UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MACERATA
DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA
Corso di Dottorato di Ricerca in
DIRITTO PRIVATO E PROCESSO NELLA PROSPETTIVA COMPARATISTICA
E NELLA DIMENSIONE EUROPEA CICLO XXX
IL CONTRATTO DI SWAP:
PROFILI SISTEMATIVI E RILEVANZA DEL VIZIO
Relatore Dottoranda
Xxxxx.xx Prof. Xxxxxxx Xxxxxxxx Dott.ssa. Xxxxxxx Xxxxxxx
Coordinatore
Xxxxx.xx Xxxx. Xxxxxx Xxxxxxxx
ESAME FINALE ANNO 2018
IL CONTRATTO DI SWAP:
PROFILI SISTEMATICI E RILEVANZA DEL VIZIO
Abstract 5
Introduzione 6
CAPITOLO I
Il ruolo del contratto nella dimensione finanziaria: la polifunzionalità dei contratti di swap.
1. Il contratto come bene oggetto di scambio 8
2. Le esigenze protettive. Prime considerazioni critiche 12
3. La negoziazione nei Mercati regolamentati e nei mercati Over The 14
Counter
4. Il master agreement e gli ordini di acquisito. Il c.d. contratto di 19 negoziazione
5. Le operazioni in derivati 24
5.1 (segue) Le principali forme di gestione del rischio: Future, Option, 26
Farward . (Cenni)
6. Il contratto di swap: prime coordinate 28
6.1 (segue) Il rischio nei Crediti default swap 32
7. Il rilievo della funzione in sede tributaria: gli swap nella 35 determinazione del reddito di impresa
7.1 (segue) Il rilievo della funzione sul versante giuridico: Il nesso di 38
derivazione, il sinallagma puro e la causa variabile
CAPITOLO II
La nullità della scommessa legalmente autorizzata:
Il discrimen fra oggettiva invalidità e soggettiva percezione del vizio.
1. Natura giuridica 46
Il contratto differenziale quale precedente del contratto derivato. Critica
1.1 (segue) La natura commutativa del contratto di Interest Rate Swap. 51
Critica
1.2 (segue) La natura aleatoria. La linea di demarcazione fra tolleranza 57
e autorizzazione quale mera scelta di opportunità del legislatore. La conferma del co. 5 dell’articolo 23 TUF
2. Prima panoramica sui rimedi 63
3. Primo orientamento: Il vizio di forma del contratto quadro. La 66 mancata sottoscrizione dell’intermediario come causa di nullità. Critica
4. Il vizio strutturale: la Causa viziata. L’alea unilaterale e quella 74
squilibrata
4.1 L’irrazionalità dell’alea fra causa ed oggetto 81
5. I derivati conclusi dagli enti locali. Critica dell’orientamento che 87 fonda la nullità sul co. 2 dell’articolo 1418 c.c
6. La meritevolezza e la liceità della causa: il diverso piano operativo 92
6.1 (segue) L’alea e la (im)meritevolezza degli interest rate swap con funzione di trading. Ancora sul diverso piano di operatività degli artt. 1343 e 1322 co. 2 del codice civile
6.2 (segue) L’immeritevolezza dei crediti default swap naked.Ulteriore dimostrazione del diverso piano di operatività del giudizio di cui all’articolo 1343 c.c. rispetto a quello ex art 1322 co 2 c.c
7. L’immeritevolezza e la nullità. Distinzione nei presupposti, identità nella sanzione: il vizio insanabile che colpisce ab origine il contratto
105
109
117
7.1 (segue) La restituito in pristinum 122
CAPITOLO III
Invalidità del contratto e antigiuridicità della condotta
1. Gli obblighi a carico dell’intermediario: il quadro normativo di riferimento
2. Il proliferare delle nullità: prima, sommaria, panoramica della situazione prima e dopo la sentenza Xxxxxxx
127
136
3. Conflitto di interessi, contratto inadeguato e immeritevolezza 141
4. L’illiceità degli elementi e illegalità della condotta. Prime valutazioni di ordine generale
5. Il labile confine fra consulenza e informazione e ricadute sulla struttura negoziale: le particolari ipotesi dei c.d. Synthetic CDO e Squared CDO
144
149
6. L’incidenza sul contratto dei costi impliciti 155
6.1 (segue) Costi occulti, rinegoziazione e clausola up front fra invalidità e responsabilità
162
7. Problemi di trasparenza e vessatorietà: la clausola floor 169
7.1 (segue) La meritevolezza della clausola zero floor 177
8. Ancora in tema di disciplina concretamente applicabile e rilievo delle
norme violate fra invalidità e risarcimento: le polizze Unidet e Index Linked
9. Nesso eziologico fra violazione delle regole di condotta, danno e onere della prova
10. La particolare ipotesi di responsabilità solidale dell’intermediario e del consulente finanziario
179
184
187
Considerazioni conclusive 193
BIBLIOGRAFIA 198
ABSTRACT
Subject of deep doctrinal considerations and center of an intense debate of jurisprudence, the theme of swap contracts is typified by the problems related to its structure, legal nature as well as to the right spotting of the applicable penalty depending on the existing violation.
The work is the result of an analysis of the dominant jurisprudence nowadays dominant that seems to abuse of the concept of real cause alongside with the one of the worthy of the pursuit interests. A certain systematic stretch thus emerges, in the event that not all that results improper or somehow vicious can automatically results as invalid or as unworthy of tutelage. It almost seems that the jurisprudence, as it cannot proceed with the declaration of nullity directly from the violation of the behavioural standards, defines, in terms of cause or of unworthy, anomalies that do not have any relations with them.
On this way, nevertheless, the proliferation of an invalidity of juridical matrix is legitimated, the most of the time as the result of valuation in terms of values.
However, a profound difference between structural defect and the one affecting the relationship exists, in the way that in the first case the contract will be invalidated, while in the second one the illegal behaviour will determine consequences of different type.
La tematica dei contratti di swap, oggetto di profonde riflessioni dottrinali ed al centro di un acceso dibattito in giurisprudenza, si caratterizza per le problematicità connesse alla struttura, alla natura giuridica nonché alla corretta individuazione della sanzione applicabile a seconda della violazione concretamente posta in essere.
Il lavoro rappresenta il frutto di un’analisi della giurisprudenza ad oggi dominante la quale sembra, talvolta, abusare tanto del concetto di causa in concreto quanto di quello di meritevolezza degli interessi perseguiti. Ad emergere sembra, dunque, una certa forzatura sistematica, posto che non tutto ciò che risulta sconveniente o in qualche misura viziato può automaticamente risultare invalido o immeritevole di tutela. Sembrerebbe quasi che la giurisprudenza, non potendo procedere alla dichiarazione di nullità direttamente dalla violazione di norme comportamentali, definisca in termini di causa in concreto o di immeritevolezza anomalie che nulla avrebbero a che vedere con esse.
Così procedendo, tuttavia, si legittima la proliferazione di una nullità di matrice giurisprudenziale il più delle volte frutto di valutazioni di tipo valoriale.
Sussiste infatti, una profonda differenza fra vizio strutturale e quello incidente sul rapporto, posto che nel primo caso il contratto sarà invalido, mentre nel secondo la condotta illegale determina conseguenze di ben altro tipo.
INTRODUZIONE
Il contesto economico attuale ha influenzato enormemente la maniera di concepire gli scambi.
Lo sviluppo di nuovi strumenti negoziali ha avuto, infatti, un impatto dirompente sia in ambito economico che giuridico.
I derivati finanziari sono stati, infatti, i protagonisti dell’enorme crisi finanziaria della storia recente che, oltre a coinvolgere investitori esperti e perfettamente in grado di rapportare i costi e i benefici della singola operazione, ha colpito una pluralità di risparmiatori privi di competenze di settore.
L’interprete si trova così a confrontarsi non solo con dati giuridici ma anche con fattori di carattere finanziario, generalmente più consoni all’economista che al giurista. In tale contesto, il tema dell’equilibrio economico, ossia della convenienza dell’operazione conclusa, si intreccia inevitabilmente, senza però coincidere, con quello relativo all’equilibrio giuridico del contratto.
Fra la pluralità di prodotti riconducibili al genus dei contratti derivati, colpisce il crescente e polifunzionale impiego del contratto di swap.
L’oscurità di tali forme di contrattazione, frutto dell’ inarrestabile operato dell’ingegneria finanziaria ha reso necessario orientare l’analisi sulla stessa natura giuridica di tali operazioni, al fine di comprendere quali i rimedi concretamente applicabili nelle situazioni di anomalia negoziale.
L’eventuale assimilabilità al negozio a prestazioni corrispettivie determinerebbe, come noto, l’applicabilità degli strumenti dell’eccessiva onerosità sopravvenuta o della rescissione per lesione. In termini
diametralmente opposti bisognerebbe invece concludere qualora venga riconosciuta la componente aleatoria, trattandosi di scommessa legalmente autorizzata dal legislatore. Propendere per tale ultima impostazione non può che influenzare la ricerca verso l’individuazione di un’eventuale linea di demarcazione fra scommessa legalmente autorizzata e quella tollerata, di cui all’articolo 1933 c.c., o se l’inapplicabilità della denegatio actionis e della soluti retentio sia, piuttosto, da ricondurre ad una mera scelta di opportunità del legislatore e non alla reale esistenza di tratti distintivi.
Solo una volta chiarita la natura giuridica diventa, allora, realmente possibile analizzare l’effettivo atteggiarsi del vizio sul regolamento pattizio. Dalla panoramica giurisprudenziale, quel che immediatamente colpisce è il rinnovato impiego del concetto di meritevolezza degli interessi, di cui al co.2 dell’articolo 1322 c.c., soggetto, fino a pochi anni, ad una sorta di interpretatio abrogans.
Altro dato significativo emerge in relazione al costante utilizzo dello strumento invalidante in ipotesi di squilibrio significativo delle prestazioni negoziali, poiché idoneo ad incidere, si legge spesso nelle decisioni, sul tessuto causale del’operazione concretamente posta in essere.
L’intersecarsi del concetto si squilibrio, convenienza dell’operazione ed invalidità, ha destato più d’una perplessità ed ha orientato lo studio verso l’individuazione del rimedio realmente idoneo a seconda che il vizio sia effettivamente in grado di incidere sul versante invalidante o se invece questo determini conseguenze sul diverso piano dell’illegalità della condotta, anche in sede penale.
CAPITOLO I
Il ruolo del contratto nella dimensione finanziaria: la polifunzionalità dei contratti di swap.
SOMMARIO: 1. Il contratto come bene oggetto di scambio. 2 Le esigenze protettive. Prime considerazioni critiche. 3. La negoziazione nei Mercati regolamentati e nei mercati Over The Counter. 4. Il master agreement e gli ordini di acquisito. Il c.d. contratto di negoziazione. 5. le operazioni in derivati. 5.1. (segue) Le principali forme di gestione del rischio: Future, Option, Farward . (Cenni). 6. Il contratto di swap: prime coordinate. 6.1(segue) Il rischio nei Crediti default swap. 7. Il rilievo della funzione in sede tributaria: gli swap nella determinazione del reddito di impresa. 7.1.(segue) Il rilievo della funzione sul versante giuridico: Il nesso di derivazione, il sinallagma puro e la causa variabile.
1. Il contratto come bene oggetto di scambio
«Gli interessi che il diritto privato disciplina esistono indipendentemente dalla tutela giuridica e circolano in perenne vicenda (…) sotto l’impulso dell’iniziativa individuale». 1
Già nella seconda metà del secolo scorso, l’illustre Autore evidenziava la forza dirompente dell’autonomia privata alla quale non sempre il diritto riesce a stare al passo.
Ciò risulta particolarmente evidente nel settore dei mercati finanziari all’interno dei quali il contratto è divenuto strumento per giungere a nuove forme di investimento sempre più sofisticate, alcune delle quali al centro dei principali scandali degli ultimi decenni.2
1 X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, Torino, 1960, 40.
2 Fra i più noti, si ricorda quello della MetallGesellShaf del 1993, il fallimento della contea di Orange County in California del 1995, della Enron nel 2001 e della Contea di Xxxxxxxxx in Alabama del 2011. I derivati hanno avuto un ruolo centrale anche nella crisi, che assunse dimensioni mondiali, nel 2007. Il crollo dei c.d. mutui subrmime ha spiegato effetti dirompenti non solo negli Stati Uniti ma, di riflesso, anche nelle principali economie mondiali. I c.d. mutui subprime venivano generalmente erogati a soggetti caratterizzati da basso merito creditizio. Era pertanto elevato il rischio di eventuale inadempimento del soggetto beneficiario del muto. Per tutelarsi dal forte rischio dell’inadempimento dei debitori, gli istituti di credito iniziarono una massiccia attività di cartolarizzazione, offrendo sul mercato obbligazioni garantite da mutui subprime. Il fine perseguito dagli istituti era infatti quello di spalmare su un pluralità indistinta di ignari investitori il rischio dell’inadempimento dei debitori subrime. Il prodotto infatti, veniva presentato come sicuro e rispondente alle esigenze dei risparmiatori, i quali venivano ulteriormente spinti all’acquisto dalle valutazioni positive (prodotti catalogati con tripla A) effettuati dalle agenzie di reating. In tal modo, le perdite derivanti dall’inadempimento, essendo a carico del cliente in virtù del trasferimento del rischio, non risultavano nemmeno dai bilanci degli istituti finanziari che mantenevano alta la loro credibilità nel mercato del credito. La situazione, già fuori controllo nel 2006, produsse effetti incontrollabili nel 2007, con l’esplosione della
L’emersione di nuove tecnologie, l’affermazione di un modello economico fortemente ispirato al liberismo nonché l’abbattimento dei costi di transazione hanno agevolato la circolazione di ricchezza oltre i confini nazionali3, inaugurando il fenomeno della globalizzazione.
L’iniziale assenza di una specifica regolamentazione di un fenomeno ormai inarrestabile ha determinato lo sviluppo di strumenti negoziali sempre più complessi e oscuri4, di contratti senza nazionalità la cui funzione è quella di realizzare l’unità del diritto entro l’unità dei mercati.5
Nel solco di un tale contesto economico trovano terreno fertile e si sviluppano i contratti derivati, la cui circolazione rappresenta «uno dei principali fattori di amplificazione della crisi»6
bolla immobiliare, nell’economia statunitense e di riflesso nell’intera economia mondiale.
3 In argomento, X. XXXXXXXXXX, La disciplina del mercato mobiliare, Torino, 2008, 1; S. BO – C. VECCHIO, Il rischio giuridico dei prodotti derivati, Milano, 1997,7; X. XXXX, Principi, in Trattato di diritto commerciale, a cura di Xxxxxxxxx, Torino, 2001, 31 ss.
4 E’ certamente emblematica la costituzione di un’apposita branca dell’ingegneria alla quale si devolve la realizzazione di tali prodotti, frutto di compressissimi calcoli il più delle volte comprensibili solo dagli operatori che concretamente hanno predisposto il prodotto da conferire sul mercato. Tali operazioni, inoltre, risultano anche molto rischiose per il cliente a causa di uno spregiudicato utilizzo della leva finanziaria. Sul punto di vedano le considerazioni di D.M. XXXXXX, A chronology of derivatives, in 2 Derivatives Quarterly, 1995, 53 e ss. Con espressione enfatica X. XXXXX, Il contratto del duemila, Torino, 2002, IX, parla di decennio che sconvolse il contratto. Riflette sulla tendenza sviluppata negli ultimi decenni anche F. DI MARZIO, Il contratto e la circolazione della ricchezza, Napoli, 2011, 2 e ss.
5 Così X. XXXXXXX, Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, in Contr. Impr., 2000, 197. L’espressione viene mutuata altresì da X. XX XXXX, Il contratto alieno, Torino, 2010, 44.
6 In questo termini il punto 97 dell’accordo di Xxxxxxx XXX. Secondo L’opinione di
X. XX XXXXXXX, Diritto dell’economia e dinamiche istituzionali, Padova, 2002, passim, i rischi sistemici connessi alla circolazione di tali prodotti si devono, principalmente, proprio alla tendenziale deregolamentazione del fenomeno della negoziazione in derivati.
In un primo momento, infatti, in assenza di ulteriori prescrizioni deducibili da uno specifico quadro normativo di riferimento, unico indice attraverso il quale legittimare la circolazione di questi nuovi prodotti all’intero dell’ordinamento era il co.2 dell’articolo 1322 c.c.7
Nella nuova realtà economico-finanzia in espansione il contratto non rappresenta più lo strumento attraverso il quale permettere la circolazione dei beni, ma diventa esso stesso il bene8. In altri termini, il bene non
7 Come noto, l’articolo 1322 c.c. enuncia il principio dell’autonomia negoziale, inteso, al suo primo comma, come libertà in capo alle parti di determinare il contenuto del contratto nei limiti fissati dalla legge. In virtù di tale principio le parti sono dunque libere di contrarre o meno, di scegliere il contraente e le condizioni contrattuali che meglio tutelino i loro interessi salve, naturalmente, le eccezioni espressamente stabilite dal codice. Si pensi, a tal riguardo, a quanto previsto dall’articolo 2597 c.c., relativo all’obbligo di contrattare, o all’ipotesi di cui all’articolo 1697 sui pubblici servizi di linea,o, ancora, al caso previsto dall’articolo 1706 c.c. in merito agli obblighi di ritrasferimento in capo al mandatario.
Il principio della autonomi negoziale trova, invece, massima espansione nel co. 2 dell’articolo 1322 c.c., ai sensi del quale le parti possono concludere contratti non appartenenti al tipo, purché volti alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela in conformità con l’ordinamento giuridico. Critico rispetto alla configurazione di uno schema negoziale totalmente atipico è X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, Napoli, 2007, 775 e ss., secondo il quale sarebbe sempre possibile la riconduzione del negozio ad uno schema tipico, poiché la atipicità in termini assoluti non esisterebbe. A tal riguardo, tuttavia, solo recentemente al controllo di cui all’articolo 1322 co.2 c.c. la giurisprudenza e la dottrina hanno riconosciuto un ruolo centrale ed autonomo difatti, la valutazione di meritevolezza degli interessi perseguiti ha a lungo coinciso con quella di liceità della causa di cui all’articolo 1343 c.c. Sui più recenti arresti della giurisprudenza si veda Xxxx. Sez. Un. 17 febbraio 2017, n. 4224 con commento di A.M. XXXXXXXX, Meritevolezza degli interessi e correzione del contratto, in La nuova giur. civ. comm., 2017, 9, 1205 e ss. Sul riscoperto ruolo dell’articolo 1322 co2 c..c nel sistema si tonerà nel cap. II, par. 6 e ss.
8 In questo termini, X. XXXXX, Il contratto, Op. cit., 53-54. L’A., nel mette in
evidenzia il mutamento di prospettiva delle relazioni negoziali, evidenzia come
«Nel sistema del code Napoleon (e del pedissequo codice italiano del 1865) (…) il contratto era concepito in funzione strumentale e subordinata alla proprietà (…). Questa concezione rifletteva un’economia prevalentemente agricola, in cui la terra
precede più il contratto, non vive di vita propria, non è protagonista di autonome vicende giuridiche ma coesiste con il contratto che ha creato quella specifica fonte di ricchezza9
2. Le esigenze protettive. Prime considerazioni critiche
Se dunque in una prima fase l’assenza di una specifica legislazione ad hoc10
ha incentivato il ricorso a tali forme di negoziazione, in una seconda fase le
era la risorsa produttiva fondamentale. In tale contesto era la proprietà – la proprietà del bene-terra – a determinare l’intero processo economico, mentre al contratto si riconosceva il ruolo complementare di mezzo per la sua occasionale circolazione. Le cose mutano con l’evolvere del sistema economico (…). La ricchezza e le risorse economiche non s’identificano più, in prevalenza, con (la proprietà di) come immobili, e nemmeno materiali: ciò erode la supremazia della proprietà, ed esalta il ruolo del contratto. Infatti nei sistemi economici evoluti la ricchezza economica e le risorse produttive consistono, molto più che in cose, in rapporti – in pretese collegate ad obblighi altrui: e pretese e obblighi nascono dai contratti (…). In breve: nell’economia moderna il contratto sostituisce la proprietà come principale fattore di impulso del sistema economico. Questo accade perché il contratto crea beni, e in particolare “nuovi beni” (…). Il fenomeno è particolarmente evidente nel settore della finanza. Gli “strumenti finanziari” – che sono la merce scambiata su quei mercati – implicano tutti un contratto (…) ed è così, a maggior ragione, per gli strumenti più innovativi: è la legge stessa che, quando elenca i vari tipi di strumenti finanziari, a proposito dei “derivati” li definisce senz’altro “contratti” (…). Ovvero: questi particolari beni, suscettibili di essere comprati e venduti sui mercati della finanza non altro che…contratti. Siamo ben oltre il contratto come mezzo per trasferire beni: il contratto crea nuovi beni; anzi, è esso stesso un bene». Sul punto, si vedano anche le considerazioni di G. LA ROCCA, Autonomia privata e mercato dei capitali. La nozione civilistica di “strumento finanziario”, Torino, 2009, passim; X. XXXXX XXXXX, Attività e “prodotti” finanziari, in Riv. dir. civ., 2010, I, 144 ss
9 Così X. XXXXXXXXXX, Beni, interessi, valori. Profili generali, in Tratt. dir. priv.
UE, a cura di Lipari, Padova, 2003, 307, secondo il quale «il processo di formazione dei valori e, dunque, dei beni si realizza non già prima dell’attività negoziale, bensì all’interno della stessa. In altre parole, il “bene” non precede il contratto: esso sorge con e nel contratto».
maggiori criticità si ravvisano proprio a seguito dello sviluppo di una normativa, sia nazionale che sovrannazionale, a stampo protettivo che ha fortemente messo in discussione le certezze della sistematica del contratto, soprattutto in punto di rimedi concretamente applicabili in caso di violazione delle norme speciali, quasi tutte prescriventi obblighi di condotta. In sede giurisprudenziale la nullità del contratto sembra trovare giustificazione più nell’abuso della libertà contrattuale del contraente debole che nell’assenza di reali deficit strutturali del negozio.
Secondo taluni si registrerebbe, da un lato, un vero e proprio superamento della teoria della fattispecie, dall’altro, lo sviluppo di una nullità destinata ad operare in relazione alla specifica posizione giuridica delle parti, dei bene concretamente negoziati e in ragione dello specifico assetto pattizio posto in essere11.
Da questa breve ricognizione introduttiva di temi che saranno successivamente trattati, emerge che a divenire labile non sembra essere
10 A tal riguardo evidenzia X. XXXXXXX, v. I contratti del mercato finanziario, in
xxx.xxxxxxxx.xx come « sin circa alla metà degli anni settanta del secolo passato
la disciplina del mercato borsistico italiano, di dimensioni alquanto contenute ed assai inferiori a quelle dei più importanti mercati europei ed americani, era prevalentemente affidata ad usi da gran tempo invalsi nel settore, ben conosciuti solo da una ristretta cerchia di operatori del ramo e dei quali assai raramente capitava di dover discutere in un’aula di giustizia. Negli anni successivi il legislatore ha gradualmente preso maggiore coscienza di questo mondo, da principio quasi con una certa diffidenza, ma si è dovuto attendere la l. 2.1.1991, n.
1 per avere una prima disciplina (relativamente) organica delle società d’investimento mobiliare (Sim) e, più in generale, del fenomeno dell’intermediazione mobiliare, che vedeva ormai rapidamente tramontare la
vecchia figura dell’agente di cambio ».
11 Rileva X. XXXXXXX, Il contratto e le tutele. Prospettive di diritto europeo, a cura di Xxxxxxxxx, Torino, 2002, 206 come questa nullità risulti « (…) in diretto rapporto di congruenza e di corrispondenza con un determinato assetto di interessi, in ragione della natura degli interessi, della specifica posizione delle parti, dei beni e dei servizi negoziati».
solo il confine intercorrente fra invalidità contrattuale ed illegalità relativa alla condotta ma anche quello sussistente fra equilibrio economico e quello giuridico del contratto12.
3. La negoziazione nei Mercati regolamentati e nei mercati Over The Counter
Al fine della piena operatività delle norme di settore assume fondamentale importanza il luogo, rectius, la modalità di negoziazione del derivato.
Le esigenze di tutela dei risparmiatori nonché quelle relative al corretto, ordinato, trasparente ed efficiente andamento del mercato vengono perseguite con maggiore incisività in quelli regolamentati, in quanto sottoposti a specifiche statuizioni, sia di carattere primario13 che secondario oltre che al controllo di Autorità di Xxxxxxxxx.
Inoltre, a differenza di quanto avviene nei mercati OTC, nei mercati regolamentati la negoziazione avente ad oggetto servizi di investimento può avvenire solo per il tramite di intermediari autorizzati.14
12 Come si avrà modo di considerare, l’intera trattazione si basa su tale considerazione di fondo. A titolo esemplificativo, si rimanda alle riflessioni svolte nel Cap. II relativamente all’ipotesi di alea squilibrata o a quelle di cui al Cap.III relativamente al confine fra sconvenienza del contratto e illegalità della condotta.
13 Oltre alle generali prescrizioni contenute nel codice civile, l’attività finanziaria è sottoposta, come noto, alle specifiche statuizioni contenute nel Testo Unico della Finanza o nei regolamenti di settore. Si pensi, a titolo esemplificativo, all’obbligo di forma scritta previsto a pena di nullità, di cui all’articolo 23 TUF ancora a quelli finalizzati all’eliminazione delle asimmetrie informative, di cui all’articolo 21 TUF, alla specifica valutazione di adeguatezza e appropriatezza dell’operazione al profilo di rischio del cliente di cui agli articoli 39 e sss. Reg. Intermediari, così come integrate dalle due direttive MiFID e XxXXX XX.
14 Sul punto si rimanda agli articoli 18 e ss del TUF nonché a quanto espressamente stabilito dall’articolo 26 Reg. Reg. Consob 29 ottobre 2007, n. 16190.
Viene affidato alla Consob il delicato compito di controllo della corretta formazione dei prezzi, al fine di evitare che l’attività di pochi ed esperti speculatori possa, nei fatti, turbare il buon andamento delle negoziazioni.15 Difatti, un mercato realmente concorrenziale può realizzarsi solo qualora la negoziazione avvenga sulla base di correte e veritiere informazioni16.
