Contratto di lavoro
Contratto di lavoro
a tempo determinato
Sintesi sull’evoluzione della normativa
Giurisprudenza
La vecchia disciplina dei rapporti di lavoro a tempo determinato contenuta nella legge n. 230/1962 è stata superata dal Dlgs n. 368/2001 che introduce va la possibilità di stipulare un contratto di lavoro a termine a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
Subito dopo l’emanazione del Dlgs n. 368/2001 si è sviluppato un conten zioso circa la possibilità di utilizzo del contratto di lavoro a termine ed emergeva un indirizzo giurisprudenziale forte e molto restrittivo che conti nuava a considerarla come un’ipotesi eccezionale (anche dopo l’emanazione del Dlgs n. 368/2001).
Corte d’Appello Potenza 11.8.2008
Considerato il carattere eccezionale che i contratti a termine assumono rispetto alla regola generale della durata indeterminata del rapporto di lavoro, la legittimità dell’assunzione a termine deve ritenersi rigorosamente ancorata alla ricorrenza di specifiche circostanze le quali, sebbene genericamente ricondotte dal Dlgs n. 368/2001 a ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo, necessitano, nella pratica, di riscontri concreti ed oggettivamente controllabili e verificabili.
Tale indirizzo restrittivo di una parte della giurisprudenza è stato poi ulterior mente rafforzato dalla legge n. 247/2007 che introduceva un insolito comma 01 (anteposto al comma 1, art. 1, Dlgs n. 368/2001) secondo il quale il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato. Gli altri interventi della legge n. 247/2007 riguardano la durata massima dei contratti a termine (complessiva di 36 mesi e previsione di un periodo transitorio fino al 31.3.2009), la deroga assistita (possibilità di prorogare il contratto anche oltre il tetto massimo attraverso una procedura assai complessa), il diritto di precedenza del lavoratore all’assunzione presso la stessa azienda e con la stessa qualifica.
Con il Dl n. 112/2008 sono state poi ulteriormente modificate alcune parti del Dlgs n. 368/2001.
L’art. 21, comma 1, Dl n. 112/2008 consente, adesso, l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro.
Cadono così i pregiudizi precedenti sull’eccezionalità del contratto a termine e il quadro normativo si presenta più equilibrato.
L’art. 21, comma 2, Dl n. 112/2008 attenua anche le restrizioni sulla durata massima dei rapporti di lavoro a termine concedendo spazio all’introduzione di deroghe da parte della contrattazione collettiva (il limite dei 36 mesi e la deroga assistita trovano applicazione solamente qualora non ci siano deroghe da parte della contrattazione collettiva). Anche il diritto di precedenza (art. 5, comma 4quater, Dlgs n. 368/2001) trova una nuova formulazione poten do essere derogata dalla contrattazione collettiva.
La disposizione più controversa introdotta da parte del Dl n. 112/2008 (che inseriva l’art. 4bis al Dlgs n. 368/2001) riguardava la risoluzione del forte contenzioso (nei soli giudizi in corso) sulla legittimità del contratto di lavoro a termine attraverso il pagamento di un indennizzo tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. Ovvia mente anche su questa disposizione si è subito acceso un nuovo contenzioso sollevando la questione di legittimità costituzionale della norma (Corti d’Appello Bari e Genova, Tribunali Roma e Ascoli Xxxxxx). L’art. 4bis del Dlgs n. 368/2001 è stato poi dichiarato costituzionalmente illegittimo (Corte Cost. n. 214/2009).
Ancora dopo in materia di contratti a termine è intervenuta la legge n. 183/2010 (collegato lavoro) prevedendo che ai licenziamenti che presup pongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto si applica il termine di 60 giorni dalla ricezione per l’impugnazione.
Nonostante i ripetuti interventi sul Dlgs n. 368/2001 è rimasta, finora, ferma la possibilità di assumere lavoratori con contratto di inserimento e di stipulare un contratto di lavoro a termine con lavoratori nelle liste di mobilità (art. 8, comma 2, legge n. 223/1991).
