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Affitto di azienda, retrocessione al fallimento, disciplina dei rapporti pendenti e responsabilità per i crediti di lavoro
Tribunale di Monza, 19 novembre 2013. Presidente Xxxxxxxxxxx, xxxxxxxxx Xxxxxxx.
Fallimento - Accertamento del passivo – Domanda cd. ultratardiva - Credito sorto successivamente alla scadenza del termine - Credito di lavoro riconducibile alla sopravvenuta risoluzione del contratto di affitto di azienda - Ammissibilità.
E' ammissibile, anche se ultratardiva, la domanda di insinuazione per crediti di lavoro se il fatto generatore del credito che si vuole insinuare al passivo fallimentare è sorto in un momento successivo allo spirare del termine decadenziale essendo riconducibile alla sopravvenuta risoluzione del contratto di affitto d’azienda ed alla conseguente retrocessione dell’azienda e del rapporto di lavoro in capo al fallimento.
IL XXXX.xx
Fallimento - Affitto di azienda - Retrocessione al curatore - Rapporti giuridici pendenti retroceduti con l'azienda - Facoltà di scioglimento ex artt. 72 ss. L.F. - Sussistenza.
In caso di retrocessione dell’azienda in affitto al curatore, spetta al curatore ogni decisione relativa ai rapporti giuridici pendenti retroceduti con l’azienda, con riferimento ai quali conserva la facoltà di sciogliersi da essi secondo le regole generali di cui agli artt. 72 e seguenti L.F., senza distinzione tra il rapporto d'affitto già in essere proseguito alla data del fallimento e quello concluso ex novo.
Fallimento - Affitto di azienda - Retrocessione al curatore - Rapporti giuridici pendenti retroceduti con l'azienda - Subentro del curatore nel contratto - Effetti.
La decisione del curatore di non avvalersi della facoltà di sciogliersi dai contratti preesistenti alla dichiarazione di fallimento e di proseguire il rapporto, in quanto scelta necessitata e condizionata dall’inderogabile funzione propria della gestione concorsuale di assicurare quella finalità conservativa dei valori di funzionamento dell’azienda in grado di consentire una migliore liquidazione nell’interesse dei creditori concorrenti pregressi, non può produrre nella massa fallimentare effetti, per la massa stessa e per l’affittuario, differenziati nel caso in cui il curatore sia subentrato nel contratto rispetto a quando l’abbia concluso ex novo.
Fallimento - Affitto di azienda - Retrocessione al fallimento - Responsabilità del fallimento per i crediti dei lavoratori c.c. - Esclusione.
Nel caso di retrocessione dell’azienda affittata, la regola della responsabilità tra cedente (l’originario affittuario) e cessionario (il concedente iniziale) circa i crediti dei lavoratori di cui all'art. 2560 c.c. non è applicabile al fallimento, anche in assenza della specifica deroga di cui all’art. 104 bis, comma 6, L.F., in quanto, in caso di cessazione di affitto (o di usufrutto), il soggetto a cui viene restituita l’azienda non è tecnicamente acquirente, poiché non vi è alcun riacquisto della proprietà dell’azienda, che è sempre rimasta in capo alla procedura, mentre l’originario affittuario ne ha avuto soltanto il godimento.
Fallimento - Affitto di azienda - Retrocessione - Applicazione della disciplina sui rapporti pendenti ai rapporti preesistenti nei quali l'affittuario sia subentrato e a quelli stipulati ex novo.
IL XXXX.xx
Il richiamo previsto dall’art. 104 l.f. alle disposizioni di cui alla sezione IV del Capo III del titolo II della legge fallimentare, e cioè gli artt. 72 e seguenti, comporta l’applicazione della disciplina degli effetti della retrocessione (per quanto riguarda il rapporto di lavoro relativamente ai rapporti economici) sia con riferimento ai rapporti contrattuali preesistenti all’affitto, nei quali l’affittuario sia subentrato, sia con riferimento a quelli stipulati ex novo.
(Massime a cura di Xxxxx De Xxxxxx - Riproduzione riservata)
158 / 10-1 R. Fall.
Omissis
esaminati gli atti ed i documenti prodotti, sentiti i difensori, osserva:
S. B. ha proposto opposizione avverso lo stato passivo del Fallimento Eq. s.r.l., in liquidazione, con il quale era stato escluso il credito di € 18.987,24 per retribuzioni arretrate, ratei di fine rapporto e trattamento di fine rapporto in quanto la domanda era stata formulata dopo la scadenza del termine annuale di cui all'articolo 101 L.F..
