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IL REGIME DI AGGIUDICAZIONE DEGLI APPALTI DI IMPORTO INFERIORE ALLA SOGLIA COMUNITARIA NEL SETTORE DELLA GESTIONE DELLE INFRASTRUTTURE AEROPORTUALI, TRA CODICE DEI CONTRATTI E REGOLAMENTAZIONE INTERNA ALLA STAZIONE APPALTANTE.
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Xxxxxx Xxxxxxxxxx
TAR Xxxxxx-Romagna, Sez. I, 15 gennaio 2010, n. 107 – X. XXXXXXXXXX Presidente
– U. DE XXXXX Xxxxxxxxx – Arcobaleno Service (Avv. X. XXXXXXXXX) c. Aeroporto
X. Xxxxxxx di Bologna Spa (Avv. X. XXXXXXX) e nei confronti di Idroservice Italia srl (non costituita)
1. L’applicabilità della disciplina di cui alla Parte Terza del Codice dei contratti pubblici, relativa ai settori speciali, richiede la contemporanea presenza dell’elemento soggettivo, concernente gli enti che operano nei predetti settori, e di quello oggettivo, inteso come riferibilità della concreta attività, oggetto dell’appalto, al settore speciale di attività.
2. La Società Aereoporto X. Xxxxxxx di Bologna Spa è qualificabile senz’altro come organismo di diritto pubblico poiché svolge un pubblico servizio essenziale non avendo a tal fine rilevanza la natura di società di capitali secondo il diritto interno.
3. L’appalto per la ripulitura della pista di volo dell’aeroporto non può essere oggettivamente ricondotto “alle attività relative allo sfruttamento di un’area geografica, ai fini della messa a disposizione di aeroporti” di cui all’art. 213 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006).
4. Rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 244 del Codice dei contratti pubblici (d.lgs.
n. 163.2006), che stabilisce la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia, la controversia inerente ad una gara di importo inferiore alla soglia comunitaria la cui aggiudicazione è avvenuta mediante gara informale secondo quanto previsto dal regolamento interno della Società gerente lo scalo aeroportuale in applicazione dell’art. 238, ult. Comma d.lgs. n. 163.2006.
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TAR Xxxxxx-Romagna, Sez. I, 21 maggio 2010, n. 4920 – X. XXXXXXXX Presidente –
S. FINA Estensore – S.T.E. Servizi Per L’Elettronica Spa (Avv. I. MASTROLIA) c. Aeroporto X. Xxxxxxx di Bologna Spa (Avv. X. XXXXXXX) e nei confronti di Arc Data Srl (Avv.ti X. XXXXXXX e P.M. XXXXXXX)
1. A norma dell’art. 244 del D.lgs. n. 163/2006 sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie, ivi incluse quelle risarcitorie, relative a
∗ Assegnista di ricerca presso il Dipartimento di discipline giuridiche dell’economia e dell’azienda – Università degli Studi di Bologna. Il presente contributo riproduce, con alcuni aggiornamenti, il lavoro pubblicato a firma del medesimo autore sulla
Rivista Trimestrale degli Appalti, n. 4/2010, pagg. 1181-1223.
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procedure di affidamento di lavori, servizi e forniture svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti ad evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale.
2. Ne discende che ove la controversia abbia ad oggetto l’applicazione di norme diverse da quelle sopra indicate in quanto connesse ad appalti sotto soglia disciplinati, come nel caso in esame, da un regolamento proprio dell’organismo pubblico, vengono in rilievo posizioni e rapporti aventi natura privatistica in ordine ai quali sussiste la giurisdizione del giudice ordinario.
3. Deve pertanto dichiararsi inammissibile per carenza di giurisdizione del giudice amministrativo il ricorso proposto avverso gli atti della procedura di gara bandita per l’affidamento di un appalto di importo inferiore alla soglia comunitaria che la stazione appaltante abbia disciplinato con il proprio regolamento interno in applicazione dell’art. 238, ult. comma Codice dei contratti.
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SOMMARIO: 1. Considerazioni introduttive. - 2. Le fattispecie all’esame del TAR. - 3. Il regime applicabile agli appalti sotto soglia aggiudicati nei settori speciali e la possibilità prevista dall’art. 238 ult. comma di aggiudicare l’appalto mediante il rinvio alla disciplina prevista nel regolamento interno alla S.A. - 4. Il problema della delimitazione dell’ambito soggettivo di applicazione del regime sui settori speciali. - 4.1. La controversa qualificazione soggettiva del gestore di infrastrutture aeroportuali: è impresa pubblica o organismo di diritto pubblico? - 5. L’esistenza di un nesso di strumentalità tra l’appalto da aggiudicare e le attività svolte dal gestore aeroportuale quale presupposto per l’applicazione del regime speciale di cui alla parte III del Codice. - 5.1. Regime applicabile agli appalti aggiudicati per l’esercizio di attività estranee ai settori speciali. - 6. Delimitazione dell’ambito oggettivo di applicazione della Parte III del Codice nel settore della gestione aeroportuale (art. 213). - 7. Considerazioni conclusive.
1. Considerazioni introduttive.
Le decisioni annotate, emesse dal medesimo Tribunale, a breve distanza di tempo l’una dall’altra, si segnalano per l’affinità delle questioni trattate concernenti, in entrambi i casi, la procedura di gara bandita per l’affidamento di un appalto di importo inferiore alla soglia comunitaria.
In ambedue le fattispecie si è trattato di appalti aggiudicati nel settore della gestione di infrastrutture aeroportuali e dunque in un ambito che il legislatore comunitario ha tradizionalmente sottoposto, unitamente ad altri settori nominalmente individuati (ovvero quelli del gas,
dell’energia termica, dell’elettricità, dell’acqua, dei servizi di trasporto, dei servizi postali, dello sfruttamento di area geografica), ad un regime normativo ad hoc, quello appunto dedicato ai c.d. “settori speciali”1.
La particolarità che accomuna i casi trattati dalle pronunce sopra riportate attiene anche alla circostanza che in entrambe le ipotesi l’appalto è stato aggiudicato in applicazione delle regole procedimentali interne alla S.A. e, più precisamente, delle norme stabilite da una propria disciplina regolamentare, la quale per taluni aspetti diverge significativamente non solo da quanto stabilito dal Codice dei contratti per la generalità dei committenti pubblici, ma anche da quanto previsto per gli stessi appalti dei settori speciali di importo superiore alla soglia comunitaria.
Di qui l’interrogativo di fondo che i giudici sono stati chiamati a dipanare nelle sentenze sopra riportate, concernente, da un lato, la sussistenza o meno, nelle concrete fattispecie esaminate, dei presupposti in presenza dei quali alla S.A. è consentito aggiudicare un
1 In un primo tempo il legislatore comunitario decise di escludere i settori in questione dall’ambito di applicazione delle prime direttive comunitarie in materia di appalti: di qui la denominazione di “settori esclusi” inizialmente assegnata al comparto in esame proprio a significare l’esenzione dall’obbligo di applicazione delle procedure comunitarie in materia di appalti pubblici. Detta denominazione è in seguito mutata in quella di “settori speciali” in coincidenza con la sottoposizione di tali attività ad una disciplina ad hoc rispetto a quella applicabile alla generalità della committenza pubblica che in un primo tempo era contenuta nella direttiva 90/531/CE, poi sostituita dalla direttiva 1993/38/CEE (in seguito modificata dalla direttiva 98/4/CE) ed oggi confluita integralmente nella direttiva 2004/17/CE di coordinamento delle procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali.
Per un primo inquadramento della disciplina sugli appalti nei settori speciali si vedano TASSAN XXXXXXXX, D., Gli appalti nei settori esclusi, Milano, 1997; XXXXX, D., XXXXXXXX, C., Gli appalti pubblici di lavori, forniture e servizi, nei settori dei trasporti, telecomunicazioni, acqua ed energia. Commento al decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, Roma, 1996; NOBILE, A., Gli appalti pubblici nei settori speciali: la disciplina comunitaria concernente le pubbliche forniture nonché gli appalti pubblici di servizi e di lavori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni, trasposta nell’ordinamento giuridico italiano, Xxxx, 0000; nonché più di recente XXXXXXXXX, C., TITOMANLIO, F. (a cura di), I settori speciali nel codice dei contratti pubblici, Torino, 2010.
appalto, di importo inferiore alla soglia comunitaria, tramite il ricorso alla procedura dettata dal proprio regolamento interno e, dall’altro lato, la connessa questione di giurisdizione relativa alla possibilità di deferire alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo il sindacato sulla legittimità della procedura seguita, allorquando essa non sia regolata in via diretta dalla normativa comunitaria o da quella nazionale di recepimento, bensì dalle previsioni regolamentari interne alla s.a.
2. Le fattispecie all’esame del TAR.
Le fattispecie portate all’esame dalle sentenze che si annotano presentano elementi di fatto piuttosto simili tra loro.
Nella prima, sono stati impugnati dinnanzi al TAR gli atti relativi al procedimento di aggiudicazione del servizio di rimozione dei depositi gommosi dalla pista di volo dello scalo aeroportuale, servizio che il relativo gestore aveva deciso di affidare ad una delle imprese concorrenti, previo esperimento di una gara informale, secondo le prescrizioni dettate dal proprio regolamento interno. Nel caso specifico, l’impresa ricorrente aveva denunciato l’illegittimità della procedura seguita dalla S.A. e del relativo bando di gara che consentiva alla Commissione di gara di specificare il peso da assegnare ai criteri in base ai quali doveva essere valutata l’offerta presentata da ciascun partecipante in un momento successivo all’apertura delle buste.
Si erano costituiti nel relativo giudizio il gestore aeroportuale e la società aggiudicataria eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione e contestando comunque, nel merito, la fondatezza del ricorso. In particolare, la S.A. aveva evidenziato come la controversia fosse inerente ad una procedura di gara informale relativa ad un appalto di importo inferiore alla soglia comunitaria che essa S.A. aveva legittimamente svolto nel pieno rispetto delle previsioni dettate dal proprio regolamento interno, come consentito dallo stesso Xxxxxx dei contratti (art. 238, ult. comma), trattandosi di ente aggiudicatore qualificabile come impresa pubblica ed essendo la procedura finalizzata all’aggiudicazione di un appalto
strumentale allo svolgimento dei compiti specifici del gestore aeroportuale, relativi allo “sfruttamento di un’area geografica, ai fini della messa a disposizione di aeroporti ai vettori aerei”, così come delineati dall’art. 213 del Codice dei contratti.
Con la prima delle due sentenze annotate il TAR ha accolto il ricorso proposto dall’impresa non aggiudicataria annullando tutti gli atti di gara ed ordinando la rinnovazione della stessa nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica fissate dal Codice del Contratti (d.lgs.
n. 163/2006). In particolare, i giudici hanno censurato l’operato del gestore aeroportuale che, anziché aggiudicare l’appalto nel rispetto delle specifiche garanzie fissate dal Codice dei Contratti, aveva ritenuto di selezionare il contraente mediante gara informale, sulla base delle previsioni contenute nel proprio regolamento interno.
Secondo i giudici risulterebbe illegittima la scelta di aggiudicare l’appalto in applicazione della disciplina regolamentare interna, perché il gestore dell’infrastruttura aeroportuale, in quanto organismo di diritto pubblico, sarebbe tenuto ad osservare le specifiche procedure ad evidenza pubblica dettate in via generale dal Codice dei Contratti per tutte le amministrazioni aggiudicatrici, non potendo beneficiare dell’esenzione di cui al ricordato art. 238, ult. comma. Detta norma ha infatti un campo di applicazione circoscritto alle sole imprese pubbliche ed ai soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi, ossia a figure soggettive alle quali la società incaricata della gestione dell’aeroporto, secondo l’opinione del TAR, non poteva essere ricondotta.
Sempre nella prima decisione, il TAR ha inoltre escluso che l’appalto oggetto di controversia fosse riconducibile ad una delle attività di “sfruttamento di un’area geografica, ai fini della messa a disposizione di aeroporti”, così come descritte dall’art. 213 del Codice dei contratti ed ha pertanto ritenuto che esso non potesse essere validamente assoggettato alla disciplina sui settori speciali e, in particolare, alla ricordata previsione di cui all’art. 238, ult. comma2.
2 Così la motivazione della decisione in commento che nell’affermare l’estraneità dell’appalto di cui si controverte ai settori di attività delineati dall’art. 213, osserva che “l’appalto per la ripulitura della pista non può essere oggettivamente ricondotto
Con la seconda decisione sopra riportata il TAR era invece chiamato a pronunciarsi sulla procedura di gara informale indetta dal medesimo gestore aeroportuale per l’aggiudicazione, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, del contratto di appalto avente ad oggetto la fornitura del servizio di assistenza tecnica informatica – servizio denominato Help Desk informatico – da svolgersi sempre presso lo scalo aeroportuale bolognese.
Anche in questo caso, trattandosi di appalto di importo inferiore alla soglia comunitaria, la procedura di gara informale si era svolta secondo le prescrizioni dettate dall’apposito atto regolamentare interno alla stessa S.A., conformemente a quanto previsto dall’art. 238, ult. comma del d.lgs. n. 163/2006.
Sennonché una delle imprese partecipanti alla procedura aveva impugnato gli atti di gara censurando l’operato della commissione di gara sotto molteplici profili, fra i quali, la violazione dei principi generali comunitari e nazionali vigenti in materia di procedure per l’affidamento di pubblici appalti ed avuto particolare riguardo al mancato rispetto da parte della S.A. delle garanzie di pubblicità e trasparenza delle sedute di gara.
Si costituiva in giudizio la società gerente lo scalo aeroportuale che, anche in questo caso, eccepiva in via preliminare il difetto di giurisdizione del g.a. in relazione alla relativa controversia, essendosi la gara si era svolta non già in applicazione della disciplina pubblicistica di derivazione comunitaria in materia di pubblici appalti, bensì osservando la regolamentazione interna alla S.A. con la quale essa aveva definito in piena autonomia e senza alcun vincolo derivante dal superiore ordinamento comunitario o da limiti imposti dal legislatore nazionale il procedimento di selezione del contraente che essa S.A. si è impegnata a rispettare per l’aggiudicazione di tutti gli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria.
alle attività relative allo sfruttamento di un’area geografica ai fini della messa a disposizione di aeroporti”.
Dunque la S.A. obiettava che l’aggiudicazione fosse avvenuta nel rispetto del regolamento interno alla S.A. (adottato con atto avente natura privatistica) mediante il quale la società incaricata della gestione dello scalo aeroportuale aveva definito, in assoluta autonomia e senza vincoli da parte dei pubblici poteri, ed alla stregua di qualsiasi soggetto dotato di personalità giuridica di diritto privato, la procedura da applicare in sede di affidamento degli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria.
In questo caso il TAR, con un autentico revirement della propria precedente opinione, ha ritenuto di accogliere l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dal gestore aeroportuale, riconoscendo che, nella particolare fattispecie esaminata, l’attività di scelta del contraente svolta dal gestore aeroportuale in applicazione del proprio regolamento interno fosse effettivamente espressione di autonomia negoziale – e non quindi esercizio di attività amministrativa pubblicistica – in relazione alla quale erano prospettabili unicamente posizioni di diritto soggettivo.
Di qui la declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dall’impresa non aggiudicataria per carenza di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario.
