PREFAZIONE
Il contributo del giovane xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx ha un significato che va, in primo luogo, sottolineato.
L’avere dedicato una approfondita riflessione alla figura del c.d. “le- gato di contratto” ha il merito di avere determinato la reviviscenza di una figura quasi del tutto negletta dalla nostra dottrina con qualche fe- lice eccezione e trattata per lo più occasionalmente e non in un contesto “aperto” e sistematico, quale oggi offerto dall’A.
Che invece il legato di contratto si presti ad una rinnovata riflessione sull’efficacia obbligatoria del testamento, tale appunto che la disposi- zione testamentaria non abbia solo ad essere identificata con un atto “dispositivo delle proprie sostanze”, secondo la definizione consegnata all’art. 587 c.c., ma anche con un atto destinato a creare rapporti con- trattuali con i terzi in qualità di legatari per il soddisfacimento post mor- tem di interessi patrimoniali e non patrimoniali del testatore, è questo il leitmotiv del lavoro di Xxxxxxxxx.
Non a caso l’A. parte da lontano, indagando sui profili storico-giu- ridici dell’autonomia testamentaria in materia di legati ad efficacia ob- bligatoria.
Il legato di contratto rientra in tali fattispecie. Esso comporta una obbligazione di facere a carico del soggetto onerato, erede o legatario in caso di sublegato.
La singolarità dunque della figura è che qui non si è in presenza di una prestazione consistente nel dare ma nella stipulazione di un contrat- to e cioè di un atto negoziale che presuppone non solo la volontà del- l’onerato ma anche quella collaborativa del terzo.
Che possa dunque parlarsi, a favore del legatario, di un diritto di cre- dito, ritiene possibile l’A., giacché qui il contratto è un atto dovuto e al- la sua conclusione ha pieno diritto il legatario. Il che significa, come per
XII Il legato di contratto. Fattispecie e rimedi
tutte le obbligazioni, anche di facere, che è ammissibile la tutela risarci- toria e quella in forma specifica (art. 2932 c.c.).
Ma il compito dell’A. non si limita ad enunciare il contesto più gene- rale in cui si colloca il legato di contratto ma procede ad una descrizio- ne, quasi tassonomica, dei principali legati di contratto (da quello di compravendita al legato di trust). Ed è proprio l’ampiezza di tale elenco che induce l’A. a valorizzare l’archetipo più generale della figura, che è quello ormai di inserire anche il testamento, si è detto non solo quale atto di disposizione di beni ma quale fonte di obbligazioni, accanto alle fonti tipiche del contratto e del fatto illecito ex art. 1173.
Il legato di contratto, proprio nella misura in cui con esso si utilizza una disposizione mortis causa, seppure a titolo particolare, quale veicolo per instaurare un rapporto di scambio tra il testatore e/o colui che ne è l’esecutore, quale l’erede o altro legatario, ed il terzo beneficiario, fa sì che si è indotti ad abbandonare la visuale del testamento, quale atto che il testatore compie “in solitudine” (senza aver rapporti con il beneficia- rio) per un atto che crea invece un rapporto con l’esterno, così come un qualsiasi contratto.
L’approccio è nuovo e reca profili non sempre prevedibili. Com’è noto, la possibilità che un soggetto, al di là del contratto, abbia ad im- porre obblighi a soggetti in favore di terzi è limitata in materia succes- xxxxx, e cioè all’ipotesi che tali obblighi o rivestano il carattere di pesi od oneri imposti a soggetti, quale limite all’attribuzione di beni ad essi at- tribuiti – e questo è il modello del modus testamentario – oppure, come nel legato, in senso stretto, siano in relazione diretta con l’eredità del de cuius, costituendone un modo “di disposizione” (art. 588 c.c.).
Eppure è siffatta relazione ad essere posta in dubbio, con il legato di contratto.
Se il legato per vindicationem rientra appieno in tale contesto, già il legato per damnationem è al limite dell’ammissibilità. Il legato di con- tratto è ancor di più al limite del limite.
Attraverso la prestazione-contratto si impone all’onerato un quid, che forse non è più in relazione diretta con il patrimonio successorio, così come non è sempre detto che al beneficiario sia garantito un reale van- taggio. È dunque l’elemento della “disposizione a titolo particolare” (art. 588 c.c.) ad essere posto in dubbio.
Il contratto è infatti fonte di obblighi da entrambe le parti, in cui non appare chiaro chi è, in definitiva, che risulta vantaggiato e/o svantaggiato.
Prefazione XIII
L’A. è ben consapevole di tale problematica, la quale coinvolge an- che il tradizionale divieto che ha il nostro ordinamento acché la succes- sione possa essere regolata per via di contratto. Xx è da chiedersi se, at- traverso il legato di contratto, non si viene indirettamente a raggirare il divieto.
Ma è qui che l’A. con riferimento al legato di contratto risponde ap- pieno a questi dubbi. Egli ribadisce che il legato di contratto costituisce un negozio autonomo a differenza del modus testamentario, che è invece un elemento accessorio e accidentale della disposizione testamentaria.
E, secondo l’A., resta la caratteristica inconfondibile che, nel legato di contratto, come in tutti i legati, il peso del legato grava sull’eredità mentre, nell’onere, grava esclusivamente sul patrimonio dell’onerato.
Di qui la conseguenza che disposizioni come gli artt. 647 e 648 c.c. applicabili al modus non sono applicabili al legato di contratto.
Un punto infine assai delicato e che è in grado di far capire sino a che punto può arrivare il rapporto trilatero tra de cuius, onerato e bene- ficiario (legatario) è il caso in cui il legato abbia per oggetto il conferi- mento di un mandato o la stipulazione di un contratto di società di per- sone. L’A. è per l’insuscettibilità di tali fattispecie ad essere oggetto di legato. E la ragione principale è che, in tal caso, si viene ad interrompe- re ogni legame tra l’asse ereditario, l’onerato dell’obbligo e il beneficia- rio. La prestazione-contratto di mandato perde, in tal caso, ogni legame con l’asse ereditario e presuppone l’intuitus personae del legatario- mandatario pur indicato dal testatore, con possibilità, quest’ultimo, di operare tout court, ma solo indirettamente, sui rapporti facenti capo al- l’asse ereditario.
In conclusione, il contributo dell’A. si caratterizza per avere esau- rientemente così rappresentato quella che egli stesso definisce “una suc- cessione dinamica dei beni ereditari, volta anche alla pianificazione post mortem delle attività produttive svolte in vita dal de cuius” (ad es. nel legato di contratto di appalto o di trust e così via).
L’A. ammette che tale fattispecie, i cui effetti si proiettano esclusi- vamente post mortem, e accanto ad essa gli istituti alternativi al testa- mento, che regolano in parte già in vita i rapporti tra beneficiante e be- neficiario, possono rappresentare nella loro complementarietà una vali- da alternativa al c.d. ffrbvertrag, ammesso nel diritto tedesco e non nel nostro, con l’eccezione del patto di famiglia. Egli auspica un intervento legislativo, che renda “tipico” il legato di contratto.
XIV Il legato di contratto. Fattispecie e rimedi
Quel che è certo – il che spiega perché il contributo dell’Autore ven- ga accolto con estremo favore nell’attuale Collana – è che il legato di contratto si colloca pur sempre in un contesto di tutela rimediale, ispira- ta al principio della effettività della tutela. La vocazione verso il rimedio è evidente, giacché, trattandosi di una prestazione-contratto, che sem- bra godere di autonomia rispetto alla disposizione testamentaria, essa non è suscettibile, ad esempio, della tutela di cui dispone il modus te- stamentario ex art. 648 c.c., e risultando debole a volte il rimedio dell’e- secuzione specifica dell’obbligo di contrarre ex art. 2932 c.c., dacché non dispone della “stampella” del contratto preliminare.
Per ora, come sostiene l’A., il legato di contratto gode quasi di “un effetto di rimbalzo dei notevoli mutamenti del nostro diritto delle ob- bligazioni e dei contratti”. È da auspicare che da detto effetto “di rim- balzo” si pervenga ad un effetto più pieno e diretto, tale da rivitalizzare l’autonomia testamentaria. E di tale effetto l’opera di Xxxxxxxxx Xxxxx- muto rappresenta un primo e significativo tassello.
Prof. Xxxxxx xx Xxxx
INTRODUZIONE AL LEGATO DI CONTRATTO
Nell’assenza di uno specifico dato positivo, lo studio del legato di contratto non può che muovere dall’accezione comune e tralaticia af- fermatasi nella prassi testamentaria, che lo intende come quel legato avente ad oggetto l’obbligo dell’onerato – erede o legatario – di conclu- dere con il beneficiario – legatario o sublegatario – un contratto prede- terminato dal testatore.
Il legato di contratto è, pertanto, figura ascrivibile all’ars stipulatoria privatorum, che nell’esperienza giuridica contemporanea tende ad ulte- riori sviluppi di strutture, funzioni ed effetti entro un sistema successo- rio in via di trasformazione dal “diritto moderno” dell’originario im- pianto codicistico del 1942 ad un “diritto postmoderno” del terzo mil- lennio, nel quale si stanno rimodulando pressoché tutti gli istituti fon- damentali del diritto privato e pressoché tutte le triangolazioni di siste- ma un tempo consolidate, come quella soprattutto della ‘proprietà, fa- miglia e successioni’ 1.
