La forma dei contratti bancari al tempo del Covid- 19. Le misure introdotte dal decreto “liquidità” e la semplificazione delle procedure di imputabilità della dichiarazione negoziale.
Xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx - Fascicolo 2/2020 Data di pubblicazione – 29 luglio 2020
La forma dei contratti bancari al tempo del Covid- 19. Le misure introdotte dal decreto “liquidità” e la semplificazione delle procedure di imputabilità della dichiarazione negoziale.
di
Xxxxxxx Xxxxxxxxxx*
1. La drammatica evoluzione dell'emergenza sanitaria, tuttora in atto, ha determinato la necessità di plurimi interventi normativi d'urgenza, complessivamente diretti a contenere e gestire l'emergenza epidemiologica da Covid-19. Tra i vari provvedimenti legislativi adottati, degne di rilievo sono le numerose disposizioni destinate a incidere sui rapporti giuridici tra privati e sui diritti conseguenti. Si tratta di disposizioni dirette a regolare solo transitoriamente - e, dunque, almeno prima facie, senza capacità di assumere carattere strutturale- i rapporti e le situazioni oggetto della disciplina emergenziale; cionondimeno, la loro concreta applicazione comporta significative deviazioni dalle regole ordinariamente applicabili.
In queste pagine l’attenzione sarà focalizzata sull'art. 4, d.l. 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. Decreto Liquidità), rubricato “Sottoscrizione contratti e comunicazioni in modo semplificato” 1, che detta importanti indicazioni in materia di documenti informatici e
* Professore associato di Diritto bancario e finanziario presso il Dipartimento di Economia dell'Univesità di Foggia.
1 Analogamente l’art. 33 del d.l.19 maggio 2020, n. 34 recante “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, (c.d. “Decreto Rilancio”) estende ai contratti relativi alla prestazione dei servizi di investimento ed a quelli relativi alla prestazione dei servizi ad essi accessori, oltre che ai contratti assicurativi, la normativa che l’art. 4 del Decreto Legge n 23/20 ha previsto esclusivamente con riguardo ai contratti per la fornitura di servizi bancari e finanziari. L’art. 33 espressamente prevede che i contratti finanziari ed assicurativi conclusi nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del medesimo Decreto Legge n 34/20 ed il 31/07/2020, data prevista per la cessazione dello stato di emergenza, “soddisfano il requisito e hanno l’efficacia di cui all’art. 20, comma 1-bis, primo periodo, del Decreto Legislativo 7/marzo/2005, n
82 anche se il cliente esprime il proprio consenso mediante il proprio indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo”.
Xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx (ISSN 2240-9823) - Contributo sottoposto a referaggio cieco
firme elettroniche nei contratti bancari, e che, per come formulato, è in grado di scuotere dalle fondamenta le acquisizioni dottrinali e giurisprudenziali sulla sicurezza informatica nella contrattazione a distanza, essendo potenzialmente in grado di generare un copioso contezioso.
dell’imputabilità del consenso prestato al soggetto che lo ha espresso. In particolare, si
Più in particolare, la norma in esame dispone che nei contratti conclusi dalle banche con la clientela al dettaglio, nel periodo dell’emergenza, il requisito della forma scritta si ritiene soddisfatto anche se il cliente esprime il consenso mediante «il proprio indirizzo di posta elettronica non certificata o con altro strumento idoneo». Non è, quindi, necessaria l’apposizione della firma digitale o autografa da parte del cliente, ma è sufficiente, ai fini della valida conclusione del contratto bancario, che il consenso venga prestato tramite e-mail. La norma pone, tuttavia, una serie di condizioni che devono necessariamente essere rispettate, al fine di garantire la verifica
richiede: (i) l’invio della copia del documento di riconoscimento in corso di validità del cliente; (ii) l’espresso riferimento a un contratto identificabile in modo certo; (iii) la conservazione del contratto medesimo con modalità tali da garantirne la sicurezza, integrità e immodificabilità; (iv) la messa a disposizione del cliente di copia del testo del contratto su supporto durevole.
La disposizione, come è agevole intuire - e come precisa l’ABI nella circolare informativa2 diramata il 9 aprile 2020- è volta ad assicurare la continuità nell’erogazione dei servizi e nell’offerta dei prodotti alla clientela da parte delle banche e degli intermediari finanziari nel periodo dell’emergenza, favorendo la conclusione dei contratti bancari attraverso una modalità di scambio del consenso sicuramente più agevole, rispetto alle formalità attualmente previste dal nostro ordinamento giuridico per la stipulazione dei suddetti contratti. Si tratta, all’evidenza, di una misura “geneticamente” dotata del carattere della provvisorietà, la cui efficacia è destinata a cessare al termine dello stato emergenziale, anche se in molti auspicano che possa, al contrario, adottarsi in modo strutturale, essendo misura in grado di favorire la semplificazione delle formalità di accettazione dei contratti, sulla scia delle regole in uso nei modelli di matrice anglosassone.
2 Cfr. Circolare ABI agli Associati del 9 aprile 2020, consultabile in www. Xxx.xx
Nell’ esclusivo interesse della clientela al dettaglio, come si è detto, il legislatore dell’emergenza attribuisce la possibilità di prestare un consenso mediante posta elettronica non certificata e questa nuova modalità semplificata di conclusione dei contratti bancari viene, quindi, ad assurgere al rango di valido equipollente del requisito della forma scritta richiesta dal TUB a pena di nullità (art. 117, 125-bis, 126- quinquies e 126-quinquesdecies). La firma elettronica semplice, quindi, acquisisce la medesima l’efficacia probatoria dell’art. 2702 c.c. riconosciuta alla firma digitale e/o alla firma elettronica avanzata. Cave: tutto ciò in assenza dei requisiti di cui all’art. 20, comma 1-bis, CAD.