3. Il regime applicabile agli appalti sotto soglia aggiudicati nei settori speciali e la possibilità prevista dall’art. 238 ult. comma di aggiudicare l’appalto mediante il rinvio alla disciplina prevista nel regolamento interno alla S.A.
I casi trattati nelle sentenze sopra riportate ineriscono entrambi a procedure ad evidenza pubblica per l’aggiudicazione di appalti inerenti ai c.d. settori speciali, oggi disciplinati dalla Parte III del Codice dei contratti (d.lgs. n. 163/2006), in attuazione della direttiva 2004/17/CE.
Si tratta, come è noto, di ambiti che il legislatore nazionale – coerentemente con le previsioni dettate in sede comunitaria che pongono la distinzione tra settori classici (direttiva n. 2004/18/CE) e
settori speciali (direttiva 2004/17/CE)3 – ha inteso assoggettare ad un regime normativo peculiare, caratterizzato dalla maggiore snellezza ed elasticità delle procedure4, nonché dalla sottoposizione a minori vincoli formali rispetto a quelli che di norma caratterizzano i settori ordinari e, comunque, a forme di aggiudicazione semplificate5. Tra gli
3 La specialità dei settori in esame è messa ben in evidenza dal secondo e terzo Considerando della direttiva 2004/17/CE, ove si osserva che il coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti in tali ambiti è da mettere in relazione sia alle particolari caratteristiche soggettive dei relativi enti aggiudicatori (ed al fatto che le autorità nazionali possono influenzare il loro comportamento partecipando al loro capitale sociale o inserendo propri rappresentanti nei loro organi amministrativi, direttivi o di vigilanza) sia al carattere chiuso dei mercati in cui operano tali soggetti, dovuto principalmente alla concessione da parte degli Stati membri di diritti speciali o esclusivi ed alla conseguente titolarità da parte degli stessi di posizioni di monopolio o oligopolio che possono limitare la concorrenza.
4 Esula dai fini della presente indagine una disamina completa degli istituti e diverse peculiarità che caratterizzano il regime di affidamento degli appalti nei settori speciali, per i quali si rinvia ai principali commenti al Codice dei Contratti, fra i quali, SANINO, M., Commento al Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, Torino, 2006; XXXXXXX, G., ed altri, Codice dei contratti pubblici, Milano, 2007; XXXXXX, F., Il nuovo Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Padova, 2008; SANDULLI, M.A., DE NICTOLIS, R., GAROFOLI, R., Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2008, Vol V, I settori speciali e l’esecuzione; BALDI, M., XXXXX, R., La disciplina dei contratti pubblici, Assago, 2007; XXXXXXXX, V., ed altri, Commento al Codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, Torino, 2007; DE NICTOLIS, R. (a cura di), I contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Normativa speciale per i lavori pubblici, settori speciali, Milano, 2007; XXXXXXXX, R., FERRARI, G., Codice degli appalti pubblici e nuova direttiva ricorsi, Xxxx, 0000; XXXXXXX, A., IUDICA. G., Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Padova, 2009; CLARICH, M. (a cura di), Commentario al Codice dei contratti pubblici, Torino, 2010; MAGGIO, A., STERI, G. (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Napoli, 2009.
Tra gli aspetti maggiormente significativi di tale disciplina vi è la previsione di una piena alternatività, in sede di aggiudicazione, tra la procedura aperta/ristretta e procedura negoziata previa pubblicazione del bando che perde il carattere di eccezionalità che tradizionalmente assume negli appalti dei settori ordinari e la previsione di un’ampia gamma di mezzi di indizione delle gare, quali (oltre alla tradizionale pubblicazione del bando di gara) l’avviso periodico indicativo annuale, con il quale gli enti aggiudicatori rendono noto il programma degli affidamenti previsti nei successivi 12 mesi e l’avviso sull’esistenza di un sistema di qualificazione.
5 Sono aspetti questi evidenziati dalla stessa direttiva 2004/17/CE che al nono Considerando precisa che il coordinamento comunitario delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici nei settori speciali dovrebbe “istituire un quadro per pratiche commerciali leali e permettere la massima flessibilità”.
aspetti di specialità che maggiormente connotano le procedure di scelta del contraente svolte dagli enti aggiudicatori che operano in tali settori rileva in questa sede la previsione, da parte del già richiamato art. 238, ult. comma del Codice, della possibilità di aggiudicare gli appalti di minore importo sulla base delle regole procedurali dettate dalla stessa S.A. con proprio regolamento interno6.
Si tratta di una possibilità che non trova parallelo negli appalti dei settori ordinari – in cui la regolamentazione delle relative procedure di aggiudicazione è sempre ed esclusivamente di fonte legislativa – e che testimonia la maggiore vicinanza del regime di aggiudicazione di tali appalti al tipico agire dei soggetti privati, seppure con la differenza sostanziale rappresentata dalla previsione dell’obbligo per le S.A. di procedimentalizzare la fase di selezione del contraente e di rispettare i principi del Trattato CE a tutela della concorrenza (così testualmente l’art. 238, ult. comma cit.).
L’ambito di applicazione di tale regime particolare è stato tuttavia ben delimitato dal legislatore tanto sotto il profilo oggettivo che soggettivo.
Per quel che concerne il primo aspetto, la norma è destinata ad applicarsi ai soli appalti che rientrano nell’ambito di una delle attività previste dagli artt. da 208 a 213 (settori speciali) ed il cui valore non
6 L’art. 238, ult. comma del d.lgs. n. 163/2006 stabilisce testualmente che “le imprese pubbliche e i soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi per gli appalti di lavori, forniture e servizi di importo inferiore alla soglia comunitaria, rientranti nell’ambito definito dagli articoli da 208 a 213, applicano la disciplina stabilita nei rispettivi regolamenti, la quale, comunque deve essere conforme ai principi dettati dal Trattato CE a tutela della concorrenza”.
Per un commento a tale articolo si vedano POLICE, A., XXXXXXXX, G., Le soglie nei settori speciali, in SANDULLI, M.A., DE NICTOLIS, R., XXXXXXXX, R., Trattato sui contratti pubblici,Vol. V, I settori speciali e l’esecuzione, cit., p. 3262 ss.; BARTOLINI, A., Commento all'art. 238, in GAROFOLI, R., FERRARI, G., Codice degli appalti pubblici e nuova direttiva ricorsi, cit. p. 1283; SALVATORE, P., VIOLA, F., Appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria (art. 238), in SANINO, M., Commento al Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, cit.,
p. 653; XXXX X., XXXXXXX, R., Commento all'art. 238, in XXXXXXX, G., ed altri,
Codice dei contratti pubblici, cit., p. 2039.
superi la soglia comunitaria così come stabilita in sede comunitaria7. Tale dato, in realtà, accomuna tutte le previsioni normative sui settori speciali le quali (a differenza della disciplina dei settori ordinari che ha portata generale) presentano carattere eccezionale e trovano applicazione solamente nei casi espressamente previsti dal Codice, senza possibilità di interpretazione estensiva8.
Quanto invece al profilo soggettivo, è necessario che l’ente aggiudicatore rivesta alternativamente la qualifica di “impresa pubblica” ovvero di soggetto che opera nei settori in questione in virtù di “diritti speciali o esclusivi” concessi dall’autorità competente. In questo modo per gli affidamenti di importo inferiore alla soglia comunitaria, che siano aggiudicati da taluno degli enti aggiudicatori che operano nei settori speciali, il regime applicabile viene a diversificarsi a seconda della qualifica soggettiva rivestita da tali enti aggiudicatori e, quindi, a seconda che essi siano inquadrabili come amministrazioni aggiudicatrici, ovvero come imprese pubbliche o come soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi9. Infatti, solo agli enti aggiudicatori che siano sussumibili entro la qualifica soggettiva di impresa pubblica o di soggetto titolare di diritti speciali o esclusivi è consentito individuare il contraente, nei casi di appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria, mediante le procedure definite dalla propria regolamentazione interna, disciplina questa che deve comunque essere conforme ai principi dettati dal Trattato CE a tutela della concorrenza.
Per gli enti aggiudicatori che non assumono tale qualificazione soggettiva, l’aggiudicazione dovrà invece seguire la procedura
7 Il Regolamento della Commissione 30 novembre 2009, n. 1177 ha recentemente aggiornato gli importi delle soglie comunitarie, così come definite dall’art. 16 della dir. 2004/17/CE portandoli rispettivamente ad euro 387.000, per gli appalti di forniture e servizi, e ad euro 4.845.000, per gli appalti di lavori.
8 Così T.R.G.A., Bolzano, Sez. I, 1° aprile 2010, n. 102, in Foro amm. TAR, 2010,
p. 1224.
9 L’art. 207, comma 2, del d.lgs. n. 163/2006 qualifica come “diritti speciali o esclusivi”, quelli “costituiti per legge, regolamento o in virtù di una concessione o altro provvedimento amministrativo avente l’effetto di riservare a uno o più soggetti l’esercizio di una attività di cui agli articoli da 208 a 213 e di incidere sostanzialmente sulla capacità di altri soggetti di esercitare tale attività”.
prevista dalle disposizioni dettate dalla Parte III del Codice, la quale sostanzialmente rispecchia quella dettata per gli appalti sopra soglia, sia pure con le esenzioni e con le previsioni speciali dettate dai commi da 2 a 6 del medesimo art. 238. Peraltro il legislatore nazionale è intervenuto sulla materia con particolari statuizioni, a tutela dell’imparzialità e della trasparenza delle relative procedure di aggiudicazione e stabilendo che la disciplina regolamentare interna alla S.A. debba comunque conformarsi ai “principi dettati dal Trattato CE a tutela della concorrenza”10.
L’esenzione prevista a favore dei soggetti sopra ricordati, ed in relazione ai contratti di minore importo, dall’obbligo di applicare le prescrizioni dettate per la generalità degli enti aggiudicatori dalla Parte III del Codice si accompagna dunque alla previsione di un generale dovere di informare le relative procedure ai principi di trasparenza, parità di trattamento ed imparzialità a tutela della concorrenza. Da ciò consegue che, nel delineare la disciplina regolamentare cui sottoporre gli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria, le Stazioni appaltanti non godono di una assoluta libertà ma risultano esse stesse vincolate al rispetto di precisi limiti derivanti dall’applicazione dei “principi generali” dettati dal Trattato CE i quali impongono comunque di conformare le relative procedure al rispetto delle garanzie minime in tema di aggiudicazione di appalti pubblici. Circostanza questa che assume notevole rilievo anche in relazione alla soluzione della connessa problematica concernente la deferibilità o meno al sindacato del giudice amministrativo delle controversie che sono sorte in relazione all’applicazione di tale disciplina, tenuto conto che, affinché possa radicarsi la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie in materia di contratti pubblici, è necessario che la S.A. sia tenuta ad osservare specifiche procedure ad evidenza pubblica previste dalla normativa comunitaria o nazionale, non bastando, sempre ai fini del radicamento della giurisdizione esclusiva, la mera procedimentalizzazione della scelta del contraente
10 In questi termini anche il nono Considerando della direttiva 2004/17/CE secondo cui “per gli appalti pubblici il cui valore è inferiore alla soglia che fa scattare l’applicazione di disposizioni di coordinamento comunitario, è opportuno fare riferimento alla giurisprudenza della Corte di giustizia secondo cui si applicano le norme e i principi dei trattati citati”.
da parte dell'ente aggiudicatore (cfr. art. 133, comma 1, lett. e), punto 1, d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104)11.
4. Il problema della delimitazione dell’ambito soggettivo di applicazione del regime sui settori speciali.
Si è visto al paragrafo precedente come la possibilità per gli enti aggiudicatori che operano nei settori speciali di aggiudicare i contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria in applicazione della disciplina regolamentare interna sia dal Codice dei contratti espressamente subordinata alla ricorrenza di un duplice ordine di presupposti.
Il primo fa riferimento alla qualifica soggettiva che deve rivestire l’ente aggiudicatore onde poter legittimamente ricorrere a tale procedura di affidamento.
Il secondo requisito, che si esaminerà nei successivi paragrafi, attiene invece all’oggetto del contratto da affidare il quale deve necessariamente essere preordinato al soddisfacimento di bisogni strumentali (e quindi funzionali) allo svolgimento di una delle attività
11 Secondo T.R.G.A., Bolzano, Sez. I, 1° aprile 2010, n. 102, cit., la previsione dell’art. 238, ult. comma, cit., nella parte in cui impone alla S.A. di uniformare la disciplina stabilita nel proprio regolamento “ai principi dettati dal Trattato CE a tutela della concorrenza”, è differente da quella utilizzata dal medesimo Codice dei contratti all’art. 244 (oggi art. 133, comma 1, lett. e), punto 1, d.lgs. n. 104/2010) ove, nel fissare i presupposti affinché possa radicarsi la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, fa espresso riferimento alle controversie “relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria, ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale”. Infatti, solo in tale ultimo caso si prevede l’obbligo di osservare le specifiche procedure ad evidenza pubblica previste dalla normativa comunitaria o nazionale, mentre nel primo caso vi è un generico riferimento ai principi fondamentali del Trattato CE. Di qui, sempre secondo la pronuncia citata, l’esenzione dalla giurisdizione esclusiva del g.a. delle controversie inerenti a procedure di affidamento di appalti nei settori speciali di importo inferiore alla soglia comunitaria che la S.A. abbia aggiudicato in applicazione della disciplina stabilita dal proprio regolamento.
proprie dei settori speciali, così come descritte agli artt. da 208 a 213 del Codice dei contratti.
Venendo dunque al primo di tali presupposti il ricorso da parte della
S.A. alla propria disciplina regolamentare per l’aggiudicazione del contratto presuppone una preliminare verifica in ordine alla natura giuridica del gestore aeroportuale che, al fine di poter beneficiare di tale regime speciale, deve dimostrare la propria natura di impresa pubblica o di soggetto titolare di diritti speciali o esclusivi. Il regime speciale sopra descritto non potrebbe invece trovare applicazione ove il soggetto aggiudicatore non fosse sussumibile in nessuna delle sopra riferite figure soggettive, essendo in ipotesi qualificabile come amministrazione aggiudicatrice e, in particolare, come organismo di diritto pubblico.
Si spiega quindi l’importanza assunta nelle sentenze in commento dall’indagine volta ad acclarare la natura soggettiva dell’ente aggiudicatore: entrambe le decisioni hanno dovuto preliminarmente appurare la ricorrenza del richiamato presupposto soggettivo di applicazione dell’art. 238, ult. comma cit., interrogandosi sulla possibilità di sussumere la società incaricata della gestione dello scalo aeroportuale entro una delle qualifiche soggettive pubblica sopra richiamate. Ed è proprio su questo aspetto che si registra una prima significativa divergenza di opinioni tra le due decisioni.
La prima esclude che il gestore aeroportuale sia classificabile come impresa pubblica, optando per l’opposta connotazione giuridica di organismo di diritto pubblico; la seconda decisione mostra invece di condividere la tesi sostenuta dalla S.A. che aveva difeso la propria natura soggettiva di impresa pubblica e, quindi, di soggetto legittimato, in virtù delle previsioni normative sopra ricordate, ad affidare gli appalti di importo inferiore alla soglia comunitaria mediante gara informale, in applicazione del proprio regolamento interno.