L’istituto si pone, nell’esperienza italiana, a cavallo tra due “conti- nenti” in movimento a doppia velocità: l’uno, quello delle successioni mortis causa, che ha avuto una più lenta evoluzione con poche eccezio- ni, quali ad esempio il progressivo ampliamento della categoria dei suc- cessibili 2 o l’introduzione del così detto “patto di famiglia” 3, e l’altro,
1 Cfr. X. XXXXXXXX, Introduzione al Codice civile, Roma-Bari, 1991.
2 A partire dalla riforma del diritto di famiglia del 1975, che – com’è noto – ha mo- dificato e rafforzato la posizione successoria del coniuge, sino alla recente equiparazio- ne, anche ai fini successori, degli status filiationis operata dalla legge n. 219/2012 e dal d.lgs. n. 154/2013, sulla quale cfr. per tutti A. NICOLUSSI-X. XXXXX, Xxxxxxx e implica- zioni della “riforma” della filiazione, in AA.VV., La nuova disciplina della filiazione, Ri- mini, 2014, 21 ss.
3 Cfr. X. XXXXXXXXXXX, Il patto di famiglia tra bilanciamento dei principi e valutazione comparativa degli interessi, in Rass. dir. civ., 2008, 146 ss.
quello del contratto, che ha visto negli anni della Repubblica un rapi- dissimo sviluppo 4.
L’utilissima constatazione ci ha indotti a proseguire in un impegno di ricerca che, preso atto della persistente duttilità dello strumento te- stamentario 5, intende verificare in quale misura il legato di contratto sia stato rivitalizzato nella nostra esperienza dai sommovimenti che hanno caratterizzato il diritto delle obbligazioni e dei contratti, come ad esem- pio lo sviluppo delle destinazioni fiduciarie e dei rimedi contrattuali.
La nostra ipotesi è che tale effetto di rimbalzo si sia significativamen- te prodotto, come dimostra ad esempio il legato di trust o di affidamen- to fiduciario, e che il legato di contratto possa oggi a pieno titolo anno- verarsi tra gli istituti che consentono al testatore di regolamentare in modo flessibile e dinamico i propri interessi post mortem, un ruolo svol- to anche, per altri versi, nel nostro ordinamento (sia pure entro certi li- miti, si pensi al divieto dei patti successori 6 e alla tutela dei diritti dei legittimari) dai c.d. “strumenti alternativi al testamento” 7 e, in altri ordi- namenti, da istituti peculiari al loro contesto, quali il trust successorio del common law e l’ffrbvertrag o contratto successorio del diritto tedesco.
È chiaro peraltro, a scanso di equivoci, che il legato di contratto, es- sendo una disposizione testamentaria destinata a spiegare interamente i suoi effetti dopo la morte del testatore, non possa supplire a tutte le funzioni dei patti successori – che comunque, ripetiamo, sono vietati dal- l’ordinamento italiano salvo eccezioni come il patto di famiglia – i quali
4 Cfr. X. XXXXXX, Prospettive della libertà di disposizione ereditaria, in AA.VV., Libertà di disporre e pianificazione ereditaria. Atti dell’11° Convegno Nazionale della Società Ita- liana degli Studiosi del Diritto Civile, Napoli, 2017, 7 ss. e X. XXXXXXXXXXX, Relazione conclusiva, ivi, 513 ss.
5 Cfr. perspicuamente X. XXXXXXXX, Autonomia testamentaria, fondamenti costitu- zionali e bilanciamento di principi, in AA.VV., Libertà di disporre e pianificazione eredita- ria, cit., 17 ss.
6 Cfr. da ultimo X. XXXXX, Il divieto di patti successorî, ossia il divieto di negoziare la delazione, in AA.VV., Liber amicorum per Xxxxx Xxxxxx, t. I, a cura di X. XXXXXX e X. XXXXXXXXXXX, Napoli, 2017, 65 ss.
7 Cfr. A. PALAZZO, Autonomia contrattuale e successioni anomale, Napoli, 1983; ID., Istituti alternativi al testamento, in Tratt. dir. civ. Cons. Naz. Not., diretto da X. XXXXXX- XXXXX, Xxxxxx, 0000; ID., Testamento e istituti alternativi, in Tratt. teorico-pratico dir. priv., diretto da X. XXXX e X. XXXXX, Padova, 2008; X. XXXX, Fenomeni a rilevanza successoria, Napoli, 2008; con particolare riguardo alle possibilità e ai limiti di utilizzo degli stru- menti alternativi al testamento ai fini della tutela del convivente superstite, X. XXXXXXX, Rapporti di convivenza e diritto successorio, in Riv. not., 2, 2014, 173 ss., spec. 190 ss.
possono regolare già in vita i rapporti tra il beneficiante e il beneficiario, ad esempio subordinando la futura attribuzione post mortem ad una de- terminata prestazione (di mantenimento, assistenza, etc.) da effettuarsi in vita a favore del beneficiante, pena la revocabilità del patto stesso; fi- nalità che comunque vengono già realizzate in vario modo nel nostro ordinamento mediante l’utilizzo adeguatamente congegnato di istituti alternativi, quali la donazione modale, la donazione si praemoriar, il contratto a favore di terzo con effetti post mortem o altri così detti “ne- gozi transmorte” 8.
L’odierna problematicità del legato di contratto è, per così dire, una e triplice: da una parte, resta pregiudiziale ed unificante la questione di sempre della sua configurabilità “atipica” e, dunque, della sua compati- bilità con gli istituti testamentari “tipici” (o nominati) e della sua ricon- ducibilità entro i limiti dell’autonomia testamentaria; dall’altra, è invece triplice la questione del suo adeguamento di strutture, di funzioni e di effetti in chiave costituzionale 9 e adesso anche in chiave di armonizza- zione europea del diritto delle obbligazioni e dei contratti 10.
Difatti, rispetto al codice civile del 1942 il processo di costituziona- lizzazione (prima) e quello di uniformazione europea (dopo) portano a verificare nell’attualità contemporanea: a) le nuove “reificazioni” della ricchezza e del patrimonio privato, comprese le così dette new proper- ties; b) le nuove “politiche” di distribuzione della ricchezza privata che da prevalentemente materiale ed immobiliare si sta trasformando in immateriale e mobiliare; c) le nuove attuazioni dei diritti umani e del pluralismo dei modelli familiari e delle relazioni affettive 11 che induco- no a riscrivere le direttrici di fondo del diritto successorio e di istituti, apparentemente di nicchia, come il legato di contratto; d) ed infine, i nuovi processi di europeizzazione (o di neo-uniformazione europea che non riguarda più soltanto mercati e concorrenza ma ora anche, sia pur timidamente, persone, famiglia e successioni) ed i nuovi processi di in-
8 Cfr. per tutti A. PALAZZO-X. XXXXX, Trattato della successione e dei negozi successori, 2, Xxxxxx successori anticipatori, Torino, 2012, 445 ss.
9 Cfr. X. XXXXXXXXXXX, Il diritto civile nella legalità costituzionale2, Napoli, 1991; ID., Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fon- ti3, Napoli, 2006.
10 Cfr. X. XXXX, Introduzione al diritto contrattuale europeo, Roma-Bari, 2007.
11 Cfr., da ultimo, X. XXXXXXXXX, La famiglia: rapporti personali e patrimoniali, in
Manuale del Diritto privato2, a cura di X. XXXXXXXXX, Torino, 2017, 265 ss.
ternazionalizzazione degli ordinamenti statali (o di neo-internaziona- lizzazione dei diritti umani e sociali, non più solo di marca occidentale ma ormai di marca multiculturale ed interculturale).
Il legato di contratto è pertanto uno dei “problemi” di una costella- zione di “sistemi” giuridici in movimento, ed in tal senso tale vec- chio/nuovo istituto è riconducibile alla formula classica del “problema e sistema” 12 ma nell’ottica rinnovata della pluralità degli ordinamenti 13.
L’argomento della ricerca, conviene ancora premettere, ha forti im- plicazioni di teoria generale del diritto, che ne rappresentano gli impre- scindibili punti di partenza: la centralità della persona e la rilevanza del- la sua volontà post mortem; il fenomeno successorio e gli ambiti del- l’autonomia testamentaria 14.
Se è ormai communis opinio, ad esempio, che il sistema degli atti mortis causa sia distinto da quello degli atti inter vivos, ancora tra la fine del 1800 e i primi del secolo scorso autorevoli studiosi sostenevano che il testamento fosse un negozio giuridico a struttura contrattuale 15.
12 Cfr., in punto di teoria generale, X. XXXXXXX, Problema e sistema nella controver- sia sul metodo giuridico, in Jus, 1976, 3 ss.
