ASSOCIAZIONE TRA PROFESSIONISTI P.IVA E C.F. 02905400103
ASSOCIAZIONE TRA PROFESSIONISTI P.IVA E C.F. 02905400103
NOVITÀ GIURISPRUDENZIALI CIRCOLARE N. 02/16 (2° SEMESTRE 2016)
***
CONTRATTO DI TRASPORTO SU STRADA – RESPONSABILITA’ DEL VETTORE
– ASSERITA RAPINA
CORTE DI CASSAZIONE – sentenza n. 12700 del 20 giugno 2016
La Corte di Cassazione è nuovamente intervenuta in merito alla sussistenza o meno dell’esimente del caso fortuito nel caso di rapina a mano armata durante un trasporto.
Nel caso in esame un vettore, incaricato del trasporto di un carico di sigarette, aveva subito una rapina da parte di ignoti e aveva rigettato ogni addebito rivoltogli dall’Amministrazione statale.
La Corte di Cassazione, confermando la sentenza di Xxxxxxx e ribadendo un indirizzo giurisprudenziale oramai piuttosto consolidato, ha confermato che l’evento rapina non esonera ex se e automaticamente il vettore dalle sue responsabilità.
Al contrario è il vettore che deve rigorosamente provare, in concreto, come la rapina sia davvero avvenuta e che la stessa, vuoi per i mezzi adoperati, vuoi per le modalità dell’esecuzione, era nella circostanza davvero improbabile e comunque assolutamente inevitabile; secondo la Corte non è poi sufficiente produrre in giudizio una copia della denuncia esposta all’Autorità per dimostrare che davvero una rapina vi è stata qualora tale denuncia non risulti supportata da ulteriori elementi attestanti le modalità violente e inarrestabili della rapina quali perizie, fotografie, conferme delle autorità inquirenti e/o prove testimoniali.
Nel caso esaminato dalla Cassazione il vettore non era stato però in grado di fornire prove valide in merito all’uso di armi da parte dei malviventi; la prova testimoniale dell’autista era poi risultata non attendibile e lacunosa.
Risultavano inoltre incerti l’ora della rapina, il punto preciso dove la stessa sarebbe avvenuta, le modalità con cui i rapinatori avevano fermato la corsa del camion (speronamento, blocco stradale ecc.?) e l’effettiva installazione di un sistema di allarme satellitare sul mezzo.
La mancata prova di tutti questi elementi, il cui onere probatorio, come detto, è a carico del vettore, ha comportato quindi la condanna del vettore.
Head office | IN COLLABORAZIONE: | ||
Genova | Milano | La Spezia | Trieste |
Xxxxxx Xxxxxxxx 0/0 | Xxx Xxxxxx 0 | Xxxxx Xxxxxx, 000/0 | Avv. Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxx XX Xxxxxxxxx, 00 |
00000 XXXXXX | 20122 XXXXXX | 00000 LA SPEZIA | 34125 TRIESTE |
TEL. 000.000.00.00 | TEL. 00.00.00.00.00 | TEL. 000.000.00.00 | TEL. 040.064.17.02 |
FAX. 000.000.00.00 | FAX. 000.000.00.00 | FAX. 000.000.00.00 | FAX. 040.064.07.96 |
***
COSTI MINIMI AUTOTRASPORTO – ART. 83 BIS D.L. 112/2008 (CONVERTITO IN L. 133/2008) –COMPATIBILITA’ CON I PRINCIPI COMUNITARI
CORTE DI GIUSTIZIA DELL’UNIONE EUROPEA – ordinanza del 21 giugno 2016 in C-121/16
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è di nuovo espressa sulla compatibilità dei “costi minimi” dell’ autotrasporto con i principi dell’Unione Europea.
Sul punto la stessa Corte di Giustizia si era infatti già pronunciata il 4 settembre del 2014 dichiarandone, apparentemente tout court, l’incompatibilità e quindi la relativa nullità nel nostro ordinamento (si veda nostra circolare 02/14).
A seguito della precedente decisione del 2014 alcuni tribunali nazionali avevano nel frattempo dichiarato nulli i costi minimi all’esito di cause ancora pendenti al riguardo (i costi minimi, come noto, sono stati infatti definitivamente abrogati nella Legge di Stabilità 2015 ossia la L. n. 190 del 23 dicembre 2014) e ciò indifferentemente dal fatto che i “costi minimi” oggetto di controversia fossero quelli fissati dall’Osservatorio o quelli individuati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (allorquando, ad esempio, l’Osservatorio non era stato ancora istituito).