Come si vede la diversità di vedute esistente sul punto tra le due decisioni non poteva essere più marcata; sicché v’è da chiedersi se nell’attuale assetto organizzativo delle attività aeroportuali la figura
del gestore aeroportuale debba ricondursi alla qualifica di impresa pubblica o rientri piuttosto nella nozione di organismo di diritto pubblico.
Per risolvere tale preliminare questione è necessario prendere avvio dalla nozione di impresa pubblica12 dettata dal Codice dei contratti. Qui l’impresa pubblica viene definita come quella particolare forma organizzativa su cui “le amministrazioni aggiudicatrici possono esercitare, direttamente o indirettamente, un’influenza dominante o
12 La nozione di impresa pubblica è presente nello stesso Trattato Ce. Si veda al riguardo l’art. 106 (ex art. 86) il quale prevede testualmente che “1. Gli Stati membri non emanano né mantengono, nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese cui riconoscono diritti speciali o esclusivi, alcuna misura contraria alle norme del presente Trattato, specialmente a quelle contemplate dagli articoli 12 e da 81 a 89 inclusi. 2. Le imprese incaricate della gestione di servizi d’interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale, sono sottoposte alle norme del presente Trattato, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata. Lo sviluppo degli scambi non deve essere compromesso in misura contraria agli interessi della Comunità. 3. La Commissione vigila sull’applicazione delle disposizioni del presente articolo rivolgendo, ove occorra, agli Stati membri, opportune direttive o decisioni”.
Sulla nozione di impresa pubblica nel diritto interno si veda, tra i contributi più risalenti, XXXXXXXX, M.S., Le imprese pubbliche in Italia, in Riv. società, 1958, 227; OTTAVIANO, V., Impresa pubblica, in Enc. dir., vol. XX, Milano, 1970, 669; BENVENUTI, F., Profili giuridici dell’organizzazione economica pubblica, in Riv. società, 1962, 206; X. XXXXXX, Le imprese pubbliche, Torino, 1950; ROVERSI MONACO, F.A., La direzione e il controllo delle imprese pubbliche, in XXXXXXX F., Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, Padova, 1977, vol. I. 385.
Sul concetto di impresa pubblica nel diritto comunitario degli appalti, si vedano tra gli altri XXXXXX, C., L’impresa pubblica, in CASSESE, S. (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Diritto amministrativo speciale, Tomo IV, Milano, 2003, p. 3901 ss; XXXXXXX IRELLI, V., Impresa pubblica, fini sociali, servizi di interesse generale, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2006, 747; GRECO, G., Ente pubblico, impresa pubblica, organismo di diritto pubblico, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2000, 839; FERRARI, E., L’impresa pubblica tra il trattato e le direttive comunitarie, in SANDULLI, M.A. (a cura di), Organismi e imprese pubbliche, in Serv. app. (suppl. al n. 4), 2004, p. 123; GOISIS, F., Imprese pubbliche, in CASSESE, S. (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, 2006, p. 2960; CAFAGNO, M., Impresa pubblica, in Trattato di diritto amministrativo europeo, Pt. speciale, II, p. 1205.
perché ne sono proprietarie, o perché vi hanno una partecipazione finanziaria, o in virtù delle norme che disciplinano dette imprese”13.
Dottrina e giurisprudenza si sono a lungo impegnate in una complessa ricerca volta ad appurare gli elementi caratterizzanti detta figura soggettiva e, soprattutto, ad individuarne i tratti distintivi con la contigua nozione di organismo di diritto pubblico. Non è questa la sede per soffermarsi su tale affascinante dibattito, peraltro tutt’ora in corso ed i cui esiti sono ancora ben lontani da giungere a conclusione.
Ai fini che qui rilevano interessa porre in luce come il principale e più immediatamente percepibile elemento di distinzione che emerge dal raffronto tra le nozioni di organismo di diritto pubblico e di impresa pubblica, così come rispettivamente delineate dai commi 26 e 28 dell’art. 3 del Codice dei contratti, è rappresentato dall’assenza in tale ultima definizione dell’elemento finalistico o funzionale – ossia dall’essere ente istituito per il soddisfacimento di “esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale” – elemento che come noto caratterizza invece la nozione di organismo di diritto pubblico14.
13 Così testualmente l’art. 3, comma 28 del d.lgs. n. 163/2006, che prosegue precisando che “l’influenza dominante è presunta quando le amministrazioni aggiudicatrici, direttamente o indirettamente, riguardo all’impresa, alternativamente o cumulativamente: a) detengono la maggioranza del capitale sottoscritto; b) controllano la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa; c) hanno il diritto di nominare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione, di direzione o di vigilanza dell’impresa”
14 In questi termini TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 15 febbraio 2007, n. 266, in Foro amm. TAR, 2007, p. 18 ss., con nota di SPASIANO, M.R., Beni pubblici e attività diverse da quelle oggetto di concessione: finalmente verso un comune approdo dei giudici? e ivi, 2007, 1890, con nota di XXXXXXX, B., Sulla nozione di organismo di diritto pubblico e di impresa pubblica e sui limiti all’applicazione dell’evidenza pubblica, che osserva che nella nozione di impresa pubblica è assente “ogni riferimento a profili finalistici, che caratterizzano invece la nozione di organismo di diritto pubblico, così che in buona sostanza, il requisito della natura industriale e commerciale dell’attività svolta ben può essere presente nelle imprese pubbliche”. In dottrina si veda SANDULLI, M.A., Impresa pubblica e regole di affidamento dei contratti, in xxxx://xxx.xxxxxxxxxxx.xx, n. 3/2008: “a differenza di quanto previsto per l’organismo di diritto pubblico, la qualifica di un soggetto come impresa pubblica prescinde perciò dal fine perseguito, mentre assume valenza decisiva il legame tra l’impresa e la pubblica amministrazione (intesa dalla
Gli organismi di diritto pubblico sono istituiti per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale15 privi di carattere industriale o commerciale16, mentre le imprese pubbliche agiscono proprio per soddisfare bisogni di natura industriale o commerciale17. In pratica, per le amministrazioni pubbliche ordinate in forma di impresa la finalità d’interesse generale istituzionalmente perseguita si espleta mediante operazioni aventi carattere industriale o commerciale18.
L’impresa pubblica si connota inoltre per l’elemento dell’influenza pubblica dominante che viene esercitata su di essa, direttamente o indirettamente, da altre amministrazioni aggiudicatrici e che, a sua volta, si manifesta in una serie di indici presuntivi, quali: a) la partecipazione finanziaria da parte di un altro ente pubblico
direttiva n. 17 nella sua accezione più ampia, propria della materia degli appalti, comprensiva perciò anche dell’organismo di diritto pubblico) “dominante””.
15 Ai fini dell’individuazione di un organismo di diritto pubblico, per “bisogni di interesse generale” debbono intendersi quelli riferibili ad una collettività di soggetti di ampiezza e contenuto tali da giustificare la creazione di un apposito organismo sottoposto alla influenza dominante dell’autorità pubblica che sia deputato al loro soddisfacimento.
16 I bisogni soddisfatti dall’organismo di diritto pubblico non devono rivestire carattere commerciale e industriale nel senso che non devono essere suscettibili di soddisfacimento mediante attività di produzione o scambio di beni o servizi che sia connotata da imprenditorialità o da scopo di lucro.
17 Coxxx xxxxxxxxx XX, Xxx. XX, 00 xaggio 2003, n. 214, Comm. Ce c. Regno Spagna, in Riv. trim. appalti, 2004, p. 391 ss., con nota di XXXXXXXX E.M., Processo amministrativo italiano in materia di appalti pubblci “ante causam” fra diritto comunitario e diritto nazionale”, punto 44 della motivazione; Coxxx xxxxxxxxx XX, Xxx. XX, 00 xttobre 2000, x. 000, Xxxx. Xx x. Xxxxx Xxxxxx, in Foro amm. CDS, 2003, p. 3544 con nota di XXXXXXXX, D., Appalti pubblici e organizzazioni in house: un caso spagnolo, punto 54 della motivazione.
In dottrina si veda SANDULLI, M.A., Impresa pubblica e regole di affidamento dei contratti, cit. p. 16: “a tale proposito occorre ricordare che, nel più generale contesto del diritto della concorrenza, la nozione di impresa comprende ogni entità che esercita un’attività economica a prescindere dallo status giuridico e dalle modalità del suo finanziamento mentre sembra evidente che se un’attività è qualificabile come imprenditoriale non può essere al tempo stesso qualificabile come diretta al perseguimento di fini di carattere “non industriale o commerciale”. 18 Così T.A.R. Veneto, Sez. I, 9 luglio 2010, n. 2905, in Foro amm. TAR, 2010, p, 2323, relativa ad una gara per la fornitura e manutenzione di sistemi informatici per aeroporti.
(amministrazione aggiudicatrice) che detiene la maggioranza del capitale sottoscritto; b) la possibilità di controllare la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse dall’impresa, ovvero ancora c) il diritto di nominare la maggioranza dei componenti del consiglio di amministrazione di direzione o di vigilanza dell’impresa.
Nessun rilievo assume in tale nozione il profilo finalistico rappresentato dalla istituzione per il soddisfacimento di esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale o commerciale, aspetto questo che caratterizza invece, come si è detto, la figura dell’organismo di diritto pubblico. Ecco allora che la soluzione del problema dell’esatta delimitazione dei perimetri delle due differenti nozioni di organismo di diritto pubblico e di impresa pubblica passa necessariamente attraverso la definizione della questione concernente il valore da attribuire al citato elemento finalistico che è presente nella prima delle due figure ed è assente invece nell’altra19.
Nella prassi applicativa l’individuazione in concreto di tale requisito risulta alquanto problematica ed ha dato luogo a non poche dispute interpretative.
Sul punto la giurisprudenza comunitaria è orientata a legare il sopra riferito carattere industriale o commerciale essenzialmente all’assunzione del rischio d’impresa e, quindi, al fatto che un
19 Per quel che concerne invece il rapporto tra le diverse figure soggettive dell’impresa pubblica e di soggetto che opera in virtù di diritti speciali o esclusivi, la giurisprudenza nazionale ha avuto occasione di precisare che dette qualifiche non sono tra loro incompatibili o alternative ben potendo cumularsi in capo ad un medesimo soggetto. Esse infatti si riferiscono ad aspetti diversi della natura soggettiva di un determinato ente. In particolare la prima è inerente al “regime giuridico particolare”, di cui si avvale il soggetto privato nel corso della sua attività, mentre la seconda consegue alla sussistenza dei presupposti o degli indici rivelatori, specificati dalla normativa per i quali si ha l’impresa pubblica quando una pubblica amministrazione può esercitare, direttamente o indirettamente, una “influenza dominante”, in forza di uno degli indici individuati dal legislatore (Cfr. in questi termini Cons. Stato, Sez. IV, 29 maggio 2008, n. 2586; nonché Cons. Stato, VI Sez., n. 5007/02; 5 agosto 1999, n. 1018).
determinato ente operi in condizioni normali di mercato, subendo le perdite collegate all’esercizio della sua attività20.
L’elemento che contraddistingue la nozione di impresa pubblica e che lo differenzia dalla contigua figura dell’organismo di diritto pubblico è pertanto rappresentato, non tanto e non solo dal fatto che un determinato ente svolga attività in regime di concorrenza con altri operatori, quanto piuttosto dalla circostanza che esso operi sul mercato assumendosi i rischi tipici di impresa21. Per verificare se un determinato soggetto operi con criteri imprenditoriali e sia sottoposto ai rischi di mercato appare tutto sommato irrilevante che i bisogni da esso perseguiti siano soddisfatti o possano essere soddisfatti anche da imprese xxxxxxx00, mentre è essenziale valutare le circostanze in cui esso è stato costituito e le modalità e condizioni in cui concretamente esercita la propria attività: se il soggetto opera secondo le regole del mercato, perseguendo lo scopo di lucro ed assumendo integralmente il rischio imprenditoriale – senza beneficiare di finanziamenti pubblici a fronte di eventuali perdite – allora potrà ritenersi che il bisogno di interesse generale perseguito riveste carattere commerciale o industriale e la persona giuridica non è qualificabile come organismo di diritto pubblico ma, semmai (laddove ricorra l’elemento
20 Corte giust. Ce, Sez. V, 22 maggio 2003, n. 18, Arkkithtuuritoimisto Xxxxxx Xxxxxxxx Oy e altro c. Varkauden Taitotalo Oy, in Foro amm. CDS, 2003, p. 2497, con nota di PERFETTI, L. R., Organismo di diritto pubblico e rischio di impresa, punto 51 della motivazione.
21 Corte giust. Ce, Corte giustizia CE, Sez. V, 27 febbraio 2003, n. 373, Truley
GmbH c. Bestattung Wien GmbH, in Foro amm. CDS, 2003, p. 424, punto 61 della motivazione, ove si osserva che “pur non essendo del tutto irrilevante, l’esistenza di una concorrenza articolata non consente, di per sé, di dichiarare la mancanza di un bisogno di interesse generale avente carattere non industriale o commerciale”.
22 Corte giust. Ce, 10 novembre 1998, n. 360, Gemeente Arnhem e altro c. B.F.I.
Holding B.V, in Riv. trim. appalti, 1998, p. 715, con nota di CASTELLANETA, M., L’interpretazione dei criteri necessari per la qualificazione dell’organismo di diritto pubblico: recenti chiarimenti dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, punto 43 della motivazione: “il fatto che esista una concorrenza non è sufficiente ad escludere la possibilità che un ente finanziato o controllato dallo Stato, dagli enti territoriali o da altri organismi di diritto pubblico si lasci guidare da considerazioni non economiche. Così, ad esempio, un ente di tal genere potrebbe essere indotto a subìre perdite economiche al fine di perseguire una determinata politica di acquisti dell’ente da cui dipenda strettamente”.
dell’influenza pubblica dominante), come impresa pubblica23. D’altro canto, il fatto che l’assunzione del rischio della gestione e la sopportazione dei rischi di mercato costituiscano il proprium della figura dell’impresa pubblica che lo differenzia dalle altre figure soggettive trova indiretta conferma nella mancata inclusione delle imprese pubbliche fra le amministrazioni aggiudicatrici che sono tenute all’applicazione della normativa sull’evidenza pubblica nei settori ordinari.
