B u n d e s s t r a f g e r i c h t
B u n d e s s t r a f g e r i c h t
T r i bu n a l p é n a l f é d é r a l
T r i bu n a l e p e n a l e f e d e r a l e T r i bu n a l p e n a l f e d e r a l
Numero dell’incarto: RR.2010.237
Sentenza del 21 gennaio 2011 II Corte dei reclami penali
Composizione Giudici penali federali Xxxxxxxx Xxxx, Presidente, Xxxxxxx Xxxxx e Xxx Xxxxx,
Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxx
Parti
A., rappresentato dall'avv. Xxxxxxx Xxxxx,
Ricorrente
contro
MINISTERO PUBBLICO DELLA CONFEDERAZIONE,
Controparte
Oggetto Assistenza giudiziaria internazionale in materia penale all'Italia
Consegna di mezzi di prova (art. 74 AIMP)
Fatti:
A. Il 23 febbraio 2010 la Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Milano ha presentato alla Svizzera una domanda d’assistenza giudiziaria nell’ambito di un procedimento di prevenzione con confisca patrimoniale a carico di A. ed altri, sfociato nel decreto del 29 settembre 2007 emanato dalla Sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano, so- stanzialmente confermato sia dalla Corte d'appello di Milano il 25 marzo 2009 che dalla Corte suprema di cassazione il 15 dicembre seguente. A. è stato condannato in Italia, nel 2008, a 21 anni e 4 mesi di reclusione per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e, nel 2009, a 6 anni di reclusione per usura; entrambe le condanne non sono ancora definitive. La rogatoria italiana è giunta all'autorità d'esecuzione a seguito di una comuni- cazione spontanea d'informazioni del 28 giugno 2006 effettuata dal Ministe- ro pubblico della Confederazione (in seguito: MPC) nonché di contatti diretti intrattenuti da quest'ultimo con l'autorità rogante nell'ambito di una commis- sione rogatoria del 12 luglio 2006 presentata dalle autorità svizzere a quelle italiane avente per oggetto A. e una fattispecie penale correlata. Con la sua domanda l'autorità richiedente ha postulato l'ottenimento di informazioni at- tuali e specifiche relative ai beni individuati in territorio svizzero nella dispo- nibilità del predetto.
B. Mediante decisione del 14 luglio 2010, l'Ufficio dei giudici istruttori federali (in seguito: UGI) è entrato in materia sulla domanda presentata dall'autorità italiana, decidendo che "gli atti richiesti che sono già stati raccolti nell'ambi- to della procedura nazionale saranno fotocopiati e xxxxxxx all'incarto della presente richiesta d'assistenza, in vista della loro trasmissione all'autorità richiedente" (v. atto 10.5, p. 03-00-0003, UGI). Tale ordinanza è stata noti- ficata agli aventi diritto.
C. Con decisione di chiusura del 17 settembre 2010 l'autorità d'esecuzione ha accolto la rogatoria, ordinando la trasmissione all'autorità rogante di diversa documentazione riguardante i seguenti conti bancari: n. 1 denominato B. presso la banca C., a Lugano; n. 2 denominato D. presso la banca E., a Lugano; n. 3 denominato D. presso la banca F., a Lugano, tutti intestati a A.
D. Il 20 ottobre 2010 A. ha interposto ricorso contro la suddetta decisione di- nanzi alla II Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale chieden- do, in via principale, l'annullamento della stessa e, in via subordinata, la re-
trocessione dell'incarto all'UGI affinché chieda all'autorità rogante di com- pletare la sua domanda di assistenza.
A conclusione delle loro osservazioni del 22 e 25 novembre 2010 l’Ufficio federale di giustizia (in seguito: UFG) risp. l'UGI hanno postulato la reiezio- ne del gravame, la prima autorità limitatamente al suo grado di ammissibili- tà.
E. Con scritto del 20 dicembre 2010 l'UGI ha informato questo Tribunale di aver trasmesso, in vista dell'entrata in vigore il 1° gennaio 2011 del nuovo Codice di diritto processuale penale svizzero (CPP), il suo incarto relativo alla presente rogatoria al MPC, per sua competenza.
F. Con memoriale di replica del 22 dicembre 2010, trasmesso per conoscenza all'UGI e all'UFG, il ricorrente si è riconfermato nelle conclusioni espresse in sede ricorsuale.
Diritto:
1.
