CASSAZIONE, sez. I, 5 luglio 2007, n. 15225
Mandato
e mandato irrevocabile all’incasso
CASSAZIONE, sez. I, 5 luglio 2007, n. 15225
Pres. Proto - Rel. Salvato - P.M. Russo Banca … s.p.a. c. Fallimento V. s.r.l.
Ricevuta bancaria - Nozione e funzione
[1] La ricevuta bancaria consiste in un documento, non riconducibile alla categoria dei titoli di cre- dito, contenente dichiarazioni scritte, firmate e rilasciate dal creditore, con il quale questi attesta di aver ricevuto una somma di danaro versata a mezzo banca a saldo di una determinata fattura, e co- stituisce lo strumento attraverso il quale la banca procede alla riscossione dell’importo nello stesso indicato, secondo le istruzioni impartite dal cliente. (massima non ufficiale)
Ricevuta bancaria e contratto di sconto - Criteri distintivi
[2] La consegna della ricevuta alla banca si distingue nettamente dal contratto di sconto, in quanto la ricevuta non è idonea a trasferire la titolarità del credito e l’eventuale anticipazione del suo importo al cliente, sia pure diminuita degli interessi, non è correlata direttamente alla natura del documento, ma dipende dalla positiva valutazione compiuta dalla banca mandataria in ordine all’affidabilità del clien- te, mentre connotazione fondamentale del contratto di sconto è proprio il collegamento funzionale tra l’anticipazione della somma e la cessione pro solvendo del credito, esaurendosi nel conferimento, in fa- vore dell’istituto di credito, di un mandato in rem propriam a riscuotere il credito; peraltro, le parti, nell’esercizio dell’autonomia negoziale, possono convenire che detto mandato integri, altresì, anche gli estremi della cessione del credito riscosso, esplicando funzione sia di garanzia, sia solutoria, sempre che, va aggiunto, sia stata raggiunta la prova di questo diverso accordo. (massima non ufficiale)
Mandato in rem propriam - Cessione di credito - Differenze
[3] L’interesse del mandatario ad assumere la disponibilità di fatto del credito e della somma, al momento della riscossione e per una finalità solutoria, caratterizza il mandato come irrevocabile e questo si differenzia dalla cessione di credito, in quanto non trasferisce la titolarità del credito, che resta in capo al mandante, ma solo la legittimazione a riscuoterlo, con la conseguenza che, fin quan- do l’incasso ed il soddisfacimento dei pregressi crediti del mandatario non si realizzi, persiste la ti- tolarità distinta, sempre in testa al mandante, sia della situazione creditoria verso il terzo debitore, sia della situazione debitoria verso il mandatario e gli atti solutori conseguiti all’esecuzione del mandato sono revocabili autonomamente, indipendentemente dalla revocabilità o meno del mandato e dall’esistenza di un rapporto di conto corrente. (massima non ufficiale)
Svolgimento del processo
l. Il Tribunale di Brescia, con sentenza del l° ottobre 2000, in accoglimento della domanda proposta dal Cu- ratore del Fallimento della V. s.r.l. (di seguito, Fallimen- to) nei confronti della Banca s.p.a. (Infra, Banca), revo- cava, ai sensi dell’art. 67 l. fall., le rimesse effettuate dal- la società su un conto corrente accesso presso la conve- nuta, ritenendone la natura solutoria, in quanto succes- sive alla revoca degli affidamenti disposta con lettera del 28 settembre 1994, reputando altresì che esistevano ele- menti a conforto della scientia decoctionis della Banca.
La sentenza era appellata dalla soccombente, deducen- do che il Tribunale aveva erroneamente ritenuto revo- cabili i pagamenti, benché non fosse stata revocata la cessione del credito in forza della quale erano stati effet- tuati, reputando provata la scientia decoctionis; inesat- tamente aveva escluso la compensazione ex art. 56 l. fall. tra il credito anticipato dalla banca e le somme ver- sate sul conto corrente; malamente l’aveva condannata al pagamento della rivalutazione e degli interessi.
Nel giudizio si costituiva il Fallimento, resistendo al gravame.
La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 24 giu- gno 2003, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, escludeva che sulla somma fosse dovuta la riva- lutazione monetaria, rigettava nel resto l’appello e con- dannava la Banca alle spese del doppio grado.
La sentenza premetteva che la somma oggetto della do- manda, pari a £ 308.927.775, era stata riferita dalla Banca, quanto a £ 232.679.384 a cessioni di credito e quanto a £ 76.248.391 a versamenti di assegni e bonifi- ci, dovendo da essa scomputarsi £ 33.207.000 a rimaste insolute. La pronuncia osservava quindi che, secondo il Tribunale, per i pagamenti relativi alle cessioni di credi- to il Fallimento avrebbe dovuto chiedere la revoca di queste ultime e, tuttavia, aveva ritenuto le stesse inop- ponibili al Fallimento, in quanto prive di data certa.
Ad avviso della Corte territoriale, la cessione delle rice- vute bancarie era invece «idonea solo a conferire al ces- sionario un mandato a riscuotere in nome e per conto del cedente, sia pure in rem propriam, con la conse- guenza che fino a tale momento la titolarità del credito rimane in capo al creditore originario».
In ogni caso, anche ritenendo che il negozio indiretto equivaleva ad una cessione del credito, la sentenza era incensurabile, stante la ritenuta inopponibilità delle cessioni di credito, per mancanza della data certa. La certezza della data non era, infatti, desumibile «dall’e- missione delle lettere di cessione», in quanto prive dei caratteri stabiliti dall’art. 2704 c.c..
La sentenza configurava quindi i versamenti quali paga- menti, aventi natura solutoria, dato che erano stati ef- fettuati successivamente alla revoca dell’affidamento, reputando assorbito il secondo motivo di appello, con il quale la Banca aveva lamentato che il Tribunale aveva ritenuto sussistente la scientia decoctionis, sulla scorta della lettera di revoca degli affidamenti del 6 ottobre 1994, sostenendo che il relativo accertamento doveva essere effettuato avendo riguardo alla data della stipula delle cessioni di credito.
La pronuncia osservava, altresì, che l’eccezione di com- pensazione ex art. 56 l. fall. tra il credito anticipato dal- la banca ed i pagamenti era anzitutto in contraddizione con la tesi della cessione, in quanto presupponeva che la società fallita non era più titolare dei crediti ai quali questi si riferivano. In ogni caso, escludeva i presupposti della compensazione, richiamando tre sentenze di que- sta Corte (Cass. n. 3919 del 1987; n. 2353 del 1984; n.
656 del 2000).
2. Per la cassazione di detta sentenza ha proposto ricor- so Bipop Carire, affidato a due motivi; ha resistito con controricorso il Fallimento; entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1. La ricorrente, con il primo motivo, denuncia falsa ed erronea applicazione, dell’art. 67, secondo xxxxx, l. fall., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., deducendo che il Tri- bunale aveva qualificato come cessioni di credito i negozi
aventi ad oggetto la somma di £ 232.679.384 ed afferma- to che il Fallimento non ne aveva chiesto la revoca, of- frendo una qualificazione neppure contestata dall’attore. A suo avviso, la Corte territoriale non avrebbe espresso una precisa posizione sul punto, nel senso che, dopo avere prospettato che la cessione di ricevute bancarie è idonea soltanto a conferire al cessionario un mandato a riscuotere in nome e per conto del cedente, sia pure in rem propriam, con la conseguenza che la titolarità del credito resta del mandante, con improvvisa «inversione di rotta» ha poi sostenuto che, anche ritenendo sussi- stente una cessione di credito, nella specie mancava la prova dell’anteriorità della data della cessione rispetto al fallimento. Secondo la ricorrente, nella specie sareb- be indubbio che l’incasso della ricevuta bancaria è av- venuto in forza di una cessione del credito, dato che sul punto non vi era contestazione e che sugli stampati ri- lasciati dalla Banca alla società vi era la dicitura «ces- sione pro solvendo». Inoltre, non sussisteva un mero mandato a riscuotere, poiché essa istante provvedeva ad anticipare l’importo delle ricevute bancarie, curando il successivo incasso delle somme dai terzi debitori, co- me risulta dagli estratti conto, i quali evidenziano l’af- fluenza delle somme sul c/c delle somme oggetto di det- te ricevute, al netto, delle commissioni.
Pertanto, nella specie sussistono anche i presupposti della compensazione ex art. 56 l. fall., erroneamente ne- gata dalla sentenza, richiamando la giurisprudenza rife- rentesi alle semplici rimesse sul c/c scoperto, non affida- to. Ne consegue, che i pagamenti per £ 199.472.384 non erano revocabili in difetto della revoca del negozio di cessione del credito, secondo un principio affermato da questa Corte nelle sentenze n. 2936 del 1997 e n. 1295 del 1991.
La Banca, con il secondo motivo, denuncia falsa ed er- ronea applicazione dell’art. 2704 c.c., in relazione al- l’art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., sostenendo che la sentenza ha escluso la certezza della data delle cessioni di credito, ritenendola non desumibile dalle lettere di cessione, in quanto prive dei caratteri di cui all’art. 2704 c.c..
A suo avviso, si tratterebbe di una affermazione caratte- rizzata da «astrattezza», mentre essa istante, nell’atto di appello e nella comparsa conclusionale, aveva invocato anche altri fatti e atti idonei a dare prova della data cer- ta, e cioè gli estratti del conto corrente, che riportavano il numero di distinta di presentazione, l’importo accre- ditato e la data di valuta. Inoltre, lo stesso curatore ha dato prova della certezza della data producendo gli estratti conto che, richiamando le distinte da essa depo- sitate per provare le cessioni di credito, stabilivano per relationem l’anteriorità della formazione dei documenti rispetto al fallimento.
2. I due motivi vanno esaminati congiuntamente, per- ché logicamente e giuridicamente connessi.
Il primo motivo è infondato e va rigettato.
La censura muove dalla premessa che la sentenza di pri- mo grado avrebbe qualificato come cessioni di credito i
negozi stipulati dalla fallita, in virtù dei quali la Banca avrebbe incassato una parte delle somme ritenute revo- cabili; prosegue, quindi, sostenendo che il giudice d’ap- pello, «da un lato, non sembra prendere specifica posi- zione, nel senso di qualificare diversamente tali rappor- ti», «dall’altro, dopo aver paventato che la cessione di ricevute bancarie è idonea solo a conferire al cessiona- rio un mandato a riscuotere, in nome e per conto del cedente, sia pure in rem propriam, con la conseguenza che la titolarità del credito permane in capo al man- xxxxx», «con un “cambio di rotta”» ha poi affermato che, anche ritenendo sussistente la data certa, nella specie mancava la prova della data certa.
In ordine alla premessa da cui muove il mezzo, va osser- vato che la sentenza in esame, nella narrativa, nel sin- tetizzare la pronuncia di primo grado, espone che il Tri- bunale aveva affermato che, poiché la banca aveva «ri- ferito le rimesse a cessioni di credito, non si vedeva co- me la stessa potesse opporle in compensazione. siccome fatte in esecuzione di mandati all’incasso sia pure “in rem propriam”, mandati all’incasso peraltro inopponi- bili al fallimento per mancanza di data certa» (pag. 5). Pertanto, nonostante la sintesi e le incertezze nella qua- lificazione del negozio, sembra chiaro che la sentenza di primo grado non solo non ha escluso, ma ha anzi rite- nuto sussistente nella specie un mandato in rem pro- priam, con la conseguenza che nessuna preclusione era maturata in ordine alla possibilità da parte del giudice di appello di qualificare in tal senso il negozio sottopo- sto al suo esame. La Corte territoriale, ulteriormente in- dividuando gli estremi del negozio, ha precisato che la società fallita aveva provveduto alla cessione in favore della Banca di ricevute bancarie («cessione delle ri ba», così testualmente a pag. 7), secondo una ricostruzione che, in questa parte, neanche è contrastata dall’istante, la quale ha sostenuto che «Banca s.p.a. effettuava l’an- ticipazione dell’importo delle ricevute bancarie curan- do il successivo incasso presso i terzi debitori della cor- rentista» (sebbene abbia poi insistito nel ritenere sussi- stente una cessione di credito).
Individuati in tal modo gli elementi della fattispecie, la sentenza ha affermato che la cessione delle ricevute bancarie realizza «solo indirettamente gli effetti della cessione del credito, in quanto, non trattandosi di titoli, ma di semplici dichiarazioni liberatorie del creditore, da consegnarsi al debitore ceduto al momento dell’avve- nuto pagamento, la loro cessione è idonea solo a confe- rire al cessionario un mandato a riscuotere in nome e per conto del cedente, sia pure “in rem propriam”, con la conseguenza che fino a tale momento la titolarità del credito rimane in capo al creditore originario, sul cui x/x xxxxx, xxxxxxx, xxxxxxx l’importo incassato». In que- sta parte la sentenza è incensurabile, in quanto ha cor- rettamente applicato principi costantemente enunciati da questa Corte.
L’orientamento al quale va data continuità ha, infatti, più volte sottolineato che la ricevuta bancaria consiste
in un documento, non riconducibile alla categoria dei titoli di credito, contenente dichiarazioni scritte, firma- te e rilasciate dal creditore, con il quale questi attesta di aver ricevuto una somma di danaro versata a mezzo banca a saldo di una determinata fattura, e costituisce lo strumento attraverso il quale la banca procede alla ri- scossione dell’importo nello stesso indicato, secondo le istruzioni impartite dal cliente.
La consegna della ricevuta alla banca si distingue netta- mente dal contratto di sconto, in quanto la ricevuta non è idonea a trasferire la titolarità del credito e l’e- ventuale anticipazione del suo importo al cliente, sia pure diminuita degli interessi, non è correlata diretta- mente alla natura del documento, ma dipende dalla po- sitiva valutazione compiuta dalla banca mandataria in ordine all’affidabilità del cliente, mentre connotazione fondamentale del contratto di sconto è proprio il colle- gamento funzionale tra l’anticipazione della somma e la cessione pro solvendo del credito, esaurendosi nel con- ferimento, in favore dell’istituto di credito, di un man- dato in rem propriam a riscuotere il credito (Cass. n. 4085 del 2001; n. 12378 del 2000; n. 4614 del 1996;
analogamente Cass. n. 6870 del 1994, inesattamente ri- chiamata, in quanto la sentenza ha posto in rilievo la necessità di accertare se la banca risulti incaricata della riscossione dei crediti indicati nelle ricevute in forza di un accordo comportante la cessione dei crediti stessi o, comunque, il diritto della banca d’incamerare le somme riscosse, ovvero sulla base di un mandato a riscuotere, in quanto in quest’ultima ipotesi la banca non ha dirit- to a compensare il suo debito con i crediti da essa van- tati verso lo stesso). Peraltro, ha ancora chiarito l’indi- xxxxx in esame, le parti, nell’esercizio dell’autonomia ne- goziale, possono convenire che detto mandato integri, altresì, anche gli estremi della cessione del credito ri- scosso, esplicando funzione sia di garanzia, sia solutoria, sempre che, va aggiunto, sia stata raggiunta la prova di questo diverso accordo.