La limitazione dell’ambito di operatività della disciplina alla sola clientela al dettaglio (quindi, in primis, ai consumatori, ma anche alle persone fisiche che svolgono attività professionale o artigianale, agli enti senza finalità di lucro e alle micro- imprese), trova la sua ratio nella maggiore limitazione che la suddetta categoria è potenzialmente in grado di subire nel periodo dell’emergenza sanitaria con riguardo all’accesso ai servizi bancari e finanziari. La suddetta clientela, infatti, si presume non abbia la possibilità di munirsi agevolmente delle dotazioni e strumentazioni informatiche e telematiche necessarie per la conclusione dei contratti a distanza: di qui, dunque, la necessità di prevedere una semplificazione dell’iter di conclusione dei contratti, in grado si assicurare certezza giuridica alla contrattazione tra intermediari finanziari e clienti al tempo dell’emergenza sanitaria, attraverso l’utilizzazione degli strumenti di comunicazione più diffusi (es. posta elettronica ordinaria), evitando il rischio che i relativi contratti possano risultare poi affetti da nullità e assicurando agli stessi adeguata efficacia probatoria.
L’interrogativo che si pone è comprendere se l’emergenza originata dal Covid-
19 possa essere l’occasione per un ripensamento di alcune categorie ordinanti del diritto civile e, in particolare, della nozione di forma nei contratti del mercato finanziario3.
Non può sfuggire, infatti, che la disciplina dettata in tema di sottoscrizione dei contratti bancari per fronteggiare l’emergenza sanitaria da covid 19 si collochi nel solco
3 Nella letteratura civilistica, per un approfondimento in materia di forma del contratto, si rinvia alle chiare pagine di X. Xxxxxxxxxx, voce “Forma degli atti”, Enciclopedia del Diritto, vol. XVII, Milano, 1968;
interpretativo tracciato dalla recente giurisprudenza di legittimità, che, a seguito dell’importante arresto della Cassazione riunitasi in sede nomofilattica, tende a fornire una lettura funzionale delle norme prescriventi oneri formali nella contrattazione dell’ordinamento bancario e finanziario, ritenendo non necessaria, ai fini del valido perfezionamento dei contratti bancari e finanziari, la sottoscrizione dei soggetti abilitati. Il legislatore dell’emergenza mostra, in altri termini, di fare propria l’impostazione patrocinata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione4, semplificando, all’art 4 del Decreto liquidità, la modalità di prestazione del consenso alla conclusione del contratto bancario da parte del cliente, non statuendo nulla, invece, in merito alle modalità di sottoscrizione del contratto da parte dell’intermediario.
E allora forse utile ricordare rapidamente l’importante arresto della Cassazione a Sezioni Unite che ha posto fine alla vexata quaestio sulla validità del contratto monofirma, affermando il principio di diritto in base che la sottoscrizione dell’intermediario non è appunto necessaria ai fini del perfezionamento del contratto.
2. L’iter argomentativo che ha condotto il Supremo Collegio a ritenere valido il contratto bancario e di investimento c.d. monofirma e che ha sconfessato l’indirizzo interpretativo fino a quel momento sostenuto dalle sezioni semplici5, si focalizza sull’analisi di due aspetti particolari:
4 Cass., Sez. Un., 16 gennaio 2018, n. 898, in Giur. it., 2018, p. 564 ss. La soluzione “funzionale” accolta dalle Sezioni Unite è stata criticata da una parte della dottrina. Si rinvia ai contributi di
X. XXXXXX, Le Sezioni unite e il c.d. contratto monofirma, in Banca, borsa, tit. cred., 2018, p. 275 ss. X. XXXXXXXXXXX, Forma o modalità di informazione materializzata? Le Sezioni Unite ed una interpretazione normalizzatrice dell’art. 23 T.U.F., in Contratti, 2, 2018, p. 148 ss.; X. XXXXXXXXX, Nota breve a margine delle Sezioni Unite 16 gennaio 2018, n. 898, ivi, p. 149 ss.
5 Le sezioni semplici, infatti, si erano ripetutamente pronunciate nel corso del 2016 per la nullità del contratto sottoscritto da solo investitore, tanto è vero che la questione in esame è stata portata all’attenzione delle Sezioni Unite come questione di particolare importanza, ex art. 374, comma 2, c.p.c., e non per dirimere un contrasto tra sezioni semplici o all’interno della stessa sezione. Il filone interpretativo che ritiene nullo il contratto quadro non sottoscritto della banca è stato inaugurato da Xxxx., 24 marzo 2016, n. 5919, in Corr. giur., 2016, p. 1114 ss. , con nota di
X. XXXXX, Conclusione del contratto e formalismo di protezione nei servizi di investimento; in Contratti, 2016, p. 1089 ss., con nota di X. XXXXXXXX, Nullità del contratto quadro di investimento per difetto di sottoscrizione dell’intermediario e abuso del diritto; in Nuova giur. civ. comm., 2016, I, p. 1168 ss., con nota di X. XXXXXXX, Dalla nullità relativa alla forma dimidiata?, cit., p. 1220 ss; Cass., 11 aprile 2016, n. 7068, in Corriere Giur., 2016, 1113; Cass., 27 aprile 2016, n. 8395, in Corr. Giur., 2016, 1110; Cass., 19 maggio 2016, n. 10331, in Guida dir., 2016, fasc. 40, 62; Cass., 14 marzo 2017, n. 6559, in xxx.xxxxxxxxxxxx.xx; Cass., 3 aprile 2017, n. 8624, in Contratti, 2017, 509 ss., con nota di R.
1) la valorizzazione della ratio delle norme dettate in tema di forma nella contrattazione tra diseguali, alla quale si giunge muovendo dalla comminatoria di nullità di protezione in esso contenuta;
2) la svalutazione del requisito della sottoscrizione dell’intermediario, ai fini del valido perfezionamento del contratto di investimento.
Quanto al primo aspetto, il Supremo Collegio mostra di tenere in opportuna considerazione la natura della nullità comminata dall’art. 23 TUF (ma le stesse argomentazioni sono replicabili anche per l’art. 117 TUB), che si configura come nullità funzionale alla tutela della più ampia informazione dell’investitore e che, dunque, si atteggia come nullità “di protezione”. Quest’ultima, essendo diretta a riequilibrare la posizione di debolezza in cui versa il cliente in determinati settori dell’ordinamento, è caratterizzata dalla specifica funzione di “costringere” il predisponente, contraente professionale, ad assumere un dato tipo di comportamento, ossia quello di stipulare per iscritto il contratto, includendovi ogni clausola in grado di assicurare al cliente la conoscenza degli specifici servizi forniti e degli elementi che saranno in grado di metterlo in condizione di conoscere e di verificare, nel corso del rapporto, il rispetto delle regole che riguardano la esecuzione del contratto.