13 Cfr. X. XXXXXXXXX, Pluralità degli ordinamenti giuridici e diritto civile, in Riv. crit. dir. priv., 2018, 1 ss.
14 Sul problema del fondamento filosofico del diritto di testare e su quello tecnico- giuridico dell’idoneità del testamento a produrre effetti dopo la morte del suo autore cfr., da ultimo, X. XXXXX, Tipicità, patrimonialità, interessi del testatore, in AA.VV., Tra- dizione e modernità del diritto ereditario nella prassi notarile. Atti dei Convegni di Ro- ma, 18 marzo 201ł – Genova, 27 maggio 201ł – Vicenza, 1 luglio 201ł, Milano, 2016, 13 ss., il quale ricorda il dibattito tra X. XXXXXXXX, Il diritto di testare secondo la teoria integrale del diritto privato, in Giur. it., 1924, IV, 162 ss. – secondo cui il diritto di te- stare «costituisce quella condizione, la quale, allorché si verifica l’evento della morte, fa sorgere nello Stato il dovere di distribuire in un determinato modo i beni che furono già di proprietà del disponente» – e X. XXXXXX, Il codice civile italiano commentato se- condo l’ordine degli articoli. Libro delle successioni per causa di morte e delle donazioni, Torino, 1940, 225 – il quale ritiene che la posizione del Xxxxxxxx costituisca soltanto una «fraseologia descrittiva» della successione testamentaria. Cfr. anche V. POLACCO, Delle successioni. Lezioni tenute nella R. Università di Roma negli anni accademici 1922- 1923, 1923-1924, vol. I, Roma, 1928, 137 ss.
15 Nella dottrina a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento cfr. X. XXXXXXX, Il testa- mento è contratto?, in Xxxxxxxxxx, 1884, I, 265 ss.; X. XXXXXXXX, La clausola arbitrale nei testamenti. Il giudice famigliare, in Scritti varii di diritto privato, II, Torino, 1917, 2a ed., 275 ss., spec. 280 ss. ove l’A. afferma che il sistema del diritto civile “concepisce l’ac- cettazione ereditaria come la manifestazione del consenso dell’erede ad accettare tutti i pesi e tutte le clausole del testamento” (sia pur entro i limiti dell’ordine pubblico, del
La dottrina più moderna, quindi, ha avvertito l’esigenza di ribadire che il testamento – quale negozio giuridico unilaterale mortis causa – è una fonte speciale (e per certi aspetti anomala) di obbligazioni 16, tant’è che il codice civile non lo menziona espressamente tra le fonti dell’ob- bligazione in generale, accanto al contratto e all’atto illecito, facendolo invece ricadere, implicitamente, nella categoria residuale di fonti costi- tuita da “ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’or- dinamento giuridico” (art. 1173, ultima parte, c.c.).
Le fonti dell’obbligazione sono, comunque, essenzialmente ricondu- cibili o alla legge o alla volontà dell’uomo entro i confini della liceità (non contrarietà all’ordine pubblico, al buon costume e a norme imperative), della possibilità e della meritevolezza di tutela degli interessi perseguiti.
L’autonomia testamentaria si fonda sul quarto comma dell’art. 42 Cost. (in tema di funzione sociale della proprietà), a mente del quale “La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e te- stamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità”.
Nella materia testamentaria, già gli artt. 647 (onere o modus testa- mentario), 651 (legato di cosa altrui) e 653 (legato di cosa genericamen- te determinata) c.c. lasciano intravedere l’idoneità del testamento ad obbligare gli eredi o i legatari, che non abbiano rinunziato all’eredità o al legato, al compimento di una prestazione stabilita dal testatore.
L’ordinamento giuridico riconosce la personalità del de cuius e tutela la sua volontà post mortem (tant’è che tradizionalmente si discorre del- l’erede quale continuatore della sua personalità giuridica), attribuendo efficacia al suo testamento, anche ove esso contenga disposizioni dirette alla costituzione di nuove obbligazioni o persino di nuovi rapporti con- trattuali, come nel caso del legato di contratto.
Si potrebbe affermare che la personalità del defunto, e la sua volontà consacrata nel testamento, continuino a ‘vivere’ giuridicamente, così come, d’altro canto, anche gli enti ‘vivono’ per convenzione giuridica, a
buon costume e della libertà personale dell’erede, onerato di eseguire un determinato comportamento per espressa volontà del testatore) e che “il suo consenso fa unisono con il consenso del testatore”. La teoria contrattualistica, secondo cui il testamento consiste in un accordo tra il testatore che dispone e il successore che accetta, risale a Xxxxxx e a Xxxx: al riguardo, cfr. F. XXXXXXXX XXXXXX, voce Successione (diritto di suc- cessione). Introduzione, in Dig. it., XII, parte III, Torino, 1889-1897, 1 ss.
16 Sul testamento quale fonte di obbligazioni cfr., per tutti, X. XXXXXXXXX, Le obbli- gazioni testamentarie2, Milano, 1980, 9 ss. e spec. 49 ss. con riguardo alle obbligazioni nascenti da legato.
prescindere dalle persone fisiche che li compongono (a partire dalle forme associative provviste di personalità giuridica e via via giungendo sino allo Stato).
Se, infatti, l’ordinamento giuridico dà vita financo alle persone giuri- diche, a maggior ragione continua (e deve continuare) a vivere, per il diritto, la persona umana, la quale, anche dopo la morte, resta legata a tutta una serie di rapporti ed obblighi, non soltanto di carattere econo- mico-patrimoniale, ma anche e soprattutto di natura personale e fami- liare, morale e sociale.
Il diritto, in altre parole, è antropocentrico, ossia ha al suo centro la persona umana 17, oltreché antropomorfico, con l’umanizzazione degli enti in ‘persone’ giuridiche, fermo restando che la persona umana che l’ordinamento giuridico ha il compito di tutelare e promuovere non può identificarsi con il mero consumatore, l’homo consumens 18 che agisce
17 Xxxxx “norma personalistica”, quale logica interpretativa e conoscitiva dell’uomo, critica verso tutti i tentativi teoretici di reificare l’uomo (ossia di degradarlo ad una res, ad un oggetto), per tutti X. XXXXXXX, L’uomo nel campo della responsabilità, Milano, 2002, 183: «La norma personalistica è il principio supremo degli atti umani, secondo il quale tutta l’azione dell’uomo, in qualsiasi campo, deve essere adeguata alla relazione “con la persona”, che è di fondamentale importanza per l’agire umano». E sul signifi- cato del personalismo come cifra ermeneutica dell’antropologia si veda una delle fon- damentali opere etico-filosofiche di X. XXXXXXX, Xxxxxxx e atto, Santarcangelo di Ro- magna, 1999, spec. 77-79 (ed. orig. Cracovia, 1969), che «si costruisce attorno all’as- sunto della rivelatività dell’agire umano per la comprensione della persona, in un mo- vimento ermeneutico che coglie nell’atto l’orizzonte simbolico e ontologico dell’uomo, la cui tensione relazionale è il segno stesso della sete di trascendenza che connota la fatica dei giorni» (X. XXXXXX, La centralità del soggetto persona nel magistero di Gio- xxxxx Xxxxx XX, in xxx.xxxxxxxxxxxxx.xx). Sulla centralità e sulla fondamentale esigen- za di tutela della personalità umana nell’ordinamento giuridico cfr., per tutti, P. XXX- XXXXXXXX, La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Napoli-Camerino, 1972, 11 ss. e, più di recente, ID., La persona e i suoi diritti. Problemi del diritto civile, Napoli, 2005, 5 ss. Sulla rilevanza della persona nella successione mortis causa cfr. anche X. XXXXXXXXXX, Persona e successione ereditaria, Napoli, 1994, passim.
18 Cfr. in proposito le acute e illuminanti riflessioni del grande filosofo e sociologo polacco XXXXXXX XXXXXX, recentemente scomparso, teorizzatore della c.d. “società liquida”: “il mercato e i movimenti dei consumatori (…) sono essi stessi i sintomi della caduta dell’impegno politico e della fiducia nell’azione politica e nell’autorità dello Stato nella vita pubblica. Sono un segno di resa da parte dei cittadini”; “Ciò che univa il gruppo familiare era la collaborazione in un unico processo produttivo, (…) l’imprevista conseguenza dell’invenzione del fast food, del cibo da asporto e del- le cosiddette TV dinners (…) è quella di rendere obsoleti i pasti familiari attorno ad una tavola, ponendo fine al momento del consumo condiviso, ma anche quella di in-
prevalentemente nel mercato, ma con l’essere umano visto nella sua in- terezza, la persona che vive nella realtà sociale, una realtà ben più am- pia, variegata e complessa di quella che attiene ai soli rapporti commer- ciali.
Tornando al tema della presente ricerca, si può ben dire che il lega- to, mentre in una prospettiva statica assolve ad una funzione puramente attributiva di beni o diritti determinati, in una prospettiva dinamica as- solve anche ad una funzione programmatica di regolazione di rapporti giuridici già esistenti o di nuova istituzione 19.
In tale seconda prospettiva, il legato ad effetti obbligatori si iscrive nel novero degli strumenti che consentono al de cuius di perseguire sco- pi e di beneficiare soggetti per il tramite di meccanismi flessibili che fuoriescono dallo schema classico dell’eredità e del legato con funzione meramente attributiva: un’ipotesi particolare di legato ad efficacia ob- bligatoria, dalle ampie potenzialità applicative, è rappresentato per l’ap- punto dal c.d. “legato di contratto”, del quale ricordiamo sin d’ora gli esempi più noti, quali il legato di vendita, di locazione, di comodato e di lavoro subordinato.
