Contract
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CONTRATTI DELLA FILIERA AGROALIMENTARE: SQUILIBRIO ED EFFETTIVITÀ DEI RIMEDI.
Di Xxxxx Xxxxx
C o n t r a t t i d e l l a f i l i e r a a g r o a l i m e n t a r e : s q u i l i b r i o e d e f f e t t i v i t à d e i r i m e d i ( M a r i o M a u r o )
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SOMMARIO: 1. Il contesto ed il problema. – 2. L’art. 62 del d.l. 1/2012, sintesi della norma e nozione di squilibrio. – 2.1. Il significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale. – 2.2. L’ambito applicativo. - 3. Le tutele pubblicistiche. – 3.1. Il ruolo dell’AGCM. – 4. I rimedi privatistici. – 4.1. Le regole. – 4.2. I principi. – 5. Pratiche commerciali scorrette, abuso di posizione dominante e abuso di posizione economica. – 6. Conclusioni.
ABSTRACT. Per i contratti della filiera agroalimentare, l’art. 62, d.l. 1/2012, prescrive l’obbligo di redazione in forma scritta, un determinato contenuto minimo ed il rispetto dei principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni.
La norma, pur presentando importanti aree di miglioramento, è un primo tentativo con cui si prova a dare rilevanza ad una nuova forma di squilibrio che ha ad oggetto “le rispettive posizioni di forza commerciale” tra imprese che operano nel settore agro-alimentare.
Per farvi fronte, il legislatore propone diverse soluzioni ove regole e principi cercano di convivere, rimettendo al lavoro dell’interprete la ricostruzione del rimedio effettivo in caso di violazione.
The art. 62, d.l. 1/2012, in terms of food chain contracts, requires the obbligation to: editing in written form; conforming to a minimum and specific number of subjects; respecting the principles of transparency, fairness and proportionality.
The rule, altough it reveals important issues that need improvement, is a first attempt to give importance to a new form of negotiating imbalance regarding “the respective bargaining power positions” in the agri-food business.
To deal with this issue, rules and principles coexist in the article and, in case of violation, there is the need of finding an effective remedy.
1. Il contesto ed il problema.
Per i contratti della filiera agroalimentare, l’art. 62, d.l. 1/2012, prescrive l’obbligo di redazione in forma scritta, un determinato contenuto minimo ed
il rispetto dei principi di trasparenza, correttezza,
quelli alimentari, sottrae fette di mercato ad altri settori4.
La registrata divergenza tra l’andamento dei prezzi delle materie prime agricole e il flusso dei consumi genera inefficienze, rischia di riflettersi sull’economia dell’UE, produce effetti
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proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni.
È una norma che tenta una risposta alla numerose problematiche che affliggono il settore.
Prima di esaminarne il contenuto, è utile una breve descrizione del contesto in cui si è inserita. La data da cui muovere è il 28 ottobre 2009, quando la Commissione UE si è, per la prima volta, interessata alle pratiche commerciali sleali nel settore alimentare1.
I motivi di preoccupazione sono evidenti. Tramite i contratti di filiera alimentare sono messi in collegamento tre comparti cruciali dell’intera economia eurounitaria: l’agricoltura, l’industria agroalimentare, la distribuzione2. Riportando i dati del 2008, essi rappresentano, complessivamente, il 5% del valore aggiunto europeo ed il 7% dell’occupazione.
A questi importanti numeri non se ne accompagnano altrettanti a conforto di un suo efficiente funzionamento. Anzi.
A partire dal 2005 i prezzi della contrattazione di filiera hanno subito grandi fluttuazioni, generando instabilità3.
In mancanza di interventi correttivi che ne regolarizzino l’andamento, gli effetti pregiudizievoli di questo trend si potrebbero spandere anche su molti altri settori economici di strategico interesse per l’Unione europea. In una congiuntura storica ove da più parti si invoca un aumento dei consumi, l’aumento dei prezzi di beni primari per il sostentamento dell’individuo, come
pregiudizievoli su tutti i cittadini5.
Le responsabilità, ad opinione della Commissione, sono legate a carenze strutturali del sistema.
Tra queste si è indicato: il numero degli intermediari che operano lungo la filiera e l’assenza di struttura concorrenziale in alcune fasi della stessa; un notevole squilibrio di potere negoziale tra le parti contraenti che espone il più debole a comportamenti abusivi; la lentezza con cui vengono trasmesse le fluttuazioni dei prezzi, che ritarda gli aggiustamenti necessari ed estende le disfunzioni ad ogni fase.
Da qui, la necessità di introdurre misure che operino nella direzione di migliorare il funzionamento di questo mercato, sia per i consumatori sia per garantire una distribuzione sostenibile del valore aggiunto, contribuendo ad innalzare la competitività generale.
L’obiettivo non è destrutturare la filiera alimentare, che presenta aspetti di indiscutibile valore: offre prodotti alimentari di qualità; garantisce la loro sicurezza e tracciabilità; vanta un’ampia gamma di prodotti competitivi, innovativi e tradizionali, sia all’interno che all’esterno; collega diversi settori europei strategici per il benessere economico, sociale e ambientale, nonché per la salute dei cittadini6.
Tramite specifici interventi correttivi si vogliono eliminare le inefficienze e valorizzarne gli aspetti positivi, nel tentativo di “incidere sulla strutturazione, prima, e sul funzionamento, poi, del mercato concorrenziale dei prodotti agricoli e alimentari”7.
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1 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa, COM (2009) 591 Definitivo, del 28.10.2009, in xxx.xxx-xxx.xxxxxx.xx
2 Quelli considerati nella comunicazione della Commissione (cit.) ed ivi riportati.
3 In un primo momento, le materie prime agricole hanno registrato una forte impennata, con conseguente aumento dei prezzi al consumo dei prodotti agricoli alimentari, ad alti livelli di inflazione; successivamente, nonostante i forti ribassi delle materie prime, i prodotti hanno sempre continuato a rincarare ed i prezzi sono iniziati a diminuire solo agli inizi del 2009, cfr. Communication from the Commission to the European Parliament, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committee of the Regions, A better functioning food supply chain in Europe, Sec (2009) 1450, del 28.10.2009, in xxx.xx.xxxxxx.xx (testo solo in inglese),
4 Si consideri, infatti, che il 16% della spesa delle famiglie europee è rappresentato dal cibo, percentuale in aumento per le famiglie economicamente più vulnerabili e con redditi più bassi, Migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa, cit., p. 2.
5 Migliore funzionamento della filiera alimentare in Europa,
cit., p. 2.
6 Nel 2014 gli scambi transfrontalieri rappresentavano il 20% della produzione di generi alimentari e di bevande nell’UE, e almeno il 70% del totale delle esportazioni di prodotti agroalimentari degli Stati membri è destinato ad altri Stati membri (fonte: eurostat).
7 E. ROOK XXXXXX, La disciplina della cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari fra neo-formalismo contrattuale e abuso del diritto, in Studi in onore di Xxxxx Xxxxxxx, vol. II, Napoli, 2015, p. 361.
Con il nuovo art. 62, il legislatore ha inteso operare in questa direzione, dettando nuove regole in un settore trainante dell’economia italiana.
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La norma, come vedremo, presenta una serie di problematiche che ancora non lasciano indifferente
contratti di filiera che incide su ogni singolo contratto.
Il primo comma introduce l’obbligo di stipulare in forma scritta i contratti per la cessione di prodotti agricoli e alimentari, indicando quali elementi
l’interprete. Nello specifico, a fronte di una essenziali la durata, la quantità, le caratteristiche del
compiuta determinazione di obblighi e divieti specifici, il legislatore non ha previsto altrettanti rimedi in caso di violazione. È su questo l’aspetto che si vuole centrare l’attenzione.
Preliminare all’intera disamina è la nozione di squilibrio, che ispira tutta la disciplina ed è strumentale all’individuazione di quei rimedi che, in termini effettivi, possano realizzare l’interesse dell’imprenditore agricolo.
2. L’art. 62 del d.l. 1/2012, sintesi della norma e nozione di squilibrio.
Il nuovo articolo 62 rivoluziona il sistema dei contratti della filiera agroalimentare e si pone, almeno in linea di principio, l’obiettivo di reagire agli squilibri negoziali del sistema precedente. Gli interventi legislativi del 1988 e del 2005 non hanno interrotto i comportamenti abusivi e l’imprenditore agricolo ha continuato ad esserne vittima8.
Il fenomeno inizia a registrarsi a partire dai primi anni ’90 quando iniziano ad affermarsi anche in Italia catene della grande distribuzione organizzata (in proseguo, GDO). Queste sono diventate i partner commerciali privilegiati di piccole e medie imprese che, per continuare ad operare sul mercato, sono state sempre più costrette ad accettare condizioni contrattuali unilateralmente imposte, comprimendo i prezzi di vendita, riducendo i margini di guadagno ottenibili, dovendo sopportare pratiche commerciali gravose9.
Il nuovo art. 62 tenta di rompere con la tradizione xxxxxxx00 e detta una disciplina dei
8 Per una sintesi anche storica sul punto cfr. A. XXXXXXXXXX, I contratti nel sistema agroalimentare, in L. Costato-A. Germanò-E. Rook Xxxxxx, Trattato di Diritto agrario, III, Torino, 2011, p. 428 e ss.
9 Cfr. X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti per i prodotti agricoli e commerciali, in Riv. dir. al., 2012, 4, p. 10.
10 Le fonti normative che in precedenza regolavano la materia (l. 88/1988 ed il d. lgs. 102/2005) non dettavano una discplina che avesse immediata rilevanza privatistica e non fornivano una tutela immediata ai singoli operatori agricoli; la posizione di debolezza del singolo agricoltore sarebbe dovuta essere tutelata dall’associazionismo economico dei produttori agricoli che, nella realtà dei fatti, non ha prodotto effetti favorevoli. Cfr. A. XXXXXXXXXX, I rapporti contrattuali nella filiera agroalimentare, in A. Germanò-E. Rook Xxxxxx, I contratti agrari, nella collana diretta da X. Xxxxxxxx – E. Xxxxxxxxx, Trattato dei contratti, Torino, 2015, p. 332 e ss. “il nostro legislatore ha continuato a privilegiare gli aspetti meramente
prodotto venduto, le modalità di consegna e di pagamento. Il rispetto di tali requisiti era in origine previsto a pena di nullità, rilevabile anche d’ufficio dal giudice.
A distanza di pochi mesi dalla sua entrata in vigore, mentre i vincoli formali e sostanziali sono rimasti invariati, il richiamo alla nullità è stato abrogato. Secondo i primi commentatori, la mancata previsione della nullità non ha cancellato il carattere indisponibile degli interessi sottesi alle singole disposizioni, protetti in via primaria da rimedi pubblicistici11.
Non è stata toccata, invece, la previsione che impone il rispetto dei principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni.
Il secondo comma definisce le pratiche commerciali sleali e i principi di trasparenza delle operazioni; afferma, in particolare, il divieto di prevedere nel contratto controprestazioni non connesse con la funzione tipica dello scambio.
I commi 3 e 4 fissano i termini di pagamento per l’acquisto di prodotti agricoli e alimentari deteriorabili12, in trenta giorni dalla consegna; per gli altri, in sessanta. Mentre il testo in GU, in analogia con la disciplina sui ritardi di pagamento, faceva decorrere il termine dal giorno della consegna o ritiro delle merci oppure dalla data di emissione della fattura, la legge di conversione ha parametrato l’esordio “dall’ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura”, evitando così possibili incertezze.
I commi 5, 6 e 7 stabiliscono sanzioni amministrative per il mancato rispetto delle disposizioni contenute nei commi precedenti. Nel 201513, il legislatore è intervenuto inasprendo le misure.
I commi 8 e 9 attribuiscono all’AGCM, con l’ausilio della Guardia di finanza, poteri ispettivi, di vigilanza e sanzionatori.
macroeconomici ed istituzionali del sistema agro-alimentare, senza alcuna consapevolezza culturale circa le concrete dinamiche economiche proprie delle relazioni contrattuali presenti nella realtà” (p. 340).