23 Corte giust. Ce, Sez. V, 22 maggio 2003, n. 18, cit.
Per la giurisprudenza nazionale si veda Cass. civ., sez. un., 20 novembre 2003, n. 17635, in Foro amm. CDS, 2003, p. 3590, ove si osserva che l’Azienda elettrica consorziale delle città di Bolzano e Merano non costituisce amministrazione aggiudicatrice né può essere qualificata organismo di diritto pubblico poiché difetta del requisito del carattere “non industriale o commerciale” dei bisogni d’interesse generale, al cui soddisfacimento essa opera con logiche di impresa, industriali e commerciali. Cfr. anche T.A.R. Lombardia, Brescia, 8 marzo 2004, n. 203, in Foro amm. TAR, 2004, p. 594, secondo cui la natura non industriale o commerciale di tali interessi non è esclusa dal metodo imprenditoriale utilizzato nella gestione o dal fatto in sé che l’attività venga svolta in presenza di altri soggetti in grado di competere sul mercato (elementi questi che potrebbero al più rappresentare soltanto un indizio a favore della non ricorrenza del carattere non industriale o commerciale) quanto essenzialmente dall’attenuazione del rischio di impresa derivante dalla possibilità dell’intervento pubblico a copertura delle perdite, talché l’elemento davvero decisivo, ai fini dell’attrazione di un determinato soggetto nell’orbita della categoria soggettiva di organismo di diritto pubblico, è come detto, legato alle circostanze concrete in cui esso è stato costituito ed alle modalità di conduzione della attività che appunto deve essere improntata alla integrale assunzione del rischio imprenditoriale della gestione, senza beneficiare di finanziamenti pubblici volti a ripianare le eventuali perdite. Approccio analogo è rinvenibile in Cons. Stato, Sez. V, 10 aprile 2000, n. 2078, in Urb. app., 2000, p. 528, con nota di CARINGELLA, F., Il Consiglio di Stato sui rapporti tra appalti di soggetti privati e giurisdizione amministrativa: “l’esistenza di una concorrenza articolata e la presenza del soggetto sul libero mercato con una struttura imprenditoriale può solo costituire un indizio a sostegno del fatto che esso agisce per soddisfare bisogni d’interesse generale a carattere industriale o commerciale, ma la sua struttura imprenditoriale (in particolare, il modello della società di capitali, che nel diritto nazionale ed in quello degli altri Stati membri possiede una peculiare attitudine all’esercizio di attività non lucrative) non è di per sè incompatibile con il perseguimento di bisogni d'interesse generale diversi dai primi, specie quando tale soggetto, sui piani funzionale e strutturale, sia un’impresa contraddistinta da evidenti profili pubblicistici”.
Se è infatti vero che la ratio della disciplina dell’evidenza pubblica nei settori ordinari consiste nel garantire la competizione tra i soggetti che operano sul libero mercato, in sede di approvvigionamento di beni, servizi e forniture, non vi dovrebbe essere necessità di imporre all’impresa pubblica il rispetto di tali regole e procedure, poiché essa è sottoposta ai rischi tipici del mercato come qualsiasi altro operatore economico e nella scelta del proprio contraente non si lascerà guidare da considerazioni diverse da quelle economiche, né tanto meno, in sede di aggiudicazione, sarà portata a preferire gli offerenti o candidati nazionali.
L’esigenza di sottoporre al regime dell’evidenza pubblica e alle regole di concorrenza l’attività negoziale svolta dalle imprese pubbliche riemerge tuttavia in relazione agli appalti dei settori speciali. Ma ciò è conseguenza della peculiarità di tali settori che si caratterizzano tradizionalmente per un deficit di concorrenzialità dovuto al godimento da parte dei relativi operatori di diritti speciali o esclusivi per l’approvvigionamento, la messa a disposizione o la gestione di reti che forniscono servizi di rilevante utilità pubblica.
I diritti speciali ed esclusivi in parola sono riconosciuti a favore di tali soggetti dalle autorità competenti ed hanno appunto l’effetto di porli in una posizione differenziata (e protetta) nel mercato, riservando solo a taluni di essi lo svolgimento delle relative attività e comunque limitando l’accesso al mercato di altri operatori24.
24 Si vedano sul punto le considerazioni di ASETTA, M.R., La nuova definizione di diritti speciali ed esclusivi. Il meccanismo di esenzione, in AA.VV., Appalti pubblici e servizi di interesse generale, Atti dei seminari tenuti presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento, Novembre – Dicembre 2004), Trento, 2005, p. 108: “siccome lo scopo della direttiva è quello di assicurare la concorrenza in questi settori, l’inclusione di entità private viene limitata all’ipotesi in cui esse godano di diritti che sono effettivamente in grado di incidere sulle condizioni di concorrenza in quel settore. Il meccanismo di esenzione ha, invece, lo scopo di escludere dal campo di applicazione della direttiva entità operanti in settori che sono già soggetti a un certo grado di pressione concorrenziale; soggetti per i quali si suppone che non sia necessaria l’imposizione di regole di messa in concorrenza per l’attribuzione degli appalti, sul presupposto che la pressione concorrenziale fa comunque in modo che questi enti, nella scelta dei loro fornitori o prestatori di servizi siano mossi da considerazioni di tipo economico, basate sull’efficacia, l’efficienza e l’economicità, piuttosto che da altre considerazioni”.
L’ampliamento dell’ambito soggettivo di applicazione dell’evidenza pubblica che si verifica negli appalti dei settori speciali (le cui regole vengono appunto estese alle imprese pubbliche ed ai soggetti titolari di diritti speciali o esclusivi) trova evidentemente una propria ragione di essere per le sole procedure che siano esperite nell’ambito dello specifico settore interessato dall’esclusiva (così come definite dagli artt. 208-213 del Codice), mentre viene meno per tutti gli appalti che siano posti in essere in relazione ad attività diverse da quelle per cui l’impresa pubblica gode di una posizione differenziata nel mercato.
4.1. La controversa qualificazione soggettiva del gestore di infrastrutture aeroportuali: è impresa pubblica o organismo di diritto pubblico?
Tornando ai casi trattati dalle sentenze sopra riportate è significativo notare come, nell’esaminare la questione relativa alla qualificazione soggettiva da assegnare alla società affidataria della gestione delle infrastrutture aeroportuali, ai fini dell’assoggettamento di tali soggetti al regime pubblicistico dell’evidenza pubblica, il TAR abbia ricavato conclusioni di segno opposto.
La prima decisione aderisce all’indirizzo secondo cui il gestore aeroportuale sarebbe sussumibile entro la nozione di organismo di diritto pubblico. Qui i giudici attribuiscono rilievo decisivo al tipo di attività svolta dallo stesso – che è qualificabile come “pubblico servizio essenziale” – mentre giudicano irrilevante, ai medesimi fini, “la natura di società di capitali secondo il diritto interno”. Peraltro, nell’accertare la ricorrenza del c.d. requisito teleologico che caratterizza la figura dell’organismo di diritto pubblico – ossia la preposizione dell’ente al soddisfacimento di bisogni di interesse generale non aventi natura industriale o commerciale – la prima pronuncia reputa sufficiente il semplice riscontro positivo dell’elemento della finalizzazione dell’attività svolta dal gestore al soddisfacimento di bisogni di interesse generale, mentre nessuna verifica compie in relazione al secondo termine del requisito, ossia la non industrialità o commercialità degli interessi perseguiti, che pure costituisce elemento essenziale della nozione di organismo di diritto pubblico.
A differenti conclusioni perviene il TAR nella seconda sentenza sopra riportata la quale, pur non prendendo espressamente posizione sulla questione della natura soggettiva del gestore, giunge indirettamente ad escluderne la riconducibilità alla categoria degli organismi di diritto pubblico. Qui si dà per assodato che l’ente gestore in sede di aggiudicazione di un appalto strumentale alle attività avute in concessione possa legittimamente selezionare il proprio contraente mediante le procedure definite dalla propria regolamentazione interna (nel caso di specie mediante gara informale) secondo una modalità che il Codice dei contratti – come si è visto – riserva alle sole imprese pubbliche ed ai soggetti titolari di diritti speciali ed esclusivi.
In merito alla problematica in esame il panorama giurisprudenziale appare assai variegato. Infatti alcune pronunce hanno affermato la natura soggettiva di impresa pubblica delle società a capitale misto pubblico privato incaricate della gestione di infrastrutture aeroportuali. In questi termini si è espresso, in particolare, il T.A.R. Lombardia, che ha qualificato come impresa pubblica la SEA - Società Esercizi Aeroportuali s.p.a., incaricata della gestione dello scalo milanese25; anche il T.A.R. Veneto, ha qualificato come impresa pubblica l’ente gestore dell’Aeroporto Xxxxxxx Xxxxxxx di Verona-Villafranca26; già in
25 T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 15 febbraio 2007, n. 266, cit.: “così inteso il carattere non industriale o commerciale è difficilmente predicabile nei confronti di SEA s.p.a., per il suo intrinseco carattere imprenditoriale e connesso scopo di lucro,
… Infatti, e a fortiori, la concreta attività per la quale SEA s.p.a. ha indetto la selezione per cui è causa rientra certamente in una nozione di attività avente rilievo economico e commerciale, corroborando quindi la soluzione della mancanza del requisito negativo del carattere non industriale o commerciale della finalità perseguita da SEA. Ne discende, concludendo sul punto, che SEA s.p.a. non rientra nella nozione di organismo di diritto pubblico e che, conseguentemente, non è per questa via predicabile l’applicabilità in punto di giurisdizione della disciplina di cui all’art. 6 legge 205 del 2000” 6. SEA s.p.a. se non è, come sopra argomentato, organismo di diritto pubblico, rientra tuttavia nella diversa nozione di impresa pubblica”.
26 T.A.R. Veneto, Sez. I, 28 marzo 2007, n. 1029, in Foro amm. TAR, 2007, p. 3397, con nota di ROVERSI MONACO, M.G., L’affidamento dell’attività di bar-tabacchi in aerostazione: una singolare pronuncia sulla giurisdizione: “si consideri, peraltro, che Aeroporto s.p.a. può essere considerato «impresa pubblica», alla stregua della definizione che se ne dà nella direttiva 2004/17/CE, essendo soggetti pubblici i detentori della maggioranza del capitale, secondo quanto è stato dichiarato. In quanto tale, essa rientra nella categoria degli "enti aggiudicatori" di cui all'art. 2,
precedenza lo stesso TAR Veneto aveva adottato la medesima classificazione per la SAVE S.P.A. affidataria della gestione dell’Aeroporto Xxxxx Xxxx di Venezia27.
Ancora, in una più risalente pronuncia il TAR Xxxxxx-Romagna aveva preso decisamente posizione in favore della riconducibilità della società incaricata della gestione dello scalo aeroportuale bolognese al genus delle imprese pubbliche28. Analoga qualificazione è stata data dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Sicilia per la
S.A.C. s.p.a. affidataria della gestione dell’Aeroporto Fontanarossa di Catania29.
comma 1, lettera b). Dal punto di vista soggettivo, dunque, appare fuori discussione che la normativa richiamata trova applicazione alla società resistente nel presente giudizio”.
27 T.A.R. Veneto, Sez. III, 26 maggio 2003, n. 3014, in Foro amm. TAR, 2003, p. 1579: “ciò posto si osserva che SAVE è società a prevalente capitale pubblico operante nei settori esclusi di cui al D.L.vo 17 marzo 1995 n. 158 di "Attuazione delle direttive 90/531/CEE e 93/38/CEE relative alle procedure di appalti nei settori esclusi".
Ai sensi dell'articolo 2 comma 2 del citato decreto essa è quindi impresa pubblica e come tale soggetto aggiudicatore nel settore delle attrezzature aeroportuali, destinato a seguire le procedure di evidenza pubblica ai fini della stipulazione di contratti con terzi e per l'effetto ad assumere, in virtù di legge, statuizioni amministrative”.
28 T.A.R. Xxxxxx-Romagna, Bologna, 18 febbraio 2003, n. 118: “SAB è società a prevalente capitale pubblico operante nei settori esclusi di cui al D.L.vo 17 marzo 1995 n. 158 ... ai sensi dell’articolo 2 comma 2 dell’anzidetto decreto essa è quindi impresa pubblica e come tale soggetto aggiudicatore nel settore delle attrezzature aeroportuali”.
29 Cons. giust. amm., Sicilia, sez. giurisd., 10 settembre 2010, n. 1197, in
xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx., ove peraltro si precisa che pur risultando corretta la qualificazione giuridica del gestore aeroportuale come impresa pubblica, non tutta l’attività contrattuale da essa svolta soggiace alla disciplina dettata dal Codice dei contratti, giacché le imprese pubbliche sono tenute a osservare le procedure ad evidenza pubblica “limitatamente all’affidamento di contratti di lavori, servizi e forniture che siano strumentali rispetto all’oggetto dell’esclusiva conseguita (esclusiva nella specie attinente al settore del trasporto aereo) e non anche per l’intero spettro delle loro attività commerciali” (fattispecie inerente alla procedura negoziata diretta per l’affidamento della sub-concessione avente ad oggetto la gestione di aree appartenenti al demanio aeroportuale per la vendita di prodotti di artigianato locale).
Non mancano però pronunce di segno opposto che, anche di recente, hanno abbracciato l’opposta qualificazione di organismo di diritto pubblico.
In particolare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno affermato la natura di organismo di diritto pubblico della società concessionaria della gestione degli impianti, delle infrastrutture dell’aeroporto “Falcone e Borsellino” di Palermo30.
Altre decisioni hanno infine ritenuto di porre l’accento sul dato che tali soggetti agiscono in forza di diritti speciali ed esclusivi concessi loro dall’autorità competente, circostanza questa che di per sè giustificherebbe l’assoggettamento alla disciplina della Parte III del Codice, anche qualora dovesse esserne esclusa la natura di amministrazioni aggiudicatrici (sub specie di organismo di diritto pubblico) ovvero di impresa pubblica31.
Questi frequenti oscillamenti giurisprudenziali (e le conseguenti contrapposizioni tra orientamenti) testimoniano le difficoltà e le incertezze che porta con sé ogni operazione di inquadramento degli enti in esame entro una delle categorie soggettive di cui alla normativa sui contratti pubblici. Trattasi infatti di nozioni dai confini incerti e che comunque presentano elementi di notevole complessità che sono suscettibili di applicazioni non uniformi nelle fattispecie di volta in volta all’esame dell’interprete. E ciò non da ultimo anche in ragione della connotazione tipicamente imprenditoriale che è oramai assunta dall’attività di organizzazione delle relative infrastrutture e di erogazione dei servizi resi in conseguenza della privatizzazione delle gestioni aeroportuali32.
30 Cass. civ., Sez. Un., ord. 4 novembre 2009, n. 23322, in Dir. e pratica amministrativa, 2009, 12, p. 54 ss., con nota di ATELLI, M., Sub-concessione con gara per i servizi aeroportuali.
31 T.A.R. Valle D’Aosta, Sez. I, 13 novembre 2008 n. 88, in Foro amm. TAR, 2008,
p. 2970, relativa alla gara indetta dalla società incaricata della gestione dell’aeroporto di Aosta, in Saint-Christophe, per i lavori di prolungamento della pista di volo.
32 Sul processo di progressivo abbandono da parte dello Stato della gestione diretta
dei servizi aeroportuali e sull conseguente tendenza ad affidare l’esercizio delle relative attività a società commerciali, spesso costituite nella forma di società miste
In questo quadro, rivestono particolare interesse le riflessioni condotte nell’ambito della recente “indagine conoscitiva sul sistema aeroportuale italiano” promossa nell’ambito della IX Commissione Permanente della Camera dei Deputati il cui documento conclusivo è stato approvato nella seduta del 17 febbraio 2010.
L’indagine è stata promossa con l’obiettivo di acquisire un quadro il più possibile esaustivo delle attuali criticità evidenziate dal sistema aeroportuale italiano ed europeo – di cui peraltro si mostrano ben consapevoli le stesse istituzioni comunitarie33 – e si propongono di definire le possibili linee di intervento, anche a livello legislativo per fronteggiare le potenzialità di crescita del traffico aereo che si verranno a creare nei prossimi anni e per definire le misure di adeguamento dell’organizzazione aeroportuale necessarie al fine di garantire un servizio efficiente e sicuro, anche in funzione di un progressivo incremento dei volumi di traffico aereo.