1.1 In virtù degli art. 37 cpv. 2 lett. a della legge federale sull'organizzazione delle autorità penali della Confederazione (LOAP; RS 173.71) e 19 cpv. 2 del Regolamento del 31 agosto 2010 sull'organizzazione del Tribunale pe- nale federale (ROTPF; RS 173.713.161), la II Corte dei reclami penali giu- dica i gravami in materia di assistenza giudiziaria internazionale.
1.2 I rapporti di assistenza giudiziaria in materia penale fra la Repubblica Italia- na e la Confederazione Svizzera sono anzitutto retti dalla Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, en- trata in vigore il 12 giugno 1962 per l’Italia ed il 20 marzo 1967 per la Sviz- zera (CEAG; RS 0.351.1), dall'Accordo italo-svizzero del 10 settembre 1998 che completa e agevola l'applicazione della CEAG (RS 0.351.945.41), entrato in vigore mediante scambio di note il 1° giugno 2003 (in seguito: l'Accordo italo-svizzero), nonché, a partire dal 12 dicem- bre 2008 (Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, L 327/15-17, del 5 di- cembre 2008), dagli art. 48 e segg. della Convenzione di applicazione del- l'Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 (CAS). Di rilievo nella fattispecie è anche la Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, conclusa a Strasburgo l’8 novembre 1990, entrata in vigore il 1° settembre 1993 per la Svizzera ed il 1° maggio 1994 per l’Italia
(CRic; RS 0.311.53). Alle questioni che il prevalente diritto internazionale contenuto in detti trattati non regola espressamente o implicitamente, come pure quando il diritto nazionale sia più favorevole all'assistenza rispetto a quello pattizio (cosiddetto principio di favore), si applicano la legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale del 20 marzo 1981 (AIMP; RS 351.1), unitamente alla relativa ordinanza (OAIMP; RS 351.11; v. art. 1 cpv. 1 AIMP, art. I n. 2 dell'Accordo italo-svizzero; DTF 136 IV 82 consid. 3.1; 123 II 134 consid. 1a; 122 II 140 consid. 2). Il principio di favore vale anche nell'applicazione delle pertinenti norme di diritto internazionale (v. art. 48 CAS). È fatto salvo il rispetto dei diritti fondamentali (DTF 135 IV 212 consid. 2.3; 123 II 595 consid. 7c).
1.3 Il ricorso è stato tempestivamente interposto contro una decisione di chiu- sura dell'autorità federale d'esecuzione (v. art. 80e cpv. 1 e 80k AIMP). La legittimazione di X., titolare dei conti oggetto della criticata misura d'assi- stenza, è pacifica (v. art. 80h lett. b AIMP e art. 9a OAIMP; DTF 000 Xx 000 consid. 1d; TPF 2007 79 consid. 1.6 pag. 82).
2. Il ricorrente contesta innanzitutto la competenza dell'UGI ad evadere la domanda di assistenza italiana. A suo dire, mancherebbe una base legale idonea all'uopo.
2.1 L'art. XVII n. 1 Accordo italo-svizzero prevede che le domande di assisten- za giudiziaria possono essere indirizzate direttamente all'autorità compe- tente a eseguire il provvedimento relativo all'assistenza e restituite per la stessa via. Sono fatti salvi i casi di cui agli articoli XVIII e XIX dell'Accordo in questione. Le autorità svizzere che possono corrispondere direttamente con le autorità giudiziarie estere in applicazione delle convenzioni in mate- ria d'assistenza giudiziaria valide per il nostro Paese sono elencate sul sito Internet dell'UFG xxx.xxx.xxxxx.xx/xxx/xx/xxxx/xxxxx/xxxxxxxxx.xxxx.
2.2 Nella fattispecie, l'UGI figurava nell'elenco summenzionato sino al 31 di- cembre 2010, momento in cui tale autorità è stata dissolta in seguito all'en- trata in vigore, il 1° gennaio 2011, del nuovo CPP e della LOAP. Tenuto conto che al momento dell'inoltro della rogatoria italiana il parallelo proce- dimento svizzero per riciclaggio a carico del ricorrente si trovava – come lo è stato d'altronde sino alla fine di dicembre 2010 – allo stadio dell'istruzione preparatoria, la competenza dell'UGI a trattare la domanda d'assistenza in questione era chiaramente data, competenza susseguentemente passata al MPC (v. act. 15). La censura del ricorrente va pertanto respinta.