Con la pronuncia in esame, tuttavia, la Corte, seppur tardivamente, sembra dare invece rilievo a tale distinzione e sostiene che i “costi minimi” fissati dal Ministero non sarebbero stati in realtà in contrasto con la normativa europea, dal momento che la legislazione europea vieta solo gli accordi tra “imprese” che possano pregiudicare la concorrenza all’interno dell’Unione - e tale era l’Osservatorio in quanto formato dalle associazioni di categoria - mentre il Ministero non può a tali effetti essere considerato un’”impresa”.
La pronuncia, stante anche le motivazioni contenute nelle due sentenze della Corte di Giustizia tra loro in parte contraddittorie, è destinata a riaccendere il dibattito tra le associazioni di categoria.
***
CONTRATTO DI TRASPORTO SU STRADA – RESPONSABILITA’ DEL VETTORE
– FURTO MERCI – COLPA GRAVE
TRIBUNALE DI TORINO – sentenza del 29 giugno 2016
Il giudice di Torino si è pronunciato su furto di merce di cui è stata vittima un autotrasportatore.
Questi doveva consegnare n. 4 colli di vestiario presso un centro commerciale nella periferia romana ma ignoti, approfittando del temporaneo allontanamento dell’autista, glieli hanno rubati.
Il trasportatore, in difesa, ha sostenuto la fortuità dell’evento avendo l’autista chiuso il furgone a chiave e inserito l’allarme. Tali accorgimenti, secondo i suoi difensori, sarebbero stati adeguati donde nulla in più avrebbe potuto essere a lui richiesto in termini di sorveglianza e protezione del carico.
Durante il corso del processo, tuttavia, è stato accertato che l’antifurto non era stato in realtà inserito e che lo stesso non era satellitare, come invece previsto nel contratto di trasporto; inoltre, non erano stati utilizzati lucchetti antiscasso e il furgone era risultato diverso rispetto a quello indicato nel contratto.
Per tutti questi motivi il Tribunale di Torino ha ritenuto sussistente non solo la responsabilità ex recepto del trasportatore ma anche la sua colpa grave con conseguente non applicabilità dei limiti di responsabilità vettoriale giacché, secondo il giudice, “la sottrazione della merce è dipesa da colpa grave del vettore, posto che non vi è prova che avesse in dotazione un antifurto e che avesse prestato la doverosa e adeguata custodia”.
***
ACCERTAMENTI E RISCOSSIONE IVA INTRACOMUNITARIA AL DI FUORI DEGLI SPAZI DOGANALI – COMPETENZA DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE E NON DELLE DOGANE
CORTE DI CASSAZIONE – sentenza n. 16464 del 05 agosto 2016
Interessante pronuncia della Corte di Cassazione (sezione tributaria) la quale, in materia di IVA intracomunitaria, ha affermato che l’accertamento e la riscossione della stessa al di fuori degli spazi doganali - e in particolare l’accertamento e la riscossione dell’IVA da assolvere all’atto dell’estrazione della merce dai depositi fiscali IVA mediante il meccanismo dell’inversione contabile (cd. “reverse charge”) – è di competenza dell’Agenzia delle Entrate e non dell’Agenzia delle Dogane.
Nel caso in esame il contenzioso riguardava il recupero di IVA intracomunitaria da riscuotere, appunto, fuori dagli spazi doganali e dopo l’immissione in libera pratica, nella misura delle detrazioni effettuate in virtù del meccanismo dell’inversione contabile.
I giudici di legittimità, chiamati ad individuare l’agenzia competente, hanno chiarito che qualora l’immissione in libera pratica (art. 79 del CDC) e l’immissione in consumo (art. 36, comma 2, DPR 43/1973) coincidano, l’Autorità doganale e quella che accerta l’IVA possono parimenti coincidere per economia di procedimento.
Ove invece l’immissione in libera pratica preceda con un certo intervallo temporale l’immissione in consumo, l’Autorità che accerta l’IVA all’importazione/intracomunitaria è l’Agenzia delle Entrate e non può essere invece quella doganale poiché la riscossione dell’IVA al di fuori degli spazi doganali non riguarda la ”fiscalità interna negli scambi internazionali” prevista tra le competenze dell’Agenzia delle Dogane, ai sensi dell’art. 63 D.lgs. n. 300/1999.