11 X.X. XXXXXXXXX-X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari, in Riv. dir. civ., 2013, p. 647.
12 La definizione di prodotto alimentare deteriorabile è contenuta al comma 4 ed è sempre rimasta invariata.
13 D.L. 5 maggio 2015 n. 51
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L’art. 10, infine, fa salve le domande di risarcimento del danno proposte sia dal singolo agricoltore sia dalle associazioni dei consumatori, nonché la proposizione di azioni inibitorie.
2.1. Il significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale.
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Il regolamento attuativo definisce i contorni applicativi della nuova disciplina, circoscrivendola alle cessioni agroalimentari con consegna in Italia, “con particolare riferimento alle relazioni economiche tra gli operatori della filiera connotate da un significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale”.
Non è la prima volta che il legislatore utilizza la nozione di squilibrio ma, rispetto alle esperienze passate, ha agito in termini differenti.
In un primo momento, con riferimento soprattutto alla rescissione del contratto ed all’usura, si guardava al contenuto economico della prestazione e lo squilibrio aveva rilevanza solo a determinate condizioni14.
Con il progressivo affermarsi della legislazione di settore, lo squilibrio ha assunto una connotazione prettamente giuridica. Ad esempio, nell’art. 33 cod. cons., clausola vessatoria è quella che genera un “significativo squilibrio di diritti ed obblighi”. L’abuso di dipendenza economica è costruito intorno alla forza di un’impresa di determinare, nei rapporti commerciali con un’altra impresa, un “eccessivo squilibrio di diritti ed obblighi”15.
In entrambe le ipotesi, in dottrina si è osservato che si tratta di uno squilibrio di tipo normativo,
14 Per approfondimenti cfr. G. XXXXXXX, Xxxxxxxxxx e usura nei contratti, Padova, 2002. Sempre sul tema dello squilibrio e della giustizia contrattuale la bibliografia è vastissima, ex multis cfr. X. XXXXXXX, Libertà contrattuale e giustizia del contratto, in Contr. impr. Europa, 2005, p. 509; X. XXXXXXX, La giustizia contrattuale in Europa, in Riv. crit. dir. priv., 2003, p. 659; X. XXXXX, La giustizia contrattuale tra autonomia e mercato, Napoli, 2004; U. PERFETTI, L’ingiustizia del contratto, Milano, 2002; G. OPPO, Lo squilibrio contrattuale tra diritto civile e diritto penale, in Riv. dir. civ., 1999, I p. 533.
15 Secondo E. XXXXXXXXXX, Diritto comunitario e trasformazioni del contratto, Napoli, 2003, p. 31, con tali disposizioni “si viene ad infrangere uno dei principi tradizionali in materia di contratto, quello dell’uguaglianza formale delle parti, mediante la previsione di un controllo contrattuale di tipo contenutistico, anche di natura collettiva, che, superando la prospettiva meramente formalistica e procedimentale in cui si collocano gli art. 1341 e 1342 c.c. , è decisamente orientato a perseguire l’obiettivo delle posizioni contrattuali”.
escludendo dal giudizio qualsiasi valutazione economica16.
Lo squilibrio è stato altresì utilizzato come parametro contabile per valutare il sovraindebitamento, definito come una situazione di “perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte ed il patrimonio liquidabile per farvi fronte”17. Nella medesima accezione, rileva anche l’art. 2467
c.c. sul rimborso dei finanziamenti dei soci, come modificato nel 2003.
L’art. 62 segna un ulteriore passo avanti. Lo squilibrio tipizzato non riguarda né il valore economico delle prestazioni né i diritti ed obblighi nascenti dal contratto né è un parametro contabile. La norma in commento dà rilevanza ad uno squilibrio tra le “rispettive posizioni di forza commerciale”.
È evidente la novità. Il legislatore ha inteso proteggere una debolezza del contraente che non è solamente giuridica ma, piuttosto, strutturale.
Sembrerebbero così recepite le indicazioni di chi aveva segnalato i limiti di uno squilibrio solamente normativo, perché i diritti e gli obblighi non sono posizioni asettiche, ma hanno un costo e possono avere un prezzo. Uno squilibrio che “si presenta
16 Per approfondimenti cfr. G. VETTORI, Il contratto dei consumatori, dei turisti, dei clienti, degli investitori e delle imprese deboli, vol. 1, in G. Vettori (cur.), Xxxxxxxxx e responsabilità, Padova, 2013, in particolare lo scritto di G. XXXXXXX, Oltre il consumatore e l’impresa debole, p. 1; ID., Le finalità e l’oggetto del codice del consumo, p. 29; X. XXXXXXXX, Le clausole vessatorie nel contratto tra professionista e consumatore, p. 287; X. XXXXXXXX, sub art. 33, p. 294; X. XXXXXX, L’accertamento della vessatorietà delle clausole nei contratti del consumatore, p. 455; X. XXXXXXXXXX, Note critiche in tema di sanabilità e rinunziabilità delle nullità di protezione, p. 495; G. VETTORI – X. XXXXXXXX, L’abuso di dipendenza economica.
Con riferimento al consumatore ed alla natura normativa dello squilibrio cfr. anche DE NOVA, Le clausole vessatorie, Milano, 1996, in part. p. 49; A. XXXXXXXX, La nuova disciplina delle clausole vessatorie nel codice civile, Napoli, 1996, in part. p. 41; X. XXXXXXX, Art. 1469 bis – Significativo squilibrio, in Clausole vessatorie nei contratti del consumatore a cura di G. Alpa e S. Xxxxx, in Il codice civile. Commentario, fondato da X. Xxxxxxxxxxx, diretto da X. Xxxxxxxx, Milano, 2003, p. 139 e ss.;
X. XXXXXXX, Xxxxx tutela del contraente debole alla nozione giuridica di consumatore nella giurisprudenza comune, europea e costituzionale, in Obbl. e contratti, 2006, p. 872; G. X’XXXXX, L’abuso di autonomia negoziale nei contratti dei consumatori, in Riv. dir. civ., 2005, p. 657.
Con riguardo allo squilibrio nei rapporti tra imprese cfr. G. GITTI – G. VILLA, Il terzo contratto, Milano, 2008 e, con più specifico riferimento all’abuso della dipendenza economica v.
X. XXXXXXXX, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica, Napoli, 2002; X. XXXXXXXXX, L’abuso di dipendenza economica tra disciplina della concorrenza e diritto dei contratti, Torino, 2004 e, più di recente, X. XXXXX, L’abuso di dipendenza economica come fattispecie transtipica, in Contr. impr., 2015, p. 370.
17 D.L. 212/2011 art. 1
prima facie come normativo può in definitiva tradursi in uno squilibrio dei valori economici scambiati”, così che il confine tra squilibrio giuridico ed economico è molto più evanescente di quanto appaia ad un esame superficiale18.
periodo di tempo”23. Da qui, lo strutturale squilibrio nelle reciproche posizioni di forza commerciale tra agricoltore ed acquirente della GDO, che troppo spesso abusa del maggior potere negoziale.
Sempre guardando alle fonti europee, queste
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Parametrare lo squilibrio alle “posizioni di forza hanno descritto l’incidente frequenza con cui, nel
commerciale”, in realtà, supera anche quest’ultima impostazione perché ne anticipa la rilevanza giuridica, a prescindere da una relazione negoziale.
L’asimmetria riguarda una relazione tra imprese finalizzata a generare profitto. Ne consegue che lo squilibrio introdotto dall’art. 62 va ricostruito intorno al tipo di mercato ove l’imprenditore agisce ed “alla particolare tipologia di relazione negoziale che, per poter operare in quell’ambito, egli è obbligato a far sorgere”19. In altri termini, mentre la debolezza del consumatore si fonda sulla mancanza di una adeguata informazione e sull’ignoranza delle condizioni dello scambio20, quella dell’imprenditore non può essere predicata in astratto ma deve essere ricostruita muovendo da elementi concreti21.
Nei rapporti di filiera agroalimentare22 lo squilibrio si innesta nelle relazioni contrattuali tra il produttore e chi si occupa delle successive trasformazioni e distribuzione dei prodotti agricoli.
A differenza del settore industriale, nell’agroalimentare, il produttore “non può godere di tempi d’attesa quando i frutti del suo lavoro sono venuti ad esistenza, perché i prodotti agricoli sono estremamente deperibili e, quindi, se ne impone il consumo –e il consumo di tutti i prodotti- in breve
18 Così X. XXXXX, Il contratto del duemila, Torino, 2002, p. 39-
40. Nello stesso senso anche A.M. AZZARO, I contratti non negoziati, Napoli, 2000, p. 31; P. BARCELLONA, Diritto privato e società moderna, Napoli, 1996, p. 418; E. XXXXXXXXXX, Diritto comunitario e trasformazioni del contratto, cit., p. 31.
19 Sono parole di F. XXXXX, “Neoformalismo” e tutela dell’imprenditore debole, in Obbl. e contratti, 2012, p. 12. Sul punto v. anche X. XXXXXXX, Contratti di consumo e contratti tra imprese. Riflessioni sull’asimmetria contrattuale nei rapporti di scambio e nei rapporti “reticolari”, in Riv. crit. dir. priv., 2005, p. 564; A. XXXXXXX, Il contratto asimmetrico tra parte generale, contratti di impresa e disciplina della concorrenza, in Riv. dir. civ., 2008, p. 515.
20 X. XXXXXXXXXXX, L’autonomia privata ed i suoi limiti, in
Giur. it., 1999, p. 231
21 Sul punto cfr., ancora una volta, E. ROOK XXXXXX, La disciplina della cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari fra neo-formalismo contrattuale e abuso del diritto, cit., p. 361 che puntualmente indica quali siano gli elementi determinanti la debolezza strutturale dell’imprenditore agricolo, cui vanno sommati anche i cicli ed i principi della biologia vegetale e animale che “dettano la legge reale dell’agricoltura”.
22 Ormai l’individuazione dell’impresa xxxxxxxx si fonda su un nuovo schema che trova il suo paradigma nel contratto di rete in cui vanno a collocarsi le strutture produttive di base. Sul punto v. A. XXXXXXXXXX, L’impresa agricola nel sistema agro- industriale, in Dir. giur. agr. amb., 2002, p. 215; X. XXXXXXXXX, Sistema agroalimentare, in Dig. disc. priv., IV agg., Torino, 2009;
mercato agroalimentare, lo squilibrio si trasforma in comportamenti abusivi. Secondo un’indagine della Commissione, le pratiche sleali attuate consistono nell’abuso retroattivo da parte del partner commerciale di condizioni contrattuali ambigue o incomplete; il trasferimento eccessivo e imprevedibile di costi e rischi sulla controparte; l’uso di informazioni riservate; la cessazione o l’interruzione non giustificata del rapporto commerciale; la modificazione unilaterale delle condizioni di contratto24.
In uno studio finanziato dalla Commissione UE25, sulla base di una indagine su scala europea condotta tra i fornitori della filiera alimentare, il 96% dei partecipanti ha dichiarato di aver subito almeno una forma di pratica commerciale sleale. Di questa percentuale, l’83% ha dichiarato che esse hanno aumentato i costi e il 77% che esse hanno ridotto i profitti. Circoscrivendo l’indagine all’Italia, un’indagine condotta dall’AGCM rivela che il 57% dei produttori accetta spesso (o sempre) modifiche retroattive unilaterali per timore di ritorsioni commerciali nel caso in cui rifiuti di apportare modifiche26.
I numeri spiegano anche le ragioni che hanno spinto il legislatore interno a non circoscrivere eccessivamente il campo di applicazione della norma ma di estenderne quanto più possibile la
23 E. ROOK XXXXXX, La disciplina della cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari fra neo-formalismo contrattuale e abuso del diritto, cit., p. 362 e, nello stesso senso, X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti per i prodotti agricoli e commerciali, cit., p. 17.
24 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni, Affrontare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese, COM (2014) 472 final, del 15.07.2014, in xxx.xxx-xxx.xxxxxx.xx
25 Indagine sulle pratiche commerciali sleali in Europa, Marzo 2011, organizzata da Dedicated per conto della CIAA (Federazione europea delle industrie alimentari) e dall’AIM (Associazione europea delle industrie di Marca), riportata in Affrontare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese, COM (2014) 472 final, del 15.07.2014,
cit., p. 3.
