CIRCOLARE A.F.
N.38
del 28 Febbraio 2013
CIRCOLARE A.F.
Ai gentili clienti
A rischio la collaborazione a progetto per le attività di promoter, contratto valido per ONG/ONLUS
Gentile cliente, con la presente desideriamo informarla che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la circolare n. 7 del 20.02.2013 ha fornito alcuni chiarimenti operativi circa la possibilità di applicare il contratto di collaborazione a progetto ad alcune ipotesi particolari di prestazione di lavoro. Secondo il mutato quadro della riforma del lavoro, infatti, le collaborazioni a progetto devono possedere requisiti molto più specifici rispetto alla disciplina previgente, secondo cui, invece, esistevano margini di sovrapposizione con il lavoro dipendente subordinato. Al fine di limitare il ricorso all’istituto della collaborazione a progetto per evitare le tutele del lavoro dipendente sono state introdotte alcune presunzioni che comportano la riqualificazione del rapporto in lavoro subordinato a tempo indeterminato. In particolare: i) per le collaborazioni prive di progetto vale una presunzione assoluta che riqualifica il rapporto in lavoro subordinato; ii) per le collaborazioni svolte con modalità simili a quelle del lavoro subordinato vale una presunzione relativa che riqualifica il rapporto in lavoro subordinato (salvo prova contraria). Visti gli effetti decisamente rilevanti di tale modifica, il Ministero con la circolare n. 7 del 20.02.2013 ha fornito alcuni chiarimenti circa l’ambito di applicazione del “nuovo” contratto di collaborazione a progetto, con particolare riguardo alla possibilità di utilizzare tale strumento per il lavoro svolto all’interno di ONG/ONLUS e soprattutto (si intende più che altro per la diffusione numerica della figura professionale) per lo svolgimento dell’attività di promoter.
Premessa
1
Con la riforma del lavoro il legislatore ha introdotto disposizioni di maggior rigore in materia di lavoro a progetto. Viene richiesta, in particolare, la previsione di un progetto/obbiettivo specifico e non astratto, tale da rendere individuabile il termine della prestazione da parte del lavoratore con il raggiungimento di un risultato. Rispetto alla disciplina previgente, quindi, l’utilizzo dello strumento viene limitato a specifici affari e in specifiche ipotesi: vengono eliminati (come era intenzione del legislatore) gli spazi di sovrapposizione con il lavoro dipendente a cui invece si prestava la previgente disciplina. Vengono previsti, inoltre, alcuni meccanismi di riqualificazione del rapporto in lavoro dipendente, nel caso in cui il datore di lavoro utilizzi tale strumento senza rispettarne la disciplina sostanziale.
Vista la necessità di istruzioni nell’ottica della prima applicazione dell’istituto riformato del lavoro a progetto, il Ministero con la circolare n. 7 del 20.02.2013 ha fornito precisazioni circa l’utilizzo di tale strumento nelle seguenti ipotesi:
attività di promoter;
impiego dell’istituto nelle ONLUS e nelle ONG.
Il “progetto” nella disciplina post-riforma
La legge n. 92/2012 ha previsto la modifica di alcune disposizioni del D.Lgs. n. 276/2003, al fine di delineare maggiormente le caratteristiche del lavoro a progetto e differenziarlo dal contratto di lavoro subordinato. Le modifiche più incisive riguardano, in particolare, la definizione del progetto, in riferimento al quale la riforma del lavoro ha “soppiantato” la vecchia disciplina, conferendo una nuova veste all’istituto, che inevitabilmente si ripercuote sul suo utilizzo da parte dei datori di lavoro.
L'artico 61 del D.Lgs. n. 276 del 2003 (Legge Biagi) a seguito delle modifiche della riforma del lavoro stabilisce che i rapporti di collaborazione devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Il progetto, quindi, non è più riconducibile a programmi di lavoro o a fasi di quest’ultimo.
Il progetto:
deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale;
non può consistere in una mera riproposizione dell'oggetto sociale del committente.
OSSERVA
Non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, così come individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
2
Riguardo al risultato finale della collaborazione il Ministero con la circolare 29/2012 ha precisato che:
il progetto deve essere funzionalmente collegato ad un determinato risultato finale;
in relazione alla forma del contratto è esplicitamente richiesta la "descrizione del progetto" (in precedenza si richiedeva la semplice "indicazione del progetto").
Pertanto, il contenuto del progetto deve necessariamente indicare l'attività prestata dal collaboratore in relazione alla quale si attende il raggiungimento di un determinato risultato obiettivamente verificabile (il risultato finale costituisce sia parte integrante del progetto sia elemento necessario ai fini della sua validità).