I risultati dell’indagine sono stati raccolti nel documento conclusivo in cui sono riportati i diversi contributi resi nel corso delle relative audizioni (svoltesi nel periodo compreso tra febbraio e novembre 2009) dai soggetti a vario titolo coinvolti, fra i quali le istituzioni competenti, le società di gestione aeroportuale, le compagnie aeree italiane e straniere, le associazioni rappresentative del settore e i centri di studio e ricerca competenti sulla materia.
Ai fini che qui interessano, dall’indagine conoscitiva è emerso come, in coincidenza con il processo di progressiva liberalizzazione ed apertura al mercato del traffico aereo (c.d. “liberalizzazione dei cieli”), l’attività di conduzione degli scali aeroportuali abbia assunto sempre più una connotazione imprenditoriale e come i gestori aeroportuali si trovino oramai ad operare in un contesto pienamente concorrenziale e
a prevalente capitale pubblico locale si vedano in dottrina RIGUZZI, M., L’impresa aeroportuale, Padova, 1984, p. 55 ss.; MAGRINI, E.I., Gli aeroporti e i servizi aeroportuali, in ZUNARELLI, S. (a cura di), Il diritto del mercato del trasporto, Padova, 2008, p. 353 ss.
33 Si veda la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle Regioni (COM(2006) 819, recante “Un piano d’azione per migliorare le capacità, l’efficienza e la sicurezza degli aeroporti in Europa”.
sempre più competitivo34, in cui sono presenti altri operatori con i quali si contendono il maggior numero di “clienti”, che nel caso di specie sono, da un lato, le compagnie aeree e, dall’altro lato. i passeggeri e i fruitori dello scalo35. In questo quadro, alla tradizionale concorrenza tra vettori aerei va ad affiancarsi una concorrenza tra gestori dei diversi scali aeroportuali i quali sono incentivati a garantire al proprio scalo un bacino di utenza capace di sviluppare entrate superiori a quelli dei concorrenti36.
Dunque dai risultati dell’indagine conoscitiva in parola parrebbe che nel nuovo contesto di liberalizzazione e di progressiva apertura alla concorrenza del mercato del trasporto aereo la gestione aeroportuale tenda a connotarsi sempre più in termini imprenditoriali e a caratterizzarsi essenzialmente come attività fondata su criteri di rendimento economico e comunque improntata ad una organizzazione di tipo imprenditoriale. Si spiega in questi termini la preoccupazione dei gestori aeroportuali di verificare costantemente la capacità della propria organizzazione imprenditoriale di assicurare la sostenibilità
34 Per approfondimenti sul punto v. G., XXXXXXXXX, Concorrenza ed efficienza nel settore aeroportuale, Xxxx, 0000.
35 Si tenga presente che le entrate che i gestori aeroportuali percepiscono dallo svolgimento della propria attività sono principalmente rappresentate:
a) dai diritti di approdo e partenza, sosta e ricovero degli aeromobili;
b) dalle tasse di imbarco passeggeri;
c) dalle tasse di imbarco e sbarco delle merci;
d) dai compensi per le operazioni di controllo di sicurezza (controllo dei passeggeri in partenza ed in transito, controllo del bagaglio al seguito dei passeggeri, controllo dei bagagli da stiva, della merce e dei plichi dei corrieri espresso);
e) dai corrispettivi per l’utilizzo degli spazi ed infrastrutture aeroportuali che sono strumentali alla fornitura dei servizi di handling,
f) corrispettivi per lo svolgimento dei servizi di handling, quando questi siano erogati direttamente dal gestore aeroportuale.
36 Così l’indagine conoscitiva ove osserva che “la configurazione assunta dall’attività di gestione dell’aeroporto come attività di impresa, comporta l’interesse ad acquisire, in concorrenza con le imprese analoghe, il maggior numero di clienti, che, nel caso dell’aeroporto, sono di due tipologie: le compagnie aeree e i passeggeri. L’apertura di nuovi voli e, attraverso di essi, la crescita del numero di passeggeri sono l’obiettivo di chi gestisce, in un’ottica imprenditoriale, l’aeroporto. Ne sono prova gli accordi promozionali che aeroporti di medie e anche piccole dimensioni hanno stipulato con alcune compagnie aeree, prevalentemente low cost, al fine di incrementare il proprio volume di traffico”.
economica della gestione dello scalo e di attrarre i volumi di traffico che sono necessari a renderli competitivi con i gestori degli altri scali presenti sul territorio nazionale. Il che non è evidentemente privo di rilievo anche in relazione alla sopra riferita problematica di inquadramento dei gestori aeroportuali entro una delle categorie soggettive di cui dalla normativa sui contratti pubblici, potendosi in effetti riscontrare nei modelli organizzatori assunti nella moderna industria aeroportuale gli indici che caratterizzano l’agire tipico delle imprese pubbliche.
5. L’esistenza di un nesso di strumentalità tra l’appalto da aggiudicare e le attività svolte dal gestore aeroportuale quale presupposto per l’applicazione del regime speciale di cui alla parte III del Codice.
Già si è detto che per sottoporre i contratti di importo inferiore alla soglia comunitaria alla disciplina regolamentare interna alla S.A., secondo quanto previsto dall’art. 238, ult. comma del d.lgs. n. 163/2006 è necessario che le prestazioni oggetto del contratto da affidare siano preordinate al soddisfacimento di bisogni strumentali allo svolgimento di una delle attività proprie dei settori speciali (cfr. artt. 208-213).
Nel caso che ci riguarda occorre verificare che l’appalto sia strumentale allo svolgimento dell’attività di “sfruttamento di area geografica” ai fini della “messa a disposizione di aeroporti” [a favore di] “vettori aerei”, così come stabilito dall’art. 213 del Codice dei Contratti.
Tuttavia, prima ancora di soffermarsi sulle problematiche teoriche poste dalla norma testé citata e di definire le attività che assumono rilievo nel settore della gestione di infrastrutture aeroportuali – che sono oggetto di disamina nelle fattispecie analizzate dalle decisioni sopra riportate – è opportuno svolgere qualche considerazione d’ordine generale sul criterio impiegato dal legislatore comunitario per delimitare l’ambito oggettivo di applicazione della disciplina sui settori speciali e, conseguentemente, per stabilire quando una
determinata fattispecie contrattuale debba essere attratta nell’alveo applicativo della direttiva 2004/17/CE.
Detto criterio esige l’accertamento di un nesso di strumentalità tra l’attività svolta dall’ente aggiudicatore e le prestazioni che la S.A. intende affidare con la procedura ad evidenza pubblica37. Ciò avviene in quanto il regime giuridico dei settori speciali trova applicazione solo ed esclusivamente con riguardo ai contratti destinati all’esercizio di una delle attività qualificate agli artt. 208-213. Difatti, coerentemente con la previsione dettata in sede comunitaria (art. 20, dir. 2004/17/CE), il legislatore nazionale ha stabilito, all’art. 217, che la parte III del Codice non si applica in relazione “agli appalti che gli enti aggiudicatori aggiudicano per scopi diversi dall’esercizio delle loro attività di cui agli articoli da 208 a 213”. In questo modo sono stati esclusi dal campo di applicazione della disciplina dei settori speciali di cui alla Pt. III tutti i contratti finalizzati allo svolgimento di attività aventi “scopi diversi” da quelli descritti agli artt. 208-213.
A tale esclusione fa peraltro da contraltare la precisazione contenuta nell’art. 3, co. 5 del medesimo Codice, a mente del quale i settori speciali dei contratti pubblici sono solamente quelli individuati nominativamente dal legislatore, ossia “i settori del gas, energia termica, elettricità, acqua, trasporti, servizi postali, sfruttamento di area geografica, come definiti dalla Pt. III”).
Ma un’indiretta conferma del criterio generale adottato dal legislatore (il quale, come detto, circoscrive l’applicazione della disciplina di cui alla parte III del Codice ai soli appalti aggiudicati dagli enti che operano nei settori speciali) si ricava a ben vedere anche dall’art. 214 del Codice che regola i casi in cui un contratto di appalto preveda lo svolgimento di attività tipiche dei settori speciali congiuntamente ad
37 Per la giurisprudenza comunitaria cfr. Xxxxx xxxxxxxxx XX, Xxx. XX, 00 giugno 2005, cause riunite C-462/03 e C-463/03, in F. amm. CDS, 2005, 1651; Xxxxx xxxxxxxxx XX, Xxx. XX, 00 aprile 2008, n. 393, A. e altro c. Fernwärme Wien GmbH, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 2008, p. 965, con nota di B., XXXXXXX, Sull’applicazione della
«teoria del contagio» alle diverse attività di un organismo di diritto pubblico operante nei settori speciali.
altre attività non riconducibili a tale ambito, in quanto proprie dei settori ordinari, ovvero sottratte tout court all’applicazione del Codice. Ebbene la previsione normativa appena citata consente eccezionalmente di applicare le norme di cui alla Parte III del Codice alle procedure indette dagli enti che operano nei settori speciali, nella particolare ipotesi in cui una delle attività cui è destinato l’appalto risulti disciplinata dalla parte III e un’altra attività non sia disciplinata né dalla parte III né dalla parte II e risulti oggettivamente impossibile stabilire a quale attività l’appalto è principalmente destinato.
Tale previsione consente di desumere, a contrario, l’inapplicabilità del regime di cui alla Parte III a tutti gli appalti che siano destinati “solamente o prevalentemente” allo svolgimento di attività diverse da quelle di cui ai settori speciali.
È doveroso a questo punto interrogarsi sulla ratio di tale esclusione.
Essa è da porre in relazione con il generale criterio impiegato dal legislatore per delimitare l’ambito oggettivo di applicazione della disciplina sui settori speciali, il quale, come già ricordato ai paragrafi precedenti, fa leva sull’appartenenza delle attività in questione a particolari settori economici i quali si caratterizzano, sotto il profilo pubblicistico, per la presenza di operatori economici che si trovano a beneficiare di posizioni di monopolio o di oligopolio (ad es. legate alla limitatezza delle fonti di approvvigionamento) o comunque di situazioni di privilegio e di limitata concorrenza che riservano solo ad alcuni di essi l’esercizio delle relative attività.
Sono condizioni queste che giustificano una deroga al regime ordinario previsto per gli appalti pubblici dei settori ordinari e che legittimano la sottoposizione delle relative procedure ad un regime ad hoc che tenga conto sia delle peculiarità degli enti aggiudicatori che in
essi vi operano38. Si è infatti in presenza di soggetti che perseguono
38 Va altresì tenuto presente che agli appalti dei settori speciali si applicano tendenzialmente solo le norme dettate per i settori speciali, mentre le norme dei settori ordinari possono trovare applicazione nei limiti dei rinvii operati dal legislatore. La norma che stabilisce quali delle disposizioni della parte II trovino applicazione ai settori speciali è l’art. 206. Da ciò consegue, che fatta eccezione per
obiettivi economici o industriali e che si caratterizzano, sul piano soggettivo, per la dimensione tipicamente imprenditoriale della relativa organizzazione.
La peculiarità di tali settori si connota anche sotto un profilo oggettivo, in ragione della naturale tensione di tali settori ad una progressiva e graduale esenzione dal regime pubblicistico dell’evidenza pubblica, in parallelo con il processo di liberalizzazione tuttora in atto in tali settori sotto l’influsso del diritto comunitario.
Trova così spiegazione la previsione da parte dello stesso legislatore comunitario (cfr. art. 30 direttiva 2004/17/CE, fedelmente riprodotto dall’art. 219 Codice dei contratti) di meccanismi preordinati ad una organica e costante verifica da parte delle Istituzioni comunitarie degli indici di effettiva liberalizzazione e di effettiva apertura al mercato delle attività che si svolgono in tali ambiti, onde appurare esse possano ritenersi, per esprimersi con l’espressione usata dal legislatore, “direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili”39. Valutazione questa da operarsi sulla base di diversi indici, quali le caratteristiche dei beni e servizi interessati, l’esistenza di beni o servizi alternativi, i prezzi praticati, la presenza effettiva o potenziale di più fornitori dei beni in questione) e che
le norme tassativamente richiamate, le disposizioni contenute nella parte II non si applicano ai contratti di cui alla Parte III (cfr. art. 31 del Codice). Sul punto si veda anche di recente Cons. Stato, Sez. VI, 4 agosto 2009, n. 4903, in Foro amm. CDS, 2009, p. 1851, ove si osserva che gli appalti rientranti nei settori speciali sono sottoposti unicamente alla disciplina propria di tali settori, mentre le previsioni che regolano gli appalti dei settori ordinari operano “solo se e in quanto richiamata espressamente dal bando, e, quindi, non già come legge direttamente applicabile, ma come disciplina contrattuale”; nonchè T.R.G.A., Bolzano, Sez. I, 1° aprile 2010,
n. 102, cit.: “La disciplina dei settori ordinari ha portata generale, mentre quella dei settori speciali ha carattere eccezionale e, in quanto tale, è applicabile soltanto nei casi espressamente previsti dal Codice, senza possibilità di interpretazione estensiva”.
39 Norma questa che è stata efficacemente definita “di carattere dinamico” (XXXXXXXXXXX, L., Le linee dello sviluppo del quadro normativo dei settori speciali e l’autorità di vigilanza sui contratti pubblici, in XXXXXXXXX, C., TITOMANLIO, F. (a cura di), I settori speciali nel codice dei contratti pubblici, p. 5) proprio a significare la peculiarità del regime in parola il cui ambito oggettivo è destinato a mutare continuamente e ad evolversi in relazione al livello di liberalizzazione del mercato in cui operano i relativi enti aggiudicatori.
consentono in presenza di talune situazioni di esentare di tali attività dall’ambito di operatività dell’intero sistema di regole pubblicistiche per la scelta del contraente40.
Tale dato consente ulteriormente di porre in luce come, per i soggetti che operano nei settori speciali, l’assoggettamento alle norme pubblicistiche in materia di contratti risulti sempre correlato a valutazioni concernenti il grado di apertura alla concorrenza del settore considerato, proprio perché si prevede la possibilità di esentare dall’osservanza di tali obblighi tutti quei soggetti la cui attività, pur essendo nominalmente ricomprese nell’ambito dei settori speciali, sia nondimeno caratterizzata da condizioni di effettiva concorrenza.
Ma, come è stato efficacemente posto in xxxxxxx00, nei particolari settori così individuati, “questa logica segna la ratio e il limite dell’obbligo di ricorso all’evidenza pubblica”, cosicché per le attività poste in essere fuori dal settore interessato dall’esclusiva (dal diritto speciale o esclusivo) o, comunque, per gli appalti che siano aggiudicati in relazione ad attività diverse da quelle per le quali l’ente aggiudicatore gode di un diritto speciale o esclusivo vengono meno le ragioni che giustificano l’applicazione di un regime differenziato42.