I mercati non regolamentati, c.d. OTC, non sono, al contrario, sottoposti né alla disciplina di settore né a controlli da parte delle Autorità di Vigilanza. Ciò comporta, da un lato, un ampio spazio di libertà per l’autonomia privata che generalmente si esprime e si concretizza in prodotti assolutamente
15 Il c.d. meccanismo di price discovery si sostanzia in una valutazione incrociata di diversi parametri come la quantità, il tempo ed in generale tutte le condizioni alle quali gli operatori sarebbero disposti a concludere il contratto. Ciò al fine di garantire un prezzo che realmente rispecchi il valore dello strumenti finanziario. Il meccanismo viene illustrato sul sito della Consob a cui si rimanda, xxx.xxxxxx.xx . La vigente disciplina comunitaria in materia di abusi di mercato si basa sulla direttiva 2003/6/CE, che si applica a tutti gli strumenti finanziari ammessi (o in via di ammissione) in mercati regolamentati ovunque negoziati, prevedendo sanzioni e misure di tipo amministrativo. Il D. Lgs. n. 58/1998, che recepisce tale disciplina, estende i divieti di abuso agli strumenti ammessi solo in sistemi multilaterali di negoziazione e prevede sanzioni sia penali sia amministrative. In particolare, i massimi edittali per quelle amministrative sono pari a € 45mln per l'abuso di informazioni privilegiate e a € 75mln per la manipolazione del mercato, che, se dovessero risultare inadeguati, possono essere aumentati fino a 10 volte il profitto conseguito. In materia di market abuse a partire dal 3 luglio 2016 la citata direttiva è stata sostituita da quanto previsto nel regolamento n. 596/2014 nonché dalle statuizioni penali contenute nella direttiva 2014/57/UE. Ad essere sanzionato penalmente è anche il c.d. insider trading di cui all’articolo 501 c.p., ossia l’abuso di informazioni privilegiate che se immesse sul mercato hanno la possibilità di turbare il corretto andamento dei prezzi.
16 La relazione che si istaura fra corretta informazione e concorrenza acquista
rilievo di rango costituzionale. Si pensi a quanto stabilito dall’articolo 41 Cost. relativamente all’iniziativa privata, o a quanto espressamente previsto dall’art. 47 Cost. che presuppone la conoscenza del mercato e delle informazioni che lo regolano. Così, X. XXXXXXXXXX, Le informazioni privilegiate, fattispecie penale ed amministrativa, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx.; Cfr. X. XXXXXXXX, Diritto penale della prevenzione e mercato finanziario, in Rivista it. Dir. proc. Penale 1995,, 641 e ss.
peculiari, privi di standardizzazione, dall’altro, tuttavia, l’assenza di incisivi meccanismi di tutela e di accertamento comporta un minor tasso di liquidità e trasparenza, che rende elevato il rischio di operazioni non adeguate ai profili di rischio degli investitori, oltre a porre, talvolta, seri interrogativi circa la liceità dell’operazione concretamente posta in essere17. Le parti inoltre, operano in contropartita diretta, ossia senza che sia necessaria una mediazione18.
17 Secondo la disciplina italiana (artt. 78 e 79 del D. Lgs. n. 58/98 - TUF) la CONSOB può richiedere agli organizzatori di mercati non regolamentati (definiti anche Sistemi di Scambi Organizzati - SSO), agli emittenti e agli operatori dati, notizie e documenti sugli scambi organizzati di strumenti finanziari. Chi organizza un mercato non regolamentato ha l'obbligo di comunicare alla CONSOB informazioni sull'attività di organizzazione dei sistemi e di mettere a disposizione del pubblico informazioni riguardanti la negoziazione su tali mercati. La CONSOB gestisce un elenco dei sistemi di scambi organizzati. Se la tutela degli investitori lo richiede, la CONSOB può stabilire modalità, termini e condizioni dell'informazione del pubblico riguardante gli scambi nonché sospendere e, nei casi più gravi, vietare gli scambi. Sul punto, si rimanda a xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx.
18 Pare opportuno precisare, che le conseguenze legate alla assenza
standardizzazione non sono pacifiche, sul piano dell’analisi economica del diritto, sia sul profilo strettamente giuridico. L’assenza di standardizzazione potrebbe incidere in termini negativi sul mercato in ragione della diminuzione di liquidità e dell’aumento di rischiosità che ne deriva, così S. BO -C. VECCHIO, Il rischio giuridico dei prodotti derivati, Milano, 1997, 12; X. XXXXXX, I contratti derivati, Milano, 2001, 215. Rivendica gli aspetti positivi dell’assenza di standardizzazione chi evidenzia che per altro verso, la possibilità di ottenere profitti molto più elevati di quelli che si otterrebbero in un mercato regolamentato. In questi termini X. XXXXXXXXX, L'organizzazione della funzione di post-negoziazione nella regolamentazione EMIR sugli strumenti finanziari derivati OTC, in Banca, borsa, tit. cred., 2014, V, 642 ss.; secondo il quale «La risposta alla crisi si gioca sul duplice piano che potremmo definire microeconomico e macroeconomico. Nell'ottica microeconomica, l'esame è rivolto alla relazione negoziale tra intermediario ed investitore e ai presidi normativi, e sempre più spesso giudiziari, funzionali “per servire al meglio l'interesse del cliente e per l'integrità dei mercati”, di cui all'art. 21 comma 1º, lett. a), d.lgs. 58/1998. Nella prospettiva macroeconomica, si ha riguardo all'organizzazione del mercato globale dei derivati OTC, e in particolare alle strutture di post-trading, nel tentativo di
A tal riguardo, sono sati previsti alcuni correttivi, per evitare che la totale assenza di disciplina legittimasse il compimento di attività non solo spregiudicate ma anche illecite e fortemente lesive per il sistema economico finanziario.
Nello specifico, gli interventi che si sono succeduti investono sia l’ambito microeconomico sia quello macroeconomico19.
Tra le misure macroeconomiche vengono in rilievo gli accordi di Basilea i quali, più che definire un quadro normativo vincolante delinea misure di soft law20.
L’esigenza di una maggiore trasparenza è stata avvertita anche dal legislatore europeo, soprattutto a seguito della crisi del 200721, che con
correggerne le deviazioni, in termini di efficienza, dovute ai rischi di controparte e sistemici che connotano le compensazioni bilaterali».
19 Le norme incidenti sul profilo macroeconomico verranno trattate in questo capitolo, quelle relative a quello microeconomico, invece, nel capitolo III del presente lavoro, in quanto interamente destinato all’analisi del rapporto sussistente fra l’invalidità del contratto e l’antigiuridicità della condotta. Per la panoramica normativa, Cap. III, par. 1.
20 Il primo accordo, c.d. «convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali minimi» risale all’ 11 luglio 1988. Il secondo, denominato «convergenza internazionale della misurazione del capitale e dei coefficienti patrimoniali minimi» è stato invece adottato il 26 giugno 2004 , mentre il terzo, relativo agli incrementi dei requisiti patrimoniali, è del 26 luglio 2010. Sul punto si vedano le considerazioni di X. XXXXXXXXXX, L’accordo di Basilea III: contenuti e processo di recepimento all’interno del diritto dell’UE, in Banca, borsa, tit. cred., 2013, IV, 462 ss., secondo il quale «Con l'espressione “Accordi di Basilea”, spesso troncata nel più immediato “Basilea” (I, II o III), si suole far riferimento alle proposte in materia di vigilanza prudenziale sulle banche, avanzate dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria (d'ora in avanti Comitato di Basilea). Si tratta, come noto, di un'organizzazione istituita dal “Gruppo dei 10” (c.d. G10) nel 1975, presso la Banca dei regolamenti internazionali (Bank for International Settlements) avente sede a Basilea, ed oggi composta dai rappresentanti delle Autorità di vigilanza di ventisette Paesi del mondo».
21 Secondo una certa impostazione, le cause della crisi andrebbero, infatti, ricercate
nella carenza di regolamentazione e della vigilanza. Così, X. XX XXXXXXX,
Regolamento UE 648/2012 , c.d. XXXX, ha cresciuto i poteri di controllo delle autorità di vigilanza che devono essere messe in condizioni di disporre di un quadro completo della distribuzione dei rischi all'interno del sistema finanziario. In termini generali, è stato previsto un obbligo di comunicazione di tutti i contratti derivati conclusi sia nei mercati OTC sia in quelli regolamentati, soggetti a registrazione e vigilanza da parte dell'ESMA. Il Regolamento, inoltre, introduce un obbligo di compensazione e garanzia per tutti i contratti derivati negoziati fuori dai mercati regolamentati che presentino determinate caratteristiche in termini di standardizzazione, volume e liquidità, al fine di arginare possibili riflessi sistemici dell'insolvenza di un operatore che negozia con strumenti Over the Counter22. Come efficacemente evidenziato, l’intervento è volto a scongiurare «il pericolo che l'incapacità di un partecipante al sistema di adempiere alle sue obbligazioni alla loro scadenza provochi l'incapacità di altri soggetti a provvedere all'adempimento delle proprie, producendo così
Teoria e critica della globalizzazione finanziaria, Dinamiche del potere finanziario e crisi sistemiche, Torino, 2012, passim; X. XXXXXXXX, Giudice amministrativo, crisi finanziaria globale e mercati, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2010, II, 451 ss.;
X. XXXXXXXXXX, Note sui derivati creditizi: market failure o regulation failure?, in Xxxxxx.xx, secondo il quale «chiunque abbia seguito, se non su riviste specializzate, quanto meno nella stampa quotidiana, le analisi della grande crisi dei nostri giorni avrà sentito ricorrere espressioni quali (i) “separazione fra
«finanza» e «realtà»” o “eccesso di finanziarizzazione”, (ii) “espansione irrazionale del credito o “economia fondata sul debito”, (iii) deregulation selvaggia ovvero fallimento delle regole (regulation failure) prima ancora che fallimento del mercato (market failure)».
22 A contribuire all’intensificazione delle tutele in termini di corretta informazione è stata certamente la crisi finanziaria esplosa nel 2007. Le enormi ripercussioni sistemiche hanno fatto emergere la necessità di rivedere l'approccio tradizionalmente improntato all'autodisciplina in alcuni settori del mercato finanziario, con particolare riferimento ad agenzie di rating, fondi speculativi e mercati cosiddetti over the counter.
una reazione a catena, che in ragione del cosiddetto “effetto domino” è potenzialmente destinata a non interrompersi mai».23
4. Il master agreement e gli ordini di acquisito. Il c.d. contratto di negoziazione
L’attività di negoziazione dell’intermediario presuppone una preventiva autorizzazione all’acquisto dei titoli o dei valori per conto del cliente24. Ciò avviene, generalmente, mediante la stipula di un contratto di investimento,
c.d. contratto quadro o master agreement, volto a disciplinare gli aspetti generali del rapporto contrattuale.
Ai sensi dell’art. 23 co.1 TUF il contratto deve essere redatto per iscritto a pena di nullità ed un esemplare va consegnato al cliente. La norma descrive una particolare ipotesi di nullità di protezione; difatti, il successivo co.3 del medesimo articolo stabilisce espressamente che la nullità può essere fatta valere solo dal cliente.
Attraverso il vincolo di forma il contratto si rende, o meglio dovrebbe rendersi, idoneo vettore di informazioni, al fine di garantire una più attenta ponderazione degli effetti discendenti dal contratto25.
Il fine ultimo sarebbe, quindi, idealmente, quello di assottigliare la disparità di trattamento fra investitore e cliente26.
23 X. XXXXXXXXX, Garanzie del credito e mercato: il modello comunitario e l’Antitrust, in Giust. civ., 2011, IV, 167 ss.
24 Nello specifico, le attività dell’intermediario vareranno a seconda che si tratti di titoli già presenti nel portafoglio della banca o che debba invece reperire sul mercato. In tal caso, a seguito dell’acquisto l’intermediario avrà l’ulteriore obbligo di trasferimento al cliente.
25 X. XXXXX DE MARINIS, Problemi di forma e di sostanza nella contrattazione di prodotti finanziari derivati, Cit., 1109 e ss.
Parrebbe dunque evidente la funzione protettiva delle norme summenzionate, posto che la forma scritta assicurerebbe una facile ed agevole trasmissione delle informazioni in ordine all’oggetto del contratto e alle finalità da esso perseguite27.
26 Sul tema del neoformalismo di protezione si veda, ex multis, X. XXXXXXXXXXX, Il neoformalismo contrattuale dopo i d.lgs 141/2010, 79/2011 e la direttiva 2011/83: una nozione ( già) vielle renouvelèe, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx; X. XXXXXX, Vincoli di forma e disciplina del contratto. Dal negozio solenne al neoformalismo, Milano, 2008; X. XXXXXXX, Informazione contrattuale e regole dello scambio, in Riv. dir. priv., 2004, 576.; X. XXXXXXXXXX, La disciplina dell'atto e dell'attività: i contratti tra imprese e tra imprese e consumatori, in Tratt. dir. priv. europeo, a cura di Lipari, III, Padova, 2003, 48 ss.; F. VENOSTA, Profili del neoformalismo negoziale: requisiti formali diversi dalla semplice scrittura, in Obbl. e contr., 2008, 875; X. XXXXX, Dalla forma alle forme. Struttura e funzione del neoformalismo negoziale, Milano, 2011, 123; X. XXXXXXXX, La nullità di protezione nel sistema delle invalidità negoziali. Per una teoria della moderna nullità relativa, Padova, 2008, 372 ss; ; X. XXXXXXXX, Violazione degli obblighi di informazione nei servizi di investimento e rimedi contrattuali ( a proposito di Xxxx. sez.un., 19 dicembre 2007, nn. 26724 e 26725, in Contr. Impr., 2008, 936; T. FEBBRAJO, L’informazione ingannevole nei contratti del consumatore, Napoli, 2006, Manuale di diritto dei consumatori e dei risparmiatori, Macerata, 2017; dello stesso A. anche Violazione delle regole di comportamento nell’intermediazione finanziaria e nullità del contratto: la decisione delle sezioni unite, in Riv. dir. comm.e obbligazioni, 2008, II, 155 e ss, X. XXXXX, Informazione ( obblighi di), in Enc. dir. Annali, Milano, 2011, IV, 598
27 A tal riguardo, è stato evidenziato come l’impiego della forma scritta possa
condurre a conseguenze paradossali per la parte debole del rapporto che subirebbe un sovraccarico informativo, c.d. information overload. Più che ridurre le asimmetrie l’altro tecnicismo della documentazione finisce, infatti, per ampliare la distanza fra intermediario e investitore. Si discute in dottrina sulla reale idoneità di tali prospetti a garantire la consapevolezza del consumatore, a livellare, dunque, l’innegabile asimmetria fra le parti, poiché le modalità di redazione e di stampa, spesso e volentieri scoraggiano gli aderenti a cimentarsi nel tentativo di lettura e comprensione; inoltre anche nell’ipotesi in cui tale approccio avvenga, il consumatore non risulterebbe, nella quasi totalità dei casi, in grado di sviscerare tutte le conseguenze economiche e giuridiche derivanti dall’operazione, essendo, infatti, il più delle volte sprovvisto delle conoscenze tecniche per poter effettivamente comprendere il contenuto di dette clausole. Sul punto si vedano, fra gli altri, T. FEBBRAJO, L’informazione ingannevole nei contratti del
Difatti, solo la stipula del master agreement28 legittima l’intermediario alle successive operazioni finanziarie.29
Prima questione critica riguarda l’estendibilità dell’articolo 23 TUF anche ai successivi ordini d’acquisto.
Secondo l’impostazione che ritiene assimilabile il contratto quadro al genus dei contratti normativi30, solo il successivo accordo è in grado di inciderere concretamente sugli assetti negoziali delle parti. Da ciò non può che
consumatore, Cit., 2017; T. G. DA EMPOLI, Overdose. Le società dell’informazione eccessiva, Vicenza, 2002.
28 Cass., 25 giugno 2008, n. 17341, in Guida Dir., 2008, 40, 46; Cass., 22 dicembre
2011, n. 28432, in Banca Borsa, 2013, II, 31; Cass., 30 gennaio 2013, n. 2185 e 12 gennaio 2012, n. 384, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2012, I, 398, con nota di X. XXXXXXXXX, Neoformalismo e contratti di investimento: la forma degli ordini di negoziazione impartiti dall’investitore all’intermediario; in dottrina X. XXXXXXX, I contratti di investimento e gli ordini dell’investitore all’intermediario, in Contratto e Impresa, 2005, 889; ID., Il contratto di intermediazione finanziaria davanti alle Sezioni Unite della Cassazione, ibid., 2008, 4-5; X. XXXXXXXX, Servizi ed attività d’investimento, in Tratt. Dir. Civ. e Comm., a cura di Xxxx, Messineo, Milano, 2012, 463; D. SEMENGHINI, Forma ad substantiam ed exceptio doli nei servizi di investimento, Milano, 2010, 9.
29 Sul punto, X. XXXXXXXX- X. XXXXXXXXXX, La tutela del cliente nella negoziazione di strumenti finanziari, in Il diritto degli affari, a cura di Xxxxxxxx, Padova, 2008, 1 e ss. e nota 1., secondo il quale « L’attività di prestazione di servizi di investimento da parte dell’intermediario finanziario nei confronti dei singoli clienti avviene solitamente mediante l’intersecarsi di una pluralità di fattispecie negoziali a formazione complessa le quali sostanziano dapprima nella stipulazione di un contratto quadro (…) e successivamente nei successivi ordini d’acquisto impartiti dal cliente». Secondo gli A. la fattispecie in esame sarebbe oltre che bipartita a formazione progressiva. In termini contrari, Cass. 24 agosto 2016, n. 17290, secondo la quale il procedimento di formazione del consenso sarebbe concluso con la sottoscrizione del master agreement. Sul punto si tornerà infra.
30 X. XXXXXXXX, v. Contratto normativo e contratto-tipo, in Enc. dir., X, Milano,
1962, 116 ss.; X. XXXXXXXXXXXX, voce «Contratto normativo», in Enc. Giur. Xxxxxxxx, XX, Xxxx, 0000, 1 ss.; X. XXXXX, Contratti regolamentari e normativi, Padova, 1994, 285. Secondo Tribunale Cuneo, 31 maggio 2012, n. 358, i singoli ordini di acquisto costituiscono contratti autonomi e non atti esecutivi di un unico mandato.
discendere, quale naturale conseguenza, la necessaria assoggettabilità al requisito della forma scritta anche per i successivi ordini, posto che solo questi ultimi risulterebbero realmente idonei ad incidere sulle sfere giuridiche delle parti31.
Detta ricostruzione suscita, tuttavia, più d’una perplessità sotto diversi ordini di ragioni. In primo luogo, ed in termini di analisi economica del diritto, richiedere il requisito della forma scritta per ogni singola operazione concretizzerebbe in maniera significativa il rischio di paralizzare l’investimento. Inoltre, da un punto di vista squisitamente giuridico, la forma scritta per i successivi ordini di acquisto non svolgerebbe alcuna utile funzione protettiva ulteriore rispetto a quanto già garantito dal contratto quadro, posto che l’intermediario non può procedere all’acquisto di titoli diversi da quelli effettivamente concordati col cliente, pena l’inefficacia dell’ordine. Il contratto quadro andrebbe dunque, più opportunamente, ricondotto nell’alveo del contratto di mandato32 mentre i successivi ordini, andrebbero considerato come negozi di attuazione33 che devono
31 Sulla generale tematica del contratto normativo, si rammenta che secondo l’impostazione di X. XXXXXXX, Manuale di diritto privato, Napoli, 2007, 894, più che di contratto sarebbe più opportuno parlare di accordo sul contenuto di eventuali futuri contratti. In altri termini, più che descrive un pactum de contrahendo si realizzerebbe un pactum de modo contrahedo.
32 Così X. XXXXXXX, I contratti di investimento e gli ordini dall’investitore all’intermediario, in Contr. e imp., 2008, 889 ss. A tal riguardo, secondo le SS. UU. del 19 dicembre 2007, n. 26724, « Dal “contratto quadro”, cui può darsi il nome di contratto di intermediazione finanziaria e che per alcuni aspetti può essere accostato alla figura del mandato, derivano dunque obblighi e diritti reciproci che l’intermediario compie per conto del cliente, benché possano a loro volta consistere in atti di natura negoziale, costituiscono pur sempre il momento attuativo del precedente contratto di intermediazione.»
33 Nel distinguere il negozio di attuazione da altre tipologie negoziali X. XXXXXXX-XXXXXXXXXX, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997, 136, evidenzia che accanto ai casi in cui la volontà viene dichiarata, ve ne sono altri in
considerarsi inefficaci se non adeguatamente autorizzati a monte da cliente34.
A tal riguardo, e per esigenze di completezza, giova evidenziare che non è necessaria una fattispecie bipartita al fine della corretta formazione del contratto di compravendita di strumenti o prodotti finanziari derivati. Difatti, la vicenda può concludersi per il tramite di un unico contratto, purché questo contenga tutti gli elementi previsti per il contratto quadro, nello specifico del master swap agreement, e del singolo ordine di acquisto35
5. Prime coordinate comuni a tutte le operazioni in derivati
Sebbene risulti arduo fornire una definizione univoca del fenomeno36, per contratto derivato deve intendersi quello strumento finanziario il cui valore dipende, rectius deriva, dall’andamento di un’attività sottostante, c.d.
cui essa viene attuata. In altri termini attraverso il negozio di attuazione le parti realizzano immediatamente la volontà del soggetto che li pone in essere.
34 Per tale ipotesi si veda in particolare Cass., 25 giugno 2008, n. 17341; ancora, sebbene con riguardo ad altre questioni, fa riferimento all’inefficacia degli ordini a valle Trib. Orvieto, 21 ottobre 2011, in Banca Borsa, 2012, 3, II, 284 e soprattutto Cass., Sez. un., 3 giugno 2013, n. 13905, in Giur. It., I, 1, 2014, 850, con nota di M. D’AURIA, Recesso e nullità nei contratti di investimento tra regole di settore e principi. Sul punto, si vedano ancora le considerazioni di M. D’AURIA- X. XXXXXXX, Percorsi di giurisprudenza- nullità contrattuale e intermediazione finanziaria, in Xxxx.xx, 2015, 6, 1509 e ss. Per la divesa ipotesi in cui gli ordini siano conformi al master agreement privo tuttavia della sottoscrizione dell’istituto bancario si rimanda al cap.II, par. 3.
35 Sul punto, X. XXXXXXXX- X. XXXXXXXXXX, Op. cit., 2, specialmente nota 1.
36 Secondo X. XX XXXX, Cit., 103 e ss., si tratterebbe di contratto alieno, inteso come alius, dunque sia nell’accezione di straniero, poiché sviluppatosi inizialmente negli ordinamenti di common law, sia come extraterreste, alien, poiché non qualificabile o sussumibile negli schemi civilisti delineati dall’ordinamento giuridico.
underlying asset, che può essere di tipo finanziario, come un indice di Borsa, un tasso di interesse o di cambio, ovvero di carattere reale, quale ad esempio una merce, un prodotto energetico o una materia prima.37 Oltre ad
37 A tal riguardo si vedano le considerazioni di M. BARCELLONA, Della causa, il contratto e la circolazione della ricchezza, Vicenza, 2015, 469 che definisce il contratto derivato una « (…) vendita senza prezzo che, proprio per questo, attiva una circolazione della ricchezza del tutto estranea al dispositivo del mercato e alla sua razionalità». Sul punto si tornerà nel Cap. II del presente lavoro.
Con più d’una forzatura, parte della dottrina statunitense individua la prima forma di contrattazione in derivati nella Bibbia, nello specifico nella Genesi, capitolo 29. L’episodio al quale dette dottrine si riferiscono è quello che vede Xxxxxxxx acquistare da Xxxxxx l’opzione di sposare la bella figlia Xxxxxxx, in cambio di sette anni di lavoro. Allo scadere del periodo a Xxxxxxxx viene concessa, invece, la possibilità di prendere in moglie la meno avvenente Xxx. A questo punto a Xxxxxxxx, innamorato della bella Xxxxxxx, non resta che accettare l’ulteriore opzione di Xxxxxx che gli concederà la mano di sua figlia Xxxxxxx in cambio di altri sette anni di lavoro. Secondo queste teorie statunitensi la vicenda descrive il primo default della storia, poiché Xxxxxxxx si vede costretto a pagare il doppio per un prodotto inevitabilmente deprezzato dal tempo.
Testimonianza dell’impiego di tali strumenti sarebbe fornita anche da Aristorele. Nello specifico nell’episodio che vede protagonista Xxxxxx di Xxxxxx, inizialmente povero, che nel 580 a.c. fece fortuna stipulando un’opzione sull’utilizzo di tutti i frantoi locali, considerando che in quell’anno il raccolto di xxxxx sarebbe stato favorevole. Racconta Xxxxxxxxxx che in quell’anno il raccolto fu abbondante e Xxxxxx guadagnò ingenti somma di denaro cedendo dietro corrispettivo i contratti di utilizzo dei frantoi. Riporta l’episodio X. XXXXXXXXX- A. DELL’ATTI, Il ruolo del capitale tra regole bancarie e disciplina societaria, Milano, 2012, 25 e ss.
Più verosimilmente, diverse fonti storiche attestano l’utilizzo di tali strumenti, sebbene in forme assai meno complesse di quelle attuali, nel settore del commercio già dal 2000 a.c. in India e, successivamente, nella società greca e romana. Così D.M. XXXXXX, Cit, , 53 e ss.; X.X. XXXXXX, Xxxxxxxxxxx, Xxx Xxxxxx, 0000; E.J. SWAN, Building the global market: a 4000 Year History of derivatives, Xxxxxx, 0000.
Al di là di tali suggestive ricostruzioni, i primi moderni strumenti derivati nascono intorno alla metà del XIX secolo nelle piazze borsistiche americane con funzione di copertura, c.d. hedging, al fine di tutelare i commercianti dal rischio del rialzo o ribasso del prezzo causato da eventi e fattori metereologici tali da influire sul volume, quantità e qualità delle merci. Così X.XXXXXXX, Contratti derivati e tutela dell’acquirente, Torino, 2013, 1 e ss. Secondo l’A. le origini così risalenti del fenomeno, di cui si hanno ulteriori testimonianze già a partire dal XII secolo, confermerebbero la loro insostituibilità all’interno del mercato Il passare del tempo
una scadenza finale sono sempre previsti dei termini intermedi, allo scadere dei quali una parte beneficerà dell’andamento economico del sottostante mentre l’altra subirà una perdita38 in virtù del raffronto del prezzo iniziale con quello assunto alla scadenza da quel determinato indice o valore.
Detto altrimenti, il derivato assumerà un proprio prezzo in relazione al mutamento di variabili sottostanti le quali, tuttavia, non influenzano la causa del contratto derivato39.
Come si avrà modo di considerare nel corso della trattazione, è infatti proprio la scindibilità che permette di comprendere se una determinata operazione debba essere sottoposta alla specifica disciplina del TUF40, trattandosi di operazione derivata, o se la dipendenza con il contratto base determini l’assoggettamento ad altra disciplina, prima fra tutte quella del TUB41.
ed il costante sviluppo dei mercati hanno contribuito a delineare una pluralità di altri strumenti, non solo con finalità di copertura ma anche a fini speculativi, c.d. di traiding. A titolo esemplificativo, si pensi alla costituzione, nel 1972 a Chicago, del primo mercato dei future su valute, o all’inaugurazione, nel 1981, di quello sui Titoli di Stato.
38 L’importanza del termine all’interno del contratto derivato ha indotto taluno a ritenere che quel che generalmente è elemento accidentale del contrato di stampo codicistico, diventa essenziale nei contratto derivati. Così. X. XXXXXXX, Op. cit., 20.