È vero, infatti, che qualsiasi prestazione può essere prevista in favo- re del legatario, purché lecita, possibile, determinata o determinabile, e che il testamento non soltanto è titolo per la trasmissione di diritti e di obbligazioni già esistenti dal de cuius (agli eredi e) ai legatari ma può anche essere fonte di nuove obbligazioni ex art. 1173 c.c., giacché quale atto di ultima volontà è chiamato a svolgere una funzione più ampia e generale di regolazione di un intero assetto giuridico e patri- moniale per il tempo successivo alla morte del testatore, permettendo a quest’ultimo, attraverso la grande varietà di contenuto e molteplicità delle disposizioni testamentarie e particolarmente dei legati, di rego-
dicare simbolicamente l’irrilevanza dei legami umani nella società dei consumatori della modernità liquida”; “La società dei consumi si fonda sull’insoddisfazione per- manente, cioè sull’infelicità. (…) Oltre ad essere un’economia basata sull’eccesso e sullo spreco, il consumismo è anche un’economia dell’inganno. (…) La continua ob- solescenza delle merci si riflette nella marea montante delle speranze deluse”; ed an- cora “La causa del malessere non è quel che fanno i poveri, ma lo stile di vita dei ric- chi e il modo in cui influenza la rete dei rapporti sociali ed economici” (X. XXXXXX, Homo consumens. Lo sciame inquieto dei consumatori e la miseria degli esclusi, Tren- to, 2007, 48 ss.).
19 Cfr. X. XXXXX, Disposizioni testamentarie costitutive, modificative ed estintive di rapporto obbligatorio, in Fam., pers. e succ., 2012, 1, 15 ss.
lamentare tutti i propri interessi post mortem 20.
La dottrina è concorde nel ritenere che il legato si presti ad essere fonte di nuove obbligazioni, per la duplice ragione che può essere di- sposta, a favore del legatario, qualsiasi prestazione suscettibile di costitui- re oggetto di un’obbligazione, e che il legato costituisce uno strumento particolarmente rilevante di espressione dell’autonomia testamentaria 21.
Quantunque effetti obbligatori secondari normalmente scaturiscano da ogni legato, come ad es. l’obbligo per il legatario di domandare il possesso all’onerato nel legato traslativo di un bene del testatore, vi so- no ipotesi, dunque, in cui il legato non ha efficacia diretta (immediata- mente traslativa di un diritto del de cuius) ma esclusivamente obbligato- ria, conferendo al legatario il diritto (di credito) ad una determinata prestazione a carico dell’onerato 22.
I legati ad efficacia obbligatoria richiedono necessariamente, per la loro esecuzione, la cooperazione dell’onerato 23. Il beneficiario del lega- to obbligatorio – e così pure il terzo destinatario del modus quale dispo- sizione testamentaria autonoma anch’essa produttiva di effetti obbliga- tori 24 – riceve infatti il vantaggio disposto dal de cuius non direttamen- te, come nel caso dei legati ad efficacia reale attributivi di un bene o di- ritto del testatore che passa automaticamente in capo all’erede o al lega- tario a seguito dell’apertura della successione, bensì solo mediatamente attraverso l’adempimento dell’onerato.
Il legato ad efficacia obbligatoria può avere ad oggetto sia un dare, sia un fare (o un non fare, ad es. un divieto di atti di concorrenza) a ca- rico dell’onerato e a favore del legatario-onorato, com’è confermato, d’altronde, dalle stesse norme del codice civile in tema, ad es., di legati
20 Cfr. X. XXXXXXXX, Autonomia testamentaria e legato. I legati così detti atipici, Mila- no, 1990, 96.
21 Cfr. X. XXXXXXXX, Il testamento. Lineamenti, Padova, 1995, 118.
22 Cfr. X. XXXX, voce Legato, in ffnc. giur., XVIII, Roma, 1990, 4.
23 Cfr. A. PALAZZO, Le successioni2, in Tratt. dir. priv., a cura di X. XXXXXX e X. XXXXX, Milano, 2000, t. II, 654 ss.
24 Cfr. X. XXXXXXXXXX, Il «modus» testamentario, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1957, II, 895 ss., il quale riconduce nell’ambito di una medesima categoria i legati obbligatori e le disposizioni testamentarie contenenti un modus con destinatario determinato, quali obbligazioni derivanti dal testamento, distinguendole dalla categoria dei legati reali ad efficacia diretta. Più di recente cfr. X. XXXXXXX, Il «modus» testamentario, Napoli, 1990, passim; X. XXXXXX, La fattispecie modale, Padova, 1976, spec. 171.
di cosa altrui (dell’onerato o di un terzo, art. 651 c.c.) o di legato di xxx- xxxxx (art. 660 c.c.).
Il legato di contratto, quale specie appartenente al genere dei legati ad efficacia obbligatoria e, dunque, ad un modello di chiamata espres- samente regolato, dal contenuto atipico in un’accezione sfumata, solo in quanto non specificamente previsto e disciplinato dal codice civile 25 ma, come si vedrà, pienamente compatibile con i principi del diritto successorio, ha per oggetto un “fare negoziale” consistente nella presta- zione del consenso alla stipula di un contratto, predeterminato dal de cuius nel suo testamento: uno strumento flessibile, conosciuto dalla prassi e dotato di un potenziale applicativo non ancora sufficientemente esplorato.
La presente ricerca si propone, quindi, di analizzare puntualmente tale istituto anche nell’ottica squisitamente rimediale, col proposito, unito alla speranza, di poterne cogliere gli aspetti più caratteristici e sa- lienti ed esplorarne le vaste potenzialità di utilizzo, al fine di attuare nel miglior modo possibile la volontà testamentaria e, dunque, di soddisfare i molteplici interessi post mortem che possa aver manifestato in vita il de cuius.
25 Cfr. sin d’ora V. BARBA, Atti di disposizione e pianificazione ereditaria, in Rass. dir. civ., 2017, 428 ss.
10 Il legato di contratto. Fattispecie e rimedi
CAPITOLO I
AUTONOMIA TESTAMENTARIA
E LEGATO DI CONTRATTO
Sommario
1. L’esperienza diacronica dei legati ad effetti obbligatori e la loro attualità nel diritto contemporaneo. – 2. I legati obbligatori nella codificazione del 1942. – 3. I legati ob- bligatori a contenuto atipico. – 3.1. Segue: gli orientamenti dottrinali. – 4. Il legato di contratto. – 4.1. Distinzione dal c.d. “legato di posizione contrattuale”. – 4.2. Legato di negozio unilaterale. – 5. Legato di contratto e onere testamentario. – 6. Legato di con- tratto e disposizioni fiduciarie. – 7. Le tendenze dell’Unione europea in materia succes- xxxxx. – 7.1. Modelli di legato di contratto nei Paesi membri dell’UE.
1. L’esperienza diacronica dei legati ad effetti obbligatori e la loro at- tualità nel diritto contemporaneo.
Al fine di un corretto inquadramento del legato di contratto nell’e- sperienza giuridica odierna e di una adeguata comprensione delle strut- ture, delle funzioni e degli effetti di tale istituto, specie in relazione all’andamento degli scopi immanenti al tipo di legato ed ai criteri sta- tuali di trasmissione e redistribuzione della ricchezza, si rende necessa- rio effettuare preliminarmente un excursus storico-giuridico sull’auto- nomia testamentaria in materia di legati, soffermandoci in particolare sui legati ad efficacia obbligatoria, alla cui ampia categoria, come si è accennato in premessa e meglio si vedrà in seguito, è ascrivibile il legato di contratto.
Nel diritto romano delle origini, il legato era verosimilmente una do- nazione mortis causa fatta dal capofamiglia, cui era permesso di disporre
liberamente dei propri beni a causa di morte sia pur entro certi limiti quantitativi e qualitativi, essendo il patrimonio destinato principalmente alla famiglia ed al suo nuovo capo 1.
A partire dalle Leggi delle XII Tavole, tali donazioni furono ammes- se nel medesimo atto con cui si nominava l’erede, ossia nel testamento, e presero il nome di legata, dal verbo legare cioè vincolare, dare manda- to, affidare un incarico all’erede 2.
Il diritto romano classico fissò poi la regola che i legati venissero di- sposti, in forma solenne, dopo l’istituzione d’erede, distinguendoli in quattro tipi fondamentali: 1) legata per vindicationem (legati traslativi della proprietà di un bene appartenente al testatore o costitutivi di altro diritto reale); 2) legata per praeceptionem (variante del primo tipo, a fa- vore di uno dei coeredi, il quale acquistava la proprietà del bene legato prima della divisione dell’eredità); 3) legata per damnationem (legati aventi ad oggetto un obbligo di dare o di facere); 4) legata sinendi modo (variante del terzo tipo, avente ad oggetto l’obbligo per l’erede di sinere sumere sibiqui habere, ossia di permettere che il legatario prendesse da sé possesso della res che gli spettava in forza del legato).