26 Indagine conoscitiva sul settore della GDO-IC43, agosto 2013, riportata in Affrontare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese, COM (2014) 472 final, del 15.07.2014, cit., p. 3 e consultabile al seguente link, xxxx://xxx.xxxx.xx/xxxxx-xxxxxxxxxxx/xxx_xxxxxxxx/0000- ic43.html
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xxxxxxx00. Riprendendo una efficace sintesi, “il provvedimento si propone di riequilibrare i rapporti di forza all’interno del sistema agroalimentare – in cui i produttori agricoli, soprattutto, ma anche le piccole e medie imprese agroalimentari, sono
schiacciati dal forte potere contrattuale dei loro
In tal senso, la norma occupa un ambito estesissimo, rilevando in relazioni contrattuali, anche non strettamente agrarie.
Da un lato, la nozione di cessione è del tutto atecnica, potendo essa comprendere non solo contratti di vendita ma anche altre tipologie
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clienti intermedi- ed introduce importanti elementi di innovazione per il settore. La norma si inserisce, dunque, in un contesto caratterizzato da un equilibrio instabile dove i rapporti tra le controparti si giocano sulla forza, sulla deriva commerciale, su accordi che spesso non vengono formalizzati e dove la leva finanziaria gioca un ruolo rilevante soprattutto a favore della grande distribuzione organizzata”28.
Si capiscono così le ragioni dell’abbandono della nozione di “squilibrio di diritti ed obblighi”, preferendo una nozione di “squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale”. Esso è la chiave per interpretare la norma, lo strumento per specificarne l’ambito applicativo, il criterio per valutare l’efficienza del sistema di tutele pubblicistiche e privatistiche.
2.2. L’ambito applicativo.
L’ambito applicativo della nuova disciplina deve essere ricostruito combinando le disposizioni dell’art. 62 unitamente al suo decreto attuativo, D.M. 199/2012.
Sotto il profilo oggettivo, il legislatore avrebbe potuto essere più preciso. Da un lato la rubrica dell’art. 62 si riferisce alle cessioni di prodotti agricoli ed agroalimentari; l’incipit della norma, invece, circoscrive l’operatività alla cessione di prodotti agricoli e alimentari. L’art. 1 del decreto di attuazione richiama espressamente il primo comma
negoziali, dimostrando così l’intenzione del legislatore di disciplinare non il tipo contrattuale ma l’operazione economica30.
Dall’altro, nell’ambito dei “prodotti agricoli ed alimentari”, potrebbero essere compresi anche i contratti tra agricoltori e industriali/commercianti ma riguardanti prodotti già trasformati31.
Di diverso avviso è, invece, il Tar Lazio che, in una sentenza del 201332, ricostruisce l’ambito oggettivo della norma in questione e lo restringe ai soli prodotti agricoli e agroalimentari, intesi questi ultimi quali prodotti alimentari derivanti dalla produzione agricola. In realtà, tale decisione disattende le statuizioni del MIPAAF e dell’AGCM che, rispettivamente, nel suo regolamento di esecuzione (DM 199/2012) e nel regolamento sulle procedure istruttorie (delibera del 6 febbraio 2013,
n. 24220), ritengono applicabili le nuove disposizioni anche a tutti i prodotti alimentari, categoria quest’ultima di cui i prodotti agroalimentari costituiscono, per il Tar Lazio, un sottoinsieme33.
A ben vedere, la tesi del Tar Lazio non sembra interpretare perfettamente l’intenzione del legislatore. Proprio perché l’applicabilità della norma è circoscritta a quelle relazioni “connotate da un significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale”, la sua massima estensione è evidentemente destinata ad evitare che lo squilibrio su un singolo anello della catena espanda i propri effetti su tutta la catena, da ultimo sul consumatore34.
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e ne riproduce il contenuto. Pertanto, tra le due
opzioni interpretative, sembra doversi conferire maggior valore alla lettura che privilegia il testo del dispositivo rispetto alla sua rubrica29.
27 Disattendendo, in un certo senso, quelle indicazioni provenienti dal Consiglio di Stato che richiedevano “un più puntuale riferimento alle relazioni economiche tra gli operatori della filiera, connotate dal requisito del significativo squilibrio nella rispettive posizioni di forza commerciale”.
28 X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti per i prodotti agricoli e commerciali, cit., p. 10
29 In questo senso A. GERMANÒ, I contratti di cessione dei prodotti agricoli, in in A. Germanò-E. Rook Xxxxxx, I contratti agrari, nella collana diretta da X. Xxxxxxxx – E. Xxxxxxxxx, Trattato dei contratti, Torino, 2015, p. 167; X. XXXXXXXX, L’art. 62 dopo le ultime decisioni, in Studi in onore di Xxxxx Xxxxxxx, vol. II Diritto alimentare. Diritto dell’Unione Europea, Napoli, 2015, p. 317; X. XXXXXXXXX, Cessione di prodotti agricoli e agroalimentari (o alimentari?): ancora un indefinito movimento, in Riv. dir. alim., 2012, p. 2
30 X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti per i prodotti agricoli e commerciali, cit., p. 3. Contra Cons. Stato, parere, 8 ottobre 2012, n. 4203 per cui formula “cessione” non deve intendersi in senso ampio e letterale ma, piuttosto, come operazione di scambio assimilabile al paradigma generale della vendita.
31 L’osservazione è di A. GERMANÒ, I contratti di cessione dei prodotti agricoli, cit., p. 167.
32 Tar Lazio, 17 luglio 2013, n. 7195
33 Per ulteriori approfondimenti cfr. X. XXXXXXXX, L’art. 62 dopo le ultime decisioni, cit., p. 318; X. XXXXXXXXX, Prodotti alimentari o agroalimentari? Il TAR del Lazio, giudice del mercato e law maker smentisce il MIPAAF e l’AGCM, in Riv. dir. alim., 2013, p. 34.
34 Contra A. JANNARELLI, La strutturazione giuridica dei mercati nel sistema agroalimentare e l’art. 62 della legge 24 marzo 2012, n. 27: un pasticcio italiano in salsa francese, in Rivista di diritto agrario, 2012, p. 555 che non approva la scelta legislativa e sostiene che ciascun segmento della contrattazione di filiera presenta differenti caratteristiche ed esigenze di tutela.
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Le esclusioni si fondano, invece, su criteri soggettivi ed, anch’esse, trovano una giustificazione nell’obiettivo di garantire un equilibrio nelle posizioni di forza commerciale. In tal senso, parte debole sarà non solo il produttore in via presuntiva35
dalle regole del diritto internazionale privato, a conferma della posizione strategica occupata (art. 17, l. 218/1995).
ma potrebbe esserlo anche il cessionario o il 3. Le tutele pubblicistiche.
distributore rispetto alla grande impresa agro- alimentare o agro-industriale36.
Si esclude così l’applicabilità della nuova disciplina ai conferimenti di prodotti agricoli alle cooperative (se gli imprenditori risultano soci) o alle organizzazioni di produttori (cui gli imprenditori partecipano)37. In altri termini, trattandosi di rapporti negoziali tra soggetti appartenenti alla medesima categoria costituiti in specifiche forme associative, il legislatore presuppone che i contraenti siano in posizione paritaria.
Il nuovo art. 62 non si applica neppure a quei contratti ove una parte sia il consumatore, essendo tale rapporto già regolato da altra disciplina.
Da ultimo, sono escluse anche le cessioni istantanee, con contestuale consegna e pagamento del prezzo pattuito. Con questa disposizione, probabilmente, il legislatore ha voluto escludere tipologie contrattuali che occupano una fetta limitata di mercato, quale ad esempio la cessione tra produttore e piccola bottega, a condizione che il rapporto si esaurisca immediatamente con la consegna e contestuale pagamento di qualche cassetta di frutta o xxxxxxx00.
Sempre con riferimento alla portata applicativa, si è già detto che questa è circoscritta alle sole cessioni con consegna in Italia. D’altra parte, stante il valore delle esportazioni ed importazioni in questo settore, onde evitare l’incorrere di situazioni in cui sarebbe da ritenersi applicabile il diritto straniero in luogo di quello italiano, il regolamento attuativo ha riconosciuto alla nuova disciplina l’attributo di norme ad applicazione necessaria. Vale a dire, di norme che vengono dotate di una precettività che prescinde dai generali criteri fissati
35 In tal senso, A. GERMANÒ, Sul contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari, in D. giur. agr. amb., 2012, p. 383 e, in termini analoghi, X.X. XXXXXXXXX-X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari, cit., p. 642.
36 Come osserva X. XXXXXXXXXXX, Il “pasticcio” dell’art. 62 L. 221/2012: integrazione equitativa di un contratto parzialmente nullo ovvero responsabilità precontrattuale da contratto sconveniente?, in Persona e mercato, 2014, I, p. 37.
37 Contra Cons. Stato, parere, 8 ottobre 2012, n. 4203 per cui formula “cessione”, quindi, non deve intendersi in senso ampio e letterale ma, piuttosto, come operazione di scambio assimilabile al paradigma generale della vendita.
38 Se il requisito di durata debba essere obbligatoriamente previsto in ogni contratto, così riducendo la portata applicativa della norma solo a tali tipologie di rapporti, v. il par. 4.1.
Descritto l’art. 62 nei suoi contenuti essenziali e precisato l’ambito applicativo, si può passare all’indagine del profilo rimediale. È su questo piano che si misura la sua reale portata effettiva.
Anche qui, aiutano le suggestioni che arrivano dalla Commissione europea. Come detto, le cause delle descritte distorsioni di mercato sono state individuate nella mancanza di trasparenza, nella disparità di potere negoziale e nelle conseguenti pratiche anticoncorrenziali.
Nel libro verde sulle pratiche commerciali sleali39 ed in una comunicazione del 201440, tuttavia, si segnala che nulla viene denunciato dalla parte debole del contratto, temendo la risoluzione del rapporto commerciale. È il c.d. fattore paura. La Commissione ha riscontrato una certa riluttanza da parte delle imprese ad invocare i rimedi civilistici, osservando che “spesso i procedimenti giudiziari non sono uno strumento efficace per affrontare le pratiche commerciali sleali”41.
In primo luogo, perché l’instaurazione di un giudizio è costosa, di lunga durata e dagli esiti incerti.
In secondo luogo, il contraente più debole spesso teme che il ricorso al Giudice possa indurre il più forte a porre fine al rapporto. “Ciò può scoraggiare le parti vittime di pratiche commerciali sleali dal rivolgersi al giudice, il che a sua volta limita il fattore dissuasivo nei confronti della parte che applica le pratiche commerciali sleali”42.
In sintesi, una tutela effettiva sulla contrattazione di filiera deve passare, in prima battuta, dalla predisposizione di un apparato di tutele pubblicistiche e, solo in via residuale, dall’impugnazione davanti al giudice civile di clausole contrattuali abusive.
Questa sembra essere la strada scelta anche dal legislatore italiano, che infatti ha introdotto una tutela binaria: tutto il fuoco della disciplina ruota intorno alle sanzioni pubblicistiche, mentre il
39 Libro verde sulle pratiche commerciali sleali nella catena di fornitura alimentare e non alimentare tra imprese in Europa, COM (2013) 37 final, del 31.01.2013.
40 Affrontare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese, cit., p. 7.
41 Affrontare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese, cit., p. 7.
42 Affrontare le pratiche commerciali sleali nella filiera alimentare tra imprese, cit., p. 7-8.
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rimedio risarcitorio ed inibitorio è relegato nella parte finale della norma.
Riscontrata nelle esperienze passate l’inefficienza delle tutele privatistiche43, si è cercato di privilegiare i rimedi del public enforcement,
introducendo sanzioni pecuniarie aventi una finalità
Per come il testo è stato formulato, l’AGCM si preclude la vigilanza sull’intera filiera, circoscrivendola alla singola relazione negoziale caratterizzata da squilibrio.
A ciò si aggiunga che l’Autorità potrebbe comunque limitare il suo ambito di intervento.
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preventiva e sanzionatoria. D’altra parte, la responsabilità civile è finalizzata ad ottenere un ristoro dei danni subiti che, spesso, non risulterà neppure particolarmente ingente per l’obbligato e privo di una reale efficacia dissuasiva44.