***
CONTRATTO DI TRASPORTO FERROVIARIO INTERNAZIONALE DI MERCI – RESPONSABILITA’ DEL VETTORE FERROVIARIO – DANNI DA BAGNAMENTO
TRIBUNALE DI GENOVA – sentenza del 18 agosto 2016
Il Tribunale di Genova è stato chiamato ad esprimersi su un reclamo avente ad oggetto un danno da bagnamento di merce avvenuto durante un trasporto internazionale ferroviario con sub-trasporto svolto da diverse imprese ferroviarie di diversa nazionalità ma regolato da un’unica lettera di vettura CIM.
Il convoglio, in particolare, era stato preso in carica dal primo vettore ferroviario in Romania e successivamente da altre imprese ferroviarie con consegna finale in Italia.
All’arrivo a destino in Italia era stato appunto riscontrato un bagnamento della merce stivata all’interno del vagone ferroviario che era stato chiuso e sigillato alla partenza.
Nell’agire per il risarcimento dei danni contro l’ultimo sub-vettore ferroviario, che gli aveva consegnato materialmente la merce, il destinatario ne ha sostenuto la responsabilità per difetto di custodia della merce.
Gli accertamenti giudiziali hanno però appurato che l’acqua era entrata nel carro ferroviario, di proprietà delle ferrovie slovene, verosimilmente a causa di un difetto nelle guarnizioni delle porte scorrevoli e quindi per un vizio strutturale del carro; ciò era anche implicitamente confermato dalla circostanza che il carro era stato poi trasferito presso un centro di riparazione in Slovenia.
Il Tribunale di Genova ha quindi rigettato la domanda di risarcimento osservando come non potesse essere imputata all’ultimo sub-vettore ferroviario alcuna responsabilità per tali danni non avendo avuto questi alcuna possibilità di accorgersi dell’eventuale difetto strutturale del vagone peraltro consegnatogli dal precedente vettore già chiuso e sigillato.
Poiché l’art. 23 delle Regole CIM (Regole uniformi sul contratto di trasporto internazionale ferroviario di merce) dispone, tra l’altro, che il trasportatore ferroviario è esonerato da responsabilità nella misura in cui la perdita o l’avaria siano stati causati da circostanze che questi non poteva evitare ed alle cui
conseguenze non poteva ovviare, il Tribunale di Genova ha quindi escluso ogni responsabilità del sub-vettore italiano.
***
DOGANA – IVA ALL’IMPORTAZIONE – RESPONSABILITA’ DEL RAPPRESENTANTE INDIRETTO
COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE DI VARESE – sentenza del 15
settembre 2016
Nuova pronuncia in tema di rappresentanza indiretta doganale e relativa responsabilità solidale del dichiarante.
In particolare la CTP di Varese, con la pronuncia in esame, ha sancito come non vi sia alcuna automatica estensione della responsabilità solidale del rappresentante doganale indiretto anche in relazione al pagamento dell’Iva all’importazione dovuta. Nel caso di specie, l’Agenzia delle Dogane aveva notificato ad un importatore di cellulari - e al CAD che ne aveva curato le operazioni in rappresentanza indiretta - una rettifica e contestuale sanzione avente ad oggetto il pagamento di maggior Iva all’importazione.
Il CAD aveva impugnato tali gli atti sostenendo di non essere obbligato – in solido con l’importatore – al pagamento dell’Iva all’importazione trattandosi di imposta avente natura di tributo interno e non di dazio doganale a cui non si applicano gli articoli 201 e 202 del Codice Doganale Comunitario che regolano la rappresentanza in dogana.
La CTP di Varese ha accolto tale eccezioni del CAD e ciò riveste un precedente interessante per tutti gli operatori anche perché un tale orientamento potrebbe e dovrebbe consolidarsi in futuro alla luce dei vari e più recenti interventi della Corte di Giustizia europea in tema di “carattere interno” dell’IVA e di neutralità del relativo sistema rispetto all’origine dei beni.
Sussiste infatti e per il momento un contrario e prevalente orientamento dei nostri giudici tributari (tra le varie la sentenza n. 7720/2013 della Corte di Cassazione e, più di recente, una sentenza della CTR del Lazio del 17/06/2016) a mente del quale la responsabilità per il pagamento dell’IVA non corrisposta si estende automaticamente anche al rappresentante indiretto giacché anche l’Iva all’importazione deve comunque essere considerato un diritto di confine.
