SOLUZIONI ESAME 2004 - PARERE DI DIRITTO CIVILE
SOLUZIONI ESAME 2004 - PARERE DI DIRITTO CIVILE
Parere n.1
Xxxxx, Caio e Xxxxxxxxx hanno con distinti contratti datati 10.01.2002 comprato da Xxxxx, venditore, tre appartamenti situati a Roma, senza le necessarie licenze di abitabilità, con l’impegno nell’accordo di ottenere la relativa documentazione entro il 31.07.2002.
Decorso inutilmente tale termine e dato che gli accordi contrattuali non sono stati adempiuti, dopo la messa in mora di Mevio avvenuta il 31.07.2002, Xxxxx, Xxxx e Xxxxxxxxx decidono di rivolgersi ad un avvocato cui raccontano i fatti, come sopra descritti per sapere se hanno la possibilità di svolgere domanda giudiziale che abbia per oggetto sia il risarcimento in forma specifica dell’adempimento delle prestazioni contrattuali sia il riconoscimento di una somma di denaro corrispondente alle spese necessarie per perfezionare le pratiche amministrative per ottenere le relative licenze di abitabilità.
Il candidato, assunte le vesti del legale di Xxxxx, Xxxx e Xxxxxxxxx, rediga parere motivato sulle questioni suggerite in traccia, illustrando le problematiche sottese alla fattispecie in esame.
Commento
La questione attiene alla problematica che discende dalla vendita di un immobile privo della licenza di abitabilità, con particolare riferimento alla possibilità di azione che compete al compratore in conseguenza del non corretto adempimento degli obblighi facenti capo al venditore.
Dal tenore della traccia si evince chiaramente, infatti, che il venditore Xxxxx non ha ottemperato,
nemmeno a seguito di messa in mora da parte dei compratori Xxxxx Xxxx e Xxxxxxxxx, all’obbligo di ottenere e consegnare le licenze di abitabilità degli appartamenti venduti.
La traccia, inoltre, chiede espressamente al candidato di chiarire se i compratori possano svolgere nei confronti del venditore una domanda giudiziale che abbia ad oggetto “sia il risarcimento in forma specifica dell’adempimento delle prestazioni contrattuali, sia il riconoscimento di una somma di denaro corrispondente alle spese necessarie per perfezionare le pratiche amministrative per ottenere le relative licenze di abitabilità”.
In proposito, va innanzitutto rilevato che l’ottenimento e la consegna della licenza di abitabilità da parte del venditore costituisce un obbligo per quest’ultimo, il cui mancato rispetto comporta inadempimento contrattuale. La giurisprudenza ha infatti più volte affermato che la licenza di abitabilità costituisce un requisito giuridico necessario affinchè il bene immobile svolga la sua funzione economico-sociale identificabile con il legittimo godimento e la commerciabilità del bene (tra le altre, x. Xxxx 5/2/01 n. 1602). Conseguentemente, è stato ritenuto che la mancanza di detto requisito integri addirittura la prestazione di aliud pro alio che abilita l’acquirente ai rimedi di cui agli articoli 1453, 1476 e 1477 del codice civile (tra le altre x. Xxxx. 11 /2/98 n. 1391 e Cass. 5/11/90 n. 10616).
La stessa traccia, tuttavia, dà conto dell’inadempimento di Xxxxx e si preoccupa maggiormente di indagare quali siano i rimedi spettanti ai compratori.
In particolare, il problema attiene alla cumulabilità della domanda di risarcimento in forma specifica con quella volta ad ottenere il risarcimento per equivalente pecuniario.
Al riguardo, va segnalato innanzitutto come il rimedio di cui all’articolo 2058 del codice civile venga ritenuto applicabile anche alle obbligazioni contrattuali, ma costituisca una forma di risarcimento alternativo a quello per equivalente pecuniario. Se il risarcimento del danno pecuniario mira, infatti, a reintegrare il patrimonio del danneggiato della diminuzione economica derivatagli dall’inadempimento della prestazione dovuta (che costituisce il danno), va considerato però che l’ottenimento dell’adempimento diretto della prestazione da parte dell’obbligato comporterebbe il venir meno
dell’inadempimento e quindi la rimozione della lesione del patrimonio del danneggiato (e quindi dello stesso danno).
In questa prospettiva, quindi, è stata negata dalla recente giurisprudenza la possibilità di cumulare le due domande che, viceversa, potrebbero esser formulate in via alternativa (Cass. 15/5/03 n. 7529).
Si segnala tuttavia altro precedente orientamento (Cass. 20/8/81 n. 4958) secondo il quale la condanna al risarcimento dei danni in forma specifica non esclude il diritto al risarcimento del danno per equivalente pecuniario, seppur limitatamente al periodo in cui il bene danneggiato sia rimasto pregiudicato nella sua efficienza e godimento.