3.1. Il ruolo dell’AGCM.
È compito dell’AGCM dare attuazione ai rimedi di public enforcement.
Nello specifico, l’Autorità è incaricata della vigilanza sulla applicazione delle previsioni e dell’irrogazione delle sanzioni a carico del contraente che contravvenga agli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 62, quali forma scritta; divieto di imposizioni di contrattuali ingiustificatamente gravose; fissazione di termini di pagamento a trenta giorni per le merci deteriorabili e a sessanta per tutte le altre merci.
A prova della preferenza del rimedio pubblicistico, il legislatore è intervenuto nel 2015 aumentando, anche significativamente, le misure sanzionatorie.
Tuttavia, le regole procedurali che l’AGCM si è data sembrano vanificare l’intento45.
In primo luogo, i poteri dell’AGCM si limitano esclusivamente alle situazioni in cui si accerti “un significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale” dei contraenti (art. 2). A differenza dell’art. 1 D.M. 199/2012 ove il richiamo allo squilibrio è una mera indicazione di priorità d’azione, nella delibera 24220/2013 dell’AGCM lo squilibrio diventa, invece, presupposto condizionante dell’azione46.
In realtà, si è visto, l’articolo 62 ha un campo di applicazione più ampio, che si estende a tutti i contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari in Italia tra operatori della filiera, a prescindere dallo squilibrio.
L’art. 5 della delibera prevede, tra le possibilità di chiusura della fase pre-istruttoria, anche il “non luogo a provvedere per richieste di intervento relative a condotte non rientranti tra le priorità di intervento dell’Autorità, in ragione degli obiettivi di razionalizzazione, efficacia ed economicità dell’azione amministrativa”, senza specificare quali siano queste priorità o i criteri per determinarle.
Si potrebbe sostenere, come si legge nel parere di Confindustria47, che “l’esclusione dalla portata applicativa del Regolamento delle relazioni economiche nelle quali non è rinvenibile uno squilibrio tra le parti permette di allinearne l’ambito operativo agli obiettivi in origine perseguiti dall’articolo 62, vale a dire prevenire e contenere fenomeni di abuso della maggior forza contrattuale di una parte a danno dell’altra, che si concretizzino nell’imposizione di condizioni commerciali ingiustificatamente gravose”.
La tesi, in realtà, non convince. Come è stato osservato e si vedrà anche in seguito48, le pratiche commerciali indicate dall’art. 62, co. 2 sono sanzionate a prescindere dall’accertamento di uno squilibrio alla base. Sottoporre l’azione dell’AGCM al presupposto dell’accertamento dello squilibrio, elemento difficile da provare, potrebbe condurre al risultato di non sanzionare adeguatamente condotte vietate dal legislatore, tradendone così l’intenzione49. A ciò si aggiunga che l’AGCM potrebbe decidere comunque di non intervenire perché quel caso non rientra tra le sue priorità (art. 5).
In sintesi, se i rimedi del public enforcement avrebbero dovuto garantire un’applicazione effettiva all’art. 62, nella realtà dei fatti la loro portata ne esce fortemente ridimensionata. Prova ne è che, ad oggi, è stato attivato solamente un procedimento istruttorio, peraltro conclusosi con una decisione di non luogo a provvedere50.
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43 Si pensi, ad esempio, alla disciplina sull’abuso di dipendenza economica o alla disciplina sulle pratiche commerciali scorrette, la cui applicazione limitatissima è sintomatica dell’inefficienza dell’apparato rimediale predisposto dal legislatore.
44 X. XXXXX, Le violazioni dell’art. 62, d.l. n. 1 del 2012 tra responsabilità civile e sanzioni amministrative, in Riv. dir. alim., 2012, p. 1 e ss.
45 Regolamento di autodisciplina 24220/2013
46 X. XXXXXXXX, L’art. 62 dopo le ultime decisioni, cit., p. 320.
47 Consultazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sulla bozza di Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di disciplina delle relazioni commerciali concernenti la cessione di prodotti agricoli e alimentari, consultabile al sito xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx
48 X. XXXXXXXXX, Prodotti alimentari o agroalimentari? Il TAR del Lazio, giudice del mercato e law maker smentisce il MIPAAF e l’AGCM, cit., p. 34.
49 X. XXXXXXXX, L’art. 62 dopo le ultime decisioni, cit., p. 320.
50 Provvedimento n. 25551, AL12 - Eurospin/modifica condizioni contrattuali con fornitori
Un ulteriore profilo di incertezza riguarda il destinatario della sanzione51. Come si è detto poco sopra, ma si ritornerà a breve, la norma sottopone l’autonomia contrattuale privata al rispetto di determinati vincoli formali. Per come è stata
In via di prima approssimazione, l’attività di ricerca deve orientarsi verso tutele che non compromettano la validità dell’accordo e ne preservino il contenuto: la rapida deteriorabilità della merce comporterebbe difficoltà per il
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formulata, il rischio è che anche la parte debole, se professionista di trovare nuovi acquirenti sul
non ne domanda l’applicazione, potrebbe subire le conseguenze del mancato rispetto delle regole formali, con il rischio serio e concreto di non concludere il contratto52.
4. I rimedi privatistici.
Si è detto, la scelta del legislatore si è orientata nel senso di disciplinare ogni singolo contratto di filiera, dettando una disciplina ispirata al formalismo, senza aver previsto le conseguenze in caso di violazione.
La scoperta del rimedio53 è, pertanto, attività rimessa all’interprete chiamato a tessere un legame tra interesse protetto dalla norma e sua effettiva realizzazione54.
51 L’aspetto è stato sollevato soprattutto da A. GERMANÒ, I contratti di cessione dei prodotti agricoli, cit., p. 187 e da X. XXXXXXXX, L’art. 62 dopo le ultime decisioni, cit., p. 320
52 In questo rapporto tra rimedi di public and private enforcement, le scelte del legislatore francese si sono mostrate maggiormente efficienti (Loi 27 juillet 2010, n. 874 de modernisation de l’agricolture et de la peche). Questi, nel 2010, con una disciplina qualificata d’ordre public per quanto riguarda i contratti di cessione di prodotti dell’agricoltura, detta regole simili ai vincoli introdotti dal legislatore italiano. La differenza sta, da un lato, nel prevedere la forma scritta solo come eventuale; dall’altro, nelle modalità di conclusione del contratto.
Infatti, l’operatività della nuova disciplina francese è subordinata, alternativamente, alla presenza di un accordo interprofessionale oggetto di omologazione da parte delle autorità pubbliche competenti oppure all’intervento con proprio decreto da parte del Consiglio di Stato. In tal modo, il rispetto delle previsioni contenutistiche non è garantito dalla forma scritta dell’accordo ma dall’obbligo, da parte dell’acquirente, di formulare una proposta scritta che sia conforme ai contenuti dell’accordo professionale o del provvedimento del Consiglio di Stato.
Si garantisce così una più efficiente applicazione dei regimi sanzionatori. Trattandosi di disciplina d’ordre public, qualora la proposta dell’acquirente non rispetti i vincoli contenutistici imposti, destinatario della sanzione sarà solamente l’acquirente. Per ulteriori approfondimenti sul funzionamento del sistema francese cfr. A. XXXXXXXXXX, I rapporti contrattuali nella filiera agroalimentare, in E. Rook Xxxxxx – A. Germanò, I contratti agrari, cit., p. 327.
53 L’idea che il rimedio deve essere scoperto è lucidamente espressa nelle belle pagine di X. XXXXXXXXX, Oggettività esistenziale dell’interpretazione. Studi su ermeneutica e diritto, Torino, 2014.
54 Sulla nozione di rimedio cfr. G. VETTORI, Remedies in contract. The common rules for an European law, Padova, 2008, in particolare v. G. VETTORI, Il diritto dei contratti fra Costituzione, codice civile e codici di settore e X. XXXXXXXXX,
mercato; i processi di trasformazione che coinvolgono il prodotto porrebbero seri problemi in punto di ripetizione.
Tenendo ferma tale esigenza inespressa ed evitare così l’acuirsi o la produzione di nuovi squilibri, la norma disciplina forma e contenuto del contratto, dettando regole e principi.
4.1. Le regole.
a) La forma scritta.
Si è detto, l’art. 62 impone il rispetto della forma scritta per i contratti aventi ad oggetto la cessione di prodotti agricoli ed alimentari55.
Secondo il legislatore europeo, nel regolamento sull’OCM Unica, il ricorso alla forma scritta risponde alla convinzione di “contribuire a rafforzare la responsabilità degli operatori in altri settori e accrescere la loro consapevolezza della necessità di tenere meglio conto dei segnali del mercato, di migliorare la trasmissione dei prezzi e di adeguare l’offerta alla domanda nonché di contribuire a evitare determinate pratiche commerciali sleali”56.
La nozione di rimedio nel diritto continentale; X. XXXXXXXXX (cur.), Forme e tecniche di tutela. Processo e tecniche di attuazione dei diritti, Napoli, 1989; X. XXXXXXXXXX, La sistematica rimediale, in Riv. crit. dir. priv., 2011, p. 15; S. XXXXXXX, Fattispecie, comportamenti, rimedi. Per una teoria del fatto dovuto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, p. 1033; G. XXXXXX, Sul significato di “rimedi”, in Eur. dir. priv., 2014 e, soprattutto, A. DI MAJO, Le tutele contrattuali e il diritto europeo, Napoli, 2012; ID., Rimedi e dintorni, in Eur. dir. priv., 2015, p. 703. Per una visione critica, cfr. L. XXXXXXX, Rimedi: un nuovo ordine del discorso civilistico?, in Eur. dir. priv., 2015, p. 583.
55 Tra gli studi più significativi in punto di forma del contratto, di fondamentale importanza sono X. XXXXXX, Sul formalismo giuridico, in Giusnaturalismo e positivismo giuridico, Milano, 1965, p. 79; A.E. XXXXXXXXX, Formalismo giuridico, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968, p. 1013; X. XXXXXXXXXX, Forma
degli atti, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968; X. XXXXXXXXXXX,
Forma dei negozi e formalismo degli interpreti, Napoli, 1987;
N. IRTI, Studi sul formalismo negoziale, Padova, 1997; ID., Il salvagente della forma, Bari, 2007 e, da ultimo, X. XXXXXXXXXXX, Neoformalismo contrattuale, in Enc. dir., Xxxxxx, V, Milano, 2012.
56 Considerando 138 del Regolamento (Ue) N. 1308/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio.
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Nella sua prima versione, il mancato rispetto della forma scritta era sanzionato con la nullità, salvo poi essere stata abrogata in sede di conversione. Parte della dottrina, tuttavia, continua a parlare comunque di nullità, dibattendo se si tratti
o meno di nullità di protezione57.
determinare l’invalidità dell’accordo e pregiudicare la stabilità dell’intero contratto.
L’interpretazione da preferire è, quindi, un’altra. Va ricercata coordinando la disposizione che prevede l’obbligo di forma scritta con il D.M. 199/2012 che, a tali fini, parifica al contratto tutta
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Su questo aspetto, una recente sentenza della Cassazione a sezioni unite, pur essendosi pronunciata in tema di leasing, pone l’accento su quelle forme destinate a valorizzare il contenuto del contratto. Più nel dettaglio si afferma, “l’impredicabilità di una automatica applicazione della disciplina della nullità in mancanza della forma prevista dalla legge ad substantiam, essendo piuttosto necessario procedere ad un’interpretazione assiologicamente orientata, nel rispetto dei valori fondamentali del sistema. Così, il carattere eccezionale o meno della norma sulla forma, ovvero il suo carattere derogabile o inderogabile, non potrà essere definito in astratto e in via generale, ma dovrà risultare da un procedimento interpretativo che dipende dalla collocazione che la norma riceve nel sistema, dalla ratio che esprime, dal valore che per l'ordinamento rappresenta”58.