Nel caso in esame, l’interpretazione della consegna del- le ricevute bancarie nei termini sopra indicati, e la con- seguente esclusione del perfezionamento di una cessio- ne del credito, concernendo l’interpretazione di un ne- gozio non era denunciabile in Cassazione ai sensi del- l’art. 360, n. 3, c.p.c., essendo censurabile soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale, ovvero per vizio di motivazione (per tutte, Cass. n. 5273 del 2007; n. 4178 del 2007; n. 8372 del 2005; n.
8360 del 2005).
Una siffatta censura, inoltre, non può investire il risul- tato interpretativo in sé e richiede la specificazione dei canoni esegetici in concreto violati, delle norme erme- neutiche che, in concreto, si adduce che sarebbero state violate, con la precisazione del modo e delle considera- zioni con le quali il giudice di merito se ne sarebbe di- scostato, riportando, nell’osservanza del principio di specificità ed autosufficienza del ricorso, il testo integra- le della regolamentazione pattizia del rapporto o della
parte in contestazione (da ultimo, Cass. n. 5273 del 2007; n. 4178 del 2007).
La denuncia del vizio di motivazione richiede poi la precisa indicazione delle lacune argomentative, ovvero delle illogicità consistenti nell’attribuzione agli ele- menti di giudizio di un significato estraneo al senso co- mune, ovvero l’indicazione dei punti inficiati da man- canza di coerenza logica, e cioè connotati dall’assoluta incompatibilità razionale degli argomenti, sempre che questi vizi emergano appunto dal ragionamento svolto dal giudice del merito, quale risulta dalla sentenza. In altri termini, il vizio di motivazione che giustifica la cassazione della sentenza sussiste qualora il tessuto ar- gomentativo presenti lacune, incoerenze o a incon- gruenze cosi gravi da impedire l’individuazione del cri- terio logico posto a fondamento della decisione adotta- ta (tra le tante, Cass. n. 7500 del 2007; n. 7049 del 2007; n. 15805 del 2005), restando escluso che con il vizio in esame la parte possa essere fatto valere il con- trasto della ricostruzione con quella operata dal giudice del merito e l’attribuzione agli elementi valutati di un valore ed un significato difformi rispetto alle proprie aspettative e deduzioni.
Tanto nella specie non è accaduto, in quanto la ricor- rente, con il primo motivo, ha denunciato espressa- mente, ed esclusivamente, «falsa ed erronea applicazio- ne dell’art. 67 II comma L.F. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.» e, al di la di siffatta espressa delimitazione del vizio denunciato, comunque neppure ha censurato l’in- terpretazione offerta dalla sentenza impugnata nell’os- servanza delle modalità sopra precisate.
L’istante si è infatti limitata ad affermare che «non sussi- stono dubbi di sorta in ordine alla natura di cessioni di credito dei singoli negozi consacrati nel doc. 2 allegato con la comparsa di risposta in prime cure», assumendo che non vi sarebbero state contestazioni sul punto e che le distinte «riportavano la dicitura “cessione pro solven- do”» e, «da un punto di vista fattuale», «non ricorreva nella specie un semplice mandato a riscuotere», in quan- to l’anticipazione delle ricevute bancarie sarebbe avve- nuta in forza di una cessione del credito. Si tratta, come è chiaro, di deduzioni che investono il risultato interpreta- tivo in sé e difettano delle modalità sopra indicate, im- prescindibili per ritenere ammissibilmente prospettati vi- zi dell’interpretazione del negozio o della motivazione.
Ritenuta incensurabile la qualificazione del negozio come mandato a riscuotere crediti per conto della so- cietà fallita, in rem propriam, sono corrette le conse- guenze desunte dalla Corte territoriale in ordine sia al- la revocabilità delle rimesse, indipendentemente dalla revoca del negozio, sia alla inapplicabilità della com- pensazione.
Al riguardo, va ricordato che questa Corte si è occupa- ta più volte del mandato irrevocabile all’incasso, utiliz- zato con funzione di garanzia per il mandatario, chia- rendo che gli atti solutori conseguiti all’esecuzione del mandato sono autonomamente revocabili, indipen-
dentemente dalla revocabilità del mandato. Il manda- to irrevocabile all’incasso, a differenza della cessione di credito, non trasferisce la titolarità del credito, che re- sta in capo al mandante, ma solo la legittimazione a ri- scuoterlo e la garanzia si realizza in forma empirica e di fatto, come conseguenza della disponibilità del credito verso il terzo e della prevista possibilità che, al mo- mento dell’incasso, il mandatario trattenga le somme riscosse, soddisfacendo cosi il proprio credito (Cass. n. 1391 del 2003; n. 16261 del 2002; n. 5061 del 2001; n.
6882 del 1997).
Proprio l’interesse del mandatario ad assumere la dispo- nibilità di fatto del credito e della somma, al momento della riscossione e per una finalità solutoria, caratterizza il mandato come irrevocabile e questo si differenzia dal- la cessione di credito, in quanto non trasferisce la tito- larità del credito, che resta in capo al mandante, ma so- lo la legittimazione a riscuoterlo, con la conseguenza che, fin quando l’incasso ed il soddisfacimento dei pre- gressi crediti del mandatario non si realizzi, persiste la titolarità distinta, sempre in testa al mandante, sia della situazione creditoria verso il terzo debitore, sia della si- tuazione debitoria verso il mandatario e gli atti solutori conseguiti all’esecuzione del mandato sono revocabili autonomamente, indipendentemente dalla revocabilità o meno del mandato (Cass. n. 1391 del 2003; n. 16261 (del 2001; n. 5061 del 2001) e dall’esistenza di un rap- porto di conto corrente.
Da questa ricostruzione, come pure ha precisato questa Corte, consegue che, a seguito dell’esecuzione del succi- tato mandato, non si verifica la compensazione, «in quanto la banca, nel riscuotere la somma, non diveniva debitrice della società mandante per l’equivalente im- porto, ma la tratteneva in pagamento diretto del pro- prio credito ex mutuo ancora scoperto verso la società mandante» (Cass. n. 3951 del 1983) . Ed è appunto l’i- nesistenza di un’autonoma obbligazione ex art. 1713
c.c. della mandataria verso la mandante che, «da un la- to, esclude la possibilità di configurare secondo lo sche- ma della compensazione (che quell’autonoma obbliga- zione presupporrebbe) la vicenda estintiva del credito ex mutuo della stessa banca, dall’altro, consente di qua- lificare tale vicenda estintiva in termini di atto soluto- rio» effettuato dalla mandante alla banca, e ciò anche nel caso di mandato in rem propriam all’incasso, ed an- che qualora manchi il riferimento ad un rapporto di conto corrente (Cass. n. 3951 del 1983).
Infine, è infondato anche il profilo della censura con cui è stata denunciata la contraddittorietà della motiva- zione, in quanto la sentenza avrebbe esaminato anche la revocabilità delle rimesse nel caso fossero stati ritenu- ti perfezionati negozi di cessione del credito. In questa sola parte, nonostante la qualificazione formale data al vizio di diritto denunciato (violazione e falsa applicazio- ne di legge ex art. 360, n. 3, c.p.c.), l’istante ha, comun- que, esposto puntualmente le ragioni della impugnazio- ne, che valgono a chiarirla e qualificarla, sotto il profilo
giuridico, come diretta a denunciare un vizio ex art. 360, n. 5, c.p.c.
Tuttavia, la censura è infondata, poiché la contraddit- torietà della motivazione, ravvisabile nell’insanabile contrasto tra le argomentazioni addotte dal giudice del merito, tale da non consentire la identificazione del procedimento logico giuridico seguito per addivenire alla decisione, non ricorre quando, come nella specie, ad argomentazioni sufficienti a sorreggere il decisum ne seguano altre ad abundantiam, svolte concessiva, in base a presupposti rispetto a quelli utilizzati con la motiva- zione precedente (Cass. n. 6550 del 1985; n. 216 del
1974; n. 3062 del 1973; cfr. anche, Cass. n. 3480 del
1990).
Dal rigetto del primo motivo consegue che il secondo motivo, concernendo il profilo della opponibilità della data delle cessioni di credito, che si è escluso siano state provate, resta assorbito.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese della presente fase, che liquida in com- plessivi €6.100,00, di cui € 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
IL COMMENTO
di Consiglia Botta
La problematica affrontata riguarda la qualificazio- ne della cessione di ricevute bancarie ad un istituto
«non trasferisce la titolarità del credito, che resta in ca- po al mandante, ma solo la legittimazione a riscuoter- lo» (4) e dunque «fin quando l’incasso ed il soddisfaci-
di credito che, anticipando l’importo, ne cura il suc-
cessivo incasso e ne assume la disponibilità, realiz- zando così un mandato in rem propriam, cioè con- ferito anche nell’interesse della banca mandataria. In questa prospettiva il mandato va distinto dalla cessione del credito, in quanto non trasferisce la ti- tolarità del diritto, che resta in capo al mandante, con interessanti implicazioni sul piano applicativo.
La decisione della Cassazione
La sentenza, resa in tema di revocabilità delle ri- messe in conto corrente nell’ipotesi di fallimento del correntista, affronta nuovamente il problema della qua- lificazione della cessione di ricevute bancarie ad un Isti- tuto di credito che, anticipando l’importo, ne cura il successivo incasso presso i terzi, debitori del cliente ed afferma che l’operazione è «idonea solo a conferire al cessionario un mandato a riscuotere in nome e per con- to del cedente, sia pure in rem propriam, … e non inte- gra una cessione del credito» (1). In questa prospettiva, configurando le rimesse, successive alla revoca degli af- fidamenti da parte della banca, come versamenti aventi natura solutoria, la Cassazione ritiene corretta la solu- zione accolta dalla Corte territoriale sia «in ordine alla revocabilità delle rimesse, indipendentemente dalla re- voca del negozio, sia alla inapplicabilità della compen- sazione» (2).
La decisione aderisce ad un orientamento oramai consolidato (3) che, riconducendo allo schema del mandato la convenzione di incasso delle ricevute stipu- lata tra il cliente-creditore e la banca incaricata della ri- scossione, distingue con nettezza il mandato irrevocabi- le all’incasso dalla cessione del credito, poiché il primo
Note:
(1) Così Xxxx. 5 luglio 2007, n. 15225. Sulla configurazione del manda- to all’incasso come mandato in rem propriam e per un’ampia ricostruzio- ne della peculiare e complessa fattispecie del mandato conferito anche nell’interesse del mandatario, più di recente, cfr. X. Xxxxx, Il mandato ir- revocabile all’incasso. Autonomia privata, cooperazione gestoria e tutela degli interessi dei creditori, Napoli, 2005, 46 ss.
(2) Cfr. Cass. 5 luglio 2007, n. 15225. Sul punto, cfr. Cass. 19 gennaio 2006, n. 1060, in Fallimento, 2006, 847 e 1450.
(3) Cfr. Cass. 22 marzo 0000, x. 0000, xx Xxx. xxxx., 0000, XX, 000; Cass. 6
febbraio 1999, n. 1041, in Contratti, 1999, 790 con nota di X. Xxxxxxxx, Lo sconto di ricevute bancarie; in Fallimento, 1999, 1339, nota di X. Xxxx; e in Banca, borsa e tit. cred., 2000, II, 384; Cass. 6 marzo 1998, n. 2484,
xxx, 1999, II, 670; Cass. 18 maggio 1996, n. 4614, ivi, 1997, II, 659, con nota di X. Xxxx, Sconto di ricevute bancarie con clausola di ”autoliquidazio- ne” e inopponibilità ai terzi della compensazione operata dalla banca; e in Nuova giur. civ. comm., 1997, I, 677, con nota di X. Xxxxxxxx, Il c.d. sconto di ricevute bancarie ed il successivo incasso delle medesime da parte della banca nel corso dell’intervenuta procedura di concordato preventivo; Cass. 6 agosto 1994, n. 7313, ivi, 1995, I, 365, con nota di X. Xx Xxxx; Xxxx. 24 gennaio 1985, n. 328, in Banca, borsa e tit. cred., 1986, II, 278; e in Arch. civ., 1985, 969; Cass. 3 luglio 1980, n. 4260, in Giur. it., 1981, I, 1, 1092;
App. Napoli 8 settembre 2005, in Rep. Foro it., 2006, voce Contratti ban- cari; App. Milano 2 marzo 2001, in Banca, borsa e tit. cred., 2002, II, 552, con nota di G.W. Romagno, Lo sconto di ricevute bancarie nel concordato preventivo; App. Roma 28 febbraio 2000, in Dir. fall., 2000, II, 367, con nota di D. Di Gravio; App. Milano 29 dicembre 1998, in Banca, borsa e tit. cred., 2000, II, 51, con nota di X. Xxxxxxxxx; App. Milano 4 maggio 1993, ivi, 1994, II, 699; App. Torino 27 maggio 1985, in Fallimento,
1986, 860; Trib. Napoli 7 agosto 1997, in Gius, 1998, 996; Trib. Milano,
11 novembre 1993, ivi, 1994, 117; Trib. Bologna 13 ottobre 1993, in
Giur. merito, 1995, 756; Trib. Taranto 31 maggio 1988, in Arch. civ.,
1989, 410; Trib. Torino 31 maggio 1984, in Fallimento, 1986, 63.
(4) Cfr. Cass. 5 febbraio 2003, n. 1655, in Fallimento, 2004, 17, con nota di X. Xxxxxxxx, Gratuità ed onerosità della prestazione di garanzia. Nello stesso senso, Cass. 12 dicembre 2003, n. 19054, in Riv. not., 2004, 1232, con nota di X. Xxxxxxxx, Cessione del credito e mandato irrevocabile all’in- casso; Cass. 22 maggio 2003, n. 8042, in Fallimento, 2004, 658, con nota di X. Xxxxxx Xxxxxxxxxxxx, Compensazione e mandato all’incasso; e in
(segue)
mento dei pregressi crediti del mandatario non si realiz- zi, persiste la titolarità distinta, sempre in testa al man- xxxxx, sia della situazione creditoria verso il xxxxx xxxx- tore, sia della situazione debitoria verso il mandatario». Tuttavia l’affermazione della Cassazione che «le parti, nell’esercizio dell’autonomia negoziale, possono conve- nire che il mandato integri, altresì, anche gli estremi della cessione del credito riscosso, esplicando sia funzio- ne di garanzia sia solutoria» (5) è emblematica della difficoltà di individuare un confine tra le due figure so- prattutto quando - come sovente accade - l’operazione complessiva è diretta a realizzare un intreccio di funzio- ni: di mandato all’incasso e di garanzia finalizzata ad una più ampia funzione solutoria.