39 A tal riguardo, evidenzia M. BARCELLONA, Op. cit., 467, come ad un contraente si « aggiudichi ricchezza senza altra ragione che non sia ancora una volta la sorte. » Sul punto, Cfr. X. XXXXXX XXXXXXX, I contratti derivati finanziari, Milano, 2011, 77 e ss., che invece rivendica la razionalità dello cambio. 40 Così come espressamente stabilito dal co. 2 lett. h) dell’art.1) anche i derivati, in quanto strumenti finanziari, sono assoggettati alla specifica disciplina del Testo Unico della Finanza.
41 Sul punto si rimanda a quanto si dirà nel cap. III, par.7 relativamente alla teoria del derivato implicito con particolare riguardo alla clausola floor. Difatti l’assoggettamento alla disciplina del TUF o del TUB comporta enormi differenze, soprattutto per quel che attiene il profilo dei rimedi. E’ altresì possibile che poi il
5.1. (segue) Le principali forme di gestione del rischio: Future, Option, Farward (Cenni)
Prima di focalizzare l’attenzione sui contratti di swap, sembra opportuna una rapida panoramica degli strumenti maggiormente utilizzati nella realtà finanziaria, ponendo in luce le principali analogie e differenze di prodotti spesso difficilmente distinguibili nella prassi finanziaria, soprattutto se dotati di un basso grado di standardizzazione. Difatti, a seconda del derivato prescelto, il rischio verrà in considerazione in maniera diversa.
Attraverso un futures le parti si impegnano ad acquistare o vendere, ad una scadenza prefissata, un certo quantitativo di merci, titoli o valute ad un corrispettivo predeterminato. Ricorrendo ad un future le parti, quindi, ripartiscono in maniera speculare un rischio, poiché se alla scadenza il prezzo di mercato risulta inferiore a quello precedentemente stabilito, a trarne beneficio sarà il venditore, viceversa, qualora il valore di mercato superi il quantum predeterminato, l’accordo si rivelerà favorevole per l’acquirente che ha acquistato un bene ad un prezzo inferire rispetto a quello che avrebbe dovuto erogare in assenza dell’accordo.
Tali forme di contrattazione, a differenza delle altre, possono circolare esclusivamente nei mercati regolamentati.42
sottostante sia stato totalmente creato dalle parti per perseguimento di finalità meramente speculative. La questione viene approfondita nel Cap. II, par. 6.2 e ss.
42 X. XXXXXXX, Op. cit., 80. Sulla natura giuridica dei Futures si rimanda alle considerazioni di X. XXXXXXX, Profili civilistici dei nuovi strumenti finanziari, in Riv. dir. comm. e del dir. gen. obbl., 1992, 629 e ss. Fra le principali tipologie di future si ricordano i Commodity futures vertenti su merci, i Financial futures aventi ad oggetto attività finanziarie e gli Eurobond futures, in cui una parte si impegna ad acquistare entro una certa data un certo quantitativo di Bund tedeschi ad un
Attraverso un option le parti, al pari del futures predeterminano un prezzo,
c.d. strike price, ed una scadenza, ma a differenza di quest’ultimo non si impegnano all’acquisto della merce, del titolo o del valore di riferimento ma si obbligano a concedere all’altra il diritto di vendere, c.d. put option, o acquistare, c.d. call option, quel determinato bene di riferimento. In altri termini, attraverso il contratto di option, l’oggetto del trasferimento non è il bene in sé bensì il diritto potestativo di vendere o acquistare la merce. Così come gli swap, anche le option possono presentare una struttura particolarmente complessa ed essere oggetto di un basso tasso di standardizzazione, c.d. exotic option, o essere invece caratterizzate da una struttura molto semplice.43
Emerge, prima facie, una certa analogia con l’opzione di cui all’articolo 1331 c.c., ma le analogie si arrestano alla predeterminazione dei comportamenti futuri alle quali le parti saranno vincolate, poiché per quel che riguarda la fattispecie di derivazione codicistica, l’opzione si traduce in
prezzo prefissato. Analogamente a quanto avviene per altri strumenti finanziari è altresì possibile procedere alla stipula di futures su futures, attraverso i quali l’investitore punta al rialzo dei derivati sottostanti servendosi del c.d. effetto leva, il quale, come si dirà a breve, permette di ottenere enormi guadagni partendo da un capitale non elevato ma non esclude la possibilità che l’investimento si traduca in ingenti perdite. A tal riguardo le parti che stipulano furures su futures inseriscono di norma una cd. clausola stop loss attraverso la quale si stabilisce che le perdite non possono andare oltre una certa soglia.
43 Sul contratto di Option, si rimanda a X. XXXXXX, v. Option e futures, in Digesto disc. priv., Torino, 1994, X, 366; X. XXXXXX, Profili civilistici e fiscali delle option, in Boll. Trib., 1990, 956 e ss.; C.L. CORTI, Esperienze in tema di Option, in I derivati Finanziari, a cura di di Rioli, Milano, 1993, 131 e ss., X. XXXXXXXX, Le option tra disciplina codicistica e regolamentazione pattizia, in Derivati finanziari, Op. Ult. cit., 121.
una rinuncia convenzionale al diritto di revoca della proposta mentre nel caso di option il contratto è già concluso44.
Così come gli swap, e diversamente dai futures, le option possono circolare anche nei mercati non regolamentati.
Infine i forward ancorché aventi struttura del tutto analoga ai futures possono circolare anche nei mercati OTC alla luce del maggior grado di rischio in essi contenuto. A titolo esemplificativo si pensi al c.d. contratto di forward rate agrement attraverso il quale le parti in procinto di negoziare un mutuo a tasso variabile bloccano ab origine al rialzo o al ribasso il valore che il tasso, a seguito delle fluttuazioni di mercato, potrà assumere. Non si tratta, quindi, della sola predeterminazione del prezzo di vendita ma di un’operazione di copertura rispetto ad un negozio che già presenta una elevata componente di rischio.
6. Il contratto di swap: prime considerazioni
Attraverso il contratto di swap le parti possono realizzare un pluralità eterogenea di attività e operazioni finanziarie, talune delle quali peraltro, come si è già accennato e come si avrà modo di considerare nel corso della trattazione, al limite se non al di fuori della liceità45.
44 Sull’articolo 1331 c.c. si rimanda, per tutti, alle considerazioni di U. PERFETTI, La conclusione del contratto, Il contratto in generale, in Trattato di dir. civi e comm., già diretto da Cicu-Messineo-Xxxxxxx, continuato da Xxxxxxxxxxx, Milano, II, 2016. Chiarisce la portata dell’opzione call e put, tracciando anche i confini con la fattispecie di cui all’articolo 1331 c.c. Cass., 19 gennaio 2016, n. 763.
45 Gli swap hanno infatti avuto un ruolo determinante nella crisi del 2007 e del 2008. E’ inoltre imponente il contenzioso finanziario sviluppatosi negli ultimi anni. Sulle soluzioni elaborate dalla giurisprudenza, non sempre condivisibili, si rimanda al cap. II.
Mediante tale contratto le parti si impegnano a scambiarsi a scadenze predeterminate, intermedie e finali, flussi calcolati su indici diversi ma sulla base di un medesimo capitale di riferimento, c.d. nozionale46.
Rispetto alla funzione, è stato autorevolmente ritenuto che i contratti di swap nascano con la precipua finalità di realizzare una copertura da un rischio e non di crearne di nuovi.47 Anche in giurisprudenza non mancano pronunce volte ad affermare che i contratti di swap siano nati principalmente per coprire un rischio e solo successivamente per attività di carattere speculativo48.
Sebbene sul punto si tornerà successivamente, si anticipa fin a subito qualche coordinata relativamente alla funzione di copertura e a quella speculativa. Difatti, è proprio con riguardo alla funzione di trading che sono emersi i principali problemi di compatibilità del contratto
46 Secondo la House of Lords, pronuncia del 24 gennaio 1991, in Banca, borsa tit. cred., II, 1991, 433, lo swap è il contratto attraverso il quale le parti convengono di scambiarsi, in una o più date prestabilite, due somme di danaro calcolate applicando due o più parametri diversi (tassi di interessi o di cambi), ad un identico ammontare di riferimento, alla scadenza concordata viene solitamente effettuato un unico pagamento, su base netta, in forza di un’operazione di compensazione volontaria.
47 T. PADOA SCHIOPPA, I prodotti derivati: profili di pubblico interesse, in Bollettino economico, Banca d’Italia, 1996, n.26, 70; X. XXXXXXX, In tema di interest rate swap, in Giur. civ. comm, 2007, II, 135, secondo il quale «il contratto di interest rate swap nasce e si sviluppa per far fronte ad esigenze di copertura da rischi derivanti dalle oscillazioni dei tassi di interesse»; X. XXXXX, Domestic curency swap e disciplina applicabile ai contratti su strumenti finanziari. Brevi note sul collegamento negoziale, in Banca borsa tit. cred., 168, che ritiene
«naturale» la funzione di copertura o di hedging.
48 Così Trib. Milano, 20 febbraio 1997, in Banca, borsa, tit. cred., 2000, II, 91; Trib. Torino, 17 gennaio 2014, secondo il quale «la funzione del contratto consiste nella copertura di un rischio mediante un contratto aleatorio, con la finalità di depotenziare le incertezze connesse ai costi dei finanziamenti oppure, in assenza di un rischio da cui cautelarsi, in una sorta di scommessa che due operatori contraggono in ordine all’andamento futuro dei tassi di interesse ».
all’ordinamento interno.49 Potrebbe in effetti affermarsi che il recupero del concetto di meritevolezza e del ruolo che un tal giudizio svolgerebbe all’interno del sistema, e di cui si dirà nel corso della trattazione50, dipenda dalla necessità di sanzionare operazioni difficilmente inquadrabili, tendenzialmente caratterizzate dalla forte opacità e talvolta non diversamente sanzionabili.51
Dal punto di vista economico, il crescente ricorso a tali forme di contrattazione si giustifica anche alla luce della possibilità offerta alle parti di poter investire senza l’impiego di ingenti somme di denaro. Difatti, il mutamento della posizione debitoria avviene sulla base dell’andamento degli indici di riferimento sul mercato, dunque senza incidere sul capitale di riferimento52.
49 Sul punto si vedano le considerazioni di X. XXXXX, Contratti derivati: principali problematiche al vaglio della giurisprudenza, in Resp. civ. prev., 2008, 2225.
50 Nello specifico, Cap. II, par. 6 e ss.
51 Sui limiti e i confini dell’operatività della norma si dirà successivamente. Si segnala fin da subito una certa disinvoltura da parte della giurisprudenza nell’utilizzo del concetto di meritevolezza che sembra, talvolta, giudicare più per valori che per fattispecie. Il non corretto impiego si ripercuote in termini di sanzione concretamente irrogabile, posto che non tutte le anomalie afferenti il rapporto contrattuale possono rilevare in termini di struttura o di funzione svolta dal contratto. In tali casi, più opportunamente, più che essere sanzionato il negozio dovrebbe invece essere sanzionata la condotta. La questione sarà al centro dell’intera trattazione.
52 Parte della dottrina ricostruisce il fenomeno in termini unitari. Così XXXXX, Profili giuridici del mercato degli swaps di interessi e divise in Italia, Banca, borsa tit. cred., 1993, I, 602 ss., X. XXXXXXX, Contratti di swap con finalità speculative ed eccezione di gioco, in Banca borsa tit. cred., 1995, II, 80 e ss. Contra X. XXXXXX XXXXXXX, Profili legali degli interest rate swap e degli interest rate e currency swaps, in Dir. comm. int., 1992, 62 ss; altri invece distinguono gli interest rate swap dai currency swap. Così X. XXXXXXX, Profili civilistici dei nuovi strumenti finanziari, in Riv. dir. comm., 1992, 629 e ss., D. PRIETE, Recenti sviluppi in tema di contratti differenziali semplici ( in particolare caps, floor, swap, index, future), in Dir. comm. int., 1992,171 e ss. Cfr. X. XXXXXXX, Contratto di swap, in I contratti del mercato finanziario, Trattato dei
In base al tipo di flussi concretamente coinvolti nello scambio sarà possibile configurare, rispettivamente, un currency swap qualora l’operazione di scambio venga calcolata in base all’andamento di due diverse valute o un interest rate swap qualora gli indici sui quali basare lo scambio siano due tassi di interessi diversi.
Come sopra evidenziato, attraverso il contratto di swap le parti hanno la possibilità di poter ottenere enormi guadagni. Un tale risultato può essere raggiunto attraverso lo sfruttamento della c.d. leva finanziaria o "leverage” attraverso la quale l’investitore potrebbe beneficiare di un rendimento potenziale molto superiore di quello che otterrebbe da un investimento diretto nel sottostante. Ad un guadagno potenziale maggiore rispetto al capitale investito corrisponde, tuttavia, quale altra faccia della medaglia, la possibilità che il soggetto si esponga a perdite decisamente superiori rispetto a quelle che avrebbe subito senza sfruttare la leva.53
contratti, a cura di Xxxxxxxxx e Xxxxx, Torino, 2004, 2, 1078. Un possibile criterio discretivo potrebbe ravvisarsi nel tasso di standardizzazione dello swap. Quelli più comuni si definiscono plain vanilla mentre quelli caratterizzati da un basissimo tasso di standardizzazione e da peculiarità tali da rendere lo swap difficilmente replicabile si definisce exotic. Tale ultima categoria, negoziata nei mercati OTC, sembrerebbe dover essere sottoposta ad un più intenso controllo di meritevolezza di cui al co.2 dell’ articolo 1322 c.c.
53 Per comprendere l’effetto moltiplicatore della leva finanziaria si pensi al semplice caso di un soggetto che decida di investire 100 € in un titolo con possibilità di guadagnare o perdere il 30%. Se l’esito dell’investimento è positivo, l’investitore avrà ottenuto un ammontare pari a 100 + 30, mentre in caso di esito negativo avrà perso 30 €, con conseguente diminuzione del capitale di riferimento, che scenderà a 70 €. Qualora poi si decida di investire, oltre gli iniziali 100 euro anche un’ulteriore somma, ad esempio di 900 € presa in prestito, l’effetto leva si articolerà in maniera differente. In questo caso, la leva è di 10 a 1 ( dove il valore
10 è dato dalla somma di 100 € + 900 € e 1 rappresenta l’iniziale somma posseduta, ossia 100). In caso di esito positivo il capitale ammonta a 1300 € e consente la restituzione dei 900 € presi in prestito con un guadagno di 300 € su un capitale iniziale di 100 €. Il profitto che si ottiene equivale, quindi, al 300% con un titolo che in sé avrebbe avuto un profitto del 30% di rendimento. L’effetto
6.1. (segue) Il rischio nei Crediti default swap
Qualora l’oggetto dello scambio non sia più un indice o un valore di riferimento ma un rischio di credito i problemi di validità si acuiscono. Attraverso un Credit Default Swap, c.d. CDS, una parte, c.d. protection buyer compra protezione da un soggetto che la offre, c.d. protection seller, dietro pagamento di un premio, al fine di tutelarsi da un c.d. credit event, generalmente un default o, in termini generali, un’insolvenza di un terzo soggetto, c.d. Entità di riferimento.
Qualora l’evento si realizzi il venditore di protezione sarà tenuto al pagamento di una somma di denaro che, a differenza del contratto di assicurazione, è totalmente svincolata dalla logica indennitaria, mentre, in caso contrario, il protection buyer avrà lucrato il premio54.
Detto strumento è stato largamente utilizzato nella prassi negoziale bancaria poiché l’oggetto del trasferimento non è il credito in sé, che continua a figurare nell’attivo, bensì il rischio di insolvenza che sarà sopportato da un altro soggetto55. Detto altrimenti, attraverso tali strumenti si procede
moltiplicatore opera, tuttavia, anche qualora l’investimento abbia esiti negativi. Se infatti il titolo, anziché salire si deprezzasse del 30%, resterebbero in mano all’investitore 700 € che deve tuttavia restituire i i 900 € presi in prestito più gli interessi. In percentuale la perdita sarebbe quindi del 300% a fronte di una diminuzione del valore del titolo del 30%. I riferimenti sono quelli forniti dalla Consob, in xxx.xxxxxx.xx.
54 Sulla natura del CDS nonché sulle differenze fra l’operazione e il contratto di assicurazione si tornerà nelle pagine seguenti.
55 Rileva X. XXXXXXX, Trasferimento del rischio di credito e trasparenza del mercato: i credit derivatives, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, che « E’ nella delineata logica di maggiore snellezza ed economia degli adempimenti che si sono affermate nel corso degli anni forme di cartolarizzazione “sintetica”; tratteggiandosi in questo modo i contorni di una categoria eterogenea, il cui tratto comune può cogliersi nella valorizzazione di un “bene” – il rischio di credito– distinto dal credito che lo origina e liberamente negoziabile anche disgiuntamente da esso.
all’isolamento del rischio al quale viene dato un prezzo e rispetto al quale si chiede protezione.
L’intera vicenda ruota intorno alla possibile verificazione di un c.d. credit event,56 come una bancarotta, un default, un inadempimento, o, ancora, un’insolvenza.57
Il potere dispositivo delle parti si manifesta ulteriormente qualora alla summenzionata fattispecie venga aggiunto un ulteriore elemento.
Tale soluzione consente un alleggerimento delle procedure e dei costi connessi allo smobilizzo di un portafoglio crediti, e favorisce nuovi impieghi di capitale regolamentare ad opera della banca che si libera del rischio di credito di una più classi di attivi».
56 Sul tema, si vedano le considerazioni di X. XXXXXXXX, Credit Derivatives, Xxxx Xxxxx & Sons, New York, 1998,; ID., Credit Derivatives & Syntetic Structures, Xxxx Xxxxx & Sons, New York, 2001; S.R. DAS, Valuation and pricing of credit derivatives, in Credit Derivatives, Xxxx Xxxxx & Sons, New York, 1998; X. XXXXXX XXXXXXXX, I contratti derivati finanziari, Milano, 2007, 391 ss., ID., La natura dei derivati di credito alla luce del Testo Unico della Finanza, in Bancaria, 1999, 52 ss.; X.XXXXXX- X.XXXXXXXX- X.XXXXXXXXXX-
XXXXXXXX, I derivati di credito, Milano, 2001; X. XXXXX- X. XXXXX, Xxxxxxx di credito e credit derivatives, Padova, 2004; F. REALI, I contratti di credit risk monitoring, Perugia, 2005; X. XXXXXX, I contratti derivati, Milano, 2001; X. XXXXXX XXXXXXXX- X. XXXXXX, Trattato sui contratti derivati di credito, Milano, 2000; A. XXXXXX, I credit derivatives: funzionamento e opportunità dal loro utilizzo, in Forestieri (a cura di), Corporate e investment banking, Milano, 2005; X. XXXXX, I derivati su crediti, in Amministrazione e finanza, 1996, 805;
A.M. CAROZZI- V. DEL SOLE, Credit derivatives, in I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, Banca, borsa e titoli di credito, vol. XX, Torino, 2004;
X. XXXXXXX, Derivati finanziari e diritto internazionale privato e processuale: alcune considerazioni, in Dir. comm. int., 2000, 3 ss.; E.M. XXXXXXXXXXX-S. PRAICHEUX, Qualità degli strumenti finanziari e loro applicazione ad altri beni e contratti nel diritto francese e nel diritto italiano, in Banca, borsa tit. cred., 2002, I, 196.
57 Evidenziano X.XXXXXX- X.XXXXXXXX- X.XXXXXXXXXX-XXXXXXXX, I derivati di credito, Cit., 4 e ss. che è altresì possibile che il Credit event contempli una c.d. materiality, ossia che l’evento sia « sostanziale». In altri termini, al fine di legittimare il pagamento non basta la realizzazione del rischio ma che questo superi una determinata soglia, sulla base di stime in termini di variazioni di prezzo di un’obbligazione di riferimento, c.d. Reference Obbligation, dovuta dall’ente di riferimento, ossia quello a cui il credit event si riferisce.
Nello specifico, è possibile che al verificarsi dell’evento, il protection buyer si obblighi al trasferimento di un obbligazione, di carattere pecuniario, il cui debitore è l’Ente di riferimento per un ammontare pari alla somma ricevuta in esecuzione del CDS. La ratio si ravvisa nella necessità per il protection seller di recuperare l’esborso sostenuto al seguito del verificarsi del rischio.58 In tale caso, dunque, ad essere trasferita è l’obbligazione tout court.
Anticipando questioni su cui si tornerà in maniera puntuale successivamente, è possibile affermare fin d’ora che la maggiore problematiche di tali strumenti si ravviso nel rapporto che le parti del CDS hanno rispetto all’obbligazione dell’Ente di riferimento.
In tali casi, i problemi di meritevolezza di cui al co.2 dell’articolo 1322 c.c., dunque di conformità e di rispondenza dell’operazione ai valori dell’ordinamento sembrano acuirsi.
Se infatti le parti del contratto derivato nulla hanno a che vedere con il rapporto sottostante, ed è il caso del c.d. CDS naket, la protezione viene fornita per un rischio che non tocca la sfera giuridica del protection buyer il quale desidera solo speculare sulla possibile verificazione di un determinato evento. Trattandosi di prodotti negoziati in mercati non regolamentati, la quasi totale assenza di vigilanza rende certamente più agevole il compimento, da parte di investitori esperti, di manovre turbative dei mercati al fine di stimolare o anticipare la realizzazione del credit event.
7. Il rilievo della funzione in sede tributaria: gli swap nella determinazione del reddito di impresa
58 ID., Op. Ult. Cit., 30.
Ai sensi dell’articolo 112 TUIR i contratti derivati su valute, su tassi di interesse, su indici o su altre attività rappresentano operazioni fuori bilancio la cui valutazione concorre a formare il reddito d'esercizio59.
La suddetta valutazione riguarda la funzione di copertura o speculativa assunta dal derivato. In altri termini, il reddito dell’impresa si formerà in maniera diversa a seconda che lo swap, ma in generale tutte le operazioni in derivati, svolga una funzione di trading o di hedging60.
Ai sensi del co.6 dell’articolo 112 TIUR « l'operazione si considera con finalità di copertura quando ha lo scopo di proteggere dal rischio di avverse variazioni dei tassi di interesse, dei tassi di cambio o dei prezzi di
59 Rileva G.A. XXXXXXX, Derivati e fair value nei bilanci 2016, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx che «Il tema degli strumenti derivati ha sempre comportato un accesso dibattito tra gli esperti contabili, proprio in considerazione del fatto che in Italia, prima delle novità introdotte dalla riforma contabile, mancava una specifica disciplina che regolamentasse sia sul piano teoretico sia su quello applicativo la rappresentazione in bilancio degli strumenti finanziari di copertura e di natura speculativa. Il trattamento contabile dei derivati presenta dei tratti di complessità che non agevolano la comprensione dei tecnicismi delle operazioni in parola, soprattutto a causa delle peculiarità insite in tali strumenti finanziari.»
60 Lo swap avente funzione di copertura non viene autonomamente valutato a bilancio. Trattandosi della copertura di una specifica passività produttrice di interessi, i componenti positivi o negativi del derivato – flussi di interessi - concorrono alla formazione del reddito secondo lo stesso criterio di imputazione degli interessi prodotti dalle attività o passività coperte cioè per competenza temporale, ex art 122 co 5 TUIR. Se lo swap svolge invece una funzione speculativa questo viene autonomamente valutato a bilancio secondo prudenza. I componenti negativi di reddito, sempre che rispettino i limiti del co.3 dell’art.112, potrebbero essere fiscalmente deducibili nell’esercizio o in quelli futuri, in funzione di se e quando saranno soddisfatti anche i requisiti dell’art.109, quindi quello della certezza dell’esistenza e determinabilità obiettiva dell’ammontare. Casi illustrati da X. XXXXXXXXXX, M. BUONGIORNO, X. XXXXX, I contratti swap: aspetti finanziari e contabili, in Bilancio, Vigilanza e Controlli, 2007, n.7, 38 e ss.
mercato il valore di singole attività o passività in bilancio o "fuori bilancio" o di insiemi di attività o passività in bilancio o "fuori bilancio"».
A tal riguardo, è di prioritaria importanza segnalare l’assenza di una definizione di derivato speculativo, sicché questa si determina per differenza, considerando tali le operazioni che non presentino i requisiti di cui all’articolo 122 TUIR.
Altra carenza della disposizione si ravvisa con riguardo al profilo descrittivo della finalità di copertura, che appare meno puntuale di quanto invece desumibile dalla valutazione dei principi internazionali contabili.61 Ne consegue che il derivato verrà trattato in maniera diversa a seconda che si prendano in considerazione i principi interni o quelli internazionali.
Difatti, l’articolo 2 del D.lgs. 38/2005 introduce l’obbligo di rifacimento nella redazione dei bilanci ai principi contabili internazionali IAS/IFRS62 per le sole società quotate, quelle emittenti strumenti finanziari presso il pubblico, le banche, gli intermediari finanziari e le compagnie di assicurazione lasciando invece a tutte le altre tipologie di imprese, c.d. “società chiuse”, la semplice facoltà di adozione dei suddetti principi. In tali casi, quindi, continueranno a trovare applicazione le disposizioni di cui agli
61 Difatti, secondo quanto desumibile dai principi dello IAS 39 un derivato assume funzione di copertura quando si prevedano compensi per le variazioni di fair value (valore equo) o di flusso finanziario di un designato elemento coperto. Sul punto si vedano le considerazioni di X. XXX, Le imposte sui redditi nel testo unico, Milano, 2007, 2105 ss.
62 Gli International Accounting Standards rappresentano il primo tentativo di standardizzazione su scala transazionale dei principi contabili. Per IFRS, ossia International Financial Reporting Standards si intendono altri principi della medesima derivazione che concorrono all’individuazione dei criteri di redazione dei bilanci.
articoli 2423 c.c. le quali, come noto, forniscono indicazioni certamente meno dettagliate e specifiche di quelle contenute nello IIAS/IFRS63
La necessità di mitigare le differenze ha spinto il legislatore ad introdurre dei correttivi alle regole civilistiche in materia di bilancio. Nello specifico, l’ Art. 2426 co. 1, n. 11 bis introdotto con D.lgs. 139/2015, stabilisce che gli strumenti finanziari derivati, anche se incorporati in altri strumenti finanziari, sono iscritti al fair value64. Le variazioni del fair value sono imputate al Conto economico o direttamente ad una riserva positiva o negativa di patrimonio netto; tale riserva è imputata al Conto economico nella misura e nei tempi corrispondenti al verificarsi o al modificarsi dei flussi di cassa dello strumento coperto o al verificarsi dell’operazione oggetto di copertura.
A tal riguardo, la norma considera sussistente la copertura quando fra il derivato e l’operazione coperta sussista una stretta e documentata correlazione tale da permettere una valutazione simmetrica fra il rischio di variazioni dei tassi o dei prezzi con l’operazione alla quale si riferisce.
In altri termini, bisognerà procedere ad una misurazione periodica del derivato, al fine di valutare la capacità di quest’ultimo di mitigare il rischio coperto.
Appare quindi evidente l’importanza che la funzione svolge ai fini fiscali e per la determinazione del conto economico della società.
63 In questi termini, X. XXXXX, Principi contabili nazionali e internazionali. Una panoramica, in xxx.xxxxxxxxxxx.xxx.
64 Utilizzando la definizione fornita dallo IAS/IFRS , per fair value deve intendersi
«il corrispettivo al quale un'attività può essere scambiata, o una passività estinta, tra parti consapevoli e disponibili, in una transazione tra terzi indipendenti». Trattasi quindi di un prezzo teorico, o ideale.