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Insomma, per i vizi di forma, la nullità non è sempre il rimedio più efficiente ed, addirittura, potrebbe contrastare con l’interesse protetto dalla norma. Per i motivi già espressi poco sopra, il mancato rispetto del vincolo formale non potrà
Con tale regolamento si introducono una serie di misure, unite in un unico dispositivo di legge, che permette all’UE di gestire il mercato di più prodotti agricoli. Lo scopo è, da un lato, quello di garantire agli agricoltori uno sbocco per la loro produzione e la stabilità dei redditi; dall’altro garantire ai consumatori la sicurezza e l’approvvigionamento di prodotti alimentari a prezzi ragionevoli. Sul punto cfr. A. GERMANÒ-E. ROOK XXXXXX, Manuale di diritto agrario comunitario, Torino, in part. p. 199 e ss.
57 Sulla tesi della nullità assoluta cfr. X. XXXXXXXXX, Cessione di prodotti agricoli e agroalimentari (o alimentari?), cit., p. 36;
A. GERMANÒ, Sul contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari, in Dir. giur. agr. al. amb., 2012, p. 385. Sposa, invece, la tesi della nullità di protezione X. XXXXXXXXX, I contratti di filiera nel mercato agroalimentare, in X. Xxxxxxxxx
– X. Xxxxxxxxx – X. Xxxxx – X. Xxxxxxxxx (a cura di), I contratti del mercato agroalimentare, Napoli, 2013, p. 29 e ss.
58 Cass., 17 settembre 2015, n. 18214, in Iusexplorer che indica anche quali siano le diverse finalità cui assolve una previsione specifica sulla forma: “quella di garantire certezza sull'esistenza e sul contenuto del contratto, oltre che sulla stessa volontà delle parti; quella di rendere possibili i controlli sul contenuto contratto previsti nell'interesse pubblico (come per la contrattazione con la pubblica amministrazione); quella di rendere trascrivibile il contratto a fini di pubblicità, per rendere opponibili a terzi i diritti che ne scaturiscono; quella di protezione del contraente che, con l'adozione della forma scritta, viene reso edotto e consapevole delle obbligazioni assunte”.
una serie di altri documenti (mail, fax, fatture ove sia riportata una specifica dicitura)59.
In questa ottica, lo scopo della previsione formale è garantire al cessionario una facile prova sui contenuti del negozio, che la nuova disciplina impone di inserire puntualmente.
Pertanto, stante l’ampiezza della nozione di forma scritta, è più convincente quella interpretazione che ritiene il vincolo imposto dal legislatore non ad substantiam bensì ad probationem60. Questa tesi, valorizzando la posizione di debolezza del contraente, concepisce la forma scritta già quale rimedio che conserva il contratto e ne prova il contenuto, senza produrre l’effetto di acuire quello squilibrio che nelle intenzioni del legislatore è escludere.
b) La durata.
Tra gli elementi essenziali di cui all’art. 62, co. 1, è inserita anche la durata. Ciò ha indotto alcuni a ritenere che l’applicabilità della norma sia limitata a quei negozi conclusi “con anticipo rispetto alla venuta ad esistenza dei prodotti o quando questi ultimi erano ancora in itinere” 61. Questa ricostruzione sarebbe confermata da tutta l’impostazione complessiva della normativa che si correla a rapporti caratterizzati dal loro svolgersi nel tempo. Si pensi, ad esempio, all’obbligo di forma scritta o alla disciplina sui termini di pagamento, vincoli incompatibili con le cessioni istantanee62.
La tesi, tuttavia, non convince del tutto. Interpretando la norma alla luce del criterio dello squilibrio, questo si può manifestare in diverse tipologie di cessioni, non necessariamente connesse a contratti di durata. Xxxxxx, allora, preferibile la tesi di chi interpreta l’art. 1, co. IV, decreto attuativo, sottoponendo alla disciplina dell’art. 62
59 Per forma scritta può intedersi “qualunque forma di comunicazione scritta, anche trasmessa in forma elettronica o a mezzo telefax, avente la funzione di manifestare la volontà delle parti (…)”, precisando che tale volontà può essere ricostruita da elementi desunti altrove (art. 3 del D.M. 199/2012)
60 X.X. XXXXXXXXX – X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di cessione di prodotti agricoli e agroalimentari, in Riv. dir. civ., 2013, p. 648
61 A. JANNARELLI, La strutturazione giuridica dei mercati nel sistema agroalimentare e l’art. 62 della legge 24 marzo 2012,
n. 27: un pasticcio italiano in salsa francese, cit., p. 560.
62 A. JANNARELLI, La strutturazione giuridica dei mercati nel sistema agroalimentare e l’art. 62 della legge 24 marzo 2012,
n. 27: un pasticcio italiano in salsa francese, cit., p. 560.
anche le cessioni istantanee, qualora o il pagamento del prezzo o la consegna del bene non avvengano entrambi simultaneamente63.
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c) Quantità e caratteristiche del bene venduto.
degli articoli 1339 o 1374 c.c.; l’altra che introduce un’ipotesi testuale di responsabilità precontrattuale da contratto valido.
Secondo la prima ricostruzione, previa riduzione teleologica della regola di cui all’art. 1419, I co., si
È requisito che attiene all’oggetto dell’accordo. tratta di dichiarare la nullità della singola clausola e,
Se non è né determinato o determinabile, comporterà la nullità ma tale ipotesi sembra più circoscritta ai casi di scuola.
Potrà, invece, accadere che le parti, con specifico riferimento alle caratteristiche del prodotto, pattuiscano la consegna di una quantità generica di merci. In tal caso, non si vedono ragioni per escludere l’applicazione dell’art. 1178 c.c. che impone al venditore l’obbligo di non prestare cose di qualità inferiore alla media.
Per converso, se le parti pattuiscono che i prodotti debbano rispettare determinati standard qualitativi, qualora quelli consegnati non siano conformi a quelli promessi, i primi rimedi a poter essere esperiti saranno quelli della garanzia per vizi che determineranno riduzione del prezzo o risoluzione del contratto.
Si badi, il rimedio demolitorio, in questo caso, è rimesso alla scelta del contraente al quale è consegnato un prodotto non conforme e, pertanto, i problemi sul rapporto tra squilibrio e conservazione del contratto sono ridotti.
d) Il prezzo.
Nella cessione del prodotto agricolo, la misura del corrispettivo potrebbe non essere pattuita o, come in realtà più spesso accade, essere imposta in misura iniqua. Sono due ipotesi ben distinte tra loro. Con riferimento alla mancata determinazione del prezzo, non è da escludersi che possa trovare applicazione l’art. 1474 c.c. e, pertanto, il corrispettivo sarà quello normalmente praticato dal venditore, sempre che non si tratti di cose aventi un
prezzo di borsa o di mercato.
Più complesso è il tema del prezzo iniquo, stanti i principi di proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni.
La dottrina più attenta ha suggerito differenti ricostruzioni finalizzate a conservare gli effetti del negozio64: l’una che postula l’invalidità della singola clausola ed integra la lacuna per il tramite
63 È la tesi di A. GERMANÒ, I contratti di cessione dei prodotti agricoli, cit., p. 170, “pare che sia preferibile la tesi secondo cui tutti i contratti di cessione dei prodotti agro-alimentari, sia quelli con effetti obbligatori, sia quelli con effetti reali, soggiaciono alla disciplina dell’art. 62”.
64 Sintetizzate da X. XXXXXXXXXXX, Il “pasticcio” dell’art. 62 L. 221/2012: integrazione equitativa di un contratto parzialmente nullo ovvero responsabilità precontrattuale da contratto sconveniente?, cit., p. 42, cui si rinvia anche per tutti i riferimenti bibliografici.
ai sensi dell’art. 1374 c.c., correggerla con gli strumenti dell’equità integrativa, sostituendo il prezzo abusivo mediante l’interrogazione del mercato o la simulazione del suo funzionamento65.
In alternativa, si potrebbe applicare l’art. 1339
c.c. sull’inserzione automatica di clausole, richiamato dall’art. 1419, II co., c.c. In tal caso, la misura del prezzo sarà quella praticata in filiere territorialmente diverse concorrenziali o, comunque, a produttori non in uno stato di monocommittenza66. Secondo l’altra ricostruzione, prosegue la disamina della medesima dottrina, la tesi della nullità parziale-integrazione si espone alla critica di accordare al giudice eccessivi poteri di rideterminazione del contenuto del contratto. In tal senso, si potrebbe introdurre una differente coppia di rimedi, in analogia con l’abuso di dipendenza economica (art. 9, l. 192/1998), ovvero l’abbinamento validità del contratto-risarcimento del danno. Vale a dire, una sorta di responsabilità precontrattuale da contratto valido ma sconveniente. Tale tesi, tuttavia, poggia sull’assunto che si tratti di una invalidità a legittimazione relativa, non
rilevabile d’ufficio, sanabile o rinunciabile67.
In sintesi, conclude questa dottrina, il richiamo al prezzo dovrebbe essere interpretato come un divieto a “fornire merci ad un prezzo inferiore a quello di mercato”68, aprendo lo spazio a due alternative: nullità parziale-integrazione; validità- risarcimento del danno.
e) Modalità di consegna e pagamento
Per quanto riguarda modalità e luogo di consegna, è da ritenersi che la loro mancata indicazione sia colmata dalla disciplina generale in tema di obbligazioni, non ravvisandosi ragioni concrete che inducano ad escluderne l’applicazione.
65 X. XXXXXXXXXXX, Il “pasticcio” dell’art. 62 L. 221/2012: integrazione equitativa di un contratto parzialmente nullo ovvero responsabilità precontrattuale da contratto sconveniente?, cit., p. 42
66 X. XXXXXXXXXXX, op. loc. ult. cit.
67 V. ancora X. XXXXXXXXXXX, Il “pasticcio” dell’art. 62 L. 221/2012: integrazione equitativa di un contratto parzialmente nullo ovvero responsabilità precontrattuale da contratto sconveniente?, cit., p. 43
68 X. XXXXXXXXXXX, Il “pasticcio” dell’art. 62 L. 221/2012: integrazione equitativa di un contratto parzialmente nullo ovvero responsabilità precontrattuale da contratto sconveniente?, cit., p. 42
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f) La disciplina sui termini di pagamento.
La disciplina dettata dall’art. 62 è molto precisa e puntuale. Distinguendo tra cessioni di prodotti deteriorabili e non deteriorabili, stabilisce per le prime un termine di 30 giorni, per le seconde di 60.
In entrambe le ipotesi, il termine decorre dall’ultimo
spazio per deroghe da parte degli Stati membri, rendendo quindi legittima la normativa italiana dettata per i pagamenti delle cessioni di prodotti agricoli e alimentari73.
Il Consiglio di Stato, sollecitato dall’AGCM, segue quest’ultima tesi. Premettendo che lo scopo
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giorno del mese di ricevimento della fattura.
In caso di mancato rispetto, il D.M. 199/2012 dispone l’applicazione automatica dei tassi moratori di cui all’art. 5, II co., del d. lgs. 231/2002 sulla lotta contro i ritardi di pagamento69.
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La ratio, infatti, è la medesima: evitare la produzione di liquidità aggiuntiva a vantaggio del debitore ed a danno del creditore70.
A conferma della finalità, si vieta espressamente di “negare il pagamento dell’intero importo pattuito per la fornitura a fronte di contestazioni solo parziali relative all’adempimento della medesima” (art. 6, D.M. 199/2012).
Nel 2011, è intervenuta la direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali i cui effetti sono iniziati a decorrere dal 1 gennaio 201371.
Potendo rientrare i prodotti agricoli nella più ampia nozione di merci cui fa riferimento la direttiva europea, da parte degli operatori del settore ci si è domandati se sia stata introdotta una forma di abrogazione tacita dei commi 3 e 4 dell’art. 62.
Su questo aspetto, si è sviluppato un contrasto interpretativo tra Ministeri.
Secondo il MISE, “la disciplina dell’art. 62 può ritenersi “tacitamente abrogata da quella successiva più generale, di derivazione europea, introdotta dal decreto legislativo n. 192/2012, fermo restando che, in caso contrario, la medesima disciplina di cui all’art. 62 dovrebbe, in ogni caso, essere disapplicata per contrasto con il sopravvenuto diritto europeo”72.