Non essendo possibile la coesistenza, nell’ambito dello stesso rapporto, del mandato all’incasso e della cessione del credito (6), diviene pertanto essenziale la corretta qualificazione della fattispecie concreta posta in essere dai contraenti, attraverso un’accurata analisi delle pattuizioni intercorse, poiché alle diverse ipotesi ricostruttive conseguono significative differenze sotto il profilo della disciplina applicabile, soprattutto in ambi- to fallimentare (7), tenuto conto che, come è noto, le procedure concorsuali costituiscono la sede elettiva per verificare il grado di «resistenza» delle garanzie prestate a favore delle banche (8).
In questa prospettiva, l’intrinseca «debolezza» del- la garanzia offerta dal mandato all’incasso, dovuta alla mancanza di «realità», che espone il mandatario a tutti i rischi connessi al permanere della titolarità del credito in capo al mandante, soprattutto nell’ipotesi di falli- mento di quest’ultimo, aveva indotto a prefigurarne la inevitabile scomparsa (9).
La previsione, invece, è stata clamorosamente smentita dalla prassi bancaria - nella quale le opera- zioni di anticipazione garantite dal rilascio di un man- dato alla riscossione dei crediti da parte del cliente, ri- sultano prevalenti rispetto agli strumenti alternativi dello sconto e delle anticipazioni a fronte della cessio- ne di crediti in garanzia - e dalla ricca ed articolata elaborazione giurisprudenziale (10), nel cui solco si
1995, n. 9030, in Dir. e giust., 1996, 177, con nota di M.V. Guida, Man- dato in rem propriam, cessione del credito e procedure concorsuali; Cass. 13 luglio 1994, n. 6569, in Fallimento, 1995, 175; Cass. 9 settembre 1992,
n. 10314, in Rass. avv. Stato, 1993, I, 49; Cass. 22 settembre 1990, n. 9650, in Giust. civ., 1991, I, 1518 ss.; in Fallimento, 1991, 000, x xx Xxx. xxxx., 0000, XX, 000; Trib. Foggia 2 aprile 1998, in Fallimento, 1999, 207, con nota di X. Xxxxxxxx, Compensazione in sede fallimentare tra cessione di credito e mandato all’incasso; App. Aquila, 7 maggio 1996, in Dir. fall., 1997, II, 317, con nota di X. X’Xxxxxxx, Mandato in rem propriam all’in- casso e procedure concorsuali; App. Milano 6 aprile 1993, in Banca, borsa e tit. cred., 1994, II, 691; Trib. Acqui Terme 5 maggio 2000, in Giur. comm., 2001, II, 74, con nota di F.L. Vercellino, Xxxxxxx in rem pro- priam all’incasso e cessione di crediti nel concordato preventivo.
(5) Cass. 5 luglio 2007, n. 15225; Cass. 10 novembre 0000, x. 00000, in Fallimento, 2006, 602 e 779 con nota di X. Xx Xxxxxxx, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza e disciplina della con- correnza nella Comunità Europea.
(6) In questo senso, X. x’Xxxxxxxxxx, I mandati in rem propriam all’incasso, in Dir. fall., 1989, I, 205, e ora in Scritti di Xxxxxxxx d’Xxxxxxxxxx, Milano, 1997, II, 889 ss. Xxxxxxxxxx, invece, la compatibilità tra mandato e ces- sione del credito, X. Xxxxxxxxx, Il mandato in rem propriam con effetto tra- slativo della titolarità del credito, in Dir. fall., 1989, I, 386; X. Xxxxxxxxx, Ga- ranzie bancarie e fallimento: la sorte del mandato irrevocabile all’incasso, in Banca, borsa e tit. cred., 1989, I, 529 ss., il quale configura una sorta di sdoppiamento del rapporto, voluto dai contraenti, affinché operi tra le parti un mandato all’incasso, e nei rapporti esterni una cessione del credi- to. Il mandante conserverebbe, cioè, la titolarità del rapporto nei confron- ti del mandatario che, viceversa, la acquisirebbe nei confronti dei terzi.
(7) Osserva X. Xxxxx, Xxxx’xxxxxxxxxx del mandato, in Comm. cod. civ.,
Scialoja e Branca, art. 1722-1730, Bologna-Roma, 1994, 115 ss., che
«l’effetto del fallimento del mandante sul mandato in rem propriam ha su- scitato un dibattito che, per l’ampiezza dei contributi, può dirsi addirittu- ra più intenso di quello sullo stesso mandato in rem propriam». Le questio- ni più controverse e dibattute riguardano lo scioglimento o, viceversa, l’ultrattività del mandato all’incasso in caso di fallimento del mandante, nonché la facoltà del curatore di revocare l’incarico per giusta causa. Di- scussa, inoltre, è la sorte delle somme riscosse dal mandatario nell’esecu- zione dell’incarico e destinate, mediante il meccanismo della compensa- zione, alla soddisfazione, totale o parziale, dei suoi crediti verso il fallito.
(8) Il tema delle garanzie risente, in sostanza, di quella più ampia dialetti- ca tra le banche, alla ricerca di strumenti capaci di rendere più sollecita l’erogazione del credito e nel contempo di assistere con sempre maggiore sicurezza le operazioni di finanziamento, e gli organi delle procedure con- corsuali che, in nome della par condicio creditorum, finiscono sovente per vanificare i loro sforzi. Si determina, così, una sorta di “corsa ad insegui- mento” per cui alla elaborazione da parte delle prime di nuovi e sempre più perfezionati sistemi di garanzia, fa seguito la tendenza dei secondi ad adottare “contromisure interpretative”, con la conseguente necessità di operare nuovi sforzi creativi. Cfr. X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxxxxxx, Garanzie bancarie proprie ed improprie e procedure concorsuali, in Giur. comm., 1985,
I, 808; seguito da X. Xxxxxx, Garanzie atipiche e fallimento, in Contratto e
Note:
(segue nota 4)
Corrriere giur., 2003, 1600, con nota di A.C. Xxxxxxx Xxxxxxxxx, Manda- to all’incasso in rem propriam e compensazione fallimentare; Cass. 30 gen- naio 2003, n. 1391, in Giust. civ., 2003, I, 2761, in Fallimento, 2003,
796; e in Gius, 2003, 1181; Cass. 3 dicembre 0000, x. 00000, in Arch.
civ., 2003, 1096; e in Gius, 2003, 694; Cass. 19 novembre 0000, x. 00000, in Fallimento, 2003, 751, con osservazioni di X. Xxxxxxxxxx, Paga- menti e revocatoria fallimentare; Xxxx. 20 settembre 2002, n. 13779, in Contratti, 2003, 288; e in Gius, 2003, 331; Cass. 23 aprile 2002, n. 5917, in Fallimento, 2003, 56, con nota di X. Xxxxxx, Cessione di credito, manda- to in rem propriam e revocatoria fallimentare; Cass. 5 aprile 2001, n. 5061, ivi, 2001, 1282; Cass. 13 aprile 2000, n. 4754, ivi, 2001, 306, e in Dir. e
prat. soc., 2000, 17; Cass. 23 luglio 1997, n. 6882, in Foro it., 1998, I, c. 1228; in Fallimento, 1998, 273 con osservazioni di X. Xxxxxxxx, Revoca- toria fallimentare del mandato irrevocabile all’incasso; e in Dir. fall., 1998, II, 314; Cass. 25 luglio 1996, n. 6726, in Riv not., 1998, II, 310, con nota di
X. Xxxxx, Xxxxxxx in rem propriam e cessione dei crediti; Xxxx. 28 agosto
impresa, 1986, 384. Sull’evoluzione delle garanzie tipiche ed atipiche nel- l’esperienza negoziale la letteratura è vastissima. In argomento cfr., per tutti, X. Xxxxxxxx, Garanzie personali atipiche, in Banca, borsa e tit. cred., 1988, I, 573 ss.; Id. Percorsi di diritto privato, Torino, 1994.
(9) In questo senso, X. x’Xxxxxxxxxx, I mandati in rem propriam all’incas- so, cit., 214; A.A. Xxxxxxxx e G.B. Portale, Profili della cessione dei crediti in garanzia, in Operazioni bancarie e procedure concorsuali, a cura di X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxx, Milano, 1988, 255; Id. Cessione del credito e ces- sione in garanzia nell’ordinamento italiano, in Banca, borsa e tit. cred., 1999, I, 101, nt. 113, che definiscono «assai scialba» la garanzia offerta dal mandato all’incasso.
(10) Rileva X. Xxxxxx, Le azioni revocatorie nelle procedure concorsuali, Mi- lano, 2003, 141; Id. Cessione di credito, mandato in rem propriam e revo- catoria fallimentare, in Fallimento, 2003, 59, che il mandato irrevocabile all’incasso di crediti «ancor più della cessione del credito ha dato e con- tinua a dare luogo a pronunce giurisprudenziali e a interventi della dot- trina». Per analoghe considerazioni, cfr. X. Xxxxxxx, La cessione del credito a scopo di garanzia, in Contratti, 2002, 355.
pone la sentenza in commento, offrendo interessanti spunti di riflessione.
Attività di smobilizzo dei crediti e incasso di ricevute bancarie
L’attività di smobilizzo dei crediti (11), che costi- tuisce uno dei principali filoni del credito bancario di esercizio, trova attuazione mediante una pluralità di strumenti giuridici, differenti per struttura e funzione, le cui diverse configurazioni rispecchiano, pur nell’unita- rietà della finalità economica assegnata alle singole fat- tispecie, gli interessi di volta in volta perseguiti dalle parti.
I modelli proposti dal codice civile, ed in particola- re il contratto di sconto (12), che configura la più clas- sica tra le operazioni bancarie di smobilizzo, cedono og- gi il passo di fronte alla necessità di favorire le richieste della clientela, attraverso strumenti più agili, meno for- mali e costosi, che consentono alla banca di ottenere direttamente, alla scadenza, il pagamento dei crediti in riscossione, nonché di poter utilizzare i relativi versa- menti a decurtazione o estinzione di eventuali finanzia- menti concessi al cliente (13).
Si determina così, non solo un’ampia diversifica- zione dei servizi di incasso, istituzionalmente offerti da- gli istituti bancari alla propria clientela (14), ma anche la creazione di multiformi tipologie di anticipazione
(15) - anticipo su fatture (16), su contratti, su esporta- zioni - e di accredito di effetti «salvo buon fine» (17), nelle quali al termine «effetti» viene attribuito un si- gnificato assai ampio, tale da ricomprendere non solo i titoli di credito, ma soprattutto le note di accredita- mento e le ricevute bancarie.
Queste ultime, molto diffuse nella prassi, non sono certamente riconducibili alla categoria dei titoli di cre- dito, le cui caratteristiche essenziali, come è noto, sono la destinazione alla circolazione e l’attribuzione della le- gittimazione all’esercizio del diritto; la ricevuta banca- ria, viceversa, non è destinata a circolare e, non incor- porando un diritto di credito, non attribuisce alcuna le- gittimazione al suo esercizio, potendo, da un lato, il de- bitore adempiere efficacemente a mani del proprio cre- ditore, e non potendo, dall’altro, la banca pretendere il pagamento delle somme indicate nel documento me- diante l’esibizione della ricevuta stessa (18).
Tuttavia, anche in assenza di una specifica regola- mentazione legislativa, le ricevute bancarie hanno avu- to tale diffusione da costituire una delle principali com- ponenti operative del c.d. servizio di incasso di effetti e
Note:
(11) Sul credito bancario di smobilizzo, cfr. X. Xxxxxxxxx, Operazioni bancarie di anticipazione su crediti e fallimento, in Dir. fall., 1995, I, 386 ss. Sulla essenzialità del credito per l’attività di impresa in un contesto, quale quello attuale, dove la complessità delle transazioni commerciali cui un’impresa dà vita non potrebbe essere affrontata in maniera soddi- sfacente senza l’ausilio indispensabile di intermediari finanziari, solleciti
a recepire le istanze più moderne, cfr. X. Xxxxxxxxxxx, Il primato del credi- to, in Xxx. xxx. xxx., 0000, X, 000. Questo spiega «quanto avanzato sia (nella prassi bancaria) il processo di elaborazione di strumenti più effi- cienti e funzionali all’incremento dei rapporti economici»: X. Xxxxxx, Garanzia (diritto civile), in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, 6.
(12) Lo sconto, quale «intrigante» figura contrattuale, ha formato og- getto di particolare attenzione da parte della dottrina, che ne ha sempre avvertito il fascino teorico. Sull’argomento, cfr. X. Xxxxxxxxx, Lo sconto bancario, Napoli, 1949; X. Xxxxxxxx, Natura giuridica del contratto di scon- to dopo la riforma del codice civile, in Operazioni di borsa e di banca. Studi giuridici, Milano, 1954, 444 ss.; X. Xxxxx Xxxxx, Lo sconto bancario, in Riv. dir. comm., 1977, I, 143 ss.; X. Xxxxx, I contratti bancari, in Tratt. di dir. civ. e comm., Cicu e Messineo, XXXV, I, Milano, 1981, 369 ss.; X. Xxx- xxxxxx, Lo sconto dei crediti e dei titoli di credito, Milano, 1984, 173 ss.; X. Xxxxxxxxx, Appunti per uno studio dello sconto bancario, in Econ. e credito, 1984, 339 ss.; e, più di recente, X. Xxxxxxxxxx e X. Xxxxxxxx, I contratti bancari nel codice civile, Milano, 2003, 786 ss. Per un panorama delle po- sizioni della dottrina e della giurisprudenza, v. X. Xxxxxxxxx, Lo sconto bancario, in Banca, borsa e tit. cred., 1984, I, 94 ss.
(13) Tali operazioni vengono tecnicamente definite come “autoliqui- danti”, nel senso cioè, che di fronte ad uno svolgimento fisiologico del rapporto, la banca rientra dell’affidamento direttamente, mediante l’in- casso del credito anticipato.
(14) La funzione di intermediazione nei pagamenti viene definita come
«servizio» in quanto esercitata dalle banche non nell’ambito di un’atti- vità tipicamente bancaria: cfr., X. Xxxxxxxx, Diritto bancario e finanziario, Milano, 2002, 17. X. Xxxxxx, in X. Xxxxxxxx, X. Xxxxx, X. X. Xxxxx, X. Xxxxxx, X. Xxxxxxx Xxxxxx, I contratti delle banche, Torino, 2002, 13, osser- va come la distinzione tra i contratti che rappresentano espressione tipi- ca dell’attività bancaria e quelli che, con una certa approssimazione lin- guistica, vengono chiamati «servizi» è particolarmente ardua per la stretta connessione che oggi più che mai si ha tra i due momenti.