A questo proposto, è di prioritaria importanza verificare se la diversa funzione svolta dallo swap possa rilevare anche in termini giuridici.
Sembra dunque opportuno focalizzare l’analisi sulle possibili relazioni giuridiche intercorrenti fra il contratto di swap e il rapporto sottostante.
Difatti, negli swap aventi funzione di hedging sembrerebbe più sentito il legame che si istaura col sottostante, in quanto volti alla copertura di un rischio insito in un qualche rapporto di riferimento.
7.1. (segue) Il rilievo della funzione sul versante giuridico: Il nesso di derivazione, il sinallagma puro e la causa variabile
Questione di fondamentale rilievo è, dunque, quella relativa al rapporto sussistente con il sottostante.
In termini generali il nesso di derivazione che caratterizza il contratto di swap deve, infatti, essere tenuto distinto dal caso in cui fra due negozi si realizzi un collegamento negoziale o dall’ipotesi in cui fra le vicende contrattuali si determini una relazione di accessorietà.
Primo tratto distintivo risiede nel fatto che, come noto, il collegamento negoziale non rappresenta una figura autonoma di contratto bensì una modalità di regolamentazione degli interessi delle parti la cui peculiarità risiede nella necessaria ripercussione delle vicende di un negozio sugli altri ad esso collegati.65
A caratterizzare il contratto accessorio 66, di cui la fideiussione rappresenta il miglior modello di riferimento, è, invece, la relazione unilaterale, di tipo
65 Ex multis, Cass. 12 luglio 2005, n. 14611.
66 A tal riguardo si segnalano le considerazioni di C. M. XXXXXX, Il contratto, Diritto civile, III, II ed., Milano, 2000, 483, secondo il quale «l’interdipendenza
giuridico, che si sviluppa fra le due vicende negoziali. Nello specifico, si pensi a quanto stabilito dall’articolo 1393 c.c. secondo il quale «la fideiussione non è valida se non valida l’obbligazione principale», o, ancora, a quanto previsto ex art. 1941 c.c. che afferma che «la fideiussione non può eccedere ciò che è dovuto dal debitore, né può essere prestata a condizioni più onerose», precisando altresì al terzo comma che «la fideiussione eccedente il debito contratta a condizioni più onerose è valida nei limiti dell’obbligazione principale». Ulteriore indice di riferimento è la disposizione contenuta nell’articolo 1945 c.c. che in materia di eccezioni stabilisce che «il fideiussore può opporre contro il creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salva quella derivante da incapacità.»
Fra fideiussione ed obbligazione principale si istaura, dunque, una relazione strettamente dipendente e accessoria, sia con riguardo alla sua esistenza che al suo contenuto, con l’obbligazione garantita. In altri termini la fideiussione ha ragion d’essere solo in relazione all’obbligazione principale67.
dei rapporti negoziali è normalmente reciproca, nel senso che la sorte di ciascun rapporto è legata alla sorte dell’altro. È tuttavia possibile anche un’interdipendenza unilaterale, nel senso che la sorte di un rapporto si ripercuote sull’altro ma non viceversa. L’interdipendenza unilaterale è riscontrabile nelle ipotesi di contratti accessori, i quali seguono la sorte dei contratti principali cui accedono (es.: i contratti di garanzia)».
67 In questi termini, X. XXXXXX, Le garanzie del credito, Milano, 2010, 248. Con riguardo alla causa delle due operazioni, precisa l’autore che resta fermo il principio « (…) che l’obbligazione del fideiussore è un’obbligazione propria di questi (con una propria causa, appunto “di garanzia”) e, quindi, non è la stessa obbligazione del debitore principale (che a sua volta ha una propria causa, a seconda del negozio da cui sorge)» Negli stessi termini, Cass. Sez. Un., 5 febbraio 2008, n. 2655, secondo la quale «l’obbligazione principale e quella fideiussoria, benché fra loro collegate, mantengono una propria individualità non soltanto soggettiva – data l’estraneità del fideiussore al rapporto richiamato dalla garanzia
– ma anche oggettiva, in quanto la causa fideiussoria è fissa e uniforme, mentre
Il nesso di derivazione che caratterizza gli swap, nonché tutti i contratti derivati, determina, invece, un rapporto di autonomia giuridica fra i due negozi. In questa prospettiva i contratti derivati sarebbero quei negozi attraverso i quali le parti, nell’ambito della loro autonomia privata, conferiscono autosufficienza giuridica ad un valore che deriva dal raffronto del prezzo di un’entità di riferimento considerata in due momenti diversi.68 A tal riguardo, pare opportuno precisare che l’unico elemento comune a tutte le ipotesi summenzionate si ravviserebbe nell’assenza di una disciplina codicistica generale. Ad assumere rilievo è, quindi, l’autonomia privata delle parti,69con la differenza che il nesso che caratterizza il rapporto accessorio o il collegamento negoziale è di tipo giuridico mentre quello di
l’obbligazione garantita può basarsi su qualsiasi altra causa idonea allo scopo, con la conseguenza che la disciplina dell’obbligazione garantita non influisce su quella della fideiussione, per la quale continuano a valere le normali regole, comprese quelle sulla giurisdizione».
68 Così X. XXXXXX, I contratti derivati, Milano, 2001, 5; X. XXXXXX XXXXXXXX, Profili civilistici dei contratti finanziari “derivati” , Milano, 1997, 2; S. BO – C. VECCHIO, Il rischio giuridico dei prodotti derivati, Milano, 1997, 7. La definizione, ancorché fornita con riguardo alla macrocategoria dei contratti derivati, caratterizza anche il contratto di swap, in virtù del rapporto fra genus ad species che si configura.
69 Sul punto di vedano le considerazioni di X. XXXXXXXX – X. XXXXXXXX, Il collegamento negoziale nella società per azioni. La delibera collegata, Milano, 2008, 54. In giurisprudenza, sul ruolo dell’autonomia privata in relazione al collegamento negoziale, si rimanda a Cass., Cass. 16 marzo 2006, n. 5851, secondo la quale «non è dubbio che le parti, nell’esercizio della loro autonomia negoziale, possono dar vita, anche contestualmente, a diversi distinti contratti i quali, pur potendo essere concepiti e voluti come funzionalmente e teleologicamente collegati fra di loro ed in rapporto di reciproca interdipendenza, così che le vicende dell’uno debbano ripercuotersi sull’altro, condizionandone la validità e l’efficienza senza che a tal fine sia necessaria l’identità dei soggetti in ciascuno dei negozi collegati, tuttavia si caratterizzano in funzione della propria causa conservando l’individualità propria di ciascun tipo negoziale. » Negli stessi termini, in relazione all’accessorietà si vedano le considerazioni di Cass., 13 maggio 2008, n. 11890
derivazione è di carattere economico, poiché l’andamento del valore di riferimento condiziona le perdite e i guadagni delle parti ma non la struttura del negozio.
Se, dunque, il rapporto di derivazione indica una dipendenza non tanto giuridica quanto economica, la causa del contratto di swap non risente delle vicende che possono incidere sul rapporto sottostante.
Sul punto, una certa fortuna ha avuto la c.d. teoria del sinallagma puro70. Nello specifico, secondo detta impostazione, il meccanismo operativo di determinazione delle prestazioni risulterebbe «indifferente alle svariate finalità»;71 pertanto l’interesse concretamente perseguito dalle parti potrebbe essere individuato solo successivamente, a seguito di un’indagine sulle motivazioni psicologiche e soggettive che hanno spinto i contraenti alla stipula del contratto.
L’astrattezza dei derivati finanziari, dunque anche gli swap, non sarebbe dissimile da quella che caratterizza i titoli di credito che, come noto, non subiscono l’influenza dei rapporti che hanno dato origine all’emissione o al trasferimento del titolo.
La teoria suscita, tuttavia, più d’una perplessità. In primo luogo perché l’astrattezza dei titoli di credito è solo temporanea, potendo le eccezioni relative al rapporto a base dell’emissione essere fatte valere in un secondo momento, al contrario, nei contratti derivati il requisito dell’astrattezza è destinato a permeare il rapporto in ogni sua fase.72
70 Così X. XXXXXX XXXXXXX, I contratti derivati finanziari, Cit., 77; Cfr. X. XXXXXX, I contratti derivati, Cit., 21.
71 Così X. XXXXXXX, Profili civilistici del rischio finanziario e contratto di swap, Milano, 1999, 125;
72 Sul punto, X. XXXXXX, Op. ult. cit., 21 e ss., rileva che «il debitore cambiario non potrà opporsi al pagamento del debito cartolare verso il prenditore, ma potrà successivamente ripeterne il pagamento deducendo l’invalidità del rapporto a base
In secondo luogo, detta impostazione sembrerebbe confondere la funzione con il meccanismo operativo attraverso il quale la ricchezza viene fatta circolare.73 La teoria sembrerebbe riecheggiare, in un certo qual modo, la logica tipizzante della causa in termini di funzione economico sociale, il cui maggior punto di debolezza è rappresentato dall’impossibilità, o quanto meno dalla difficoltà, di spiegare il differente ruolo svolto dal tipo.
Al contrario, e in ossequio ai più recenti quanto condivisibili arresti della dottrina74 e della giurisprudenza75 volti ad enfatizzare la funzione economico individuale del contratto, il medesimo involucro giuridico ben si presta al raggiungimento di una pluralità di finalità.
Diversamente opinando, con specifico riguardo all’argomento oggetto di analisi, si finirebbe per relegare la funzione di copertura o quella speculativa a meri motivi i quali, come noto, risultano generalmente irrilevanti, salvo che essi non siano comuni ed illeciti.
Se quindi attraverso il medesimo strumento giuridico le parti possono perseguire tanto una fine di copertura quanto uno speculativo, bisognerà necessariamente concludere che la causa del contratto di IRS è variabile.76
dell’emissione. Viceversa, la controparte di un contratto di interest rate swap non sarà mai abilitata a richiedere la restituzione dei differenziali versati assumendo l’invalidità di uno o di entrambi i rapporti debitori (verso terzi), anche se menzionati nel titolo contrattuale».
73 Così M. BARCELLONA, Cit., 462 e ss.
74 Per tutti G.B. XXXXX, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, passim.
75 Per tutte le note Xxxx. 20 dicembre 2007, n. 26958; Cass., 24 aprile 2008, n. 10651.
76 Sulla causa variabile del contratto di swap si vedano le considerazioni di X. XXXXX e X. XXXXX, Dalla ricchezza assente alla ricchezza inesistente,divulgazioni del giurista sul mercato finanziario, in Banca Borsa tit. cred., 2010, I, 1 e ss.; sul punto si vedano anche le considerazioni di X. XXXXXXX, La parabola degli IRS: tra innovazione normativa e recupero di nozioni appartenenti alla tradizione, in Soc. Banche e crisi d’impr., 2014, 2316.
La funzione di copertura e la funzione speculativa non attengono quindi alle soggettive ragioni dei contraenti ma penetrano oggettivamente nel tessuto negoziale.
Difatti la tossicità di tali prodotti non è connaturata alla loro essenza, ma dipende dall’impiego ed all’utilizzo che concretamente si effettua.77
CAPITOLO II
La nullità della scommessa legalmente autorizzata:
77 Come si vedrà nel corso della trattazione, le maggiori problematicità si ravvisano proprio con riguardo agli swap sintetici aventi funzione di trading.
Il discrimen fra oggettiva invalidità e soggettiva percezione del vizio.
SOMMARIO: 0.Xxxxxx giuridica. 1.1 Il contratto differenziale quale precedente del contratto derivato. Critica. 1.1. ( segue) La natura commutativa del contratto di Interest Rate Swap. Critica. 1.2(segue) La natura aleatoria. La linea di demarcazione fra tolleranza e autorizzazione quale mera scelta di opportunità del legislatore. La conferma del co. 5 dell’articolo 23 TUF. 2. Prima panoramica sui rimedi. 3. Primo orientamento: Il vizio di forma del contratto quadro. La mancata
sottoscrizione dell’intermediario come causa di nullità. Critica. 4. Il vizio strutturale: la Causa viziata. L’alea unilaterale e quella squilibrata. 4.1. L’irrazionalità dell’alea fra causa ed oggetto. 5. I derivati conclusi dagli enti locali. Critica dell’orientamento che fonda la nullità sul co. 2 dell’articolo 1418 c.c. 6. La meritevolezza e la liceità della causa: il diverso piano operativo. 6.1. (segue) l’alea e la (im)meritevolezza degli interest rate swap con funzione di trading. Ancora sul diverso piano di operatività degli artt. 1343 e 1322 co. 2 del codice civile. 6.2 (segue). L’immeritevolezza dei crediti default swap naked.Ulteriore dimostrazione del diverso piano di operatività del giudizio di cui all’articolo 1343 c.c. rispetto a quello ex art 1322 co 2 c.c. 7. L’immeritevolezza e la nullità. Distinzione nei presupposti, identità nella sanzione: il vizio insanabile che colpisce ab origne il contratto. 7.1 (segue) la restituito in pristinum.
1. Natura giuridica
Il contratto differenziale quale precedente del contratto derivato. Critica
La maniera con cui il rischio viene considerato, oltre a rilevare sul profilo della qualificazione dell’operazione, individua la concreta funzione, intesa in termini di giudizio causale, del contratto.
Nel ricostruire la natura giuridica dei contratti derivati, è necessario prioritariamente chiedersi se sussista una qualche sorta di legame con il contratto c.d. differenziale.
Caratteristica del contratto differenziale,78 è quella di conferire alle parti la possibilità di non eseguire alla scadenza il contratto ma di riscuotere o pagare le sole differenze dei prezzi delle attività compravendute.79 Dette operazioni sembrerebbero assolvere, dunque, sia una funzione di scambio, data dai reciproci adempimenti alle scadenze, sia, eventualmente, una speculativa, consentendo alle pari di procedere alla sola liquidazione delle differenze fra prezzo precedentemente pattuito e quello di mercato.80
In relazione a tali strumenti si pose, forse per la prima volta, la problematica relativa al rapporto sussistente fra contratto di borsa e disciplina dell’azzardo. A questo proposito, l’ordinamento tedesco, dopo un primo momento di forte chiusura verso le suddette operazioni, da imputare al fallimento della rivolta democratica del 1848, alla fondazione del Reich nonché al tracollo di alcuni importanti istituti bancari, delineò, con l’entrata in vigore del BGB, sia una definizione legislativa di tale tipo contrattuale, sia una apposita disciplina.81
Nello specifico, ai sensi dell’articolo 764 GBG, “se un contratto avente per oggetto la fornitura di merci o di titoli è concluso nell’intendimento che la differenza del prezzo concordato e il prezzo di borsa o di mercato all’epoca della consegna venga pagato dalla parte perdente alla parte vincente, il
78 Sebbene sviluppatisi agli inizi del secolo scorso, i contratti c.d. differenziali fanno la loro prima comparsa nel XVII secolo e risultano storicamente legati ad una società caratterizzata da floridi traffici commerciali, tutta basata sulla logica dello scambio le cui regole venivano determinate ed imposte dalla classe mercantile.
79 X. XXXXXXX, Contratto differenziale, in Xxxxxxxxx e impresa, 1992, 475.
80 Ricorda M. BARCELLONA,Op. cit. , 443, nota 207, che la funzione speculativa dei differenziali non è pacifica. A tal riguardo solo i c.d. differenziali propri, diversi quindi dai c.d. differenziali impropri, sarebbero idonei ad assumere una funzione propriamente speculativa.
81 X. XXXXX, L’alea nei contratti differenziali, in Obbligazioni e contratti, 2012, 1, 63.
contratto va considerato come gioco. Ciò vale anche nel caso che l’intenzione di una delle parti sia diretta al pagamento delle differenza e che l’altra parte conosca o debba conoscere codesta intenzione”.
La norma, dunque, estende, senza lasciare minimo dubbio all’interprete, la disciplina del gioco a tali forme contrattuali82. Ciò può dirsi confermato, a fortiori, dalla scelta terminologica utilizzata dal legislatore, il quale, nel descrivere la fattispecie, fa riferimento al gioco, nonché ad una parte vincente in contrapposizione ad una perdente.
In Italia il percorso risultò più articolato. Furono soprattutto, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, le Camere di commercio a sollecitare un intervento volto a colmare l’assenza di una regolazione specifica in materia di attività finanziaria, al fine di ammettere la validità delle operazioni di borsa a scadenza.83 L’esigenza di fornire veste giuridica a fenomeni ormai in piena espansione spinsero il legislatore ad emanare la l. 20 marzo 1913 n. 272 che equiparava i differenziali a veri e propri contratti di borsa, dalla funzione economicamente e socialmente giovevole.84 Il
82 Secondo taluno, l’articolo 764 del GBG delimiterebbe il confine sussistente fra alea giuridica ed alea economica82. Così X. XXXXXXXX, Dottrina generale del contratto, Milano, 1952, 252 e ss. in tale ultimo caso il rischio sarebbe qualitativamente misurabile, utilizzando parametri statistici di matematica finanziaria mentre, al contrario, l’alea giuridica sarebbe caratterizzata dalla totale incertezza dell’an delle prestazioni, essendo il relativo rischio sopportato da entrambe le parti. In questo senso, X. XXXXXXX, Op. cit., , 105 e ss.
83 In travagliato percorso italiano viene ricostruito da X. XXXXX, Op. cit., 63 e ss. Il primo intervento normativo risale alla l. 14.6.1874, n. 1971, con la quale si sancisce la validità delle compravendite a termine di titoli del debito pubblico
«dello Stato, delle province, dei comuni e di altri corpi morali», di azioni, obbligazioni sociali e di «qualunque titolo di analoga natura».
84 Sul punto C. XXXXXXX, I contratti differenziali secondo la nuova legge sulle borse, in Riv. dir. comm., 1913, I, 952 e ss., secondo il quale “ la legge 20 marzo 1913 ha repudiato l’erroneo concetto che considera i contratti differenziali come contratti di mera sorte (…)”. Trattandosi, per l’A., di “ contratti seri ed effettivi, al
dibattito sorto in quegli anni venne, inoltre, ulteriormente alimentato dall’equivoco tenore dell’articolo 5 del successivo D.L. n. 601 del 1925 dal quale si deduceva, in via interpretativa, una sorta di liberalizzazione tout court di ogni operazione prevedente l’utilizzo di differenziali.85
A tal riguardo, furono per lo più tre i principali orientamenti dogmatici sviluppatisi sul punto.
Secondo una prima impostazione, lo schema negoziale del contratto differenziale era riconducibile a quello di una doppia vendita, poiché la finalità speculativa risultava del tutto eventuale, potendo, se mai, rilevare esclusivamente sul terreno dei motivi. L’inapplicabilità dell’eccezione di gioco veniva inoltre dedotta dall’operatività, anche per tali fattispecie, degli articolo 68 e 69 dell’allora vigente codice del commercio, ai sensi dei quali la parte adempiente, in caso di ritardo o inadempimento dell’altra parte, poteva agire per richiedere l’esatto adempimento o il risarcimento del danno.86
Secondo diversa impostazione, che negava la riconducibilità del contratto differenziale allo schema della doppia vendita a termine, le parti, lungi dall’obbligarsi alla consegna di titoli o merci dietro corrispettivo alla scadenza, si impegnavano, piuttosto, al pagamento delle sole differenze
pari dell’ultimo contratto della catena, che dà luogo alla consegna effettiva dei titoli e delle merci destinate al risparmio, all’industria, al consumo.”
85 Sul punto, App. Bari, 21 marzo 1924; App. Milano 20 giugno 1923; App. Torino18 marzo 1924, in Riv.dir.comm., 1925, II, 183 e ss. con commento di X. XXXXXXX, Contratti a termine e differenziali sui cambi; critico sul punto anche X. XXXXX, Pagamento per causa illecita in contratti differenziali su divisa estera, in Riv. dir. comm. e del dir. gen.obbl., 1927, I, 101 e ss. Una panoramica delle politiche legislative di quegli anni relative al settore finanziario viene offerta anche da X. XXXXXXXX, Il c.d. mercato fittizio dei cambi, in Riv. dir. comm., 1928, 97 e ss.
86 Così X. XXXXXXXX, Op. cit., 103 e ss.; C. VIVANTE, Polemica sul commercio fittizio dei cambi, in Foro It., 1928,I, 291 e ss.
determinate sulla base di circostanze future ed incerte, rappresentate dalle fluttuazioni che il titolo, la merce o il tasso di cambio subiva sul mercato.
Secondo tale dottrina, risultava quindi evidente il carattere aleatorio dell’intera operazione, in virtù della capacità di tali eventi di influenzare il quantum della prestazione e di determinare il soggetto tenuto ad eseguirla87. Secondo altro orientamento, invece, tali contratti si caratterizzavano per la sussistenza di una causa non già tipica, individuabile nello schema della doppia vendita o in quella del contratto aleatorio, quanto piuttosto di una atipica, individuabile nell’organizzazione e gestione di scambi fittizi sottendenti una scommessa. 88
Tanto l’impostazione che lo accosta ad una scommessa quanto quella che ne ravvisa un contratto aleatorio, suscitano più d’una perplessità. Rispetto alla prima teoria, l’estensione che il legislatore fece, agli inizi del secolo scorso, delle tutele del codice del commercio al contratto differenziale lo rendono oltremodo lontano da una scommessa, la quale, come noto, si caratterizza per la mancanza di azione per l’adempimento delle prestazioni ad essa sottese, c.d. denegato actionis.
87 X. XXXXX, Op. cit., 62. L’A. riporta un significativo lodo del 1996 nel quale si fornisce una definizione di contratto differenziale che sembrerebbe avallare la tesi della natura aleatoria: Lodo Arbitrale, 19.7.1996, Pres. Xxxxxxx, in Riv. dir. privato, 1997, 559, con nota di X. XXXXXXX.
88 X. XXXXXXXX, Gli affari differenziali impropri (commento a App. Genova, 23/12/1926), in Riv. dir. comm., 1930, II, 677 e ss. L’A. diversifica il trattamento giuridico a seconda che si tratti di differenziali impropri, dunque quelli consistenti in due operazioni distinte dove B vende o compra da o ad A per poi comprare o vendere da o a C ad un altro prezzo, da quelli c.d. propri, ossia quelli le cui operazioni passano dalle medesime parti e le cui prestazioni non possono che avere luogo per differenza, essendo esclusa la possibilità di procedere ad effettiva consegna. Secondo l’A. solo la prima tipologia sarebbe caratterizzata da una causa di scambio, mentre nel secondo caso l’intera operazione, risolvendosi in scambi fittizi aventi le caratteristiche di una scommessa, rientrerebbero nelle ipotesi sottoposte all’eccezione di gioco.
Nemmeno la seconda teoria appare condivisibile, posto che l’eventuale determinazione del quantum avviene, con riguardo ai contratti differenziali, sulla base di rigidi paradigmi e logiche di mercato che nulla hanno a che vedere con la mera sorte 89.
Inoltre, se, da un lato, risulta innegabile la presenza di un certo grado di rischio, dall’altro, risulta altrettanto vero che lo stesso si presenta esclusivamente in termini eventuali e, parimenti, non sarebbe di tipo giuridico quanto economico.
L’alea economica, infatti, si caratterizza per la totale misurabilità attraverso l’impiego di parametri statistici e di matematica finanziaria, mentre l’alea giuridica, al contrario, è caratterizzata dalla totale incertezza non tanto del quantum quanto nell’an della prestazione. Il rischio inoltre, né risulta intimamente connesso all’oggetto del contratto né lo influenza, posto che le parti effettuano le considerazioni relative agli effettivi vantaggi e perdite ex ante.90
Nonostante il dibattito relativo al rapporto sussistente con la disciplina dell’azzardo si sia poi riproposto anche in relazione ai contratti derivati, non sembra, alla luce delle riflessioni svolte, che fra le due tipologie negoziali sussista un rapporto di continuità o, tantomeno, una qualche relazione in merito alla struttura negoziale.
89 Xxxx contratti sarebbero sottoposti all’eccezione di gioco nei soli casi in cui sarebbe da escludere con sicurezza che le parti avessero voluto addivenire ad uno scambio di beni. In questi termini X. XXXXXXX, I contratti di borsa, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Xxxxxxxx, Torino, 1950, 95; X. XXXXXXX D’XXXXXXXX, Il contratto di borsa. Il riporto, in Tratt. dir. civ. e comm., diretto da Xxxx e Messineo, Milano, 1969, 398 e ss.
90 X. XXXXXXX, Contratti di swap, in Trattato dei contratti, diretto da Xxxxxxxx e Xxxxxxxxx, Torino, 2004, 2, 1086
Nel primo caso, infatti, l’oggetto del contratto si individua nelle differenze dedotte sulla base del razionale andamento del mercato delle merci o attività compravendute in precedenza dalle parti, nel secondo caso, al contrario, l’oggetto del contratto derivato si desume dalla differenza fra il prezzo del contratto ed attività sottostante sulla base di paramenti variabili e diversificati per ciascun contraente. Se tale attività è un bene determinato allora potrebbe risultare, ma solo all’apparenza, meno netto il confine sussistente fra il derivato e il differenziale, nello specifico lo swap.
Le cose mutano però quando l’operazione non si struttura intorno ad una res consegnabile ma rispetto alle variazioni dei dati economico-finanziari prescelti.
1.1. (segue) La natura commutativa del contratto di Interest Rate Swap. Critica
Esclusa quindi la riconducibilità al contratto differenziale, l’indagine deve proseguire verificando l’eventuale natura commutativa del contratto di IRS. A tal riguardo, l’articolo 1 co. 1 bis e co. 2 TUF più che fornire una definizione di valori mobiliari e di strumenti finanziari91, fra i quali
91 Per valori mobiliari deve intendersi una categoria di strumenti finanziari che possono essere negoziati sul mercato dei capitali, in quanto trasferibili e liquidabili, mentre sono strumenti finanziari rientranti nella categoria dei prodotti finanziari, le azioni, le obbligazioni, altri titoli di debito, titoli di Stato, altri strumenti finanziari negoziabili sul mercato dei capitali, le quote di fondi comuni d'investimento, gli altri titoli negoziati sul mercato dei capitali e sul mercato monetario, gli strumenti finanziari derivati. La distinzione summenzionata è quella delineata dalla Consob, xxxx://xxx.xxxxxx.xx/xxx/xxxxxxxx-xxxxxxxxx/x-xxxxxx-xx-xxxxxxx.
rientrano varie categorie di derivati, come gli swap, procede ad un’elencazione di carattere esemplificativo.92
A fronte della carenza dei dati normativi, spetta, dunque,all’interprete procedere alla ricostruzione e al’inquadramento sistematico del fenomeno.
La maniera con cui il rischio viene considerato, infatti, oltre a rilevare, come precedentemente affermato, sul profilo della qualificazione dell’operazione, rileva ai fini dell’individuazione dei rimedi concretamente esperibili dalle parti, primo fra tutti quello di cui all’articolo 1467 c.c., relativo alla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, che, come noto, non si applica ai contratti aleatori. Si pensi, a tal riguardo, al caso di improvviso rialzo del tasso di interesse che comporti per l’investitore prestazioni ben più onerose di quelle prospettate o prevedibili al momento della conclusione dell’accordo.