S. B. evidenzia che Eq. s.r.l., prima del fallimento, aveva stipulato con la società Motion International Europe Ltd un contratto di affitto d'azienda della durata annuale per effetto del quale il rapporto di lavoro era proseguito, senza soluzione di continuità, con la società cessionaria: in data 13 maggio 2012, tuttavia, il contratto di affitto d'azienda era stato risolto e l'azienda retrocessa al Fallimento nel frattempo intervenuto, unitamente ai rapporti di lavoro, ed egli era stato collocato in cassa integrazione. Afferma il proprio diritto di insinuare nel passivo del fallimento, in via tardiva, i propri crediti maturati fino alla data di cessazione della cassa integrazione guadagni in deroga, non avendo potuto farlo precedentemente per causa non imputabile dovuta al fatto che la cessazione dell'affitto d'azienda e la retrocessione del suo rapporto di lavoro al Fallimento erano intervenute successivamente alla scadenza del
termine di cui all'articolo 101 L.F.. Sostiene che l'articolo 2112 cod. civ., che prevede la responsabilità solidale del cedente e del cessionario per tutti i crediti del lavoratore al momento del trasferimento, trova applicazione anche al momento della retrocessione al fallimento dell'azienda affittata e l’inapplicabilità alle ipotesi di contratto di affitto d'azienda stipulato dalla società in bonis dell'articolo 104 bis L.F., che esclude la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga agli articoli 2112 e 2560 cod. civ..
Il Fallimento si è costituito affermando che l'articolo 104 bis L.F. disciplina sia l'ipotesi dell'affitto dell'azienda stipulato successivamente alla dichiarazione di fallimento del locatore, sia quella della prosecuzione del contratto d'affitto d'azienda stipulato antecedentemente al fallimento, dal momento che la norma richiama espressamente l'applicabilità delle disposizioni relative agli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti anche con riferimento ai rapporti pendenti al momento della retrocessione. Precisa che, nella specie, intervenuto il fallimento, la procedura ha scelto di proseguire nel rapporto contrattuale con l'affittuaria. In ogni caso, sostiene che il creditore sopravveniente non può insinuarsi al passivo del fallimento una volta decorso il termine di 12 o 18 mesi stabilito dall'articolo 101 L.F..
IL XXXX.xx
Preliminarmente, va ritenuta l’ammissibilità della domanda di insinuazione, nonostante sia decorso il termine annuale di cui all'articolo 101 L.F., dal momento che il fatto generatore del credito che si vuole insinuare al passivo fallimentare è sorto in un momento successivo allo spirare del termine decadenziale essendo riconducibile alla sopravvenuta risoluzione del contratto di affitto d’azienda ed alla conseguente retrocessione dell’azienda e del rapporto di lavoro in capo al fallimento. Conformemente, pertanto, all’espressa deroga sancita dalla citata norma, laddove consente di superare il limite temporale posto alla possibilità di partecipare al concorso quando il ritardo sia dipeso da fatto non imputabile al creditore, deve essere riconosciuta all’opponente la rimessione in termini ai fini della presentazione della domanda di insinuazione di un credito che non avrebbe potuto far valere anticipatamente verso la procedura, dal momento che il rapporto da cui è sorto il credito non era ancora pervenuto nella titolarità del fallimento.
Nel merito, va premesso che il contratto di affitto d’azienda trova la sua disciplina negli artt. 79 e 104 bis L.F., il primo dei quali riguarda il contratto d’affitto pendente alla data del fallimento, mentre il secondo quello concluso nel corso di tale procedura concorsuale (endofallimentare).
La regola sancita dall’art. 79 L.F. è quella della prosecuzione automatica del contratto di affitto d’azienda preesistente, posto che la dichiarazione di fallimento non ne comporta lo scioglimento.
Tuttavia, il curatore o l’affittuario possono recedere dal contratto, entro il termine previsto di sessanta giorni, ma alla controparte è dovuto un equo indennizzo che viene rimesso alla determinazione del giudice delegato, sentiti gli interessati, nel caso di contrasto tra loro. L'indennizzo dovuto dalla curatela ha natura prededucibile.