Il MIPAAF, invece, con una propria nota ha indirettamente risposto al MISE. L’art. 62 sarebbe ancora in vigore perché norma speciale rispetto alla disciplina di derivazione europea, la quale lascia
69 È, invece, fatta salva la disciplina speciale sulla cessione dei prodotti alcolici di cui alla L. 28/1999. Rispetto a quanto previsto dall’art. 62 i pagamenti devono essere fatti entro 60 giorni dal momento della consegna o ritiro dei beni medesimi; gli interessi legali sono quelli corrispondenti al tasso ufficiale di sconto maggiorato di cinque punti percentuali; il mancato pagamento costituisce titolo per ottenere decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
70 Per approfondimenti su questa esigenza v. G. VETTORI-X. XXXXXXXX, La normativa sui termini di pagamento, in Il contratto dei consumatori, dei turisti, dei clienti, degli investitori e delle imprese deboli, cit., p. 1835 e la bibliografia ivi citata.
71 Attuata con x. lgs. 192/2012 che ha modificato il d.lgs. 231/2002.
72 Nota MISE, 26 marzo 2013, Prot. n. 0005401
della normativa è “garantire la trasparenza nei rapporti tra i diversi operatori della filiera agroalimentare, attraverso l’eliminazione di posizioni di ingiustificato squilibrio contrattuale tra le parti”, conclude che le disposizioni dell’art. 62 sono speciali rispetto alla disciplina generale applicabile ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e che, conseguentemente, non possono ritenersi abrogate per effetto dell’entrata in vigore del nuovo d.lgs. 192/2012. Pertanto, non si ravvisa alcun contrasto o incompatibilità con la dir. 2011/7/UE74.
g) Le norme applicabili in caso di forza maggiore.
Il Reg. 1308/2013/UE in tema di OCM unica disciplina anche le relazioni contrattuali di filiera ed, all’art. 168, indica i contenuti minimi del xxxxxxx00. L’art. 62 è allineato alle previsioni europee, salvo quanto previsto dal co. 4, lett. c, vi, che obbliga le parti ad indicare “le norme applicabili in caso di forza maggiore”.
Il contratto di cessione di prodotti agroalimentari dovrà, pertanto, considerare anche questo aspetto.
Ebbene, la forza maggiore può dar luogo sia ad una impossibilità della prestazione sia, allo stesso tempo, ad una eccessiva onerosità della prestazione stessa, determinando in entrambi i casi la risoluzione del contratto.
Stante, invece, l’esigenza di conservare il contenuto dell’accordo e scioglierlo solo su concorde volontà delle parti, è da ritenersi che, con tale norma europea, si richieda ai contraenti di disciplinare le sopravvenienze, postulando un obbligo di rinegoziazione. Nei paesi ove il legislatore ha dettato un regime specifico76, la disposizione non suscita particolari problematiche perché, con tutta probabilità, il rinvio andrà a quella normativa.
In Italia, invece, le norme applicabili alla forza maggiore determinerebbero la risoluzione del rapporto negoziale, tradendo però le aspettative di
73 Nota MIPAAF, 2 aprile 2013
74 Cons. Stato, 19 febbraio 2015, n. 503.
75 Tali requisiti essenziali devono essere rispettati se il legislatore nazionale ha previsto per tali contratti l’obbligo di forma scritta, come è avvenuto in Italia, o di formulare una proposta scritta, secondo il modello francese.
76 Per un sintetico ed esaustivo quadro europeo sul punto cfr. A. DI MAJO, Le tutele contrattuali, Torino, 2009, cap. V.
conservazione dell’accordo. È, infatti, di tutta evidenza che la risoluzione metterebbe il produttore, già costretto a subire gli effetti di una sopravvenienza, nella esigenza di trovare in tempi rapidi un nuovo partner commerciale per evitare il
confronti di uno spettro più ampio di circostanze sopravvenute80.
Quest’ultima sembra la strada scelta dal legislatore europeo che vincola la rinegoziazione ad ipotesi di forza maggiore e cerca, in tal modo, di
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deperimento dei beni prodotti dalla cui vendita deve ridurre l’incidenza dell’alea nell’economia
trarre comunque un guadagno.
Da qui, la possibilità di ritenere che “le norme applicabili in caso di forza maggiore” previste dal legislatore europeo evochino l’introduzione di specifici obblighi di rinegoziazione destinati alla conservazione del contratto77. In tal modo, si porterebbe a compimento il risultato contrattuale, allineando il regolamento alle mutate circostanze e senza che ciò contraddica i principi dell’autonomia privata78.
Il problema non è tanto ipotizzare l’introduzione di un obbligo di rinegoziazione (già introdotto dal legislatore UE)79; piuttosto, di come questo possa declinarsi nell’ambito dei contratti agrari.
A livello teorico, le clausole di rinegoziazione possono essere ‘specifiche’ e stabilire parametri dettagliati per modificare il contratto originario; oppure ‘generiche’ e proteggere le parti nei
77 In dottrina, tra gli studi più approfonditi sulla rinegoziazione,
v. X. XXXXXXX, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, Napoli, 1996; ID., Rischio contrattuale e rapporti di durata nel nuovo diritto dei contratti: dalla presupposizione all’obbligo di rinegoziare, in Riv. dir. civ., 2002, p. 63; ID., voce Revisione e rinegoziazione del contratto, in Enc. dir., Xxxxxx, II, Milano, 2009, p. 1026; X. XXXXXX, Conservazione e rinegoziazione dell’ “equilibrio contrattuale”, Napoli, 1998; X. XXXXX, Sopravvenienza contrattuale e problemi di gestione del contratto, Milano, 1992; F.P. TRAISCI, Sopravvenienze contrattuali e rinegoziazione nei sistemi di civil law e di common law, Napoli, 2003; X. XXXXXXX, Rischio e sopravvenienza, Milano, 1994.
78 X. XXXXXXX, Adeguamento e rinegoziazione nei contratti a lungo termine, cit., p. 322 e F.P. Xxxxx, Obbligo di rinegoziare: tutela in forma specifica e penale giudiziale, cit., p. 574.
79 Ritengono configurabile un obbligo di fonte legale di rinegoziazione del contratto, X. XXXXX, Il contratto, in Trattato Iudica-Zatti, Milano, 2011, p. 972; R. SACCO-M. DE NOVA, Il contratto, I, in Trattato di Diritto civile, diretto da Xxxxx, Torino, 2004, 722 e vedono negli articoli 1366-1374-1375 le basi normative. Secondo un’interessante, ma isolata, pronuncia di merito tali norme sarebbero fonte “non già di un nuovo obbligo contrattuale, ma dell’obbligo di rinegoziare finalizzato a conferire effettività alla tutela relativa all’esecuzione del contratto” (T. Bari, 14 giugno 2011, rel. Xxxxxxxx, in I contratti, 2012, p. 571, con nota di F.P. XXXXX, Obbligo di rinegoziare: tutela in forma specifica e penale giudiziale).
Contra, M. BARCELLONA, Appunti a proposito di obbligo di rinegoziazione e gestione delle sopravvenienze, in Eur. dir. priv., 2003, p. 480 ss.; A. XXXXXXXXXX, I contratti. Parte generale, Torino, 2009, p. 240; X. XXXXXXX, I problemi del rinegoziare, Milano, 2004; A. GENTILI, La replica della stipula: riproduzione, rinnovazione, rinegoziazione del contratto, in Contr. impr., 2003, p. 710; G. SICCHIERO, voce rinegoziazione, in Dig. disc. civ., II, agg., Torino, 2003, p. 1200.
dell’affare.
Tale soluzione, per un verso, assicura massima flessibilità al contratto originario e protegge le parti contro il più ampio numero possibile di sopravvenienze contrattuali. Per di più, lasciando comunque aperta la possibilità di introdurre clausole specifiche, evita al contraente più debole di aprire trattative che rischierebbero di essere lunghe e dispendiose, senza comunque riuscire ad arginare il rischio di squilibrio, stante la deteriore posizione contrattuale81.
Per altro verso, subordinare la rinegoziazione del contratto a clausole generali, come la forza maggiore, porta con sé due ordini di rischi. Il primo è connesso all’accertamento, nel concreto, del verificarsi del presupposto astratto, su cui i contraenti non necessariamente potrebbero concordare. Il secondo è legato al contenuto dell’obbligo di rinegoziare che, pur imponendo alle parti di aprire una trattativa, non impone loro di arrivare alla conclusione di un accordo, mettendo così a rischio la conservazione del rapporto originario.
In tal senso, la mancata previsione di un apparato rimediale effettivo rischia di rendere superflua la previsione comunitaria e tradire le esigenze di conservazione cui è ispirata.
D’altra parte, proprio per salvaguardare il principio di autonomia contrattuale, è precluso al giudice sostituirsi alla parti ed è, al contempo, un diritto delle parti decidere se risolvere o meno il contratto.
In mancanza di una clausola contrattuale che introduca rimedi operanti in autotutela, per salvaguardare questo complesso di interessi, potrebbe essere utile cumulare il procedimento ex art. 700 c.p.c. unitamente alla sanzione di cui all’art. 612 bis c.p.c. che protegge, con il rimedio dell’astraintes, l’esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare infungibili, quale quello di contrarre.
Se il giudice, stante l’obbligo di rinegoziare, non può pronunciarsi in base all’art. 2932 c.c. perché la formulazione della clausola non gli consente di
80 E. TRUCCARI, Clausole di rinegoziazione ed eccezione d’inadempimento nel contratto di somministrazione, in I contratti, 2014, p. 990.
81 E. TRUCCARI, Clausole di rinegoziazione ed eccezione d’inadempimento nel contratto di somministrazione, cit., p. 2 dell’estratto dalla banca dati Leggi d’Italia.
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prevedere quale potrebbe essere il contenuto del contratto modificato, non gli è invece precluso introdurre una sanzione pecuniaria per ogni giorno di ritardo gravante su quella parte che si rifiuti di contrarre. In tal modo, se proprio alla risoluzione
del contratto si deve arrivare, essa non sarà
Nel settore dei contratti agroalimentari, è, senza dubbio, da escludersi che il richiamo ai principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni abbia una valenza meramente descrittiva.
Al di là del fatto che le regole prima esaminate
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determinata da un evento esterno alla volontà dei contraenti, ma da una espressa decisione delle parti in punto di convenienza ed opportunità82.
4.2. I principi.
L’art. 62 vincola i contraenti al rispetto di una serie di principi: trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, “con riferimento ai beni forniti”.
Non è chiaro il significato da doversi attribuire a tale inciso finale, sembrando strano che il vincolo riguardi solo le merci e non il contratto nella sua globalità.
Pertanto, più correttamente, si dovrebbe essere portati a ritenere che il giudizio abbia ad oggetto lo scambio.
Lungi dall’esaminare il significato di ogni singolo principio e le sue infinite e possibili ricadute sul contratto, basti semplicemente ricordare che alcuni di essi sono già presenti nel Codice civile; altri sono stati introdotti dalla legislazione di settore; altri ancora sono stati positivizzati per la prima volta.
Quello che interessa in questa sede è solo qualche breve accenno al rapporto che lega il principio al rimedio, con una precisazione. Il rispetto di tali principi non è fine a se stesso bensì, al pari delle regole esaminate in precedenza, orientato ad evitare forme di squilibrio.
Parte della dottrina, interrogandosi sulla differenza tra regole e principi, ha messo in luce la pericolosità di una legislazione che si muova per principi, perché pregiudica la certezza e la prevedibilità delle decisioni giudiziarie e genera un eccessivo protagonismo dei magistrati83.
Altra dottrina, invece, preso atto che norme senza fattispecie e principi sono i protagonisti della contemporaneità giuridica, si sta interrogando sul loro uso ragionevole e realistico84.
82 E’ la soluzione prospettata dal relatore E. SCODITTI nell’ordinanza del T. Bari, 14 giugno 2011, cit.
83 Per una impostazione critica sull’utilizzo dei principi cfr. N. IRTI, La crisi della fattispecie, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2014, I p. 38; ID., Calcolabilità weberiana e crisi della fattispecie, in Riv. dir. civ., 2014, p. 987; A. XXXXXXXXXX, Nota breve sulla fattispecie, in Riv. dir. civ., 2015, p. 245; X. XXXXXXXXXX, L’eclisse del diritto civile, Milano, 2015.
