TRIBUNALE DI FORLÌ
A s.p.a.- avv. XXXXXX
TRIBUNALE DI FORLÌ
CONTRO
X s.p.a., W, H.U. Y – CONTUMACI
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso ex art. 700 c.p.c. A s.p.a. (poi fusa per incorporazione in Finanziaria Saccarifera Xxxxx Xxxxxxx s.p.a.) chiedeva al Tribunale di Forlì di inibire agli istituti di credito X e W il pagamento dell’importo di 93.200 dollari USA in favore della società di diritto egiziano H.U. Y, preteso da quest’ultima in esecuzione di un contratto di fidejussione.
Con decreto reso inaudita altera parte, poi confermato con ordinanza, il Tribunale accoglieva il ricorso ed ordinava alle banche resistenti di non provvedere ad alcun pagamento, nonché alla creditrice fidejussa di non avanzare istanze in tal senso.
Nel termine fissato, A radicava la presente causa di merito, chiedendo che il Tribunale- accertata l’inesistenza del credito vantato dall’acquirente
H.U. per supposti vizi e ritardi nella fornitura ed in ogni caso per prescrizione e decadenza dalla relativa azione- dichiarasse non dovuto il pagamento richiestole e perciò confermasse l’ordine di inibizione rivolto agli istituti garanti.
Dichiarata la contumacia delle convenute tutte, il giudice assumeva le prove orali dedotte dall’attrice ed all’esito fissava udienza di precisazione delle conclusioni al 30.9.2005; quindi, con successiva ordinanza del 7.2.2006, rilevata la mancanza di prova in ordine all’effettiva instaurazione
del contraddittorio nei confronti delle convenute aventi sede all’estero, rimetteva la causa in istruttoria a tal fine.
La causa subiva quindi alcuni rinvii anche in seguito all’ordine del giudice di rinnovare la citazione nei confronti della convenuta H.U., quindi, con decreto presidenziale del 26.9.2007, veniva assegnata allo scrivente istruttore il quale, fatte precisare le conclusioni dalla sola attrice comparente e postala in rilettura in un primo momento onde verificare la regolarità dell’instaurazione del contraddittorio nei termini indicati dal precedente istruttore, la tratteneva infine a sentenza senza assegnare termini per lo scambio di scritture conclusive.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Occorre premettere una considerazione inerente l’instaurazione del contraddittorio.
Il precedente istruttore ebbe infatti a rimettere la causa in decisione dopo aver ravvisato un difetto di notificazione dell’atto introduttivo alla convenuta H.U., ma anche dopo aver interamente espletata l’istruttoria orale, le cui risultanze erano dunque inutilizzabili nei confronti della medesima convenuta; la causa è poi stata assegnata allo scrivente che, verificata la regolarità del contraddittorio per effetto della notificazione successiva, ha ritenuto di non dover espletare ex novo l’istruttoria orale in quanto, per le motivazioni che si esporranno, la causa è interamente decidibile sulla base della documentazione in atti.
2. Poiché la controversia ha ad oggetto rapporti contrattuali che presentano elementi di internazionalità, occorre poi svolgere alcune
considerazioni preliminari in ordine alla sussistenza della giurisdizione ed all’individuazione della legge applicabile.
2.1 Sotto il primo profilo, non vi è certamente problema quanto alla domanda proposta nei confronti di X, trattandosi di banca italiana, per cui la giurisdizione appartiene certamente al giudice italiano.
2.2 Quanto alla domanda nei confronti di H.U. Y e W, la questione di giurisdizione, in mancanza di convenzione sulla giurisdizione tra l’Italia e l’Egitto, va risolta sulla base delle norme generali di diritto internazionale privato italiano.
Sul punto, l’art. 3 della l. 31 maggio 1995, n. 218, enuncia il criterio di collegamento principale, costituito dal domicilio o dalla residenza del convenuto, e detta due disposizioni di rinvio ad altre norme regolatrici della competenza, distinguendo a seconda che si verta in materie comprese o escluse dal campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, resa esecutiva con l. 21 giugno 1971, n. 804.
Per le prime vigono anche le speciali regole di competenza giurisdizionale della Convenzione, pur nell’ipotesi in cui il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente; per le seconde la giurisdizione sussiste anche in base alle regole di competenza per territorio dettate dal codice di rito italiano negli articoli da 18 a 27.