Nel caso di opzione per la prosecuzione del contratto di affitto pendente alla data della dichiarazione di fallimento, il curatore, nella valutazione di convenienza che deve supportare la sua scelta, dovrà tenere in considerazione il risultato utile perseguibile a vantaggio dei creditori nell’alternativa praticabile: infatti, la prosecuzione del contratto potrebbe consentire alla procedura di ottenere, in aggiunta all’incameramento del corrispettivo dell’affitto pattuito, quella finalità conservativa dei valori di funzionamento dell’azienda in grado di assicurare una migliore liquidazione nell’interesse dei
creditori concorrenti; invece, nell’ipotesi in cui fosse privilegiata la decisione di recedere dal contratto, il curatore dovrebbe ottenere l’autorizzazione a proseguire direttamente l’attività d’impresa, per un periodo di tempo comunque limitato, nelle forme dell’esercizio provvisorio al fine di conservare il valore dell’azienda in vista di una prossima cessione, assumendosi, tuttavia, il correlato rischio economico e l’onere del pagamento dell’equo indennizzo all’affittuario, in prededuzione.
L’art. 79 L.F. non chiarisce, però, quale sorte debba essere riservata ai contratti in corso inerenti l’esercizio dell’attività d’impresa in caso di retrocessione dell’azienda al concedente.
In proposito, va osservato che, secondo una definizione di trasferimento in senso ampio, comunemente accolta da dottrina e giurisprudenza, questo fenomeno si attua non solo nelle ipotesi di alienazione, usufrutto ed affitto d'azienda, ma anche negli altri casi in cui ricorra la sostituzione, in forza di un fatto giuridico idoneo a produrla, di un imprenditore ad un altro nell'esercizio dell'impresa, cosicché un fenomeno circolatorio è ravvisabile anche nella retrocessione dell’azienda dall’affittuario al locatore, con la conseguente integrale applicazione della normativa in materia dettata.
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Pertanto, in mancanza di una regolamentazione pattizia circa la sorte dei contratti al momento della costituzione dell’affitto, quelli già facenti parte dell’azienda ed ancora ineseguiti da entrambe le parti al momento della retrocessione si trasferiscono al concedente, al pari di quelli nuovi costituiti dall'affittuario per l'organizzazione ed il funzionamento dell'azienda, dal momento che trova applicazione la regola generale contenuta nell’art. 2558 cod. civ..
Un importante limite, tuttavia, è costituito dall’art. 104 bis, 6° comma, L.F., che regola il contratto di affitto stipulato dal curatore: “La retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsabilità della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previsto dagli articoli 2112 e 2560 del codice civile. Ai rapporti pendenti al momento della retrocessione si applicano le disposizioni di cui alla sezione IV del Capo III del titolo II”.
La norma regola il caso della retrocessione dell'azienda al curatore, cioè alla procedura fallimentare, e stabilisce un’eccezione alla regola generale della circolazione delle aziende, prevedendo che i debiti sorti durante il tempo in cui l'azienda è stata locata non la seguono, ma rimangono in capo all'affittuario.
Ciò in esplicita deroga agli artt. 2112 e 2560 cod. civ..
Il primo dei due articoli, infatti, regola il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento dell'azienda. Il fatto che la norma richiami solo i debiti induce a ritenere che i debiti per stipendi e trattamento di fine rapporto maturati durante l'affitto d'azienda rimangono in capo all'affittuario, mentre il lavoratore continua il proprio rapporto di lavoro con l'azienda anche in caso di retrocessione al curatore: la regola circa la sorte dei contratti di lavoro è che essi non si sciolgono perché il fallimento non costituisce giusta causa per il licenziamento, a norma dell’art. 2119 cod. civ., cosicchè l’art. 72
L.F. opera solo con riferimento agli effetti economici.
Secondo il costante orientamento dei giudici di legittimità, in tutte le ipotesi in cui si realizza il fenomeno della c.d. circolazione regressiva dell’azienda, cioè nel caso di scioglimento del contratto di affitto d’azienda per scadenza del termine, risoluzione del medesimo, recesso dell’affittuario o comunque mancata acquisizione dell’azienda da parte di quest’ultimo, i rapporti di lavoro ancora in corso si ritrasferiscono, per effetto della retrocessione, al
concedente-fallimento in quanto inerenti all’azienda (cfr., per tutte, Cass. 21 maggio 2002, n. 7458)
Una volta avvenuta la retrocessione dell'azienda, tuttavia, la sorte dei rapporti pendenti è quella specifica dei contratti in essere alla data del fallimento di cui alla sezione IV del Capo III del Titolo II: in forza di tale disciplina si instaura un regime di sospensione dei rapporti xxxxxx il curatore non eserciti la facoltà di sciogliersi dagli stessi.
