Contract
IL COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
– Prof. Avv. Xxxxxxx Xxxxxxx Presidente
– Prof.ssa Xxxxxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx Membro designato dalla Banca d’Italia
– Prof. Avv. Xxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx
Membro designato dalla Banca d’Italia
– Xxxx. Xxxxx Xxxxxxxx Membro designato dal Conciliatore Bancario Finanziario
– Avv. Xxxxx Xxxxxxxxxx Membro designato dal C.N.C.U. (Estensore)
nella seduta del 7 aprile 2011, dopo aver esaminato
• il ricorso e la documentazione allegata;
• le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione;
• la relazione istruttoria della Segreteria tecnica
FATTO
La ricorrente chiede l’annullamento “per dolo determinante, come previsto dall’art. 1439 del c.c.”, del contratto stipulato con l’intermediario convenuto nel maggio/giugno 2010, avente ad oggetto un finanziamento vincolato all’acquisto di determinati beni (mobili) presso una specifica società di arredamento (Jolly S.p.A.) in un arco temporale limitato (cinque anni). Più precisamente, si tratta di un contratto di finanziamento collegato e accessorio ad altro contratto, in forza del quale la suddetta società di arredamento concede alla ricorrente uno sconto sul prezzo di acquisto di mobili a fronte dell’impegno della ricorrente ad acquistare in un quinquennio mobili per un valore non inferiore a € 2.400,00 (oltre IVA). L’operazione – che comporta dunque la stipulazione di due contratti, l’uno con la società di arredamento e l’altro di finanziamento con l’intermediario convenuto
– è stata presentata e offerta alla ricorrente da alcuni agenti della società di arredamento e la negoziazione e stipulazione dei relativi contratti è avvenuta ad opera di questi ultimi fuori sede.
La ricorrente lamenta di essere stata raggirata e indotta in errore proprio dal comportamento tenuto, in fase precontrattuale e di stipulazione del contratto di finanziamento, dagli agenti della società di arredamento, sostenendo che “i raggiri usati dagli Agenti, sicuramente noti anche [all’intermediario], furono tali che, senza di essi, [la ricorrente] non sarebbe mai addivenuta alla stipula del [contratto con la società di arredamento] e della correlata richiesta di finanziamento sottopostale in modo chiaramente fraudolento”. Contestando “evidenti violazioni delle disposizioni in materia di trasparenza bancaria e di offerte fuori sede di prodotti di finanziamento”, la ricorrente
evidenzia in particolare di non essere stata resa edotta dei costi del finanziamento – in quanto “nessuna quota di interessi era stata pubblicizzata dall’Agente … lasciando intendere … che il finanziamento … fosse a zero costi” né le era stata fornita alcuna informazione in merito al “TAG, … XXXX … e TEG medio applicati” – e di non aver neppure ricevuto copia del contratto, “né tantomeno la documentazione precontrattuale prevista dalla normativa di settore, con particolare riferimento alla trasparenza del prodotto (i.e. foglio informativo analitico, documento di sintesi. etc.:)”. Rileva inoltre la ricorrente che sulla copia del contratto inviata dall’intermediario soltanto con lettera del 10 agosto 2010 non sono neanche indicati il luogo e la data di sottoscrizione dello stesso.