3. L'insorgente ritiene che l'esposto dei fatti alla base della rogatoria sia insuf- ficiente.
3.1 Gli art. 14 CEAG, 27 n. 1 CRic e 28 AIMP esigono in sostanza che la do- manda di assistenza indichi il suo oggetto, il motivo, la qualificazione giuri- dica dei reati, presentando altresì un breve esposto dei fatti essenziali, al fine di permettere allo Stato rogato di verificare che non sussistano condi- zioni ostative all'assistenza (DTF 129 II 97 consid. 3; 000 Xx 000 consid. 5b pag. 121, 547 consid. 3a; 000 Xx 00 consid. 5c pag. 88). In questo ambito, non si può tuttavia pretendere dallo Stato richiedente la presentazione di un esposto dei fatti totalmente esente da lacune o contraddizioni, visto che lo scopo della rogatoria è proprio quello di chiarire punti oscuri relativi alle fat- tispecie oggetto d'indagine all'estero, fermo restando che la verifica delle condizioni per la concessione dell'assistenza deve rimanere possibile (v. DTF 000 Xx 00 consid. 5c, con giurisprudenza citata). Ciò non implica per lo Stato richiedente l'obbligo di provare la commissione del reato, ma solo quello di esporre in modo sufficiente le circostanze sulle quali fonda i propri sospetti, in modo tale da escludere che sussista un'inammissibile ricerca indiscriminata di prove (v. su questo tema DTF 129 II 97 consid. 3.1; 125 II 65 consid. 6b/aa pag. 73; 122 II 367 consid. 2c). L'esame della colpevolez- za è riservato al giudice straniero del merito, non a quello svizzero dell'as- sistenza (DTF 000 Xx 000 consid. 3a; 000 Xx 000 consid. 3).
3.2 In concreto, la domanda di assistenza è stata inoltrata dalle autorità italiane a sostegno dell'esecuzione del provvedimento di prevenzione patrimoniale adottato dal Tribunale di Milano il 29 settembre 2007 nei confronti del ricor- rente, il quale, per quanto attiene alla posizione del ricorrente, è stato con- fermato sia dalla Corte d'appello di Milano in data 25 marzo 2009 (v. atto 01-00-0006 e segg. UGI), sia dalla Corte suprema di cassazione con sen- tenza del 15 dicembre 2009 (v. atto 01-00-0074 UGI). Orbene, oltre a quanto già esposto in precedenza (v. supra lett. A), è d'uopo rilevare che il summenzionato decreto del 25 marzo 2009, prodotto dall'autorità rogante in allegato alla sua domanda di assistenza e al quale si rinvia, spiega in maniera dettagliata – il documento conta 70 pagine – i motivi legati all'ado- zione del provvedimento summenzionato, ciò che costituisce di riflesso un esposto dei fatti largamente sufficiente alla base della domanda di assi- stenza. Anche in questo ambito la censura del ricorrente va disattesa.
4. Secondo il ricorrente la domanda di assistenza non fornirebbe nessuna in- formazione circa il carattere penale della procedura di prevenzione patri- moniale italiana e la sua applicabilità ai beni siti all'estero. Egli contesta in pratica la concessione dell'assistenza richiesta sulla base di un provvedi-
mento di prevenzione patrimoniale, istituto la cui natura non sarebbe chia- ra.
4.1 La cooperazione giudiziaria internazionale in materia penale può essere concessa, per definizione, soltanto per il perseguimento di reati penali la cui repressione compete alle autorità giudiziarie dello Stato richiedente (art. 1 cpv. 3 AIMP; XXXXXX XXXXXXXXXX, La coopération judiciaire internatio- xxxx xx xxxxxxx xxxxxx, 0x ediz., Berna 2009, n. 559). In altre parole, è ne- cessario che una procedura penale sia aperta nello Stato richiedente (DTF 132 II 178 consid. 2.2 e giurisprudenza citata). Ciò non implica necessa- riamente un'imputazione o una messa in stato d'accusa formale; un'inchie- sta preliminare è sufficiente, a condizione che possa sfociare in un rinvio degli accusati davanti ad un tribunale competente per reprimere le infrazio- ni per le quali l'assistenza è richiesta (DTF 123 II 161 consid. 3a; 000 Xx 000 consid. 4b; 000 Xx 000 consid. 0x x xxxxxxxxxxxxxx xxxxxx). Xx Xxxxxxxx ha accordato la propria assistenza per delle inchieste condotte da autorità amministrative, nella misura in cui l'attività di quest'ultime costituiva la fase preliminare di una procedura che prevedeva in seguito l'intervento delle au- torità giudiziarie competenti per procedere ad una messa in stato d'accusa (DTF 000 Xx 00 consid. 3) ed il rinvio a giudizio davanti ad un giudice pena- le (DTF 121 II 153). L'assistenza è ugualmente accordata per delle proce- dure preliminari, allorquando lo Stato richiedente dichiara immediatamente e chiaramente di avere la volontà di aprire una procedura penale (DTF 000 Xx 000 consid. 5). La Svizzera può anche trasmettere informazioni utili per delle procedure collegate al procedimento penale, ad esempio per una pro- cedura civile destinata ad indennizzare la vittima di un reato (DTF 122 II 134 consid. 7), per un'inchiesta condotta da una commissione parlamenta- re (DTF 126 II 316 consid. 4) oppure per una procedura amministrativa de- stinata a risolvere una questione pregiudiziale decisiva per il processo pe- nale (DTF 128 II 305). Si tratta in questo caso di un'eccezione alla regola della specialità, sottostante all'approvazione dell'UFG (v. art. 67 cpv. 2 AIMP), che necessita di un rapporto di connessione con la procedura pena- le. Questo tipo di assistenza è detta "secondaria", in quanto presuppone sempre l'esistenza di un'assistenza "primaria" – strettamente penale – per la quale le informazioni sono state trasmesse. Per contro, le richieste di as- sistenza in materia penale volte ad ottenere informazioni utili unicamente per procedure strettamente amministrative o civili sono abusive (DTF 000 Xx 000 consid. 5; cfr. anche DTF 122 II 134 consid. 7b).