40 Su tali aspetti si vedano, fra gli altri, D’AURIA, M.G., L’orientamento della Commissione Europea in materia di apertura alla concorrenza nei «settori speciali» alla luce del processo di liberalizzazione del settore postale, in Riv. amm. Rep. it., 2006, II, p. 141 ss.; PELLIZZER, F., D’AMELIO, I contratti esclusi dalla disciplina dei settori speciali, in SANDULLI, M.A., DE NICTOLIS, R., GAROFOLI, R., Trattato sui contratti pubblici,Vol V, I settori speciali e l’esecuzione, Milano, 2008, p. 3272; XXXXXXX, L., Liberalizzazione dei mercati e disciplina comunitaria degli appalti pubblici: il caso dei trasporti ferroviari di passeggeri, in TITOMANLIO, F. (a cura di), I settori speciali nel codice dei contratti pubblici, cit., p. 57.
41 T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 15 febbraio 2007, n. 266, cit.
42 Si veda anche T.A.R. Piemonte, Sez. II, 6 giugno 2006, n. 2256, in Foro amm. TAR, 2006, p. 1952, ove si osserva che l’assoggettamento di soggetti aventi natura giuridica privata al rispetto dei procedimenti ad evidenza pubblica non è consentita al di là dei casi in cui sia una precisa disposizione normativa – comunitaria o nazionale – a regolare la procedura d’affidamento, connotandola in termini pubblicistici: “l’esistenza di un siffatto vincolo alla libertà di scelta contrattuale, d’altra parte, è naturale nei casi in cui la S.A abbia, sul piano soggettivo, natura pubblicistica, mentre costituisce una vera e propria eccezione al “sistema” nell’ipotesi in cui a bandire l’appalto sia un soggetto privato: nel primo caso, infatti si è presenza di soggetto per sua natura tenuto a conformare la sua azione
Questo spiega l’importanza assunta nella materia che ci occupa delle problematiche inerenti alla esatta delimitazione del campo di applicazione oggettivo della disciplina sui settori speciali e nello stesso tempo chiarisce perché, onde stabilire se una determinata fattispecie possa essere governata dalle disposizioni in parola, si debba necessariamente compiere una duplice verifica volta ad appurare, da un lato, che l’ente eserciti una delle attività specificamente menzionate dalla norma e, dall’altro lato, che nell’esercizio di detta attività esso proceda all’aggiudicazione di un appalto di servizi, di lavori o di forniture che risulti “strettamente connesso” allo svolgimento dei compiti propri dall’ente aggiudicatore.
Deve ricorrere in altri termini un nesso di “diretta finalizzazione”43 dell’attività da appaltare rispetto agli scopi propri dell’attività costituente l’oggetto dell’attività speciale svolta dall’ente aggiudicatore. Ciò in quanto sono sottoposti alla disciplina sui settori speciali unicamente gli affidamenti che si qualificano per la presenza di un nesso funzionale con le attività prese in considerazione nella Pt. III.
In tale ottica, tutte le volte in cui le prestazioni oggetto dell’appalto presentino un carattere di strumentalità diretta ed immediata con lo svolgimento di una delle attività contemplate dai settori speciali e che risultino quindi coerenti con il conseguimento degli scopi cui il relativo esercizio è istituzionalmente finalizzato, deve trovare applicazione il regime in parola.
La giurisprudenza amministrativa ha al riguardo precisato che per stabilire se una determinata procedura ad evidenza pubblica rientri o
all’interesse generale, e quindi a vedere trasformata la propria libertà contrattuale in discrezionalità (tecnica); nel secondo caso, invece, ad agire è un soggetto privato, che si muove utilizzando liberamente i canoni e le regole proprie del diritto civile”.
43 In questi termini T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 30 gennaio 2004 n. 1140, in xxx.xxxxxxxx.xx, confermata da Cons. Stato, Sez. VI, 9 ottobre 2009, n. 6201, in Foro amm. CDS, 2009, p. 2369, concernente l’appalto indetto dalla Società Trenitalia s.p.a. per l’affidamento del servizio di vigilanza degli impianti ferroviari della Provincia di Napoli.
meno nell’alveo applicativo della disciplina sui settori speciali si debba avere riguardo al dato teleologico rappresentato dalla finalizzazione dell’attività messa a gara al perseguimento degli scopi istituzionali demandati all’ente aggiudicatore e non già al dato oggettuale della immediata e diretta omologia fra l’attività oggetto dell’appalto e la tipologia di attività che costituisce l’oggetto principale dell’attività istituzionalmente demandata all’ente aggiudicatore44. In pratica l’appalto può anche avere ad oggetto lo svolgimento di attività comuni che tuttavia laddove risultino strumentali al perseguimento di uno degli ambiti propri dei settori speciali vengono attratte all’alveo di applicazione della disciplina sui settori speciali45.
La rilevanza dell’elemento finalistico, nei termini sopra precisati, è d’altro canto messa in risalto dallo stesso legislatore, anche sotto un profilo lessicale, dalla pluralità dei riferimenti alla “destinazione” dell’appalto. Si pensi infatti all’art. 214 del Codice, che per i casi di appalti che presentando un oggetto composito (in quanto contemplano l’esercizio di più attività solo alcune delle quali sono con esattezza riconducibili alla Pt. III), impone di verificare a quale attività l’appalto sia principalmente “destinato”, ossia sia ad essa legato da un nesso di funzionalità/strumentalità.
Anche il già richiamato art. 219 nel sottrarre all’applicazione codicistica gli appalti “destinati” a permettere la prestazione di una
44 Così Cons. Stato, Sez. VI, 9 ottobre 2009, n. 6201, cit., ove si evidenzia come l’appalto avente ad oggetto lo svolgimento del servizio di vigilanza indetto da un ente aggiudicatore operante nel settore ferroviario non possa in alcun modo ritenersi finalizzato al conseguimento di “scopi diversi” rispetto all’esercizio di attività tipicamente demandate al medesimo ente, in quanto attraverso la vigilanza degli impianti ferroviari è possibile garantire l’effettivo controllo sugli stessi che costituisce il presupposto per il regolare svolgimento del servizio pubblico oggetto di concessione.
45 Cfr. ancora Cons. Stato, Sez. VI, 9 ottobre 2009, n. 6201, ove si osserva che
“l’esclusione dal campo di applicazione della normativa uniforme in tema di c.d. settori speciali debba avere riguardo al dato teleologico della finalizzazione dell’attività messa a gara agli scopi istituzionali demandati all’Ente aggiudicatore e non già al dato oggettuale della immediata e diretta omologia fra l’attività oggetto dell’appalto e la tipologia di attività che costituisce il core business dell’attività istituzionalmente demandata all’Ente aggiudicatore”.
delle attività di cui agli articoli da 208 a 213, qualora detta non risulti direttamente esposta alla concorrenza su mercati liberamente accessibili, pone nuovamente in risalto il citato elemento finalistico.
La stessa giurisprudenza amministrativa ha fino ad ora avuto più di un’occasione per soffermarsi sull’elemento in parola, valutando nelle fattispecie di volta in volta esaminate l’effettiva sussistenza di un nesso di diretta strumentalità tra l’attività svolta dall’ente aggiudicatore e l’oggetto del contratto46.
5.1. Regime applicabile agli appalti aggiudicati per l’esercizio di attività estranee ai settori speciali.
L’aspetto ulteriore e ben più centrale della problematica inerente la delimitazione del campo oggettivo di applicazione della disciplina sui
46 E così, anche al di fuori dall’ambito specifico delle attività inerenti la gestione di infrastrutture aeroportuali, si è posto in luce come, l’applicabilità della disciplina sui settori speciali debba ricollegarsi, sotto il profilo oggettivo, a due ordini di presupposti: il primo concernente il tipo di attività svolta dall’ente aggiudicatore (che deve essere una di quella prese in considerazione dagli artt. 208-213); il secondo attiene alla sussistenza di un nesso fra questa attività e l’appalto progettato. In applicazione di tale criterio T.A.R. Xxxxxx-Romagna, Parma, 28 maggio 2007, n. 315, in xxx.xxxxxxxx.xx, ha affermato che l’appalto per l’affidamento del servizio di pulizia ordinaria e straordinaria di edifici utilizzati da una società multiutility attiva nei settori del gas, elettricità e dell’acqua non sono soggetti alla disciplina sui settori speciali, poiché le prestazioni contemplate nell’oggetto del contratto non risultano funzionali all’attività nei settori speciali esercitata dall’ente aggiudicatore.
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 2 ottobre 2008, n. 2257, in Foro amm. TAR, 2008, 2856, ha ritenuto che l’appalto avente ad oggetto il servizio di sicurezza e vigilanza armata degli edifici dell’azienda municipalizzata del gas di Bari fosse estraneo ai settori speciali. Lo stesso tribunale in un’altra pronuncia (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 12 giugno 2008, n. 1480, in Urb. app., 2008, 1330, con nota di X. XXXXXXXX, La giurisdizione esclusiva del g.a. per gli appalti sotto solgia). ha ritenuto che l’appalto avente ad oggetto l’affidamento del servizio di espletamento della prova preselettiva dei concorsi per l’assunzione di personale, seppure indetto da una società a partecipazione pubblica operante nel settore della distribuzione del gas naturale, non rientra nell’ambito di applicazione della Pt. III del Codice, recante la disciplina per i settori speciali, in quanto non direttamente afferente all’attività tipica descritta all’art. 208 del Codice stesso. Xxxxxx, T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 13 aprile 1999, n. 1182, in F. amm., 1999, 2611 ha ritenuto che la gara per l’affidamento del servizio di ristorazione dei dipendenti facente parte del gruppo Enel presenti un rapporto funzionale con l’esercizio delle attività istituzionali dell’ente aggiudicatore, talché essa, rientra sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo nell’ambito della disciplina dettata in materia dai settori speciali.
settori speciali attiene però alla eventualità che un ente aggiudicatore, accanto alle attività istituzionali che esso svolge per adempiere alla sua missione, eserciti parallelamente, ed in regime di concorrenza, altre attività che non presentano alcuna attinenza con tale compito e che tendono a perseguire finalità lucrative.
Il principale nodo interpretativo che si profila in tale situazione è appunto quello di individuare e definire il regime applicabile alle attività parallele, che in sé e per sé considerate esulano dai settori speciali propriamente intesi.
Si tratta in sintesi di appurare se il regime applicabile a tali attività ulteriori e nettamente separate da quelle che l’ente esercita per adempiere il proprio compito istituzionale sia quello previsto per gli appalti dei settori speciali oppure quello generale dei settori ordinari, o se invece debba valere il regime di diritto comune sui contratti.
Già si è evidenziato al paragrafo precedente che l’applicabilità della disciplina sui settori speciali deve essere costantemente verificata alla luce del tipo di attività istituzionalmente svolta dall’ente aggiudicatore e della sussistenza di un nesso specifico fra questa attività e le prestazioni oggetto del contratto di appalto da aggiudicare. Tuttavia, nei casi di svolgimento da parte dell’ente aggiudicatore di una pluralità di attività, alcune delle quali non riconducibili al settore considerato, l’accertamento in concreto di tale nesso di strumentalità può risultare particolarmente complesso dando origine a delicate questioni interpretative.
In tali situazioni la giurisprudenza comunitaria, in ossequio ai principi di certezza del diritto, di trasparenza e di prevedibilità della disciplina da applicare alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici è solita ricorrere ad un approccio interpretativo particolarmente estensivo che va sotto il nome di “teoria del contagio”. Detto criterio prevede, in sostanza, che, una volta che si sia constatata la riconducibilità di un determinato soggetto aggiudicatore ad una delle figure soggettive prese in considerazione dalle direttive comunitarie sugli appalti pubblici, il particolare regime previsto da tali direttive debba applicarsi indistintamente tanto agli appalti che l’organismo in
questione aggiudica per adempiere al proprio compito istituzionale, quanto per gli appalti inerenti ad attività collaterali che sono finalizzate a conseguire un lucro e che l’ente esercita in un contesto concorrenziale, sopportando i rischi della relativa gestione47.
In tale prospettiva, quand’anche una sola delle attività che vengono svolte da un’amministrazione aggiudicatrice rientri nell’ambito di applicazione delle direttive in materia di appalti pubblici, tutte le altre attività svolte da tale soggetto dovrebbero comunque essere attratte al regime pubblicistico, a prescindere dal loro carattere industriale commerciale ed anche qualora vengano svolte in condizioni di concorrenza con le altre imprese private presenti sul mercato.
Secondo la Corte comunitaria è indifferente che oltre al compito di interesse generale per il quale è stato costituito l’ente svolga anche attività animate da uno scopo lucrativo e commerciale, giacché l’ente continuerebbe comunque a farsi carico dei bisogni di interesse generale che chiamato a soddisfare.
La giurisprudenza comunitaria ha peraltro col tempo affinato e precisato tale criterio interpretativo, onde evitare che esso conducesse a risultati inaccettabili e comunque contrastanti con gli obiettivi che le direttive comunitarie si prefiggono di realizzare nel settore degli appalti pubblici. Si è così chiarito che l’approccio interprativo sopra illustrato debba essere opportunamente circoscritto alle sole procedure di appalto definite dalla direttiva 2004/18/CE, che per la sua portata generale ben si adatta a regolare i molteplici settori della vita
47 Per un applicazione dei tale approccio interpretativo cfr. Xxxxx xxxxx. Xx, 00 gennaio 1998, n. 00, Xxx. Xxxxxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx AG e altri c. Soc. Strohal Rotationsdruck GesmbH, punti 25 e 26 della motivazione. Xxxxx xxxxx. Xx, 00 novembre 1998, n. 360, Gemeente Arnhem e altro c. B.F.I. Holding B.V., in Riv. trim. appalti, 1998, 715 con nota di CASTELLANETA, punti 55 e 56 della motivazione; Corte giust. Ce, Sez. V, 22 maggio 2003, n. 18, Arkkithtuuritoimisto Xxxxxx Xxxxxxxx Oy e altro c. Varkauden Taitotalo Oy, in Foro amm. CDS, 2003, p. 2497, con nota di PERFETTI, L. R., Organismo di diritto pubblico e rischio di impresa, punti 57 e 58 della motivazione; Corte giust. Ce, Corte giustizia CE, Sez. V, 27 febbraio 2003, n. 373, Truley GmbH c. Bestattung Wien GmbH, in Foro amm. CDS, 2003, p. 424, punto 56 della motivazione.
economica48. Mentre per quel che concerne le procedure di aggiudicazione degli appalti aventi ad oggetto le attività proprie dei settori considerati dalla direttiva 2004/17/CE debba privilegiarsi un criterio restrittivo in forza del quale la procedura prevista da tale direttiva settoriale può applicarsi solo ed esclusivamente per l’aggiudicazione di appalti che siano in relazione con attività che l’ente aggiudicatore esercita in uno o più settori considerati da detta direttiva.
Dunque, in relazione all’attività negoziale svolta dai soggetti che rientrano nel novero degli enti aggiudicatori, così come definiti dall’art. 2 della direttiva 2004/17/CE, la Corte di Giustizia tende ad escludere l’applicazione della direttiva medesima ogni qual volta la procedura di aggiudicazione sia finalizzata ad affidare l’esecuzione di opere o la fornitura di beni e servizi inerenti ad attività diverse da quelle identificate dagli artt. 3-7 della direttiva.