84 Numerosi sono gli autori che si collocano lungo questa prospettiva. Cfr. G. VETTORI, Il contratto europeo tra regole e
sono solo alcune delle possibili declinazioni di questi principi, essi non hanno esaurito la loro specifica forza precettiva, che si può ancora sviluppare in due direzioni: da un lato, sono strumenti per interpretare il contratto ed orientare in presenza di problemi altrimenti non facilmente risolvibili; dall’altro, declinati in ulteriori regole e rimedi, hanno la funzione di integrarne il contenuto e rispondere a bisogni che il legislatore non ha disciplinato e le parti non hanno previsto nel loro accordo.
Per entrambe le ipotesi, è necessario che il processo ermeneutico che li applica al caso concreto sia controllabile, segua determinate regole, rispetti specifiche garanzie.
La dottrina ha già individuato alcuni criteri che possono orientare l’interprete e che, in estrema sintesi, qui si ripropongono85.
In primo luogo, è necessaria la ricostruzione puntuale ed esatta della fattispecie concreta, questa “indica subito i termini entro cui deve articolarsi la risposta al problema di vita”86.
principi, Torino, 2015; ID., Regole e principi. Un decalogo, in Persona e Xxxxxxx, 2015, p. 51; X. XXXXXXXXX, Fattispecie e altre figure di certezza, in Persona e mercato, 2015, p. 67; A. PROTO PISANI, Xxxxx note in tema di regole e principi, in Xxxxxxx e Xxxxxxx, p. 2015, p. 73; X. XXXXXXXXXX, Xxxxxx su regole e principi: l’usurarietà sopravvenuta, in Xxxxxxx e Xxxxxxx, 2015, p. 103; X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 2006; G. X’XXXXX, Applicazione diretta dei principi costituzionali e integrazione del contratto, in Giust. civ., 2016, p. 247; A. XXXXXXXXXX, Dall’età delle regole all’età dei principi ed oltre? Problemi e paradossi del diritto privato post-moderno, in Giust. civ., 2014,
p. 991; v. anche il numero speciale del 2014 della Riv. it. sc. giur. che raccoglie gli atti del Convengo I principi nell’esperienza giuridica – Facoltà di Giurisprudenza della Sapienza, Roma 14-15 novembre 2014 con particolare riferimento ai saggi di X. XXXXXXX, I principi generali fra due convegni (1940-1991), dall’ordinamento statutario fascista all’ordinamento repubblicano ed alle sue aperture sovranazionali (p. 3); A. XXXXXXXXXX, I principi nell’elaborazione del diritto privato moderno (p. 33); G. ALPA, I principi generali. Una lettura giusrealistica (p. 77); U. XXXXXXX, Principi: luci e ombre nel diritto contemporaneo (p. 121); A. CERRI, Riflessioni aperte sulle origini e sul ruolo dei principi nell’esperienza giuridica (p. 193).
85 Il richiamo va, prevalentemente, al saggio di G. XXXXXXX, Xxxxxx e principi. Un decalogo, cit., in part. p. 55 ed alla bibliografia ivi richiamata.
86 G. XXXXXXX, Xxxxxx e principi. Un decalogo, cit., p. 56.
In secondo luogo, sarà importante l’analisi di ogni singolo principio e fissare la sua origine ed il suo fondamento87.
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Infine, non deve essere sottovalutato il ruolo della retorica, predisponendo nuove tecniche
alcune tipologie di pratiche commerciali scorrette, adottando una formulazione che sembra estendere la tipizzazione ivi indicata non solo ai contratti agro- alimentari ma a tutti quelli che sono i rapporti tra imprese.
argomentative, “che conoscano e sappiano Questo ha naturalmente suscitato alcune
utilizzare tutte le potenzialità del sistema integrato delle fonti e i precedenti delle Corti nazionali ed europee”88. Non ancorandosi i principi ad una specifica fattispecie, il sillogismo di cui si servirà la retorica giudiziale “è un sillogismo critico, fondato sul ragionevole, non a caso qualificato come sillogismo retorico”89.
Coordinando tra loro giuridicizzazione del fatto, fondamento operativo del principio, severa argomentazione giuridica, si arriva a formulare una rule of construction rigorosa e convincente90, arginando il rischio prospettato da chi paventa una lesione dei principi di prevedibilità e certezza delle decisioni giudiziarie.
D’altra parte, la medesima dottrina che vede con favore questa forma di legislazione per principi, mette comunque in guardia da un uso indiscriminato della drittwirkung, consigliando “l’adozione di un canone metodologico che presupponga, fin quando sia possibile, la ricerca delle regole da adattare, integrare, modificare in via interpretativa sulla base dei principi sino al limite di elasticità del sistema e, solo da ultimo, quindi quale extrema ratio, la adozione dei principi quale diretta fonte deduttiva della regola eventualmente mancante”91.
In questa prospettiva, solo per sommi capi tracciata, deve essere letto il richiamo contenuto nell’art. 62: al fine di conservare gli effetti del contratto ed evitare squilibri, si introducono una serie di principi strumentali per rispondere a problemi che potrebbero sorgere durante la sua esecuzione, che il legislatore non aveva previsto al momento della redazione della norma e le parti non hanno negoziato.
5. Pratiche commerciali scorrette, abuso di posizione dominante e abuso di dipendenza economica.
Dopo aver indicato gli obblighi cui sono tenuti i contraenti, il secondo comma dell’art. 62 vieta
87 G. VETTORI, op. loc. ult. cit.
88 G. VETTORI, op. loc. ult. cit.
89 X. XXXXXXXXX, Fattispecie e altre figure di certezza, cit., p. 71.
90 G. VETTORI, op. loc. ult. cit.
91 Sono parole di X. XXXXXXXXXX, Xxxxxx su regole e principi: l’usurarietà sopravvenuta, in Xxxxxxx e Xxxxxxx, 2015, p. 108.
perplessità in dottrina92, non fosse altro perché la delicatezza del tema avrebbe meritato una disciplina più articolata e sistematica.
Peraltro, la tipizzazione delle pratiche commerciali sleali segue una tecnica frammentaria, alcune essendo previste direttamente all’art. 62, II co., altre nel D.M. attuativo (art. 4), altre rinviando alla prassi europea.
Al contempo, sono state introdotte due previsioni dal contenuto atipico. Una, all’art. 62 che, con espressione tautologica, vieta di “adottare ogni ulteriore condotta commerciale sleale che risulti tale anche tenendo conto del complesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvigionamento”; l’altra, al D.M. attuativo, che vieta “qualsiasi comportamento del contraente che, abusando della propria maggior forza commerciale, imponga condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose”.
Da quest’ultima previsione in particolare, emerge, ancora una volta, l’esigenza di tutelare uno squilibrio che si fonda non tanto sull’ignoranza dei termini legali dello scambio ma sulla specifica forza commerciale di ciascun contraente.
Sotto il profilo dei rimedi, da un lato, vi è l’enforcement pubblicistico già ricordato in precedenza, che attribuisce all’AGCM il potere di comminare una sanzione amministrativa compresa tra € 2.000,00 ed € 50.000,00, in base “al beneficio ricevuto dal soggetto che non ha rispettato i divieti”. Tuttavia, l’antitrust, a distanza di ormai tre anni dall’entrata in vigore della norma, ha aperto solamente un’unica istruttoria che si è conclusa con una decisione di non luogo a provvedere93.
Dall’altro, vi è quello privatistico, di competenza del giudice ordinario.
In tal caso, l’individuazione del rimedio non è così agevole.
Nell’ambito della disciplina consumeristica, diverse sono state le ipotesi ricostruttive.
Alcuni hanno parlato di recesso, determinato dalla violazione di obblighi informativi94. È stato
92 X. XXXXX, I nuovi contratti agrari, in Riv. dir. agr., p. 79; X. XXXXXXXXX, Cessione di prodotti agricoli e agroalimentari (o alimentari ?): ancora un indefinito movimento, in Riv. dir. alim., 2012, p. 12
93 Provvedimento n. 25551, AL12 - Eurospin/modifica condizioni contrattuali con fornitori
94 X. XXXXX XXXXXX, Le pratiche commerciali sleali, in Manuale di diritto privato europeo, a cura di X. Xxxxxxxxxx-X. Xxxxxxxxx, Milano, 2007, p. 455; G. DE CRISTOFARO, La
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però obiettato che è un rimedio privo di portata generale e non ha la funzione di reagire ad una scorrettezza; bensì, è strumento di pentimento.
Altri hanno invocato la nullità ai sensi dell’art. 1418, I co., precisando che si tratterebbe di una
nullità di protezione95. D’altra parte, la nullità
dominante all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante”98.
Tale differenza, pur significativa, non sembrerebbe determinare l’esclusione del rimedio ma limita gli effetti al solo piano probatorio, avendo lo scopo di reagire alle difficoltà applicative che ha
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virtuale è predicabile laddove la violazione della norma imperativa incida sulla struttura del negozio e non, invece, quando vieti un determinato comportamento96.
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Vi è anche chi ha sostenuto l’annullabilità del contratto97, superando l’originaria interpretazione per cui la semplice reticenza non sarebbe sufficiente ad integrare il dolo. Tuttavia, anche a voler seguire tale impostazione, si porrebbero seri problemi in punto di onere della prova, stante la necessità di dover provare l’elemento soggettivo fraudolento aspetto che, di norma, non è richiesto dalle pratiche generali scorrette.
Rimangono, così, due ultimi rimedi, uno è il risarcitorio, che opera per il passato; l’altro è l’inibitorio, che opera per il futuro. È questa la strada scelta dal dall’art. 62 che introduce questa coppia di xxxxxx.
D’altra parte, quando la pratica commerciale scorretta si positivizza in una clausola contrattuale, non è comunque precluso l’accesso ad una tutela invalidante.
Infatti, l’art. 62, nel tipizzare una serie di pratiche commerciali scorrette, ricalca e ripropone la stessa tipizzazione contenuta all’art. 3 della L. 287/1990 sull’abuso di posizione dominante: essendo identiche le condotte sanzionate, si potrebbe sostenere che identico deve essere il rimedio, la nullità.
In realtà, come è stato giustamente osservato, le pratiche scorrette descritte dall’art. 62 sono illecite ex se, a prescindere dall’esistenza di “una posizione
difficile attuazione della direttiva 2005/29/CE concernente le pratiche commerciali sleali nei rapporti fra imprese e consumatori: proposte e prospettive, in Contratto e impresa/Europa, 2007, p. 14 e 30; E. BATTELLI, Nuove norme in tema di pratiche commerciali sleali e pubblicità ingannevole, in Contratti, 2007, p. 1103.
95 L. DI NELLA, Prime considerazioni sulla disciplina delle pratiche commerciali aggressive, in Contr. impr. Eur., 2007, p. 62
96 Cass., sez. un., 19 dicembre 2007, n. 26725 in Foro it., 2007, I, c. 2093, con nota di E. SCODITTI, La violazione delle regole di comportamento dell’intermediario finanziario e le sezioni unite ed in Obbl. contr., 2008, p. 104, con nota di X. XXXXXXX, Regole di validità e di responsabilità di fronte alle Sezioni Unite. La buona fede come rimedio risarcitorio.
97 X. XXXXXXXX, Le pratiche commerciali scorrette tra imprese e consumatori: l’attuazione della direttiva 2005/29/CE modifica il codice del consumo, in Obbl. contr., 2007, p. 781;
X. XXXXX, Le azioni e le omissioni ingannevoli: il problema della loro sistemazione nel diritto patrimoniale comune, in Contr. impr. Eur., 2007, p. 72.
incontrato la disciplina sull’abuso di posizione dominante: provare in concreto il dominio sul mercato della propria controparte contrattuale.
Del resto, poiché lo squilibrio incide sul singolo rapporto e non sull’intero mercato99, la norma potrebbe suggerire una maggiore affinità con la fattispecie dell’abuso di dipendenza economica100: sia l’art. 62 sia l’art. 9 della legge sulla subfornitura sanzionano la slealtà di una condotta posta in essere a pregiudizio di una controparte contrattuale più debole101.