Ne consegue che, ove non venga in considerazione una delle materie escluse dal campo di applicazione della Convenzione di Bruxelles (stato e capacità delle persone fisiche, regime patrimoniale fra coniugi, testamenti e successioni; fallimenti, concordati ed altre procedure affini; sicurezza sociale; arbitrato), ai fini di determinare l’ambito della giurisdizione
italiana rispetto al convenuto non domiciliato nè residente in Italia occorre applicare i criteri stabiliti dalle sezioni 2^, 3^ e 4^ del titolo 2 della Convenzione anche quando il convenuto stesso sia domiciliato in uno Stato non contraente della Convenzione, giacchè il rinvio ai detti criteri è destinato ad operare oltre la sfera dell’efficacia personale della Convenzione (Cass. S.U. 11/02/2003, n. 2060).
L’art. 6 della Convenzione di Bruxelles configura criteri di competenza speciale, di cui l’attore ha facoltà di avvalersi in deroga alla disposizione di cui all’art. 2. In particolare, il criterio di cui all’art. 6, n. 1 dispone che in caso di pluralità di convenuti il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato dinanzi al Giudice nella cui circoscrizione è situato il domicilio di uno di essi.
Tale disposizione ha riguardo, come è noto, all’ipotesi del cumulo soggettivo, in ordine al quale l’art. 33 c.p.c., consente la proposizione di domande contro più persone, che a norma degli artt. 18 e 19 c.p.c., dovrebbero essere proposte dinanzi a Giudici diversi, davanti al Giudice del luogo di residenza o di domicilio di una di esse, se si tratta di domande connesse per l'oggetto o per il titolo, per essere decise nello stesso processo (v. sul punto Xxxx. S.U. 24/07/2003, n. 11526).
Non rileva, in contrario, che l’articolazione di quelle domande implichi la cognizione di ulteriori causae petendi, rispetto alle quali non sussista analoga connessione o non siano ravvisabili altri momenti di collegamento dotati di analoga idoneità, allorchè l’articolazione stessa comporti la preliminare cognizione in ordine alla causa petendi che, determinando la
connessione, impone l’unitaria trattazione di tutte le cause (Cass. S.U. 06/08/1990, n. 7935).
La Corte di Giustizia Europea, con la pronuncia 27 settembre 1988, C - 189/87, ha chiarito che il criterio di cui alla disposizione in esame soccorre se le varie domande promosse da uno stesso attore nei confronti di più convenuti hanno tra loro un vincolo di connessione tale da rendere opportuna un’unica trattazione e decisione, onde evitare soluzioni che potrebbero essere tra loro incompatibili se le cause fossero decise separatamente.
Xx invero, nel caso di specie tale connessione sussiste.
Tutte le domande proposte dall’attrice nei confronti delle tre convenute sono infatti avvinte dalla medesima finalità; esse mirano a far confermare l’inibitoria di ogni forma di pagamento di X nei confronti di H.U. Y e della W, ed in ogni caso l’accertamento negativo dell’esistenza di alcun debito dell’attrice verso le convenute, stante l’esatta esecuzione delle obbligazioni contrattuali ed in ragione del comportamento doloso delle convenute di diritto egiziano.
Radicata, quindi, la giurisdizione del Giudice italiano in relazione alla domanda proposta nei confronti di X, essa va affermata per la ritenuta connessione anche in relazione alle domande proposte nei confronti delle altre convenute.
3. Sotto il profilo della legge applicabile, poi, occorre rilevare che sussiste internazionalità del rapporto.
Invero, il contratto di cui al rapporto principale- fra Xxxxxxx e H.U. Y- aveva ad oggetto una fornitura di merci; tale rilievo pone in luce, quale
normativa applicabile prima facie al contratto la Convenzione di Vienna per la vendita internazionale di beni mobili (CISG) del 1980, ratificata con legge 11 dicembre 1985, n. 765, ed entrata in vigore il 1° gennaio 1988.
3.1 Circa la prevalenza di tale Convenzione, che è norma di diritto uniforme, sul diritto internazionale privato, la giurisprudenza italiana è da tempo pacificamente orientata (Trib. Vigevano, 12 luglio 2000, in Giur. it. 2001, 280 ss.; Trib. Padova, 25 febbraio 2004, in Giur. it. 2004, 1405 ss.; Trib. Padova, 31 marzo 2004, in Giur. merito 2004, 1065 ss.; Trib. Rimini, 26 novembre 2002, in Giur. It., 2003, 896).