Una prima impostazione, che evidenza la corrispettività delle prestazioni, opta per la natura commutativa del contratto di IRS.93 Nonostante la
92 L’attuale elenco di contratti derivati di cui all’art. 1 comma 2 TUF, non costituisce un numero chiuso. Ai sensi dell’articolo 1 comma 2-bis TUF: « il Ministro dell’economia e delle finanze, con il regolamento di cui all’art. 18 comma 5 individua: a) gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera g), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine; b) gli altri contratti derivati di cui al comma 2, lettera j), aventi le caratteristiche di altri strumenti finanziari derivati, negoziati su un mercato regolamentato o in un sistema multilaterale di negoziazione, compensati ed eseguiti attraverso stanze di compensazione riconosciute o soggetti a regolari richiami di margine.»
La scelta è stata apprezzata da chi evidenzia come questi ultimi vengano prima creati dalla prassi finanziaria e solo in un secondo momento «recepiti» nell’ordinamento. Un rigida previsione normativa avrebbe l’effetto di paralizzare l’opera creativa dell’ingegneria finanziaria e le mutevoli esigenze del mercato, e diverrebbe, in pochi anni, lettera morta. Così, X. XXXXXXXXXXX, I contratti di swap, in Contratti, 2009, 1133 e ss.
pluralità di tipologie sviluppatesi nella prassi, il minimo comune denominatore che accomunerebbe tutte le svariate combinazioni negoziali risiederebbe nello scambio di flussi di pagamenti, come nel caso di interest rate and currency swap, o nel caso di interest rate swap e annuity swap, o, ancora, nel caso di double zero coupon swap.94
Da tale rapida panoramica emergerebbe il dato comune sotteso alle diverse operazioni, ravvisabile nella corrispettività dei pagamenti reciprocamente dovuti e determinati su basi diverse per ciascun contraente.
In altri termini, secondo detta impostazione, lo scopo tipico immanente, dunque la causa del contratto di Interest Rate Swap, risiedendo nello scambio di pagamenti determinati sulla base di parametri di riferimento diversi, non potrebbe che qualificare l’operazione in termini di corrispettività.95
93 X. XXXXXX XXXXXXX, Un salto indietro di trent’anni. Lo swap equivale alla scommessa, in Giur. comm., 2014, 2, 287 e ss.
94 La corrispettività verrebbe, nel primo caso, ravvisata nella previsione di un reciproco trasferimento di capitale iniziale e finale con vari pagamenti intermedi predeterminati o determinabili sulla base di precisi indici prescelti dalle parti, nel secondo, nei pagamenti periodici senza scambio di capitale iniziale e finale. Nella terza tipologia di contratto la natura corrispettiva verrebbe individuata nella previsione di uno scambio di capitale iniziale e finale senza pagamenti periodici.
95 X. XXXXXX- XXXXXXX, Op.cit., 287 e ss. Secondo l’A. « La ragione e funzione economico sociale di questo negozio risulta essere meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico per la positiva funzione svolta nel mondo degli affari: consente una maggiore liquidità nei mercati finanziari e favorisce lo sviluppo dei commerci rendendo possibile - attraverso lo schema contrattuale -gestire il rischio di interessi e di cambio (siano essi utilizzati ai fini di copertura che a fini speculativi)». Optano per la natura commutativa del contratto derivato anche X. XXXXX, Il contratto di swap, in Xxxx.xx., 1999, 2211 ss.; X. XXXXXXX, Profili civilistici del rischio finanziario e contratto di swap, Milano, 1999, 190 ss.; X. XXXXXXXXX, Cambi di divise a termine, in Riv. dir. comm., 1987, I, p. 49. Non si registrano invece contrasti in giurisprudenza che, compatta, opta per la natura aleatoria.
Non residuerebbero, inoltre, profili di incertezza nemmeno con riguardo alla persona obbligata, come viceversa avviene nel contratto aleatorio, posto che le parti si impegnano reciprocamente ai pagamenti dovuti. Risulterebbe, inoltre, facilmente superabile l’obiezione relativa all’incertezza dovuta alla fluttuazione dei tassi di cambio, o di interesse, quali fattori indipendenti dalla volontà delle parti che ben possono influenzare l’andamento economico delle pattuizioni. A tal riguardo, è noto che un certo margine di incertezza caratterizza ogni contratto a prestazioni periodiche, continuate, differite o a termine, ma una tale indeterminatezza, rientra nel margine della
c.d. alea normale96, che nulla avrebbe a che vedere con quella caratterizzante il contratto aleatorio.
Sempre secondo detta impostazione, la causa del contratto non andrebbe, dunque, ricercata nello scambio di rischi, ma nella corrispettività delle prestazioni dovute. Se una parte specula attraverso lo swap e l’altra, invece, non specula, non si vede perché lo scopo di una soltanto delle parti debba essere tale da definire il contratto come aleatorio. Del pari se uno acquista un immobile con lo scopo speculativo di rivenderlo in seguito ad un prezzo superiore nessuno suggerirebbe che si tratti di un contratto aleatorio. Il valore positivo emerge dallo scambio in se stesso o, meglio, lo scambio è il valore positivo, la ragion d’essere del contratto97.
Se dunque, secondo tale teoria, la giustificazione causale è da individuare nella natura commutativa dell’operazione, le variazioni economiche dovrebbero sempre e comunque rientrare nell’alea normale del contratto; ma così non è posto che queste ben possono assumere, talvolta anche in
96 Sul tema, si vedano le considerazioni di X. XXXXXXX, Alea normale e probabilità dell’evento, in I Maestri italiani del diritto civile: Xxxxxxx Xxxxxx, a cura di X. Xxxxxx, Napoli, 2011.
97 X. XXXXXX XXXXXXX, Op. cit., 287 e ss
chiave patologica, dimensioni abnormi e comportare anche rovinose, quanto unilaterali, perdite in capo ad una sola delle parti98. Ma anche volendo circoscrivere l’ottica alla fisiologia del rapporto, al momento della predisposizione dell’assetto negoziale sono proprio le parti, per loro libera scelta, a delineare il negozio in maniera tale da lasciare incerto, fino al momento dell’esecuzione, sia il soggetto che beneficerà della prestazione sia il quantum della stessa. D’altronde, volendo fornire una generale quanto onnicomprensiva definizione, nella categoria dei derivati rientrano tutti quei prodotti nei quali la prestazione dovuta deriva da valori ed indici sottostanti, variabili nel tempo, la cui crescita o decrescita non risulta pianificabile con precisione.99 La parti non sono assolutamente in grado di valutare e calcolare le conseguenze alle quali andranno incontro, che possono sostanziarsi in elevati guadagni quanto disastrose perdite. Pertanto, l’intrinseco carattere aleatorio della pattuizione non può che condurre, in primo luogo, all’esclusione del rimedio dell’eccessiva onerosità sopravvenuta.
Ciò che il contratto di swap condivide con quelli sottoposti alla disciplina di cui all’articolo 1467 c.c. è il carattere differito delle prestazioni ma le analogie non possono che arrestarsi a tale connotato. Difatti, sia che venga stipulato con funzione di copertura sia che invece abbia un eminente risvolto speculativo, a caratterizzare la pattuizione resta l’incertezza di quale fra i due contraenti beneficerà successivamente della prestazione il cui
98 Come precedentemente evidenziato, lo spregiudicato impiego della leva finanziaria permette ricavi, ma anche perdite, enormi in relazione al capitale inizialmente investito. Inoltre, l’oscurità che spesso caratterizza tali strumenti assimila l’operazione più ad una dipendente dalla mera sorte che a quella ancorata alla razionale gestione e scambio di flussi finanziari.
99 X. XXXXX DE MARINIS, Problemi di forma e di sostanza nella contrattazione di prodotti finanziari derivati, in Nuova giur. civ. comm., 2014, 12, 11099 e ss.
ammontare, si ribadisce, non può che essere determinato al momento della conclusione del contratto.
Un tale schema , ricorre, inoltre anche nel c.d. swap di interessi, con il quale le parti si impegnano al pagamento delle sole differenze fra i pagamenti reciprocamente dovuti. Nemmeno in tali ipotesi l’operazione può essere ascritta alla categoria dei contratti commutativi, poiché il valore dei pagamenti non si determina al momento della stipula del contratto, ma sarà desumibile solo alla scadenza, mediante l’applicazione dei rispettivi tassi di interesse.100
Ulteriore conseguenza che deriva dalla non assimilabilità degli swap ai contratti commutativi è l’esclusione del rimedio della rescissione. A tal riguardo, il codice civile, nello specifico al co.4 dell’articolo 1448, stabilisce espressamente la non rescindibilità per lesione dei contratti aleatori, al cui genus non può che appartenere, alla luce delle considerazioni svolte, il contratto di swap.
100 X. XXXXXXX, Causa e autonomia privata nei contratti derivati, in Causa del contratto, evoluzioni interpretative e indagini applicative, a cura di Xxxxxx, Milano, 2016, 205. Osserva l’A. che «le parti scelgono, quindi, di concludere un’operazione economica in derivati, il cui regolamento contempla in se la prospettiva di un definitivo assetto di interessi determinato solo in funzione dell’andamento di parametri sottostanti, in nessun modo influenzabili dagli stessi contraenti. In tal modo l’alea permea il contratto concluso e non ha, quindi, una valenza secondaria rispetto al regolamento negoziale». Anche la giurisprudenza opta, da tempo, per la natura aleatoria. Tale impostazione emerge anche con riguardo alle innumerevoli pronunce di nullità dell’operazione, per mancanza, unilateralità o asimmetricità dell’alea. In tali termini, ex multis, Trib. Roma 8 gennaio 2016; Trib. Salerno 2 maggio 2013, n. 1126; App. Milano, 25 maggio 2015; Trib. Torino 17 gennaio 2014; Cass., 7 marzo 2001, n. 3272; Cass., 7 settembre 2001, n. 11495.
1.2. (segue) La natura aleatoria. La linea di demarcazione fra tolleranza e autorizzazione quale mera scelta di opportunità del legislatore. La conferma del co. 5 dell’articolo 23 TUF
Il contratto di swap è, dunque, quello attraverso il quale le parti, nell’attribuire un prezzo al rischio, attivano una circolazione della ricchezza del tutto estranea alle usuali regole e logiche del mercato.
Come noto, si definisce aleatorio quel contratto caratterizzato da un’alea giuridica che permea l’intero rapporto e che incide sull’attualità e sull’entità di una o più prestazioni, sull’individuazione del soggetto che ne beneficerà e di quello invece tenuto all’adempimento.
Nella prassi, i contratti di IRS possono assumere funzione di copertura, o di hedging, quando la pattuizione rappresenta il mezzo per limitare il più possibile il rischio sotteso ad una determinata operazione, una speculativa, o di trading, quando il contratto, completamente svincolato da posizioni sottostanti da coprire, rappresenta lo strumento per la realizzazione di un puro lucro, o, ancora, quella di c.d. di arbitraggio101.
Più nello specifico, nel primo caso, il contraente che sopporta il rischio trasferitogli dall’altro riceverà una ricchezza di ritorno o la protezione da un rischio uguale e contrario, mentre nel secondo caso il contratto non si caratterizza per il trasferimento di un bene o di un valore ed il rischio rileva solo per determinare il contraente che beneficerà della prestazione. Attraverso l’arbitraggio, invece, si procede alla costruzione di posizioni di
101 Come si avrà modo di verificare nelle pagine seguenti, le operazioni di arbitraggio, soprattutto nei mercati non regolamentati, possono comportare rilevanti interferenze, in termini patologici, nel mercato delle obbligazioni o delle azioni sottostanti con pregiudizio per i risparmiatori e i sottoscrittori dei suddetti titoli. Sul punto si vedano le considerazioni del paragrafo 6.2.
acquisto e di vendita su strumenti che, sebbene equivalenti, hanno momentaneamente prezzi disallineati rispetto al reciproco valore di equilibrio. L’arbitraggista, consapevole che lo squilibrio verrà, prima o poi, corretto dall’andamento stesso del mercato, acquista la posizione sottovalutata mentre aliena quella sopravvalutata, poiché quando il correttivo interverrà, realizzerà un profitto.
Quel che immediatamente emerge è il diversificato impiego di tali strumenti, potendo essere impiegati sia per ridurre o neutralizzare un rischio sia, al contrario, per crearlo. A fronte di tale peculiarità è insorto un dibattito relativo alla riconducibilità o meno di tali forme di speculazione al gioco o alla scommessa, di cui all’articolo 1933 c.c.
Secondo una prima ricostruzione del fenomeno, l’operazione, sfuggendo a qualunque calcolabilità o razionalità si sostanzierebbe in un mero azzardo,102 poiché il rischio soprattutto per quel che attiene gli swap speculativi, differentemente da quanto avviene nei contratto aleatori, viene artificialmente creato dal contratto stesso.103 Quel che le parti delineerebbero, è, quindi, un accordo volto alla creazione di scambi appositamente costituiti per delineare un’offerta che non incontra alcun
102 M. BARCELLONA, Op. cit., 457 e ss. Sul punto, ex multis, in dottrina, F.M. XXXXXXXX, I titoli sintetici, tra operazioni differenziali e realtà del riporto, in Giur. comm. 1992, I, 89; X. XXXXXXX, Contratti di swap con finalità speculative ed eccezione di gioco, in Banca borsa tit. cred., 1995, II, 86. Più recentemente, negli stessi termini, anche X. XXXXXXX, In tema di iterest rate swap, nota a Trib. Lanciano, 6 settembre 2005, in Giur. comm., 2007,155; X. XXXXXXXXX, Operazioni su derivati. Contratti o scommesse, in Contr. e impresa, 2009, 133 e ss.; X. XXXXXXX, Contratti derivati, in Dig. Disc. priv., sez. civ., Agg. V, Torino, 2010, 357. La problematica è stata evidenziata anche da X. XXXXXXXX, Swap (contratto di), in Contr. impr.,1988, 620 e ss.; X. XXXXXXX, Profili civilistici del rischio finanziario e contratto di swap, Cit., 112 e ss
103 Il tratto distintivo fra il contratto aleatorio e gioco si deve a X. XXXXXXX, Del giuoco e della scommessa dal punto di vista del diritto romano e moderno (in appendice C.F. XXXXX, commentario alle Pandette) Milano, 1903, 637 e ss.
limite né rispetto al quantum, né con riguardo al grado di esposizione di uno dei contraenti al rischio104.
In termini opposti, rivendica la razionalità dell’alea chi assimila il contratto derivato ad una forma particolare di scommessa, non meramente tollerata dal legislatore, ma da esso autorizzata. Se da un lato, è innegabile che l’alea, o meglio le alee, vengano convenzionalmente create dal contratto stesso, queste, tuttavia, sarebbero agganciate a parametri razionali e pienamente misurabili.105
104 M. BARCELLONA, Op. cit., 477 e xx.
000 Xxxxx xx Xxxxxxx Xxxxxx 19 settembre 2013, in Contratti, 2014, 213 con nota di
X. XXXXXXX, Recenti evoluzioni dell’aleatorietà convenzionale. I contratti derivati OTC come scommesse razionali. Dalla lettura del provvedimento emerge che il giudice non distingue fra derivati di copertura e speculativi, pervenendo alla medesima conclusione per entrambe le categorie, nonostante le rilevanti differenze fra le due tipologie di operazioni in derivati. A tal riguardo, sia in dottrina che in giurisprudenza, si assiste ad un tendenziale superamento della distinzione. Detta impostazione enfatizza il generale obbligo a carico dell’intermediario alla migliore realizzazione degli interessi del cliente, a prescindere dalle ragioni, speculative o di copertura che hanno indotto quest’ultimo a contrarre. Tutti i derivati, inoltre, racchiuderebbero un intrinseca componente speculativa, siano essi di copertura che speculativi. Così X.XXXXXXX, La causa del contratto di interest rate swap e costi impliciti, in www. xxxxxxxxxxxxxxx.xx ; R. DI XXXXX, Fisiologia e patologia della finanza derivata. Qualificazione giuridica e profili di sistema, Pisa, 2010. Per ulteriori considerazioni, si rimanda al cap. I paragrafi 7-8.
Sul punto, si veda anche Tribunale Torino 17 gennaio 2014, in Contratti, 2014, 1012 e ss., Tribunale Milano, 13 febbraio 2014, n. 2145, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, Xxxxx xx Xxxxxxx xx Xxxxxxx 00 marzo 2014, n. 734, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx. Seppur con riguardo a prodotti negoziati fuori dai mercati regolamentati, recentemente Cass. 8 maggio 2014, n. 9996, ha ritenuto i derivati scommesse a rialzo o al ribasso, sottratte, per una precisa scelta legislativa, al regime di cui all’articolo 1933 c.c. Sul tema, si segnala in dottrina, ex multis, X. XXXXXXX, L’ufficio di diritto privato dell’intermediario e il contratto derivato over the counter come scommessa razionale, in Swap fra banche e clienti. I contratti e le condotte, a cura di Xxxxxxx, in Quaderno BBTC, 2014, 3 ss.; dello stesso A., I costi impliciti nell’interest rate swap, in Giur. Comm., 2013, I, 648; X. XXXXXXX, I contratti derivati finanziari nel sistema dei contratti aleatori, Milano, 2014, 174 e ss.
La linea di demarcazione fra tollerazione e autorizzazione risiederebbe, quindi, nella conoscibilità ex ante dell’operazione finanziaria mediante l’applicazione di parametri di misurabilità, possibilità invece esclusa nella scommessa, che, come più volte sottolineato, si sostanzia in un mero azzardo.106
A ben guardare, la sussistenza o meno di parametri di misurabilità varierebbe a seconda del tipo di operazione concretamente predisposta dalle parti107. Gli swap con funzione di hadging o di copertura, infatti, per la loro assimilabilità strutturale al contratto di assicurazione, possono presentare parametri tali da rendere conoscibile ex ante i potenziali, ma mai certi, esiti dell’operazione; al contrario quelli con funzione di trading, realizzando una pura scommessa non dissimile da quella di cui agli articoli 1933 c.c., non consentono alcuna razionale valutazione circa gli esiti.
A tal riguardo, infatti, non sembrerebbero esserci reali tratti distintivi fra la struttura della scommessa meramente tollerata e quella autorizza, posto che in entrambi i casi le prestazioni e il soggetto beneficiario delle stesse risultano incerte sia nell’ an che nel quantum.
106 App. Milano, 18 settembre 2013. Secondo la Corte « fermo restando che gli eventi possono muoversi in un universo probabilistico e che la “probabilità” del verificarsi degli eventi costituisce un dato conosciuto dalla Banca che, proprio sulla base di esso, costruisce il prodotto, e ritenuto, non di meno, che l’alea non debba essere necessariamente simmetrica sul piano quali-quantitativo (l’investitore, purché consapevole, è sempre libero di accettare scommesse strutturate nel senso di produrre vantaggi elevati solo nelle ipotesi di accadimenti molto infrequenti) gli scenari probabilistici e le conseguenze del verificarsi degli eventi devono, invero, essere definiti e conosciuti ex ante, con certezza da ambo le parti». In termini di scommessa legalizzata si esprime anche X. XXXXXXX, Alea giuridica e calcolo del rischio- nella scommessa legalmente autorizzata di swap, in Riv. dir. civ., 4, 2016, 1096.
107 Difatti, dette considerazioni non valgono gli option o i futures in quanto
caratterizzati da maggiori indici di affidabilità sul mercato.
Non si comprende quali dovrebbero essere i parametri in grado di garantire una piena e razionale misurabilità dell’alea. D’altronde, anche per le scommesse meramente tollerate le parti possono, attraverso pronostici o tramite una valutazione comparativa di dati, avvicinarsi più o meno verosimilmente all’esito di un determinato evento, come avviene quando due parti scommettono sul risultato di una competizione sportiva, o ponderare l’ampiezza di un rischio, ma valutazioni di questo tipo non sembrano dissimili da quelle condotte per le scommesse autorizzate108.
La linea di demarcazione fra tolleranza e autorizzazione si sostanzierebbe, quindi, in una mera scelta di opportunità del legislatore, in virtù dell’astratta assimilabilità, soprattutto con riguardo agli swap con funzione di hadging, a quelle di cui all’articolo 1933 c.c.
A conferma di quanto sin’ora esposto v’è anche una importantissima considerazione di carattere letterale. Se così non fosse, se dunque sussistessero dei reali tratti di differenza fra la scommessa tollerata e quella autorizzata, non si comprenderebbe la ragione che ha spinto il legislatore, all’articolo 23 co. 5 T.U.F., ad escludere espressamente l’applicazione dell’articolo 1933 x.x. x xxxx xxxxxxxxxxx. 000
000 Xx pensi che anche per le scommesse tollerate è possibile ricorrere a sistemi o algoritmi, ma l’esito della stessa può disattendere il dato precedentemente elaborato. Stesso meccanismo interviene al momento della costruzione di un IRS, nonché di altri derivati. Dell’algoritmo, che delinea e caratterizza il prodotto destinato ad essere immesso sul mercato, non si conoscono con certezza tutti i possibili sviluppi, che dipenderanno in gran misura dalla sorte.
109 Tale ultima disposizione, nel precludere alle parti la possibilità di esercitare l’azione di gioco, determina un chiaro accostamento fra contratti derivati e contratto di gioco e scommessa, i quali, quindi, andrebbero ricondotti fra quelle tipologie negoziali a carattere aleatorio. In questi termini X. XXXXX DE MARINIS, Alea unilaterale e sindacato di meritevolezza degli interest rate swap, in Contr. impr., 2017, 3, 899 e ss. Sul punto, anche X. XXXXXXX, I contratti derivati finanziari nel sistema dei contratti aleatori, Cit.,, 200 ss. ; X. XXXXXXXX, Il
Gli IRS, quindi, sono scommesse, ma l’articolo 23 co. 5 T.U.F. è lex specialis che statuisce la non applicabilità della disciplina codicistica, di cui all’articolo 1933 c.c., trattandosi di scommessa pienamente autorizzata110 posto che solo dalla mera tolleranza discende un regime giuridico attenuato, mentre, al contrario, dall’autorizzazione segue l’applicazione di un regime pieno che non si esaurisce nella denegatio actionis e nella soluti retentio.
Il legislatore ha, dunque, condotto ex ante ed in astratto, una prima valutazione di meritevolezza delle operazioni di cui all’articolo 1 TUF, la quale dovrà necessariamente essere seguita da una ulteriore, che dovrà, questa volta, essere effettuata ex post dall’interprete, avuto riguardo alla specifica e concreta operazione conclusa fra le parti, nonché alla funzione concretamente svolta dal prodotto.
La scommessa legalmente autorizzata, quindi, non può che sostanziarsi, al pari di qualsiasi altra meramente tollerata, in uno scambio di rischi. 111
2. Prima panoramica sui rimedi
La natura aleatoria del contratto di swap comporta l’esclusione dell’operatività dei rimedi quali la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta e la rescissione per lesione. Parimenti, per chiara scelta legislativa, è da escludere l’operatività della soluti retentio di cui all’articolo
giuoco e la scommessa nella categoria dei contratti aleatori, in Riv. trim. dir. e. proc. civ., 2011, 665 ss.
110 X. XXXXXXX, Op. ult. Cit.,1099.
111 Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxx, 00 settembre 2013, in Banca Borsa titoli di credito, con nota di X. XXXXX, Interest rate swaps, causa tipica e causa concreta, 3, 2014, 285
1933 c.c. Pertanto, la legittimità dell’operazione e gli eventuali rimedi in caso di anomalia andranno ricercati altrove.
Nelle pagine seguenti si analizzeranno le diverse soluzioni prospettate dalla dottrina e dalla giurisprudenza, dalle quali in parte si prenderà le distanze. Volendo fornire una rapida panoramica, per poi tornare puntualmente su ogni impostazione nel corso della trattazione, è possibile affermare che qualora lo swap, quantomeno quello di copertura, venga congeniato in maniera tale da garantire il reciproco scambio di rischi, liberamente accettati dalle parti ed adeguato al profilo di rischio dell’investitore il problema non sussiste.
Diverso, dunque non meritevole di tutela, deve, al contrario, considerarsi il contratto che, per la maniera con la quale venga unilateralmente predisposto, non consente ab origine alcun margine di guadagno per uno dei contraenti. Come si dirà nel corso della trattazione, sussiste, infatti, una profonda differenza fra aleatorietà dell’investimento e rovinosità dello stesso, potendo essere ritenuto meritevole di tutela solo la prima tipologia di operazione.
Talvolta, la nullità è stata dichiarata non solo per mancanza tout court del contratto-quadro concluso fra investitore ed intermediario ma anche per vizi relativi alla sottoscrizione. Detta soluzione suscita, come si avrà modi di vedere nelle pagine immediatamente successive, più d’una perplessità.
Quando invece il vizio non risulti ascrivibile a un deficit di carattere formale, una parte della giurisprudenza, per lo più di merito, ancora la nullità del contratto derivato allo squilibrio dell’alea, sicché l’operazione deve ritenersi invalida non solo qualora questa sia completamente ed esclusivamente addossata al cliente ma anche tutte le volte in cui questa non risulti perfettamente ripartita fra le parti.
Un secondo orientamento giustifica la sanzione invalidante alla luce dell’irrazionalità del rischio,
mentre un terzo filone fa discendere la nullità del contratto per l’immeritevolezza di tutela dell’operazione.
Talvolta la giurisprudenza ha fatto anche ricorso, al fine di dichiarare la nullità del contratto, alla mancanza assoluta o all’indeterminatezza dell’oggetto, ma anche il tal caso, a ben guardare, il vizio dell’oggetto non può che, ancora una volta, influire e tradursi in un difetto sul versante causale. Come si avrà modi di verificare, non residuerebbero, invece, margini per dichiarare la nullità, qualora il vizio risulti invece ascrivibile fra le anomalie incidenti sulla corretta formazione del consenso. A tal riguardo, quel che si avverte è una tendenza, specie da parte della giurisprudenza, all’abuso del concetto di causa in concreto per dichiarare la nullità, ex art 1418 co. 2 c.c., di operazioni il cui vizio andrebbe sanzionato diversamente, ad esempio in termini di annullamento, o, eventualmente, ex. art 1418 co. 1 c.c.
A fortiori, non sussisterebbe, invece, alcun difetto di causa in concreto, qualora, lo squilibrio sia stato voluto e realmente conosciuto dalle parti.
Ad essere sanzionata con la nullità, sembrerebbe dover essere in primo luogo quella caratterizzata dalla totale inesistenza dell’alea, in secondo luogo, con specifico riferimento ai derivati meramente speculativi, primi fra tutti i Credit default swap negoziati fuori dai mercati regolamentati, c.d. CDS OTC, di cui si dirà nelle pagine seguenti, quella immeritevole di tutela ex art. 1322 c.c., in caso di mancato contemperamento dell’interesse dei privati con quello di carattere generale. A tal riguardo, occorre fin da subito precisare che una visione di tal tipo, pur richiamando quella della ben nota
dottrina ispiratrice del codice civile,112 non si pone in contrasto con il concetto di causa in concreto. Quel che si chiede dall’operazione atipica è che essa, nel realizzare la funzione economico individuale voluta dalle parti, non si ponga in contrasto con i principi cardine dell’ordinamento, anche di rango costituzionale e sovrannazionale. Qualora, si ribadisce, l’operazione in derivati risulti conforme a tali parametri, a beneficiarne non saranno esclusivamente le parti ma il mercato stesso.