L’intermediario convenuto, di contro, respinge ogni addebito mosso nei suoi confronti dalla ricorrente, osservando in particolare quanto segue: (i) la ricorrente era perfettamente a conoscenza delle condizioni economiche del finanziamento e, quindi, del numero e dell’importo delle rate pattuite per il rimborso, nonché del TAN e del TAEG applicati, in quanto, tra l’altro, in data 23.6.2010 la banca inviava la lettera di accettazione del finanziamento, “ribadendo le condizioni economiche già contenute nella domanda di intervento finanziario – sezione prospetto contabile”, secondo le quali la ricorrente avrebbe dovuto restituire la somma finanziata (€ 2.800,00) “maggiorata di spese ed interessi contrattualmente pattuiti (TAN 13,60% e TAEG 15,50% …) mediante versamento di n. 60 rate … a decorrere dal 28.7.2010”; (ii) la ricorrente compilava in ogni sua parte il contratto di finanziamento e approvava tutte le condizioni generali, “mediante l’apposizione di ben 11 sottoscrizioni”; (iii) l’importo finanziato veniva effettivamente erogato per intero; (iv) il Codice del Consumo (D.Lgs 206/2005) prevedeva all’epoca dei fatti di causa il diritto del consumatore di recedere “entro 10 giorni lavorativi” dai contratti di finanziamento conclusi fuori sede, ma tale diritto non veniva esercitato dalla ricorrente; (v) per quanto attiene alla mancanza della data e luogo sulla domanda di finanziamento, infine, l’intermediario precisa che tali elementi “non sono prescritti a pena di nullità” e che la compilazione della domanda avveniva a cura della ricorrente, cui dunque spettava indicarli.
Peraltro, in via preliminare, l’intermediario eccepisce altresì l’incompetenza dell’ABF, in quanto la richiesta di annullamento “avrebbe dovuto essere proposta avanti all’Autorità Giudiziaria”, in ragione del collegamento negoziale tra il contratto di finanziamento e quello con la società di arredamento e del fatto che “il contraddittorio dovrebbe essere esteso anche nei confronti del fornitore dei beni”, al quale viene imputato il comportamento doloso.
DIRITTO
Occorre preliminarmente esaminare l’eccezione di incompetenza dell’ABF formulata dall’intermediario convenuto, il quale sostiene che la richiesta di annullamento “avrebbe dovuto essere proposta avanti all’Autorità Giudiziaria”, stante il collegamento contrattuale tra il finanziamento e il contratto con la società di arredamento, nonché l’asserita necessità di estendere il contraddittorio nei confronti di quest’ultima, alla quale viene imputato dalla ricorrente il comportamento doloso contestato.
Xxxxxx, al riguardo, il fatto che la ricorrente si è limitata a chiedere l’annullamento per dolo del contratto di finanziamento, mentre non ha formulato alcuna domanda avente ad oggetto il contratto stipulato con la società di arredamento, né ha ricollegato l’annullamento del contratto di finanziamento ad una richiesta di annullamento del contratto con tale società. Gli addebiti mossi dalla ricorrente all’intermediario convenuto – e le ragioni poste a fondamento della richiesta di annullamento – prescindono da ogni
valutazione sul contratto stipulato con la società di arredamento, riguardando “le evidenti violazioni delle disposizioni in materia di trasparenza bancaria e di offerta fuori sede” in relazione alle modalità di promozione e negoziazione del contratto di finanziamento da parte degli agenti della società di arredamento, a ciò autorizzati dalla banca.
Alla luce di tali considerazioni, il Collegio non accoglie l’eccezione di incompetenza formulata dall’intermediario convenuto.
Quanto al merito della controversia in oggetto, il Collegio ritiene che la documentazione prodotta in giudizio attesti con ogni evidenza che le modalità di presentazione e offerta dell’operazione di finanziamento da parte degli agenti della società di arredamento sono in effetti state tali da aver potuto seriamente pregiudicare la capacità di giudizio della ricorrente inducendola in errore e, comunque, sono state tali da integrare una palese e grave violazione delle disposizioni vigenti in tema di trasparenza bancaria e offerta fuori sede.