OSSERVA
La necessaria previsione di un risultato finale differenzia in modo particolare l’utilizzo di tale strumento contrattuale: il contratto potrà, infatti, essere utilizzato, ad esempio, per lo sviluppo di uno specifico software, ma non per svolgere l’attività necessaria alla sua gestione.
L'art. 61, al comma 1 stabilisce che "il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contraiti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale". La circolare 29/2012 precisa che tale disposizione ha la funzione di individuare la genuinità del contratto a progetto. Al riguardo viene precisato che i compiti meramente esecutivi sono quelli caratterizzati dalla mera attuazione di quanto impartito, anche di volta in volta, dal committente, senza alcun margine di autonomia anche operativa da parte del collaboratore.
Per quanto riguarda i compiti meramente ripetitivi, il concetto di "ripetitività" indica quelle attività rispetto alle quali non è necessaria alcuna indicazione da parte del committente.
Alla luce di quanto sopra precisato, il Ministero del Lavoro con la circolare n. 29/2012, tenuto conto di orientamenti giurisprudenziali già esistenti, procede ad una elencazione di ipotesi, meramente esemplificative e non esaustive, in presenza delle quali è difficilmente inquadrabile lo schema contrattuale del lavoro a progetto:
addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici; addetti
alle agenzie ippiche; addetti alle pulizie; autisti e autotrasportatori; baristi e camerieri; commessi e addetti alle vendite; custodi e portieri; xxxxxxxxx e parrucchieri; facchini; istruttori di autoscuola; letturisti di contatori; magazzinieri; - manutentori; - muratori e qualifiche operaie dell'edilizia; piloti e assistenti di volo; prestatori di manodopera nel settore agricolo; addetti alle attività di segreteria
3
e terminalisti; addetti alla somministrazione di cibi o bevande; prestazioni rese nell'ambito di cali center per servizi cosiddetti in bound;
TABELLA RIASSUNTIVA | |
Il “progetto” | |
Caratteristica principale | Deve essere funzionalmente collegato a un determinato risultato finale. |
Il risultato deve essere obbiettivamente verificabile. | |
Forma del contratto | Deve essere menzionato il progetto. |
Le mansioni non devono essere: | Meramente esecutive ovvero quelle caratterizzate dalla mera attuazione di quanto impartito, anche di volta in volta, dal committente, senza alcun margine di autonomia anche operativa da parte del collaboratore. |
Meramente ripetitive. Il concetto di "ripetitività" indica quelle attività rispetto alle quali non è necessaria alcuna indicazione da parte del committente. |
OSSERVA
Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e, in relazione a ciò nonché alla particolare natura della prestazione e del contratto che la regola, non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati.
Riqualificazione del rapporto
La previsione di un progetto, come detto, appare particolarmente importante anche ai fini della verifica da parte degli enti accertatori, in quanto la riforma prevede la possibilità di riqualificare i rapporti che non rispettano la nuova disciplina in rapporti di lavoro subordinato.
OSSERVA
Si rammenta che le novità introdotte dalla Legge 92/2012 trovano applicazione esclusivamente per i contratti di collaborazione stipulati successivamente al 18 luglio 2012, data di entrata in vigore della medesima L. 92/2012.
Bisogna distinguere due ipotesi di riqualificazione:
4
per mancata individuazione del progetto;
per svolgimento di attività con modalità simili a quelle del lavoro subordinato.
In riferimento alla prima ipotesi, l'art. 69, comma 1, dispone che la mancata individuazione del progetto determina la costituzione di un rapporto di lavoro di natura subordinata a tempo indeterminato. Secondo il Ministero del Lavoro, la mancanza dell'elemento progettuale - che costituisce parte integrante della fattispecie contrattuale - consente di ricondurre il rapporto posto in essere a quello che il Legislatore considera il "contratto dominante" e "la forma comune di rapporto di lavoro" ossia il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (art. 1, commi 1 lett. a e 9 lett. a, della L. n. 92/2012).
OSSERVA
Al riguardo occorre, inoltre, evidenziare che il Legislatore è intervenuto con una norma di interpretazione autentica chiarendo, con l'art. 1, comma 24, della L. n. 92/2012, che il citato articolo "si interpreta nel senso che l 'individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato".
In riferimento alla seconda ipotesi sopra indicata, il comma 2 dell'art. 69 disciplina l'ipotesi in cui il collaboratore a progetto:
esegua le prestazioni in maniera non autonoma;
con modalità analoghe a quelle dei lavoratori subordinati.