Con il collegato lavoro è stato introdotto anche un regime semplificato di liquidazione del danno nei casi di conversione del contratto a tempo determinato. Ovviamente contro le disposizioni in materia di contratto a termine introdotta dalla legge n. 183/2010 è stata subito e nuovamente sollevata la questione di legittimità costituzionale. Però la Corte Costitu zionale (ordinanza 3 maggio 2012, n. 112) ha confermato l’impianto normativo e respinto le questioni di legittimità costituzionale dell’arti colo 32, commi 5, 6 e 7, della legge 4 novembre 2010, n. 183. Nel frattempo, però, alcuni giudici di merito (Corte d’Appello di Roma n. 267/2012 per il commento si rinvia a X. Xxxxxxx in Guida al Lavoro n. 9/2012 pag. 26) hanno dato una interpretazione diversa da quella che prevede la legge e di quanto stabilito dalla Corte Costituzionale (anche nella precedente sentenza n. 303/2011). La norma e l’interpretazione della Corte Costituzio nale prevedono, per coloro che ottengono la conversione a tempo indetermi nato del precedente contratto a termine, solamente il diritto ad un’indennità di importo variabile tra le 2,5 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (il numero delle mensilità è ridotto alla metà se la contratta zione collettiva prevede una disciplina con graduatorie per la riassunzione). I giudici romani, invece, la interpretano nel senso che l’indennità copre il periodo fino al deposito del ricorso, e cioè fino alla domanda, e quindi da
Indennità omnicomprensiva
in caso di conversione a tempo indeterminato del contratto a termine
Giurisprudenza
quella data spettano le retribuzioni per effetto della conversione. Dunque un importo notevolmente più elevato. Per adesso tale orientamento difforme è ancora abbastanza isolato e molti giudici applicano correttamente quanto previsto dal collegato lavoro (vedi anche Tribunale di Rieti 9.2.2012).
Tribunale di Rieti 9.2.2012 (massima)
La disdetta intimata dal datore di lavoro al lavoratore per scadenza del termine invalidamente apposto al contratto di lavoro non si configura come licenziamento né è soggetta alla relativa disciplina, attesa la specialità della normativa in materia di lavoro a tempo determinato, che ne determina la conversione in contratto a tempo indeterminato; ne consegue che, in tal caso, l’azione proposta dal lavoratore a propria difesa non si configura come impugnazione di licenziamento, né può invocarne le tutele (reale e obbligatoria), ma come azione di nullità parziale, fatta salva l’ipotesi in cui il datore, sul presupposto della conversione del rapporto in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, non intimi un vero e proprio licenziamento del lavoratore a tempo indeterminato.
In relazione alla conversione del contratto il ricorrente potrà ottenere unicamente una tutela risarcitoria, che l’art. 32, comma 5, della legge n. 183/2010, prevede nella corresponsione al lavoratore di una indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità.
Giurisprudenza
Legge 4.11.2010, n. 183
Articolo 32
Decadenze e disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo determinato
1. I commi 1 e 2 dell’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, sono sostituiti dai seguenti:
«Il licenziamento deve essere impugnato a pena di decadenza entro sessanta giorni dalla ricezione della sua comunicazione in forma scritta, ovvero dalla comunicazione, anch’essa in forma scritta, dei motivi, ove non contestuale, con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore anche attraverso l’intervento dell’organizzazione sindacale diretto ad impugnare il licenziamento stesso.
L’impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di duecentosettanta giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato, ferma restando la possibilità di produrre nuovi documenti formatisi dopo il deposito del ricorso. Qualora la conciliazione o l’arbitrato richiesti siano rifiutati o non sia raggiunto l’accordo necessario al relativo espletamento, il ricorso al giudice deve essere depositato a pena di decadenza entro sessanta giorni dal rifiuto o dal mancato accordo».