Sempre al fine di garantire un’effettiva tutela al cliente, l’art. 23 TUF e l’art. 117 TUB affiancano all’obbligo di redigere per iscritto il contratto bancario e di investimento, l’ulteriore obbligo di consegna di un esemplare dello stesso al destinatario della normativa di protezione. Anche in questo caso l’obiettivo perseguito dal legislatore è quello di rendere più agevole la verifica, da parte del cliente, dell’esatto adempimento degli obblighi informativi in capo all’intermediario6.
Pur nella consapevolezza che l’obbligo di consegna di un esemplare del contratto al cliente non abbia nulla a che vedere con il requisito di forma che questo deve rivestire (essendo il primo un obbligo di comportamento attinente alla fase esecutiva
LOMBARDI, L’essenzialità della forma scritta nel contratto di investimento. Ma, precedentemente, v. anche, Cass., 22 marzo 2013, n. 7283, in xxx.xxxxxx.xx; Cass. 19 febbraio 2014, n. 3889, in Rep. Foro it., 2014, voce Intermediazione e consulenza finanziaria, n. 148;
6 L’obbligo di consegna al contraente non predisponente di un esemplare del testo contrattuale risponde un’analoga finalità di informazione e trasparenza, perché, attraverso tale obbligo, il legislatore si propone di consentire contraente debole di verificare la conformità del successivo svolgimento del rapporto contrattuale ai patti inizialmente assunti, e, quindi, l’adempimento degli obblighi di buona fede in executivis gravanti sulla controparte contrattuale
del rapporto, mentre il secondo un obbligo destinato ad incidere sulla fase di formazione del rapporto), è, tuttavia, innegabile che entrambi gli obblighi (informativi e di consegna) facciano parte di una sequenza procedimentale unitaria finalizzata a soddisfare quel processo acquisitivo di conoscenze del cliente, quale parte debole nel rapporto asimmetrico, a cui tende l’intera normativa di settore, ponendosi entrambi come veicolo di trasmissione delle informazioni contenute nel contratto7.
Ebbene, questa duplice “formalità” contenuta nell’art. 23 TUF e nell’art. 117 TUB, che individua il panorama delle specifiche condotte alle quali è tenuto l’intermediario
- una delle quali, quella di forma, sanzionata severamente con la nullità- è indicativa del particolare modo in cui il legislatore ha inteso il ricorso al formalismo nella codificazione di settore; formalismo inteso non tanto come fattore di formazione e di estrinsecazione della volontà negoziale, idoneo, pertanto, a contrassegnare la struttura dell’atto, quanto dettato dall’esigenza di assicurare che determinati elementi dell’atto risultino per iscritto, e, in particolare, quelli che consentono di colmare la asimmetria informativa e cognitiva che fisiologicamente affligge il contraente debole, non avendo egli partecipato alla predisposizione del contratto bancario e di investimento.
Il secondo aspetto analizzato dalla Cassazione è il ruolo da attribuirsi al requisito della sottoscrizione dell’intermediario al fine del soddisfacimento dei vincoli formali richiesti dall’art. 23 TUF (e 117 TUB).
Le Sezioni Unite, come si è anticipato, affermano il principio di diritto in base al quale, ai fini del valido perfezionamento del contratto quadro, la sottoscrizione da parte dell’intermediario «non è necessaria, potendo il consenso della banca desumersi anche alla stregua di comportamenti concludenti dalla stessa tenuti».
7 Osserva X. XXXXX, La nullità parziale. Diritto interno e comunitario, Napoli, 2002, 306, sia pur con riferimento al disposto dell’art. 117 TUB, che la norma si iscrive nell’ambito di quell’ampia produzione legislativa dettata in materia di difesa del consumatore nei contratti con questo conclusi, che tende a far oggetto di disciplina non tanto l’atto in sé (e, quindi, nemmeno la sua forma), ma il comportamento delle parti sia nella fase di esecuzione che di formazione dello stesso. Lo scopo è quello di far conoscere al contraente debole sia la sua posizione di svantaggio, sia gli oneri che gli derivano dal contratto, sia, infine, i diritti che la legge gli riconosce. In questa direzione, ancora più incisivamente, X. XXXXX, Dalla formazione alla forma dei contratti sui valori mobiliari (prime note sul «neoformalismo» negoziale), in Banca, borsa, tit. cred., p. 780; e, in una prospettiva più ampia, ID, Forma contrattuale e tutela del contraente «non qualificato» nel mercato finanziario, Milano, 1996, p. 4 ss.
Il passaggio fondamentale nel ragionamento delle Sezioni Unite è la distinzione tra due specifici elementi, che caratterizzano il documento contrattuale: il primo, che consente di dare certezza alla “regolamentazione del rapporto”, ossia il testo scritto e il secondo, che, invece, consente di dare certezza all’accordo, ossia la sottoscrizione, intesa come elemento che consente la riferibilità dell’atto al suo autore. Ebbene, a parere delle Sezioni Unite, il legislatore di settore, nella prescrizione di forma imposta dall’art. 23 TUF (con argomentazioni, anche in questo caso, perfettamente replicabili anche per l’art. 117 TUB) ha avuto riguardo solo al primo dei suddetti profili, ossia al testo scritto, avendo articolato l’onere formale nei contratti del mercato finanziario in maniera “strutturalmente complessa”, ossia “associando” la redazione per iscritto del documento contrattuale alla consegna dello stesso al cliente.
Proprio la presenza di un tale obbligo composito di forma, all’interno della normativa di settore, consente alle Sezioni Unite di asserire che la sottoscrizione del documento contrattuale, da intendersi quale dichiarazione esplicita e diretta dell’intento negoziale da parte dell’intermediario, non sia necessaria, purché il consenso di quest’ultimo sia comunque implicitamente desumibile dall’atto scritto diretto alla controparte (i.e. da una dichiarazione formale) e che sia stato dalla stessa sottoscritto e alla stessa consegnato8.