4.2 La questione di sapere se la procedura estera ha un carattere penale ai sensi degli art. 1 cpv. 3 e 63 AIMP deve essere risolta secondo le conce- zioni di diritto svizzero. In questo ambito, la denominazione della procedura estera non risulta determinante (DTF 132 II 178 consid. 3). Il procedimento di prevenzione patrimoniale italiano trova la sua base normativa nella legge
27 dicembre 1956, n. 1423 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 31 di- cembre 1956, n. 327), testo completato dapprima con il decreto legge 6 settembre 1982, n. 629 - con cui sono stati introdotti gli art. 2 bis e 2 ter del- la legge n. 575 del 1965 – e poi, in via definitiva, con la legge Rognoni La Torre del 13 settembre 1982, n. 646 (X. XXXXXXX/V. CONTRAFATTO/X. XXXXXXXX, Le misure patrimoniali contro la criminalità organizzata, Milano 2010, pag. 34 e segg.; X. XXXXXXX/M. F. CORTESI, Novità sulle misure di pre- venzione, Torino 2009, pag. 246 e segg.). Esso si applica a tre categorie di persone (v. X. XXXXXXX/V. CONTRAFATTO/X. XXXXXXXX, op. cit., pag. 60 e segg.): ai soggetti indiziati di appartenere alle associazioni indicate all'art. 1 della legge n. 575 del 1965 (associazioni di tipo mafioso) e a quelle dedite al traffico di sostanze stupefacenti; a coloro che debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono abitualmente dediti a traffici delittuosi (v. art. 1, numero 1, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423); a coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose (v. art. 1, numero 2, della legge 27 dicembre 1956, n. 1423). Sul punto specifico, la legge fa riferimento ad indagini sul patrimonio di persone indi- ziate di appartenere ad associazioni mafiose ed affini, così da far ritenere che l'accertamento di tale qualifica è preliminare agli accertamenti patrimo- niali, anche se essi possono di regola apportare ulteriori indizi circa l'appar- tenenza del soggetto ad associazioni criminali di tipo mafioso (v. X. XXXXX/X. XXXXX, La legge antimafia, Napoli 1983, pag. 99). Tra i soggetti partecipi alle associazioni criminali e quelli "semplicemente" indiziati di ap- partenenza, la differenza sostanziale deriva dal quantum probatorio, nel secondo caso evidentemente molto più basso. La Suprema Corte italiana, al riguardo, ha affermato che "ai fini dell'applicazione delle misure di pre- venzione ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, non occorre la prova dell'appartenenza del soggetto ad associazioni mafiose. È infatti sufficiente
– in base al disposto dell'art. 1 della stessa legge – la sussistenza di sem- plici indizi di tale appartenenza. Gli indizi possono essere costituiti dai pre- cedenti penali e giudiziari, dal tenore di vita, dal tipo di amicizia e, in gene- rale, dalle informazioni fornite dagli organi di polizia sulla base degli accer- tamenti esperiti, che non risultano contraddetti o smentiti dagli elementi di convincimento forniti dal proposto" (Cassazione penale, Sezione I, Senten- za n. 1056 del 13 luglio 1982). La medesima autorità ha aggiunto che "la legge, invero, non consente di dare rilievo a meri sospetti ma richiede la sussistenza di veri e propri indizi cioè di quella categoria di elementi di pro- va che sono ricavati, mediante un procedimento logico – induttivo, da cir- costanze, fatti e comportamenti specifici e concreti che, come tali, sono su- scettibili di analisi critica contestazione e dimostrazione" (Cassazione pena- le, Sezione I, Sentenza n. 106 del 7 marzo 1985). Gli accertamenti patri- moniali si estendono nei confronti "del coniuge, dei figli e di coloro che nel- l'ultimo quinquennio abbiano convissuto con i soggetti indicati nonché nei