(15) Cfr. Trib. Monza 13 novembre 2006, in Rep. giur. it., Cd Rom, 2007. In queste operazioni il termine anticipazione è usato in senso ge- nerico ed improprio, e non in riferimento al contratto bancario di anti- cipazione di cui agli artt. 1846 ss. c.c. L’opinione prevalente in dottrina tende a ricondurre queste figure allo schema negoziale dell’apertura di credito. In posizione critica, X. Xxxxxxxxx, Le operazioni della banca tra norma e prassi, Milano, 1988, 233 e 271 ss. il quale rileva che «in realtà, nell’ambito delle operazioni bancarie l’apertura di credito sembra essere divenuta la forma negoziale “rifugio”, alla quale ricondurre tutto quello che non è altrimenti inquadrabile in fattispecie tipiche; e poiché le fat- tispecie tipiche si vanno logorando e modificando sempre di più, quasi tutto oggi sembra diventato apertura di credito». In argomento, cfr. X. Xxxxxx, I contratti bancari, in Tratt. di dir. priv., Xxxxxxxx, 12, Torino, 1985, 920 s.; Id., Apertura di credito, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1988, 2 ss.; e X. Xxxxx, Apertura di credito bancario, in Digesto disc. priv., Sez. comm., Torino, 1987, 155 ss.
(16) Cfr. Cass. 31 agosto 2007, n. 18447, in IPSOA Mass. OnLine.
(17) La banca opera «salvo buon fine», rendendo insensibile il credito alle vicende del pagamento. Sulla garanzia di solvenza, con particolare riferimento alla cessione del credito, approfonditamente, X. Xxxxxxxxxxx, Le cessioni dei crediti ordinari e di impresa, Napoli, 1993; Id., Della cessione dei crediti, in Comm. cod. civ., Xxxxxxxx e Branca, art. 1260-1267, IV, Bo- logna-Roma, 1982; Id., Il trasferimento del credito, Napoli, 1981; Id., Ces- sione del credito, in Enc. giur. Xxxxxxxx, XX, Xxxx, 0000, 1 ss.; e in Il dirit- to dei contratti tra persona e mercato, 163 ss.; più di recente, cfr. X. Xxxxx- sini, La vendita del credito con garanzia di solvenza, Milano, 2003, 39 ss.
(18) Cfr., per tutti, X. Xxxxxxxxx, Le operazioni della banca tra norme e prassi, Milano, 1988, 272 ss.; Id., Operazioni su ricevute bancarie e su fat- ture, in Dizionario di diritto privato, a cura di X. Xxxx, III, Milano, 1981, 746 ss.; e X. Xxxxxxxx, L’incasso di ricevute bancarie da parte della banca nel corso del concordato preventivo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1990, 459 s. In generale, sui titoli di credito, v., per tutti, X. Xxxxxxxxx, Xxxxxx di credito, Napoli, 1997; Id., Xxxxxx di credito, in Enc. dir., XLIV, Milano, 1992, 572 ss.; X. Xxxx, Titoli di credito in generale, in Enc. giur. Xxxxxxxx, XXXX, Xxxx, 0000; Id., Xxxxxx di credito (in generale), in Scritti giuridici, VI, Princi- pi e problemi del diritto privato, Padova, 2000, 602 ss.; X. Xxxxxxx (a cura di), I titoli di credito, Milano, 2003.
documenti (19), prestato istituzionalmente dal sistema creditizio (20).
Pur essendo queste operazioni comunemente defi- nite come «sconto» di ricevute bancarie o di fatture, ta- li figure non integrano uno sconto di crediti in senso proprio (21), mancando uno degli elementi essenziali, ossia il trasferimento della titolarità del credito in capo alla banca; in sostanza, come sottolinea anche la Cassa- zione, «l’eventuale anticipazione dell’importo al clien- te, sia pure diminuita degli interessi, non è correlata di- rettamente alla natura del documento, ma dipende dal- la positiva valutazione compiuta dalla banca mandata- ria in ordine all’affidabilità del cliente, mentre conno- tazione fondamentale del contratto di sconto è proprio il collegamento funzionale tra l’anticipazione della somma e la cessione pro solvendo del credito» (22).
È necessario, pertanto, approfondire la natura del rapporto che, nella ricevuta bancaria, si instaura fra il cliente-creditore e l’istituto di credito, incaricato della riscossione delle somme indicate nell’«effetto», poiché la fattispecie, quando è collegata alla concessione di un finanziamento «se, per un verso, non può integrare un contratto di sconto vero e proprio» (23), per altro ver- so, «si esaurisce nel conferimento, in favore dell’istituto di credito, di un mandato in rem propriam a riscuotere il credito» (24).
Ricevuta bancaria e mandato all’incasso
La ricevuta (25), come è noto, è un documento nel quale il cliente di una banca dichiara ad un proprio debitore di aver avuto da quest’ultimo una somma di denaro a mezzo della banca stessa, in conto o a saldo di una determinata prestazione pecuniaria, connessa gene- ralmente al pagamento di una fattura commerciale.
Si tratta, in altre parole, di una semplice dichiara- zione di quietanza (26) emessa dal creditore e conse- gnata ad una banca affinché ne curi l’incasso, secondo le istruzioni impartite dal cliente; una volta riscosso l’importo indicato nel documento, l’istituto bancario provvederà a rilasciare al debitore il documento stesso, che attesta l’avvenuto pagamento (art. 1199 c.c.).
L’indicazione della banca, che trova un preciso e necessario riscontro formale sull’«effetto», conferma al debitore l’esistenza di un rapporto, tra il creditore e l’isti- tuto incaricato della riscossione, in base al quale la solu- tio può avvenire con effetti liberatori anche a mani di quest’ultimo e, dunque, a mani di un soggetto diverso dal titolare del diritto (art. 1188 c.c.), in un luogo diver- so da quello indicato all’art. 1182, comma 3, c.c. (27).
Malgrado il suo contenuto di quietanza, dunque, la
Note:
(19) Sui servizi bancari, più in generale, F. Belli, I servizi bancari, in Tratt. di dir. priv., Xxxxxxxx, 12, Torino, 1985, 979 ss.; X. Xxxxxx, Manda- to e attività professionale, Milano, 1988. Sul «servizio incassi», in partico- lare, cfr. X. Xxxxxxxxxx, Le operazioni bancarie, Napoli, 1958, 236-239; X. Xxxxxxxx, I contratti bancari, Napoli, 1965, 451 ss., e, più di recente, X. Xxxxx, I contratti bancari, cit., 831 ss.
(20) Sulla imponente diffusione del fenomeno e sulle ragioni per le qua- li l’emissione delle ricevute bancarie ha progressivamente sostituito quella dei titoli di credito in senso proprio, pur nella consapevolezza del- la differente natura giuridica della fattispecie, cfr. X. Xxxxxxx, La ricevuta bancaria, in Giur. comm., 1983, I, 551 ss.; X. Xxxxxxxxx, Lo sconto dei cre- diti e dei titoli di credito, cit., 650 s.
(21) In particolare si è sostenuto che «la locuzione è certamente scorret- ta, poiché la ricevuta bancaria, come documento di semplice quietanza non appartenente alla categoria dei titoli di credito, non appare suscetti- bile, in sé e per sé, di essere scontata». Così X. Xxxxxxx, Ricevuta banca- ria, in Digesto disc. priv., Sez. comm., Torino, 1996, 497. Nello stesso sen- so X. Xxxxxxxxx, Lo sconto dei crediti e dei titoli di credito, cit., pp. 23 ss. e 647 s. secondo il quale si tratta di contratti di «confine» e perciò fuori dall’area dello sconto; X. Xxxxxxx, La ricevuta bancaria, cit., 559 s., il quale ritiene che le uniche operazioni possibili in relazione alle ricevute bancarie siano il semplice incasso e l’affidamento «salvo buon fine». Sul punto, v. le osservazioni di X. Xxxxxxxxx, Le operazioni della banca tra norma e prassi, cit., 255 ss. e di X. Xxxxxxxxx, Sconto bancario, in Noviss. dig. it., XVI, Torino, 1969, 785, il quale distingue tra sconto di crediti e di titoli di credito, poiché nel primo caso la prestazione dello scontatario ha per oggetto la cessione di un credito non ancora scaduto verso terzi, mentre nel secondo il trasferimento della proprietà di un titolo di credi- to incorporante «l’obbligazione cartolare dello scontatario derivante dal- la girata del titolo». In giurisprudenza, per l’impossibilità di ricondurre le operazioni attuate mediante il rilascio di ricevute bancarie entro lo sche- ma negoziale dello sconto, in particolare, cfr. Cass. 6 febbraio 1999, n. 1041, cit., la quale sottolinea che «la cosiddetta ricevuta bancaria difetta dei caratteri coessenziali (ai titoli di credito) della letteralità, dell’auto- nomia, della incorporazione del diritto nel titolo, della destinazione alla circolazione». Conformi Cass. 5 ottobre 2000, n. 13278, in Rep. Giur. it., 2000, voce Contratti bancari, n. 7; Cass. 7 marzo 1998, n. 2539, in Fallimento, 1998, 1254; App. Milano 2 marzo 2001, cit.
(22) Così Xxxx. 5 luglio 2007, n. 15225.
(23) Così App. Milano 2 marzo 2001, cit.
(24) Xxx. Xxxx. 0 xxxxxx 0000, x. 00000.
(25) Il termine «ricevuta», mutuato dal linguaggio aziendalistico, deriva dal tenore letterale della dichiarazione rilasciata dal creditore al debitore ed attestante la ricezione di una determinata somma, indicata nel docu- mento; l’aggettivo «bancaria» indica che legittimata a ricevere la pre- stazione è un’azienda di credito, incaricata della riscossione. In sostanza,
«l’indicazione della banca presso la quale l’effetto è pagabile è l’unico elemento che rende “bancaria” la ricevuta, cioè che attribuisce al docu- mento la sua stessa specificità»: così, X. Xxxxxxx, La ricevuta bancaria, cit., 553. In giurisprudenza, cfr. Cass. 25 gennaio 1985, n. 328, in Banca, borsa e tit. cred., 1986, II, 278. Ritiene viceversa G.W. Romagno, Lo sconto di ricevute bancarie nel concordato preventivo, cit., 556, che ciò che rende «bancaria» la ricevuta non è tanto «la natura del soggetto depu- tato all’incasso - come pure si ritiene comunemente - quanto piuttosto il suo particolare contenuto il quale si conforma in modo tale da consenti- re alla banca di effettuare il servizio di riscossione dei crediti».
(26) Cfr. X. Xxxxxxxx, L’incasso di ricevute bancarie da parte della banca nel corso del concordato preventivo, cit., 459 ss.; X. Xxxxxxxxx, Lo sconto dei crediti e dei titoli di credito, cit., 651; X. Xxxx, Sconto di ricevute bancarie con clausola di ”autoliquidazione” e inopponibilità ai terzi della compensazione operata dalla banca, cit., 664. In posizione critica G.W. Romagno, Lo sconto di ricevute bancarie nel concordato preventivo, cit., 556 ss.; sulla di- stinzione tra quietanza e ricevuta di pagamento, cfr. X. Xxxxxxxxxx, Rice- vuta bancaria, in Xxxxxx. Xxxxxxx Xx., Xxx. XX, Xxxxxx, 0000, 732 s.; P. Lo- catelli, Quietanza, (atto di), ivi, XIV, Torino, 1967, 705; X. Xxxxxxxx, Quietanza, in Digesto disc. priv., Sez. civ., XVI, Torino, 1997, 164. Come ha avuto modo di sottolineare Xxxx. 6 aprile 1995, n. 4014, in Banca, borsa e tit. cred., 1996, II, 391, le ricevute bancarie costituiscono non il titolo originario del credito, ma solo uno strumento per l’esecuzione del rapporto tra la banca ed il creditore per la riscossione del credito verso terzi, ed assumono la natura di quietanza solo dopo che la banca abbia in esse attestato l’avvenuto pagamento del debito.
(27) Riguardo al forum destinatae solutionis, in relazione alle modalità di incasso attuate per mezzo delle ricevute bancarie, cfr. Cass. 19 aprile 1995, n. 4362, in Rep. Foro it., 1995, voce Obbligazioni e contratti, n. 9;
(segue)
ricevuta assolve, contemporaneamente, sia il compito di indicare al debitore la legittimazione della banca a ri- scuotere (28), sia di documentare l’esistenza di un con- tratto di mandato fra il creditore e l’istituto bancario, derivante dalla convenzione di incasso.
La riconduzione di tale rapporto allo schema del mandato, operata dalla dottrina più recente, è frutto di un lungo e vivace dibattito interpretativo nel quale, inizialmente, la banca veniva configurata come sempli- ce adiecta solutionis causa, o come «persona indicata dal creditore» ex art. 1188, 1 comma, c.c (29).
La dottrina più risalente (30) distingueva le due fattispecie, fondando la differenza tra adiectio e indica- zione di pagamento sul convincimento che mentre l’a- diectio presuppone l’accordo delle parti, nell’indicazione è sufficiente una semplice dichiarazione unilaterale del creditore.
Si è, tuttavia, osservato (31) che la differenza tra adiectio e indicazione può trovare giustificazione solo laddove si ritiene che effetto dell’indicazione non è quello di obbligare, bensì semplicemente di autorizza- re il debitore a pagare nelle mani del terzo (32). Se, viceversa, si ammette, «sulla base testuale dell’art. 1188 c.c. che anche l’indicazione obbliga il debitore a eseguire la prestazione al terzo, ogni differenza tra adiectio e indicazione di pagamento non ha più senso alcuno» (33).
In ogni caso, nell’ipotesi del mandato irrevocabile ad incassare, la presenza di un interesse proprio della banca alla riscossione dei crediti del cliente ha indotto ad escludere l’idoneità del riferimento all’adiectus solu- tionis causa, perché l’adiectus in quanto semplice incari- cato non ha in genere nessun interesse, neppure rifles- so, al pagamento che riceve (34).
Alcuni autori, tra i primi a segnalare la rilevanza della ricevuta bancaria nell’ambito del servizio di incas- so, pur riconoscendo che la banca è anche mandataria del correntista, per cui «non occorre ricercare al di fuori dello schema del mandato la causa dell’attribuzione che essa ha ricevuto» (35), hanno sostenuto che l’operazio- ne - fatta eccezione per quelle ipotesi in cui l’istituto bancario, investito di procura ad incassare, è legittima- to a ricevere in quanto rappresentante del creditore
(36) - trova attuazione mediante una delegazione di pa- gamento (art. 1269 c.c.) nella quale la banca assume la figura di delegataria (37).
In questo caso, naturalmente, l’esecuzione della prestazione del terzo (debitore del mandante) a favore della banca non troverebbe giustificazione nel mandato all’incasso, ma nel diverso rapporto che nasce dall’ac- cettazione, da parte del delegato, dell’incarico conferi- togli dal delegante.
Più di recente, sulla base del principio che l’opera- zione di incasso si sostanzia in un’attività meramente materiale ed esecutiva, di servizio, che non comporta alcun autonomo apprezzamento della banca nelle scelte da effettuarsi, il rapporto intercorrente tra il creditore e
l’istituto bancario incaricato della riscossione è stato ri- condotto all’appalto di servizi (38).