Si tratta di una regola generale che deve ritenersi applicabile anche ai rapporti contrattuali preesistenti all’affitto, nei quali l’affittuario sia subentrato, e non solo a quelli stipulati ex novo, non operando la normativa alcuna distinzione e, soprattutto, per il fatto che l’azienda deve essere necessariamente restituita nella sua efficiente organizzazione.
In tale ottica, occorre considerare che, mentre la disciplina della sorte dei contratti di lavoro è dettata puntualmente dall’art. 2112 cod. civ., la disciplina generale dell’affitto d’azienda è dettata dall’art. 2562 cod. civ. (che richiama l’art. 2561 cod. civ. sull’usu-frutto); quest’ultima norma rimanda alla disciplina sull’azienda in generale.
Principio fondamentale rinvenibile in tali norme è che l’affittuario (o l’usufruttuario) deve gestire l’azienda senza modificarne la destinazione ed in modo da conservarne l’effi-cienza dell’organizzazione e degli impianti.
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Infatti, la disciplina della fase di “regresso” dell’azienda affittata in capo alla procedura fallimentare tradisce la preoccupazione del legislatore di non esporre la procedura stessa, o meglio i creditori anteriori a tutela dei quali l’affitto è finalizzato, al rischio derivante dall’intrinseca potenzialità pregiudizievole di una gestione inefficiente dell’azienda da parte dell’affittuario.
Coerentemente, pertanto, con tale ratio, la disciplina della retrocessione dell’azienda consente di sterilizzare gli effetti potenzialmente dannosi derivanti dai debiti contratti dall’affittuario rimasti inadempiuti e di rimettere alla ponderata discrezionalità del curatore ogni decisione relativa ai rapporti giuridici pendenti retroceduti con l’azienda, con riferimento ai quali conserva la facoltà di sciogliersi da essi secondo le regole generali di cui agli artt. 72 e seguenti L.F..
D’altra parte, tale soluzione appare l’unica ragionevolmente percorribile anche in relazione ai contratti preesistenti alla dichiarazione di fallimento per i quali gli organi della procedura abbiano manifestato la decisione di continuare il rapporto ex art. 72 L.F. o, forse sarebbe meglio dire, di non interromperlo.
Si consideri, in proposito, che non risulterebbe coerente operare una distinzione di disciplina, al momento della retrocessione, tra il rapporto proseguito alla data del fallimento e quello concluso ex novo perché il rapporto pendente non si consolida nella massa fallimentare con effetti irreversibili quando il mantenimento del contratto è funzionale all’affitto dell’azienda e rappresenta per il curatore una scelta di fatto vincolata dalla necessità di gestire in maniera utile la fase di passaggio alla gestione esternalizzata dell’impresa.
In tal caso, infatti, la conservazione del contratto costituisce l’unico percorso praticabile per “traghettare” l’azienda oltre la crisi, tenendola fuori dal fallimento: solo così sarà possibile mantenere all’affittuario, che è il reale soggetto subentrato nell’operatività del contratto, quel complesso organizzato di mezzi e rapporti il più possibile integro ed efficiente, a salvaguardia della continuazione dell’impresa.
Inoltre, mentre nell’originario contratto d’affitto d’azienda, che ha dato luogo
al trasferimento dei dipendenti dall’affittante all’affittuario, di norma vengono previsti in maniera analitica i più rilevanti aspetti circa la consistenza dell’azienda, l’identificazione del ramo o dei rami di essa eventualmente oggetto dell’affitto e l’individuazione dei lavoratori trasferiti con l’azienda o con parte di essa, il fenomeno inverso della retrocessione può non essere stato, in molti casi, contrattualmente regolato, essendo considerato un effetto automatico al termine dell’affitto dell’azienda, senza che su tale lacuna abbia in alcun modo potuto interloquire e sopperire il curatore.
In sostanza, mentre le clausole dell’affitto sono di norma analiticamente delineate, gli aspetti della retrocessione, che può avvenire anche a distanza di molto tempo dal fallimento, possono essere stati tralasciati o, comunque, non compiutamente stabiliti all’atto dell’originario contratto, con la conseguenza che il curatore, che non ha contribuito alla stesura del contratto d’affitto e che si è trovato, all’apertura del fallimento, nella condizione di doverlo accettare o rifiutare in blocco, si troverebbe a dover subire, se non valesse la deroga al principio della responsabilità solidale, anche gli effetti pregiudizievoli non disciplinati di un accordo che non ha concorso a determinare, nel caso reputi conveniente per la massa dei creditori il salvataggio dell’impresa.