Siffatta impostazione si fonda sulla ritenuta applicazione del principio di specialità; le Convenzioni di diritto uniforme hanno infatti ed anzitutto un ambito di applicazione speciale, in quanto più limitato, rispetto a quello delle norme di diritto internazionale privato.
La Convenzione in parola, poi, regola soltanto i contratti di vendita la cui internazionalità dipende dalla diversa ubicazione statale della sede d’affari delle parti contraenti, mentre – com’è noto – le norme di diritto internazionale privato riguardano ogni tipo di contratto internazionale, senza limitazioni di sorta.
Ancora, e soprattutto, vi è specialità nel rilievo della modalità attraverso le quali le norme di diritto uniforme risolvono la questione sostanziale su cui verte la controversia: trattandosi, infatti, di norme di diritto materiale esse risolvono direttamente tali questioni, evitando il doppio passaggio coessenziale all’applicazione del diritto internazionale privato, e consistente dapprima nell’individuazione della legge applicabile sulla base
del criterio di collegamento e quindi nell’applicazione della stessa (v. Trib. Vigevano e Trib. Rimini cit.).
3.2 Va dunque verificata la sussistenza dei requisiti per l’applicabilità della Convenzione, principiando da quello materiale.
Occorre in tal senso che il rapporto negoziale fra le parti sia un contratto di vendita.
Di tale rapporto, per vero, la Convenzione non dà alcuna definizione; e tanto vale a render necessario che il rapporto materialmente dedotto in lite vada qualificato nel rispetto di un parametro normativo di riferimento.
A tale riguardo, non appare corretto richiamare la nozione fornita dal diritto domestico (così anche Trib. Padova, 11 gennaio 2005, cit.; Trib. Padova, 25 febbraio 2004, cit.), ed in specie quella prevista dall’art. 1470 c.c.; il concetto di “compravendita” previsto dalla Convenzione deve piuttosto essere ricavato in modo autonomo (Trib. Padova, 25 febbraio 2004, cit.), ossia senza ricorrere a categorie peculiari di un determinato ordinamento.
Il fatto che non si rinvenga una definizione espressa non significa tuttavia che non sia possibile evincere una determinazione del concetto di vendita dalla Convenzione stessa.
A tale proposito, infatti, assume specifico rilievo il disposto di cui agli artt. 30 e 53 della Convenzione (così anche la giurisprudenza citata); da tale disposto si evince che è contratto di compravendita, alla luce della Convenzione, il contratto in forza del quale il venditore è obbligato a consegnare i beni, trasferirne la proprietà ed eventualmente rilasciare tutti i documenti relativi ad essi, mentre il compratore è obbligato a pagare il
prezzo ed a prendere in consegna i beni (in questo senso si vedano anche Xxxxxxx xx xxxxxxx xxxxxxxxx x xxxxxxxxxxx xx. 0 xx Xxxxxx, 00 marzo 2005, su xxx.xx0x.xx/xxxx/xxxxxx00.xxx; Tribunal Cantonal du Jura, 3 novembre 2004, su xxx.xxxx-xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/000.xxx; Tribunal Cantonal du Valais, 19 agosto 2003, su www.cisg- xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/000.xxx; Kantonsgericht Schaffhausen, 25 febbraio 2002, su xxx.xxxx-xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/000.xxx; Cour d’Appel de Colmar, 12 giugno 2001, su witz.jura.uni- xx.xx/XXXX/xxxxxxxxx/000000x.xxx; Cour d’Xxxxx xx Xxxxx, 00 ottobre 2000, su xxxx.xxxx.xxx-xx.xx/XXXX/xxxxxxxxx/000000x.xxx; Audiencia Provincial de Navarra, 27 marzo 2000, su xxx.xx0x.xx/xxxx/xxxxxx00.xxx).