Tale conclusione si giustifica, secondo la Corte, tenuto conto delle notevoli differenze esistenti tra le due direttive sia per quel che concerne gli enti cui esse si riferiscono (e si è visto come l’ambito soggettivo della direttiva 2004/17/CE risulti più ampio, includendo non solo le amministrazioni aggiudicatrici, ma anche le imprese pubbliche e i soggetti che beneficiano di diritti speciali o esclusivi concessi loro dall’autorità competente), sia in ragione dell’ambito settoriale della direttiva 2004/17/CE (che riguarda settori specificatamente definiti, sostanzialmente riconducibili ai mercati delle c.d. public utilities) e che impone di interpretare restrittivamente le relative previsioni. Peraltro, la mancata sottoposizione di tali attività collaterali al regime dei settori speciali non equivale certo alla totale esenzione dei relativi enti aggiudicatori dall’assolvimento di qualsivoglia procedura ad evidenza pubblica. Resta infatti aperta la possibilità del ricorso alla normativa sui settori ordinari, se ed in quanto l’ente sia qualificabile come amministrazione aggiudicatrice ai sensi e per gli effetti della disciplina sui settori ordinari49.
48 Corte giustizia CE, Sez. IV, 10 aprile 2008, n. 393, cit.
49 Si veda per tale conclusione, già in precedenza, Xxxxx xxxxxxxxx XX, Xxx. XX, 00 giugno 2005, n. 462, Strabag Ag, in Riv. giur. edilizia, 2005, IV, p 1017, con nota di SINISI, M., I settori speciali nella disciplina della dir. 93/38: la "messa a
Ed è proprio questa la soluzione che ha trovato applicazione nella fattispecie portata all’esame della Corte.
Il caso riguardava la procedura ad evidenza pubblica indetta da una società costituita dalla città di Vienna, e da questa interamente partecipata, cui era stata affidata la fornitura del teleriscaldamento nel territorio cittadino mediante l’utilizzo dell’energia prodotta dalla combustione dei rifiuti.
La Corte comunitaria, dopo aver appurato la riconducibilità di tale società entro la figura soggettiva dell’organismo di diritto pubblico ha ritenuto di assoggettare al regime previsto dalla direttiva sui settori ordinari l’appalto dedotto nella causa principale il quale aveva ad oggetto attività estranee a quella del teleriscaldamento svolta in via principale dalla società e che essa aveva assunto al di fuori dai propri fini istituzionali (si trattava dell’appalto per la realizzazione di un impianto di refrigerazione, nell’ambito di un più ampio progetto relativo ad un complesso di uffici commerciali nella stessa città di Vienna). Si è in questo modo elaborata, da parte della giurisprudenza comunitaria, una peculiare e specifica lettura del surriferito approccio del “contagio”, in forza della quale per gli appalti che non rientrano nell’esercizio di una delle attività regolamentate dalla direttiva “settori speciali” e quindi per le c.d. attività collaterali svolte dall’ente aggiudicatore – e che si presentano nettamente separate (anche sotto un profilo contabile) da quelle che esso esercita per adempiere al proprio compito istituzionale di soddisfare bisogni di interesse
disposizione" e la "gestione" di reti fisse per l’erogazione del servizio ferroviario. I progetti infrastrutturali come attività di settore, punto 37 della motivazione, ove si osserva: “l’applicabilità della direttiva 93/38 dipende dall’attività svolta dall'ente aggiudicatore considerato, nonché dai nessi esistenti fra questa stessa attività e l'appalto progettato da detto ente. Se quest’ultimo esercita una delle attività di cui all’art. 2, n. 2, della direttiva 93/38 e nell’esercizio di detta attività prevede - il che spetta al giudice nazionale verificare – l’aggiudicazione di un appalto di servizi, di lavori o di forniture o l'organizzazione di un concorso, le disposizioni di questa direttiva si applicano a detto appalto o concorso. Altrimenti, l’appalto o il concorso sarà disciplinato dalle norme stabilite dalle direttive concernenti, a seconda dei casi, l'assegnazione degli appalti di servizi, di lavori o di forniture”.
generale – debbano comunque trovare applicazione le previsioni normative della direttiva generale.
In tale prospettiva, laddove l’ente sia inquadrabile in una delle figure soggettive previste da tale ultima direttiva (come si verifica nel caso dell’organismo di diritto pubblico che è contemplata tanto dalla direttiva settoriale quanto da quella generale), l’intera attività svolta dall’ente viene assoggettata al regime dell’evidenza pubblica, senza che assuma rilievo la distinzione tra attività volte a soddisfare bisogni di interesse generale ed attività svolte in condizione di concorrenza; e ciò anche in presenza di una contabilità intesa alla separazione dei settori di attività e ad evitare possibili interferenze tra loro (come si verificherebbe nei casi di finanziamenti incrociati); cosicché ciascuna delle due direttive troverà applicazione (in relazione al proprio specifico oggettivo di operatività), “senza distinzione tra le attività che il detto ente esercita per adempiere il suo compito di soddisfare bisogni d’interesse generale e le attività che esercita in condizioni di concorrenza”50.
È a questo punto interessante chiedersi a quali conclusioni sarebbe giunta la Corte ove fosse venuta in considerazione l’attività negoziale svolta da un soggetto non sussumibile in nessuna delle figure soggettive prese in considerazione dalla direttiva 2004/18/CE, in quanto qualificabile come impresa pubblica o soggetto titolare di diritto speciale ed esclusivo, figure queste che come si è detto sono prese in considerazione unicamente dalla direttiva settori speciali.
In tale eventualità si sarebbe posto evidentemente l’interrogativo di fondo se assoggettare tali appalti alla normativa sui settori ordinari, oppure dichiararli esenti da qualsivoglia obbligo di evidenza pubblica.
Ad avviso di chi scrive la prima soluzione avrebbe generato una forzatura del dato normativo, perché con riferimento agli appalti dei settori ordinari la natura di impresa pubblica o di soggetto titolare di diritti speciali ed esclusivo non impone l’applicazione della normativa
50 Corte giustizia CE, sez. IV, 10 aprile 2008, n. 393, cit., punto 59 della motivazione.
ad evidenza pubblica, non essendo tali figure ricomprese tra le amministrazioni aggiudicatrici di cui alla Parte II del Codice.
La sopra riferita opzione interpretativa avrebbe pertanto condotto ad un’indebita estensione della sfera applicativa del regime dell’evidenza pubblica, ben al di là di previsioni di legge ed introducendo, per via extralegale, rilevanti limiti all’automunita privata. Con il conseguente rischio che l’assoggettamento alle procedure pubblicistiche di aggiudicazione, anziché rispondere a finalità di promozione e di tutela della concorrenza generasse l’effetto opposto, ossia quello di impedire, restringere o comunque di falsare il corretto dispiegamento del confronto concorrenziale, ponendo taluni operatori in una situazione di svantaggio rispetto e senza che ricorrano valide ragioni.
Ed è significativo che proprio in relazione a tali ipotesi di dilatazione del regime vincolistico dell’evidenza pubblica ad attività totalmente estranee rispetto a quelle per le quali il soggetto è stato costituito, tanto la dottrina quanto la giurisprudenza51 abbiano formulato serie critiche, ponendo in luce l’importanza di operare comunque una rigorosa delimitazione dell’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione delle disposizioni in materia di appalti ed al fine di evitare possibili distorsioni delle regole della concorrenza e del mercato.
6. Delimitazione dell’ambito oggettivo di applicazione della Parte III del Codice nel settore della gestione aeroportuale (art. 213). Già si è detto che l’art. 213 del Codice dei contratti circoscrive l’applicazione del regime di cui alla Parte III del Codice alle sole attività di “sfruttamento di un’area geografica”, ai fini della “messa a disposizione di aeroporti … e di altri terminali di trasporto ai vettori aerei ...”.
Nella formulazione della norma è stata riprodotta la locuzione “sfruttamento di aerea geografica”, che è presente anche nella previsione dedicata alle attività di prospezione ed estrazione di
51 TAR Lombardia, Milano, Sez. III, 15 febbraio 2007, n. 266.
petrolio, gas, carbone e altri combustibili solidi (cfr. art. 212 Codice Contratti)52, la quale indubbiamente allude ad una attività di utilizzazione di una determinata porzione di territorio53.
Ritorna parimenti nella norma in esame l’espressione “messa a disposizione” che si rinviene parimenti in altre disposizioni dei settori speciali, segnatamente in relazione agli appalti aggiudicati dagli enti che operano nel settore del gas, dell’energia termica (art. 208, comma 1), nel settore dell’elettricità (art. 208); nel settore idrico (art. 209) e nel settore dei servizi di trasporto (art. 210).
Tuttavia, mentre in tali ultimi casi il legislatore ha qualificato le relative attività di “messa a disposizione” delle reti come attività destinate alla fornitura di un “servizio al pubblico”, nella disposizione in commento manca il riferimento alla fornitura di un servizio al pubblico e si individuano i destinatari dell’attività di “messa a disposizione” di “aeroporti ed altri terminali di trasporto” direttamente nei vettori aerei. Tali parziali asimmetrie che si registrano nelle stesse previsioni normative dedicate ai settori speciali e la mancanza di una chiara enunciazione, da parte del legislatore, del concetto di “messa a disposizione” di aeroporti (e di altri terminali di trasporto) rendono particolarmente ardua l’operazione di delimitazione del campo di applicazione oggettivo della norma.
52 L’art. 7 della dir. 2004/17/CE prende in considerazione nell’ambito di un’unica previsione normativa, dedicata appunto alle “attività relative allo sfruttamento di un’area geografica” sia le attività di prospezione ed estrazione di petrolio, gas, etc., che quelle aventi ad oggetto la messa a disposizione di aeroporti, porti marittimi o interni e di altri terminali di trasporto ai vettori aerei, marittimi e fluviali. Il codice dei contratti ha invece preferito dedicare ai due settori di attività due autonome previsioni normative (art. 212 e 213). Peraltro all’art. 3, comma 5 del codice le predette attività vengono, e sia pure a fini meramente descrittivi, nuovamente accorpate nel medesimo ambito dello “sfruttamento di area geografica”.
53 In questi termini IELO, D., Contratti di lavori, servizi e forniture nei settori speciali, in AAVV, p. 453. Altri (DELFINO, B., Commento all’art. 213, in GAROFOLI, R., XXXXXXX, G., Codice degli appalti pubblici e nuova direttiva ricorsi, cit., p. 1206 hanno evidenziato che l’area geografica da sfruttare deve comunque essere preliminarmente delimitata dalla S.A., onde consentire alle imprese partecipanti una corretta valutazione delle prestazioni da eseguire.
In via di prima approssimazione può ritenersi che debbano qualificarsi come attività relative allo “sfruttamento di un’area geografica”, nel senso sopra precisato, tutte quelle attività finalizzate alla “messa a disposizione” degli scali aeroportuali ai vettori aerei, ossia le attività di messa a disposizione del complesso di beni e delle strutture presenti all’interno dell’aeroporto, ancorché non destinati direttamente alla navigazione aerea o comunque non strumentali all’esercizio del servizio pubblico di trasporto54. Questa è l’interpretazione che è stata data dai primi commentatori, all’indomani dell’emanazione del Codice dei contratti55
Il regime sui settori speciali dovrebbe pertanto applicarsi agli appalti indetti dagli enti cui disposizioni legislative o provvedimenti concessori abbiano affidato, in via esclusiva o insieme ad altre attività,
54 Nel suo complesso, l’infrastruttura aeroportuale si compone anzitutto di beni e infrastrutture che sono direttamente strumentali alle operazioni di volo (quali le piste, le rampe atterraggio, le piazzole di sosta, degli aeromobili) e di beni e infrastrutture che sono strumentali alle operazioni di assistenza ai passeggeri (quali ad es. le strutture destinate ad accogliere i passeggeri in partenza, in arrivo, in transito, a consentirne il controllo dei biglietti, dei documenti di viaggio, la registrazione e lo stivaggio dei relativi bagagli, banchi check-in, xxxxx, e banchi informazione al pubblico) e degli aeromobili (quali ad es. magazzini, impianti di alimentazione, condizionamento e riscaldamento degli aeromobili, sistemi di deghiacciamento degli aeromobili, sistemi di stoccaggio e distribuzione carburante per gli aeromobili, ecc.). Vi sono poi ulteriore beni e spazi che vengono dedicati alle attività commerciali e che si pongono con in un rapporto di strumentalità meno intenso rispetto al servizio di trasporto aereo ed alle operazioni di assistenza a passeggeri e aeromobili.
La nozione di aeroporto si ricava oggi dall’art. 2, comma 1, lett. a, del d.lgs. 13 gennaio 1999, n. 18 (attuazione della direttiva 96/76/CE relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità), che lo definisce come “qualsiasi terreno appositamente predisposto per l’atterraggio, il decollo e le manovre di aeromobili, inclusi gli impianti annessi che esso può comportare per le esigenze del traffico e per il servizio degli aeromobili, nonché gli impianti necessari per fornire assistenza ai servizi aerei commerciali”.
55 Si veda ad esempio IELO D., XXXXXXX, R., Commento all’art. 213, in XXXXXXX, G., ed altri, Codice dei contratti pubblici, cit., p. 1868, secondo cui oggetto della attività di “messa a disposizione” degli aeroporti ai vettori aerei è rappresentato dalla struttura aeroportuale nel suo complesso, ossia: “a) qualsiasi terreno appositamente predisposto per l’atterraggio, il decollo e le manovre di aeromobili; b) gli impianti annessi che esso può comportare per le esigenze del traffico e per il servizio degli aeromobili; c) gli impianti necessari per fornire assistenza ai servizi aerei commerciali”.
il compito di amministrare e di gestire l’insieme delle infrastrutture aeroportuali, come sopra definite (e quindi il complesso dei beni destinati all’approdo, alla sosta e al decollo degli aeromobili, nonché alla attesa ed all’imbarco dei passeggeri) nonché di coordinare e controllare le attività dei vari operatori presenti nei terminali di trasporto di vettori aerei.
Se per definire il campo di applicazione della previsione normativa in parola si segue l’approccio interpretativo generalista appena illustrato è gioco forza richiamare la figura del gestore aeroportuale le cui competenze e funzioni pubblicistiche sono state definite ex novo in sede di riforma della parte aeronautica del Codice della navigazione56 ed al quale spetta oggi il compito di assicurare l’ordinato svolgimento delle attività aeroportuali e di realizzare il coordinamento dei soggetti privati che a vario titolo operano in ambito aeroportuale57.
L’art. 705, comma 1 del Codice della navigazione individua infatti nel gestore aeroportuale il soggetto che, sotto il controllo e la vigilanza dell’ENAC, insieme ad altre attività o in via esclusiva, ha il compito di “amministrare e di gestire, secondo criteri di trasparenza e non discriminazione, le infrastrutture aeroportuali e di coordinare e
56 Cfr d.lgs. 9 maggio 2005, n. 96 con il quale sono state approvate le modifiche alla parte aeronautica al Codice della navigazione. Per un primo inquadramento della nuova disciplina si vedano fra gli altri SANDULLI, M.A., Il diritto degli aeroporti nel nuovo codice della navigazione: introduzione al tema, in M.A. SANDULLI, (a cura di), Il diritto degli aeroporti nel nuovo codice della navigazione (supplemento al n. 1/2006 di Serv. pubbl. app.), p. 5 ss.; XXXXXXX XXXXXXXX, G., Il progetto di riforma della parte aeronautica del codice della navigazione, in AA.VV, Il nuovo diritto aeronautico, Milano, 2002, p. 3 ss.; BOTTACCHI, S., La riforma della parte aeronautica del codice della navigazione: le principali novità in materia di navigazione aerea, in Dir. comm. internaz., 2006, p 215 ss.