Il legato ad effetti obbligatori affonda quindi le proprie radici nel di- ritto romano, che lo inquadrava tra le causae obligationum diverse dal contratto e dal delitto, ossia tra gli atti leciti con effetti obbligatori non classificabili tra i contratti per mancanza di conventio (in epoca giusti- nianea poi definiti come obligationes quasi ex contractu 3). L’istituto del
1 X. XXXXX-X. XXXXXXXXXX, voce Legato, in ffnc. it., Roma, 1933, reperibile anche on line all’indirizzo xxx.xxxxxxxx.xx/xxxxxxxxxxxx/xxxxxx_(xxxxxxxxxxxxx-Xxxxxxxx).
2 Nel suo significato originario il termine “legato” (dal lat. legare ossia “disporre”, “vincolare”, derivante da lex-legis ossia “legge”) indicava la disposizione dettata in forma solenne dal testatore (“Lego ...”) con cui egli attribuiva mortis causa ad un bene- ficiario da lui designato uno o più beni determinati facenti parte del proprio patrimo- nio, vincolando gli eredi al rispetto e all’esecuzione della stessa. Il fondamento giuridi- co dei legati è rinvenibile già in epoca decemvirale nel versetto contenente le parole “uti legassit suae rei ita ius esto” delle Leges XII Tabularum (tab. 5.3), che attribuiva una latissima potestas al testatore nel disporre mortis causa: cfr. per tutti X. XXXXX-X. XX- XXXXXXXX, voce Legato, cit. e, da ultimo, P. ARCES, Studi sul disporre mortis causa. Dall’età decemvirale al diritto classico, Milano, 2013, 15 ss.
3 Nel diritto giustinianeo, tra le obbligazioni di fonte lecita non contrattuale figura- vano, oltre ai legati, la tutela, la gestione di affari altrui (negotiorum gestio), il pagamen- to di indebito (indebiti solutio), la communio e la coeredità: cfr. Inst., 3.27. Con parti- colare riguardo alle obbligazioni da legato, Xxxxxxxxxxx le classificò tra le obligationes
legato in generale ebbe, del resto, una grande diffusione pratica nel mondo romano e ciò spiega il perché delle ampie trattazioni e delle ana- lisi casistiche molto minute ad esso riservate dalla giurisprudenza e poi dal Corpus juris.
Il transito in diritto romano dal legato puramente attributivo di dirit- ti preesistenti al legato ad effetti obbligatori avvia uno sviluppo storico che è ancora in atto nel diritto contemporaneo 4.
La figura primordiale è rappresentata dal legato traslativo di proprie- tà o costitutivo di altro diritto reale, il suaccennato legato per vindica- tionem 5, al quale si affianca successivamente il legato per praeceptionem che ne costituisce una variante utile a consentire al coerede di prelevare un singolo bene dalla massa ereditaria, giacché il testatore al tempo po- teva istituire eredi per quote ma non per singole res 6. Era anche possi- bile legare con un’unica denominazione complessi di beni: è il c.d. “le- gato di universalità”.
Il legato ad effetti obbligatori è figura più recente, così come più re- cente ed evoluta è l’obligatio rispetto al dominium. Più precisamente, col tempo si affermano il legato per damnationem 7 ed il legato sinendi modo 8 ossia disposizioni testamentarie a titolo particolare che, per vo- lontà del testatore, davano luogo ad obbligazioni tra gli eredi e i legata- ri, indipendentemente da ogni accordo tra le parti. Il primo, onerava l’erede di compiere una prestazione determinata, di dare o di facere (in origine, di pagare una somma di denaro), in favore del legatario; il se- condo, poneva a carico dell’erede un obbligo, a carattere negativo, di
quasi ex contractu sulla base del seguente rilievo: «heres quoque legatorum nomine non proprie ex contractu obligatus intelligitur (neque enim cum herede neque cum defuncto ullum negotium legatarius gessisse proprie dici potest): et tamen, quia ex maleficio non est obligatus heres, quasi ex contractu debere intelligitur». Cfr. per tutti X. XXXXXXXXXX, Le fonti dell’obbligazione e la genesi dell’art. 1097 c.c., in Studi di diritto romano, III, Milano, 1936, 71 ss. e ID., Ancora sulle fonti delle obbligazioni romane, ivi, 97 ss.
4 Per un excursus storico, cfr. X. XXXXXXX, Istituzioni di Diritto Romano2, Palermo, 1994, 515-516 e 664 ss.; X. XXXXXXXX, Istituzioni di diritto romano3, Torino, 1991, 691 ss. e 946 ss.; X. XXXXXX, voce Legato (diritto romano), in Noviss. dig. it., IX, 1963, 597 ss.; P. VOCI, Istituzioni di diritto romano3, Milano, 1954, 583 ss.; X. XXXXXXX, Teoria ge- nerale dei legati e dei fedecommessi secondo il diritto romano, Milano, 1889.
5 GAI, 2, 193.
6 GAI, 2, 216.
7 GAI, 2, 201.
8 GAI, 2, 209.
permettere al legatario di fare qualcosa, ad esempio di prendere posses- so di un determinato bene del testatore o dell’erede.
Il legato per damnationem, avendo natura obbligatoria, poteva avere ad oggetto della prestazione anche beni personali dell’erede o persino di terzi (legato di cosa altrui), a differenza del legato per vindicationem, tipico legato ad effetti reali, di per sé traslativo di proprietà o costitutivo di servitù od usufrutto, che, in quanto tale, doveva avere ad oggetto be- ni propri del testatore.
Una figura ambivalente è rappresentata dal legatum servitutis, il qua- le poteva aver luogo per vindicationem con l’acquisto diretto da parte del legatario ovvero per damnationem con l’obbligo dell’onerato di co- stituire la servitù.
In età postclassica scompare la forma sinendi modo nel momento in cui si prevede che l’onerato abbia comunque l’obbligo di trasferire la proprietà della cosa legata all’onorato, ricadendo così nel legato per damnationem, e si giunge progressivamente alla soppressione della rigi- da distinzione tra i diversi tipi di legato, che ne avevano caratterizzato la casistica primigenia, e, quindi, all’abbandono di ogni distinzione di ca- rattere formale e degli stessi quattuor genera legatorum di stampo gaia- no, sinora ricordati, in favore dell’unitarietà del concetto 9, mentre viene mantenuta l’alternativa tra effetti reali ed effetti obbligatori, questi ul- timi in eventuale concorso con effetti reali (allorché il legato avesse ad oggetto un bene appartenente al testatore), e la relativa doppia tutela, personale e reale, in favore del legatario e contro l’erede, mediante il concorso alternativo tra actio in personam ex testamento ed actio in rem ossia vindicatio 10.
Il testatore poteva anche stabilire che la prestazione andasse a bene- ficio di più collegatari, congiuntamente o disgiuntamente, i quali sareb- bero pertanto divenuti concreditori di una quota, in caso di obbligazio- ne parziaria, o concreditori dell’intero, in caso di obbligazione solidale cumulativa (attiva).
Il legato poteva pure essere disposto in favore di un coerede ed in ta- li ipotesi si discorreva di prelegatio, che non doveva in ogni caso com- portare una riduzione della quota di eredità del coerede legatario ma soltanto delle quote degli altri coeredi.
9 Inst., 2, 20, 2.
10 X. XXXXXXX, Istituzioni, cit., 668.
Il peso dei legati gravava sugli eredi, onerati tuttavia non oltre l’at- tivo ereditario e fatta salva la quota minima ad essi riservata dalla legge. In presenza di più eredi, il testatore aveva la facoltà di porre il legato a carico anche soltanto di uno o di alcuni di essi, ma pur sempre nei limiti del valore della loro quota di eredità (eventualmente per la parte ecce- dente avrebbe avuto luogo la riduzione proporzionale dei legati o addi- rittura la loro nullità in caso di hereditas damnosa allorquando il passivo superasse l’attivo ereditario).
In caso di più eredi onerati di un medesimo legato ad effetti obbliga- tori si applicava la regola dell’obbligazione parziaria, eccettuate le ipo- tesi di obbligazione indivisibile o di legato a carico alternativamente di più eredi, alle quali si applicava, viceversa, la solidarietà c.d. “elettiva”.
Per quanto concerne l’oggetto del legato obbligatorio, la prestazione di dare o di fare doveva rispondere ai requisiti di possibilità, liceità, de- terminatezza o determinabilità previsti per tutte le prestazioni oggetto di obligatio, e si applicava altresì il regime previsto per le obbligazioni generiche, alternative, ecc.
L’oggetto poteva consistere, ad esempio, in un credito del testatore nei confronti di un terzo, che l’erede onerato, quindi, sarebbe stato ob- bligato a cedere al legatario (legatum nominis), oppure nella liberazione del legatario da un suo debito nei confronti del testatore (liberatio lega- ta, ad es. facendo carico all’erede di non esigere il credito o di liberare espressamente il debitore), oppure ancora nel legare un proprio debito al proprio creditore (legatum debiti, valido se comportava un ulteriore vantaggio per il creditore legatario, per es. allorché il credito fosse con- dizionato ed il legato di xxxxxx invece non lo fosse, con efficacia pertan- to sostanzialmente novativa).
Un’ipotesi diffusa di legato ad effetti obbligatori era rappresentato dal legatum dotis nella forma per damnationem, o per la costituzione di dote (allorché veniva disposto mulieris nomine in favore del marito) o per la restituzione di dote (allorché invece il marito attribuiva alla mo- glie un diritto alla restituzione immediata della dote, beneficiandola così dei vantaggi pratici connessi alla esperibilità dell’actio ex testamento, oppure beneficiava il filius familias del diritto alla restituzione della do- te della nuora, precedentemente acquistata dal pater familias in base ai princìpi generali).