La distinzione tra appalto di servizi e mandato vie- ne comunemente individuata nella circostanza che og- getto dell’obbligazione, nel primo è un’attività mera- mente esecutiva, mentre nel secondo è un’attività di
Note:
(segue nota 27)
Cass. 28 novembre 1994, n. 10136, ivi, 1994, voce cit., n. 69; Cass. 23
maggio 1994, n. 5021, ivi, 1994, voce cit., n. 5; Cass. 15 luglio 1982, n.
4173, ivi, 1982, voce Competenza e Giurisdizione civ., n. 3; Cass. 24 aprile
1982, n. 2541, ivi, 1982, voce cit., n. 7; Cass. 3 luglio 1980, n. 4260, in
Giur. it., 1981, I, 1, 1092.
(28) Così X. Xxxxxxx, Ricevuta bancaria, cit., 494. Nello stesso senso, X. Xxxxxxxxxx, Ricevuta bancaria, cit., 734; X. Xxxxxxxxxx, Le operazioni ban- carie, cit., 239; X. Xxxxx, I contratti bancari, cit., 834. Secondo X. Xxxxx- xxxx, Xxxxxx impropri e documenti di legittimazione, in Banca, borsa e tit. cred., 1992, I, 173 ss., anche se la menzione della banca sul documento conferma al debitore l’esistenza di un soggetto autorizzato a ricevere il pagamento con efficacia liberatoria, sul piano giuridico, tuttavia, non può ritenersi tale soggetto quale «avente diritto alla prestazione» nel senso indicato all’art. 2002 c.c., dato che l’effettivo titolare del credito resta comunque l’originario creditore.
(29)Cfr. X. Xxxxxxx, La ricevuta bancaria, cit., 557.
(30) Cfr. X. Xxxxx, Delegazione (diritto civile) in Noviss. Digesto it., V, To- rino, 1960, 330 s.
(31) Cfr. X. Xxxxxxx, L’interesse dello stipulante nel contratto a favore di ter- zi, Napoli, 1962, 48, il quale sostiene che «in nulla l’adiectus si differen- zia dal terzo indicato». Al riguardo, cfr. anche X. Xxxxxx, Adempimento, in Enc. dir., I, Milano, 1958, 561, il quale ritiene la persona indicata dal creditore sinonimo di adiectus solutionis causa; X. Xxxxxxxx, Delegazione, in Enc. dir., XI, Milano, 1962, 940, che parla di pagamento alla persona indicata o adiectus solutionis causa; e X. Xxxxxxxxxx, voce Pagamento, in Noviss. Dig. It., Torino, 1965, 327. Contrario all’identificazione dell’a- diectio solutionis causa con l’indicazione di pagamento, X. Xxxxxxx, La de- legazione, cit., 95-99. In argomento, più in generale, C. M. Xxxxxx, Dirit- to civile, IV, L’obbligazione, Milano, 1990, 297 s.
(32) Sul punto, ampiamente, cfr. X. Xxxxxx, Indicazione di pagamento e delegatio solvendi, in Saggi di diritto civile, II ed., Napoli, 1994, 184 ss., il quale, attraverso una revisione critica della identificazione tra indica- zione e procura all’incasso, individua nell’art. 1188 c.c. una norma de- stinata soltanto a disciplinare le fonti della legittimazione a pagare, le ipotesi, cioè, in cui la solutio del debitore a terzi qualificati abbia effica- cia liberatoria, e non ad individuare a quali soggetti il debitore è obbli- gato a pagare.
(33) Così X. Xxxxxxx, L’interesse dello stipulante nel contratto a favore di terzi, cit., 48.
(34) In questo senso X. Xxxxxxxxx, Lo sconto dei crediti e dei titoli di credito,
cit., 657.
(35) Cfr. X. Xxxxxxxxxx, Il conto corrente bancario, Padova, 1967, 114 s.
(36) Secondo X. Xxxxxxxxx, Lo sconto dei crediti e dei titoli di credito, cit., 657 s., in questo caso la banca non esplicherebbe alcuna cooperazione gestoria ed avrebbe soltanto il potere, non l’obbligo di riscuotere i credi- ti indicati nella ricevuta dal cliente-creditore.
(37) Sulla delegazione in generale resta fondamentale il contributo di X. Xxxxxx, L’adempimento indiretto del debito altrui, Napoli, 1968, 264 ss.; e in Saggi, Napoli, 1969, 123 ss. Sulla distinzione tra indicazione e delegazio- ne di pagamento cfr. X. Xxxxxxxxxxx, Il pagamento al terzo, Milano, 1961, 64 ss.; e, in posizione critica, X. Xxxxxx, Indicazione di pagamento e delega- tio solvendi, cit., 184 ss.
(38) Cfr. X. Xxxxxxx, Il conto corrente bancario, in Comm. cod. civ., Sch- lesinger, Milano, 1992, 43 ss.; X. Xxxxx, Servizi bancari e tecniche informa- tiche, in Riv. dir. civ., 1989, I, 589 ss.
cooperazione giuridica (39), implicante un consapevole coinvolgimento della volontà (40); anche la giurispru- denza, in maniera non sempre limpida, esclude dall’am- bito del mandato il compimento di atti materiali, tecni- ci o manuali, senza tuttavia restringere l’oggetto del mandato alle «sole dichiarazioni di volontà negoziale, ben potendo comprendere un’attività volitiva in genere dell’agente, per la cui efficacia giuridica abbia rilevanza la sua attività cosciente» (41).
In questa prospettiva, il compimento di semplici atti materiali da parte della banca, nell’esecuzione del servizio di incasso, sarebbe incompatibile con la natura del mandato, e orienterebbe, piuttosto, verso l’inquadramento di tale attività nell’ambito dell’ap- palto di servizi, per il cui svolgimento, viceversa, è irrilevante qualsiasi riferimento ad un’autonoma vo- lontà.
La ricostruzione in termini di mandato (42) resta, tuttavia, la più idonea a spiegare il fenomeno, in pri- mo luogo per la difficoltà di configurare l’attività di cassa, anche se completamente automatizzata (43), come attività meramente esecutiva, ed inoltre perché, generalmente, l’emissione delle ricevute non è un’at- tività svolta occasionalmente, ma è parte di una pre- stazione più generale e complessa, che si colloca nel- l’ambito «di un servizio stabile di gestione del portafo- glio clienti, a sua volta inserito in quel più vasto e ge- nerale rapporto che è il conto corrente di corrispon- denza» (44).
Tale servizio ha subito profonde modificazioni ope- rative grazie all’impiego su vasta scala delle tecnologie informatiche, che consentono oggi di utilizzare un pro- cedimento di tipo elettronico, convenzionalmente de- nominato Xx.Xx (45), nel quale i flussi di informazioni necessari all’espletamento del servizio di incasso vengo- no elaborati mediante supporti magnetici, consentendo una gestione completamente informatizzata delle rice- vute, stampate direttamente dalla banca soltanto al ter- mine dell’operazione (46).
Con questo sistema, il ruolo di mandatario assunto dall’azienda di credito si arricchisce di un nuovo conte- nuto, «ricomprendendo l’incasso non soltanto una serie di operazioni di riscossione in senso stretto, ma anche l’emissione dell’atto giuridico “quietanza” a nome e per conto del creditore, con una piena ed immediatamente percepibile rispondenza dello schema negoziale al mo- dello dell’art. 1703 c.c.» (47).
Tipologie di mandato all’incasso nella pratica commerciale
Il dibattito sulla natura del rapporto che, nella ri- cevuta bancaria, si instaura tra la banca ed il cliente, evidenzia che le diverse ricostruzioni sono spesso in- fluenzate dalle concrete modalità di attuazione dell’o- perazione.
Nella sua struttura essenziale l’accordo si sostanzia nell’attribuzione alla banca del compito di curare l’in-
casso di crediti che il correntista vanta verso terzi, dun- que il modello predisposto dalle parti viene configurato in modo da attribuire all’istituto bancario la mera legit- timazione alla riscossione del credito.
Note:
(39) Per una approfondita indagine, volta ad identificare l’esatto conte- nuto della prestazione dovuta dal mandatario che si impegna a compie- re un facere per conto altrui, cfr. X. Xxxxx, Il mandato irrevocabile all’incas- so. Autonomia privata, cooperazione gestoria e tutela degli interessi dei credi- tori, cit., 65 ss.
(40) In questo senso, cfr. X. Xxxxxxx, Il contratto di appalto, Torino, 1972, 45; X. Xxxxxx, L’appalto, in Tratt. di dir. civ., Xxxxxxxx, VII, 3, Tori- no, 1980, 45 s.; X. Xxxxxxxx, Appalto, in Enc. giur., Xxxxxxxx, XX, Xxxx, 0000, 2.
(41) Così Xxxx. 5 settembre 1989, n. 3853, in Giur. it., 1990, I, 1, c. 1170 con nota di X. Xxxxxxx, Poteri del mandatario e azioni possessorie. Sulla differenza tra contratto di appalto e mandato nella giurisprudenza meno recente, cfr. Cass. 12 settembre 1961, n. 2022, in Rep. Giur. it., 1961, voce Mandato, n. 601, secondo la quale «mentre la prestazione del mandatario si esplica essenzialmente in un’attività deliberativa, cioè in atti di formazione e di manifestazione della volontà; quella dell’appal- tatore ha per oggetto un’attività meramente esecutiva, di carattere ma- nuale o intellettuale, rivolta al compimento di un’opera o di un servi- zio».
(42)In questo senso, X. Xxxxxxx, Ricevuta bancaria, cit., 495; S. Macca- rone, Operazioni su ricevute bancarie e su fatture, cit., 679. Qualche per- plessità esprime X. Xxxxxxxxxx, Ricevuta bancaria, cit., 734. Più di recen- te, riconduce l’attività di pagamenti ed incassi allo schema del mandato,
X. Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx, L’interposizione della banca nell’adempimento del- l’obbligazione pecuniaria, Milano, 1997, 103 ss., spec. nt. 5.
(43) Sull’evoluzione dei sistemi di pagamento legata all’innovazione tecnologica, cfr. X. Xxxxxxx, I nuovi sistemi di pagamento e i servizi resi alle imprese, in Banche e banchieri, 1987, 5 ss.; X. Xxxxxxxx, Sistemi di pagamen- to, in Enc. giur., Treccani, App. Roma, 1995, 1 s. Più in generale, sulla società della «ricchezza dematerializzata», cfr. X. Xxxxxxx, Diritto ed eco- nomia alle soglie del nuovo millennio, in Contratto e impresa, 2000, 189 ss.
(44) Così X. Xxxxxxx, Ricevuta bancaria, cit., 495, il quale ritiene «age- vole riconoscere all’attività svolta dall’azienda un contenuto gestorio sufficiente ad integrare la fattispecie del mandato con rappresentanza» non appena si consideri che le singole operazioni di incasso fanno parte di una prestazione più ampia «di cui costituiscono altrettanti momenti od episodi e nella quale le ricevute bancarie si innestano quali supporti operativi». Di opinione contraria X. Xxxxxxxxx, Lo sconto dei crediti e dei titoli di credito, cit., 657. L’attività delle banche nei rapporti con la clien- tela trova oramai un punto di riferimento pressocché generale nel con- tratto di conto corrente che configura, il più delle volte, la cornice nella quale si collocano le diverse operazioni bancarie. In questo senso X. Xxxxx, I contratti bancari, cit., 475. Questa opinione, ampiamente diffusa in dottrina, ha trovato conferma nelle Istruzioni della Banca d’Italia dettate in tema di trasparenza. In argomento, cfr., per tutti, X. Xxxxxx, Note introduttive, in X. Xxxxxx (a cura di), Commentario alla Legge 17 febbraio 1992, n. 154, in Le nuove leggi civ. comm., 1993, 1124 ss.; e, da ultimo, X. Xxxx, La trasparenza dei contratti bancari, Bari, 2003.
(45) Cfr. X. Xxxxx, La gestione degli incassi con procedimenti elettronici: dal- la ricevuta bancaria al servizio Xx.Xx, in Dir. e prat. comm., 1987, 1611 ss. Strumento innovativo è la Xx.Xx. Internazionale che consente alle aziende estere di accentrare presso un’unica banca i crediti verso l’Italia, automatizzando gli incassi.
(46) Simile alla funzione assolta dalla procedura Xx.Xx. è quella del
M.A.V. (Incasso Mediante Avviso) che consente alla banca di curare il servizio di incasso su incarico di terzi. Sull’argomento X. Xxxxxxxx, Infor- matizzazione e servizi bancari di incasso, in Dir. inform. e informatica, 1992, 602 ss.
(47) Così X. Xxxxxxx, Ricevuta bancaria, cit., 496. Id., Conto corrente ban- cario, in Enc. giur. Treccani, VIII, Roma, 1988, 1 ss.
In quest’ipotesi, di mandato all’incasso c.d. «puro», il mandatario, sulla base della disciplina tipica dell’isti- tuto, ha l’obbligo del rendiconto (48) ed è tenuto a ri- mettere al mandante le somme incassate a causa del mandato (ex art. 1713 c.c.) (49).
nanziamento, assolvendo prevalentemente ad un ruolo di garanzia; la funzione solutoria trova attuazione suc- cessivamente, quando, una volta incassati i crediti del cliente, la banca utilizza le somme riscosse a compensa-
Nella fattispecie risulta del tutto assente un inte-
resse della banca, concorrente con quello del cliente, alla riscossione del credito, diverso dal semplice interes- se al conseguimento della commissione, proprio delle operazioni di mandato al c.d. «dopo incasso», nel quale la banca non eroga un finanziamento al mandante, ma si limita ad incassare il credito e a trasferire al cliente le somme percepite al netto della commissione, e che tro- va la sua disciplina nelle norme dettate in tema di man- dato oneroso (50).
Nella prassi, tuttavia, il conferimento di un man- dato all’incasso è normalmente collegato ad un’opera- zione di finanziamento, pertanto la necessità di raffor- zare l’aspettativa della banca al recupero del credito concesso fa sì che l’incarico gestorio sia, generalmente, parte di un più complesso meccanismo convenzionale, arricchito di clausole pattizie predisposte dalla banca stessa.
Questa funzione di autotutela, volta a consolidare l’aspettativa creditoria dell’ente finanziatore e a proteg- gerlo dalle incertezze e dalle lungaggini di un eventuale procedimento esecutivo (51), viene, infatti, realizzata mediante l’inserimento di una pluralità di previsioni convenzionali che rendono il mandato all’incasso
«semplice», diretto cioè ad attribuire alla banca la mera legittimazione alla riscossione del credito, sempre più
«rafforzato».
In particolare, tra le diverse clausole emerge, nella fattispecie di mandato a riscuotere c.d. «forte», un pat- to di futura compensazione che attribuisce all’istituto di credito la facoltà di trattenere le somme una volta ri- scosse e di utilizzarle per l’estinzione totale o parziale dell’esposizione debitoria che il mandante ha nei suoi confronti.