3.3 Occorre poi che il bene compravenduto sia -al momento in cui deve avvenire la consegna (v. in merito anche OLG Xxxx, 00 agosto 1994, su xxx.xxxxxx.xxxx/xxxx.xxx?xxxx0&xxxxxxx&xxx00&xxxxxXxxxXxxx) un oggetto mobile e tangibile (v. KG Zug, 21 ottobre 1999, su xxx.xxxxxx.xxxx/xxxx.xxx?xxxx0&xxxxxxx&xxx000&xxxxxXxxxXxxx; OLG Xxxx, 00 maggio 1996, su xxx.xxxxxx.xxxx/xxxx. cfm?pid=1&do
=case&id=227&step=FullText), indipendentemente dalla forma che esso assume e dal fatto che si tratti di un oggetto nuovo o usato (v. anche OLG Xxxx, 00 maggio 1996, su xxx.xxxxxx.xxxx/xxxx.xxx?xxx
=1&do=case&id=227&step=FullText; LG Xxxx, 00 novembre 1995, su xxx.xxxx-xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/000.xxx), animato o inanimato (vedi LG Flensburg, 19 gennaio 2001 su xxx.xxxx-xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/000.xxx;
Cour d’Appel Paris, 14 gennaio 1998, su xxx.xxxxxx.xxxx/xxxx.xxx?xxx
=1&do=case&id=278&step=FullText).
A siffatto schema si attaglia il caso in questione, atteso che l’obbligazione di Xxxxxxx aveva ad oggetto la fornitura e consegna di quattro serbatoi con relativi accessori (cfr. all. 1) e che la venditrice si obbligava soltanto a mettere a disposizione un supervisore per il montaggio (cfr. clausola 2 del contratto), ciò che ulteriormente esclude il rilievo di una possibile preponderanza della manodopera sulla fornitura ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 3.2, non portando, quindi, all’esclusione dell’applicabilità della Convenzione.
Alla luce di quest’ultima disposizione, infatti, quando il valore del bene da consegnare è inferiore a quello della remunerazione del lavoro (e/o dei servizi), quando, cioè, il valore della mano d’opera o di altri servizi dell’ipotizzato venditore supera il 50%, al contratto non è applicabile la disciplina della Convenzione di Xxxxxx (x. Xxx xxx Xxxxxx Xxxxxxxxx, 0 gennaio 2005, su xxx.xxx.xxxxxxxx.xx.xx/xxx/xxx/xxxxx/0000-00-00.xxxx; Hof van Beroep Gent, 24 novembre 2004, su xxx.xxx.xxxxxxxx.xx.xx/xxx/xxx/xxxxx/0000-00-00.xxxx; Hof van Beroep Gent, 29 ottobre 2003, su xxx.xxx.xxxxxxxx.xx.xx/xxx/xxx/xxxxx/0000-00- 29.html; Handelsgericht Zürich, 9 luglio 2002, su www.cisg- xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/000.xxx; Rechtbank van Koophandel Hasselt, 31 ottobre 2001, su xxx.xxx.xxxxxxxx.xx.xx/xxx/xxx/xxxxx/0000-00-00.xxxx).
3.4 Quanto all’ulteriore requisito dell’internazionalità del rapporto, non sussistono problemi, xxxxxx le parti hanno la rispettiva sede d’affari in stati diversi, peraltro contraenti. Inoltre, si osserva che tale
internazionalità era ben conosciuta dalle parti al momento della conclusione del contratto, per cui essa non può considerarsi irrilevante ai sensi dell’art. 1, comma 2°, della Convenzione.
3.5 Si aggiunga, per completezza, che le parti non hanno fatto ricorso alla possibilità di escludere l’applicazione della Convenzione, ancorché detta facoltà fosse loro spettante ed esercitabile anche in forma tacita, come spesso affermato dalla citata giurisprudenza italiana e da quella straniera (per tutte v. Cour de Cassation, 25 ottobre 2005, su witz.jura.uni- xx.xx/XXXX/xxxxxxxxx/000000x.xxx).
Sulla base di tali considerazioni si deve concludere per l’applicabilità al contratto in questione della Convenzione delle Nazioni Unite.
4. Ciò posto, e venendo al merito della controversia, riveste ovvio carattere pregiudiziale la disamina del rapporto principale.
Laddove, infatti, risultino infondate le doglianze della convenuta H.U. in punto all’esatto adempimento di Xxxxxxx alle obbligazioni dedotte in contratto, si dovrà giocoforza confermare il provvedimento inibitorio adottato in sede cautelare, difettando il diritto della creditrice stessa di ottenere la garanzia fideiussoria cui essa aspira.