In questa prospettiva, rileva in particolare la circostanza che la documentazione preliminare fatta sottoscrivere alla ricorrente e, in primis, l’ordine emesso per l’acquisto di merce dalla società di arredamento, per un valore pari a € 2.880,00 stabiliva modalità di pagamento dilazionato, e nello specifico n. 60 rate di pari importo, senza alcuna indicazione relativa a eventuali interessi dovuti. Più precisamente, va sottolineato come, pur essendo previsto nel suddetto modulo d’ordine uno spazio specificatamente dedicato all’indicazione di T.A.N. e T.A.E.G. applicabili all’operazione, tale spazio veniva nel caso di specie lasciato in bianco. Ad avviso del Collegio, si tratta di circostanze tali da ingenerare, anche secondo la percezione del buon padre di famiglia, un serio affidamento che l’operazione di finanziamento venisse offerta a interessi zero.
Analogamente, rileva il fatto che il testo del contratto di finanziamento apparentemente stipulato con l’intermediario – di cui la ricorrente dichiara di non avere ricevuto copia al momento della sottoscrizione, senza che l’intermediario abbia dimostrato il contrario – riporta un T.A.N. e un T.A.E.G. non leggibili. Detto testo contrattuale, inoltre, è privo dell’indicazione del luogo e della data di stipulazione e, seppur debitamente sottoscritto in ogni sua parte dalla ricorrente, è stato predisposto con un carattere così piccolo che risulta di fatto illeggibile a questo Collegio.
Sul punto, la difesa dell’intermediario si incentra sulla corrispondenza con cui, in data 23.6.2010, la banca comunicava alla ricorrente la propria accettazione del finanziamento, con indicazione delle principali condizioni economiche di tale operazione. È vero che detta comunicazione conteneva l’esatta e chiara indicazione di XXX e XXXX; tuttavia, il Collegio ritiene che, a tale data, la ricorrente era già stata indotta in errore a causa del comportamento dei soggetti autorizzati dalla banca alla presentazione, promozione e negoziazione del relativo strumento di finanziamento ed aveva già prestato il proprio consenso, che doveva dunque dirsi viziato. Ciò che rileva, infatti, non sono le comunicazioni della banca successive alla stipulazione, bensì quelle ad essa precedenti; e, al riguardo, risulta che prima della stipulazione non sono state fornite alla ricorrente le informazioni previste dalla normativa in materia di trasparenza per assicurare una scelta consapevole da parte della cliente e che, di contro, la ricorrente abbia invece ricevuto informazioni o comunque abbia sottoscritto documentazione in grado di ingenerare in lei falsi affidamenti.
Alla luce delle difese svolte e della documentazione prodotta, dunque, il Collegio ritiene che, nel caso di specie, sussistano i presupposti per accogliere la domanda della ricorrente e conseguentemente annullare il contratto di finanziamento per dolo determinate
ai sensi dell’art. 1439 cod. civ.: sussistono infatti (i) sia l’animus decipiendi, che si estrinseca nelle modalità di offerta e presentazione dell’operazione di finanziamento, intenzionalmente poco chiare e fuorvianti, oltre che aggressive, (ii) sia la caduta del deceptus in errore, (iii) sia un nesso di causalità tra i due citati elementi. Quanto al primo requisito è peraltro opportuno osservare che, ai sensi del secondo comma dell’art. 1439 cod. civ., il contratto di finanziamento oggetto del ricorso deve ritenersi invalido a prescindere dal fatto che “i raggiri sono stati usati da un terzo”, essendo evidente che l’intermediario non poteva non conoscere le modalità di offerta e presentazione dell’operazione da parte degli agenti della società di arredamento, essendo anzi tenuto per legge a vigilare sull’attività svolta da tutti i soggetti che operano quali intermediari dei propri servizi, e che esso ne ha al contempo certamente tratto vantaggio.