1-bis. In sede di prima applicazione, le disposizioni di cui all’articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, relative al termine di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento, acquistano efficacia a decorrere dal 31 dicembre 2011.
2. Le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento.
3. Le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano inoltre:
a) ai licenziamenti che presuppongono la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto;
… omissis…
5. Nei casi di conversione del contratto a tempo determinato, il giudice condanna il datore di lavoro al risarcimento del lavoratore stabilendo un’indennità omnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’articolo 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604.
6. In presenza di contratti ovvero accordi collettivi nazionali, territoriali o aziendali, stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedano l’assunzione, anche a tempo indeterminato, di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie, il limite massimo dell’indennità fissata dal comma 5 è ridotto alla metà.
7. Le disposizioni di cui ai commi 5 e 6 trovano applicazione per tutti i giudizi, ivi compresi quelli pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Con riferimento a tali ultimi giudizi, ove necessario, ai soli fini della determinazione della indennità di cui ai commi 5 e 6, il giudice fissa alle parti un termine per l’eventuale integrazione della domanda e delle relative eccezioni ed esercita i poteri istruttori ai sensi dell’articolo 421 c.p.c.
Ccnl e lavoro a termine
Per adesso le parti sociali del settore edile (Ccnl imprese industriali, Pmi, cooperative e artigianato) hanno firmato solamente l’avviso comune del 10.4.2008 (Accordo interconfederale in attuazione dell’art. 5, comma 4bis, Dlgs n. 368/2001), prevedendo che la durata del contratto a termine che può
essere stipulato in deroga non può essere superiore ad 8 mesi. I Ccnl e l’art. 3, Dlgs n. 368/2001 disciplinano, inoltre, le ipotesi, dove è vietata la stipulazione di un contratto a termine (sostituzione di lavoratori in sciopero, unità produttive interessate da licenziamenti collettivi nei 6 mesi preceden ti; unità produttive con riduzione orario di lavoro, Cig, sospensione dei rapporti di lavoro, mancata effettuazione della valutazione dei rischi). La contrattazione collettiva del settore edile (in attuazione di quanto previsto dall’art. 10, comma 7, Dlgs n. 368/2001) prevede inoltre una limitazione (in percentuale mediamente un quarto rispetto al numero dei lavoratori assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato) alla possibilità di stipulare contratti di lavoro a termine. Gli accordi del settore edile sono molto simili tra di loro.
Ccnl | Disciplina lavoro a termine |
Artigianato edile Accordo di rinnovo 23.7.2008 - Art. 93 | In relazione a quanto disposto dal Dlgs 6 settembre 2001, n. 368, e s.m. il lavoro a tempo determinato è consentito a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. Il ricorso al contratto a tempo determinato è vietato nelle seguenti ipotesi: 1) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; 2) presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi ai sensi degli artt. 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi dell’art. 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a 3 mesi; 3) presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato; 4) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modifiche. Fermo restando quanto previsto dall’art. 10, commi 7 del citato decreto legislativo n. 368, il ricorso ai contratti a termine per le ulteriori causali non può superare, mediamente nell’anno, cumulativamente con i contratti di somministrazione a tempo determinato di cui all’art. 94, il 25% dei rapporti di lavoro con contratto a tempo indeterminato dell’impresa. Resta ferma in ogni caso la possibilità di utilizzare almeno sette rapporti di lavoro con contratto a termine e/o di somministrazione a tempo determinato, comunque non eccedenti la misura di un terzo del numero di lavoratori a tempo indeterminato dell’impresa. Le frazioni eventualmente risultanti da tali conteggi verranno arrotondate all’unità superiore. La media è computata con riferimento alla media annua dei lavoratori in forza nell’anno solare precedente. Visto l’Avviso comune del 10 aprile 2008 sottoscritto in attuazione dell’art. 5, comma 4-bis, del citato decreto legislativo n. 368/2001 e s.m., le Parti concordano