Questo passaggio operato dalla Corte Cassazione si mostra particolarmente significativo, poiché introduce, in via pretoria, un'ipotesi di equipollente della sottoscrizione mancante dell'intermediario, che viene individuato dal Supremo
8 Sulla forma “scritta priva di sottoscrizione”, come tipo a sé stante nell’ambito del panorama delle forme degli atti giuridici, si rinvia alle pagine di L. V. XXXXXXXXX, Commento dell’articolo 4 del D.P. R. 10 novembre 1997, n. 513, in Diritto privato e interessi pubblici, scritti minori di Xxxxx X. Xxxxxxxxx, Xxxxxx, 0000, pp. 332-333, secondo cui «la nostra tradizione culturale ci ha assuefatto a considerare la nozione di scrittura come un modello essenzialmente unitario che però, nel quadro della disciplina generale della prova dei fatti giuridici, si articolata nelle due sub figure dell’atto pubblico e della scrittura privata». L’autore, continua osservando che «si è abitualmente indotti a credere che, ove la legge preveda genericamente uno scritto, e non richieda espressamente l’atto pubblico ovvero non trovino applicazione le regole concernenti le figure “speciali” di scritture, per scritto debba intendersi la scrittura privata così come delineata e regolata dall’articolo 2702, ossia la scrittura privata sottoscritta». Ma vedi anche ID, Formalismo negoziale e documento informatico, in Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx, V, Responsabilità civile e tutela dei diritti, Milano, 1998, p. 1045 ss, in cui l’a. osserva che «I due elementi, della scrittura e della sottoscrizione, Non sono certamente gli unici schemi formali alcun impiego la legge subordina la validità dell’esternazione della volontà privata, non mancando ipotesi in cui si prevede, (…) genericamente la forma scritta, senza la previsione di una vera e propria scrittura privata, e quindi senza necessità della sottoscrizione»
Collegio in una specifica sequenza comportamentale, cui è tenuto esclusivamente il soggetto abilitato9, che ha inizio con la predisposizione unilaterale del documento da parte di quest’ultimo- che presuppone, pertanto, di per sé, la redazione per iscritto-, prosegue con la raccolta della firma dell’investitore e con la contestuale consegna a quest’ultimo del documento contrattuale e termina con la materiale esecuzione del contratto. L’esatto espletamento, nei termini suindicati, di questa sequenza procedimentale renderebbe superflua, a parere delle Sezioni Unite, la sottoscrizione da parte dell’intermediario, rendendo così immune da vizio di nullità il contratto recante la sola firma dell’investitore.
L’affermazione merita qualche precisazione, in considerazione delle rilevanti conseguenze sul piano del diritto sostanziale che ne derivano.
Come è noto, il codice civile non fornisce né una definizione di sottoscrizione, né di scrittura privata10, ma è opinione assolutamente ricorrente, in dottrina, quella secondo cui il requisito di forma imposta a fini costitutivi è soddisfatto quando le parti redigano un documento in forma scritta, corredandolo della sottoscrizione di ciascuna parte11. Tuttavia, proprio la mancanza nel codice civile di un apparato definitorio in
9 Osserva criticamente X. XXXXXXXXXXX, Usi (ed abusi) di una concezione teleologica della forma: a proposito dei contratti bancari c.d. monofirma (tra legalita` del caso e creativita` giurisprudenziale), cit.,
p. 742, che la formulazione contenuta nelle due ordinanze di rimessione nn. 10447/2017 e 12390/2017 rappresenta un caso quasi paradigmatico di ‘‘autentica creatività giurisprudenziale’’
10 A tal riguardo va rilevato che, a differenza di quanto stabilito dall’art. 2699 c.c. in materia di atto pubblico, l’art. 2702 c.c. non fornisce una definizione di scrittura privata, né individua esplicitamente gli elementi essenziali in presenza dei quali è possibile circoscrivere il perimetro della scrittura privata, ma si limita a regolarne l’efficacia in punto di prova. Nel silenzio del legislatore, ha, dunque, provveduto la dottrina a elaborare la nozione di scrittura privata ricavandola, in negativo, da quella dell’atto pubblico e identificandola in «ogni documento scritto, la cui formazione non abbia costituito esercizio di una pubblica funzione»,, «deve essere munita di sottoscrizione autografa e autore della scrittura è considerato colui che l’ha sottoscritta», in quanto «chi sottoscrive approva l’intero documento e ne assume la paternità» : così E. T. XXXXXXX, Manuale di diritto processuale civile, a cura di X. XXXXXXXXX- X. XXXXXX- X. X. XXXXX, Xxxxxx 0000, p. 333. Sui problemi di definizione della scrittura privata nel codice civile, v., più ampiamente, X. XXXXXXXXX, Il problema delle definizioni nel codice civile, Milano, 1977; X. XXXXXXXXX, La definizione nel diritto, Milano, 1959; ID., Il problema della definizione e il concetto di diritto, Milano, 1955.
11 X. XXXXXXX, Xxxxxxxxx privata, in Enc. dir., XLI, Milano, 1989, p. 805; G. VERDE, Prova documentale (dir. proc. civ), in Enc. Giur., XXV, Roma, 1991, p. 2; X. XXXXXXXXX, Scrittura privata, in Xxx Xxxx., Roma, 1992, p. 1; X. XXXX, Atti che devono farsi per iscritto, cit., p. 75; X. XXXXX, La scrittura privata in senso stretto, in Il documento nel processo civile, diretto da RONGO, Bologna, 2011. In giurisprudenza, in particolare, Cass. 24 gennaio 1995, n. 801, in Mass. Giust. Civ., 1995, p. 130, che chiaramente asserisce che «la sottoscrizione è elemento essenziale della scrittura privata
grado di circoscrivere con esattezza i confini dello schema della scrittura privata e dei suoi elementi essenziali, induce a chiedersi se la sottoscrizione possa considerarsi l’unica tecnica di imputazione del documento, e, dunque, un elemento indissolubilmente associato alla nozione di scrittura privata, nel senso che se manca la sottoscrizione, il documento non può considerarsi come scrittura privata– con il conseguente sorgere di un vizio formale tutte le volte in cui sul documento manchi la sottoscrizione di una parte12- o se, diversamente, la sottoscrizione possa considerarsi
«soltanto una tra le tecniche di imputazione»13 del documento, «come tale surrogabile in presenza di altri e diversi indici di riconducibilità dello scritto al suo autore»14.
Per rispondere a questo interrogativo occorre preliminarmente individuare la particolare funzione che la sottoscrizione viene a svolgere nell’ambito della disciplina della scrittura privata.