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Pertanto, la decisione del curatore di non avvalersi della facoltà di sciogliersi dai contratti preesistenti alla dichiarazione di fallimento e di proseguire il rapporto, proprio perché rappresenta una scelta sostanzialmente necessitata e perché è ulteriormente condizionata dall’inderogabile funzione propria della gestione concorsuale di assicurare quella finalità conservativa dei valori di funzionamento dell’azienda in grado di consentire una migliore liquidazione nell’interesse dei creditori concorrenti pregressi, non può produrre nella massa fallimentare effetti, per la massa stessa e per l’affittuario, differenziati nel caso in cui il curatore sia subentrato nel contratto rispetto a quando l’abbia concluso ex novo.
Si consideri, del resto, che la ragione che giustifica, in caso di retrocessione dell’azienda, l’applicazione del regime previsto dall'art. 2112 cod. civ. risiede nel fatto che l'organizzazione dei beni, costituente l'oggetto dell'attività imprenditoriale, rimanga immutata e che venga svolta la medesima attività, ipotesi che non si realizza primariamente quando al curatore venga retrocessa un’azienda ormai diversa nella sua struttura ed unicità organica e, talvolta, addirittura privata di ogni potenzialità a causa dell’inefficace gestione da parte dell’affittuario.
In ogni caso, anche nell’ipotesi di restituzione dell’azienda nella quale siano rimasti immutati l’organizzazione dei beni aziendali e lo svolgimento dell’originaria attività, va considerato che l’art. 2560 cod. civ., nello stabilire che, in caso di trasferimento di un’azienda commerciale, anche l’acquirente dell’azienda risponde dei debiti, sempre-chè essi risultano dai libri contabili obbligatori, pone una disciplina che vale con riferimento alle ipotesi di definitiva cessione dell’azienda, cioè di fuoriuscita dell’azienda dal patrimonio del titolare.
Ebbene, nel caso di retrocessione dell’azienda affittata, la regola della responsabilità tra cedente (l’originario affittuario) e cessionario (il concedente iniziale) circa i crediti dei lavoratori non sarebbe comunque applicabile, anche in assenza della specifica deroga di cui all’art. 104 bis, 6° comma, L.F., in quanto, in caso di cessazione di affitto (o di usufrutto), il soggetto a cui viene restituita l’azienda non è tecnicamente acquirente, poiché non vi è alcun riacquisto della proprietà dell’azienda, che è sempre rimasta in capo alla procedura, mentre l’originario affittuario ne ha avuto soltanto il godimento.
Infatti, l’affitto costituisce una condizione transitoria che determina una sostituzione soggettiva nella titolarità del complesso aziendale, tanto che, a seguito della retrocessione dell’azienda, potrebbe anche realizzarsi la conclusione di una successiva vicenda circolatoria, temporanea o definitiva, attraverso la quale la gestione venga affidata ad un altro soggetto, senza che l’eventuale spazio temporale possa implicare alcuna variazione organizzativa nell’utilizzo del complesso dei beni organizzati, in funzione dell’esercizio dell’attività cui essi erano, originariamente, destinati.
Si deve, dunque, ritenere che il richiamo previsto dall’art. 104 citato alle disposizioni di cui alla sezione IV del Capo III del titolo II della legge fallimentare, e cioè gli artt. 72 e seguenti, comporti l’applicazione della disciplina degli effetti della retrocessione (per quanto riguarda il rapporto di lavoro relativamente ai rapporti economici) sia con riferimento ai rapporti contrattuali preesistenti all’affitto, nei quali l’affittuario sia subentrato, sia con riferimento a quelli stipulati ex novo, perché tutti questi negozi sono connotati dall’impronta loro attribuita, indipendentemente dall’epoca della loro costituzione, dalla peculiare gestione dell’impresa operata dall’affittuario, che li ha accomunati non solo sotto il profilo organizzativo, ma anche nell’aspetto del loro trattamento in quanto facenti parte di un unico insieme di rapporti riconducibili alla nuova identità aziendale.
La particolarità della questione trattata giustifica la compensazione delle spese di lite.
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PTM
il Tribunale
1* rigetta l’opposizione;
2* spese di lite compensate. Si comunichi.
Monza, 19 novembre 2013.