LA CONTRATTUALISTICA NELLA MOVIMENTAZIONE DELLA MERCE CON I TERZISTI
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LA CONTRATTUALISTICA NELLA MOVIMENTAZIONE DELLA MERCE CON I TERZISTI
Simposi della relazione al convegno “Rischi dell’imprenditore nella movimentazione delle merci” organizzato da Xxxxxx & Morgan (Coste di Conegliano, 7 aprile 2006)
Premessa
L’intervento è focalizzato evidentemente su un segmento particolare di una filiera produt- tiva: quello che collega il produttore di un bene finito o semilavorato al soggetto (il c.d. “terzista”) cui viene commissionata (i) la realizzazione di una lavorazione su detto bene o
(ii) la fornitura del bene finito o di un semilavorato od un componente; ovvero infine (iii) sia una lavorazione che la fornitura di beni.
Si tratta di un tipo di rapporto economico che recentemente ha conosciuto un grande sviluppo, motivato da svariati fattori riconducibili alla convenienza di politiche di decentramento produttivo (specializzazione tecnologica, ripartizione del rischio d’impre- sa, scarico a terzi degli investimenti fissi, …) che sono in larga parte noti e sui quali conviene rinviare ad altra sede.
Nel primo dei casi sopra citati siamo in presenza di un contratto di “lavorazione per conto” (riconducibile allo schema domestico dell’appalto ovvero del contratto d’opera); nel secondo a quello della vendita; nel terzo ad un contratto misto che in linea di principio potrà dirsi ricondotto a quello che caratterizza la prestazioni considerata prevalente (esecuzione di lavoro o fornitura di merce).
È la movimentazione fisica del bene, in andata dal produttore al terzista (almeno nel primo e nel terzo caso) e quindi da terzista al produttore, a dare origine ai rischi tipici
connessi al trasporto: perdita e danneggiamento, ed alla loro allocazione legale in capo all’uno o all’altro dei contraenti.
Peraltro, poiché tale movimentazione viene di regola affidata a terzi specializzati, emerge di regola l’ulteriore profilo di responsabilità di tale terzo (il “vettore”) che, se accertata, ha naturalmente impatto sulla sopraccennata ripartizione del rischio di sinistro fra committente e terzista.
Come vedremo, l’intervento del vettore terrestre dà luogo, nel nostro Paese, anche ad una singolare corresponsabilizzazione dei terzi che entrano a vario titolo con questi in contat- to (il mittente vero e proprio, il caricatore, il proprietario delle merci, …), ovviamente con correlata responsabilità sotto il profilo amministrativo.
La recente “riforma” della disciplina sull’autotrasporto, ed il fatto che la movimentazione su gomma è quella che intuitivamente caratterizza la maggior parte del traffico di perfe- zionamento, giustificano la maggior attenzione che verrà dedicato al tema della respon- sabilità del vettore terrestre piuttosto che a quello aereo, marittimo o su rotaia.
Procedendo comunque con ordine.
Il rapporto di lavorazione per conto
La commessa affidata dal produttore al terzista, è, come abbiamo sopra visto, il rapporto alla base di una movimentazione di merci ai fini di una loro lavorazione.
Ai fini odierni ciò che rileva è il fatto che il produttore committente affidi merce al terzista, e che questi debba tornargliela lavorata secondo determinate specifiche.
Per quanto attiene il problema della ripartizione dei rischi di trasferimento della merce, il principio-base è che è il proprietario dei beni, quindi il committente, a subire il danno per loro eventuale perdita o danneggiamento (res perit domino), salva naturalmente la responsabilità tipica del detentore, che il terzista assume se ritira la merce presso la sede del committente, o sia ivi tenuto a rendere il prodotto lavorato. Opinione è che la sorte dei beni affidati per la lavorazione sia governata per analogia dalle norme sul contratto di deposito: ciò comporta che il terzista deve custodire il bene da lavorare con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1768 c.c.) sino a quando lo rende al committente e che
egli va esente da responsabilità, in caso il bene gli venga sottratto, solo se ciò dipende da “fatto a lui non imputabile” (art. 1780 c.c.).
Il principio pare potersi applicare senza grandi problemi sia nei casi in cui il rapporto abbia natura interna (cioè quando committente e terzista hanno sede nel medesimo Stato) come pure internazionale (quando invece hanno sede in Stati diversi).
Il terzista venditore
Se ci si trova in un contesto di vendita (nei casi, cioè in cui la fornitura del terzista vede prevalere la dazione di merce sulla prestazione di servizi) il rischio di perimento in itinere del prodotto acquistato dal terzista è allocato in conformità ai termini di resa contrattual- mente previsti (ad es. l’INCOTERMS indicato in contratto).
Se il contratto non dispone al proposito, occorre distinguere se il rapporto ha natura inter- nazionale o no.
