione, quand’anche assumano di essere da essa pregiudicati (Tar Bari, sez. II, 29 maggio 2006, n. 2117).
13. Xxxxx è il giudice competente a conoscere la lite insorta sulla transazione o sul provvedimento che la | |||||||||||
annulla? | 13.1. Giurisdizione | nei | giudizi | avverso | l’atto | che | autorizza | la | transazione. | Rientra | nella |
giurisdizione del giudice amministrativo la controversia avente ad oggetto il provvedimento che autorizzava la stipula di una transazione (Tar Veneto, sez. I, 19 gennaio 2005, n. 129 nonché atti autoritativi adottati all’ esito di procedure di evidenza pubblica e non incidenti su quelli jure privatorum (Xxxx.Xx., sez. VI, 4 settembre 2007, n. 4634).
13.2. Giurisdizione nei giudizi avverso l’atto che recepisce la transazione. Esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo, per rientrare in quella del giudice ordinario, la controversia avente ad oggetto l’annullamento del provvedimento che recepisce una transazione, disposto dall’amministrazione a seguito di rilievo della Corte dei conti, afferendo essa alla fase di esecuzione del contratto (Cons. St., sez. V, 28 dicembre 2001, n. 6443; Tar Lazio, sez. III, 28 dicembre 2005, n. 14876; Tar Veneto, sez. I, 19 gennaio 2005, n. 129; Tar Marche 5 agosto 2004, n. 975, che afferma la giurisdizione del giudice ordinario nella controversia avente ad oggetto la risoluzione di una transazione per inadempimento; Tar Sardegna 22 novembre 2000, n. 999; Tar Bari 6 agosto 1987, n. 596). Contra, Cons. St., sez. V, 14 luglio 2003, n. 4167, secondo cui la controversia nella quale si discute della validità di una transazione, con la quale sono state modificate talune (rilevanti) condizioni dell’aggiudicazione (prima che del contratto), della illiceità del presupposto, dell’omesso esercizio da parte dell’amministrazione dei poteri ad essa assegnati da una clausola risolutiva espressa e del conseguente pregiudizio patito da un’impresa concorrente (che ha formulato l’offerta confidando nella stabilità delle clausole del contratto ed impegnandosi al loro rispetto) va ricondotta al novero delle liti attribuite in via esclusiva alla giurisdizione amministrativa, siccome relative alla procedura di affidamento nella sostanza contestata.
13.3. Giurisdizione nei giudizi promossi avverso il provvedimento che annulla la transazione. A fronte di diritti soggettivi nascenti dall’atto di transazione, l’amministrazione non ha il potere di degradarli ad interessi
legittimi con esercizio ab extra di poteri pubblicistici tendenti, in sostanza, ad eliminare quanto in forza di contratto è stato stipulato, con la conseguenza che l’eventuale atto amministrativo, che incida sui predetti diritti, è emanato in assoluta carenza di potere da parte dell’amministrazione e, come tale, i vizi che lo inficiano sfuggono alla cognizione del giudice amministrativo essendo, invece, devoluti alla cognizione del giudice ordinario (Tar Lazio, sez. III, 4 gennaio 2006, n. 40; Tar Bari 28 novembre 1985, n. 538; contra Cons. St., sez. VI, 22 marzo 2007,
n. 1364).
13.4. Giurisdizione nei giudizi promossi per il pagamento di somme oggetto di transazione. Rientra parimenti nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto il pagamento di somme oggetto di transazione, trattandosi di questione che concerne chiaramente diritti soggettivi, la cui cognizione, non ricorrendo ipotesi di giurisdizione esclusiva, esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo (Tar Napoli, sez. III, 17 aprile 2007, n. 3829).
legittimato a stipulare
14.1. Danno erariale. Fermo restando che la natura pubblica non osta a che un ente sia con altri soggetti, non importa se pubblici o privati, contratti di transazione per
dall’amministrazione?
14. Può la Corte dei conti agire per responsabilità connessa ad una transazione conclusa
controversie in atto ovvero anche soltanto potenziali, la natura privatistica di tali negozi non esclude, di per sè, la giurisdizione della Corte dei conti sulle deliberazioni amministrative correlate ai loro concreti contenuti (Corte conti, sez. I, 19 giugno 2002, n. 203/A). Aggiungasi che, la transazione avvenuta in sede stragiudiziale non preclude l’esercizio da parte del Procuratore regionale della Corte dei conti dell’azione di responsabilità, e ciò in quanto la responsabilità per danno pubblico non è materia disponibile da parte dell’amministrazione la quale non può provocare la relativa azione né ad essa rinunciare (Corte conti, sez. I, 16 aprile 2007, n. 94; Corte Conti reg. Lombardia, sez. giur., 29 settembre 2005, n. 569).