La questione evocata in fatto dall’attrice è semplice: essa assume di aver consegnato i beni dedotti in contratto entro le scadenze pattuite e previa ispezione degli stessi all’atto della consegna da parte del personale Xxxxx così come previsto in contratto; contesta pertanto, così come fermamente ha fatto prima del giudizio (cfr. ad es. doc. 9) le doglianze sollevate dall’acquirente e poste a fondamento della pretesa escussione della garanzia.
In particolare, le doglianze di H.U. (v. doc. 8 attoreo) avevano ad oggetto:
- ritardi nella consegna di due partite di merce (ed in particolare un ritardo di tre mesi della prima consegna ed uno di quattro mesi della seconda), donde l’acquirente faceva derivare un proprio diritto a trattenere in acconto sul prezzo una somma a titolo di penale;
- beni asseritamente non forniti, o comunque forniti in modo non conforme;
- consegne effettuate in difformità dagli accordi intercorsi, con conseguenti problemi nell’installazione complessiva dei beni.
4.1 Xxxx questioni meritano di essere esaminate congiuntamente. Quanto alla prima, l’acquirente si duole espressamente del fatto che la prima consegna venne effettuata nel dicembre del 1999, anziché entro la fine del precedente mese di settembre, e la seconda il 31.3.2000 “con quattro mesi di ritardo”.
Al riguardo, com’è noto, dispone la Convenzione che il venditore esegua la prestazione di consegna “se una data è fissata o determinabile in base al contratto, in tale data” (art. 33 co. I lett. a).
La disamina dei documenti contrattuali non è tuttavia di particolare ausilio in tal senso: i termini previsti nell’originaria scrittura (datata 15.9.1997) erano infatti fissati con decorso dalla data di rilascio di una lettera di credito da parte dell’acquirente, ciò che avvenne molto tempo dopo e con successivi rinnovi (cfr. docc. 3, 4 e 5); dall’ultimo di essi si deduce in effetti che i termini delle due consegne vennero fissati al 30.9.1999 ed al 29.2.2000.
Quanto alla seconda, le mancanze contestate da H.U. consistono in realtà in difetti di conformità dei beni; ed al riguardo l’attrice oppone il rilievo della mancanza di tempestive contestazioni, in aggiunta al fatto che le parti avevano prevista contrattualmente l’ispezione dei beni al loro arrivo da parte di un’autorità indipendente (Lloyds Register of Shipping).
Osserva il Tribunale che entrambe le questioni possono essere risolte in senso favorevole all’attrice sulla base delle allegazioni e della documentazione versata in atti.
4.2 In ordine alla tempestività della consegna, infatti, va richiamato il disposto di cui all’art. 46 della Convenzione, in base al quale il compratore può chiedere al venditore l’adempimento delle sue obbligazioni a meno che non si sia avvalso di un rimedio incompatibile con tale richiesta; ed è un fatto documentato che in tempi successivi all’effettuazione di entrambe le consegne, e segnatamente in data 9.5.2000 (doc. 7), l’attrice prolungò su richiesta della convenuta la validità della garanzia fideiussoria già rilasciata per l’adempimento delle proprie obbligazioni.
Ciò significa che, indipendentemente da ogni questione circa la fondatezza della denunzia di tardività della consegna, in epoca successiva alla stessa l’acquirente intese dar corso al rapporto contrattuale senza sollevare eccezioni sui termini; e non può non rilevarsi l’effetto preclusivo di tale comportamento sulla questione di tardività.
4.3 Quanto poi ai vizi ed alle carenze della merce, conviene premettere che la disciplina dei cd. vizi di conformità è contenuta negli artt. 35 ss. della Convenzione di Vienna.
4.3.1 In particolare, l’art. 35 prevede che il venditore debba consegnare beni di quantità, qualità e tipo conformi a quelli richiesti dall’acquirente, che siano disposti od imballati conformemente alle previsioni contrattuali. Anche in questo ambito va rimarcata l’autonomia del concetto rispetto alla nozione propria degli ordinamenti nazionali; il “difetto di conformità” di cui all’art. 35 co. I ricorre:
- quando i beni non presentano le caratteristiche qualitative concordate dalle parti (vedi KG Schaffhausen, 27 gennaio 2004, in xxx.xxxx-xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/000.xxx);
- quando i beni consegnati sono in quantità maggiore o minore di quella prevista contrattualmente (vedi OLG Koblenz, 3 gennaio 1997, su xxx.xxxx-xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/000.xxx; LG Landshut, 5 aprile 1995, su xxx.xxxx-xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/000.xxx; OLG Rostock, 25 settembre 2002, su www.cisg- xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/000.xxx).