Il primo caso si dà quando committente e terzista hanno sede in Stati diversi. Nella mag- gior parte dei casi, vale quanto disposto agli artt. 66 e ss. della Convenzione di Vienna
10.4.80 e cioè che il rischio passa al compratore dal momento in cui i beni sono rimessi al primo vettore (se i beni sono già in transito, il rischio passa invece al momento di perfe- zionamento del contratto di vendita).
Se la vendita si esaurisce invece in ambito domestico, il riferimento è al tradizionale prin- cipio che il rischio grava sul proprietario (e lo è il compratore al momento della stipula del contratto, se relativo a beni determinati, o al momento della loro individuazione, se merci determinate solo nel genere – art. 1378 c.c.). Vale la pena di ricordare che l’art. 1510 c.c. - che prevede che il venditore si libera dell’obbligo di consegna con la rimessa al primo vettore - è tradizionalmente interpretato come riferentesi ai soli costi di trasporto (e non ai rischi).
La responsabilità del vettore
Come noto il vettore ha un obbligo di risultato: deve consegnare la merce, integra, al destinatario, al punto e nel tempo prefissato.
In diritto italiano – e tale quindi è la disciplina per i trasporti interni – il vettore va esente di responsabilità in caso di mancato trasporto o ritardo se prova l’impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile (principio generalissimo sull’inadempimento, art. 1218 c.c.) e in caso di perdita o avaria se prova il caso fortuito, o vizi delle cose stesse, o fatto del mittente o destinatario (art. 1693 c.c.). Anche laddove sussiste, la responsabilità viene poi grandemente ridotta da un limite legale alla misura del risarcimento. Per i trasporti su strada, il limite fissato dalla l. 450/85 (in parte modificato poi dalla l. 162/93) è stato recentemente rivisto dal d. lgs. n. 286/05 (art. 10) che ha no- vellato l’art. 1696 c.c. introducendo tre ulteriori commi. Ora il limite del risarcimento, salvo dolo o colpa grave del vettore o accordo fra le parti, è di minimo €1/kg.
Come noto, quanto sopra vale anche per lo spedizioniere (cioè colui che assume l’incarico di concludere, in nome proprio o del mandante, contratti di trasporto) nei casi in cui egli sia incaricato anche dell’esecuzione del trasporto (art. 1741 c.c.).
Se il trasporto su strada è internazionale (cioè nei casi in cui, indipendentemente dalla sede delle parti, il trasporto ha partenza e arrivo in Stati diversi), trova applicazione la convenzione CMR (Ginevra, 1956), con un limite attuale di 8,33 dsp cioè ca. €9,75 per il risarcimento in caso di perdita totale o parziale della merce. Tale limite è peraltro superabile se vi è una dichiarazione di valore o di interesse speciale alla riconsegna (art. 23, c. 6).
Il trasporto marittimo, quello su rotaia e quello aereo hanno profili e limiti diversi di responsabilità. Manca a tutt’oggi una normativa convenzionale sul trasporto multimodale, un vuoto colmato in parte da norme uniformi di natura privatistica (le UNCTAD/ICC Rules di cui alla pubbl. ICC n. 481).
La responsabilità di committente, caricatore e proprietario per il comportamento del vettore
La recente “riforma” dei trasporti su strada (art. 7 del d. lgs. n. 286/05 su legge delega n. 32 del 1.3.05) ha stabilito un’articolata responsabilità solidale di committente, caricatore e proprietario della merce che (i) affidino il trasporto ad un “abusivo” (sanzione amministrativa pecuniaria con confisca della merce); (ii) che abbiano fissato al vettore
“multato” termini di consegna “incompatibili con il rispetto da parte del conducente delle norme sulla sicurezza sociale”; (iii) quando, in assenza di incarico scritto, non abbiano “acquisito” copia della carta di circolazione del mezzo e dichiarazione del vettore che è “in regola”.
Detta normativa – invero non un modello di chiarezza ed ordine lessicale – rientra in un disegno che ha l’obiettivo del “riassetto normativo dell’attività di autotrasporto di merci per conto terzi”. Le tariffe sono state liberalizzate, ma la forma del contratto di trasporto resta in qualche modo vincolata: più precisamente, l’art. 6 dice che “il contratto di tra- sporto di merci su strada è stipulato, di regola, in forma scritta per favorire la correttez- za e la trasparenza dei rapporti fra i contraenti, ai sensi della normativa in vigore”. La forma non scritta non è quindi vietata, ma il legislatore ha mostrato di incoraggiare in particolar modo la sua adozione (vedasi ad es. quanto previsto dall’art. 7.5 o dall’art. 9 del citato d. lgs.).
Per di più di tratta di forma “consigliata”: con rara tempestività il Ministero ha emanato (decreto dirigenziale 1-2-2006) quattro standards di contratti relativi (i) a singola prestazione di trasporto, (ii) a pluralità di prestazioni, (iii) trasporto con rinvio ad accordi collettivi di settore, (iv) prestazioni di sub-vettori.