14.2. Soggetto responsabile del danno. Nel caso in cui un’amministrazione aderisca ad una transazione, in tale contesto pagando somme ad estinzione di supposti debiti in realtà inesistenti, il correlato danno ingiusto è addebitabile al responsabile dell’ufficio legale che, pur avendo esaminato i contenuti della proposta di componimento, non si sia avveduto dell’insussistenza dei diritti pretesi dalla controparte e comunque non ne abbia informato gli amministratori chiamati a deliberare al riguardo (Corte Xxxxx, sez. II, 10 gennaio 2005, n. 3/A).
Costituisce atto che esprime discrezionalità di merito ed è, comunque, esente da colpa grave, la stipula di una transazione effettuata dal dirigente di una pubblica amministrazione su conforme parere dell’Avvocatura dello Stato (Corte Conti, sez. II, 26 giugno 2002, n. 212/A).
14.3. Prescrizione. Nella ipotesi di danno indiretto, laddove la lite sia stata definita con atto transattivo, il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa decorre dalla data di adozione della deliberazione di approvazione della transazione della lite pendente e di autorizzazione al pagamento (Corte Conti reg. Sicilia, sez. giur., 25 maggio 2005, n. 1258). Contra, Corte conti reg. Umbria, sez. giur., 18 novembre 2004, n. 550 e 12 luglio 2004, n. 277, secondo cui il termine di prescrizione decorre dalla data del pagamento.
Sez. III. Le formule Schema di atto di transazione
L’anno 2007, il giorno , del mese di in Roma, via n. , presso la sede del Ministero delle infrastrutture sono presenti:
- il dott. , nato a il , nella sua qualità di Direttore Generale del Dipartimento
per le infrastrutture statali, l’edilizia e la regolazione dei lavori pubblici (C.F ) del Ministero delle infrastrutture, di seguito denominato «Ministero»
- il nato a , nella sua qualità di , della società con sede in
, iscritta al Registro delle Imprese presso la CCIAA di
, di seguito denominata «Società»;
Part. IVA
Premesso
- (esposizione dei fatti che hanno indotto il Ministero a transigere la lite con la società)
- Visto l’art. 239 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163;
- Visto il parere favorevole alla transazione reso dall’Avvocatura generale dello Stato il
- Considerato che la società ha preso visione delle condizioni e termini riportati nello schema di transazione;
- Ciò premesso e ritenuto parte integrante del presente atto, le parti stipulano quanto segue:
Art. 1
Le Premesse costituiscono parte integrante della Transazione.
Art. 2
Le parti in via transattiva - e quindi senza che ciò possa essere inteso come acquiescenza o riconoscimento dell’una per le pretesa dell’altra - rinunciano l’una nei confronti dell’altra alle contestazioni e pretese da ciascuna formulate, quali indicate in Premessa ed alle correlative domande proposte nel giudizio civile che pende dinanzi al Tribunale di Roma, nonché a qualsiasi altra pretesa, anche se ad oggi non espressa, per qualsivoglia titolo, causa o ragione, comunque relativa al rapporto tra loro intercorso.
Il Ministero si impegna a pagare alla Società la somma di € (euro ) entro e non oltre la data del
.
La società , a fronte del pagamento del predetto credito vantato nei confronti del Ministero rivenienti dalle fatture emesse a tutto il , si impegna a .
Art. 3
Il giudizio pendente dinanzi al Tribunale di Roma sarà abbandonato con rinuncia agli atti e alle domande da entrambe le Parti.
Ciascuna delle Parti terrà a proprio carico le spese.
Art. 4
Le parti dichiarano che, con l’esecuzione di quanto previsto nelle clausole che precedono, sono risolte le divergenze e sono soddisfatti ogni altro loro diritto, pretesa o pendenza comunque relativi al Contratto e pertanto si danno reciprocamente atto di non avere altro a pretendere l’una dall’altra per qualsiasi titolo, ragione o causa, rimossa e rinunciata ogni eccezione e riserva in proposito, avendo il presente accordo natura di transazione ex art. 239 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163
Art. 5
Ai fini della Transazione le parti eleggono domicilio come segue:
- Ministero della sanità: Roma, via n.
- Soc. : Roma, via n.
Art. 6
Il presente atto è soggetto a registrazione, ai sensi dell’art. 29 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. Le spese del presente atto sono a carico del
p. Ministero della salute dott.
p. Società dott.
Roma,