57 Tra i soggetti che operano in ambito aeroportuale vengono in considerazione in primo luogo i soggetti affidatari dei servizi di sicurezza a terra (servizi che il d.m. trasporti e navigazione 29 gennaio 1999, n. 85, in attuazione dell’art. 5, d.l. 18 gennaio 1992, n. 9, convertito in l. 28 febbraio 1992, n. 217 ha liberalizzato prevedendone l’affidamento in concessione, laddove non comportino l’esercizio di poteri riservati allo Stato; tali servizi includono, fra l’altro, il controllo dei passeggeri in partenza ed in transito; il controllo radioscopico o con altri sistemi dei bagagli dei passeggeri, dei bagagli in stiva, della merce), i prestatori di servizi aeroportuali di assistenza a terra, i prestatori di attività non aeronautiche (attività a carattere commerciale).
controllare le attività dei vari operatori privati presenti nell’aeroporto o nel sistema aeroportuale considerato”58. Ed è in tale veste che il gestore aeroportuale assicura l’ordinato svolgimento delle attività aeroportuali, mediante il coordinamento dei vari soggetti che in esso vi operano.
58 Il comma 2 del medesimo art. 705, ove si prevede che il gestore aeroportuale:
“a) assicura il puntuale rispetto degli obblighi assunti con la convenzione ed il contratto di programma;
b) organizza l'attività aeroportuale al fine di garantire l'efficiente ed ottimale utilizzazione delle risorse per la fornitura di attività e di servizi di livello qualitativo adeguato, anche mediante la pianificazione degli interventi in relazione alla tipologia di traffico;
c) corrisponde il canone di concessione;
d) assicura agli utenti la presenza in aeroporto dei necessari servizi di assistenza a terra, di cui all'articolo 706, fornendoli direttamente o coordinando l'attività dei soggetti idonei che forniscono i suddetti servizi a favore di terzi o in autoproduzione;
e) sotto la vigilanza dell'ENAC e coordinandosi con la società Enav, assegna le piazzole di sosta agli aeromobili e assicura l'ordinato movimento degli altri mezzi e del personale sui piazzali, al fine di non interferire con l'attività di movimentazione degli aeromobili, verificando il rispetto delle prescrizioni del regolamento di scalo da parte degli operatori privati fornitori di servizi aeroportuali;
e-bis) propone all'ENAC l'applicazione delle misure sanzionatorie previste per l'inosservanza delle condizioni d'uso degli aeroporti e delle disposizioni del regolamento di scalo da parte degli operatori privati fornitori di servizi aerei e aeroportuali;
e-ter) applica, in casi di necessità e urgenza e salva ratifica dell'ENAC, le misure interdittive di carattere temporaneo previste dal regolamento di scalo e dal manuale di aeroporto;
f) fornisce tempestivamente notizie all'ENAC, alla società Enav, ai vettori e agli enti interessati in merito a riduzioni del livello del servizio ed a interventi sull'area di movimento dell'aeroporto, nonché alla presenza di ostacoli o di altre condizioni di rischio per la navigazione aerea nell'ambito del sedime di concessione;
g) redige la Carta dei servizi in conformità alle direttive emanate dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall'ENAC e garantisce il rispetto dei previsti livelli di qualità dei servizi offerti all'utenza;
h) assicura i controlli di sicurezza su passeggeri, bagagli e merci, conformemente alle disposizioni vigenti, nonché la gestione degli oggetti smarriti”.
Sui compiti, sulle prerogative e sul “ruolo “strategico” che il gestore è chiamato ad assolvere nell’ambito della complessa organizzazione aeroportuale (anche in considerazione delle rilevanti responsabilità che su di esso gravano in sede di conduzione dello scalo, al fine garantire l’efficienza e la qualità delle prestazioni rese del gestore aeroportuale si veda FRANCHI, B., Profili organizzatori dell’attività aeroportuale dopo la riforma del codice della navigazione, in Resp. civ. previdenza, 2008, p. 1958.
Pur tuttavia nell’ambito delle diverse tipologie di attività che si svolgono all’interno dell’infrastruttura aeroportuale sotto la responsabilità, il coordinamento ed il controllo del gestore aeroportuale, è stato possibile operare una distinzione generale tra attività c.d. “aviation” ed attività c.d. “non aviation”59.
Le prime comprendono tutte le attività relative al servizio di trasporto aereo, ovvero con particolare riferimento alle operazioni di volo ed ai servizi di assistenza a terra ad esse collegate.
Le ultime fanno invece riferimento ai servizi commerciali ed alle attività ulteriori finalizzate all’assistenza ed al conforto dei passeggeri che vengono loro offerti all’interno dell’aeroporto.
Ebbene, i gestori aeroportuali hanno tradizionalmente svolto in via esclusiva l’insieme delle attività che sono riconducibili alla prima tipologia delle sopra ricordate attività (c.d. aviation), fra le quali rientrano indubbiamente i servizi di assistenza a terra (c.d. handling)60.
Per quel che concerne, invece, le attività c.d. non aviation, ossia quelle che non possono considerarsi come una normale componente del
59 Per tale classificazione cfr. AGCM, provvedimento n. 16247 del 14.12.2006, nonché AGCM, provvedimento 26.11.2008, n.
60 E ciò sino a quando, sotto l’influenza del legislatore comunitario che era impegnato in un esteso processo di liberalizzazione del mercato del trasporto aereo e di riforma dell’ordinamento aeronautico nelle sue varie articolazioni, il d.lgs. 13 gennaio 1999, n. 18, recante attuazione della direttiva 96/67/CE relativa al libero accesso al mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti della Comunità ha previsto l’obbligo di separazione contabile tra le attività legate alla fornitura dei servizi di assistenza a terra e le altre attività del gestore dello scalo aeroportuale, stabilendo espressamente che i servizi di handling possano essere svolti anche da operatori terzi, con l’ausilio delle infrastrutture messe a disposizione dal gestore aeroportuale. Il d.lgs. n. 18/1999 nel quadro di un più ampio processo di apertura alla concorrenza del mercato dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti ha sancito l’autonomia e la conseguente necessaria separazione tra attività direttamente strumentali alle operazioni di volo e le altre attività in cui si sostanzia la gestione aeroportuale prevedendo anche in capo all’ente di gestione l’obbligo di effettuare una gara di appalto “ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158” al fine di selezionare gli affidatari di tali servizi (art. 11, d.lgs. n. 18/1999).
servizio aeroportuale, ma che tuttavia caratterizzano l’attività di “gestione aeroportuale” intesa in senso lato61, vengono in
considerazione le attività, distinte da quelle principali oggetto di concessione, che sono dirette all’assistenza ed al conforto dei passeggeri. Si pensi ad esempio all’affidamento di aree del sedime aeroportuale per la gestione di un autoparcheggio custodito o di locali presenti all’interno dell’aerostazione per lo svolgimento di attività di ristorazione, di somministrazione di alimenti e bevande, per la gestione di rivendite di tabacchi, prodotti enogastronomici, negozi di abbigliamento.
Raramente la gestione di tali attività viene assunta direttamente dal gestore aeroportuale; molto più spesso essa è affidata a società dallo stesso controllate o ad imprese terze cui vengono messe a disposizione determinate aree del demanio aeroportuale di cui il gestore ha la diretta disponibilità62.
61 Sul concetto di gestione aeroportuale si vedano i contributi di XXXXXXX, G., Le gestioni aeroportuali, in Diritto aereo, 1983, p. 1 ss.; MASTRANDREA, G., La gestione aeroportuale nella riforma dell’aviazione civile, in AA.VV., La liberalizzazione dell’attività di assistenza aeroportuale a terra, Milano, 2000, p. 49 ss.
62 In questi casi si pone una prima rilevante questione concernente la qualificazione del rapporto che viene ad instaurarsi tra gestore aeroportuale e impresa terza; se cioè esso debba attrarsi nello schema giuridico della sub concessione ovvero debba inquadrarsi in altra e diversa figura. Il criterio che la giurisprudenza tende a privilegiare per la soluzione dei casi dubbi prevede l’accertamento di un nesso di strumentalità tra il bene e il tipo di attività in vista del cui svolgimento esso è stato concesso in godimento. È quindi un criterio che impone preliminarmente di appurare che l’oggetto dell’affidamento in concessione sia rappresentato semplicemente dal bene (in questo caso l’area da utilizzare per lo svolgimento delle attività sopra indicate) ovvero anche la attività da svolgere nell’area allo scopo destinata. In base a tale criterio si è in presenza di una subconcessione, quando il bene compreso in area aeroportuale è concesso in godimento ad un terzo allo scopo che lo utilizzi per svolgere un’attività compresa tra quelle che il concessionario avrebbe altrimenti svolto direttamente, in quanto rappresentano una normale componente del servizio aeroportuale unitariamente inteso. Il rapporto fuoriesce invece dall’ambito della sub concessione, per essere eventualmente inquadrato in schemi negoziali privatistici (quali ad es. la locazione), quando il bene non si presenta in collegamento funzionale con l’impresa del cedente e non possiede il carattere di bene strumentale rispetto ai servizi resi dal cedente e viene utilizzato per il perseguimento di scopi di natura commerciale che non rappresentano una normale componente del servizio aeroportuale unitariamente inteso.
È indubbio che anche le attività classificabili come “non aviation” presuppongano l’utilizzo di parti dell’infrastruttura aeroportuale come sopra descritta.
Ma è doveroso chiedersi se anche queste attività – che pure rientrano nella “gestione aeroportuale” intesa in senso lato – possano qualificarsi, in senso proprio, come attività di “messa a disposizione” di aeroporti nel senso precisato dall’art. 213 cit. e debbano quindi essere assoggettate al regime pubblicistico dell’evidenza pubblica e, in particolare, alla disciplina sugli appalti nei settori speciali. Ed il problema si è posto nel settore aeroportuale proprio con riferimento alle attività destinazione prevalentemente commerciale che di norma si svolgono all’interno dell’aerostazione.
Ad avviso di chi scrive, per delimitare correttamente il campo di applicazione del regime dell’evidenza pubblica nel settore della gestione di infrastrutture aeroportuali ed evitare indebite estensioni della disciplina propria dei settori speciali, è necessario tenere presente la particolare formulazione della norma in parola che non si riferisce indistintamente all’insieme delle attività di gestione aeroportuale, né tantomeno rinvia direttamente alla figura del gestore aeroportuale, ma evoca un ambito ben più specifico, quello appunto rappresentato dalle attività finalizzate alla “messa a disposizione” di aeroporti a favore di vettori aerei.
Tale espressione è frutto di una precisa scelta del legislatore che ha così inteso delimitare l’estensione del regime in parola, imponendo all’interprete di selezionare, nell’ambito delle attività che si svolgono all’interno dello scalo e che richiedono l’utilizzo parti dell’infrastruttura aeroportuale, le attività che presentano un “collegamento strumentale” con l’attività aeroportuale come sopra precisata, in quanto essenziali al fine di completare il ciclo del traffico aereo e dell’assistenza ai passeggeri.
Solamente queste attività (e non le altre) possono farsi rientrare nella locuzione “messa a disposizione” di cui all’art. 213, cit. ed essere assoggettate al regime tipico sui settori speciali. Per le altre attività in cui non sia evidenziabile detto nesso di strumentalità con le attività di
trasporto aereo dovrebbe invece valere il regime di diritto comune sui contratti.
Si tratta quindi di operare un distinguo, nell’ambito delle attività che si svolgono all’interno degli scali aeroportuali, tra attività che debbano considerarsi come “strumentali” al perseguimento degli scopi istituzionali del gestore aeroportuale, in quanto essenziali per il funzionamento e l’operatività dell’infrastruttura aeroportuale, e attività che solo occasionalmente si collegano con i compiti assunti dal gestore aeroportuale ed in relazione alle quali non può trovare applicazione il regime dell’evidenza pubblica di cui ai settori speciali63.
7. Considerazioni conclusive.
Tornando alle decisioni in rassegna è possibile formulare alcune sintetiche riflessioni conclusive alla luce delle soluzioni interpretative accolte dal TAR nelle due fattispecie sottoposte al suo esame. In particolare, richiamando i profili trattati al paragrafo precedente, è significativo evidenziare come il giudice amministrativo pur avendo esaminato fattispecie di appalto aventi entrambe ad oggetto l’esecuzione di servizi legati da evidenti nessi di strumentalità rispetto alle attività prese in considerazione dall’art. 213 del Codice dei contratti (nel primo caso l’appalto aveva ad oggetto il servizio di pulizia della pista di volo dai residui gommosi provocati dalle gomme degli aeromobili in fase di atterraggio nel momento dell’impatto con il suolo, mentre il secondo concerneva la fornitura del servizio di assistenza tecnica informatica a favore dei diversi utenti del sistema informatico presente nello scalo) abbia tratto conclusioni di segno radicalmente opposto, ritenendo che solo nel secondo caso l’appalto vertesse su attività “proprie” del settore aeroportuale e che la relativa
63 Ed è proprio in relazione a tali attività che si è manifestata una tendenza estensiva all’applicazione della normativa comunitaria, tendenza che una parte autorevole della dottrina (CHITI, M.P., La gestione aeroportuale tra diritto comune e attività amministrativa in senso oggetto, in Foro amm. TAR, 2003, p. 323 ss.) ha criticato ponendo in luce come la gestione di spazi commerciali all’interno degli aeroporti non costituisca affatto una specie del genere “servizi” di cui alle direttive comunitarie e risulti quindi sostanzialmente estranea all’ambito oggettivo di applicazione di tale disciplina.
procedura di affidamento fosse assoggettabile al regime di cui ai settori speciali.
In realtà, le conclusioni ricavate dal TAR nella prima decisione sollevano non poche perplessità perché le prestazioni oggetto della relativa procedura ad evidenza pubblica (come detto inerente la pulizia della pista di volo dai residui gommosi prodotti dagli aeromobili) rappresentano una delle normali componenti del servizio aeroportuale unitariamente inteso, in quanto attività preordinata a garantire il regolare, sicuro ed efficiente svolgimento delle operazioni aeree.
Sorprende pertanto che la prima decisione abbia giudicato la relativa procedura di aggiudicazione come “estranea” ai settori di attività presi in considerazione dal ricordato art. 213, quando in realtà le prestazioni oggetto dell’appalto appaiono direttamente riconducibili a quella specifica attività di prevenzione che va sotto il nome di safety, o sicurezza operativa, che è preordinata a prevenire ogni possibile incidente o guasto dell’aeromobile sia nelle fasi di decollo che di atterraggio.
Si tratta in ultima analisi di servizi che rappresentano una delle componenti più tipiche dell’attività aeroportuale, in quanto indispensabili al fine di garantire che il traffico aereo si svolga in condizioni di sicurezza e di continuità nell’interesse non solo dell’industria aeroportuale ed aeronautica, ma anche degli stessi passeggeri che utilizzano lo scalo e che ben difficilmente possono giudicarsi estranei al settore speciale di competenza affidato al gestore. E ciò tanto più in un contesto, quale è quello descritto ai paragrafi precedenti, in cui è destinato ad assumere sempre maggiore rilievo il ruolo strategico del gestore aeroportuale quale principale garante della sicurezza del volo e della tutela della incolumità degli utenti del servizio aeroportuale.