In altre parole, è comune nella pratica commercia- le che il cliente-imprenditore si faccia anticipare in tut- to o in parte dalla banca l’importo di una ricevuta o di una fattura, con l’impegno che l’istituto bancario, una volta ottenuto il pagamento da parte del terzo-debitore, tratterrà quanto riscosso a saldo del credito erogato tra- mite l’anticipazione accordata (52).
La fattispecie, in tal modo, oltre ad attuare una funzione di garanzia, ancorché atipica (53), che «si rea- lizza in forma empirica e di fatto, come conseguenza della disponibilità del credito verso il terzo» (54), assol- ve anche ad una funzione solutoria, che si risolve «nella precostituzione di un mezzo sicuro di pagamento per il mandatario, in ordine ai finanziamenti da effettuare a favore del mandante» (55).
Nella fase genetica, di costituzione del rapporto, il mandato conferito per la riscossione di crediti non an- cora esigibili è infatti funzionale alla concessione del fi-
Note:
(48) Sull’ambito di operatività del rendiconto, e sulla correlazione con la funzione di controllo, cfr., in particolare, X. Xxxxxxxx, Controllo e rendiconto nelle situazioni patrimoniali, Napoli, 2001, spec. 77 ss. È inte- ressante il rilievo che l’obbligo del rendiconto del mandatario non vie- ne meno nell’ipotesi di estinzione del mandato per morte del mandante, dovendo essere adempiuto nei confronti degli eredi; in questo senso Xxxx. 10 giugno 2003, n. 9202, in Mass. Foro it., 2003. Sottolinea tutta- via Cass. 25 novembre 2002, n. 16577, in Guida dir., 2003, 60, che «la disciplina legale del mandato è, in massima parte, derogabile per con- sentire al mandante di regolamentare il rapporto nel modo più utile al suo interesse. In particolare tra le disposizioni derogabili dalle parti è l’articolo 1713, comma 1, del c.c., che pone a carico del mandatario, co- me naturale negotii, l’obbligo del rendiconto dell’eseguito mandato e l’obbligo - autonomo ma funzionale al primo - tipico ed essenziale del mandato, di rimettere al mandante tutto quanto ricevuto a causa del mandato. Uno dei casi di dispensa dell’obbligo del rendiconto - che può configurarsi anche per facta concludentia - si rinviene allorché il manda- tario sia altresì esonerato dal mandante dell’adempimento del correlato obbligo di rimessione, nella sua sfera giuridica, dei risultati utili del man- dato, che rimangono invece nella sfera giuridica del mandatario per rea- lizzare un suo interesse».
(49) Per una analisi dei diversi modelli diffusi nella prassi, cfr. B. Qua- traro, Effetti dell’amministrazione straordinaria sul contratto di mandato, in Giur. comm., 1985, II, 113, spec. 115 ss.
(50) In argomento, X. Xxxxxxxxx Le operazioni della banca tra norme e prassi, cit., 243 ss.
(51) In questo senso X. Xxxxxxx, Nota introduttiva al volume Le garanzie rafforzate del credito (a cura di), Torino, 2000, XIII.
(52) Tecnicamente l’operazione avviene mediante l’accensione di due conti separati: un conto corrente ordinario destinato all’operatività di cassa, e un conto corrente anticipi destinato all’anticipazione di fatture e ricevute bancarie. Quando il cliente presenta una distinta di fatture e/o ricevute bancarie recanti crediti non ancora scaduti, la banca prov- vede ad accreditare il relativo importo nominale sul conto anticipi, sal- vo addebitare periodicamente una commissione per il servizio di antici- pazione. Il medesimo importo anticipato viene quindi girocontato sul conto corrente ordinario e dunque addebitato sul conto anticipi, e con- testualmente accreditato sul conto corrente ordinario. Al momento del- la riscossione, la banca fa confluire l’accredito sul conto corrente ordi- nario e contestualmente lo storna per imputarlo a credito sul conto an- ticipi ove va a deconto dell’esposizione debitoria risultante dalle antici- pazioni concesse al cliente. Cfr. X. Xxxxxxxx, Diritto bancario e finanzia- xxx, xxx., 000, xx. 14.
(53) Cfr. X. Xxxxxxx, Sulla revocatoria delle rimesse in conto corrente, in Rass. dir. civ., 1986, 131; X. Xxxxxxxx, Spunti in tema di revocatoria falli- mentare delle rimesse in conto corrente bancario e di mandato in rem pro- priam, in Banca, borsa e tit. cred., 1986, I, 155 ss.; X. Xxxxxxxxx, L’auto- tutela esecutiva, Milano, 1984, 217; X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxxxxxx, Garan- zie bancarie proprie ed improprie e procedure concorsuali, cit., 786; G. Ragu- sa Maggiore, Mandato irrevocabile e cessione dei crediti nel fallimento e nel- l’amministrazione controllata, in Giur. it., 1980, I, 1, 135.
(54) Così Xxxx. 5 luglio 2007, n. 15225. In dottrina, cfr. A.A. Dolmetta e X. Xxxxxxx, Cessione del credito e cessione in garanzia nell’ordinamento ita- liano, cit., 101.
(55) Così, per tutte, Cass. 15 luglio 2004, n. 13165, cit. In dottrina, per tutti, X. Xxxxxx, Mandato in rem propriam e fallimento del mandante, in Riv. dir. comm., 1963, II, 95 ss., spec. 98; X. Xxxxxxxx, L’estinzione del mandato per il fallimento del mandante: ragioni e limiti di una norma, in Riv. dir. civ., 1967, I, 292, nt. 65; e, da ultimo, cfr. X. Xxxxxxx, La cessione del credito a scopo di garanzia, cit., 348.
zione delle proprie ragioni creditorie nei confronti del mandante (56).
Esiste, peraltro, un diverso modo, meno diffuso di configurare il rapporto tra la banca e il cliente-mandan- te, nel quale è prevista la facoltà per l’istituto di credito di trattenere le somme riscosse, ovvero di accreditarle su un apposito conto corrente, intestato al mandante e costituito in pegno a favore della banca, a garanzia di ogni debito presente o futuro nei suoi confronti.
Questa formula, che «forse presenta in modo più spiccato la funzione di garanzia» (57), determinerebbe la costituzione di un pegno irregolare a fronte dell’anti- cipazione concessa, ex art. 1851 c.c., ed in particolare, di un pegno di cosa futura (58), dal momento che l’in- casso dei crediti oggetto del mandato avverrà successi- vamente alla conclusione del contratto.
Nella pratica è assai frequente che le parti inseri- scano anche in questo schema di mandato all’incasso una clausola di self-liquiditing che attribuisce alla banca la facoltà «di procedere in qualsiasi momento alla com- pensazione delle reciproche ragioni creditorie ancorché non scadute» (59).
Mandato all’incasso, pactum de compensando
e mandato in rem propriam
L’esistenza di un collegamento funzionale tra il mandato conferito all’istituto bancario e la concessione del finanziamento, che qualifica e connota l’interesse della banca all’incasso dei crediti del cliente pone la fattispecie nella prospettiva del c.d. mandato in rem pro- priam, cioè del mandato rilasciato non soltanto nell’in- teresse del mandante, secondo la configurazione tipica dell’istituto, ma anche di quello concorrente del man- datario o di terzi (art. 1723, comma 2, c.c.) (60).
L’inquadramento della figura nel genus del manda- to stipulato anche nell’interesse del mandatario o di terzi determina l’applicabilità alla fattispecie di un regi- me eccezionale di estinzione del rapporto di mandato, che si esprime nell’irrevocabilità (c.d. assoluta) del con- tratto e nella sua ultrattività alla morte o alla sopravve- nuta incapacità del mandante (61).
In sostanza, quando nel mandato all’incasso le par- ti stabiliscono un nesso fra l’esecuzione del mandato e la soddisfazione dell’interesse del mandatario, il conferi- mento dell’incarico gestorio diviene parte integrante di una più ampia pattuizione, nella quale ‹‹la decisione del mandante di conferire l’incarico non è frutto di una scelta gestionale indipendente, e come tale sempre re- vocabile, bensì è il prezzo di una utilità, non meramen- te potenziale che il mandante ricava» (62).
Note:
(56) In questo senso, F.A. Magni, Il mandato irrevocabile all’incasso, in Le garanzie rafforzate del credito, cit., 339 ss.
(57) Cfr. X. Xxxxx, Le garanzie atipiche, Padova, 1988, 349; X. Xxxxx, La revocatoria fallimentare delle rimesse bancarie: problemi attuali, in Banca, borsa e tit. cred., 1996, 21 ss.; Cass. 14 febbraio 0000, x. 000, xx Xxxx.
xxxx., 0000, XX, 0000; in Giur. it., 1980, I, 1, c. 135; e in Dir. fall., 1979, II, 113. Pur non potendosi escludere anche una funzione solutoria attribuita dalle parti alla fattispecie, «risultante dal complesso meccani- smo negoziale che si articola nella attribuzione del mandato irrevocabile all’incasso, nel connesso automatico effetto compensativo, nella costitu- zione in pegno delle somme riscosse a garanzia (anche) del pagamento del debito derivante dall’anticipazione»: così Trib. Pordenone 31 gen- naio 1996, in Fallimento, 1996, 702, con osservazioni di X. Xxxxxxx.
(58) Xxxx’interpretazione della giurisprudenza, «è ammissibile (…) il pe- gno irregolare di cosa futura in favore di una banca, rappresentato dal “saldo liquido creditore” derivante dall’incasso di titoli da accreditare su un conto corrente del debitore, trattandosi di fattispecie a formazione progressiva, la quale trae origine dall’accordo stipulato dalle parti (di per sé idoneo a produrre solo effetti obbligatori tra le stesse) e si perfeziona con l’effettiva costituzione della garanzia pignoratizia, conseguente al venire in essere della cosa ed alla sua consegna al creditore»: così, Xxxx. 1 agosto 1996, n. 6969, in Giust. civ., 1996, I, 3211. In senso conforme, Trib. Parma 6 giugno 1990, in Dir. fall., 1991, II, 132, con nota di X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxxxx, Fallimento e pegno di cosa futura, secondo cui nell’ipotesi di pegno su incassi futuri effettuati dal creditore in forza di un mandato irrevocabile, qualificabile come pegno irregolare su cosa fu- tura, la garanzia si perfeziona nel momento in cui il creditore realizza la riscossione. In dottrina, cfr., per tutti, X. Xxxxxxxxxx, Pegno (dir. priv.), in Enc. dir., XXXII, Milano, 1982, 682 ss.; X. Xxxxxxx, La cessione dei credi- ti, in Tratt. di dir. priv., Xxxxxxxx, 9, Torino, 1984, 384; Id., La cessione dei crediti futuri a scopo di garanzia, Milano, 1968, 87.
(59) Trattandosi di compensazione volontaria, come è noto, unico pre- supposto indispensabile è la reciprocità dei crediti. Sull’ambito di operati- vità della compensazione volontaria, ampiamente, cfr. X. Xxxxxxxxxxx, Dei modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento, in Comm. cod. civ., Scialoja e Branca, art. 1230-1259, IV, Bologna-Roma, 1975, 382 ss.
(60) Per una analisi, attraverso la selezione dei possibili interessi confi- gurabili in capo al mandatario, dell’incidenza del concorrente interesse altrui sul profilo funzionale del negozio gestorio, cfr. X. Xxxxx, Il mandato irrevocabile all’incasso. Autonomia privata, cooperazione gestoria e tutela de- gli interessi dei creditori, cit., 46 ss.
(61) La disciplina introdotta dall’art. 1723, 2 comma, c.c. ha dato origi- ne ad un dibattito particolarmente vivo e ad una ampia elaborazione dottrinale: cfr. X. Xxxxxxxxx, In tema di mandato e procura irrevocabile, in Giur. compl. cass. civ., 1948, III, 286 ss.; Id., Il mandato. La commissione. La spedizione, in Tratt. di dir. civ., Xxxxxxxx, VIII, 1, Torino, 1954, 185 ss.;
X. Xxxxxxx, Irrevocabilità del mandato con rappresentanza, in Dir. e giur., 1950, 435; X. Xxxxxxx, Note sull’irrevocabilità del mandato, in Riv. dir. comm., 1952, II, 19 ss.; X. Xxxxxxxx, Mandato, commissione, spedizione, in Tratt. di dir. civ. e comm., Xxxx e Messineo, XXXII, Milano, 1984, 92 ss.; X. Xxxxxxx, Mandato, in Enc. dir., XXV, Milano, 1975, 371 s.; F.M. Xxxxxxxx, Mandato (diritto civile), in dig. it, XX, Torino, 1964, 132 s.; X. Xxxxxxx, Commento agli artt. 1703 - 1730 c.c., in Cod. civ. annotato, a cura di X. Xxxxxxxxxxx, IV, II, Napoli, 1991, 1264 ss.; X. Xxxxxxxxx, Man- dato, in Digesto disc. priv., Sez. civ., XI, Torino, 1994, 154 ss. Id., Manda- to, in Xxx. xxx. xxx., 0000, XX, 000; X. Xxxxx, Estinzione del mandato, cit., 42 ss.; X. Xxxx, Mandato irrevocabile e vincoli di gestione nell’amministra- zione controllata, in Riv. dir. civ., 1961, I, 25 ss.; X. Xxxxxxxx, Estinzione del mandato in rem propriam per sopravvenuto fallimento del mandante, in Riv. dir. comm., 1961, II, 81 ss.; X. Xxxxxx, Mandato in rem propriam e fallimento del mandante, ivi,, 95 ss.; X. Xxxxxxxxx, La sorte del mandato (e dei contratti simili) in caso di fallimento di una delle parti, ivi, 1964, I, 24 ss.; X. Xxxxxxxxx, Mandato in rem propriam e fallimento del mandante, in Dir. e giur., 1969, 782 s.; Id., I limiti al potere di disposizione del mandante nel mandato irrevocabile, in Banca, borsa e tit. cred., 1967, I, 161 ss.; X. Xxxxx- ni, Xxxxxxx in rem propriam e concordato preventivo, ivi, 1974, II, 58 ss.;
X. Xxxxxx, Sul mandato nell’interesse del mandatario, in Giur. merito, 1975, I, 302 ss.; X. Xxxxxxx, Mandato in rem propriam, in Nuova giur. civ. comm., 1989, II, 298 ss.; F. d’Xxxxxxxxxx, I mandati in rem propriam all’incasso, cit., 214 ss.; X. Xxxxx, Le garanzie bancarie, in Tratt. di dir. comm. e dir. pubbl. dell’ec., Xxxxxxx, XVIII, Padova, 1994, 126 ss.; X. Xxxxxxx, Il c.d. «mandato irrevocabile all’incasso» della prassi bancaria, in Banca, borsa e tit. cred., 2000, I, 173 ss.; X. Xxxxxx, (a cura di), Il manda- to, Milano, 2000, 441 ss.