Se, quindi, da un lato, si percepisce un certo abuso del concetto di causa in concreto, dall’altro sembra evidente lo sforzo della giurisprudenza che, non potendo dichiarare la nullità sulla base della violazione di regole riconducibili a norme comportamentali113, quantunque imperative, si muove alla ricerca di un vizio sul versante della struttura, finendo, però, talvolta, per attrarre nel concetto di causa elementi che nulla avrebbero a che vedere con essa e che invece andrebbero diversamente considerati.
In altri termini, come si avrà modo di verificare, spesso il vizio del contratto, più che discendere da un deficit causale, risulta invece direttamente connesso al comportamento scorretto dell’intermediario che conosce il mercato nel quale opera e che deve, rectius dovrebbe, perseguire gli interessi del cliente.
112 Naturalmente, sui vari aspetti solo accennati nel testo si tornerà, xxxxxxx, nelle pagine successive. Negli stessi termini, sul concetto di causa, X. XXXXXX, Causa del contratto: evoluzioni interpretative e indagini interpretative, Milano, 2016,
193. La visione è quella di X. XXXXX, Teoria generale del negozio giuridico, Torino 1960, 466 e ss.
113 Ciò alla luce del ben noto insegnamento di Xxxx., Sez. un., 19 dicembre 2007,
n. 26724 e 26725. Sul punto si tornerà nel cap. III.
Come è stato efficacemente sottolineato, l’intermediario assume la duplice veste di consulente e offerente,114 sicché l’assommarsi di tali qualità non può che condurre, con probabilità elevata, a situazioni di conflitto di interesse115.
3. Primo orientamento: Il vizio di forma del contratto quadro. La mancata sottoscrizione dell’intermediario come causa di nullità. Critica
Come già evidenziato in precedenza116, ai sensi degli articoli 23 co.1 e 3 tuf e 37 co.1 , reg. Consob n. 16190 del 2007 il contratto relativo alla prestazione di servizi di investimento deve essere redatto per iscritto a pena di nullità. L’articolo 30 reg. Consob n. 11522/1998 chiarisce, inoltre, che gli intermediari autorizzati non possono prestare i loro servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto di cui una copia deve essere consegnata all’investitore.
A tal riguardo, si ribadisce che la mancata conclusione del contratto per iscritto non potrà che comportare la nullità dell’accordo intercorso117 fra le parti nonché l’invalidità di tutte le operazioni da esso discendenti e che a medesime conclusioni deve giungersi qualora l’operazione conclusa dall’intermediario non rientri fra quelle specificatamente autorizzate dal cliente.
114 Trib. Milano, 23 marzo 2012, in xxx.xxxxxx.xx; Trib. Milano, 15 maggio 2013, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx; App. Milano, 18 settembre 2013 cit.; in dottrina, X. XXXXXX, I contratti derivati, Milano, 2001, 526, X. XXXXXXX, la causa del contratto di Interest Rate Swap e i costi impliciti, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx
115 La questione verrà analizzata Infra cap. III, paragrafi, 6.1 e 6.2.
116 Si rimanda alle considerazione svolte nel Cap. I, par. 2.
117 Trattasi, come noto, di nullità di protezione, esperibile elusivamente dal cliente.
Come già precedentemente evidenziato, gli ordini che fuoriescono dall’oggetto delle prestazioni deducibili dal contratto quadro devono ritenersi inefficaci.
Maggiori problematiche sorgono, invece, qualora l’operazione rientri nel novero di quelle autorizzate nel contratto quadro che tuttavia risulta sprovvisto della sottoscrizione da parte della banca.
Secondo l’orientamento ormai consolidato in giurisprudenza, la mancata sottoscrizione dell’operatore bancario determinerebbe un’ipotesi di nullità posto che il requisito della forma scritta ad substantiam sarebbe realmente soddisfatto solo laddove emerga, anche in documenti distinti, la volontà delle parti, deducibile proprio per il tramite della sottoscrizione, di volersi vincolare a quel determinato assetto negoziale118.
Le conclusioni della Corte non sembrano, invero, condivisibili per una pluralità di ragioni.
Sarebbe, in primo luogo, elevato il rischio di strumentalizzazione del rimedio della nullità di protezione da parte dell’investitore, il quale potrebbe, in chiaro abuso del suo diritto, far valere la sussistenza del vizio a seconda della redditività o meno dell’investimento.119 Detto altrimenti, un tale comportamento risulterebbe, infatti, contrario al canone di buona fede in executivis di cui all’articolo 1375 c.c., potendo il cliente far dipendere la validità dell’operazione a seconda della realizzazione o meno del guadagno
118 Così Cass. 24 marzo 2016, n. 5919 e Cass. 27 aprile 2016, n. 8395. Quel che la Corte effettua è un superamento della precedente impostazione che riteneva soddisfatto il requisito della forma di cui all’articolo 23 TUF qualora l’accordo contenga la sottoscrizione del solo investitore. In questi termini Cass., 22 marzo 2012, n. 4564, Cass. Ord., 30 gennaio 2014, n. 2039; Cass., 2luglio 2014, n. 15135
e Cass. 7 settembre 2015, n. 17740.
119 Negli stessi termini X. XXXXXXXXXXX, Autonomia privata e divieto di convalida del contratto nullo, Torino, 2007, 222, secondo il quale versa in mala fede il contraente che voglia impugnare il contratto a meri fini opportunistici.
sperato. Ciò risulta tanto più vero qualora la nullità per mancata sottoscrizione del contratto quadro venga fatta valere, in ipotesi, solo per talune delle operazioni successivamente effettuate dall’intermediario.
Inoltre, e con specifico riguardo al dato letterale, pare altresì opportuno segnalare che nessuna norma richiede una sottoscrizione contestuale, né temporale né tantomeno materiale, posto che l’art. 117 T.U.B. impone esclusivamente che le condizioni contrattuali siano pattuite per iscritto, 120 sicché l’accordo può reputarsi effettivamente concluso qualora questo venga adeguatamente sottoscritto dal cliente. Diversamente opinando si correrebbe anche il rischio di paralizzare l’investimento che verrebbe così assoggettato ad inutili quanto vacui formalismi121.
Deve quindi ritenersi che ai fini del soddisfacimento del requisito di cui agli articoli 23 tuf e 117 tub risulterà sufficiente la sola sottoscrizione del cliente, unitamente alla dichiarazione di ricezione della copia del contratto.
La funzione del vincolo di forma di cui agli articoli 23 tuf e 117 tub è quella di costringere la banca o l’intermediario a stipulare per iscritto il contratto e
120 In questi termini anche Tribunale di Padova, 4 agosto 2016, n. 2396.
121 Espressione mutuata da Trib. Milano 16 novembre 2011, in xxx.xxxxxx.xx. A detta del giudice milanese, infatti, le “finalità di responsabilizzazione del consenso e protezione del cliente”, sarebbero “pienamente realizzate quando l’investitore ha sottoscritto copia del contratto quadro e ha dichiarato di aver ricevuto copia dello stesso”. Sul tema del formalismo si vedano in Dottrina, ex multis, le considerazioni di X. XXXXXX, Formalismo negoziale e nullità: le aperture delle corti di merito, in Contratto e impresa, 2011, 16 ss. e 30; X. XXXXXXXXX, Problemi di forma e sanzioni di nullità nella disciplina a tutela dell’investitore. Perequazione informativa o opportunismo rimediale, in Resp. Civ. e prev., 2010, 205 ss.; X. XXXXXXXX, Nuovi requisiti di forma del contratto. Trasparenza contrattuale e neoformalismo, Padova, 2006, 41; X. XXXXXXXXXXX, Forma e formalismo nel diritto europeo dei contratti, Pisa, 2009, 54; X. XXXXX, Cit., 2011; X. XXXXXX, Il formalismo nel diritto dei consumatori, in Contratto e impresa/Europa, 2012, 582 ss.; X. XXXXX DE MARINIS, La forma del contratto nel sistema di tutela del contraente debole, Napoli, 2013.
ad includervi ogni clausola in modo che il cliente, al momento dell’adesione, sia in grado di conoscere dettagliatamente gli obblighi e i rischi a cui si espone.
Scopo della forma scritta è infatti quello di garantire la trasmissione delle informazioni fra le parti e di colmare le asimmetrie informative fra le stesse, e la sola mancanza della sottoscrizione dell’intermediario non è elemento che può far ritenere vanificata la ratio delle suddette disposizioni122
La sottoscrizione della lettera di mandato, unitamente alla dichiarazione di ricezione della copia, concluderebbe, dunque, il processo di formazione del consenso123 e legittimerebbe l’intermediario a procedere al successivo
122 Così Appello Venezia 28 luglio 2015, secondo il quale « La prescrizione della forma scritta del contratto quadro relativo alle operazioni di investimento risponde non solo a esigenze di ponderazione e di certezza del rapporto, ma è soprattutto un veicolo di informazioni, in quanto finalizzata a prevenire ed eventualmente colmare deficit informativi, in funzione dell'interesse di un soggetto che l'ordinamento reputa meritevole di particolare salvaguardia per la sua posizione di contraente che necessita di peculiare tutela in ragione della asimmetria informativa che connota la sua posizione rispetto a quella dell'intermediario finanziario che del contratto quadro e autore. (…) La previsione di una legittimazione ex uno latere alla deduzione della nullità negoziale attua, nel processo il diritto del cliente al rispetto di un requisito di forma posto solo a suo vantaggio, così che nella conclusione del contratto quadro volto alla regolamentazione di operazioni di investimento tale prescrizione può ritenersi rispettata anche nel caso in cui difetti la sottoscrizione dell'intermediario finanziario, poiché la funzione della norma è diretta alla certezza che il cliente abbia manifestato la volontà di concludere un contratto che menzioni quanto la legge prevede in ordine agli obblighi dell'intermediario finanziario e ai diritti del cliente».
123 Così Cass. 24 agosto 2016, n. 17290. A tal proposito pare opportuno segnalare
l’ordinanza del 7 aprile 2017 n. 10447 attraverso la quale la Prima Sezione ha trasmesso gli atti al Primo Presidente, per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, della questione, ritenuta di massima di particolare importanza, relativa al se il requisito della forma scritta del contratto di investimento esiga, accanto a quella dell’investitore, anche la sottoscrizione ad substantiam dell’intermediario. In attesa delle Sezioni Unite si riportano anche le conclusioni di Xxxx. 14 agosto 2016 n. 17290, nonché di Trib. Alessandria 27 febbraio 2017 che parimenti optano per la
acquisto dei titoli, sempre che questi risultino conformi alle esigenze del cliente124.
A tal riguardo, la fattispecie in esame potrebbe presentare tratti di affinità con la modalità di conclusione dl contratto di cui all’articolo 1327 c.c. L’ordine parrebbe infatti qualificabile come proposta contrattuale di un contratto di mandato che si perfeziona con l’inizio dell’esecuzione ex art. 1327 cc125
Attraverso la ricezione e la relativa sottoscrizione del modulo d’ordine, quindi, il cliente prende, rectius, dovrebbe, prendere atto delle modalità di espletamento dei servizi di investimento da parte dell’intermediario e consente, di conseguenza, a quest’ultimo di procedervi.
Ugualmente, sempre in virtù della riferibilità della fattispecie allo schema di cui all’articolo 1327 c.c., non dovrebbe essere richiesta la sottoscrizione del destinatario, dunque l’intermediario126.
A tal riguardo, non sembrano condivisibili le considerazioni di chi ravvisa una generale incompatibilità fra i contratti conclusi ex art 23 TUF e 117
non necessarietà della sottoscrizione dell’intermediario qualora il documento contenga la frase «prendiamo atto che una copia del presente contratto ci viene rilasciata debitamente sottoscritta da soggetti abilitati a rappresentarvi», o altre analoghe, apposte nel modulo sottoscritto dal cliente. Sul tema della formazione del consenso e della conclusione del contratto si veda U. PERFETTI, La conclusione del contratto, Il contratto in generale, in Trattato di dir. civ. e comm., già diretto da Cicu-Messineo-Xxxxxxx, continuato da Xxxxxxxxxxx, Milano, II, 2016.
124 Della pluralità di anomalie che possono inficiare i singoli contratti si parlerà successivamente nel corso della trattazione. Quel che in questa sede si vuole sottolineare è la non configurabilità di un vizio tanto grave quale la nullità per la sola mancanza della sottoscrizione.
125 Così Trib. Firenze 18 ottobre 2005.
126 Così, Trib. Novara 2 novembre 2009, in dottrina critico sul punto X. XX XXXXX, Sottoscrizione e forma informativa nei contratti del mercato finanziario, in Riv. dir. banc., 2017, 13, 2 e in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx.
TUB con lo schema di cui all’articolo 1327 c.c. Secondo detta impostazione la caratteristica peculiare dei contratti conclusi con lo schema di cui all’articolo 1327 c.c. risiederebbe nel prevalente interesse della parte all’immediata esecuzione rispetto a quello alla ricezione della risposta, interesse che invece non si ravviserebbe e non caratterizzerebbe in contratti di borsa. Dette limitazioni sono state definite arbitrarie da chi ha, correttamente, evidenziato che lo schema di cui all’articolo 1327 c.c. può trovare applicazione anche ai contratti che presuppongono un ordine o un’autorizzazione, come avviene nel caso di incarico attribuito ad una banca per l’acquisto o il reperimento di titoli sul mercato127. La modalità di conclusione di cui all’articolo 1327 c.c. troverà, quindi, applicazione quando il prezzo è stato fissato o sta per essere fissato da terzi o dall’andamento del mercato, dall’offerente o dall’oblato.128
Né può, tantomeno, essere considerato di ostacolo all’applicazione dell’articolo 1327 c.c. il vincolo della forma scritta di cui all’articolo 23 TUF e 117 TUB. Il legislatore infatti richiede che quelle informazioni vengano veicolate tramite la forma scritta ad substantiam, al fine di livellare le iniziali asimmetrie fra investitore e istituto di credito, sicché è da escludere che la presenza o meno della sottoscrizione dell’istituto possa, in qualche misura, inficiare il compito che la forma richiesta dalla legge è destinata a svolgere. In altri termini, la forma deve sussistere ma al fine del raggiungimento della funzione informativa, che certamente questa non viene vanificata o acquista maggiore intensità a seconda della presenza o meno della sottoscrizione dell’istituto bancario. L’articolo 1327 c.c. opererebbe in
127 In questi termini, X. XXXXX, Obbligazioni e contratti, in Trattato di diritto privato, diretto da Xxxxxxxx, Torino, 2008, II, 47 e ss.
128 ID, Op. ult. cit., 52.
tutte quelle fattispecie caratterizzate da una prestazione a carattere positivo, sussista un’ingerenza nella sfera giuridica del proponente e sia esclusa la necessità di trattative.129 Tali presupposti ricorrono tutti nella dinamica che conduce alla conclusione del contratto fra intermediario e cliente. In primo luogo perché la prestazione si che chiede all’intermediario è certamente di tipo positivo, dovendo quest’ultimo procedere al reperimento all’acquisto di titoli o strumenti sul mercato, in secondo luogo, è opportuno altresì ricordare come, ancorché solo formalmente, è il cliente ad assumere la veste di proponente. Con riguardo al terzo requisito, si evidenzia che la vicenda negoziale non consta, generalmente, di una fase di trattative. Difatti è proprio l’assenza di tale fase a giustificare obblighi di informazione a carico dell’intermediario. Sempre rispetto all’impostazione che ritiene incompatibile il vincolo di forma con lo schema negoziale di cui all’articolo 1327 c.c., pare opportuna segnalare una importante eccezione contenuta nell’articolo 2 della l. n. 192 del 1998 sulla subfornitura.130 Nonostante il primo comma sanzioni la mancanza della forma scritta a pena di nullità, il secondo ammette un’ eccezione, considerando il contratto concluso allorquando il subfornitore inizi le lavorazioni, o le forniture, senza aver richiesto alcuna modificazione degli elementi della proposta131. Non
129 Così X. XXXXX, Il contratto, Cit., I, 324.
130 In generale per una disanima delle problematiche connesse alla disciplina della subfornitura, si rimanda a X. XXXXXXXX, La responsabilità di impresa, in Alpa- Conte ( a cura di), in Istituzioni di diritto civile, diretta da Alpa, Milano, 2015, 321- 376; dello sesso A., Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica. Profili ricostruttivi e sistematici, Napoli, 2002; dello stesso A., Subfornitura industriale, abuso di dipendenza economica e tutela del contraente debole: i nuovo orizzonti della buona fede contrattuale, in Rass. dir. Civ., 1999, 639.
131 Riconduce la fattispecie al meccanismo dell’articolo 1327, a X. XXXXXXXX, Il
contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica. Profili ricostruttivi e
mancano, quindi disposizioni con le quali il legislatore abbia inteso derogare alla regola dell’inoperatività dello schema di conclusione ex art. 1327 c.c. con il contratto formale e una tale logica parrebbe sussistere anche nelle attività di intermediazione finanziaria.
D’altronde, se così non fosse, oltre, come già evidenziato, legittimare un uso selettivo della nullità che ben si presta a situazioni di abuso del diritto, a seconda dell’esito del singolo investimento, il cliente sarebbe tenuto, in caso di mancata sottoscrizione della banca, alle restituzioni di quanto precedentemente ottenuto, trattandosi di effetto strettamente connesso alla declaratoria di nullità.
Pertanto, e più opportunamente, parrebbe opportuno rivolgere lo sguardo non tanto alla sussistenza o meno della sottoscrizione quanto alla reale idoneità del contratto quadro a realizzare un adeguato grado di informazione e consapevolezza del cliente in ordine alle operazioni e ai costi connessi alle attività finanziarie che si intende autorizzare.
Difatti, la mancata sottoscrizione da parte dell’operatore bancario non può, essere considerata, per ciò solo, causa di nullità del contratto con effetto caducante delle successive operazioni.
4. Il vizio strutturale: la Causa viziata
L’alea unilaterale e quella squilibrata
sistematici, Cit., 101; A.M. BENEDETTI, Autonomia privata procedimentale. La formazione del contratto fra legge e volontà delle parti; Torino, 2002, 47; X. XXXXX, Dell’accordo delle parti, in X. Xxxxxxxxx, X. Xxxxxxxx ( a cura di), in Comm., cod. civ., diretto da X. Xxxxxxxx, Dei contratti in generale, artt. 1321- 1349, Torino, 2011, 313; in senso contrario, per tutti, U. PERFETTI, La conclusione del contratto, Cit., 362 e ss.
Non sempre la singola operazione risulta meramente esecutiva di quanto precedentemente stabilito a monte. In tale ultima ipotesi, e anche qualora sia stato soddisfatto il requisito richiesto dalla legge della forma scritta ad substantiam nei termini sopra delineati, l’interprete dovrà procedere ad una attenta valutazione delle caratteristiche del prodotto, la compatibilità di quest’ultimo al profilo di rischio dell’investitore e della capacità di soddisfare le finalità concretamente perseguite dal cliente.
A tal proposito, e come accennato precedentemente, la giurisprudenza ha fatto largo impiego del concetto di causa del contratto al fine di dichiarare la nullità di un massiccio numero di prodotti finanziari.
Un primo filone giurisprudenziale sanziona con la nullità il contratto caratterizzato da una totale unilateralità dell’alea.
L’incidenza del rischio, il modo in cui esso si manifesta e si ripartisce, non può, infatti, non condizionare la validità del contratto.
In questo senso, le disposizioni in materia di assicurazione, che del contratto aleatorio rappresenta l’idealtipo132, possono fornire interessanti spunti di riflessione.
Come noto nelle situazioni di fisiologia negoziale, il rischio, che in un primo momento rende incerte le prestazioni e il soggetto beneficiario delle
132 Sulla riconducibilità dello swap al contratto aleatorio di veda anche Trib. Lecce,
21 aprile 2011, in xxx.xxxxxx.xx; Trib. Cuneo, 14 giugno 2012, in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx; Trib. Salerno, 2 maggio 2013, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx; Trib. Torino, 17 gennaio 2014, in xxx.xxxxxx.xx; Trib. Milano, 16 giugno 2015, in Banca, borsa, tit. cred., 2016, 177. Contra , Trib. Novara, 19 luglio 2012, in xxx.xxxxxx.xx; Trib. Ravenna, 8 luglio 2013, ivi.; Trib. Milano, 13 maggio 2016, in xxx.xxxxxx.xx.
stesse, viene successivamente meno determinando il soggetto beneficiario del vantaggio e quello che dovrà farsi carico delle perdite.133
L’ordinamento collega invece la sanzione della nullità qualora, ex art. 1895 c.c., il rischio abbia cessato di esistere o sia venuto meno prima della conclusione del contratto134.
Il contratto di swap, nello specifico quello di copertura, condividendo col contratto di assicurazione la natura aleatoria, non può che sottostare ai medesimi principi.
L’ordinamento non potrebbe, infatti, ammettere la validità di operazioni atipiche che trasferiscono a carico di una sola parte l’intera alea derivante dal contratto, attribuendo, al contrario, solo alla controparte profili di certa redditività dell’investimento. In tali casi, quindi, il negozio non potrebbe che essere nullo per mancanza di causa in concreto135.
133 X. XXXXXX’, voce Alea, in Enc. dir., I, Milano, 1958; X. XXXXXX, voce Alea, in Digesto, disc. priv., sez. civ., I, Torino, 1987, 253 ss.
134 Va segnalato come il principio espresso dall’art. 1895 c.c. trovi una sua conferma anche nell’art. 1876 c.c. in tema di nullità della rendita vitalizia costituita in favore di un soggetto che, al momento della stipula del contratto, risulti già deceduto. In dottrina, X. XXXXXXXXXX, Il vizio di alea nel contratto costitutivo di rendita vitalizia, in Giur. it., 1999, 10 ss.; X. XXXXX, Nullità della rendita vitalizia per difetto di alea, in Contr., 1995, 388 ss.; X. XXXXXXX, Art. 1985, Codice civile annotato con la dottrina e la giurisprudenza, a cura di Perlingieri, Torino, 1980, 2247 s.; X. XXXXXXXXXXXX, Il contratto di assicurazione. Disposizioni generali, in Il c.c. Comm. fondato da Xxxxxxxxxxx, diretto da Xxxxxxxx, Artt. 1882-1893, Milano, 2012, 141 ss.
135 Così Trib. Brindisi, 8 luglio 2008; trib. Ravenna, 7 settembre 2011; Trib. Modena, 23 dicembre 2011, Trib. Salerno 2 maggio 2013 «il contratto di swap assimilabile alla scommessa, tipico contratto aleatorio, dovrebbe presentare una componente di fortuna divisa in parti eguali fra entrambi i contraenti. Ove una suddivisione dell’alea non sia riscontrabile, ( c.d. contratto aleatorio unilaterale) deve escludersi che siffatti contratti possano meritare la tutela del nostro ordinamento, in quanto troppo sbilanciati in favore del singolo contraente banca, il quale si presenta al “tavolo di gioco” con molte più possibilità di successo rispetto all’altro giocatore, per avere esso stesso dettato le regole del gioco».
Quel che maggiormente rileva, ai fini della declaratoria di nullità, è, allora, l’immunità dal rischio per una delle parti a fronte della totale esposizione allo stesso per l’altra.
Il contratto risulterebbe affetto da nullità qualora l’alea appaia solo virtualmente ripartita fra i contraenti mentre concretamente questa risulti totalmente addossata solo su una delle parti.
A tal riguardo, deve peraltro escludersi la configurabilità di contratti aleatori unilaterali, in ragione di precisi indici codicistici, quali l’emptio spei, di cui all’articolo 1472 co.2 x.x., x xx xxxxxxx, xx xxx. 0000 x.x., xxxxx xxxxxxx costituita in favore di una persona defunta, o, si ribadisce, la nullità dell’assicurazione per colpire un rischio inesistente, di cui al sopracitato art.1895 c.c.136
136 In senso contrario F. XXXXXXX, Contratti derivati OTC: problemi di validità e di qualificazione ( a margine di un recente libro in tema di Swap), in Contr. e impr., 4-5, 2014, 920, nota 20, riporta Tribunale di Milano, 27 febbraio 2014, n. 2838, secondo il quale « (…) addossare il rischio ad una sola delle parti, ovvero attribuire all’altra profili certi sulla redditività futura del proprio investimento, significa creare una situazione simile a quella affrontata dalla giurisprudenza in tema di rendita vitalizia (…) (Cass. 117/1999) » . Secondo L’A. il c.d. Credit Defaul Swap (CDS), si caratterizzerebbe per un’alea unilaterale, poiché « a differenza di quelli più tradizionali, tra cui gli IRS, non prevedono uno scambi di flussi finanziari di segno opposto, regolato in via differenziale a momenti prestabiliti, ma una copertura di rischio che si traduce nell’obbligo eventuale di pagare, da parte del prestatore di protezione (protection seller), una somma al verificarsi dell’evento di credito considerato ( ad esempio il default) in cambio dell’obbligo certo di pagare, per il beneficiario di copertura ( protection buyer), un importo periodico (coupon) ». A tal riguardo, sono doverose due considerazioni. In primo luogo sembra che l’autore accosti il contratto di IRS al differenziale. Come evidenziato nel testo, l’IRS non prevede un sicuro o certo scambio di flussi a scadenze determinate, bensì lo scambio di rischi, i quali si tradurranno i consistenti guadagni o perdite per una delle parti, anche mediante lo sfruttamento della leva finanziaria. In secondo luogo, non si condivide nemmeno l’impostazione dell’A. che ravvisa nel CDS un contratto caratterizzato da alea unilaterale. Anche nel contratto di assicurazione ex art. 1882 c.c., infatti, l’assicuratore sarà tenuto al pagamento di una somma di denaro per un evento di incerta realizzazione, mentre,
I termini del problema non sembrerebbero mutare, con riguardo agli swap. Il vizio funzionale non va, infatti, ravvisato nel mancato assolvimento della funzione di copertura, bensì nell’assenza della necessaria bilateralità dell’alea, in quanto componente intrinseca del contratto. Qualora il rischio vada, infatti, a gravare esclusivamente su una delle parti, trasformando il derivato in uno strumento di negoziazione di un rischio solo apparente, non potrà che concludersi per la nullità del contratto derivato, sotto diversi ordini di ragioni137.
L’unilaterale ripartizione del rischio è, infatti, elemento idoneo a frustrare la funzione economica che il contratto risulta destinato a svolgere. In altri termini, quel che effettivamente il contratto sembrerebbe realizzare è una liberalità priva, però di spirito di liberalità138, il che dovrebbe portare a considerare il contratto invalido per difetto dell’animus donandi. In tali casi, l’operazione non risulterebbe sorretta da alcuna giustificazione causale, sostanziandosi in una donazione, senza, però, esserlo. Inoltre, anche volendo ritenere, per assurdo, sussistente la volontà delle parti alla conclusione di un’operazione così strutturata, ugualmente, non sembrerebbe venir meno la prospettiva invalidante, posto che in tal caso a mancare non sarebbe l’animus quanto la forma richiesta dalla legge.