In questo caso opera una presunzione relativa di subordinazione, suscettibile di prova contraria da parte del committente, il quale potrà, quindi, dimostrare in giudizio la genuinità della collaborazione. La disposizione pertanto:
non preclude che il collaboratore svolga le medesime attività dei lavoratori
dipendenti, purché le svolga con modalità organizzative radicalmente diverse;
prevede, qualora il collaboratore svolga attività diverse ma con le medesime modalità caratterizzanti la prestazione resa da lavoratori dipendenti della stessa impresa (ad es. rispetto di un orario di lavoro, assoggettamento a potere direttiva ecc.), la presunzione trova applicazione.
OSSERVA
Bisogna, infine, evidenziare che la presunzione relativa di cui all'art. 69, comma 2, non si applica per le prestazioni di elevata professionalità meglio declinate dalla contrattazione collettiva comparativamente più rappresentativa sul piano nazionale
5
mediante specifiche clausole.
Collaborazione a progetto per i promoter
Con la circolare n. 7 del 20.02.2013 il Ministero ha chiarito che l’attività dei promoter sono principalmente svolte con modalità simili a quelle del lavoratore dipendente, e pertanto lo strumento della collaborazione a progetto può essere difficilmente utilizzato in riferimento a tale figura professionale (il datore di lavoro sarebbe costretto a provare la genuinità del rapporto).
Al riguardo ricordiamo che il lavoro dei promoter si svolge normalmente presso fiere, centri commerciali, convegni (ecc.) e consiste sia nell'organizzazione di un evento e/o sponsorizzazione di un determinato prodotto, mediante la consegna del materiale promozionale o attraverso la pubblicizzazione di specifiche qualità ed offerte in ordine al prodotto stesso. La figura del promoter, pertanto, va ad identificarsi non solo con colui o colei che si limita a promuovere un prodotto, ma anche con chi lo vende nell’ambito di strutture commerciali. In proposito il Ministero evidenzia che “tali attività tendenzialmente involgono l’espletamento di compiti per lo più di carattere operativo in attuazione di indicazioni organizzative e logistiche impartite dall’azienda committente, senza la possibilità di rinvenire significativi margini di autodeterminazione da parte del lavoratore, la cui attività, peraltro, non presenta profilli di particolare complessità”.
Il Ministero ritiene che la figure descritte finiscano con lo svolgere attività con caratteristiche pressoché analoghe a quelle dei commessi e/o addetti alle vendite che, come già chiarito con circ. n. 29/2012, difficilmente risultano inquadrabili nell’ambito di un genuino rapporto di collaborazione coordinata e continuativa a progetto, pur risultando astrattamente riconducibili ad altri rapporti di natura autonoma.
Collaborazione a progetto, ONG e ONLUS
In merito alle ONG/ONLUS e ad altre e diverse tipologie di organizzazioni socio assistenziali, il Ministero ricorda che le stesse operano prioritariamente per il raggiungimento di scopi sociali e umanitari (ad esempio miglioramento dell’ambiente, rispetto dei diritti umani, incremento del benessere per le fasce di popolazione meno abbienti ecc.).
La finalità sociale di ciascuna organizzazione non governativa caratterizza evidentemente il suo oggetto e dunque l’attività svolta dagli appartenenti alla stessa, che operano attraverso forme di collaborazione gratuite ovvero mediante tipologie contrattuali di natura subordinata o autonoma.
6
Nell’ambito di tale attività è possibile individuare specifici progetti che, pur contribuendo al raggiungimento dello scopo sociale, se ne distinguono per una puntuale declinazione di elementi specializzanti che consentono anche l’attivazione di forme di collaborazione coordinata e continuativa riconducibili alla disciplina di cui agli artt. 61 e ss. del D.Lgs. n. 276/2003. In sostanza, ove l’attività del collaboratore sia connotata da elementi di specificità puntualmente declinati nel progetto e finalizzati al raggiungimento di un autonomo risultato conseguito attraverso una attività che presenti margini di autodeterminazione del prestatore, appare possibile l’utilizzo della tipologia contrattuale in esame.
Più in particolare, la sussistenza di una genuina xx.xx.xxx. è condizionata, nei settori in esame,
alla presenza dei seguenti elementi:
assoluta determinatezza dell’oggetto dell’attività inteso anche come parte integrante del più generale obiettivo perseguito dall’organizzazione;
circoscritta individuazione dell’arco temporale per l’espletamento dell’attività progettuale in funzione dello specifico risultato finale;
apprezzabili margini di autonomia anche di tipo operativo da parte del collaboratore, obiettivamente riconoscibili nelle modalità di svolgimento della prestazione stessa ossia per lo svolgimento di compiti non meramente esecutivi;
possibilità di obiettiva verifica circa il raggiungimento dei risultati attesi.
Lo Studio rimane a disposizione per ogni ulteriore chiarimento e approfondimento di Vostro interesse. Cordiali saluti
DOTTORESSA XXXX XXXXXX
7