confronti delle persone fisiche o giuridiche, società, consorzi, od associa- zioni, del cui patrimonio i soggetti medesimi risultino poter disporre in tutto o in parte, direttamente o indirettamente (v. art. 2-bis, terzo comma, della legge n. 575 del 1965). In questo modo, sono poste le basi giuridiche, af- finché le misure di prevenzione possano colpire l'intero patrimonio comun- que riconducibile – anche per interposta persona – al soggetto indiziato. Il procedimento di prevenzione patrimoniale non è diretto contro l'autore di un'infrazione, bensì contro un bene di pertinenza di una persona indiziata di appartenere ad un'organizzazione criminale. Si tratta di un'azione in rem, indipendente da qualsiasi perseguimento dell'autore. La procedura italiana prevede ugualmente la confisca penale, la quale però necessita di un pro- cedimento penale e di una condanna dell'autore dell'infrazione (v. in parti- colare art. 240 e 416-bis, settimo comma, CP italiano; v. anche v. X. XXXXXXX/V. CONTRAFATTO/X. XXXXXXXX, op. cit., pag. 11 e segg.).
4.3 La Corte europea dei diritti dell'uomo ha già avuto modo di confermare la legittimità, sia del procedimento di prevenzione patrimoniale (v. sentenze
M. contro Italia del 15 aprile 1991, n. 12386/86; Xxxxxxxx contro Italia del 22 febbraio 1994, n. 12954/87; Arcuri e altri contro Italia del 5 luglio 2001,
n. 54024/99) che delle rigorose forme di confisca previste dalla normativa del Regno Unito, in particolare quelle di cui al "Drug Trafficking Act (DTA)" del 1994, successivamente confluite nel "Proceeds of Crime Act" del 2002 (v. sentenze Xxxxxxxx contro Regno Unito del 5 luglio 2001, n. 41087/98; Xxxxxx contro Regno Unito del 27 giugno 2001 n. 41661/98; Xxxx contro Regno Unito del 10 febbraio 2004, n. 56054/00). La Corte ha affermato che la confisca di prevenzione italiana limita certamente il diritto di proprietà di cui al primo comma dell’articolo 1 del Protocollo (n. 1) addizionale alla Convenzione. Secondo la CEDU si tratta tuttavia di un’interferenza legitti- ma, in quanto, come richiesto dal secondo comma dell’articolo, è sancita da una legge per salvaguardare un interesse generale, ossia “to prevent the illicit use, in a way dangerous to society, of possessions whose lawful origin has not been established”, ed è proporzionata all’interesse persegui- to dalla misura, che rientra in una politica penale volta a contrastare l’enorme potere economico di organizzazioni che rappresentano una seria minaccia per lo Stato. La Corte ha pure rilevato che l’interesse generale viene attuato nel rispetto del diritto ad un equo processo. Non si prevede infatti alcuna inversione dell’onere della prova: è comunque il pubblico mi- nistero a dover fornire gli indizi a sostegno della presunzione circa l’origine illecita dei beni, mentre l’imputato ha la possibilità di dimostrare che essi derivano da fonti legittime di reddito. Inoltre, a tutela del diritto di difesa, il procedimento per l’applicazione della misura garantisce il contraddittorio e tre gradi successivi di giudizio. Da tutte le sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo emerge in modo concordante, a giustificazione di forme di confisca così severe, l’esistenza di un interesse pubblico prevalente rispet-
to al diritto di proprietà, volto ad impedire che il godimento di proventi illeciti da parte di alcuni individui arrechi serio danno all’intera collettività, conside- rata la pericolosità e pervasività delle organizzazioni criminali (v. XXXXXXX XXXXXXX, La confisca dei proventi illeciti in Europa tra efficacia e rispetto dei diritti umani, in Xxxxx Xxxxx/Xxxx-Xxx Xxxxxx (curatori), Strafjustiz zwi- schen Anspruch und Wirklichkeit – Le système de justice pénal; ambitions et résultats, Berna 2010, pag. 107 e segg.).