(62) Cfr. X. Xxxxx, Dell’estinzione del mandato, cit., 110.
Si configura, in tal modo, per volontà delle parti, un negozio complesso (63) i cui elementi costitutivi sono rappresentati da un mandato irrevocabile all’incasso e da un patto di attribuzione alla banca delle somme riscosse in esecuzione dell’incarico, funzionale all’estinzione di un debito pregresso o contestuale del mandante nei con- fronti del mandatario (64), che qualifica il mandato co- me conferito anche nell’interesse di quest’ultimo.
Caratteristica dell’intera operazione è la natura strumentale che il rilascio dell’incarico gestorio assume, nell’ambito di un programma negoziale unitario, rispet- to all’attuazione di un altro rapporto che intercorre tra le parti (65).
In questa prospettiva, trova giustificazione l’irrevo- cabilità della fattispecie, essenziale alla realizzazione dell’accordo negoziale predisposto dai contraenti, e la parziale limitazione della disciplina del mandato, laddo- ve viene meno l’obbligo del mandatario di rimettere al mandante le somme riscosse, destinate alla realizzazione delle proprie ragioni creditorie.
Il patto di compensazione: efficacia obbligatoria
o vincolo reale?
L’espressa previsione della convenzione che attri- buisce alla banca il potere di autosoddisfarsi con le som- me riscosse in esecuzione dell’incarico è stata conside- rata particolarmente rilevante da coloro che, nel tenta- tivo di uscire dallo schema generale del mandato, han- no focalizzato l’attenzione sul diritto del mandatario ad utilizzare le somme incassate piuttosto che sulla legitti- mazione a riscuotere conferita dal cliente. Nell’intera operazione posta in essere dalle parti, si è così indivi- duato un negozio sinallagmatico complesso, nel quale il mandato irrevocabile all’incasso risulterebbe completa- mente assorbito (66).
Nell’ambito di questo indirizzo interpretativo, tut- tavia, il negozio satisfattivo alla cui attuazione è funzio- nalmente connesso il conferimento dell’incarico gesto- rio, è stato variamente ricostruito.
Secondo alcuni (67) configurerebbe un accordo di compensazione in base al quale il mandante, escluden- do l’operatività dell’art. 1713 c.c., si impegna a non esi- xxxx la restituzione delle somme riscosse dal mandatario in esecuzione dell’incarico, finché non saranno matura- te le condizioni perché questi possa destinare il proprio debito di restituzione ex mandato a decurtazione del credito vantato nei confronti del mandante.
Altri lo ricostruiscono come una «convenzione concernente le modalità di adempimento» (68), in virtù della quale il risultato utile della gestione viene preventivamente deviato nella sfera giuridica del man- datario, attraverso l’anticipata rinunzia del mandante ad esigere il credito nei confronti del cooperatore, ex art. 1713 c.c., cui farebbe riscontro la rinunzia della banca a far valere la propria pretesa creditoria in rela- zione al finanziamento erogato.
Note:
(63) In dottrina, cfr. X. Xxxxxxx, Mandato con clausola di irrevocabilità e mandato irrevocabile nel nuovo codice, in Riv. dir. priv., 1943, 20 ss.; X. Xxxxxxxxx, I limiti al potere di disposizione del mandante nel mandato irrevo- cabile, cit., 173 s.; in giurisprudenza, x. Xxxx. 9 giugno 1983, n. 3951, in Giur. it., 1983, I, 1, 1804; in Foro it., 1983, I, c. 3064; e in Banca, borsa e tit. cred., 1984, II, 446, con nota di X. Xxxxxxxx, Xxxxxxx all’incasso e re- vocatoria fallimentare, secondo la quale «il mandato all’incasso è inqua- drabile nella categoria del negozio complesso, caratterizzato da una fun- zione strumentale di una delle prestazioni tipiche che lo compongono»; in questa prospettiva, è necessaria «la concomitanza di un diverso rap- porto intercorrente tra il mandante e il mandatario (…) funzionalmen- te collegato al primo». Nello stesso senso, Cass. 24 febbraio 1987, n. 1931, cit. Sul collegamento funzionale, cfr., per tutti, X. Xxxxxxxxxxxx, Collegamento negoziale, in Enc. dir., VII, Milano, 1960, 377 ss.; e, più di recente, X. Xxxxxxx, Operazioni economiche e collegamento negoziale, Pa- dova, 1999. Come autorevole dottrina sottolinea, «la qualificazione del negozio non può prescindere dalla qualificazione del suo effetto e que- st’ultimo non può prescindere dallo studio della sua fonte, cioè del ne- gozio come fatto. La qualificazione giuridica e l’interpretazione fanno parte di un procedimento unitario teso a ricostruire ciò che è avvenuto in una prospettiva dinamica, rivolta non al passato ma alla fase attuati- va»; così X. Xxxxxxxxxxx, Interpretazione e qualificazione: profili dell’individua- zione normativa, in Dir. giur., 1975, 826 ss., e in Scuole, tendenze e metodi, Napoli, 1989, 29 ss., e spec. 32 s.
(64) Non è rilevante che il rapporto funzionalmente collegato al man- dato sia preesistente o contestuale; può verificarsi, infatti, che la stru- mentalità dell’incarico rispetto all’interesse del gestore nasca anche nel corso dell’espletamento dell’incarico; in questi termini, Cass. 18 dicem- bre 1984, n. 6625, in Giur. comm., 1985, II, 584.
(65) In giurisprudenza è ricorrente il riferimento al negozio indiretto, volto a raggiungere uno scopo ulteriore e diverso rispetto a quello tipico del mandato, «connesso alla realizzazione di un altro negozio intercorso tra le parti e sottostante al mandato stesso». In questo senso, Cass. 26 febbraio 1981, n. 1182, in Foro it., 1982, I, 237; e in Fallimento, 1981, 638, secondo la quale, attraverso il mandato all’incasso, l’effetto satisfat- tivo o di garanzia ottenibile con la cessione del credito non viene realiz- zato direttamente ma viene conseguito mediante la combinazione di at- ti diretti a realizzare altri effetti. Sul punto cfr. anche App. Bologna 2 ot- tobre 1981, in Dir. fall., 1982, II, 420. In relazione alla utilizzazione del mandato in rem propriam per attuare indirettamente uno scopo ulteriore rispetto a quello tipicamente previsto, cfr. X. Xxxxxx, Il negozio giuridico indiretto, 147 ss.; X. Xxxxxxxx, Estinzione del mandato in rem propriam per sopravvenuto fallimento del mandante, cit., 85 ss. In posizione critica X. Xxxxxxxxx, Il Mandato. La commissione. La spedizione, cit., 186. Sul ne- gozio indiretto, più in generale, X. Xxxxxxxx, Il mutuo dissenso, Milano, 1980, 62 ss.
(66) Cfr. X. Xxxxxxx, Mandato in rem propriam. Non estinzione in caso di fallimeno del mandatario, in Nuova riv. dir. comm., 1957, II, 214 ss. che configura il mandato all’incasso come clausola accessoria di un’altra fat- tispecie negoziale; X. Xxxxxxxxx, I limiti al potere di disposizione del man- xxxxx nel mandato irrevocabile, cit., 174 ss.; Id., Mandato in rem propriam e fallimento del mandante, cit., 793 ss.; X. Xxxxxxxxx, Considerazioni sul mandato in rem propriam nell’ipotesi di fallimento del mandante, in Riv. dir. comm., 1964, II, 223 ss.; X. Xxxxxxx, Il mandato per la soddisfazione di crediti del mandatario o di terzi nel fallimento e nella procedura di concordato preventivo, in Riv. dir. comm., 1975, I, 149 ss.
(67) In questo senso X. Xxxxxxxxx, I limiti al potere di disposizione del man- xxxxx nel mandato irrevocabile, cit., 174 ss.; Id., Mandato in rem propriam e fallimento del mandante, cit., 793 ss. Sulla differenza con il pactum de compensando di cui all’art. 1252 c.c., cfr. X. Xxxxxxxxx, L’autotutela ese- cutiva, cit., 102 ss.
(68) Così X. Xxxxxxx, Il mandato per la soddisfazione di crediti del manda- tario o di terzi nel fallimento e nella procedura di concordato preventivo, cit., 150, spec. 157 s., il quale ritiene che tale convenzione di adempimento realizzi «una vicenda immediatamente abdicativa dal patrimonio del mandante della aspettativa giuridica all’attribuzione del risultato utile del mandato».
In tal modo, l’effetto dispositivo del diritto verreb- be a prodursi nel momento della stipulazione del nego- zio gestorio, con l’importante conseguenza che le vicen- de intervenute successivamente al perfezionamento del contratto, anche se antecedenti all’esecuzione dell’in- carico da parte del mandatario, non potrebbero influire sul rapporto oramai concluso.
L’esito di queste ricostruzioni, tendenti a superare i limiti dell’efficacia meramente obbligatoria del manda- to all’incasso, sono di immediata evidenza in sede falli- mentare, con riferimento all’ipotesi di fallimento del mandante.
Al riguardo, tuttavia si è rilevato che prefigurare la produzione di un effetto dispositivo contestuale alla sti- pulazione del mandato, e pertanto antecedente all’ese- cuzione del compito gestorio, implica sostanzialmente riconoscere che il diritto oggetto dell’incarico si è trasfe- rito in capo al cooperatore, che agirà per conto proprio, data l’immediatezza dell’effetto dispositivo, e non più per conto del mandante al quale così residua «la sola utilità di vedere eseguito l’accordo sul modo di dare sod- disfazione alla pretesa del mandatario-creditore» (69).
Inoltre, l’esistenza di un collegamento funzionale tra il mandato all’incasso e l’attuazione dell’accordo sati- sfattivo non può ridurre la qualificazione dell’esecuzione dell’incarico gestorio a mera condizione di efficacia della
distinguibili» (73), poiché il primo attribuisce al man- datario, che agisce per conto e spesso anche in nome del mandante, la mera legittimazione alla riscossione del credito; la seconda, viceversa, realizza il trasferimen- to della titolarità del credito dal cedente al cessionario.
Quest’ultimo diviene contraente diretto del debi- tore nel rapporto sostanziale ed acquista immediata- mente, con la posizione di creditore, la facoltà di eserci- tare i poteri connessi alla titolarità del credito; in parti- colare può a sua volta trasferirlo ed è l’unico legittimato a pretendere la prestazione dal debitore ceduto, il cui pagamento costituisce adempimento di un’obbligazione propria e non del cedente.
Nel mandato all’incasso, viceversa, il mandatario opera nell’interesse del mandante, anche se l’esecuzio- ne dell’incarico gestorio è funzionale alla realizzazione del proprio concorrente interesse, ed è tenuto a rendere conto del proprio operato al dominus del rapporto, che conserva la disponibilità del diritto.
La stessa funzione di garanzia «impropria» che le due figure sono idonee a realizzare viene perseguita con modalità diverse: mentre nella cessione del credito la funzione di garanzia si pone come clausola limitativa e risolutoria della cessione stessa, una volta che l’entità delle somme riscosse soddisfi l’ammontare del debito (74), nel mandato irrevocabile all’incasso «la garanzia
diversa pattuizione sottostante, quindi «far retroagire la
nascita dell’obbligo di restituzione al momento della sti- pulazione del mandato appare assolutamente arbitrario; correttamente, invece tale nascita va a tutti gli effetti ri- collegata all’elemento essenziale della fattispecie costitu- tiva, cioè al compimento dell’attività gestoria». (70)
In sostanza, le differenti opzioni ricostruttive, ten- denti a superare il limite dell’efficacia inter partes attri- buibile alla fattispecie, si scontrano con la difficoltà obiettiva dell’inidoneità del mandato a trasferire la tito- larità del credito in capo al mandatario, o a creare un vincolo di indisponibilità erga omnes, opponibile al fal- limento.
La previsione di un pactum de compensando, diretto a consentire l’autosoddisfacimento della banca, in sé non appare sufficiente a snaturare il mandato all’incas- so che resta pur sempre un mandato e, in quanto tale, inidoneo a separare realmente il bene oggetto dell’inca- rico dal patrimonio del mandante (71), o a creare un vincolo di indisponibilità opponibile al fallimento (72). Diversa, ovviamente, sarà la soluzione laddove, dal complesso delle clausole pattizie predisposte dai con- traenti, emerga l’effettivo intento di attribuire alla fatti- specie una diretta efficacia traslativa, venendosi così a configurare un vero e proprio negozio dispositivo, assi-
milabile ad una cessione di crediti.
Mandato irrevocabile all’incasso e cessione del credito
Teoricamente, il mandato irrevocabile all’incasso e la cessione del credito sono operazioni «limpidamente
Note:
(69) Cfr. X. Xxxxx, Dell’estinzione del mandato, cit., 144.
(70) Cfr. X. Xxxxxxxx, Effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesisten- ti, cit., 299 s.
(71) Cfr. Cass. 12 dicembre 2003, n. 19054, cit., secondo la quale «il creditore può validamente cedere il proprio credito anche dopo aver conferito ad altro soggetto un mandato irrevocabile all’incasso del sud- detto credito, sempre che, prima della cessione, il mandatario in rem propriam non abbia già incassato le somme relative, atteso che tale fatto, determinando l’estinzione del credito, ne renderebbe impossibile la ces- sione». In senso contrario si era espressa la più risalente Cass. 30 ottobre 1956, n. 4057, cit.
(72) In questo senso, X. Xxxx, Mandato irrevocabile e vincoli di gestione nell’amministrazione controllata, cit., 28; X. Xxxxxx, Mandato in rem pro- priam e fallimento del mandante, cit., 107, il quale rileva «l’inidoneità del mandato a separare realmente dal patrimonio del mandante il bene og- getto del contratto ovvero a sottrarlo alla disponibilità di lui»; L. Pazza- glia, La sorte del mandato (e dei contratti simili) in caso di fallimento di una delle parti, cit., 24 ss. Di diversa opinione X. Xxxxxxxxx, I limiti del potere di disposizione del mandante nel mandato irrevocabile, cit., 161 ss., il quale ritiene che dall’irrevocabilità dell’incarico in rem propriam derivi una si- tuazione di indisponibilità del mandante; X. Xxxxxxxxx, Garanzie banca- rie e fallimento: la sorte del mandato irrevocabile all’incasso, cit., 535 ss.; Id., Profili dell’attività bancaria, Milano, 1989, 156 ss., secondo il quale il mandato all’incasso, almeno in alcuni casi, può produrre un effetto reale opponibile alla massa dei creditori. Nel tentativo di un superamento dell’efficacia meramente obbligatoria del mandato all’incasso, cfr. X. Xxxxxxx, Il mandato per la soddisfazione di crediti del mandatario o di terzi nel fallimento e nella procedura di concordato preventivo, cit., 151 ss.
(73) Cfr. X. Xxxxxxxxx, Le cessioni dei crediti, il factoring e la cartolarizza- zione, cit., 30 ss., ove, ampiamente e, più in generale, sulla circolazione del credito.