Parere n.2
Xxxxx si reca da un legale al quale espone quanto segue.
Egli è detentore, nelle vesti di conduttore di un appartamento ad uso abitativo, il quale confina con il fondo di Caio.
Xxxx incaricava Xxxxxxxxx mediante contratto di appalto dei lavori di escavazione per una profondità di 3 m sotto il livello del suolo del terreno e nella parte di terreno confinante con la casa in cui Caio abitava.
In conseguenza dei lavori di escavazione una parete dell’appartamento abitato da Tizio crollava e venivano distrutti i mobili che ivi si trovavano determinando danni complessivi di € 8.000.
Xxxxx chiede un parere motivato circa la proponibilità di un azione giudiziaria diretta nei confronti di Xxxx per il risarcimento dei danni.
Voglia il candidato, assunte le vesti del legale di Xxxx, redigere parere motivato sulle questioni suggerite in traccia, illustrando le problematiche sottese alla fattispecie in esame.
Commento
La traccia verte fondamentalmente sulla soluzione di due problematiche.
La prima riguarda la possibilità del conduttore di un immobile di agire direttamente a tutela di danni patiti dal bene oggetto del contratto di locazione. Nel nostro caso, infatti, Xxxxx, oltre a subire danni al mobilio di sua proprietà lamenta anche il danno causato dal crollo della parete dell’appartamento di cui è conduttore.
Per i danni al mobilio quindi Xxxxx sembrerebbe indubitabilmente titolare di una azione extracontrattuale di cui agli artt. 2043 c.c. e seguenti.
Lo stesso sembrerebbe potersi dire con riferimento poi ai danni subiti dalla cosa locata in quanto, con l’art. 1585 c.c. secondo xxxxx, il legislatore prevede che il conduttore a fronte di molestie di fatto abbia la facoltà di agire direttamente nei confronti dei terzi per la tutela del proprio diritto quando il comportamento di questi diminuisca l’uso o il godimento della cosa.
Tale principio autorizzerebbe il conduttore nel nostro caso ad agire direttamente, chiedendo il ristoro anche dei danni patiti in conseguenza del crollo della parete.
In questo senso si segnalano tra le altre Cass. 12220/03, Cass. Sez. Un. 3567/97 e Cass. 939/95. Quanto al secondo dei problemi proposti dal quesito, il candidato doveva spiegare se il conduttore poteva agire direttamente nei confronti del committente, naturalmente individuando il titolo su cui si poteva fondare l’azione.
Sul punto si segnala che la genericità della fattispecie proposta determina la possibilità di affrontare la soluzione del caso tramite l’applicazione di diversi orientamenti.
Un primo orientamento ritiene configurabile in capo al proprietario-committente una responsabilità per attività pericolosa ex art. 2050 c.c. in conseguenza del fatto che si possono definire attività pericolose non solo quelle così qualificate dalla legge di pubblica sicurezza o da altre leggi speciali, ma anche quelle “che comportano la rilevante possibilità del verificarsi del danno, per la loro stessa natura e per la caratteristica dei mezzi usati” quando si verifichino omissioni di cautele che in concreto sarebbe stato necessario adottare in relazione alla natura dell’attività esercitata. Questa responsabilità viene fatta ricadere sul proprietario del fondo confinante anche se di fatto l’attività è stata data in appalto. (Cass. 1954/03)
Alla stregua di un secondo orientamento, affermato da Xxxx. 5809/90, si potrebbe individuare una responsabilità diretta di Xxxx nella sua qualità di proprietario del fondo confinante ex art. 840 c.c. anche se la esecuzione dei lavori era stata data in appalto. La responsabilità infatti grava in tal caso sul proprietario in quanto tale, non in quanto committente e l’esistenza del rapporto di appalto può consentirgli al più una eventuale rivalsa nei confronti dell’appaltatore. Un ulteriore orientamento sembra aver ispirato un’altra pronuncia che fonda la responsabilità del proprietario-committente sull’art. 2051 c.c. in quanto custode del bene, avendo egli l’obbligo, al fine di evitare la verificazione di danni, di controllare e vigilare l’esecuzione dei relativi lavori (Cass. 3041/99).
Altro orientamento si fonda, infine, sulla eventuale culpa in eligendo del committente il quale potrebbe considerarsi responsabile nel caso in cui il compimento dell’opera o del servizio fossero stati affidati ad una impresa priva della capacità e dei mezzi tecnici indispensabili, in tal caso operando a suo carico il principio del neminem ledere(Cass. 2745/99).