4.4 In diritto svizzero, la confisca fa parte delle "altre misure" previste agli art. 66 e segg. CP. Secondo l'art. 70 cpv. 1 CP, il giudice ordina la confisca dei valori patrimoniali che costituiscono il prodotto di un reato o erano destinati a determinare o a ricompensare l'autore di un reato, a meno che debbano essere restituiti alla persona lesa allo scopo di ripristinare la situazione le- gale. Come per la confisca di oggetti pericolosi (art. 69 CP), la confisca di valori patrimoniali è possibile senza che una persona determinata sia puni- bile, ossia quando l'autore dell'infrazione non può essere identificato, è de- ceduto, risulta irresponsabile o non può essere perseguito in Svizzera per altre ragioni, ad esempio perché scappato all'estero e non può essere e- stradato (DTF 128 IV 145 consid. 2c). In tutti i casi, la confisca presuppone che siano dati tutti gli elementi oggetti e soggettivi costitutivi del reato – an- che se la colpevolezza dell'autore non è esaminata – e un legame tra que- sta e gli oggetti da confiscare. La confisca non costituisce una sanzione in personam, bensì una misura in rem. Essa ha ugualmente un carattere re- pressivo, in quanto tende ad impedire all'autore di beneficiare del prodotto dell'infrazione (XXXXXXXXX XXXXXXXX, La confiscation en droit pénal – art. 58 ss CP, AJP/PJA 12/2001 pag. 1388). Nel caso previsto all'art. 72 CP (confisca di valori patrimoniali di una organizzazione criminale) la confisca ha ugualmente uno scopo preventivo (DTF 131 II 169 consid. 9). La proce- dura di confisca può essere condotta in maniera accessoria, nel quadro di un procedimento penale aperto in Svizzera; essa fa allora parte della sen- tenza penale. Quando nessuna procedura penale è aperta (ad esempio in caso di assenza di una denuncia, per le infrazioni perseguita su denuncia [DTF 129 IV 305] o in caso di rinuncia al perseguimento penale per motivi d'opportunità) o quando essa non sfocia in una sentenza, una procedura indipendente può essere aperta dall'autorità del luogo dove si trova l'ogget- to da confiscare. In definitiva, le misure di confisca, sia in diritto svizzero che italiano, costituiscono uno strumento di lotta alla criminalità teso a con- trastare l'illecito profitto, affinché il crimine non paghi. Si tratta in entrambi i casi di procedure di carattere reale, nel quadro delle quali la colpevolezza dell'autore dell'infrazione non viene esaminata (cfr. DTF 132 II 178 consid. 4.1).
4.5 Chinatosi sulla procedura statunitense della confisca civile del prodotto del reato, il Tribunale federale ha già avuto modo di affermare che la Svizzera
ha tenuto conto delle concezioni particolari di diritto anglosassone ratifican- do la CRic (DTF 132 II 178 consid. 4.2). Nel loro rapporto esplicativo, gli esperti spiegano di aver tenuto conto delle differenze considerevoli per quanto concerne i diversi tipi di procedure seguite per la presa di decisioni di confisca, in particolare le procedure indipendenti da un'accusa e le pro- cedure in rem. Essi rilevano che uno strumento efficace di cooperazione deve tenere conto di tali differenze tra le varie legislazioni interne. A propo- sito dell'art. 13 CRic, il rapporto rileva che ogni procedura che può sfociare in una decisione di confisca, indipendentemente dai suoi legami con delle procedure penali o da regole di procedura applicabili, può soddisfare le e- sigenze poste, a condizione ch'essa sia condotta da autorità giudiziarie e che abbia un carattere penale. In altre parole, essa deve riguardare gli strumenti di un'infrazione penale o i suoi prodotti. Queste procedure (che inglobano ad esempio le procedure dette in rem) sono denominate nel te- sto della convenzione "procedure a scopo di confisca". Anche se lo Stato richiedente non ha ratificato la CRic, questa permette d'interpretare in ma- niera estensiva la nozione di procedura che può sfociare nella confisca. L'art. 2 cpv. 2 della legge federale del 19 marzo 2004 sulla ripartizione dei valori patrimoniali confiscati (LRVC; RS 312.4) prevede d'altronde che "la presente legge si applica anche in caso di assistenza internazionale in ma- teria penale per quanto concerne la ripartizione tra la Svizzera e gli Stati esteri dei valori patrimoniali confiscati in virtù del diritto svizzero o che sono oggetto di una misura di confisca o di una misura analoga in virtù del diritto estero". Quest'ultima nozione comprende le differenti forme di confisca di valori provento di reato previste dal diritto estero (DTF 132 II 178 consid. 4.2). La procedura di prevenzione patrimoniale italiana presenta una simili- tudine sufficiente con le procedure di confisca previste o riconosciute dal di- ritto svizzero. Essa presuppone, da una parte, l'esistenza di un'infrazione penale e, dall'altra, un legame tra questa infrazione e gli oggetti e valori da confiscare. Essa può quindi essere assimilata ad una "causa penale" ai sensi degli art. 1 cpv. 3 e 63 AIMP (v. sentenza del Tribunale penale fede- rale RR.2010.205-206 del 1° dicembre 2010, consid. 2, confermata dal Tri- bunale federale con sentenza 1C_563/2010 del 22 dicembre 2010).