che l’ulteriore successivo contratto a termine in deroga al limite dei 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, di cui al medesimo comma, potrà avere durata massima pari a 8 mesi, a condizione che venga rispettata la procedura ivi prescritta. In occasione della sessione semestrale di concertazione e informazione, l’Organizzazione regionale e/o territoriale aderente alle Organizzazioni artigiane e della Piccola industria stipulanti fornirà alle Organizzazioni sindacali dei lavoratori territoriali, o alle Rsu laddove esistenti, informazioni in merito all’utilizzo sul territorio dei contratti di lavoro a termine. La stessa informazione alle Organizzazioni nazionali o territoriali dei lavoratori sarà fornita dalle imprese in occasione degli incontri previsti dall’ultimo comma, lett. A) del sistema di concertazione e informazione del vigente Ccnl. |
Cooperative edili Accordo di rinnovo 24.6.2008 - Art. 30bis | In relazione a quanto previsto dal Dlgs n. 368/2001 nelle seguenti ipotesi il ricorso a rapporti di lavoro a tempo determinato è ammesso nei limiti del 20% dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato mediamente in essere nell’impresa: 1) opere o lavorazioni che per ragioni di carattere tecnico o per condizioni operative o per i ristretti tempi di realizzazione sono tali da non potere essere programmate e realizzate con il personale in forza; 2) lavorazioni a fasi successive che richiedono maestranze diverse, per specializzazioni, da quelle normalmente impiegate e per quali non vi sia possibilità di assicurare continuità d’impiego nell’azienda; 3) copertura di posizioni lavorative non ancora stabilizzate nei normali assetti produttivi e organizzativi aziendali; 4) realizzazione di tipologie costruttive nuove per l’azienda; 5) operazioni di manutenzione straordinaria di impianti. La percentuale di cui al comma precedente si intende comprensiva anche dei contratti di somministrazione di lavoro stipulati nelle ipotesi di cui al comma 1 della successiva Parte C) del presente articolo. La media di cui sopra è computata con riferimento alla media annua dei lavoratori a tempo indeterminato in forza nell’anno solare precedente. La frazione eventualmente risultante dal rapporto percentuale è arrotondata all’unità superiore. |
Ccnl | Disciplina lavoro a termine |
Resta ferma in ogni caso la possibilità di utilizzare complessivamente almeno sette tra contratti a tempo determinato e contratti di somministrazione di lavoro a termine, comunque non eccedenti la misura di un terzo dei lavoratori a tempo indeterminato dell’impresa. Nell’ambito del sistema di informazione di cui all’art. 3 saranno fornite annualmente alle Organizzazioni e/o Rappresentanze sindacali informazioni sulle dimensioni quantitative dei contratti a tempo determinato stipulati, sui cantieri e sui profili professionali interessati dagli stessi. I contratti di lavoro a tempo determinato stipulati nelle ipotesi previste dal presente articolo potranno avere una durata non inferiore a due mesi e non superiore a quindici e potranno essere prorogati una sola volta, ferma in ogni caso la durata massima complessiva di trenta mesi. Visto l’Avviso Comune sottoscritto in attuazione dell’art. 5, comma 4-bis, del citato Dlgs n. 368/2001 le Parti concordano che l’ulteriore successivo contratto a termine in deroga al limite dei 36 mesi (comprensivi di proroghe e rinnovi) di cui al medesimo comma, potrà avere una durata massima pari a 8 mesi, a condizione che venga rispettata la procedura ivi prescritta. Le imprese forniranno ai lavoratori in forza con contratto a tempo determinato informazioni in merito ai posti di lavoro, relativi alle mansioni svolte dagli stessi, che si dovessero rendere disponibili a tempo indeterminato nell’ambito della provincia di impiego. Inoltre le imprese, in caso di assunzione a tempo indeterminato, daranno priorità a parità di mansioni ai lavoratori già assunti per due volte con rapporto a tempo determinato il cui ultimo contratto sia scaduto nel corso dei dodici mesi precedenti. | |
