COMPETENZA E GIURISDIZIONE CIV.
COMPETENZA E GIURISDIZIONE CIV.
Competenza :in genere LAVORO (RAPPORTO)
Dimissioni
Lavoro :subordinato in genere OBBLIGAZIONI E CONTRATTI
Interpretazione del contratto :in genere TRANSAZIONE
Riferimenti Normativi CC Art. 1188
CC Art. 1341
CC Art. 1362
CC Art. 1372
CC Art. 1373
CC Art. 1965
CC Art. 2099
CC Art. 2103
CC Art. 2113
CC Art. 2118
CPC Art. 360 REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Xxxx. XXXXXXXXX Xxxxxxx - Presidente Xxxx. XXXXXXXXX Xxxxxx - Consigliere Xxxx. XXXXXXXX Xxxxxxx - Xxxxxxxxxxx Dott. DI XXXXX Xxxxxxxx - Consigliere Xxxx. XXXXXXXX Xxxxx - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
AIR VALLEE s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti XXXXXX Xxxxx, Xxxxx Xxxxxxxxx, Xxxxxxxx Xxxxxxx e Xxxxx Xxxxx, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma alla xxx Xxxxx 0, xxxxxx procura per notar Xxxxx Xxxxxx del 20 giugno 2003, n. repertorio 153509;
- ricorrente - contro
XXXX Xxxxx rappresentato e difeso dagli avv.ti XXXXXXXXX Xxxxx e Xxxxxx Xxxxx, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma al xxxxx Xxxxxxx 00, giusta procura a margine del controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino-Sezione Lavoro n. 586/02 del 3 luglio 2002 (resa nel giudizio di appello avente il n. di r.g. Ili 1/2000).
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12 luglio 2000 dal consigliere Xxxxx Xxxxxxxx;
Udito l'avv. Xxxxx Xxxxx;
Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Xxxx. XXXXXXXX Xxxxxx che ha concluso per "l'accoglimento del ricorso per quanto di ragione".
Svolgimento del processo
Con ricorso dinanzi al Tribunale di Aosta Xxxxx Xxxx proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui la s.p.a. Air Vallee (sua ex datrice di lavoro) gli aveva ingiunto il pagamento della somma di L. 33.000.000, oltre gli interessi legali, in forza dell'accordo sottoscritto in data 12 luglio 1996 - mediante il quale la cerniate società datrice di lavoro si assumeva ogni onere concernente l'effettuazione di un corso di abilitazione negli Stati Uniti del Ronc (pilota in addestramento di primo livello) e si conveniva che, in caso di dimissioni del Ronc prima del termine di quattro anni dalla conclusione di detto xxxxx, lo stesso avrebbe dovuto rimborsare alla società la somma, appunto, di L. 33.000.000 corrispondente al costo del corso di abilitazione - e in relazione al fatto che il Ronc si era dimesso in data 30 settembre 1997 e, dunque, prima della scadenza del termine quadriennale di cui al citato accordo.
Il ricorrente in opposizione deduceva l'annullabilità dell'accordo in questione ai sensi dell'art. 2113 cod. civ., trattandosi di una transazione avente ad oggetto diritti indisponibili e, in subordine, deduceva l'annullabilità dello stesso per vizio del consenso; in via riconvenzionale, poi, chiedeva la condanna della datrice di lavoro al pagamento di tutte le differenze retributive dovute al suo errato inquadramento quale pilota in addestramento anzichè quale membro effettivo di equipaggio.
Nel relativo giudizio si costituiva la s.p.a. Air Vallee che contestava tutte le avverse pretese e chiedeva la conferma dell'opposto decreto ingiuntivo.
L'adito Tribunale di Aosta - con sentenza del 13 maggio 2000 - revocava l'opposto decreto ingiuntivo e condannava la s.p.a. Air Vallee a pagare al Ronc la somma di
L. 28.577.984 e - su appello principale della società e appello incidentale del Ronc
- la Corte di Appello di Torino così provvedeva: "respinge l'appello principale; in parziale accoglimento dell'appello incidentale condanna la s.p.a. Air Vallee a pagare a Xxxx Xxxxx la somma di E. 2, 498, 38, oltre interessi e rivalutazione dal dovuto al saldo, ed a rimborsare al medesimo i 2/3 delle spese del primo grado e del presente grado".