Qualora si voglia, invece, evitare il riferimento alla donazione, non resterebbe che concludere, alla luce della generale avversione
al contrario, l’assicurato si obbliga mediante il versamento di un premio. Di un tal contratto, nessuno dubita della bilateralità dell’alea.
A tal proposito, sebbene l’analogia appena evidenziata, si precisa, per completezza, la profonda differenza sussistente fra il contratto di cui all’articolo 1882 c.c. da quello di CDS, poiché solo nel primo caso, infatti, opera il principio indennitario.
137 Sul punto, si vedano le considerazioni recentemente svolte da X. XXXXXXXXXXX, Ancora sulla “saga” dei derivati (note minime sul principio di effettività e sui c.d. vizi del XXI secolo), in Nuove leggi civ., 2016, 817 ss.
138 M. BARCELLONA, Op. cit., 500, X. XXXXXXXXXXX, Op. cit., 385 e ss.
dell’ordinamento agli spostamenti di ricchezza non sorretti da alcuna ragione giustificatrice, che operazioni così strutturate realizzino un’ipotesi di arricchimento senza causa139.
Rispetto alla maniera con la quale il rischio viene ripartito, un certo filone giurisprudenziale ritiene nullo il contratto non solo qualora lo squilibrio si sostanzi in una totale unilateralità dell’alea, ma anche nell’ipotesi in cui questa non sia stato perfettamente ripartita fra le parti. A tal riguardo, detta giurisprudenza ritiene che lo squilibrio possa effettivamente incidere sul contratto, sostanziandosi in un deficit di causa concreta, qualora le parti non risultino pienamente consapevoli di tale ripartizione.140
Il mero squilibrio del rischio, tuttavia, non può mai risultare, di per se solo, sufficiente a determinare la nullità del contratto per difetto causale. Le parti, in virtù dei principi sull’autonomia negoziale, nonché di quelli relativi alla tendenziale insindacabilità dell’equilibrio economico del contratto, sono infatti libere di modularne il contenuto nella maniera più idonea al perseguimento dei propri interessi, quindi anche mediante una diversa,
139 M. BARCELLONA, Op. cit., 500; X. XXXXXXXXXXX, Op. cit., 385 e ss. A tal riguardo, tuttavia, come noto, la tutela ex art. 2041 c.c. ha carattere residuale e sembrerebbe non tutelare pienamente le ragioni dell’investitore il quale avrebbe esclusivamente diritto ad un indennizzo che tenga conto della diminuzione patrimoniale e comunque entro i limiti dell’arricchimento dell’altra.
140 Trib. Roma, 8 gennaio 2016; Trib. Salerno, 2 maggio 2013, n. 1126; Trib. Modena, 23 dicembre 2011, in Contratti, 2012, 130, con nota di X. XXXXXXXXXXX; Xxxx. Xxxxxx, 00 aprile 2011, Trib. Brindisi, Trib. Salerno, 12 aprile 2007. Sul punto, Trib. Torino 17 gennaio 2014 secondo il quale il mero squilibrio delle alee assunte in un IRS non è di per se motivo sufficiente per ritenere nullo il contratto. Solo qualora tale squilibrio si accompagni ad una carenza di consapevolezza di una delle parti, quella pregiudicata dalla ripartizione dell’alea, il contratto deve ritenersi nullo. In tali termini, anche Tribunale Torino 22 aprile 2016; Trib. Milano 28 maggio 2015, n. 5914.
rectius squilibrata, ripartizione del rischio141. Ciò, naturalmente, a condizione che le parti realmente vogliano la diseguale modulazione delle prestazioni. Ai fini del superamento del giudizio di cui al secondo comma dell’art. 1322 c.c., il contratto dovrà risultare meritevole di tutela, ma tale meritevolezza non deve necessariamente tradursi nella verifica e nel controllo del perfetto equilibrio fra le prestazioni, che deve, al contrario, ritenersi inammissibile.
Se così non fosse, il giudizio causale diventerebbe strumento di controllo dell’autonomia contrattuale, e non di tutela degli interessi perseguiti, posto che il contratto squilibrato non può ritenersi, per ciò solo, anche immeritevole142.
L’invalidità, inoltre, quale conseguenza della squilibrata ripartizione del rischio, sembrerebbe essere fonte di un’eccesiva disparità di trattamento e severità, trattandosi di scommesse dalla struttura sostanzialmente assimilabile a quelle meramente tollerate ex art 1933 c.c., per le quali il legislatore ha previsto l’operatività del diverso regime della soluti retentio.
141 Diverso è invece il caso del contratto presentante non uno squilibrio di tipo economico, bensì giuridico. Anche in tal caso, tuttavia, il legislatore prevede strumenti di tutela della cattiva ripartizione fra diritti ed obblighi solo qualora lo squilibrio risulti significativo, come nel caso previsto dall’articolo 33 del Codice del Consumo. Per quel che attiene lo squilibrio economico, proprio in virtù del principio dell’autonomia negoziale, il sindacato del giudice ha margini ancora più ridotti e in ipotesi del tutto eccezionali, come quello relativo alla valutazione dell’offerta di cui all’articolo 1450 c.c. o quello di cui all’articolo 1384 c.c. in merito alla riduzione a equità della penale iniqua. Per ulteriori considerazioni si rimanda alla nota 143.
142 A tal riguardo, evidenzia X. XXXXXXXXX, Il ruolo della causa negoziale nei contratti di impresa, in Jus, 2009, 278, il pervasivo controllo dell’equità del contratto da parte della giurisprudenza che, servendosi del concetto di causa in concreto, tende alla realizzazione di un controllo della giustizia degli scambi.
Non sembra, pertanto, possibile dubitare della validità di un regolamento negoziale attraverso il quale le parti abbiano consapevolmente optato per un’asimmetrica ripartizione dei rischi.143
I termini del problema naturalmente mutano, qualora lo squilibrio sia accompagnato da un deficit sul versante del consenso. In questo caso, a mancare, più che la causa, sembrerebbe, se mai, essere l’accordo delle parti alla pattuizione così strutturata.144 A tal riguardo, non è nemmeno da escludere che l’assenza di un consenso consapevolmente formato potrà, eventualmente e forse più opportunamente, rilevare sul diverso profilo che legittima la parte vittima del dolo o caduta in errore ad agire per l’annullamento del contratto.
143 X. XXXXXXXXXXX, I derivati fra meritevolezza dell’interesse ed effettività della tutela: quid noctis?, in Europa e diritto privato, 2015, 2, 308 e ss., secondo il quale
«(…) l’alea del derivato, riconosciuto e protetto come scambio in se, è irrimediabilmente sconnessa visto che pretermette, in un colpo solo, due enunciati normativi, quegli degli articoli 1325 e 1933 c.c., attestanti inequivocabilmente che l’ordinamento italiano non tutela il sinallagma puro ma soltanto quello corredato di causa idonea perché ammessa dall’ordinamento in quanto degna di tutela».
Rispetto alla generale tematica del contratto squilibrato, è noto come, alla luce dell’impianto codicistico, al giudice non viene attribuito alcun potere di rimodulazione delle prestazioni dedotte ex contractu. Come sopra accennato, eccezionalmente, tale possibilità, sembra essere concessa dall’art. 1384 c.c., ai sensi del quale il giudice può, tenuto conto dell’interesse del creditore, procedere alla riduzione ad equità della penale manifestamente eccessiva. Anche l’istituto della rescissione ex artt. 1447 e 1448 c.c. ammetterebbe un controllo sul contenuto delle prestazioni negoziali, salvo risultare, come noto, rimedio eccezionale, operante esclusivamente nelle ipotesi in cui ricorra lo stato di pericolo o di bisogno. In tal caso, tuttavia, non è il giudice a procedere all’effettiva rimodulazione delle prestazioni, bensì il contraente avvantaggiato, che può evitare la caducazione offrendosi di riportare il negozio ad equità.
144 Quel che si registra è l’abuso del’impiego da parte della giurisprudenza, dello strumento causale per dichiarare nulle operazioni negoziali il cui vizio andrebbe invece, forse più opportunamente, diversamente sanzionato. Sul punto si ritornerà successivamente.
Quel che di tale orientamento si critica è l’eccessiva dilatazione del concetto di causa e la conseguente massiccia applicazione al fine di dichiarare nulla la pattuizione. Se per vizio causale si intendesse qualunque anomalia volta a frustrare la funzione del negozio, allora si dovrebbe giungere alla paradossale conclusione di inserire qualunque vicenda interferente con la vicenda del contratto nel concetto di causa concreta. Pertanto, anche un difetto di rappresentazione nella formazione dell’accordo, un deficit di fattibilità giuridica in un concordato prefallimentare, incidendo sulla funzione negoziale, dovrebbero essere considerati elementi frustranti la causa145.
4.1. L’irrazionalità dell’alea fra causa ed oggetto
Altra impostazione giurisprudenziale è quella che fa discendere la sanzione invalidante dalla irrazionalità dell’alea, intesa come impossibilità di calcolare la stessa per mancata indicazione, all’interno del contratto, degli elementi per il concreto calcolo del rischio.
La causa del contratto derivato, sostanziandosi nella razionale creazione di alee, sarebbe frustrata laddove non risultino chiari riferimento agli elementi per la valutazione, ex ante, degli scenari probabilistici. Un tale contratto, non potrebbe risultare meritevole di tutela quando la quantità o la qualità delle alee risultino ignote ad uno dei contraenti. Detto altrimenti, il giudizio di meritevolezza potrà dirsi superato qualora il derivato realizzi uno scambio di alee razionali.146
145 X. XXXXXX, Xxxxx, problemi e profili ricostruttivi, Op. cit., 6
146 In tali termini App. Milano, 30 settembre 2013 secondo il quale, indipendentemente dallo scopo di copertura o speculativo, « In difetto di tali
La meritevoelzza del derivato, dipenderebbe, quindi dall’effettiva possibilità di determinazione e conoscibilità degli elementi che compongono il mark to market147, o i costi impliciti, o, ancora, il valore del derivato148.
A tal riguardo, sembra opportuno distinguere l’ipotesi in cui il mark to market esista, ma non sia conosciuto dall’altro contraente, da quella in cui, al contrario, l’indicatore non sia determinato o determinabile, nemmeno per relationem. Il c.d. mark to market indica, infatti, il valore che, sulla base di precisi indici e formule matematiche, il contratto derivato assume in un determinato momento storico, e la sua determinazione consente l’attuazione dei flussi finanziari previsti alle scadenze.
Se, quindi, i flussi finanziari, che rappresentano l’oggetto del contratto, non sono determinati o mancano i criteri per la concreta individuazione, il contratto dovrebbe considerarsi nullo per indeterminatezza dell’oggetto149.
elementi il contratto deve ritenersi nullo per difetto di causa, poiché il riconoscimento legislativo risiede nella razionalità dell’alea e quindi nella sua misurabilità, non essendo concepibile e non meritando, pertanto tutela un negozio caratterizzato dalla creazione di alee reciproche e bilaterali, la qualità e quantità delle quali siano ignote ad uno dei contraenti ed estranee all’oggetto dell’accordo»,
147 Per mark to market deve intendersi quel parametro che consente la determinazione delle prestazioni dovute alle scadenze. Qualora il valore, al momento iniziale del rapporto, risulti assestato sulla parità, questo descriverà un derivato c.d. par con finalità di copertura, quando invece l’indicatore risulti fin dall’inizio negativo per il cliente, c.d. non par, non si esclude automaticamente la meritevolezza dell’operazione, potendo delineare un’ipotesi di derivato speculativo o potendo essere controbilanciato da un c.d. upfront, ossia una somma per compensare lo sbilanciamento delle prestazioni erogata dalla banca in favore del cliente.
148 In questi termini Xxxxx xx Xxxxxxx Xxxxxx, 00 settembre 2013 che lega intimamente la meritevolezza alla razionalità dell’alea del contratto.
149 Così Trib. Milano, 16 giugno 2015, il quale facendo riferimento all’irrazionalità dell’alea, conclude per la non misurabilità del rischio, che si sostanzia, appunto, in un’ipotesi di nullità per indeterminatezza dell’oggetto.
Solo in tale ultima ipotesi, infatti, sarebbe realmente coerente, sul piano sistematico, parlare di nullità o per mancanza dell’oggetto o, eventualmente, di causa in concreto, ma solo partendo dall’assunto che lo specifico atteggiarsi della causa del contratto è la premessa che conduce ad individuare un requisito aggiunto dell’oggetto.150
Nel primo caso, al contrario, il vizio sembrerebbe agire sulla corretta formazione della volontà negoziale, più che sul piano strutturale del contenuto del negozio, posto che il mark to maket esiste, ma a mancare è la corretta e veritiera esplicazione della reale portata dello stesso che l’investitore assume mediante la stipula.
A tal riguardo, e detto altrimenti, la causa o c’è o manca, mentre la condotta infedele dell’intermediario risulta assimilabile a diverse forme di vizio.151
150 X. XXXXXXX, Op cit., 1104 e ss. La linea di demarcazione fra oggetto e causa rappresenta questione classica della trattazione civilistica italiana. A tal riguardo si rimanda a X. XXXXX- G. DE NOVA, Il contratto, Cit., I, 786; X. XXXXXXXXX, Il contenuto e l’oggetto, in I contratti in generale, a cura di Xxxxxxxxx, in Trattato dei contratti, diretto da Xxxxxxxx e Xxxxxxxxx, Torino, 2006, 689, 751; X. XXXXX, Problemi dell’oggetto, in Trattato del contratto, diretto da Xxxxx, II, a cura di Xxxxxxx, Milano, 2006, 3; X. XXXXX, Contratti derivati: determinazione dell’alea e determinabilità dell’oggetto, in Banca, borsa, titoli di credito, 2015, 2, 229.
151 X. XXXXXXXXXXX, I derivati tra meritevolezza dell’interesse ed effettività della tutela. Quid noctis?, Cit., 383 e ss. A tal riguardo, è anche possibile la configurazione del reato di cui all’articolo 640 c.p. qualora i comportamenti dell’intermediario integrino i presupposti della norma, la quale trova applicazione per sanzionare condotte relative alla fase dinamica del rapporto, quando, mediante artifizi o raggiri, si induca taluno a contrarre per ottenere un ingiusto profitto. La disciplina della truffa sembra ispirarsi ai principi di matrice civilistica relativi alla corretta formazione della volontà negoziale e al comportamento conforme al canone di buona fede, il quale deve, ex art. 1337 c.c., caratterizzare la fase che precede la stipula del contratto. La buona fede, naturalmente, deve caratterizzare tutto lo svolgimento del rapporto, compresa la fase esecutiva dello stesso, così come espressamente stabilito dall’articolo 1375 c.c. Quel che sembra rilevare ai nostri fini, è che il contraente non avrebbe concluso il contratto o l’avrebbe concluso in maniera diversa in assenza degli artifizi e raggiri subiti. Sul punto, amplius cap. III, par. 6.1 e ss.
Come è stato efficacemente evidenziato,152 v’è differenza fra incalcolabilità oggettiva dell’alea, determinante l’immeritivelezza dello scambio, ed incalcolabilità di tipo soggettivo, che si verifica ogni qualvolta il contraente contratti senza sapere. In tali casi, l’irrazionalità non riguarda il contratto ma la scelta dell’investitore ignaro.
Non sempre, quindi, sembra cogliere nel segno quella giurisprudenza di merito che tende ad inserire indistintamente ogni tipologia di vizio nel paradigma causale153.
Parimenti, suscita più d’una perplessità l’orientamento di una parte della giurisprudenza di merito,154 che connette la nullità per vizio della causa in concreto alla mancata informazione sul reale grado di rischio dell’operazione.
Più che sul terreno della causa, la mancata consapevolezza dell’investitore dovrebbe rilevare, si ribadisce, eventualmente, sul diverso profilo dell’accordo o, ancora una volta, sul terreno della corretta formazione del
152 ID, Op. cit., 386 e ss., negli stessi termini M. BARCELLONA, Il contratto, Op. cit., 510.
153 Critico sull’uso che la giurisprudenza ha effettuato del concetto di causa in concreto, X. XXXXX, Causa concreta: una storia di successo? Dialogo ( non reticente né compiacente) con la giurisprudenza di legittimità e di merito, in Xxx. xxx. xxx., 0000, 0, 000 x xx. Xxx xxxxx, xx xxxxxx anche le considerazioni di F. XXXXXXX, Causa ed autonomia privata nella giurisprudenza di legittimità e di merito: dai contratti di viaggio ai derivati sul rischio di credito, in Nuove leggi civili commentate, 2013, 1367.
154 Trib. Torino, 17 gennaio 2014, in Contratti 2014, 1012 e ss; nello stesso senso, ex multis, anche Trib. Bari, 5 gennaio 2012; Trib. Monza, 17 luglio 2012, in Rivista di diritto bancario, 2012, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx, con nota di X. XXXXXXX, La causa giuridica dell’ Interest rate swap e i costi impliciti, Cit.,; App. Trento 3 maggio 2013, n.141, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx; Trib. Milano 14 aprile 2011, in Banca, borsa, titoli di credito, 2012, II, 305; Trib. Civitavecchia, 8 giugno 2011, in Nuova giurisprudenza civile commentata, 2012, 133 e ss., con nota di L.
G. VIGORITI; Trib. Bari 15 luglio 2010, in Contratti, 2011, 250 e ss., con nota di
X. XXXXXXX.
consenso dell’investitore caduto in errore o vittima del dolo della controparte contrattuale. In tal caso, il rimedio invalidante sarebbe quello dell’annullamento e non quello della nullità, posto che il deficit informativo non incide sulla struttura del contratto né sulla funzione che lo stesso risulta destinata a svolgere.
Sembra quasi che l’impostazione in esame, non potendo far discendere la nullità direttamente dalla violazione delle regole di condotta, così come chiarito nel 2007 dalle ben note sentenze gemelle della Cassazione155, ricorra all’escamotage della causa in concreto per sanzionare con la nullità operazioni anche caratterizzate da vizi che, a ben guardare, non inciderebbero sulla funzionalità o sul profilo strutturale del contratto, quanto piuttosto sulla corretta formazione del consenso dell’investitore.
Quel che quindi si auspica, è un ridimensionamento, da parte della giurisprudenza, dell’applicazione del concetto di causa concreta al fine di rilevare eventuali profili invalidanti altrimenti giustificabili, o fonti di altre tipologie di vizi156.
155 Cass. Sez. Un. 19 dicembre 2007 n.n. 26274 e 26725. Rispetto alle linee guida tracciate dalle note sentenze gemelle delle sezioni unite nel 2007, la dottrina era e resta divisa. In termini critici si veda, ex multis, X. XXXXXXXX, , Violazione degli obblighi di informazione nei servizi di investimento e rimedi contrattuali, Cit.,936 e segg.; T. FEBBRAJO, Violazione delle regole di comportamento nell’intermediazione finanziaria e nullità del contratto: la decisione delle sezioni unite, Cit, III, 2785 e segg.; X. XXXXXXXXX, Le nullità e il contratto nullo, in Trattato del contratto, diretto da Xxxxx, IV, 1, Milano, 2006, 37 e segg.; Difende invece la tralatizia distinzione fra non interferenza regole di validità e comportamento, fra gli altri, X. X’XXXXX, Regole di validità e principi di correttezza nella formazione del contratto, Napoli, 1996, 68; G.B. XXXXX, Appunti sull’invalidità del contratto, in Riv. Dir. Civ., 1996, I, 367 e segg.; A. ALBANESE, Violazione di norme imperative e nullità del contratto, Napoli, 2003, 100 e ss. Sul punto si tonerà, amplius, nel cap. III.
156 La tendenza registrata nella giurisprudenza più recente è, come si è più volte
evidenziato nel corso della trattazione, quella di porre a fondamento della
decisione proprio l’istituto della causa in concreto. Si segnala l’utilizzo dell’istituto anche in relazione a casi di contratti di divident washing. Ex plurimis, Cass., 2 aprile 2009, n.8038; Cass., 25 maggio 2007, n. 12235; Cass., 18 marzo 2010
n.6538; Cass., 24 luglio 2007, n.16315; Cass., 20 dicembre 2007, n.26958; Cass., 2
ottobre 2005, n. 20398 e Cass., 14 novembre 2005, n. 22932. Dette operazioni, relative alla vendita e rivendita di pacchetti azionari che, pur non comportando alcun incremento dal punto di vista patrimoniale per i soggetti che le pongono in essere, determinano, tuttavia, considerevoli vantaggi dal punto di vita fiscale, quali minus valenze deducibili e plus valenze non tassabili.
La giurisprudenza avrebbe errato nel focalizzare la propria attenzione sull’assenza di benefici economici– che la spinge ad optare per l’assenza di causa in concreto e dunque per la nullità– omettendo di considerare l’indebito vantaggio fiscale che da tali attività le parti conseguono. La nullità pertanto, e più opportunamente, sarebbe dovuta discendere dalla violazione dell’art. 1344 c.c., avendo le parti concluso i relativi contratti per eludere una norma imperativa ed ottenere così vantaggi non dovuti. Sul tema, X. XXXXXXX, Trasferimento di azioni, elusione fiscale e causa in concreto, in Causa del contratto, op. cit., a cura di Xxxxxx, 43 e segg.; X. XXXXXXXX, L’art. 53 Cost. come fonte della clausola generale antielusiva e il ruolo delle valide ragioni eonomiche tra abuso del diritto, elusione fiscale e antieconomicità delle scelte imprenditoriali, in Riv. Giur. Trib., 2009, 216. X. XXXXXXXXXX, La nullità dei contratti come strumento di contrasto alle operazioni di divident washing nella recente giurisprudenza della suprema corte, in Dir. e Prat. Trib., 2006,II, 252. Critico sul tema della causa in concreto e della sua ineludibilità anche X. XXXXXX, Introduzione: Dogmi, problemi e profili ricostruttivi in op. cit.,1 e segg.
In senso contrario, in dottrina, X. XXXXXXX, I problemi di legittimità e disciplina dei negozi atipici, in Riv. Dir. Civ., 1987, I, 487; X. XXXXXXXXXX, I contratti, Torino, 2009, 186.; X. XXXXX,, Il rilancio della causa del contratto: la causa in concreto, in Contratto e Impresa, 2007, 416 e ss. C.M. XXXXXX, Causa concreta del contratto e diritto effettivo, in Riv. dir. comm. 2014, 251 e ss., il quale, approva l’utilizzo che la giurisprudenza ha fatto della causa in concreto. Più in generale. Secondo l’A. l’identificazione della causa concreta nell’interesse che il contratto è volto a realizzare rende improponibile la tesi che vorrebbe cancellarla o comunque ridurne la portata. Essa, inoltre, diventa essa stessa criterio ermeneutico per l’indagine della comune intenzione delle parti, posto che per accertare cosa le parti abbiano realmente voluto occorre accertare qual è lo scopo perseguito, ossia l’interesse che il contratto è volto a realizzare. Inoltre, oltre che criterio di interpretazione, è anche criterio di qualificazione dell’operazione perseguita dai privati, poiché la rispondenza ad un determinato tipo legale o sociale richiede l’accertamento dell’interesse che il contratto è volto a realizzare.
5. I derivati conclusi dagli enti locali. Critica dell’orientamento che fonda la nullità sul co. 2 dell’articolo 1418 c.c.
La tendenza della giurisprudenza ad un massiccio, e talvolta non sempre corretto impiego della causa in concreto per sanzionare operazioni negoziali altrimenti viziate, è emerso, talvolta, anche in relazione alle ipotesi in cui a concludere un contratto derivato risultasse un Comune o, più in generale, un ente locale.157
Come noto, a questi ultimi risulta preclusa la possibilità di concludere contratti aventi funzione speculativa, residuando esclusivamente quella relativa alla sottoscrizione di derivati di copertura.158
Quasi tutte le operazioni impugnate presentavano, generalmente, un mark to market negativo privo di upfront in favore dell’ente, inidoneo a delineare un’operazione con finalità di copertura quanto, piuttosto, una dal carattere fortemente speculativo159. In tali casi, secondo i giudici, il mutamento della
157 Per una panoramica giurisprudenziale sui derivati conclusi dagli enti locali, si rimanda a Trib. Treviso, 17 luglio 2010, Trib. Civitavecchia, ordinanza 8 giugno 2011 e ordinanza 1 agosto 2011; Trib. Rimini, 12 ottobre 2010 in Guida enti locali, 2010, 45, 44; Trib. Milano, 14 aprile 2011, in Banca borsa, titoli di credito, 2012, II, 305. ,In senso contrario, quindi per il salvataggio del contratto, Trib. Lanciano 6 dicembre 2005; Trib. Bologna, in Giur. Comm., 2010, II, 189, con nota di X. XXXXXX XXXXXXX, Contratto di swap con ente pubblico territoriale con pagamento upfront.
158 Sul punto, art. 41 l. 28 dicembre 2001, n. 448; d.m. economia e finanza 1. dicembre 2003, n. 389, art. 3; art 62 d.l. 112/2008 poi convertito con L. 133/2008. Sul punto, X. XXXXX, Op. cit., nota 37, evidenza che l’articolo 62 sia stato oggetto di impugnazione innanzi alla Corte Costituzionale per lesione delle competenze legislative regionali, questione poi rigettata dalla Corte. Evidenzia l’A. che l’estensore, nel descrivere il fenomeno della contrattazione in derivati, abbia fatto riferimento alla struttura causale del contratto e di come la finalità di copertura e quella speculativa incidano sul paradigma medesimo.
159 Affinché sussista la finalità di copertura è essenziale che il derivato risulti par. Dalla combinazione dei valori del cap con quelli del floor, il collar non deve
funzione svolta dal derivato si riflette inevitabilmente sulla causa in concreto predeterminata dal legislatore.160
A tal riguardo, sembra preliminarmente opportuno precisare l’equivoco nel quale sembra essere caduto il giudice nell’accostare la predeterminazione astratta alla funzione concretamente svolta dal contratto. Per causa predeterminata deve intendersi, infatti, il giudizio effettuato astrattamente ed ex ante dal legislatore161, mentre, al contrario, la causa in concreto descrive l’interesse economico individuale, perseguito in quella data fattispecie da quelle singole parti, la cui meritevolezza risulta, eventualmente, valutabile ex post dal giudice ma certamente non dal legislatore.
Qualora l’operazione debba qualificarsi in termini di speculazione e non di copertura, potrebbe delinearsi un’ipotesi di nullità non ex art. 1418 co.2, ma per violazione del primo comma del suddetto articolo, posto che le norme che vietano ai comuni la stipula di derivati speculativi è imperativa. Non sussisterebbe, quindi, il bisogno di scomodare la causa concreta e il suo preteso difetto.162
presentare, quindi, indici negativi per il cliente. L’eventuale bilanciamento dell’iniziale squilibrio può avvenire mediante l’erogazione di una somma di denaro, c.d. upfront, in favore del cliente, rectius, dell’Ente. Qualora il derivato risulti c.d. no par o privo di upfront, si delineerebbe, per ciò solo, un’ipotesi di azzardo, dunque di speculazione non in linea col parametri normativi.