Le norme citate si applicano ai trasporti che hanno luogo in Italia, anche se realizzati da vettori stranieri.
Contrattualistica
Alla luce dei profili legali delle varie tipologie di rapporto contrattuale sopra viste, non- ché delle responsabilità prefigurate a carico dei vari attori, veniamo infine alla contrattua- listica utilizzabile.
Per quanto riguarda il rapporto diretto committente e terzista: in linea generale, il ricorso ad una formalizzazione scritta del rapporto appare, come in altri casi, consigliabile. Va considerato che il rapporto è facilmente suscettibile di ricadere nella normativa relativa alla “subfornitura” di cui alla l. 192 del 18.6.98. Questa, in particolare, prevede il rispetto a pena di nullità della forma scritta (anche se ammette la conclusione del contratto per atti concludenti da parte del subfornitore e l’esecuzione del contratto nullo). Peraltro nulla la
l. 192 dice in tema di movimentazione della merce; al riguardo vale quanto detto in apertura.
In assenza di specifica normativa, è auspicabile che le parti espressamente disciplinino la questione dei rischi connessi alla movimentazione. V. ad es. quanto disposto nel modello standard ORGALIME di processing contract: “11.2 - La consegna del materiale e dei pezzi da trattare al Esecutore o da questi al Committente o a quale altra destinazione sia prevista in Contratto, avverrà comunque per conto e a rischio del Committente”.
Sempre in tema, laddove il rapporto ha natura internazionale, si pone il problema ulteriore dato dall’identificazione del sistema giuridico di riferimento. Il ricorso ad un dettagliato contratto scritto appare ancor più consigliabile che in ambito domestico. Si consideri, in particolare, che il passaggio di proprietà su beni mobili non è materia regolata da norme uniformi, rimanendo per ragioni storiche, disciplinata dai singoli ordinamenti.
Quanto ai rapporti fra mittente e vettore (e lo spedizioniere-vettore), si è sopra visto che, in ambito nazionale, il legislatore vigorosamente auspica il ricorso a contratti scritti e conformi ad uno standard consigliato. Al di là delle pur lodevoli finalità cui risponde tale “invito”, è innegabile che l’utilizzo di pattuizioni scritte facilita l’esecuzione del rapporto e può utilmente prevenire controversie in caso di incidenti. Certo è che i limiti di respon- sabilità di cui al rinovellato art. 1696 c.c. sono superabili dalla pattuizione privata. Il nuovo comma terzo prevede che il limite al risarcimento “non è derogabile a favore del vettore se non nei casi e con le modalità previste dalle leggi speciali e dalle convenzioni internazionali applicabili” facendo implicitamente salve le deroghe a sfavore del vettore.
Se il trasporto su strada ha natura internazionale, abbiamo considerato sopra i limiti di cui alla CMR le cui previsioni sono derogabili dalle parti solo in tema di ripartizione degli obblighi risarcitori fra vettori successivi. L’adozione di contratto scritto è consigliabile, non ha particolari requisiti di forma e la lettera di vettura ne fa in genere prova.
Va infine da sé la convenienza di regolare adeguatamente i rapporti fra produttore e cliente finale, nei casi in cui la movimentazione della merce in fase di produzione possa
condurre a ritardi. A tal fine saranno in particolare da strutturare clausole adeguate contro il rischio di ritardo al fine di temperare le conseguenze negative che potrebbero ricadere sul venditore.
Controversie
Da ultimo, va considerato l’ipotesi di insorgenza di controversie (in particolare perdite o danneggiamenti della merce fra la sede del terzista e quella del committente).
Come noto, al riguardo, la competenza del giudice togato sussiste in ogni caso (occorrerà “solo” identificare quello competente, e la cosa è più complessa se controparte ha sede all’estero), mentre il ricorso a strade alternative (l’arbitrato, o altri strumenti ADR) va pattuito con la controparte.
Si consideri che la via giudiziaria presenta in genere spese contenute, compensate da tem- pi gravosamente lunghi (specie in Italia). L’arbitrato può costituire un’ottima alternativa a patto che venga accuratamente selezionato un sistema affidabile e dai costi controllabili. Il ricorso a tale sistema può essere ostacolato dal fatto che la convenzione arbitrale in genere vincola solo la diretta controparte contrattuale e quindi spesso non è proponibile a terzi chiamati a titolo di responsabilità extracontrattuale o in garanzia (ad es. l’assicuratore del vettore). La mediazione, come pure altre forme di ADR basate sul modelli negoziali, è decisamente consigliabile alla luce dei costi e dei tempi competitivi rispetto ad altre soluzioni; conviene farne oggetto di specifica clausola contrattuale, anche solo per l’effetto psicologico che essa può avere.