Per quello che rileva in questa sede la Corte territoriale ha rimarcato che: a/1) "poichè è pacifico che tra le parti era in corso un rapporto di lavoro subordinato e poichè non vi è traccia di un contratto scritto di segno, eventualmente, contrario, si deve ritenere che si trattasse di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato"; a/2) "se così è, però, l'accordo di cui si discute ha comportato un limite non
indifferente alla facoltà di recesso del lavoratore dipendente, essendosi questi assunto l'obbligo di provvedere al pagamento di una somma di denaro di importo variabile - ma consistente - in relazione al momento del recesso futuro: in altre parole, il dipendente ha limitato notevolmente la propria facoltà di recesso, facoltà che egli invece aveva 'in qualunque momentò ai sensi dell'art. 2118 c.c., disposizione sicuramente inderogabile";
a/3) "sussiste dunque la lesione di diritti indisponibili del lavoratore subordinato a tempo indeterminato, lesione che giustifica l'impugnazione e l'annullamento dell'accordo de quo, come sancito dal primo giudice"; b) la domanda appare sufficientemente chiara, corredata di tutti gli elementi necessari sia alla sua piena identificazione giuridica sia alla sua disamina, nonchè e soprattutto di tutti gli elementi prescritti dall'art. 414 cod. proc. civ., e ciò anche se non ne è stato indicato con precisione, nel ricorso introduttivo, il quantum"; c) "il ctu., nominato in grado di appello ha spiegato le modalità operative seguite, modalità che superano i dubbi prospettati dall'appellante principale, in quanto ha evidenziato come le fonti utilizzate siano, per ammissione concorde delle parti, il regolamento interno, il "c.c.n.l. industria metalmeccanica privata" e la legge, come l'indennità di contingenza sia quella dell'operaio comune del citato "c.c.n.l.", come l'indennità di volo risulti sempre corrisposta dalla s.p.a. Air Vallee in misura fissa, "per importo diverso a seconda dei livelli di inquadramento del dipendente", precisando ancora come sull'indennità di volo - in base al raffronto con le retribuzioni di tutti gli altri piloti della società - non incida assolutamente l'anzianità di servizio".
Per la cassazione di tale sentenza la s.p.a. Air Xxxxxx propone ricorso affidato a cinque motivi e sostenuto da memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
L'intimato Xxxxx Xxxx resiste con controricorso.
Motivi della decisione
1 -. Si deve, anzitutto dichiarare - come richiesto dalla società ricorrente con la summenzionata memoria difensiva - l'inammissibilità del controricorso proposto dall'intimato con atto notificato in data 19 settembre 2003 e quindi, essendo stato il ricorso per cassazione notificato il 23 giugno 2003, dopo che era scaduto il termine perentorio ex primo comma dell'art. 370 cod. proc. civ..
A conferma della declaratoria di inammissibilità si evidenzia che la cd. sospensione feriale dei termini processuali non si applica alle controversie di lavoro e previdenza neppure nel giudizio di Cassazione (Cass. n. 20372/2004 e, in generale, Cass. sezioni unite n. 13970/2004).
2 -. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente - denunciando "la violazione degli artt. 1965 e 2113 cod. civ. e degli arti 1362 e segg. cod. civ. nell'interpretazione dell'accordo 12 luglio 1996, nonchè difetto di motivazione" - censura la sentenza impugnata per avere la Corte di Appello di Torino omesso Tesarne dell'accordo cerniate e della sua reale qualificazione, ritenendone la natura transattiva sulla
base di elementi che non attestavano affatto che di vera e propria transazione si fosse trattato.
Con il secondo motivo la società ricorrente - denunciando "la violazione dell'art. 2113 c.c. in relazione agli artt. 2118 cod. civ. e 36 Cost, degli artt. 1362 e segg. cod. civ. nell'interpretazione dell'accordo 12 luglio 1996 e dell'art. 112 cod. proc. civ., nonchè difetto di motivazione" - addebita alla Corte territoriale di avere erroneamente respinto "l'eccezione della società inerente l'oggetto della ravvisata transazione" e censura quale "petizione di principio, ed in palese contraddizione con la riconosciuta natura di "rimborso delle spese", l'aver ritenuto - come ha fatto la Corte di Appello di Torino - che la pattuizione in esame avrebbe potuto incidere sui livelli retributivi minimi".
Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente - denunciando "la violazione degli artt. 732 e 739 cod. civ. e 2 del d.P.R. n. 1411/1967, dell'art. 1372 cod, civ. e degli artt. 112 e 116 cod. proc. civ., nonchè vizio di motivazione" - rileva che "la decisione della Corte di Xxxxxxx in merito alla domanda di differenze retributive conseguenti al preteso errato inquadramento appare erronea, priva come essa è di ragioni obiettive, sufficienti ed adeguate - alla stregua delle risultanze e della stessa regolamentazione in atti (se ritenuta applicabile) - a suffragare il convincimento espresso nella decisione impugnata".
Con il quarto motivo la ricorrente - denunciando 'Violazione degli artt. 2099 e 2103 cod. civ. e degli artt. 1362 e 1363 cod. civ., nonchè vizio di motivazione" - rileva che "il giudice di appello ha fatto, apoditticamente, applicazione di una regola inesistente, non esistendo, infatti, nel rapporto di lavoro privato, alcun principio di parità di trattamento economico che possa condurre ad una automatica perequazione della posizione economica di due soggetti (fra l'altro con storia professionale, anzianità e mansioni differenti)".
Con il quinto motivo di ricorso la società ricorrente -denunciando "violazione dell'art. 1 del r.d.l. n. 1334/1997 e degli artt. 1188 e segg. cod. civ., nonchè vizi di motivazione" - censura il capo della sentenza impugnata concernente il "congedo matrimoniale" e quello relativo alle "ferie non godute", asserendo (con riferimento alla prima di dette censure) che "le argomentazioni della Corte di Appello di Torino manifestano, al loro interno, un insanabile contrasto, con conseguente necessità di cassazione della relativa statuizione". 3 -. I primi due motivi di ricorso
- esaminabili congiuntamente in quanto intrinsecamente connessi - si appalesano fondati.
Infatti, del tutto erroneamente la Corte territoriale ha qualificato l'accordo contrattuale intervenuto tra le parti in data 12 luglio 1996 quale "vera e propria transazione" e ciò in chiaro contrasto con il contenuto dell'atto in contestazione interpretato dal giudice del merito in violazione dei canoni ermeneutici ex art. 1362 cod. civ. specie del fondamentale e prioritario "criterio letterale" che resta suscettibile d'integrazione mediante gli altri criteri interpretativi - i quali svolgono una funzione sussidiaria e complementare - solo quando le espressioni dei contraenti siano di oscuro o equivoco significato (Cass. sez. un. n. 4635/1988) per pervenire, così nella specie, ad una inesatto accertamento e, conseguentemente, ad una illegittima definizione del contratto de quo quale "contratto di transazione".
Al riguardo si rimarca che con il summenzionato accordo le parti - dopo avere premesso che: a) era in corso un rapporto di lavoro con il Ronc per l'espletamento di mansioni di copilota; b) i piloti ed i copiloti preposti alla conduzione del velivolo Learjet 31 (di proprietà della società datrice di lavoro) dovevano possedere l'abilitazione ministeriale; e) il Ronc doveva svolgere un corso di addestramento da tenersi in U.S.A. al fine di conseguire detta abilitazione di cui non era in possesso; d) la società intendeva provvedere a far effettuare il corso di abilitazione al Ronc con una spesa a suo carico del costo di L. 33.000.000 avente una durata di ammortamento di anni tre - stabilivano espressamente quanto segue: "1) il Ronc accetta di effettuare l'abilitazione; 2) la società si impegna a farsi carico delle spese necessarie al conseguimento dell'abilitazione; 3) il Ronc si impegna a prestare servizio alle dipendenze della società quale copilota per almeno quattro anni interi dopo il conseguimento del corso; 4) il Ronc, in caso di dimissioni anticipate, sarà tenuto a rimborsare alla società la quota di spese non ammortizzata nel previsto periodo di anni tre in modo che l'eventuale cessazione del rapporto nell'anno 1997 prevedere il rimborso totale della spesa di L. 33.000.000, l'eventuale cessazione del rapporto nell'anno 1998 prevedere il rimborso di 2/3 della spesa di L. 33.000.000, l'eventuale cessazione del rapporto nell'anno 1999 prevedere il rimborso di 1/3 della spesa di L. 33.000.000".