L’analogia, e quindi l’eadem ratio, non sarebbe però determinata dalla identità di squilibrio protetto102, che abbiamo già visto essere differente;
X. XXXXXXXXX, Cessione di prodotti agricoli e agroalimentari (o alimentari?): ancora un indefinito movimento, cit., p. 11
99 Riproponendo, in buona sostanza quella tesi dell’antitrust che aveva inizialmente negato la propria competenza in tema di abuso di dipendenza economica e suggerito di collocare la disciplina sull’abuso di dipendenza economica nella legge sulla subfornitura.
Per una visione critica cfr. C. OSTI, L’abuso di dipendenza economica, in Merc. conc. regole, 1999, I, p. 38; X. XXXXX, L’abuso di dipendenza economica “fuori dal contratto tra diritto civile e diritto antitrust”, in Riv. dir. civ., 2000, p. 389, che ha definito l’art. 9 della l. 192/98 una norma “sospesa tra diritto civile e diritto antitrust”.
La richiesta è stata accolta dalla legge 5 marzo 2001, n. 57, recante disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati, il cui art. 11 ha modificato il terzo comma, attribuendo al giudice ordinario la competenza a conoscere tutte le controversie in materia di abuso di dominanza relativa, comprese le azioni inibitorie e risarcitorie; ha, anche, aggiunto il comma 3-bis, che assegna all’AGCM una specifica competenza in materia.
100 Sulla distinzione tra abuso di posizione dominante ed abuso di dipendenza economica cfr. G. VETTORI – X. XXXXXXXX, L’abuso di dipendenza economica, in G. Vettori, Il contratto dei consumatori, dei turisti, dei clienti, degli investitori e delle imprese deboli, cit., p. 1815. Ad ogni modo, questo non significa che la condotta che determina l’abuso di dipendenza economica non integri anche la fattispecie di abuso di posizione dominante. La L. 57/2001 ha introdotto un comma 3 bis all’art. 9 che si riferisce proprio a questa sovrapposizione.
Per approfondimenti sull’abuso di dipendenza economica si rinvia, ex multis, a M.R. XXXXXXX, Abuso di dipendenza economica e autonomia privata, Milano, 2003.
101 A.M. BENEDETTI-X. XXXXXXXXX, La nuova disciplina dei contratti di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari, cit., p. 657.
102 Così E. ROOK XXXXXX, La disciplina della cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari fra neo-formalismo contrattuale e abuso del diritto, cit., p. 355. Secondo X. XXXXX, I nuovi contratti agrari, in Riv. dir. agr., p. 88 l’art. 62, invece, starebbe in un rapporto di specialità rispetto all’abuso di dipendenza economica, con ciò dando per presupposto
quanto, piuttosto, si fonda sull’esigenza più generica di proteggere il contraente in posizione deteriore, riducendo però il vigore del collegamento.
Pertanto, se di invalidità deve parlarsi, il rimedio
6. Conclusioni.
L’art. 62, pur presentando importanti aree di miglioramento, è un primo tentativo con cui si prova a dare rilevanza a nuove forme di squilibrio
C o n t r a t t i d e l l a f i l i e r a a g r o a l i m e n t a r e : s q u i l i b r i o e d e f f e t t i v i t à d e i r i m e d i ( M a r i o M a u r o )
sarebbe esperibile se solo si considerasse che tra imprese che operano nel settore agro-alimentare,
l’intera disciplina dell’art. 62 è posta a protezione di un interesse di carattere generale103 che viene tutelato agendo dal basso e sul singolo contratto104.
Si aggiunga, sulla falsa riga dell’art. 1339 c.c., che sarebbe irragionevole disporre il risarcimento del danno per una clausola abusiva senza, al contempo, prevedere l’espunzione della clausola medesima dal contratto, garantendo così la stabilità dell’accordo. La tutela, infine, sarà chiusa dal rimedio inibitorio.
I richiamati rapporti con l’abuso di posizione dominante e di dipendenza economica, unitamente alla ricostruzione della nozione di squilibrio, servono quindi solo a specificare che è una nullità di tipo speciale: parziale e necessaria, con legittimazione ad agire riservata alla parte tutelata dalla legge105. Secondo parte della dottrina, infatti, la nullità non sarebbe più un rimedio demolitorio ma conformativo, volto a tutelare la vittima di condotte abusive106.
Risulta così un quadro che consente di reagire ad una pratica commerciale scorretta con un articolato quadro di rimedi: invalidante, finalizzato a conformare il contratto alla volontà del legislatore; risarcitorio, finalizzato a ristorare il contraente debole del pregiudizio subito; inibitorio, finalizzato ad evitare il perpetrarsi di condotte illecite.
l’identità di squilibrio disciplinato dal legislatore. In realtà, come visto al par. 2.1., gli squilibri protetti sono di diverso tipo.
103 Come teorizzato da Xxxx., sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242, in Foro it., 2015, I, c. 862, con note di X. XXXXXXXXX, X. XXXXXXXX, X. PROTO PISANI, X. XXXXXX, X. DI XXXXXX, X. XXXXXXXXXXX, X. XXXXXXXX. Si consideri, peraltro, che l’art. 62 è norma di applicazione necessaria.
104 A. XXXXXXXXXX, I rapporti contrattuali nella filiera agroalimentare, cit., p. 340
105 X. XXXXXXXXXX, Nullità speciali, Milano, 1995, p. 227 e, con riferimento al caso qui concretamente in esame, M. R. XXXXXXX, Abuso di dipendenza economica e autonomia privata, cit., p. 204
106 Sulla natura conformativa della nullità cfr. X. XXXXXXX, Il contratto e le invalidità, in Riv. dir. civ., 2006, p. 245; ID., Autonomia privata e regole di validità: le nullità conformative, in Il contratto in trasformazione, Milano, 2011, p. 393; X. XXXXXXXXX, Le nullità e il contratto nullo, in Trattato del contratto, diretto da X. Xxxxx, IV, Milano, 2006, p. 155; D’ADDA, Nullità parziale e tecniche di adattamento del contratto, Padova, 2008, p. 67. Per una visione critica cfr. X. XXXXXXXXXXX, Profili sull’integrazione del contratto abusivo parzialmente nullo, in G. D’Amico – X. Xxxxxxxxxxx, Nullità per abuso ed integrazione del contratto, Torino, 2013, p. 155
proponendo soluzioni ove regole e principi tra loro cercano di convivere.
Al contempo, pur essendo ancora troppo presto per fare dei bilanci, le aspettative riposte su questa norma sarebbero troppo alte se si dovesse trovare in essa la soluzione alle problematiche segnalate dalla Commissione europea.
Come rilevato da attenta dottrina, il legislatore ha posto le prime garanzie a protezione dell’imprenditore debole che opera in un contesto in cui le regole economiche del mercato agroalimentare stanno cambiando107.
Se, tradizionalmente, il produttore agricolo negoziava la cessione dei suoi prodotti dopo il loro raccolto (c.d. spot market), il nuovo art. 62 crea una struttura negoziale per forme di contrattazione preventiva aventi ad oggetto produzioni future o in itinere (conventional farming) 108.
A livello teorico, ciò presenta due indiscutibili vantaggi, sia per l’acquirente della produzione sia per il produttore stesso. Per l’acquirente della produzione perché si assicura “un bacino di fornitori di materia prima che gli permettono di pianificare la sua attività economica”109. Per il produttore perché “si assicura preventivamente, rispetto al tempo del raccolto, innanzitutto la collocazione di una specifica quantità della sua produzione nonché anche la fissazione di un prezzo come tale sottratto alle oscillazioni che attualmente caratterizzano la formazione dei prezzi nei mercati agricoli delle commodities agricole”110, e conseguente possibilità di accedere ai finanziamenti.
Per converso, tipologie di long-term contracts comporterebbero, per i produttori, una perdita di indipendenza e controllo dell’azienda, necessità di importanti investimenti legati alla durata del contratto, più lunghi tempi di pagamento. Soprattutto in mercati che tendono a forme monopsonio, “il potere di mercato dei pochi buyers, oltre che sulla formazione del prezzo, incide difatti sulle condizioni della produzione e sulla distribuzione dei rischi per cui
107 A. XXXXXXXXXX, I rapporti contrattuali nella filiera agroalimentare, cit., p. 340.
108 Cfr. A. XXXXXXXXXX, I contratti del mercato agroalimentare: alcune considerazioni di sintesi, in Riv. dir. alim., 2013, p. 56 ss ed in part. p. 59.
109 A. XXXXXXXXXX, op. loc. ult. cit.
110 A. XXXXXXXXXX, op. loc. ult. cit.
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l’agricoltore/allevatore, in condizioni di particolare vulnerabilità anche in ragione della natura deperibile dei prodotti o della necessità di disporre di luoghi di stoccaggio, può trovarsi nella situazione di prendere o lasciare”111.
Guardando al mercato americano, ove il modello
i benefici che gli potrebbero derivare da forme di long-term contracts. Oggi, è difficile dire se abbia colto nel segno ma il richiamo ai principi di correttezza, trasparenza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con tutti gli accorgimenti indicati, potrebbero essere importanti
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di long-term contracts si è già affermato, il rischio connesso alla mancata protezione di questa situazione di squilibrio e debolezza intrinseca del produttore è generare “effetti di depressione dei redditi degli agricoltori e di generale impoverimento delle aree rurali”112.
Ebbene, nella previsione di questo passaggio, l’art. 62 è stato pensato proprio per garantire adeguata protezione a quel produttore che si trovi in una situazione di debolezza e subisca gli effetti di uno squilibrio; al contempo, gli permette di beneficiare dei vantaggi derivanti da forme di long- term contracts.
In Italia, non essendo ancora state poste le basi per questo passaggio, risulta difficile esprimere un giudizio su una norma che introduce difese destinate ad operare su un mercato che ancora non si è affermato e differente rispetto all’attuale.
Ne consegue che, ad oggi, l’applicazione che si è fatta di questa disciplina è pressoché inesistente.
Il contratto scritto cui fa riferimento l’art. 62 ed i suoi obblighi contenutistici si risolvono in una fattura con l’apposizione in calce della dicitura “assolve gli obblighi di cui all’art. 62, comma 1, del DL 24.1.2012, n1, convertito con modificazioni dalla Legge 24.3.2012 n. 27”.
Nonostante i comportamenti abusivi nei contratti di filiera siano ancora dilaganti, i rimedi pubblicistici, privilegiati dall’art. 62, sono rimasti del tutto inattuati.
Da ultimo, scorrendo i massimari giurisprudenziali, a distanza di tre anni dalla sua entrata in vigore, nessun giudice civile ha ancora fatto applicazione della norma. Non c’è dubbio che una norma inapplicata è una norma che non garantisce rimedi efficienti.
L’unica nota di apprezzamento, da parte degli operatori del settore, riguarda la disciplina sui termini di pagamento che ha evitato agli imprenditori di subire dilazioni di pagamento a loro pregiudizio.
In conclusione, l’art. 62 non ha da solo la forza di imporre il passaggio dallo spot market al conventional farming ma si pone l’obiettivo di dare adeguata protezione a quel produttore che, nell’ambito dei rapporti di filiera, decida di sfruttare
per colmare le lacune legislative e gestire le difficoltà concrete che potrebbero sorgere nell’adozione di nuove tipologie contrattuali regolatrici dei rapporti di filiera.
Allo stesso tempo, perché si possa operare con concretezza lungo questa direzione, saranno necessari maggiori incentivi provenienti dalla politica; una più effettiva applicazione, da parte dell’AGCM in primis, delle garanzie che il nuovo art. 62 pone a protezione dell’imprenditore agricolo; il formarsi di una prassi giudiziaria che operi a tutela del produttore in un’ottica conservativa del rapporto contrattuale.
C o n t r a t t i d e l l a f i l i e r a a g r o a l i m e n t a r e : s q u i l i b r i o e d e f f e t t i v i t à d e i r i m e d i ( M a r i o M a u r o )
111 E. SIRSI, I contratti del mercato agroalimentare: l’esperienza USA, in Riv. dir. alim., 2013, p. 42.
112 E. SIRSI, I contratti del mercato agroalimentare: l’esperienza USA, in Riv. dir. alim., 2013, p. 42.