(2702 c.c.) in quanto proprio su di essa si fonda la presunzione juris tantum di consenso del sottoscrittore al contenuto del documento»
12 Propende per questa lettura, X. XXXXXXXXXXX, Usi (ed abusi) di una concezione teleologica della forma: a proposito dei contratti bancari c.d. monofirma - (tra legalità del caso - e creatività giurisprudenziale)”, cit., p. 684, per il quale «l’art. 23 TUF non contiene nessuna deroga espressa al disposto dell’art. 2702 c.c. e, non dandosi qui allora una norma speciale, è la regola generale, fondante l’imputazione di un documento al soggetto che lo sottoscrive, a dover trovare puntuale applicazione. L’art. 2702, in assenza di una disposizione testuale che spezzi il collegamento tra contratto formale e sottoscrizione, non è una norma che sia “rimessa alla disponibilità e alle convenienze della singola impresa o delle imprese di un certo settore». In termini analoghi, G. LA ROCCA, Sottoscrizione e “forma informativa” nei contratti del mercato finanziario, in Riv. dir. banc., diritto bancario. it., 2017, II, p. 143, che sottolinea il peso che la giurisprudenza assegna all’elemento della “protezione del cliente” nel momento in cui scardina il tradizionale schema della scrittura privata dal suo necessario corredo della sottoscrizione, una
« rilevanza tale da superare il dato di diritto positivo costituito dall’art. 2702 c.c., il quale […] non subisce alcuna deroga espressa ad opera degli artt. 23 TUF e 117 TUB.»
13 X. XXXX, Idola libertatis. Tre esercizi sul formalismo, Milano, 1985, p. 27.
14 Così X. XXXXXX, Vincoli di forma e disciplina del contratto, Milano, 2008, p. 193. L’a. riprende le osservazioni di X. XXXXX, Documento, in Dig. Disc. Priv., sez. civ., Torino, 1991, pp. 4-5, il quale, giudicando eccessivamente formalistico l’orientamento giurisprudenziale che afferma la necessità della completezza della sottoscrizione, osserva che se « la sottoscrizione serve ad accertare la provenienza del documento, alla soluzione meno restrittiva dovrebbe pervenirsi già in base al principio di conservazione degli atti giuridici, ma soprattutto tenendo presente della presenza nel sistema di norme che equiparano alla scrittura privata documenti del tutti privi di sottoscrizione» (il riferimento è al telegramma di cui all’art. 2705 c.c.). Partendo dall’efficacia probatoria del telegramma sancita dall’art. 2705 c.c. , si è innescato un proficuo confronto tra gli interpreti impegnati a comprendere se l’efficacia attribuita dall’art. 2705 c.c. anche al telegramma non sottoscritto, ma comunque consegnato dal xxxxxxxx, debba intendersi limitata al solo terreno probatorio (così X. XXXXXXXXXX, Forma, cit., p. 101) oppure se la consegna dell’originale all’ufficio telegrafico assuma lo stesso valore della sottoscrizione (Così X. XXXXXXX, La paternità delle scritture. Sottoscrizione e forme equivalenti, Milano 1997, p. 472)
Come è noto, il nostro ordinamento non consente ai privati la possibilità di attribuire alle proprie dichiarazioni il carattere di veridicità, conseguentemente la sottoscrizione, ossia la apposizione della firma in calce al testo, è volta a soddisfare l’esigenza di accertare la riferibilità soggettiva e, di conseguenza, la c.d. imputabilità giuridica delle dichiarazioni riportate nello scritto. Sul piano generale, infatti, alla sottoscrizione sono attribuite principalmente due funzioni: quella indicativa, che è diretta a individuare l’autore del documento che sarà poi vincolato agli effetti giuridici della scrittura; e quella dichiarativa, che, operando come presunzione iuris tantum del consenso del sottoscrittore sulle dichiarazioni contenute nel documento, consente di imputare gli effetti giuridici della dichiarazione documentata alla persona, la quale, scrivendo il proprio nome e cognome sul foglio, manifesta in questo modo la volontà di assumerne la paternità.
Coerentemente con quanto sin qui esposto, dunque, deve ritenersi che la sottoscrizione è lo strumento giuridico mediante il quale si suggella l’imputabilità del testo scritto al soggetto che appone il segno identificativo e, soprattutto, nei casi in cui la forma scritta è richiesta dalla legge ad substantiam actus, garantisce che la volontà di quel soggetto sia stata esternata nel documento da lui sottoscritto. Se, dunque, attraverso la firma, l’autore si appropria del contenuto della dichiarazione, allora è evidente che quest’ultima provvede a risolvere esclusivamente un problema di imputazione15. I
In tale prospettiva, deve pertanto concludersi che nella disciplina della scrittura privata contenuta nell’ art. 2702 c.c. l’elemento della firma, ossia l’apposizione del tratto autografo della parte sottoscrivente, assolve alla funzione di assicurare la certezza della provenienza dell’atto, che dall’autore viene indirizzato all’altra parte del negozio. Ciò trova una naturale conferma nella disciplina sostanziale e processuale che, all’esclusivo fine di tutelare l’interesse della parte alla certezza della provenienza dell’atto, regola analiticamente gli strumenti del riconoscimento della scrittura privata (artt. 2702 c.c. e 214 c.p.c.): (i) quella della presunzione di riconoscimento insita nel mancato disconoscimento; (ii) quella della querela di falso. Se così è, allora, il testo non firmato o la dichiarazione non sottoscritta «ben
15 Sul concetto di imputazione si rinvia alle pagine di X. XXXXXXX, La paternità delle scritture. Sottoscrizione e forme equivalenti, cit. pp. 43 e 82.
potrebbero essere imputate anche in altro modo, allo stesso modo in cui è possibile imputare a un soggetto una determinata volontà negoziale che sia espressa non mediante un testo scritto, ma mediante un comportamento concludente»16.