160 Trib. Milano, 14 Aprile 2011, in Banca, Borsa, titoli di credito, 2012, II, 305. 161 A tal riguardo, critico X. XXXXX, Op. ult. cit., 982, secondo il quale « la causa in concreto predeterminata dal legislatore è puramente e semplicemente un ossimoro! La causa in concreto è per definizione quella non predeterminata dal legislatore».
162 ID, Op. cit., 983.
Con riguardo all’ipotesi di nullità per violazione di norma imperativa, in una nota vicenda,163 la sanzione invalidante è stata giustificata alla luce del mancato inserimento, nella documentazione contrattuale, delle clausole relative al diritto di recesso dal contratto, ex art. 30 co. 7 TUF, esercitabile entro sette giorni dalla conclusione dello stesso, da parte del comune. L’Alta Corte di Londra, nell’aderire alla presa di posizione delle note Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2013 164, ritiene, infatti, l’articolo 30 del TUF norma imperativa, la cui violazione non può non comportare la nullità dell’intera operazione negoziale, nello specifico dei sette contratti di swap, a prescindere che le parti avessero assoggettato le pattuizioni alla legge inglese, utilizzando i modelli dell’ISDA. Secondo la Corte, l’inderogabilità dello ius poenitendi di cui al co. 7 dell’articolo 30 TUF, si desume da quanto espressamente stabilito dalla Convenzione di Roma I, nello specifico dall’articolo 3 co. 3 relativo alle obbligazioni contrattuali, mentre, al
163 Si tratta della questione decisa dall’Alta Corte di Londra, caso n. 1456/2010 relativo ai contratti conclusi dal comune di Prato con la società Dexia Crediop. La questione risulta particolarmente significativa e degna di rilievo sotto una pluralità di profili.
164 Cass. S.S. U.U. 3 giugno 2013, n. 13905. Le Sezioni Unite ribaltano il precedente orientamento di Cass. n. 2065/2012 e Cass. 4556/2012 secondo le quali la disciplina di cui al co. 7 dell’articolo 30 TUF non risulta estendibile in via interpretativa alle fattispecie non espressamente contemplate dalla norma. In questi termini, anche la Comunicazione n. DIN/ 12030993 del 19 aprile 2012 della Consob, che ugualmente optava per un’interpretazione restrittiva della norma. Sulla scia delle note Sezioni Unite, si inserisce il recente interevento normativo avvenuto con d.l. 21 giugno 201, n.69, c.d. Decreto del Fare, poi convertito con L. 9 agosto 2013, n. 98. Nello specifico, l’articolo 56 quater della suddetta legge ha ampliato l’ambito applicativo dell’articolo 30 co. 6 TUF, prevedendo che « Ferma restando l’applicazione della disciplina di cui al primo e al secondo periodo (…) per i contratti sottoscritti a partire dal 1 settembre 2013 la medesima disciplina si applica anche ai servizi di investimento di cui all’articolo 1 comma 5 lett a). » La disciplina, quindi, troverà applicazione anche ai servizi di negoziazione per conto proprio.
contrario, la sanzione invalidante non può fondarsi sulla contrarietà del contratto al co. 6 dell’ar 119 della Costituzione.
A tal riguardo sembra opportuna qualche precisazione. Come noto, ai sensi dell’articolo 119 co. 6 della Costituzione, i Comuni, le Province, le Città Metropolitane e le Regioni possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento, con la contestuale definizione dei piani di ammortamento e a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna Regione sia rispettato l'equilibrio di bilancio. Qualora si ritenga di inserire i contratti di swap fra le forme di indebitamento, l’operazione dovrà necessariamente rispettare i suddetti principi, desumibili dall’articolo 119 co
6 Cost. Pertanto, in caso di violazione, il contratto dovrebbe necessariamente essere dichiarato nullo per violazione di norma di rango costituzionale. Qualora si propenda, invece, per l’impostazione contraria, che esclude la riconducibilità dei derivati alle forme di indebitamento, non residuerebbero margini di rispetto di detti limiti, con la conseguenza che la nullità non potrebbe fondarsi sulla contrarietà del contratto alla norma imperativa, di rango costituzionale.165
A tal fine, è di prioritaria importanza stabilire la linea di demarcazione sussistente fra indebitamento e investimento, senza limitarsi al dato letterale
165 Per il giudice inglese un derivato caratterizzato da un Mark to market negativo al momento della sua stipula non è, per ciò solo, qualificabile come operazione di indebitamento in contrasto sia con l’art. 119 della Costituzione sia con le regole di convenienza economica cui deve uniformarsi l’azione della pubblica amministrazione quando stipula un contratto derivato. Tale ipotesi non si prefigurerebbe nemmeno quando i valori di cap e quelli di floor del collar non risultino equivalenti. Per un’analisi della decisione, si veda G.M. DANUSSO- X. XXXXXXXXX, Dexia Crediop S.p.a. vs Comune di Prato, sentenza della High Court of Justice Queen’s Bench Ddivision Commercial Court di Londra in data 25 giugno 2015 e precedenti specifici, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx.
ma procedendo all’interpretazione dell’effettiva voluntas legis, anche alla luce dei criteri, di derivazione europea, relativi al debito pubblico.166 L’articolo 3, par.17 della legge 350 del 2003, nel delineare le ipotesi di indebitamento rilevanti ex art. 119 co.6 Cost., non contemplava la sottoscrizione dei contratti derivati. Nemmeno le ulteriori modifiche apportate dall’articolo 62 d.l. 112/2008, poi convertito dalla l. 133/2008, contenevano alcun riferimento a tale forma di contrattazione. Se, dunque, si intendesse la lista delle operazioni a contenuto meramente esemplificativo, residuerebbe uno spazio di operatività del portato costituzionale anche alla contrattazione in derivati, operatività che si tradurrebbe, sul profilo civilistico, in una nullità per contrarietà a norma non solo imperativa ma di rango costituzionale; non così nell’ipotesi in cui si considerasse l’elenco di tipo esaustivo, impostazione, questa, si ribadisce, condivisa dalla Corte inglese.167
Anche volendo ritenere l’elencazione di tipo esaustivo, la problematica sembrerebbe, tuttavia, essere oggi superata proprio per effetto dell’intervento del legislatore apportante modifiche volte ad estendere l’ambito di operatività del principio dell’equilibrio di bilancio. Nello specifico, l’art. 1 co. 572, l. 174/2013 ha incluso “l’eventuale premio incassato al momento del perfezionamento delle operazioni derivate”. Tale estensione, non può essere letta come volontà di assoggettare, come pure si è sostenuto168, al principio di equilibrio di bilancio esclusivamente tale componente. Il premio è, infatti, elemento caratterizzante l’essenza stessa del contratto derivato e va considerato, sul piano della disciplina
166 Sulla questione, Xxxxx Xxxxxxxxxxxxxx, 00 dicembre 2004, n. 425.
167 A tale conclusione giunge anche L’Alta Corte di Londra nel caso sopra richiamato.
168 G.M. DANUSSO- X. XXXXXXXXX, Op.cit., in xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx.
concretamente applicabile, unitamente ad esso. Quel che risulta eventuale è solo la riscossione, in base agli andamenti e alle variazioni degli indici dedotti nel contratto stesso, ma certamente non la sua configurazione. In tal caso, quindi, sembrerebbe corretto ritenere che il legislatore, parlando di premio e non di contratto unitamente considerato, minus dixit quam voulit, posto che, si ribadisce, il premio è elemento strutturale caratterizzante il contratto169.
6. La meritevolezza e la liceità della causa: il diverso piano operativo
Un altro filone giurisprudenziale fa discendere la nullità del contratto alla luce dell’immeritevolezza degli interessi concretamente perseguiti dalle parti. A tal riguardo, prima di procedere all’analisi dell’orientamento appena illustrato, sembra opportuna la ricostruzione dell’istituto di cui all’articolo 1322 c.c.
169 Bisogna segnalare anche il recente ricorso, da parte degli enti locali, ad altro strumento, proprio del diritto amministrativo e non prevedente il ricorso al giudice, al fine di tutelare la propria posizione. Il riferimento è all’annullamento in autotutela della delibera legittimante la stipulazione del contratto derivato, che si traduce, sul versante civilistico, nella caducazione degli effetti del contratto sottoscritto dall’Ente. La legittimità del ricorso allo strumento dell’annullamento in autotutela è stata dichiarata dal Consiglio di Stato, sez. V, 17 maggio 2011, in F.amm. -Cons. Stato, 2011, 2769 e in xxx.xxxxxxxxx-xxxxxxxxxxxxxx.xx. In tal caso, tuttavia, i giudici, più che valutare l’interesse pubblico in relazione alla violazione della, o delle norme imperative, effettuano un rimando, ancora una volta, al concetto di causa in concreto. Secondo il Consiglio di Stato: « Il potere di autotutela (…) non è stato esercitato per sottrarsi puramente e semplicemente ad un contratto economicamente squilibrato, quanto piuttosto a causa della corretta valutazione della convenienza economica che legittimava l’operazione di ristrutturazione del debito, (…) che come tale non rientrava nella causa del contratto di swap, quanto piuttosto il suo presupposto logico giuridico ». Critico sulla relazione intercorrente fra causa del contratto e presupposto logico giuridico,
X. XXXXX, Op.cit., nota 34, 979.
Dalla lettura della relazione del guardasigilli170 emerge la volontà che anche gli interessi dei privati si pongano al servizio della nazione e delle istanze produttive, sia in relazione all’esercizio dei diritti soggettivi sia, più in generale, per quel che attiene l’esercizio dei poteri privati. Ciò, come noto, in relazione all’ideologia solidaristico- corporativistica del regime politico di allora. Tali interessi dunque, oltre a farsi seri e non capricciosi, dovranno risultare meritevoli di tutela, nel senso sopra illustrato171.
Da tempo la dottrina è impegnata ad individuare la portata e l’area di applicazione del concetto di meritevolezza degli interessi.
Secondo una prima impostazione, che attribuisce un ruolo marginale a tale disposizione, il sindacato di cui all’articolo 1322 c.c. risulterebbe privo di autonoma rilevanza, trattandosi di giudizio del tutto assimilabile a quello relativo all’articolo 1343 c.c.172
Sempre in tal senso, si è anche sostenuto che il 2° comma dell’art. 1322
c.c. svolgerebbe una funzione analoga a quella dell’art. 1344 c.c. che sanziona con la nullità il contratto che costituisca il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa. Secondo tale teoria, il giudizio di cui all’art. 1322 co. 2 c.c. interverrebbe qualora i privati, consapevoli
170 Relazione al codice n. 613; art. 1322 co. 2.
171 In tale ottica la causa del contratto rappresenta la funzione economica sociale. Fra i rilievi critici più noti a tale impostazione, fra gli altri, si segnala G.B. XXXXX, Tradizione e novità della disciplina della causa del negozio giuridico (dal cod. civile del 1865 al codice civile del 1942), in Riv. Dir. Comm., 1986, I, 127 e ss.
172 X. XXXXX, Il contratto, Milano, 1954, I, 199 e segg.; X. XXXXXXXX, Il contratto atipico, Milano, 1981; G.B. XXXXX, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, 406 e segg.; R. CLARIZIA, v. “Contratti innominati”, in Enc. Xxxxxxxx, XX, Xxxx, 0000, 6 e segg.; A. XXXXXXXXX, v. Meritevolezza dell’interesse, in Digesto, IV ed., Sez. civ. XI, Torino, 1994, 327 e segg.; X. XXXXX, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di Xxxxxx e Zatti, Milano, 2011, 424 e segg.; X. XXXXXXXXXXXX, Problemi della causa e del tipo, in Trattato del contratto, diretto da Xxxxx, Milano, 2006, 202 e ss.
dell’impossibilità di concludere un contratto tipico vietato dalla legge, ne concludano un altro, di natura atipica, volto alla realizzazione del medesimo interesse perseguito dal rapporto vietato173.
Le dottrine che non riconoscono autonomia funzionale all’art. 1322 c.c. ne ravvisano, infatti,una sostanziale abrogazione tacita,174 poiché la funzione si esaurirebbe nel controllo della conformità del contratto atipico alle norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume, già previsto dall’art. 1343 c.c. 175.
Tuttavia,se così fosse, l’art. 1322 c.c. finirebbe per avere solo una funzione meramente autorizzatoria di permettere ai privati la costituzione di modelli contrattuali non coincidenti coi tipi disciplinati nel codice. Un tal compito
173Così X. XXXXX, v. Interesse meritevole di tutela, in Digesto, IV ed. agg., 2009, 381 e ss.; Sul problema e sulla funzione speculare fra le due norme, una rivolta ai contratti atipici, l’altra a quelli tipici, X. XXXXX, Trattato del contratto, Torino, 2010, I, 119 e segg.
174 X. XXXXXXXXX, Meritevolezza dell’interesse e utilità sociale del contratto, Cit., 799 e ss.
175 In senso critico, è stato evidenziato come la tesi che nega rilevanza al requisito della meritevolezza degli interessi contrattuali, ammettendo il solo limite della liceità del contratto, risulti essere difficilmente condivisibile. Ciò sia alla luce della valutazione del dato codicistico, il quale distingue nettamente il profilo della liceità della causa da quello della meritevolezza degli interessi contrattuali, sia perché non sarebbe costituzionalmente orientata.
A tal proposito, l’art. 41, 2° comma della Costituzione, nel delineare i margini dell’iniziativa economica, chiarisce anche i limiti dell’autonomia privata, posto che la prima si realizza tramite la seconda. La norma dunque, distinguerebbe l’iniziativa economica meritevole, coincidente con le attività non in contrasto con l’utilità sociale e in modo da non recare danno alla dignità, alla sicurezza e alla libertà, da quella immeritevole. Così C.M. XXXXXX, Causa concreta del contratto e diritto effettivo, Cit., 253 e ss.
avrebbe scarsa incidenza nella sistematica del contratto, poiché non detterebbe alcuna regola particolare né al giudice né alle parti.176
Secondo la nota dottrina ispiratrice della soluzione adottata dal codice177, la sistematica da esso delineata verrebbe disconosciuta qualora si spostasse nell’art. 1322 c.c. il tema dei requisiti di cui agli artt. 1343-1345 c.c., “poiché il diritto non può ritenersi sempre pago di ricollegare all’anormalità del negozio l’invalidità come conseguenza costante ed esclusiva che affligge lo stesso”.
La funzione dell’art. 1322 c.c. non si esaurirebbe nel controllo della conformità del contratto a norme imperative, all’ordine pubblico e al buon costume, ma lascerebbe margini anche per la valutazione relativa alla dignità degli interessi tutelati che non siano né giuridicamente irrilevanti, dunque tali da denunciare l’assoluto difetto di causa, né apertamente illeciti178.
176 X. XXXXXXX, Atipicità del contratto, giuridicità del vincolo e funzionalizzazione degli interessi, in Riv. Dir. Civ., 1987, I, 58 e ss., Il giudizio condotto in sede di analisi della meritevolezza dell’interesse risulterebbe, secondo detta dottrina, qualitativamente diverso rispetto a quello relativo alla liceità della causa, sostanziandosi, non nella difesa dei principi fondamentali dell’ordinamento, ma nella valutazione dell’idoneità dello strumento elaborato dai privati ad assurgere a modello giuridico volto alla regolamentazione di interessi, stante l’assenza di una preventiva opera di tipizzazione. In questa ottica sarebbe immediatamente percepibile la diversa funzione delle due norme, poiché il giudizio di cui all’art. 1343 c.c. atterrebbe alla causa, mentre quello di cui all’art. 1322 c.c. all’idoneità dello schema astrattamente ideato dai privati ad assurgere a modello giuridico.
L’A. rifiuta la concezione di meritevolezza in termini di utilità sociale, così come invece prospettata dalla dottrina tradizionale. Così, per tutti, X. XXXXX, Cit.,171 e segg.; più di recente, X. XXXXXXXXX, Il contratto con causa mista, Padova, 1995, 1 e ss.
177 Così X. XXXXX, Op. cit.,190, 466 e ss.
178 Così U. BRECCIA, Il contratto in generale,in Trattato di diritto privato, diretto da Xxxx-Xxxxxxx-Xxxxxxx, Torino, 1999, XIII, 89 e ss., secondo il quale gli interessi
Se infatti, l’interesse non meritevole coincidesse con quello proibito allora il contratto che persegue interessi non meritevoli altro non sarebbe se non un contratto nullo, per illiceità della causa. Una tal coincidenza disattenderebbe il dato desumibile dall’art. 1323 c.c.,in virtù del quale le norme sul contratto in generale, dunque anche quelle relative all’illiceità della causa, già si riferiscono indistintamente a tutti i contratti, mentre l’art. 1322 c.c. riguarderebbe i soli contratti atipici179.
Sempre in chiave critica180, si è pure affermato che aderire all’impostazione che appiattisce la meritevolezza alla liceità significa fare
non meritevoli di tutela, ove si tenga conto di tutte le opinioni non abroganti e non riduttive, diventano l’intestazione generale di quell’insieme di problemi che si dispongono fra l’estraneità al diritto e la trasparente illiceità. Nel senso di fornire autonoma rilevanza all’art. 1322 c.c., seppur con diverse argomentazioni, anche X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile, Napoli, 2014. Il giudizio di meritevolezza rappresenterebbe una valutazione in positivo, laddove il controllo di liceità rappresenterebbe una in negativo. Così anche X. XXXXXXX, Il problema dei negozi giuridici unilaterali, Napoli, 1972, 222 e segg.; P. BARCELLONA, Intervento statale e autonomia privata nella disciplina dei rapporti economici, Milano, 1969, 218 e segg.; X. XXXXXXXX, I problemi di legittimità e di disciplina dei negozi atipici, Cit., 493 e segg., secondo il quale l’ambito della meritevolezza è più ampio di quello della liceità poiché col primo sindacato si sanzionano anche l’eventuale assenza di un presupposto di esistenza o il contratto mortifichi interessi individuali costituzionalmente tutelati.
179 U. BRECCIA, Op. cit., 91; in senso contrario, dunque per l’estensione del giudizio di meritevolezza anche ai contratti tipici, X. XXXXXXXXXXX, In tema di tipicità e atipicità nei contratti,in Id., il diritto dei contratti fra persona e mercato. Problemi di diritto civile, Napoli, 2003, 91. L’A. fa discendere tali considerazioni partendo dall’ormai acquistata distinzione fra concetto di causa e tipo, per cui ad essere soggetta alla valutazione di meritevolezza non sarà l’astratto tipo negoziale ma le concrete manifestazioni di autonomia contrattuale.
180 X. XXXXXXX, I nuovi contratti finanziari, Napoli, 2008, 6 e ss. L’A. concepisce infatti un controllo di meritevolezza anche per i contratti che, seppure non regolati, abbiano acquistato tipicità sociale, dunque non solo per gli schemi negoziali socialmente immaturi. Rileva inoltre l’A. che l’interesse non solo è richiesto per le obbligazioni di fonte contrattuale, così come espressamente stabilisce l’art. 1174 c.c., ma anche nei rapporti reali, in virtù di quanto previsto dall’art. 1027 c.c. in
dell’art. 1322 co. 2 c.c. un duplicato dell’art. 1343 c.c. Conclusione, questa, non solo inammissibile, ma del tutto insoddisfacente, che segnerebbe il fallimento dell’interprete il quale, non riuscendo a collocare in chiave sistematica la norma, muove la censura di superfluità. Pertanto i parametri che dovranno guidare l’interprete nella valutazione della meritevolezza o meno dell’assetto pattizio saranno altri e non andranno ricercati nelle norme relative alla causa181.
Sul versante giurisprudenziale, alcune risalenti pronunce sembrano allinearsi con quella parte della dottrina che non riconosce al sindacato di meritevolezza caratteri autonomi rispetto a quello relativo alla liceità della causa182.
Una delle prime decisioni che si distacca dal filone ora illustrato, ritiene che l’immeritevolezza non necessariamente derivi dalla contrarietà a norme imperative, ordine pubblico e buon costume, essendo invece sufficiente che gli interessi concretamente perseguiti dalle parti non si integrino armonicamente con la tavola di valori espressi dall’ordinamento183.
tema di servitù. A tal proposito, è l’esperienza delle servitù irregolari ad attestare che l’interesse, oltre che oggettivamente connaturato al fondo, può essere anche semplicemente soggettivo.
181 Sulla distinzione fra causa e tipo, G.B. XXXXX, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, 71 e segg.; G. DE NOVA, Il tipo contrattuale, Napoli, 1974, 59 e segg.; X. XXXXXXX, La causa del contratto tra meritevolezza degli interessi ed equilibrio dello scambio, in Riv. Dir. Civ., n. 6, 2012; X. XXXXX, Atipicità del contratto e meritevolezza dell’interesse, in Temi, 1976, 371. In giurisprudenza, ex multis e fra le più significative Cass., 19 ottobre 1998, n. 10332, in Giur. It., 1999, 2264 e segg., Cass., 19 gennaio 2000, n. 1889; Cass., 8 maggio 2006, n. 10490.
182Così Cass., 13 maggio 1980, n. 3142; Più di recente, Cass., 28 gennaio 2002, n.
982; Cass., 6 febbraio 2004, n. 2288.
183 Così App. Milano, 29 dicembre 1970, in Riv. Dir. Comm. 1971, II, 81 e segg.; con nota di G.B. XXXXX, Meritevolezza dell’interesse e utilità sociale. Il caso sottoposto all’attenzione dei giudici riguardava un patto fra una donna partecipante
In questo senso, il contratto atipico finalizzato al dirottamento di somme messe a disposizione del cliente verso forme di investimento incontrollabili, che condannano l’investitore a subire qualsivoglia pregiudizio economico, non sarebbe meritevole di tutela.184
Da tale rapida panoramica emerge il progressivo riconoscimento del ruolo autonomo che il giudizio di cui all’art. 1322 c.c. avrebbe nel sistema, la cui funzione non andrebbe ad esaurirsi nel controllo della conformità del contratto alla norma imperativa, all’ordine pubblico o al buon costume185.
ad una società ed il mandatario della stessa, al quale veniva garantito un corrispettivo sia a titolo di compenso del lavoro precedentemente abbandonato per assumere l’incarico, sia quale ristoro dal futuro pregiudizio che sarebbe derivato dalla futura cessazione di quest’ultimo. Ancora Cass., 23 febbraio 2004, n. 3545. Nel senso della progressiva differenziazione fra giudizio di liceità e quello di meritevolezza anche, seppur con riferimento alla fattispecie del trust, Trib. Pavia, 12 giugno 2014 secondo il quale il giudizio di meritevolezza rappresenta un quid pluris rispetto alla mera liceità.
184App. Salerno, 30 settembre 2009.
185 Richiami alla verifica dell’idoneità dell’atto predisposto dai privati si ravvisano anche in altre norme contenute nel codice civile. Così l’art. 1379 c.c. che disciplina il patto di alienazione, valido solo se corrisponde ad interessi apprezzabili delle parti. L’articolo 1411 c.c. che ammette la stipula a favore di un terzo qualora lo stipulante ne abbia interesse. Più nello specifico, che il concetto di meritevolezza non sia stato definitivamente abbandonato, lo dimostra anche la recente previsione introdotta con L. 23 febbraio 2006 n. 51 sulla trascrizione degli atti notarili di destinazione del patrimonio ad un determinato scopo, di cui all’art. 2645 ter c.c. A tal proposito si evidenzia come l’espresso riferimento alla meritevolezza degli interessi, di cui al 2° comma dell’art. 1322 c.c., rappresenta una chiara scelta legislativa affinché tale strumento non venga utilizzato al sol fine di realizzare una limitazione della responsabilità patrimoniale dell’autore della destinazione, ma risponda ad una finalità selezionata. Così M. BIANCA- M. D’XXXXXX- A. DE DONATO- C. PRIORIE, L’Atto di destinazione, Milano, 2006. L’interesse assumerebbe allora un valore morale e sociale che lo rende maggiormente meritevole rispetto a quello economico della garanzia patrimoniale dei creditori. Così X. XXXXX, Atti di destinazione e interessi meritevoli di tutela, in La trascrizione dell’atto negoziale di destinazione. L’art. 2645 ter del codice civile, a cura di M. Bianca, Milano, 2007, 68. Il giudizio di meritevolezza sarebbe allora strumento di bilanciamento dei valori che va al di là della semplice conformità
Sarebbe allora opportuno distinguere i contratti illeciti in quanto aventi ad oggetto attività illecite da quelli immeritevoli di tutela, in quanto lesivi di interessi di terzi maggiormente bisognosi di protezione.186 Il contratto risulterebbe, quindi, conforme al parametro di cui all’articolo 1322 co.2, quando, all’interno della pattuizione la finalità pratica perseguita dalle parti si combini in maniera armonica con la tavola di valori dell’ordinamento.
Detto altrimenti, la meritevolezza di cui all’articolo 1322 co.2 c.c. non si esaurisce nella liceità del contratto, del suo oggetto o della sua causa. Secondo la relazione al codice civile, la meritevolezza è un giudizio- e non un requisito- e deve investire non il contratto in se ma il risultato con esso perseguito.187
dell’atto alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume, costituendo, nei fatti, una valutazione più profonda. L’interesse meritevole consente quindi ai privati il superamento dei limiti segnati dalle norme ordinarie purché gli stessi realizzino operazioni conformi ai valori condivisi dell’ordinamento. In questo senso, X. XXXXXXX, le destinazioni patrimoniali atipiche. Esegesi dell’articolo 2645 ter c.c., in Rass. Dir. Civ., 2007, I, 12 e ss.; M. BIANCA, Alcune riflessioni sul concetto di meritevolezza di interessi, in Riv. Dir. Civ., 1, 2011, 789. In senso contrario, dunque per una sostanziale coincidenza fra giudizio di meritevolezza e di liceità, Trib. Trieste, decr. 7 aprile 2006, 539 e segg., con nota di CINQUE, L’interprete e le sabbie mobili dell’articolo 2645 ter cod. civ.: qualche riflessione a margine di una prima (non) applicazione giurisprudenziale, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2007, I, 524 e ss.
186 C.M. XXXXXX, Op. cit., 254. A tal riguardo, risulterebbe nullo anche il contratto concluso allo scopo di frodare un terzo. Così X. XXXXXXXXXX, Profili evolutivi del principio fraus omnia corrompi tra contratto in frode a un terzo e contratto in danno a terzi, in Rass. Dir. Civ., 2012, 727. La valutazione di meritevolezza dovrà aver riguardo alla categoria di interessi protetti e non può mutare a seconda delle esigenze dei singoli investitori.
187
Così Xxxx. 28 aprile 2017, n. 10509. Prosegue il Supremo Collegio
evidenziando che un certo “ risultato dovrà dirsi immeritevole quando sia contra- rio alla coscienza civile, all’economia, al buon costume od all’ordine pubblico (così la relazione al codice, § 603, secondo cpv.). Principio che, se pur anteriore alla promulgazione della Carta costituzionale, è stato da questa ripreso e consacrato negli art. 2, secondo periodo, 4, 2° comma, e 41, 2° comma, Cost.”