Si ricorda, in tale ultima prospettiva, il Provvedimento del Governatore della Banca d’Italia del 10 novembre 2009, che ribadisce la piena responsabilità del soggetto erogante sulla complessiva attività di collocamento posta in essere dalla catena distributiva e la necessità di presidiare i rischi operativi e reputazionali insiti in comportamenti anomali o irregolari posti in essere. Si richiama, inoltre, il Provvedimento della Banca d’Italia del 29 luglio 2009 sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari, la cui Sezione II (Pubblicità e informazione precontrattuale) stabilisce che “Nel caso di offerta fuori sede, anche se realizzata attraverso soggetti terzi, i fogli informativi riportano, oltre alle informazioni sull’intermediario committente, i dati e la qualifica del soggetto che entra in rapporto con il cliente (ad esempio, dipendente, promotore finanziario, agente in attività finanziaria) ed eventuali costi ed oneri aggiuntivi derivanti da tali modalità di offerta. Il soggetto che procede all'offerta deve consegnare al cliente, in tempo utile prima che il contratto sia concluso o che il cliente sia vincolato da un’offerta, il documento generale denominato "Principali diritti del cliente" e il foglio informativo; se per il servizio offerto è prevista una Guida ai sensi del paragrafo 2, questa deve essere consegnata in luogo del documento generale denominato "Principali diritti del cliente". In caso di contratto di finanziamento, viene consegnato al cliente anche un documento contenente i Xxxxx Effettivi Globali Medi (TEGM) previsti dalla legge n. 108/1996 (c.d. “legge antiusura”). L’intermediario committente acquisisce un'attestazione del cliente circa l'avvenuta consegna e la conserva agli atti. (…) L’intermediario committente verifica che il soggetto incaricato dell'offerta rispetti gli obblighi di trasparenza previsti dalla presente sezione. In particolare, se il foglio informativo e i documenti previsti dal paragrafo 2 sono predisposti dal soggetto incaricato dell'offerta, l’intermediario committente ne accerta la conformità alle disposizioni vigenti e l’idoneità a conseguire pienamente le finalità della disciplina in materia di trasparenza”.
Per concludere, a conferma delle considerazioni cui è giunto il Collegio, non si può evitare di rammentare che l’attività di promozione e negoziazione svolta dalla società di arredamento Jolly S.p.A. è già stata oggetto del provvedimento con cui l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nell’adunanza del 5.8.2010, ha disposto nei confronti di tale società la sospensione “di ogni attività diretta a promuovere, mediante telemarketing e successive visite al domicilio dei consumatori, una tessera sconti gratuita che celerebbe la vendita di articoli per la casa del professionista, nonché nel sottoporre ai consumatori moduli che non riportano adeguate informazioni circa la loro natura di contratti d’acquisto”. L’Autorità ha valutato che “la suddetta pratica potrebbe, per un verso, considerarsi ingannevole in quanto al consumatore sarebbero fornite informazioni inesatte, incomplete o non veritiere con specifico riferimento alle caratteristiche generali dell’offerta promossa, nonché al prezzo e agli oneri da sostenere per aderire alla stessa; per altro verso, la pratica potrebbe risultare aggressiva in quanto, per le modalità con cui vengono fatti
stipulare i moduli ai consumatori e sono successivamente consegnati i prodotti che i consumatori si sarebbero inconsapevolmente impegnati ad acquistare (ben prima dei termini indicati nei moduli stessi), è idonea a condizionarne indebitamente la libertà di scelta o il comportamento economico. Inoltre, si ritiene scorretta anche la condotta consistente nella somministrazione dei moduli descritti in precedenza, nei quali non è indicato in maniera chiara e trasparente la natura del rapporto, l’oggetto e il prezzo dei prodotti che i consumatori saranno obbligati ad acquistare, ma recano solo un generico impegno a spendere un determinato ammontare”.
P. Q. M.
Il Collegio accoglie il ricorso e dichiara l’invalidità del contratto di finanziamento denunciato.
Il Collegio dispone inoltre, ai sensi della vigente normativa, che l’intermediario corrisponda alla Banca d’Italia la somma di € 200,00, quale contributo alle spese della procedura, e alla ricorrente la somma di € 20,00, quale rimborso della somma versata alla presentazione del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1