Ebbene, una volta individuate le tradizionali funzioni attribuite alla sottoscrizione, non può sottacersi che nei contratti bancari e di investimento entrambe le funzioni sopra richiamate possono ritenersi assolte anche in presenza della sottoscrizione del solo cliente: (i) è, anzitutto, ben possibile individuare l’autore della dichiarazione, essendo, infatti, il contratto quadro unilateralmente predisposto dall’intermediario, su moduli prestampati, in cui è ben visibile il logo del gruppo bancario predisponente;
(ii) l’assunzione della paternità del documento e l’accettazione della sua impegnatività, (art. 2702 c.c.), sono, inoltre, desumibili da comportamenti concludenti dell’intermediario, che, dando esecuzione al contratto, mostra chiaramente di voler
16 Così X. XXXXXXXX, Servizi ed attività di investimento, Milano, 2012, p. 466, il contratto recante la sola sottoscrizione del cliente non può essere ritenuto nullo per vizio di forma, poiché i contratti bancari e finanziari non si concludono secondo la modalità di conclusione descritta dall’articolo 1326, né secondo quella descritta dall’articolo 1327 o 1333, comma 2, c.c., ma si concludono nei termini dell’articolo 1341, ossia, per condizioni generali di contratto. Secondo la riferita di ricostruzione, il contratto quadro contenente condizioni generali non necessiterebbe della sottoscrizione dell’intermediario, dal momento che la banca predispone unilateralmente un modulo, denominato proposta e lo invia al cliente che lo sottoscriverà e lo consegnerà alla banca e, pertanto, il contratto, a questo punto, può dirsi validamente concluso, poiché la tecnica legislativamente utilizzata per la conclusione del contratto non ricalca lo schema dello scambio di proposta e accettazione, ma quello per condizioni generali di contratto, ex art. 1341 c.c., per il quale gli unici momenti necessari sono la predisposizione del modulo e l’adesione alle condizioni ivi contenute. Il contratto, quindi, correttamente conclusosi, rispetterebbe anche il requisito di forma imposta dalla normativa bancaria e finanziaria, che richiede che la volontà contrattuale sia espressa in forma scritta, ma non anche che il documento riporti le sottoscrizioni delle parti. La firma, secondo questa dottrina, non rileva sotto il profilo della forma del contratto, ma solo sotto quello della imputabilità delle dichiarazioni. Secondo l’a., «La sottoscrizione può mancare e il fatto non deve stupire. La sottoscrizione, ovvero la apposizione della firma in calce al testo, altro non è che lo strumento giuridico mediante il quale si imputa il testo al soggetto che appone il segno identificativo. Se allora mediante la firma il sottoscrittore si appropria del contenuto della dichiarazione, la firma serve a risolvere un problema di imputazione. Il testo non firmato, la dichiarazione non sottoscritta, secondo questa dottrina, possono essere imputate anche in altro modo, allo stesso modo in cui è possibile imputare a un soggetto una determinata volontà negoziale che sia espressa non mediante un testo scritto, ma mediante un comportamento concludente. In conclusione, questa dottrina, finisce per asserire che laddove il contratto nasca per effetto di una dichiarazione (convenzionalmente qualificata come proposta) sottoscritta dal soggetto cui il testo contenente le condizioni generali e le eventuali clausole individuali è stato inviato dal predisponente, il problema della imputazione del contenuto contrattuale è risolto quanto all’aderente per effetto della sottoscrizione, anche delle clausole individuali e ulteriormente vessatorie, e quanto al predisponente per effetto della stessa predisposizione con successivo invio delle clausole predisposte, anche vessatorie.»
fare proprie le conseguenze giuridiche delle dichiarazioni rilasciate nel testo della scrittura.
Del resto, il rischio di un disconoscimento della paternità del documento da parte dell’intermediario, a seguito, ad esempio, di un suo ripensamento circa l’opportunità di obbligarsi al contenuto del documento, non sarebbe neppure ipotizzabile in questo settore dell’ordinamento, poiché l’intermediario non è abilitato ad agire in giudizio per eccepire la nullità per vizio di forma. La carenza della sottoscrizione dell'intermediario, in altri termini, comunque non consentirebbe al soggetto abilitato di sottrarsi alle regole sancite dal negozio, perché il sistema della nullità di protezione consente al solo cliente la possibilità di far valere il vizio di forma.
Ne consegue, pertanto, che la sottoscrizione dell’investitore, nell’ambito della complessa operazione negoziale intercorrente con l’intermediario, deve ritenersi assolutamente indispensabile, poiché, essendo il requisito di forma posto a protezione esclusiva del suo diritto ad essere adeguatamente informato, rispetto al beneficiario della normativa di protezione, essa è chiamata a svolgere entrambe le funzioni che le sono xxxxxxx00. Rispetto all’intermediario, per contro, le funzioni che la sottoscrizione dovrebbe assicurare - e cioè la garanzia della certezza del contenuto contrattuale, la serietà dell’impegno, la paternità della dichiarazione, l’assunzione dell’impegno contrattuale, l’adeguata ponderazione dell’affare- possono ritenersi soddisfatte a prescindere dall’apposizione del segno autografo da parte dell’intermediario, cosicché, una volta soddisfatto l’interesse protetto dalla norma al cui presidio è stata prevista la nullità di protezione, quest’ultima ben può essere supplita attraverso la
17 Per quanto riguarda la sottoscrizione del cliente, la Corte di Cassazione aveva peraltro già condivisibilmente affermato che la mancanza del contratto d’investimento (c. d. contratto- quadro) sottoscritto dall’investitore determina «la nullità delle operazioni d’investimento successivamente compiute dalla banca, stante la previsione dell’art. 23 TUF; e se tali operazioni sono da considerarsi nulle, per difetto di un indispensabile requisito di forma richiesto dalla legge a protezione dell’investitore, è evidentemente da escludere che se ne possa predicare la ratifica tacita. Quando il legislatore richiede la forma scritta per meglio tutelare una delle parti del contratto, sarebbe manifestamente contraddittorio ammettere che quel difetto di forma sia rimediabile mediante atti privi anch’essi di forma scritta» Cfr., in questi termini, Cass., 22 marzo 2013, n. 7283, in cui i clienti avevano efficacemente disconosciuto le sottoscrizioni apposte in calce al contratto-quadro; nello stesso senso, Xxxx., 22 dicembre 2011, n. 28432). Nelle menzionate decisioni, come altre analoghe, si sottolinea dunque, che la sottoscrizione ad opera del cliente è indispensabile, essendo il requisito di forma posto a protezione esclusiva del medesimo, e che la mancanza della sua sottoscrizione non può essere superata con l’omessa contestazione dei rendiconti periodici.
valorizzazione di manifestazioni di volontà implicite o desumibili da comportamenti attuativi di tipo documentale18. La volontà di concludere il contratto da parte dell’intermediario può, in altri termini, considerarsi sussistente in re ipsa, in considerazione del fatto che il regolamento contrattuale viene attuato attraverso una serie di comportamenti concludenti – che attengono all’organizzazione e all’esercizio dell’attività di impresa- come ad esempio la predisposizione unilaterale del modulo, la raccolta della firma del cliente e la consegna del documento contrattuale, tutte condotte idonee a rilevare, in via presuntiva, l’esistenza dell’originario assenso.