4.6 È infine necessario che nello Stato richiedente vi sia una competenza re- pressiva, quand'anche le autorità non intendano esercitarla. L'assistenza giudiziaria internazione in materia penale può essere accordata unicamen- te ad uno Stato in grado di perseguire i comportamenti costitutivi di reato (DTF 126 II 212 consid. 6b; XXXXXXXXXX, op. cit., n. 564). Dovendo essere analizzata alla luce del diritto interno dello Stato richiedente, la competenza delle autorità repressive di tale Stato è in generale presunta, tranne nell'ipo- tesi, non realizzata nella fattispecie, d'incompetenza manifesta (DTF 000 Xx 00 consid. 2c/aa). Il decreto della Corte d'appello di Milano del 25 marzo 2009 che conferma, per quanto concerne il ricorrente, il decreto del Tribu-
nale di Milano del 29 settembre 2007 evidenzia, senza tener conto delle sentenze pronunciate nei suoi confronti non ancora cresciute in giudicato, la sussistenza di indizi sufficienti a ritenere il ricorrente appartenente alla 'ndrangheta (v. atto 01-00-0009 e segg. UGI). L'appartenenza ad associa- zioni di tipo mafioso è punita in Italia sulla base dell'art. 416-bis CP italiano, disposizione che va messa in relazione con l'art. 1 della legge n. 575 del 1965, secondo il quale "la presente legge si applica agli indiziati di apparte- nere ad associazioni di tipo mafioso, alla camorra o ad altre associazioni, comunque localmente denominate, che perseguono finalità o agiscono con metodi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso". Il ricorren- te è cittadino italiano e vive in Italia, Paese in cui è pure radicata l'associa- zione criminale di cui egli è indiziato di fare parte, ossia la 'ndrangheta (sui paralleli con la nozione di organizzazione criminale giusta l'art. 260ter CP v. del resto la sentenza del Tribunale penale federale SK.2008.26 del 14 otto- bre 2009, consid. 2.3 e 3.1, previsti per la pubblicazione). Visto quanto pre- cede, non vi sono dubbi circa la competenza repressiva delle autorità pena- li italiane.
4.7 In definitiva, assodato il carattere penale del procedimento di prevenzione patrimoniale nonché la competenza repressiva delle autorità giudiziarie ita- liane, la censura del ricorrente va respinta.
5. Il ricorrente sostiene che, essendo i fondi depositati sui conti litigiosi ogget- to di un sequestro nell'ambito di un procedimento penale svizzero, la do- manda di assistenza italiana è inutile ed il suo accoglimento contrario al principio della proporzionalità. Egli aggiunge, appoggiandosi sulla sentenza della Corte suprema di cassazione del 15 dicembre 2009, che l'apertura dei conti oggetto della decisione impugnata ha avuto luogo in un periodo in cui la legislazione relativa alla procedura di prevenzione patrimoniale non si applicherebbe, ragione per cui la documentazione bancaria legata ai conti in questione sarebbe inutile per l'autorità rogante.