Qualora le caratteristiche dei beni non siano state convenute dalle parti o le parti non le abbiano specificate in modo sufficientemente preciso od esauriente ed esse non si possano evincere nemmeno dagli usi o dalle
pratiche instauratesi tra le parti rilevanti ex art. 9 della Convenzione di Vienna, si deve ricorrere all’art. 35 cpv..
Questa disposizione - di carattere meramente sussidiario- enuncia dunque gli standards oggettivi minimi che i beni compravenduti debbono presentare (in questo senso KG Schaffhausen, 27 gennaio 2004, su xxx.xxxx-xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/000.xxx).
Proprio alla luce di tale dispozione, i beni devono considerarsi difettosi:
- se risultano inidonei all’uso al quale servono abitualmente cose dello stesso tipo;
- ovvero, se risultano inidonei allo specifico uso al quale il compratore intende adibirli, sempreché quest’ultimo sia stato portato a conoscenza del venditore;
- se non possiedono le qualità dei beni che l’acquirente ha presentato al compratore come campione o modello;
- ed infine, se non sono disposti od imballati secondo il modo usuale per beni dello stesso tipo o, in difetto di un modo usuale, in un modo che sia comunque adeguato per conservarli e proteggerli.
4.3.2 Qualora i beni risultino difettosi, per non perdere il diritto di fare valere il difetto di conformità l’acquirente deve denunziare al venditore i difetti, specificandone per quanto possibile la natura, entro un “tempo ragionevole” dal momento in cui li ha scoperti o avrebbe dovuto scoprirli (art. 39, 1° comma), al fine di fare rapidamente chiarezza sull’esistenza di
un inadempimento contrattuale; ed il concetto di “ragionevolezza” del termine costituisce, secondo la prevalente opinione, una “clausola generale” (vedi Trib. Rimini, 26 novembre 2002, cit.; Trib. Vigevano, 12 luglio 2000, cit.) che non può che rimandare ad una valutazione da parte del Giudice di tutte le circostanze della fattispecie concreta (in questo senso anche Oberster Gerichtshof, 15 ottobre 1998, su xxx.xxxx.xx/0_00000x.xxx; OLG Xxxxxxxxxx, 00 febbraio 1994, su xxx.xxxx-xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/000.xxx; OLG Xxxxxxxxxx, 00 marzo 1993, su xxx.xxxx-xxxxxx.xx/xxxx/xxxxxxx/00.xxx; Rechtbank Roermond,
19 dicembre 1991, su xxx.xxxxxx.xxxx/xxxx.xxx?xxxx0&xxxxxxx&xxx 34&step =FullText).
4.3.3 Con riferimento al caso de quo occorrerebbe quindi stabilire se i vizi denunziati dall’acquirente rientrino nel novero delle ipotesi di “difetto di conformità” sopra indicate; ma, prima ancora, se la denunzia dell’acquirente sia stata effettuata entro il ricordato “termine ragionevole”, poiché all’evidenza il mancato rispetto di tale termine importerebbe la perdita per l’acquirente del diritto di far valere il difetto di conformità.
Va dunque individuato il momento dal quale ha iniziato a decorrere il suddetto “tempo ragionevole”, allo scopo di poter decidere se l’attore/acquirente abbia perso il diritto di fare valere la non-conformità della merce compravenduta.
In tal senso, è ben vero che l’attrice non ha compiuto richiami espressi alla disciplina della Convenzione di Vienna; ma è altrettanto vero che costei ha fin da principio eccepito l’intervenuta decadenza della controparte dal diritto di avvalersi di rimedi per i vizi della merce, sia pur utilizzando quale parametro normativo di riferimento la disciplina codicistica italiana (cfr. pag. 5 atto introduttivo).
Il rilievo della tempestività deve dunque intendersi consentito al Tribunale. Xxxxxx, per quanto sostenuto dalla stessa H.U. (v. sub doc. 8 attoreo, pag. 1, x.xx C), la merce giunse a completa destinazione il 31.3.2000; il summenzionato “più breve tempo possibile” decorre dunque da tale data, anche in considerazione del fatto che le parti avevano previsto all’atto della consegna l’ispezione dei beni al loro arrivo da parte di un’autorità indipendente (Lloyds Register of Shipping), circostanza che non può non designare la riconoscibilità delle difformità denunziate.