Industria edile Accordo 18.6.2008 Art. 93 | In relazione a quanto disposto dal decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368 e s.m., il lavoro a tempo determinato è consentito a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. Il ricorso al contratto a tempo determinato è vietato nelle seguenti ipotesi: 1. per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; 2. presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i sei mesi precedenti a licenziamenti collettivi ai sensi degli artt. 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi dell’art. 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a 3 mesi; 3. presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato; 4. da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 4 del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626 e successive modifiche. Fermo restando quanto previsto dall’art. 10, comma 7 del citato decreto legislativo n. 368/2001, il ricorso ai contratti a termine per le ulteriori causali non può superare, mediamente nell’anno, cumulativamente con i contratti di somministrazione a tempo determinato di cui all’art. 95, il 25% dei rapporti di lavoro con contratto a tempo indeterminato dell’impresa. Resta ferma in ogni caso la possibilità di utilizzare almeno sette rapporti di lavoro con contratto a termine e/o di somministrazione a tempo determinato, comunque non eccedenti la misura di un terzo del numero di lavoratori a tempo indeterminato dell’impresa. Le frazioni eventualmente risultanti da tali conteggi verranno arrotondate all’unità superiore. La media è computata con riferimento alla media annua dei lavoratori in forza nell’anno solare precedente. Visto l’Avviso comune del 10 aprile 2008 sottoscritto in attuazione dell’art. 5, comma 4-bis, del citato decreto legislativo n. 368/2001 e s.m., le parti concordano che l’ulteriore successivo contratto a termine in deroga al limite dei 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, di cui al medesimo comma, potrà avere durata massima pari a 8 mesi, a condizione che venga rispettata la procedura ivi prescritta. In occasione della sessione semestrale di concertazione e informazione, l’Organizzazione territoriale aderente all’Ance fornirà alle Organizzazioni sindacali dei lavoratori territoriali informazioni in merito all’utilizzo sul territorio dei contratti di lavoro a termine. Le imprese forniranno ai lavoratori in forza con contratto a tempo determinato informazioni in merito ai posti di lavoro a tempo indeterminato che si dovessero rendere disponibili per le medesime mansioni. Le predette informazioni saranno fornite alle Rsu e alle Organizzazioni nazionali o territoriali dei lavoratori dalle imprese e dai consorzi di imprese in occasione degli incontri previsti dai punti 1.7 e 1.8 del sistema di concertazione e informazione del vigente Ccnl. |
Piccola industria - Edili Accordo 1.7.2008 Art. 96 | In relazione a quanto disposto dal Dlgs 6.9.2001, n. 368 e successive modifiche il lavoro a tempo determinato è consentito a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo. Il ricorso al contratto a tempo determinato è vietato nelle seguenti ipotesi: 1) per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero; 2) presso unità produttive nelle quali si sia proceduto, entro i 6 mesi precedenti a licenziamenti collettivi ai sensi degli artt. 4 e 24, legge 23.7.1991, n. 223, che abbiano riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che tale contratto sia concluso per provvedere a sostituzione di lavoratori assenti, ovvero sia concluso ai sensi dell’art. 8, comma 2, legge 23.7.1991, n. 223, ovvero abbia una durata iniziale non superiore a 3 mesi; 3) presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato; 4) da parte delle imprese che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell’art. 4, Dlgs 19.9.1994, n. 626 e successive modifiche. Fermo restando quanto previsto dall’art. 10, comma 7 del citato Dlgs n. 368/2001, il ricorso ai contratti a termine per le ulteriori causali non può superare, mediamente nell’anno, cumulativamente con i contratti di somministrazione a tempo determinato di cui all’art. 97, il 25% dei rapporti di lavoro con contratto a tempo indeterminato dell’impresa. |
Ccnl | Disciplina lavoro a termine |