5.1 La questione di sapere se le informazioni richieste nell'ambito di una do- manda di assistenza siano necessarie o utili per il procedimento estero de- ve essere lasciata, di massima, all'apprezzamento delle autorità richiedenti. Lo Stato richiesto non dispone infatti dei mezzi per pronunciarsi sull'oppor- tunità di assumere determinate prove e non può sostituirsi in questo compi- to all'autorità estera che conduce le indagini (DTF 132 II 81 consid. 2.1 e rinvii). La richiesta di assunzione di prove può essere rifiutata solo se il principio della proporzionalità sia manifestamente disatteso (DTF 000 Xx
000 consid. 5c; sentenza del Tribunale penale federale RR.2007.18 del 21 maggio 2007, consid. 6.3 non pubblicato in TPF 2007 57) o se la do- manda appaia abusiva, le informazioni richieste essendo del tutto inidonee
a far progredire le indagini (DTF 122 II 134 consid. 7b; 121 II 241 con- sid. 3a). In base alla giurisprudenza l'esame va quindi limitato alla cosiddet- ta utilità potenziale, secondo cui la consegna giusta l'art. 74 AIMP è esclu- sa soltanto per quei mezzi di prova certamente privi di rilevanza per il pro- cedimento penale all'estero (DTF 126 II 258 consid. 9c pag. 264; 122 II 367 consid. 2c; 121 II 241 consid. 3a e b).
5.2 Nella fattispecie, va innanzitutto rilevato che il fatto che i conti oggetto della decisione impugnata siano oggetto di sequestro sia nella procedura rogato- riale che nell'ambito di una procedura penale nazionale non ha nessuna in- cidenza sulla valutazione dell'utilità o meno della documentazione bancaria per lo Stato richiedente. Si ribadisce comunque che la confisca dei valori depositati sui conti in questione è regolata in questi casi anche dalla LRVC. Per quanto riguarda la seconda censura, risulta incomprensibile l'accosta- mento fatto dal ricorrente tra la situazione relativa ai suoi conti e la senten- za della Corte suprema di cassazione italiana del 15 dicembre 2009. Con quest'ultima sentenza, infatti, la Corte italiana ha semplicemente dichiarato che la normativa legata al procedimento di prevenzione patrimoniale non era applicabile ad un determinato bene immobiliare trasferito dal ricorrente alla figlia qualche tempo prima dell'adozione del provvedimento di preven- zione patrimoniale, bene giudicato quindi non più nella disponibilità del ri- corrente. I conti oggetto della decisione criticata sono chiaramente intestati al ricorrente e a sua disposizione, per cui non si vede in che misura la sud- detta sentenza possa supportare la censura avanzata. In definitiva, la do- cumentazione bancaria di cui è stata ordinata la trasmissione è chiaramen- te utile all'autorità estera per valutare in maniera precisa le disponibilità fi- nanziarie del ricorrente; essa potrebbe tra l'altro permettere la scoperta di altri beni di pertinenza dello stesso. Vi è da concludere che l'invio della do- cumentazione litigiosa non viola il principio della proporzionalità.
6. In conclusione, il ricorso va respinto. Le spese seguono la soccombenza (v. art. 63 cpv. 1 della legge federale sulla procedura amministrativa del 20 di- cembre 1968 [PA; RS 172.021] richiamato l'art. 39 cpv. 2 lett. b LOAP). La tassa di giustizia è calcolata giusta l'art. 73 cpv. 2 LOAP e l'art. 8 cpv. 3 del Regolamento del 31 agosto 2010 sulle spese, gli emolumenti, le ripetibili e le indennità della procedura penale federale (RSPPF; RS 173.713.162) ed è fissata nella fattispecie a fr. 5'000.-- a carico del ricorrente; essa è coper- ta dall'anticipo delle spese già versato.
Per questi motivi, la II Corte dei reclami penali pronuncia:
1. Il ricorso è respinto.
2. La tassa di giustizia di fr. 5'000.-- è posta a carico del ricorrente. Essa è co- perta dall'anticipo dei costi già versato.
Bellinzona, 24 gennaio 2011
In nome della II Corte dei reclami penali del Tribunale penale federale
La Presidente: Il Cancelliere:
Comunicazione a:
- Avv. Xxxxxxx Xxxxx
- Ministero pubblico della Confederazione
- Ufficio federale di giustizia
Informazione sui rimedi giuridici
Il ricorso contro una decisione nel campo dell’assistenza giudiziaria internazionale in materia penale deve essere depositato presso il Tribunale federale entro 10 giorni dalla notificazione del testo integrale della decisione (art. 100 cpv. 1 e 2 lett. b LTF).
Il ricorso è ammissibile soltanto se concerne un’estradizione, un sequestro, la consegna di oggetti o beni oppure la comunicazione di informazioni inerenti alla sfera segreta e se si tratti di un caso particolarmente importante (art. 84 cpv. 1 LTF). Un caso è particolarmente importante segnatamente laddove vi sono motivi per ritenere che sono stati violati elementari principi procedurali o che il procedimento all’estero presenta gravi lacune (art. 84 cpv. 2 LTF).