Un’ipotesi ricorrente e del tutto particolare di legato con effetti ob- bligatori era il legatum partitionis, consistente in un legato di quota del
patrimonio ereditario, che si attuava mediante cessioni di quote dei sin- goli beni ereditari e reciproche stipulazioni tra erede e legatario circa le quote di crediti e di debiti ereditari che il legatario, rispettivamente, avrebbe dovuto acquistare e di cui avrebbe dovuto rispondere secondo la volontà del testatore (già in epoca giustinianea, tuttavia, tale legato venne assorbito dal più comodo fedecommesso universale) 11.
Altra ipotesi, ancora una volta ai confini tra eredità e legato, è rap- presentata dal legatum optionis che attribuiva al legatario il diritto per- sonale ed intrasmissibile di scegliere tra più beni della massa ereditaria indicati dal testatore: tale ipotesi nel diritto giustinianeo è assorbita dal- la figura del legato di cosa da scegliere dal legatario, il cui diritto di scel- ta è trasmissibile ai propri eredi.
La principale figura di legato naturaliter suscettibile di produrre sol- tanto effetti obbligatori è il legato di cosa altrui, di cui si dà la seguente casistica: 1) il disponente conosce l’altruità della cosa ed allora il legato è valido e l’erede è tenuto ad acquistare la cosa e a trasmetterla al lega- tario o, quanto meno, a corrispondergli l’aestimatio ove sussista una iu- sta causa che impedisca l’acquisto; 2) la cosa legata è di proprietà del- l’erede mentre il testatore ritiene che sia propria ed il legato rimane va- lido; 3) la cosa legata è di proprietà del legatario ed il legato è nullo.
Per quanto concerne l’interpretazione dei legati, i giuristi romani cercarono nel modo più ampio di individuare ed attuare la volontà ef- fettiva del testatore.
Ai legati, inoltre, potevano essere apposti termini, condizioni e modi. L’efficacia del legato era subordinata all’acquisto dell’eredità da par-
te dell’onerato, che poteva essere immediato, nel caso dell’heres suus, o far seguito all’accettazione, nel caso dell’erede volontario.
Tale efficacia normalmente retroagiva al momento della morte del testatore, tranne che il legato fosse sottoposto a condizione sospensiva o a termine iniziale, ipotesi quest’ultime in cui, in conformità ai princìpi, l’efficacia del legato non avrebbe potuto dispiegarsi prima dell’avvera- mento della condizione o della scadenza del termine (e quindi soltanto ex nunc).
Una volta divenuto efficace il legato obbligatorio con l’acquisto/ac- cettazione dell’eredità, l’avveramento della condizione o la scadenza del termine, il legatario acquistava immediatamente il relativo credito.
11 X. XXXXXXX, Istituzioni, cit., 671-672.
Nell’ipotesi di legato obbligatorio sospensivamente condizionato, il pretore imponeva all’erede di prestare una cautio legatorum servando- rum causa, con la quale promettere ai legatari che, verificatasi la condi- zione, i legati avrebbero avuto comunque esecuzione (in mancanza della prestazione della cautio, era prevista la missio in possessionem legatorum servandorum causa durante la pendenza della condizione sospensiva).
Il legato sospensivamente condizionato poteva peraltro essere utiliz- zato anche per disporre un’eventuale sostituzione del legatario con altro legatario, allorché il primo non potesse o non volesse beneficiare del le- gato.
Viceversa, in caso di condizione potestativa negativa, la cautio Mu- ciana (sin dal I secolo a.C.) prevedeva che il legatario, prima dell’esecu- zione del legato, promettesse all’erede la restituzione di quanto conse- guito a titolo di legato ove la condizione fosse mancata (qualora cioè il legatario avesse posto in essere il comportamento dedotto negativamen- te in condizione).
Per quanto concerne il legato modale (sub modo), i giuristi romani suggerivano che si obbligasse il legatario a prestare una cautio con cui promettere all’erede l’esecuzione del modus, in mancanza della quale l’e- rede avrebbe potuto difendersi con l’exceptio doli contro un’eventuale ac- tio ex testamento esercitata dal legatario per ottenere l’esecuzione del le- gato.
Invece, i modi aggiunti ad un legato, che comportassero prestazioni in favore di terzi, furono assimilati ai fedecommessi, per cui al terzo fu attribuita la petitio fideicommissi al fine di ottenere l’adempimento del- l’onere.
Un legato nullo al tempo della redazione del testamento, secondo la regula Catoniana 12, restava invalido anche se la causa dell’invalidità fosse cessata prima della morte del testatore, non essendo ammessa la convali- da del legato inizialmente nullo, fatta eccezione per i legati sottoposti a condizione sospensiva o il cui dies cedens (giorno a partire dal quale il le- gato diveniva efficace) fosse diverso da quello della morte del testatore.
Il legato poteva essere revocato o tramite la revoca del testamento
12 La c.d. “regola catoniana”, secondo cui un legato che sarebbe stato nullo al tem- po della redazione del testamento rimane nullo anche se la causa di nullità non sussiste più al momento della morte del testatore (Dig., XXXIV, 7, 1), prende il nome da MAR- CO XXXXXX XXXXXX XXXXXXXXX, giurista romano (m. 152 a.C.), autore dei Commentarii iuris civilis.
ovvero con una dichiarazione di revoca della singola disposizione all’in- terno della stessa scheda testamentaria ma prima del suo completamen- to, oppure in un codicillo confermato, con l’uso di espressioni tali da denunziare la volontà di revoca (ad es. mediante la c.d. translatio legati, in cui veniva sostituito il legatario o l’onerato o l’oggetto, o ancora il le- gato veniva trasformato in un legato condizionale); ma già nella prima età classica venne riconosciuta iure praetorio efficacia alla revoca manifestata liberamente dopo la perfezione del testamento, e persino tacitamente, come nel caso dell’alienazione della cosa legata nel legato per damnatio- nem (ipotesi in cui l’erede avrebbe perciò potuto opporre l’exceptio doli all’azione esperita dal legatario contra voluntatem testantis) 13.
L’ampia diffusione dell’uso dei legati all’interno dei testamenti com- portò la necessità di regolarne per legge l’utilizzo, in modo da evitare che si esaurisse l’attivo ereditario e nulla restasse agli eredi: in particola- re, la lex Falcidia del 40 a.C. stabilì che i legati non dovessero superare i tre quarti dell’eredità e che almeno un quarto dell’attivo restasse agli eredi (quarta Falcidia), dovendosi calcolare l’attivo con riferimento al tempo della morte del testatore. Ove quest’ultimo avesse ecceduto, i le- gati sarebbero stati ipso iure ridotti proporzionalmente fino al limite previsto dalla legge.
Nella sua fondamentale opera di risistemazione e di semplificazione della materia, Giustiniano, infine, equiparò per legge i legati e i c.d. “fe- decommessi”, estendendo le regole degli uni agli altri, con prevalenza tuttavia del regime dei fedecommessi in caso di conflitto, perché reputa- to “più umano”.
I fedecommessi consistevano, infatti, in disposizioni informali con cui il testatore raccomandava all’erede, rimettendosi alla sua fides per l’adempimento, di compiere una determinata prestazione in favore della persona indicata. Tali disposizioni erano originariamente sorte col pro- posito di aggirare i divieti e le limitazioni del regime dei legati. Esempio tipico ne era la c.d. “sostituzione fedecommissaria” con cui, a differenza che nei legati, era possibile che il sostituto acquistasse, oltre che in luo- go del primo beneficiario, anche dopo di esso – alla scadenza di un ter- mine, al verificarsi di una condizione o persino dopo la morte del primo
13 Sulla volontà di revoca del legato – c.d. animus adimendi – cfr., da ultimo, M.A. LIGIOS, Xxxxxx xxxxxxxx. Ricerche sull’alienazione del bene oggetto di legato in diritto romano, Milano, 2017.
fedecommissario, il quale avrebbe dovuto pertanto conservare il bene oggetto del lascito per poi restituirlo al sostituto – con l’eventuale ob- bligo per il sostituto di restituire il lascito, a sua volta, ad altro sostituto. Per la ragione ora descritta, in epoca medioevale si diffuse la prassi del c.d. “fedecommesso di famiglia”, mediante il quale, proprio in virtù delle sostituzioni, un bene veniva trasmesso di generazione in genera-
zione all’interno di una stessa famiglia.
Il fedecommesso poteva essere a titolo particolare, ed in tal caso il suo regime era simile a quello del legato ad effetti obbligatori, oppure a titolo universale, allorché si obbligava l’erede, dopo avere acquisita l’eredità, a trasmetterla ad altri: ciò avveniva, in pratica, col trasferimen- to al fedecommissario dei corpora ereditaria mediante una vendita fitti- zia dell’eredità e con una serie di reciproche stipulationes riguardanti i crediti e i debiti dell’eredità similmente a quanto avveniva nel legatum partitionis; tale prassi fu successivamente superata a seguito del senato- consulto Xxxxxxxxxxx che concesse al fedecommissario e ai creditori del- l’eredità actiones utiles modellate sulle azioni spettanti all’erede e contro l’erede 14.