Resta ferma in ogni caso la possibilità di utilizzare almeno 7 rapporti di lavoro con contratto a termine e/o di somministrazione a tempo determinato, comunque non eccedenti la misura di 1/3 del numero di lavoratori a tempo indeterminato dell’impresa. Le frazioni eventualmente risultanti da tali conteggi verranno arrotondate all’unità superiore. La media è computata con riferimento alla media annua dei lavoratori in forza nell’anno solare precedente. Visto l’Avviso comune del 20.6.2008 sottoscritto in attuazione dell’art. 5, comma 4-bis) del citato Dlgs n. 368/2001 e successive modifiche, le Parti concordano che l’ulteriore successivo contratto a termine in deroga al limite dei 36 mesi comprensivi di proroghe e rinnovi, di cui al medesimo comma, potrà avere durata massima pari a 8 mesi, a condizione che venga rispettata la procedura ivi prescritta. In occasione della sessione semestrale di concertazione e informazione il Collegio e/o Sezione edile aderente ad Aniem nazionale fornirà alle Organizzazioni sindacali dei lavoratori territoriali informazioni in merito all’utilizzo sul territorio dei contratti di lavoro a termine. Le imprese forniranno ai lavoratori in forza con contratto a tempo determinato informazioni in merito ai posti di lavoro a tempo indeterminato che si dovessero rendere disponibili per le medesime mansioni. Le predette informazioni saranno fornite alle Rsu e alle Organizzazioni nazionali o territoriali dei lavoratori dalle imprese e dai consorzi di imprese in occasione degli incontri previsti dal sistema di concertazione e informazione del vigente Ccnl. |
L’attuale legge definitivamente approvato dal Parlamento e in attesa di essere pubblicata nella Gazzetta Ufficiale interviene anche sul contratto di lavoro a tempo determinato. Le modifiche riguardano:
il comma 01 dove si riscrive e rafforza quel concetto secondo il quale il ricorso al lavoro a termine costituisce una eccezione e non vi possono essere le stesse esigenze come per il lavoro a tempo indeterminato;
Lavoro a termine e Riforma del mercato del lavoro
Legge n. 247/2007 | Dl n. 112/2008 | Ddl n. 5256 |
01. Il contratto di lavoro subordinato è stipulato di regola a tempo indeterminato. | 1. È consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordi nato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, an che se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro. | «01. Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro». |
l’inserimento di un comma 1-bis all’art. 1, Dlgs n. 368/2001 che consente la stipulazione di un contratto a termine in assenza delle causali previste dal comma 1 (ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili alla ordinaria attività del datore di lavoro). Questo contratto a termine «acausale» non può essere prorogato. Alla contrattazione collettiva do vrebbe essere poi consentito disciplinare la stipulazione di più contratti a termine
«acausale» (entro il limite del 6% del totale dei lavoratori occupati nell’ambito dell’unità produttiva e per determinati processi produttivi). Il testo del legge di riforma parla di «contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavorato ri e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale». Sembra dunque che sia richiesta la firma di tutte le sigle più rappresentative sul piano nazionale con ovvie difficoltà per la stipulazione diquesti accordi;
una modifica della disciplina qualora il rapporto a tempo determinato continua oltre il termine fissato. Le modifiche apportate all’art. 5, comma 2, Dlgs n. 368/2001 consentono la prosecuzione fino a 30 giorni (non più 20 giorni come adesso) se il contratto a termine è inferiore a sei mesi e fino a 50 giorni (non più 30 giorni come adesso) se il contratto a termine è di durata superiore a sei mesi. La prosecuzione del rapporto dovrà però essere comuni cata al servizio lavoro (comunicazione Unilav);
Normativa
una stretta sui tempi di intervallo tra un contratto di lavoro a tempo determinato e la stipulazione di un nuovo contratto a termine. Le modifiche all’art. 5, comma 3, Dlgs n. 368/2001 prevedono un intervallo di 60 giorni (non più 10 giorni come adesso) se il primo contratto a termine è inferiore a sei mesi e di 90 giorni (non più 20 giorni come adesso) se il primo contratto a termine è di durata superiore a sei mesi. Verrebbe consentita la riduzione dei termini da parte della contrattazione collettiva (facendo riferi mento al comma 1bis da parte dei «contratti collettivi stipulati dalle organizza zioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresen tative sul piano nazionale»);
nel computo del periodo massimo di 36 mesi previsti dall’art. 5, comma 4bis, Dlgs n. 368/2001 (lavoratore con più rapporti a termine per mansioni equivalenti presso lo stesso datore di lavoro) si dovrà tener conto anche dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni equivalenti, svolti fra i medesimi soggetti con un contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato;
l’elevazione del periodo per l’impugnazione del contratto di lavoro a termine (reso in precedenza certo dal collegato lavoro) a partire dal 1° gennaio 2013.