Benvero, anche se costituisce indirizzo giurisprudenziale scontatamente consolidato che l'interpretazione della volontà negoziale delle parti compiuta dal giudice di merito non è soggetta al sindacato di legittimità (da ultimo, ex plurimis, Cass. n. 20593/2004) e in particolare che l'accertamento della natura transattiva o meno di un negozio è rimessa all'apprezzamento di fatto del giudice di merito sottratto al sindacato di legittimità, sempre in base alla cennata giurisprudenza è stato pure stabilito che siffatto accertamento della volontà degli stipulanti in relazione al contenuto del contratto appare, invece, censurabile in Cassazione quando la motivazione non consenta la ricostruzione dell'iter logico seguito da quel giudice per giungere ad attribuire al negozio un determinato significato oppure nel caso di violazione delle norme di ermeneutica ex art. 1362 e segg. cod. civ. ovvero se la relativa decisione non sia sorretta da una motivazione congrua, logica e completa.
Al riguardo, specie alla luce del disposto del n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ. e del raffronto tra il testo vigente e quello anteriore alla "novella" del 1950, la Corte regolatrice non può abdicare ad ogni compito di verifica della sussistenza di una "valida" motivazione, dovendosi pur sempre discriminare tra obbligo formale di motivare e obbligo di fondare in modo sufficiente il proprio convincimento: ma, in entrambe le ipotesi, è imposto al giudice di spiegare il decisum in base a criteri non viziati da errori logici o giuridici e, anche, di risolvere la questione di fatto secondo i canoni metodologici che dall'ordinamento giuridico sono per essa immediatamente espressi o, comunque, ricavabili: doveri che, nella specie, la Corte di appello di Torino non ha sicuramente osservato quando ha qualificato "vera e propria transazione" l'accordo contrattuale dinanzi testualmente trascritto ove dal relativo dato letterale (chiarissimamente emergente dalle espressioni usate dalle parti contraenti a conferma della comune intenzione delle stesse) non si
evinceva certo resistenza di una res dubia costituente elemento essenziale qualificante una transazione ex art. 1965 cod. civ..
In particolare, a conferma dell'erroneità della decisione della Corte territoriale su tale punto, si rimarca che - al fine di ritenere una transazione validamente perfezionata - è necessario, da un lato, che essa abbia ad oggetto una res dubia (e, cioè, che cada su un rapporto giuridico avente, almeno nella opinione delle parti, carattere di certezza) e, dall'altro, che, nell'intento di far cessare la situazione di dubbio, venutasi a creare tra loro, i contraenti si facciano delle concessioni reciproche; l'oggetto della transazione, peraltro, non è il rapporto o la situazione giuridica cui si riferisce la discorde valutazione delle parti, ma la lite cui questa ha dato luogo o può dar luogo, e che le parti stesse intendono eliminare mediante reciproche concessioni, che possono consistere anche in una bilaterale e congrua riduzione delle opposte pretese, in modo da realizzare un regolamento di interessi sulla base di un quid medium tra le prospettazioni iniziali (Cass. n. 6662/2001).
Parimenti errata - sulla base di un percorso argomentativo viziato anch'esso da errori logico-giuridici e insufficiente - è la statuizione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui con l'accordo contrattuale de quo si sarebbe verificata "una lesione di diritti indisponibili del lavoratore subordinato che giustificava l'impugnazione e l'annullamento dell'accordo".
A conferma della cennata erroneità vale riportarsi integralmente - anche per la relativa parte motivazionale - alla decisione di questa Corte (in fattispecie del tutto identica alla presente e, cioè, di contratto stipulato tra un pilota e una compagnia aerea che aveva sostenuto i costi dell'addestramento per il conseguimento dell'abilitazione a condurre un dato tipo di aeromobile) a mente della quale "il lavoratore subordinato può liberalmente disporre della propria facoltà di recesso dal rapporto, come nell'ipotesi di pattuizione di una garanzia di durata minima dello stesso, per cui non contrasta con alcuna norma o principio dell'ordinamento giuridico la clausola con cui vengono previsti limiti all'esercizio di detta facoltà, stabilendosi a carico del lavoratore un obbligo risarcitorio per l'ipotesi di dimissioni anticipate rispetto ad un periodo di durata minima; con l'ulteriore precisazione che la medesima clausola non rientra neppure in alcuna delle ipotesi (^ cui al secondo comma dell'art. 1341 cod. civ., per le quali è richiesta l'approvazione specifica per iscritto (così espressamente Cass. n. 1453/1998).