(74) Così Xxxx. 5 aprile 2001, n. 5061, cit. Sull’effetto traslativo quale elemento caratterizzante la cessione in garanzia, ampiamente, X. Xxxxxx, L’alienazione in funzione di garanzia, Milano, 1996, 211 ss.
si realizza in forma empirica e di fatto, come conseguen- za della disponibilità del credito verso il terzo in previ- sione della possibilità solutoria al momento dell’incas- so» (75), nella forma dell’imputazione attraverso il meccanismo della compensazione.
Cogliere la differenza tra le due figure (76), tutta- via, non è sempre agevole poiché in entrambe vi è un soggetto che riscuote un credito originariamente altrui, in forza di un diverso rapporto che si estinguerà a segui- to dell’esito favorevole dell’escussione.
La difficoltà risulta acuita dalla circostanza che, nella pratica, generalmente, alle operazioni di cessione
so si trova a valutare fattispecie volutamente ambigue, poiché le parti tentano di sfruttare i vantaggi offerti da entrambi gli istituti (79), tende ad escludere la qualifi- cazione in termini di cessione del credito e, quindi, ad affermare la ricorrenza di un mandato all’incasso, in as- senza di un concreto atto di cessione da cui emerga una effettiva volontà abdicativa del mandante in relazione al credito riscosso (80).
In ogni caso, la riconduzione dell’operazione alla figura del mandato all’incasso o, alternativamente, a quella della cessione del credito, costituisce una que-
dei crediti viene attribuito non solo uno scopo solutorio
in via diretta ed immediata, ma anche una finalità di garanzia finalizzata ad una più ampia funzione solutoria e, nel contempo, di cooperazione della banca stessa nel- l’incasso dei crediti, venendosi a determinare una sorta di «commistione» di funzioni, attraverso la quale «si manifestano le peculiarità, come pure le contraddizioni, delle operazioni di cessione del credito a scopo di ga- ranzia» (77).
In concreto, infatti, anche laddove la fattispecie sia ricondotta ad una cessione in garanzia, l’attuazione dell’operazione avviene secondo modalità e forme che richiamano più propriamente la funzione del mandato all’incasso, sostanziandosi in un’attività di gestione e di riscossione del credito svolta nell’interesse della banca, ma anche e soprattutto nell’interesse dello stesso ce- dente.
Significativo è il rilievo che, secondo una prassi consolidata, la banca provvede sistematicamente ad esigere dal terzo debitore, ceduto in garanzia, i crediti alla scadenza, non solo indipendentemente dal preven- tivo accertamento dell’inadempimento del cedente fi- nanziato, ma addirittura senza attendere che il credito concessogli sia a sua volta scaduto, «attuando, pertanto, un comportamento che appare in realtà estraneo ad un creditore titolare di una garanzia» (78).
Criteri distintivi e conseguenze sul piano applicativo
La distinzione tra mandato irrevocabile all’incasso e cessione del credito rappresenta un problema molto delicato, denso di conseguenze sul piano applicativo e, in particolare, in tema di procedure concorsuali, sotto il profilo del fallimento del debitore-mandante, in relazio- ne alla possibilità, per i creditori in concorso, di aggre- dire immediatamente il credito da riscuotere.
Poiché, di fatto, è innegabile la notevole analogia funzionale esistente tra le due figure - potendo, come si è detto, il mandato all’incasso, attraverso l’inserimento di clausole o l’intento comune delle parti, essere utiliz- zato come strumento di garanzia e al contempo di rea- lizzazione della pretesa creditoria - diviene essenziale l’accertamento dell’effettivo intento perseguito dai con- traenti.
L’atteggiamento diffuso in giurisprudenza, che spes-
Note:
(75) Cfr. Cass. 5 luglio 2007, n. 15225, in commento.
(76) Sulla possibilità di riqualificazione dei modelli empirici di mandato all’incasso nei termini di cessione in garanzia o cessione del credito sol- vendi causa, cfr. X. Xxxxxxx, Il c.d. «mandato irrevocabile all’incasso» della prassi bancaria, cit., 197 ss., il quale sottolinea che tale diverso inquadra- mento «è incompatibile con un permanente riferimento al tipo contrat- tuale del mandato e, quindi, alla disciplina per esso dettata». Sull’istitu- to della cessione del credito, ampiamente, per tutti, X. Xxxxxxxxxxx, Le ces- sioni dei crediti ordinari e di impresa, cit.; Id., Il trasferimento del credito, cit.; Id., Cessione del credito, cit., 1 ss.; e in Il diritto dei contratti tra persona e mercato, cit., 163 ss.
(77) Così X. Xxxxxxxx, Cessione strumentale dei crediti e finanziamento del fornitore quali funzioni assorbenti la causa di finanziamento e gestione nel contratto di factoring, in Fallimento, 2001, 523 ss.; Id., Natura delle cessioni nel contratto di factoring e procedure concorsuali, in Riv. dir. priv., 1998,
104. I dubbi già espressi dagli interpreti di fronte al meccanismo operati- vo che connota il contratto di factoring, dove emerge quell’intreccio di funzioni di mandato all’incasso e di garanzia finalizzata ad una più ampia funzione solutoria, si accentuano di fronte alla diffusione, nell’ambito del rapporto stesso di factoring, di operazioni not notification, caratterizza- te cioè dalla mancanza di comunicazione, al debitore ceduto, dell’avve- nuta cessione, nelle quali il cessionario assume verso quest’ultimo il ruo- lo di mero legittimato. In giurisprudenza, sulla natura di mandato in rem propriam del contratto di factoring, cfr. Cass. 12 aprile 2000, n. 4654, in Fallimento, 2001, 515, con nota di X. Xxxxxxxx; Trib. Genova, 10 agosto 2000, ivi, 517. In dottrina, cfr. X. Xxxxx, Dal contratto all’impresa: il fac- toring, in Riv. soc., 1984, 947, il quale ritiene che «la cessione dei credi- ti nell’ambito dell’accordo di factoring avvenga a causa di mandato e non di vendita. L’imprenditore cessionario (il factor) è tenuto quale mandatario senza rappresentanza a compiere in nome proprio e nell’in- teresse del cedente (mandante) atti giuridici di gestione dei crediti tra- sferiti». Per un’ampia analisi critica delle diverse posizioni espresse dagli interpreti sulla natura dell’operazione, cfr. X. Xxxxxxxxx, Le cessioni dei crediti, il factoring e la cartolarizzazione, cit., 145 ss. Sulla particolare tipo- logia di factoring denominato not notification factoring, cfr., per tutti, G. De Nova, Factoring, in Digesto disc. priv., Sez. comm., V, Torino, 1990, 352 ss.
(78) Cfr. X. Xxxxxxxx, La cessione del credito a scopo di garanzia: inefficacia ed inopponibilità ai creditori dell’incasso del cessionario nel fallimento, nel con- cordato e nell’amministrazione controllata, in Banca, borsa e tit. cred., 1997, I, 161; ed ora in Profili del diritto delle obbligazioni, cit., 498, il quale rileva che «la cessione del credito a scopo di garanzia nasce (…), e talora neanche perfettamente si distingue, dal tronco del mandato conferito alla banca di incassare i crediti: di questa fattispecie realizza l’interesse del correntista di fare della banca il diligente ed efficace esattore dei cre- diti verso terzi, mentre, allo stesso tempo, (…) rafforza la posizione della banca, attribuendole, rispetto ai crediti ceduti, non solo quel potere ge- storio proprio del mandato (…) ma addirittura un potere diretto di pro- prietà o meglio di titolarità del credito verso i debitori ceduti».
(79) Così, X. Xxxxxxxxx, Garanzie bancarie e fallimento: la sorte del man- dato irrevocabile all’incasso, cit., 530.
(80) In questo senso, anche Xxxx. 5 luglio 2007, n. 15225.
stione interpretativa che non può prescindere da un’at- tenta analisi e da una valutazione complessiva delle clausole negoziali di volta in volta predisposte dalla banca (81).
Carattere puramente indicativo, come emerge an- che dalla decisione in esame, assume il nomen juris adottato nel testo contrattuale, acquistando rilievo, al di là delle espressioni adoperate, l’indagine sulla con- creta volontà delle parti e sulle effettive modalità attra- verso cui l’operazione si svolge.
Al riguardo, un indice in base al quale si ritiene configurabile un mandato all’incasso piuttosto che una cessione del credito si rinviene nella circostanza che il pagamento non venga effettuato dal terzo debitore di- rettamente a favore della banca, ma venga accreditato sul conto corrente acceso dal mandante presso l’istituto di credito, in modo da consentire a quest’ultimo l’auto- matica riduzione del proprio credito (82).
Ulteriori indizi che orientano verso la qualificazio- ne in termini di mandato ad incassare, sono la previsio- ne dell’obbligo di rendiconto (83) e l’espressa dichiara- zione che il mandatario-creditore può compensare il debito del mandante con le somme riscosse soltanto dopo aver «inutilmente escusso quest’ultimo, conser- vando così la legittimazione ad agire nei suoi confron- ti» (84).
Sarebbe configurabile, invece, una vera e propria cessione del credito in funzione di garanzia e/o soluto- ria, nell’ipotesi in cui nel negozio di gestione siano pre- senti contemporaneamente una serie di pattuizioni alle quali l’istituto di credito subordina la concessione del fi- nanziamento. L’insieme di tali clausole indicherebbe una vera e propria volontà abdicativa del titolare del diritto di credito; in particolare il riferimento è alle convenzioni che stabiliscono: l’esclusiva e irrevocabile legittimazione conferita al mandatario a trattenere a ti- tolo definitivo le somme riscosse; l’accettazione da par- te del terzo debitore dell’ordine di pagare direttamente alla banca mandataria le somme dovute; l’obbligo, per il mandante, di ritrasferire alla banca eventuali somme riscosse direttamente (85); nonché la rinunzia, da parte del mandante, a facoltà connesse alla titolarità del cre- dito «quali il potere di rimettere il debito o di cedere il credito in alternativa al suo incasso» (86).
La circostanza che il mandato alla riscossione pos- sa simulare una cessione del credito solvendi causa (87), prefigurata in talune ipotesi, si verificherebbe quando, indipendentemente dal tenore letterale delle pattuizio- ni, la banca riscuote il credito dal terzo senza imputare l’ammontare dell’incasso sul conto corrente intestato al mandante; quando le parti compiono le formalità pre- viste all’art. 1264 c.c., relative alla notifica della cessio- ne (88) o alla sua accettazione da parte del debitore ce- duto (89); ovvero quando l’autorizzazione alla compen- sazione è accompagnata dall’esonero dall’obbligo del rendiconto (90).
Particolare rilievo acquista, ai fini della qualifica-
zione della fattispecie, la presenza del pactum de com- pensando, poiché costituisce un indice della volontà del mandante di non trasferire la titolarità del credito alla banca, orientando l’interprete verso la qualificazione in termini di mandato all’incasso.
La cessione del credito potrebbe, viceversa, ravvi- sarsi «solo in presenza di una pattuizione che, travali- cando gli effetti tipici del mandato, autorizza in via ge- nerale il mandatario a trattenere per sé le somme da ri- scuotere nell’esercizio di un diritto che preceda, e quin- di escluda, la necessità stessa della compensazione», at- tribuendo al negozio un intento satisfattivo incompati- bile con l’interesse gestorio che il mandato è deputato a realizzare (91).
Note:
(81) In questi termini, Cass. 28 agosto 1995, n. 9030, cit., che ricondu- ce la fattispecie sottoposta al suo esame al mandato in rem propriam, at- traverso una valutazione complessiva delle clausole contrattuali predi- sposte unilateralmente dalla banca. Sul punto, cfr. X. Xxxxx, La revoca- toria fallimentare delle rimesse bancarie. Problemi attuali, cit., 37, secondo il quale «affinché si abbia una vera e propria cessione di credito, occorre che la volontà delle parti sia chiara».
(82) In questo senso, Xxxx. 23 luglio 1997, n. 6882, cit.
(83) Cfr. X. Xxxxxxxx, Fallimento dell’accreditato e crediti della banca deri- vanti da apertura di credito garantita da ipoteca, pegno, mandato in rem pro- priam all’incasso di crediti o cessioni di credito, in Riv it. leasing, 1989, 66 ss.; Trib. Milano 25 giugno 1987, in Banca, borsa e tit. cred., 1988, II, 646.
(84) In questo senso, X. Xxxxxx Maggiore, Mandato irrevocabile e cessio- ne dei crediti nel fallimento e nell’amministrazione controllata, cit., 139.
(85) Così F. Di Sabato, Il conto corrente bancario nel concordato preventivo e nell’amministrazione controllata, cit., 68.
(86) Cfr. X. Xxxxxxxx e X. Xxxxxxxxxx, Garanzia bancarie, cit., 794 s.
(87) Cfr. Cass. 20 agosto 1993, n. 8806, in Fallimento, 1994, 142; Cass. 10 novembre 1992, n. 12091, ivi, 1993, 361; e in Dir. fall.,1993, II, 291; Cass. 4 novembre 1992, n. 11966, in Fallimento, 1993, 287; in Riv. dir. comm., 1995, II, 41, con nota di A. Ancora, Mandato in rem propriam e procedura fallimentare; in Contratti, 1993, 189, con nota di X. Xxxxxxxxx- ne, Mandato in rem propriam e cessione del credito; in Dir. fall., 1993, II, 298.
(88) In realtà, quello della notifica al debitore costituisce un punto mol- to delicato, perché essa va distinta dalla «comunicazione» al terzo effet- tuata, nella diversa prospettiva dell’art. 1393 c.c., dal rappresentante e relativa ai poteri conferitigli dal rappresentato. Sul punto cfr. Trib. Ro- ma 17 giugno 1983, in Banca, borsa e tit. cred., 1983, II, 443.
(89) Richiede la notifica dell’avvenuta cessione o la sua accettazione da parte del terzo, Xxxx. 22 febbraio 1996, n. 1423, in Fallimento, 1996, 759.
(90) Cfr. Trib. Napoli 8 marzo 1996, in Gius, 1994, 3668; Trib. Milano 23 dicembre 1985, II, 109, con nota di X. Xxxxxxxx, Effetti dell’ammini- strazione straordinaria sul contratto di mandato, cit.; e in Banca, borsa e tit. cred., 1984, II, 268, con nota di P.F. Fiordiponti, Il mandato in rem pro- priam orfano dell’interesse alieno. In ogni caso, ai fini della prova della si- mulazione, tra le parti sarà necessaria una controdichiarazione scritta, mentre i terzi potranno avvalersi di testimoni o presunzioni, secondo quanto disposto dell’art. 1417 c.c.
(91) In questo senso, Cass. 25 luglio 1996, n. 6726, cit.; Cass. 28 agosto 1995, n. 9030, cit.; Cass. 22 settembre 1990, n. 9650, cit.; Cass. 14 feb- braio 1979, n. 974, cit.