Il lavoratore potrà, adesso, impugnare la legittimità del contratto a tempo determinato entro 120 giorni dalla data del termine (adesso 60 giorni) e avviare il giudizio davanti al giudice (deposito del ricorso) entro i successivi 180 giorni (adesso 270 giorni);
l’indennità omnicomprensiva per il risarcimento del lavoratore nei casi di conversione del contratto a tempo determinato (art. 32, commi 56, legge
n. 183/2010). Questo al fine di rendere più certa l’applicazione da parte dei giudici dell’indennità omnicomprensiva per risarcire il danno subito dal lavoratore;
Legge di riforma del mercato del lavoro - Art. 1, comma 13
13. La disposizione di cui al comma 5 dell’articolo 32 della legge 4 novembre 2010, n. 183, si interpreta nel senso che l’indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subìto dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro.
l’introduzione di una aliquota di finanziamento dell’Aspi (assicurazio ne sociale per l’impiego di nuova introduzione da parte del Ddl in commen to).
Dal 1° gennaio 2013 sarà applicato un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, ai rapporti di lavoro subordinato non a tempo indeter minato nella misura dell’1,4% calcolato sulla retribuzione imponibile ai fini previdenziali.
Aumenta dunque il costo per il lavoro «non standard», ovviamente con la duplice intenzione da un lato di scoraggiare l’utilizzo del contratto di lavoro a tempo determinato e dall’altro lato di avere maggiori risorse per finanziare la prestazione in caso di disoccupazione.
Lavoratori esclusi dal versamento del contributo addizionale
Sono esclusi dal versamento del contributo addizionale solamente:
i lavoratori assunti a termine in sostituzione di lavoratori assenti;
lavoratori assunti a termine per lo svolgimento delle attività stagionali definite dal Dpr n. 1525/1963. La versione del Ddl esclude dalla contribuzione aggiuntiva, per il periodo dal 1º gennaio 2013 al 31 dicembre 2015, anche le attività stagionali definite dagli avvisi comuni e dai contratti collettivi nazionali stipulati entro il 31 dicembre 2011 dalle organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative;
gli apprendisti (è un contratto di lavoro a tempo indeterminato). L’esclusione sembra così comunque anche riferita all’apprendistato professionalizzante per attività stagionali;
i lavoratori dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del Dlgs n. 165/2001.
Infine la legge di riforma prevede anche la cancellazione del contratto di inserimento (abrogazione degli artt. 5459 del Dlgs n. 276/2003) e, dal 1° gennaio 2017, anche la possibilità di stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato con lavoratori iscritti nella lista di mobilità (abro gazione degli artt. da 6 a 9 della legge n. 223/1991).
Sembra che l’intervento del Legislatore nei termini descritti sia finalizzato a privilegiare in tutti i modi il lavoro subordinato a tempo indeterminato secondo il disegno già contenuto nella legge n. 247/2007.
Nello stesso tempo viene però anche consentita la stipulazione di un contrat to a termine senza causale, controbilanciando così almeno in parte la stretta.