In conclusione, la statuizione del Giudice di appello su tale punto deve essere cassata con rinvio della causa ad altro giudice perchè proceda al riesame - anche in relazione alla prevista procedura di "ammortamento" - dell'accordo contrattuale in questione che non deve essere qualificato come "transazione" e, comunque, non è attinente a "diritti indisponibili" del lavoratore.
4 -. Il terzo ed il quarto motivo di ricorso - oggetto di esame unitario perchè connessi - non sono, invece, meritevoli di accoglimento.
Al riguardo le censure proposte dalla società ricorrente si appuntano sostanzialmente nei confronti delle risultanze della "nuova" consulenza tecnica disposta dalla Corte d'appello che ha "quantificato" le differenze retributive a credito del Ronc, ma l'ammissibilità di tali dettagliatissime censure urta in questa sede con il principio secondo il quale nel giudizio di legittimità non possono
essere prospettati termini nuovi di dibattimento non tempestivamente affrontati nelle precedenti fasi e che trova peculiare applicazione con riferimento alle contestazioni mosse alle conclusioni del consulente tecnico e, per esse, alla sentenza che le abbia recepite in sede di motivazione: sicchè dette contestazioni sono ammissibili in sede di ricorso per Cassazione sempre che ne risulti la tempestiva proposizione dinanzi al giudice di merito, e che la tempestività di tale proposizione risulti, a sua volta, dalla sentenza impugnata o, in mancanza, da adeguata segnalazione contenuta nel ricorso, con specifica indicazione dell'atto del procedimento di merito in cui le contestazioni predette erano state formulate, onde consentire alla Corte di controllare, ex actis, la veridicità dell'asserzione prima di esaminare nel merito la questione sottopostale.
Nella specie la ricorrente non ha adempiuto ai cennati specifici oneri, per cui i relativi motivi di ricorso non possono che essere dichiarati inammissibili.
5 -. Xxxx, al contrario, trovare accoglimento il quinto motivo di ricorso in base al quale è stata denunciata la contraddittorietà della motivazione nel punto in cui il Giudice di appello - pur riportandosi (come dinanzi si è constatato con ogni relativa implicazione) alle risultanze della consulenza tecnica di ufficio - si è discostato da tali risultanze nel punto concernente "il congedo matrimoniale" che - giusta quanto viene apoditticamente rilevato in sentenza - "il c.t.u. non ha ricompreso nel computo globale del dovuto".
Al riguardo sussiste, pertanto, un evidente vizio di motivazione - confermandoci qui quanto dinanzi rimarcato in generale sub "capo" 3^ - a cui non può certo supplirsi con la stentorea affermazione contenuta in sentenza della sussistenza di un generico "errore materiale": per cui anche su tale punto la decisione della Corte di appello di Torino deve essere cassata con rinvio della causa ad altro giudice per il riesame della relativa questione.
6 -. In definitiva, alla stregua delle considerazioni svolte, debbono essere accolti il primo, il secondo ed il quinto motivo di ricorso e vanno rigettati il terzo ed il quarto motivo; per l'effetto la sentenza impugnata deve essere cassata - in relazione ai motivi di ricorso siccome accolti - e la causa rinviata ad altro giudice
- che si designa nella Corte di Appello di Genova - perchè proceda al riesame della controversia entro i limiti suindicati e provveda, poi, alla corretta motivazione del conseguente decisum.
Il Giudice del rinvio provvedere, altresì, in ordine alle spese del giudizio di Cassazione (art. 385, terzo comma, cod. proc. civ.).
P. Q. M.
La Corte accoglie il primo, il secondo ed il quinto motivo di ricorso; rigetta il terzo ed il quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Genova.
Così deciso in Roma, il 12 luglio 2005. Depositato in Cancelleria il 7 settembre 2005