***
CONTRATTO DI TRASPORTO MARITTIMO –ASSUNZIONE DEL RUOLO DI SPEDIZIONIERE-VETTORE – PRESUPPOSTI
CORTE DI CASSAZIONE – sentenza n. 18982 del 27 settembre 2016
La Corte di Cassazione si è pronunciata su un sinistro avvenuto durante un trasporto marittimo a danni di un mezzo stradale che era stato imbarcato con merce a bordo su una motonave; durante il tragitto, a causa di un guasto tecnico che aveva determinato lo spegnimento dei motori e il conseguente black-out energetico, la nave si era notevolmente inclinata su un fianco e a seguito di ciò il proprietario del mezzo aveva subito danneggiamenti allo stesso oltre che la perdita totale del carico (uva) trasportato.
Quest’ultimo aveva promosso un giudizio nei confronti dello spedizioniere che aveva curato per suo conto il trasporto ritendendolo direttamente responsabile quale spedizioniere-vettore ex art. 1741 c.c.
La Cassazione ha nell’occasione precisato che lo spedizioniere acquista anche la veste di vettore ex art. 1741 c.c. soltanto ove assuma una unitaria obbligazione di esecuzione, in piena autonomia, del trasporto della merce con mezzi propri o altrui, verso un corrispettivo.
Secondo la Corte, è compito del giudice accertare l’assunzione o meno da parte dello spedizioniere delle obbligazioni del vettore in base agli elementi raccolti nel processo.
Nel caso di specie, i giudici di legittimità hanno escluso che lo spedizioniere avesse agito anche come vettore in quanto il documento di trasporto era stato emesso direttamente dalla compagnia di navigazione e la stessa era ivi indicata quale "vettore".
Anche la fattura emessa dallo spedizioniere riguardava competenze maturate per la sola assistenza all'imbarco e all'emissione della polizza di carico senza però alcun riferimento ad ulteriori obblighi/servizi dallo stesso assunti per l'esecuzione del trasporto.
Secondo i giudici lo spedizioniere non aveva quindi assunto nella circostanza obblighi personali, con mezzo propri o altrui, in ordine all’esecuzione del trasporto ma solo obblighi relativi a servizi ad esso preordinati ed accessori.
***
RESPONSABILITA’ CONCESSIONARIO DELL’ORMEGGIO – SINISTRO NAVALE – AFFONDAMENTO DI IMBARCAZIONE
CORTE DI APPELLO DI GENOVA – sentenza del 01 dicembre 2016
Caso interessante trattato direttamente dal nostro Studio, che ha avuto ad oggetto l’accertamento delle responsabilità a seguito dell’affondamento di un’imbarcazione da diporto durante la piena del fiume Magra nel gennaio 2009.
Durante tale piena l’imbarcazione, che si trovava a terra in un rimessaggio privato per il cui servizio il danneggiato aveva provveduto a firmare apposito contratto di ormeggio, era stata trascinata via e poi era affondata.
La Corte di Appello, confermando la sentenza di primo grado, ha ribadito la responsabilità della società gestrice della struttura di rimessaggio e ormeggio in quanto la stessa aveva l’onere di provare che l’evento era stato imprevedibile o inevitabile e che tutte le precazione suggerite dall’ordinaria diligenza erano state adottate; secondo la Corte il concessionario dell’ormeggio avrebbe poi dovuto, nel caso concreto e in virtù delle specifiche circostanze di fatto, rendersi conto che erano necessarie misure di protezione maggiore rispetto a quelle ordinarie ma non le aveva prestate tempestivamente.
Nel caso in esame erano stati poi prodotti agli atti una serie di messaggi di allerta meteorologica inviati dalla Protezione Civile che invitava gli operatori alla messa in sicurezza delle imbarcazioni; per di più, il regolamento demaniale relativo alla zona del sinistro prevedeva l’obbligo a carico dei concessionari (tra cui vi era la società di rimessaggio e ormeggio) di ancorare saldamente al suolo le strutture e di proteggere dalle sponde del fiume le imbarcazioni trattandosi di aree classificate come inondabili.
Posto che molti di tali accorgimenti non erano stati, appunto, adottati dalla società di rimessaggio ed ormeggio, la stessa è stata quindi condannata a risarcire interamente il danno patito dal proprietario dell’imbarcazione.