Pretendere, pertanto, la sottoscrizione dell’intermediario quale requisito ad substantiam del contratto di investimento non solo si porrebbe in contraddizione con la ragione giustificatrice sottesa alla previsione della nullità relativa, ma determinerebbe una reazione sproporzionata dell’ordinamento (i.e. la nullità a fronte della mancata sottoscrizione del contratto da parte dell’intermediario), considerato che la finalità protettiva che ispira la norma sulla forma nella normativa di settore è soddisfatta con la sottoscrizione del documento contrattuale da parte del contraente debole e della consegna allo stesso di una copia del contratto.
La Cassazione a Sezioni unite, aderendo all’impostazione già patrocinata dall’ordinanza di rimessione, in definitiva, non trascura le direttrici teleologiche che hanno indotto il legislatore di settore a prevedere la forma scritta nei contratti del mercato finanziario e, sulla base di queste premesse, ritiene superflua, ai fini del valido perfezionamento del contratto, la sottoscrizione dell’intermediario.
Di qui, dunque, lo schema inferenziale sillogistico che consente alle Sezioni Unite di comporre il contrasto interpretativo in tema di forma nei contratti del mercato finanziario: se, in questo particolare settore dell’ordinamento, la nullità per difetto di forma scritta è posta nell’interesse esclusivo del cliente, essendo il requisito formale strumento d’elezione per veicolare informazioni al medesimo, e se l’apposizione
18 Sono state ritenute evidenze documentali idonee a provare l’adesione formale della banca all’accordo, ad es. la sottoscrizione da parte dell’intermediario della domanda di ammissione a socio che il cliente aveva presentato, al fine del perfezionamento dell’operazione di investimento, il giorno dell’acquisto dei titoli oppure l’allegazione in giudizio del questionario Mifid sottoscritto dal direttore della filiale, che postula l’adesione al contratto quadro. Cfr. Trib Verona, 23 marzo 2017, cit. Sull’inidoneità di provare l’esistenza di un contratto che richiede la forma scritta ad substantiam con altri documenti, x. Xxxx. 19 febbraio 2014, n. 3889, cit., ; Cass., 7 giugno 2011, n. 12297, in Banca dati De jure
della firma sul contratto da parte dell’intermediario nulla aggiunge alle informazioni che il cliente acquisisce mediante la lettura del regolamento contrattuale consegnatogli, ne consegue che la mancata apposizione della firma dell’intermediario sul contratto, non pregiudicando l’interesse del cliente alla “completa e consapevole autodeterminazione”, può, in ultima istanza, ritenersi superflua, potendo il consenso della banca- pur necessario trattandosi di fattispecie strutturalmente bilaterale- rivestire anche altre forme di estrinsecazione (oltre, beninteso, a quella pur sempre possibile della sottoscrizione), quali, ad esempio, la predisposizione del testo contrattuale, la raccolta della sottoscrizione del cliente, la consegna del documento negoziale e l’esecuzione del contratto medesimo ex art. 1327 c.c..
Le particolari condotte richieste dalla norma, infatti, possono ritenersi equivalenti ad un riconoscimento di paternità dello scritto e possono integrare un vero e proprio equipollente della sottoscrizione mancante, con la conseguenza che l’esatto espletamento della sequenza comportamentale richiesta dalla norma all’intermediario può risultare un segnale idoneo a rivelare, anche in via presuntiva, l’esistenza dell’originario consenso.
La Cassazione, dunque, conduce il proprio ragionamento al di fuori delle categorie e dei principi del codice civile, considerando la regula iuris dettata dall’art. 23 TUF e dall’art. 117 TUB come una regola speciale, operante nel settore del mercato finanziario, dotata di una propria dignità e autonomia, che quindi non necessariamente deve essere ricondotta al sistema codicistico, essendo appunto ispirata a filosofie e a logiche differenti19. Il legislatore di settore ha ritenuto più
19 Non ritiene che si possa prescindere dalle regole di diritto comune, A. XXXXX, La forma dimidiata nei contratti bancari e di investimento, in Xxx. xxx. xxxx., 0000, x. 000 xx; X. XXXXXXX, Dalla nullità relativa alla forma dimidiata? in Nuova giur. civ. comm., 2016, p. 1220, il quale, pur ammettendo che le discipline speciali dettate per specifiche figure contrattuali possono alterare l’ordinario regime degli istituti di diritto comune, si tratterebbe comunque « d’una mera eventualità, sicché´ parrebbe semplificante e sconveniente un aprioristico approccio alle regole di settore che la desse per scontata; e abdicasse a verificarne la coerenza (e la concorrenza) con il diritto comune». Questa impostazione è criticata da X. XXXXXXX, La forma dei contratti quadro di investimento: il responso delle Sezioni Unite, in Xxxx.xx., 2018, p. 574, nt. 20, il quale replica che se è vero che l’appartenenza di una regola ad una disciplina speciale non esclude la necessità di
«verificarne la coerenza (e la concorrenza) con il diritto comune’ (…) è altrettanto vero che non bisogna neppure incorrere nel difetto opposto. Il contratto – come del resto quasi tutti gli istituti tradizionali del diritto patrimoniale – ha decisamente mutato volto, rispetto a ciò che la tradizione ci aveva consegnato e che era stato cristallizzato nella codificazione del 1942 (…), sicché l’opera dell’interprete, pur non potendo essere del tutto disancorata dalle regole
efficace accordare tutela al contraente più debole soffermandosi non tanto sul momento della formazione del contratto, quanto su quello del “regolamento contrattuale”, imponendo comportamenti al contraente forte e sanzionando severamente con la nullità uno di essi (ossia quello della inosservanza del vincolo formale), proprio in considerazione del fatto che in questo settore dell’ordinamento la forma scritta è richiesta per finalità informative. Inoltre, pur non prevedendosi analoga sanzione in caso di inosservanza dell’obbligo di consegna20, il legislatore impone che il documento contrattuale sia trasferito nella materiale disponibilità dell’investitore, cosicché attraverso la combinazione di questi due obblighi, forma e consegna, si tenta di dare effettività e concretezza alla tutela apprestata al contraente
codicistiche, neppure deve ad essa essere eccessivamente fedele».