Ed invero, non constano agli atti denunzie anteriori a quella di cui al medesimo doc. 8, che l’attrice ricevette il 7 maggio 2001.
Fra la consegna e la denunzia decorse dunque un termine di oltre tredici mesi.
Tale termine non può certo ritenersi tempestivo.
È ben vero che i beni oggetto della compravendita in questione non erano beni deperibili, ciò che impedisce di considerare il concetto di tempo ragionevole in modo eccessivamente restrittivo.
Nondimeno, l’orientamento interpretativo fornito dalla giurisprudenza italiana e straniera, non vincolante ma utilizzabile come riferimento, indica univocamente l’eccessività di tale termine.
Alcuni precedenti, invero, affermano che una denuncia fatta dopo alcuni mesi la consegna non possa in nessun caso essere considerata tempestiva (nel caso citato del Trib. Vigevano 12 luglio 2000, i mesi sono quattro, nel caso di cui a LG Berlin, 16 settembre 1992, su www.jura.uni- xxxxxxxx.xx/xxx0/xxxx/xxxxxxx/xxxx/00.xxx, i mesi sono tre e mezzo, nel caso di cui a OLG Düsseldorf, 10 febbraio 1994, in Recht der internationalen Wirtschaft, 1995, 53 ss. i mesi sono addirittura due).
Ma al di là della sua entità, in sé considerata, il tempo trascorso trascende in sé quello normalmente necessario per fare acquisire al compratore la certezza- e non solo il sospetto- dell’esistenza di vizi, disporre le eventuali ed opportune verifiche tecniche, attivarsi con sollecitudine per il pronto perfezionamento dell’affare.
Va dunque affermata e statuita la perdita del diritto della convenuta di far valere il difetto di conformità dei beni acquistati; e ciò tacendo d’ogni possibile richiamo all’art. 38 della Convenzione, che pone ulteriori vincoli al diritto del compratore per l’ipotesi (qui ricorrente) di ispezione della merce all’atto della ricezione.
La domanda di accertamento negativo del diritto della convenuta va dunque accolta.
4.4 Per completezza può altresì rilevarsi che il contratto reso fra le parti non prevedeva alcuna penale a favore della parte non inadempiente, siccome fallacemente preteso dalla convenuta (cfr. x.xx A della denunzia, che non a caso invoca il diritto ad una penale in base ad una non meglio precisata “tradizione”).
5. Risultino dunque tutte complessivamente infondate le doglianze di
H.U. in punto all’esatto adempimento di Xxxxxxx alle obbligazioni dedotte in contratto, sicchè va accolta la domanda di accertamento negativo del credito vantato dalla convenuta.
Tanto conduce alla conferma del provvedimento inibitorio adottato in sede cautelare, difettando il diritto della creditrice stessa di ottenere la garanzia fideiussoria cui essa aspira.
Le spese di lite vanno poste a carico della convenuta H.U. nella misura liquidata in dispositivo, che tiene conto del fatto che il contraddittorio con la predetta venne correttamente instaurato soltanto dopo l’istruttoria orale.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente decidendo nella causa distinta al n.r.g. 155/2001 promossa da A s.p.a. (poi fusa per incorporazione in Finanziaria Saccarifera Xxxxx Xxxxxxx s.p.a.) contro H.U. Y, X s.p.a. e W, rimaste contumaci, ogni contraria domanda, istanza ed eccezione disattesa, in accoglimento della domanda dichiara l’insussistenza di alcun inadempimento dell’attrice al contratto reso con H.U. Y in data 15.11.1997 con riferimento alle eccezioni sollevate da questa con documento del 7.5.2001; dichiara che la convenuta predetta non può avvalersi per le medesime ragioni della garanzia fideiussoria ottenuta al riguardo dalle
restanti convenute, cui inibisce il relativo pagamento; condanna H.U. Y a rifondere all’attrice le spese del giudizio, che liquida in complessivi
€ 9.000,00, di cui € 8.400,00 per diritti ed onorari, oltre IVA, CPA e spese generali come per legge.
Così deciso in Xxxxx, xx 00.00.0000.
Il Giudice Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxx