Contract
I contratti d’impresa
di Xxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxxx
Il differente trattamento fiscale delle operazioni di factoring e di recupero crediti
La natura atipica del contratto di factoring e la sua collocazione in ambito giuridico e fiscale hanno da tempo alimentato un acceso dibattito, in dottrina e nella giurisprudenza, relativamente all’esatta qualificazione della natura giuridica di tali operazioni, al fine di pervenire all’individuazione della disciplina fiscale applicabile, soprattutto in materia di imposta sul valore aggiunto.
Il contratto di factoring
Il factoring è il contratto con il quale un imprenditore (denominato “cedente”) si impegna a cedere i crediti commerciali sia presenti che futuri emergenti dalla propria attività imprenditoriale ad un altro soggetto (denominato “factor”) a fronte di un corrispettivo. Si tratta, quindi, di una prestazione di servizi costituita generalmente dalla gestione e riscossione degli stessi crediti o parte di essi, ovvero del finanziamento del soggetto cedente attraverso la concessione di prestiti o il pagamento dei crediti ceduti.
Nel factoring, pertanto, vengono coinvolte tre tipologie di soggetti:
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il soggetto cedente
il factor
i clienti dell’impresa cedente
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che cede i propri crediti commerciali;
che acquista i crediti com- merciali dell’impresa cedente;
che a seguito della cessione, sono obbligati a pagare direttamente il factor.
La cessione dei crediti può avvenire con le seguenti modalità:
Pro solvendo
nel caso in cui il factor acquista i crediti con diritto di rivalsa sul cedente in caso di mancato pagamento da parte del cliente, quindi lasciando al cedente il rischio dell’eventuale insolvenza dei crediti ceduti;
Pro soluto
se il factor acquista i crediti in via definitiva accollandosi il rischio di inadempimento del debitore e, pertanto, senza la possibilità di richiedere la restituzione del corrispettivo in denaro versato al soggetto cedente.
Il contratto di factoring può essere posto in essere secondo differenti tipologie:
Conventional factoring
consiste in un contratto con pagamento anticipato dei crediti. In tale situazione il factor, oltre a fornire il servizio di gestione e riscossione dei crediti, anticipa al cedente circa l’80% del valore dei crediti;
Maturity factoring
il factor svolge esclusivamente il servizio di gestione dei crediti e l’importo degli stessi verrà accreditato al cedente solamente a seguito della scadenza e riscossione degli stessi;
Factoring indiretto
noto anche come “factoring fornitori”, attraverso il quale il debitore segnala i propri fornitori alla società di factoring con i quali stipula dei
contratti di factoring.
La figura del factor è generalmente identificabile con una banca ovvero con una Società specializzata che svolge sia servizi gestionali volti alla contabilizzazione dei crediti e al recupero degli stessi sia servizi finanziari volti all’erogazione di un prestito/finanziamento rapportato all’importo dei crediti ceduti. Pertanto:
la cessione di un credito non rappresenta il fine dell’accordo, bensì lo strumento attraverso il quale è possibile l’erogazione dei servizi da parte del factor e, generalmente, l’operazione di factoring cela un’operazione di finanziamento dell’impresa cedente.
Per il factor, il corrispettivo per i servizi prestati è costituito dalle seguenti voci:
S la commissione di factoring: è il corrispettivo dovuto per i servizi di gestione e di riscossione del credito ceduto; generalmente varia in relazione alla tipologia del contratto di factoring tra l’1% e il 2% dell’ammontare dei crediti;
S gli interessi: dovuti nei casi (più diffusi) di anticipazione del credito.
L’impresa cedente a mezzo del contratto di factoring può ottenere i seguenti vantaggi:
S trasferimento del rischio di insolvenza nel caso di cessione di crediti pro soluto;
S disponibilità immediata di liquidità nel caso di anticipazione del credito;
S riduzione dei costi in quanto spesso la gestione dei crediti comporta costi di riscossione più elevati delle commissioni di factoring;
S riduzione delle perdite su crediti grazie a maggiori informazioni sulla solvibilità del cliente fornita dal factor;
S semplificazione della gestione dei crediti e snellimento delle operazioni contabili.
Dal punto di vista civilistico, il contratto di factoring non ha una precisa regolamentazione, tuttavia ha trovato una collocazione giuridica con la L. n.52/91, in cui viene inquadrato come una disciplina particolare della cessione del credito, ma, a differenza di quest’ultimo, disciplinato dagli artt.1260-1264 c.c., il contratto di factoring riguarda una pluralità di crediti.
La Legge n.52/91 stabilisce l’ambito di applicazione dello strumento del factoring che pertanto deve rispondere ai seguenti requisiti:
€ si applica quando la cessione di crediti pecuniari contro il pagamento di un corrispettivo
ha come cedente un imprenditore;
€ i crediti presenti e futuri devono sorgere nel corso dell’esercizio dell’impresa;
€ il cessionario (factor) ha una personalità giuridica il cui oggetto sociale preveda espressamente l’acquisto di crediti commerciali d’impresa e il cui capitale sociale è almeno dieci volte superiore a quello minimo previsto per le società per azioni.
Inoltre il factoring può essere esercitato, oltre che dalle banche, solo da enti o società iscritte in un’apposita sezione presso la Banca d’Italia, (cui sono demandati i compiti di vigilanza), e che hanno inoltre l’obbligo di certificazione del bilancio.
I crediti esistenti e futuri possono essere ceduti anche in massa, inoltre il credito è ceduto con la garanzia del cedente, salvo che il factor vi rinunci (cessione pro soluto).
Applicazione dell’Iva nelle operazioni di factoring e di recupero crediti
Con la R.M. n.32 dell’11 marzo 2011, l’Amministrazione Finanziaria ha indicato la netta distinzione da operare ai fini fiscali tra il recupero crediti e l’operazione di factoring, confermando il principio contenuto nella meno recente R.M. n.139/E/04.
L’attività di factoring si differenzia da quella di recupero crediti principalmente sotto il profilo della causa, ossia l’effettivo interesse economico riconosciuto alle parti. Se il factoring è un’operazione volta a coprire le esigenze di finanziamento dell’impresa, il recupero crediti è finalizzato al soddisfacimento delle ragioni del creditore.
Per definire la natura dell’operazione è pertanto necessario operare, di volta in volta, un’indagine che consenta di individuare la corretta natura dell’operazione realizzata.
L’attività di factoring ha natura prevalentemente finanziaria, sia con riferimento ai soggetti che possono esercitarla (banche e altri enti o società iscritte in apposito Albo della Banca d’Italia) sia con riferimento alla natura del negozio, identificata nel finanziamento. Con la stipula di un contratto di factoring, il creditore vuole ottenere un finanziamento, consistente nell’anticipazione dei propri crediti, per il quale paga una commissione assimilabile ad un pagamento di interessi, essendo generalmente quantificata in una percentuale dell’ammontare dei crediti ceduti.
Appare evidente che tale attività costituisce una vera e propria operazione finanziaria, e come tale, dal punto di vista fiscale dell’Iva, rientra tra le operazioni esenti ai sensi dell’art.10, co.1, n.1 del DPR n.633/72.
Al contrario, se la causa del contratto consiste nell’ottenere da parte del prestatore una gestione dei crediti rivolta essenzialmente al recupero degli stessi, l’operazione è da qualificare come attività di recupero crediti e come tale imponibile ai fini Iva.
Tipologia di operazione | Natura | Trattamento ai fini Iva |
Operazione di factoring | Finanziamento dell’impresa | Esente ex art.10, co.1, n.1 DPR n.633/72 |
Operazione di recupero crediti | Soddisfacimento del credito | Imponibile Iva |
L’Amministrazione Finanziaria ha inoltre precisato che la presenza di clausole pro soluto o pro solvendo non incide sulla natura finanziaria del contratto di factoring, ma unicamente sulla determinazione della percentuale di commissione (o interesse).
Un’altra importante differenza riguarda la titolarità del credito, infatti:
nell’ipotesi del factoring
al contrario, nel recupero crediti
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il cessionario (factor), acquisisce la piena
titolarità del credito e pertanto
inquadrabile come una tipica attività finanziamento, quindi assoggettabile
regime di esenzione ex art.10;
è di
al
non si finalizza la cessione della titolarità del credito, ma si realizzano una serie di operazioni volte al soddisfacimento del creditore, aventi natura di prestazioni di servizi e pertanto imponibili ai fini Iva.
Tuttavia, nel caso in cui nel contratto di factoring siano previste clausole particolari e il factor offra delle prestazioni aggiuntive di diversa natura rispetto al solo finanziamento successivo alla cessione del credito, quali per esempio l’analisi del portafoglio clienti o la gestione dei crediti diversi da quelli ceduti, per tali ulteriori prestazioni si dovrà convenire un autonomo corrispettivo soggetto ad Iva.
Gli organi accertatori, per procedere alla qualificazione dell’operazione, sono tenuti a condurre un’attenta analisi della tipologia di accordo che viene posto in essere a seguito del contratto stipulato tra cedente e cessionario. A tal fine, la recente R.M. n.32/11 elenca alcuni utili criteri di valutazione:
S nelle operazioni di factoring, a differenza di quelle di recupero crediti, si verifica la cessione di titolarità del credito, a nulla rilevando che il cedente sia liberato (cessione pro soluto) o meno (cessione pro solvendo) dal rischio di buon esito dell’operazione;
S la causa finanziaria del factoring è confermata dal versamento al cedente da parte del factor, di una somma di denaro all’atto di cessione del credito, consentendo la trasformazione del credito in attività liquide prima della scadenza del credito;
S la presenza di una clausola che preveda l’erogazione delle somme, a beneficio del creditore, soltanto nel momento dell’effettiva riscossione da parte del prestatore, costituisce l’elemento tipico dell’attività di recupero crediti.
Infine l’Agenzia delle Entrate ha precisato che, nel caso di factoring, il compenso del factor, costituito dalla differenza tra il valore nominale del credito e le somme anticipate, è assoggettato al regime di esenzione a prescindere che venga scomposto in commissioni e interessi ovvero venga previsto un unico compenso in cui le commissioni prevalgano sugli interessi determinati in base ai parametri di calcolo degli stessi comunemente praticati.
Factoring e imposte dirette
“…le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi e in ogni caso…se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali…”.
La cessione dei crediti commerciali genera nell’ambito del reddito d’impresa componenti negativi di reddito classificabili tra le perdite ai sensi dell’art.101, co.5 del DPR n.917/86. Tale norma dispone che:
Rispetto ai requisiti previsti da tale norma, la cessione dei crediti alla società di factoring comporta ai fini fiscali un trattamento delle perdite che risulta differente in funzione delle modalità di cessione dei crediti che si possono distinguere in:
S cessione pro solvendo;
S cessione pro soluto.
Cessione pro solvendo
Nella cessione pro solvendo, l’impresa cede alla società di factoring i propri crediti generalmente per finanziare la sua attività attraverso l’anticipazione del corrispettivo determinato sull’ammontare del credito ceduto.
L’eventuale perdita in capo al soggetto cedente connessa alla cessione dei crediti con la clausola pro solvendo non è ammessa in deduzione in capo al cedente poiché non sussistono i requisiti della certezza e precisione.
L’Amministrazione Finanziaria ha più volte precisato che:
con l’operazione di cessione pro solvendo il cedente è tenuto a garantire soltanto l’esistenza del credito ceduto e non la solvibilità del debitore
pertanto i crediti non escono defi- nitivamente dalla sfera giuridica del cedente
di conseguenza non si verificano gli elementi certi e precisi che permettono la deducibilità delle perdite su crediti.
Tuttavia, questa interpretazione non è condivisa da parte della giurisprudenza che invece sostiene che i crediti ceduti pro solvendo, anche se comportano il rischio della retrocessione al cedente, successivamente alla cessione entrano nella sfera giuridica del cessionario che diviene l’unico titolare del credito ceduto.
Nella prassi commerciale queste difformità di interpretazione vengono superate dal fatto che generalmente la cessione dei crediti pro solvendo avviene a valore nominale e i componenti negativi imputati dal cedente a bilancio hanno natura di oneri finanziari relativi all’operazione e non di perdite su crediti.
Cessione pro soluto
La cessione dei crediti pro soluto viene tendenzialmente fatta ad un prezzo inferiore al valore nominale del credito, poiché il cedente non garantisce sulla solvibilità del debitore; pertanto il prezzo viene stabilito in base alle aspettative di incasso del credito ceduto nel momento della cessione.
In questo caso, in capo al cedente si realizza una perdita rilevata al momento della cessione, mentre in capo al factor si può realizzare una perdita o un utile in base al minor o maggior valore di cessione rispetto al valore di acquisto.
Con riguardo alla realizzazione delle perdite sui crediti ceduti, vi sono state diverse sentenze e orientamenti dottrinali che hanno preso in esame la fondatezza di elementi certi e precisi al fine della deducibilità delle stesse.
L’orientamento prevalente della giurisprudenza sostiene che la cessione pro soluto dei crediti considerati inesigibili non comporta automaticamente la deducibilità degli stessi se non vi è la certezza della perdita.
Tale orientamento viene confermato anche dall’Agenzia delle Entrate, secondo cui la cessione pro soluto dei crediti ritenuti inesigibili non comporta la deducibilità degli stessi se non sono presenti elementi certi e precisi di insolvibilità o non siano oggetto di procedure concorsuali.
Sia la Giurisprudenza in materia e sia l’Amministrazione Finanziaria, quindi, hanno confermato che la cessione del credito pro soluto non comporta la deducibilità fiscale della perdita se non sono presenti elementi precisi e certi quali:
S il tentato recupero del credito con procedura esecutiva senza successo;
S la presenza di una procedura concorsuale in capo al debitore ceduto.
Il contratto di factoring nella forma di pro soluto non permette, pertanto, in via diretta e immediata, la deducibilità della perdita realizzata sul credito ceduto, ma per poter dedurre fiscalmente la perdita il soggetto cedente deve supportare la cessione del credito con altri elementi di certezza e precisione della perdita e porre in essere una serie di attività antecedenti volte a dimostrare l’effettivo tentativo di recuperare il credito poi ceduto.
Solo l’esistenza delle condizioni sopra riportate consente alla società cedente di poter dedurre la perdita sui crediti determinata dalla differenza tra il valore nominale del credito ceduto ed il corrispettivo della cessione.
Analizzando il punto di vista della svalutazione del credito, secondo la prassi, i crediti ceduti alla società di factoring non sono tra quelli che danno titolo ad effettuare gli accantonamenti al fondo svalutazione crediti rilevanti ai fini delle imposte dirette. L’Amministrazione Finanziaria considera indifferente l’esistenza del diritto di regresso verso il cedente in caso di insolvenza e, pertanto, non riconosce la possibilità di computare nella base di calcolo dell’accantonamento al fondo svalutazione crediti deducibile i crediti ceduti.
Di diverso avviso è stata la giurisprudenza recente, condivisa anche da parte della dottrina che si è schierata contro l’interpretazione dell’Amministrazione Finanziaria sostenendo che la cessione pro solvendo comporta che i crediti ceduti continuino a far parte della sfera di rischio in capo al cedente, tant’è che anche il principio contabile n.15 dispone che il fondo svalutazione crediti “deve inoltre coprire le perdite che si potranno subire sui crediti ceduti a terzi per i quali sussista ancora un’obbligazzione di regresso”17. Oltre alla rilevazione delle perdite, il contratto di factoring genera delle commissioni che rappresentano una componente negativa di reddito per il cedente e una componente positiva per il factor. Tali componenti, dal punto di vista fiscale seguiranno le ordinarie regole di deducibilità e tassazione previste dal Tuir.
Inoltre la somma a titolo di finanziamento corrisposta dal factor genera interessi passivi per il cedente (e attivi per il factor) e seguiranno anch’essi le ordinarie regole di competenza e tassazione.
17 Si vedano C.M. n.19 del 1/08/87; Cass., sent. n.1233 del 13/07/01, n.12783 del 19/10/01, n.2133 del 14/02/02.