20 L’obbligo di consegna di un esemplare del contratto completa, infatti, il panorama relativo ai doveri di informazione gravanti sul professionista, anche se il legislatore non si preoccupa di stabilire una sanzione in caso di sua inosservanza. Ciò ha indotto una parte della dottrina a domandarsi se anche tale ulteriore obbligo si configuri come un segmento della formazione del contratto (che si perfezionerebbe, quindi, solo a consegna avvenuta) e se, quindi, anche la sua inosservanza debba essere sanzionata con la nullità del contratto, al pari della mancata redazione per iscritto (per tale impostazione v. X. XXXXXXX, Problematiche in tema di trasparenza delle condizioni contrattuale, in La nuova legge bancaria. Prime riflessioni sul testo unico in materia bancaria e creditizia, a cura di X. XXXXXXX XXXXXX, Napoli, 1995, p. 316 ss. Sostiene la nullità del contratto in caso di mancata consegna dell’esemplare, anche A.A. DOLMETTA, Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Bologna, 2013, p. 102, per il quale la redazione per iscritto del contratto e la consegna dello stesso al cliente «formano una sequenza unitaria»). Appare, tuttavia, preferibile l’opposta e prevalente opinione, che configura la consegna della copia del contratto null’altro che un’obbligazione ex lege attinente alla fase esecutiva del rapporto (Così X. XXXXXX, Contratti bancari (disciplina generale), in Banca, borsa, tit. cred., 2008, p. 163. e, dunque, semplicemente un obbligo di condotta successivo alla conclusione dell’accordo. Come è stato condivisibilmente osservato da X. XXXXXXXXX, Il problema della forma nei contratti di intermediazione mobiliare, in Xxxxx. x xxxx., 000, x. 00, xxxx costituisce «soltanto l’ultimo adempimento ad opera di quel contraente professionale su cui grava l’obbligo di predisporre a vantaggio del partner meno avvertito gli strumenti necessari per individuare il quadro completo dell’operazione negoziale». Il contratto deve, quindi, considerarsi già concluso al momento della sua sottoscrizione ed è valido anche se l’obbligo di consegna di una copia resti inadempiuto, potendo il cliente, in tal caso, chiedere all’autorità giudiziaria solo la pronuncia di un ordine di consegna ( Trib. Bari 11 marzo 2003, in Contratti, 2003, 805, con nota di X. XXXXX, Ordine di consegna di documenti contrattuali con decreto ingiuntivo, in Contratti, 2003, 805; Trib. Santa Xxxxx Xxxxx Vetere 1° marzo 2005, in Dir. prat. soc., 2005, p. 19), o il risarcimento del danno o ancora, eventualmente, la risoluzione per inadempimento nel rispetto dell’art. 1455 c.c., ma non certamente la nullità. Il fondamento dell’obbligo di consegna del contratto gravante sulla banca risiede, dunque, nel principio di buona fede contrattuale: si tratta, dunque, di un diritto autonomo del cliente, nascente dall’obbligo da parte della banca di eseguire il contratto il contratto secondo buona fede ex artt. 1375 c.c.. La Corte di Cassazione è ormai orientata nel senso che la violazione degli obblighi di correttezza e buona fede “costituisce di per sé inadempimento e genera responsabilità contrattuale” (Cfr.,in tal senso, Cass., 29 agosto 2011, n. 17716).
debole.
3. Dall’analisi delle disposizioni normative in tema di forma nei contratti del mercato finanziario si desume che il legislatore ha enucleato un concetto di forma del contratto completamente alternativo rispetto a quello di matrice codicistica, e contraddistinto dal fatto che la regola della forma scritta non attiene propriamente alla formazione della volontà, bensì all’esigenza che determinati elementi dell’atto risultino per iscritto, consentendo, in questo modo, di cristallizzare il contenuto minimo richiesto dalla legge, in modo che si possa anche agevolmente operare un controllo di conformità sul regolamento contrattuale al modello legale. Rispetto a tale finalità, pertanto, la sottoscrizione mancante dell’intermediario ben potrebbe ammettere equipollenti.
A quanto sin qui osservato può aggiungersi, sul piano strettamente esegetico, che, ove si esamini attentamente il disposto dell’art. 23 TUF e dell’art. 117 TUB non può trascurarsi come l’espressione “redazione per iscritto” del contratto quadro (che si associa, in una sorta di binomio indissolubile, con l’obbligo di consegna di un esemplare di esso all’investitore) sia indicativa più di un comportamento a cui è tenuto l’intermediario, che di un requisito attinente alla formazione del contratto,
«indifferente, in quanto tale, al comportamento di chi lo pone in essere»21.
Tornando alla novità normativa introdotta dall’art. 4, d.l. n.23/2020, non può sottacersi che essa sembra muoversi all’interno del solco interpretativo tracciato dalle Sezioni Unite. La norma introduce, infatti, un peculiare iter procedimentale diretto ad appurare la consapevole accettazione del cliente al regolamento contrattuale predisposto dalla banca, che dovrà essere da questi identificato in modo certo e che dovrà dichiarare di aver ricevuto. Si richiede, inoltre, che una copia del contratto sia messa a disposizione del cliente su supporto durevole e soprattutto che la dichiarazione negoziale sia riferibile al cliente, al quale è espressamente richiesto di inviare una mail accompagnata da copia del documento di identità in corso di validità. Nulla viene, invece, previsto in merito alla sottoscrizione dell’intermediario
21 Così X. XX XXXX, Contratto di investimento mobiliare: il “balletto” delle forme, in Giur. it., 2018, p. 569 ss., il quale osserva, altresì, che la sentenza la nullità è definita “sanzione” proprio per il comportamento inosservante dell’intermediario.
sul documento contrattuale, il cui consenso può desumersi dall’invio al cliente a mezzo posta elettronica del testo contrattuale sottoscritto digitalmente. Ciò induce a chiedersi se, in una prospettiva de jure condendo, le misure adottate durante l’emergenza Covid-19 non possano diventare un futuro modello di semplificazione dell’attuale formalismo che presidia i contratti bancari e di investimento.