Nell’evoluzione successiva del diritto intermedio 15, l’esperienza giu- ridica romana e soprattutto quella giustinianea si accresce di ulteriori disarticolazioni anche di tipo localistico che, come tanti affluenti di un medesimo fiume, sfoceranno poi nelle grandi codificazione moderne.
La nozione di legato si dilata a dismisura e cade nell’oblio la quadri- partizione gaiana, ma anche la semplificazione giustinianea viene in par- te abbandonata a favore di criteri di classificazione desunti dal mero contenuto di una casistica sempre più vasta.
14 Cfr. X. XXXXXXX, Istituzioni, cit., 679 ss. e, per una ricostruzione del fedecom- messo nell’ambito della fiducia all’interno delle vicende mortis causa, X. XXXXXXX, Il negozio fiduciario, Torino, 2002, 13 ss., ove l’Autrice sottolinea l’aspetto fiduciario del fedecommesso romano, che poteva essere utilizzato non soltanto per il ritrasferimento dei beni ricevuti dall’erede-fiduciario al fidecommissario, ma altresì per tutta una serie di attività connesse all’amministrazione degli stessi beni, consentendo di raggiungere in maniera più agile e sicura i medesimi (e variegati) scopi sottesi alle disposizioni testa- mentarie modali, fenomeno che poi, in epoca intermedia, darà luogo alla nascita della
c.d. “fiducia testamentaria” o “fedecommesso fiduciario”.
15 Cfr. X. XXXXXXXX, voce Legato (Diritto intermedio), in Noviss. dig. it., IX, 1963, 605 ss. Anche il diritto intermedio fa proprio il principio romanistico della possibile efficacia obbligatoria dei legati (principio che poi transiterà nel diritto moderno e, infi- ne, nel diritto contemporaneo).
La ragione di un siffatto processo di destrutturazione – che porta a considerare legato qualsiasi lascito di ultima volontà in favore di perso- na non istituita erede e persino in assenza di un erede testamentario – si deve soprattutto alle profonde trasformazioni nell’Alto Medioevo del regime successorio e familiare, ma anche all’opera legislativa della Chie- sa, la quale si volse a contrastare la rigidità del diritto romano soprattut- to al fine di affermare il favor piae causae 16.
A seguito di tali complessi mutamenti, la successione a titolo univer- sale non è più al centro della stessa nozione di eredità ed il testamento non contempla più, quale elemento essenziale, l’istituzione di erede, sicché le figure classiche di erede, di legatario, di erede in re certa, di fi- decommissario, ecc. smarriscono i contorni concettuali del passato: il notevole disorientamento teorico e terminologico che ne deriva troverà un primo argine soltanto con le distinzioni concettuali di glossatori e commentatori che riscoprono la sistematica del diritto romano.
Alcune delle tendenze del diritto intermedio tramite il droit coutumier francese e poi il Code Napoléon penetrano solo in parte nell’esperienza italiana dei Codici preunitari: il principio secondo cui, fatta salva la suc- cessione legittima, il testamento può contenere la nomina di legatari a ti- tolo particolare o universale ma non istituire eredi fu accolto unicamente dal Codice delle Due Sicilie del 1819 e non transita nel Codice civile ita- liano del 1865, che si ispira alla classica distinzione tra istituzione di erede e legato in base al carattere universale o particolare del lascito.
I Codici preunitari, ai cui principi rimarrà sostanzialmente fedele la nuova codificazione del Regno d’Italia, sancirono gli ultimi esiti di una evoluzione secolare: il legato al creditore fu ritenuto senza scopo compen- sativo, salvo prova contraria; l’obbligo di cauzione fu ammesso per la ga- ranzia dei legati a termine o sotto condizione; il diritto di accrescimento venne mantenuto anche per i collegatari; l’errore sul motivo fu considera- to causa di annullamento del lascito qualora costituisse la ragione unica della disposizione; la sostituzione fedecommissaria venne a volte vietata.
16 Cfr. X. XXXXXXXX, voce Successioni (Diritto intermedio), estratto dal Noviss. dig. it., XVIII, Torino, 1971, 7 ss., spec. 22 ss. e 62 ss., ove l’Autore sottolinea l’importanza dell’opera riformatrice dei legislatori cattolici, i quali cercarono di contemperare da un lato l’eccessivo rigorismo della successione legittima di diritto longobardo, che esclu- deva qualsiasi forma di devoluzione testamentaria, e, dall’altro, l’opposta visione pro- veniente dal diritto romano che attribuiva al pater familias la più assoluta libertà di di- sposizione dei propri beni con testamento.
L’allineamento al Code Napoléon del Codice civile del 1865 17 fu par- ziale anche per quanto riguarda altri rilevanti profili: fu accolto, infatti, dall’art. 837 il principio romanistico, criticato dal diritto canonico e ri- pudiato dall’art. 1021 del Code Napoléon, che ammetteva la validità del legato di cosa altrui ma a condizione che il disponente fosse consapevo- le dell’altruità della cosa e ciò risultasse espressamente dal testamento; fu sancita, all’art. 899, la nullità della sostituzione fidecommissaria ma, al successivo art. 900, si fece salva la prima istituzione, con ciò allonta- nandosi dalla scelta radicale del diritto francese di ispirazione rivoluzio- naria che considerava nulla l’intera disposizione 18; l’avversione nei con- fronti del fedecommesso indirettamente si manifestò anche nel divieto dell’usufrutto successivo di cui all’art. 901.
2. I legati obbligatori nella codificazione del 1942.
L’impianto del codice civile del 1942 19 in materia di legati, in gene- rale, e di legati ad efficacia obbligatoria, in particolare, si colloca nel solco del codice previgente e ne ripropone con taluni ampliamenti e va- rianti la scelta casistica, i principi di fondo e persino le lacune, come nel caso della mancanza di una disciplina analitica della rinunzia.
Il legato si acquista senza bisogno di accettazione, salva la facoltà di rinunziare (art. 649, comma 1, c.c.). L’art. 649, comma 2, c.c. distingue puntualmente – ma una siffatta articolazione era già possibile con ri- guardo all’art. 862 c.c. del 1865 – tra il legato di proprietà di cosa de- terminata e il legato di altro diritto purché appartenente al testatore.
L’eventuale accettazione rimane comunque utile perché ha, quanto meno, un effetto confermativo dell’acquisto e, quindi, preclusivo della
17 Sulla letteratura nel vigore del codice civile del 1865 v. per tutti X. XXXXX, I legati nel diritto civile italiano. Parte generale, vol. I-II, Padova, 1932-33; F. FILOMUSI GUEL- FI, Diritto ereditario: Successione testamentaria2, Roma, 1917; X. XXXXXXXX, Corso com- pleto del diritto delle successioni2, vol. I-II, Napoli, 1914-1915; V. POLACCO, Delle suc- cessioni, cit., vol. I-II.
18 Cfr. X. XXXXXXX, voce Fedecommesso (Diritto intermedio), in Noviss. dig. it., IX, 1963, 162 ss.
19 X. XXXX, Dei legati (Artt. 649-673), in Comm. del cod. civ., a cura di X. XXXXXXXX e
X. XXXXXX, X. XX, Xxxxx xxxxxxxxxxx, Xxxxxxx-Xxxx, 0000; X. XXXXXXXXX, voce Legato (diritto civile), in Noviss. dig. it., IX, 1963, 609 ss.
facoltà di rinunzia, rendendo così irrevocabile l’acquisto del diritto da parte del legatario.
La rinunzia al legato è in linea con l’art. 891 c.c. del 1865 e può re- putarsi, come nella tradizione, alla stregua di una dichiarazione unilate- rale, non recettizia, abdicativa del diritto già acquistato automaticamen- te e con effetti risolutori ex tunc.
Il legato ad effetto reale ossia traslativo di un preesistente diritto del testatore trova, dunque, il suo fondamento espresso nell’art. 649, com- ma 2, c.c., mentre il legato ad effetto obbligatorio ossia costitutivo di una nuova obbligazione si ricava per astrazione dalle fattispecie tipiche dell’elenco codicistico o per via di raffigurazione atipica, come nel caso del legato di contratto: profili, questi, di grande importanza, sui quali si tornerà in seguito.
Il legato ad effetto reale, tuttavia, non esclude la concomitanza di ef- fetti obbligatori, così come la vendita non esclude, anzi reclama, l’obbli- go di consegna del venditore.
Un esempio particolarmente significativo va rammentato. L’art. 649, comma 3, c.c. rafforza la formulazione dell’art. 862 c.c. del 1865 («Il le- gatario deve domandare all’onerato il possesso della cosa legata»), stabi- lendo che ciò vale anche quando il legatario ne è stato espressamente dispensato dal testatore: va da sé che l’onerato è obbligato a siffatta tra- smissione del possesso.
È piuttosto evidente che soltanto nel caso del legato ad effetto reale si ha una vera e propria successione a titolo particolare, mentre nei lega- ti obbligatori e in tutti i casi in cui non sussiste la diretta derivazione mortis causa dell’attribuzione patrimoniale appare corretto definire il legato come una disposizione attributiva di singoli diritti di credito o di vantaggi, quale la liberazione da un debito, a beneficio dell’onorato e a carico dell’onerato.
L’elenco dei tipi di legato ad effetti obbligatori disciplinati dal codi- ce civile è abbastanza lungo e analitico 20 ma non rappresenta un nume- rus clausus ed è, quindi, particolarmente utile in funzione dell’emergere della configurazione atipica del legato di contratto 21.
20 Cfr. X. XXXXXXXXX, Legati obbligatori, in Riv. dir. civ., 1983, II, 789, che rimarca la “tipica metodologia analitica” adottata dal nostro legislatore in materia di legati ad ef- ficacia obbligatoria.
21 Sull’attitudine del testamento ad essere fonte di nuove obbligazioni mediante
Il legato di cosa altrui, previsto dall’art. 651 c.c., la cui disciplina ri- calca l’art. 837 c.c. del 1865, è ancora una volta nullo, a meno che dal testamento o da altra dichiarazione scritta del testatore risulti che questi sapeva che la cosa legata appartenesse all’onerato o al terzo. Il legato di cosa altrui è, inoltre, valido qualora la cosa oggetto della disposizione non era nel patrimonio del testatore all’epoca della redazione del testa- mento, ma è diventata sua in seguito e, comunque, al momento della sua morte.
Il legato di cosa dell’onerato o di un terzo, sia pure nei limiti sopra descritti, dà luogo ad una ipotesi tipica di legato ad effetti obbligatori, dal momento che il legatario all’apertura della successione non acquista la proprietà ma solo il diritto di credito al trasferimento di essa da parte dell’onerato: se si tratta di cosa dell’onerato, questi è obbligato a trasfe- rire la proprietà del bene al legatario che, in caso di inadempimento, potrà ricorrere alla tutela specifica di cui all’art. 2932 c.c.; se la cosa è di un terzo, si ha un legato con facoltà alternativa, poiché l’onerato è ob- bligato a far conseguire al legatario la proprietà del bene, ma può libe- rarsi pagando il giusto prezzo (l’obbligazione è facoltativa e non alterna- tiva e, quindi, si estinguerà in caso di impossibilità della prestazione principale). Il legatario potrà ricorrere alla tutela specifica di cui all’art. 2932 x.x. xxxxxxx x’xxxxxxx (xxxx x’xxxxxxxx xxx xxxxx) non gli trasferisca il bene e non eserciti neppure la suddetta facoltà alternativa. In tale ipo- tesi, infatti, non si applica il principio dell’acquisto automatico che ope- ra, invece, a norma dell’art. 1478, comma 2, c.c. in favore del comprato- re nella vendita di cosa altrui nel momento in cui il venditore acquista la proprietà dal titolare di essa.
L’art. 656 c.c. disciplina il legato di cosa del legatario, sancendone la nullità per mancanza di causa qualora la cosa legata appartenga al benefi- ciario al tempo della redazione del testamento nonché al tempo dell’aper- tura della successione; il legato è, invece, valido qualora il bene, al tempo dell’apertura della successione, si trovi in proprietà del testatore, ed altre- sì qualora si trovi in proprietà dell’onerato o di un terzo e dal testamento risulti che esso fu legato in previsione di tale avvenimento. In tal modo, il legislatore del 1942 ha abbandonato espressamente la regola catoniana,
l’utilizzo di legati dal contenuto atipico, quali il legato di contratto o i legati c.d. “puni- tivi”, cfr. diffusamente X. XXXXXXXX, Autonomia testamentaria e legato, cit., spec. 18 ss. e 76 ss.
secondo la quale per decidere della validità del legato si doveva aver ri- guardo solo al tempo del testamento, e ha posto fine ai dubbi interpreta- tivi sollevati al riguardo dall’art. 843, comma 1, c.c. del 1865.
L’art. 657 c.c. si occupa del legato di cosa acquistata dal legatario e si ricollega, modificandolo, all’art. 843, comma 2, c.c. del 1865, il quale ac- comunava l’ipotesi in cui il legatario, successivamente alla confezione del testamento, avesse acquistato la cosa oggetto del legato dal testatore e l’ipotesi in cui, sempre successivamente alla confezione del testamento, l’avesse acquistata da un terzo, disponendo per entrambe che, se l’acqui- sto era avvenuto a titolo oneroso, il legatario aveva diritto al prezzo – ciò in palese contraddizione con l’art. 892, in tema di revoca del legato a se- guito dell’alienazione della cosa da parte del testatore, e con l’art. 837, in tema di validità del legato di cosa altrui a condizione dell’espressa men- zione nel testamento che il testatore sapesse dell’altruità della cosa – men- tre, se l’acquisto era stato a titolo gratuito, il legato restava privo di effetto.
La nuova formulazione stabilisce in modo assai più coerente che: a) se il legatario, dopo la confezione del testamento, ha acquistato dal te- statore, a titolo oneroso o a titolo gratuito, la cosa a lui legata, il legato è senza effetto perché si intende revocato dal testatore in conformità al- l’art. 686 c.c. che disciplina l’alienazione e la trasformazione della cosa legata; b) se, dopo la confezione del testamento, la cosa legata è stata dal legatario acquistata a titolo gratuito dall’onerato o da un terzo, il le- gato è senza effetto; c) se l’acquisto ha avuto luogo a titolo oneroso, il legatario ha diritto al rimborso del prezzo, qualora ricorrano le circo- stanze indicate dall’art. 651 c.c.
Il legato di genere di cui all’art. 653 c.c. è necessariamente obbligato- rio se si pone mente alla possibile altruità della cosa ed al principio di cui all’art. 1378 c.c. che reclama l’individuazione perché si abbia l’ef- fetto traslativo. L’oggetto del legato di genere, infatti, può consistere in un bene mobile o anche in un bene immobile, anche se nessuno del ge- nere ve ne fosse nel patrimonio del testatore al tempo del testamento e nessuno se ne trovi al tempo della morte. Il legislatore del 1942 ha così superato gli equivoci terminologici e i dubbi interpretativi circa l’esten- sibilità della figura del legato di genere ai beni immobili, cui aveva dato luogo l’art. 840 c.c. del 1865.
Il legato alternativo – avente ad oggetto l’attribuzione di due o più cose determinate che vengono poste in alternativa di modo che dopo la concentrazione la disposizione abbia effetti solo per una di esse – è un
tipico legato obbligatorio che presenta notevoli affinità con il legato di genere, giacché entrambi, al fine del loro adempimento, reclamano una scelta necessaria per l’individuazione dell’oggetto della prestazione. Il legislatore del 1942, sulla scia dell’art. 874 c.c. del 1865, si limita a stabi- lire, all’art. 665 c.c., che la facoltà di scelta spetta all’onerato, a meno che il testatore l’abbia lasciata al legatario o a un terzo.
L’art. 654 c.c. in tema di legato di cosa non esistente nell’asse si limita ad una riformulazione verbale dell’identico contenuto di cui all’art. 841
c.c. del 1865. Il tenore è il seguente: quando il testatore ha lasciato una sua cosa particolare, o una cosa determinata soltanto nel genere da pren- dersi dal suo patrimonio, il legato non ha effetto se la cosa non si trova nel patrimonio del testatore al tempo della sua morte (ma in caso positi- vo, ove si tratti di cosa determinata soltanto nel genere, si avrà, s’intende, un mero effetto obbligatorio); se la cosa si trova nel patrimonio del testa- tore al tempo della sua morte, ma non nella quantità determinata, il lega- to ha effetto per la quantità che vi si trova.
L’art. 655 c.c. in tema di legato di cosa da prendersi in un certo luo- go elimina taluno dei dubbi sollevati dall’incerta formulazione dell’art. 842 c.c. del 1865, stabilendo: a) che il legato di cose da prendersi da un certo luogo ha effetto soltanto se le cose vi si trovano, e per la parte che vi si trova; b) che tale legato ha tuttavia effetto per l’intero quando, alla morte del testatore, le cose non vi si trovano, in tutto o in parte, perché erano state rimosse temporaneamente dal luogo in cui di solito erano custodite. È piuttosto evidente che, ove si tratti di cose altrui, dovrà ap- plicarsi anche la relativa disciplina e si tratterà, in tale ipotesi, di un le- gato necessariamente ad effetti obbligatori.
L’art. 658 c.c. delinea, con poche varianti formali rispetto all’art. 844
c.c. del 1865, il legato di un credito e il legato di liberazione da un debi- to. Entrambi questi tipi di legato, qualora abbiano ad oggetto, rispetti- vamente, un credito del testatore ovvero un debito del beneficiario ver- so costui, rivestono efficacia immediata, giacché si raffigurano come una cessione di credito dal testatore al legatario o come una vera e propria remissione del debito. È necessario, tuttavia, che il legatario richieda all’onerato ex art. 694, comma 3, c.c. il possesso dell’eventuale titolo di credito al fine di farlo valere nei confronti del debitore.
L’art. 000 x.x., xxxxx xxxx dell’art. 845 c.c. del 1865, prevede due di- stinte ipotesi di legato a favore del creditore: la prima si ha quando il testatore, senza far menzione del proprio debito, fa un legato al suo