Classificazione
Autorità:
Cassazione civile sez. III
Data:
20 gennaio 2005
Numero:
n. 1150
Classificazione
Xxxxxxxx, pensioni, locande - Contratto di albergo e di pensione - Oggetto - Natura - Disciplina applicabile - Criterio della prevalenza delle prestazioni qualificanti - Limiti - Fattispecie in tema di locazione di alloggio alberghiero a sfrattati ed obblighi risarcitori.
Fatto
Svolgimento del Processo
Con citazione notificata 1'l.6.1994 la s.n.c. Camping I Xxxx conveniva davanti al Pretore di Torre Annunziata, sez. distaccata di Sorrento, il Comune di Meta e C.A., assessore delegato, nonché C.G. assumendo che il Comune le aveva chiesto di sistemare presso la sua struttura turistica, in un bungalow e per due mesi C.G. e la sua famiglia, sfrattati da alloggio comunale; che scaduto il termine di due mesi, nonostante la diffida, la famiglia X. continuava a detenere il bungalow, senza che nessun pagamento fosse mai stato effettuato nei confronti di essa attrice. Pertanto l'attrice chiedeva la condanna del C. al rilascio del bungalow e dei convenuti in solido al pagamento di una somma pari al corrispettivo dell'uso dell'alloggio, nonché al risarcimento dei danni.
Il Pretore di Sorrento, con sentenza n. 95 del 1996, condannava il C. a rilasciare l'immobile e condannava il Comune a pagare all'attrice la somma di €. 41.700.000.
Proponeva appello il Comune di Meta ed appello incidentale l'attrice.
Si costituivano e resistevano il C. ed il C..
Il tribunale di Torre Annunziata, con sentenza depositata il 21.6.2000, rigettava la domanda nei confronti del Comune di Meta e condannava il C. al pagamento nei confronti dell'attrice della somma di €. 1.200.000.
Riteneva il tribunale che, per effetto della richiesta di alloggio inoltrata all'attrice dall'assessore C. il 9.2.1994, in favore del C. era stato stipulato un contratto atipico di locazione, in quanto avente ad oggetto un locale all'interno di una struttura alberghiera ed avente una durata limitata a soli due mesi; che, giusta la disposizione di cui all'art. 35 del d. lgs n. 77 del 1995, in mancanza di atto deliberativo dell'organo collegiale, il rapporto obbligatorio si era perfezionato tra l'assessore C. e l'attrice, per cui il primo andava condannato al pagamento del corrispettivo per soli due mesi, pari al tempo di alloggio indicato nella predetta lettera, non potendosi far carico allo stesso della permanenza del C. nel bungalow per altri 655 giorni.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'attrice.
Resistono con controricorso il Comune di Meta ed A.C..
Quest'ultimo ha anche presentato ricorso incidentale.
Diritto
Motivi della decisione
1.Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi a norma dell'art. 335 c.p.c.
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1411, 1571, e 1591 c.c., in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c..
Assume la ricorrente che erratamente il giudice di appello, pur avendo condiviso che nella fattispecie sussistesse l'ipotesi di contratto a favore di terzo, in cui il contraente era l'assessore C. ed il terzo beneficiario era il C.G. e, pur avendo ritenuto che il contratto in questione fosse un contratto atipico di locazione, ha poi ritenuto che il contraente X. fosse tenuto al pagamento solo del corrispettivo per i primi due mesi di locazione e non anche per il periodo successivo, a titolo di indennità di occupazione a seguito della scadenza del contratto di locazione, nonché al pagamento dei relativi danni a norma dell'art. 1591 c.c.., essendo stato costituito in mora il contraente inadempiente con nota del 28.3.1994.
Lamenta poi la ricorrente il vizio di motivazione dell'impugnata sentenza per aver omesso ogni motivazione in merito al mancato riconoscimento dei danni per la protratta occupazione del bungalow.
2.1.Xxxxxxx questa Corte che il motivo è fondato e che lo stesso va accolto.
La sentenza impugnata ha ritenuto che il contratto in questione fosse un contratto atipico di locazione a favore di terzo, in quanto la società attrice gestiva un complesso alberghiero ed oggetto della locazione era un bungalow; che detto contratto era stato stipulato dall'assessore C. e che il terzo beneficiario era il C..
Osserva questa Corte che il contratto in questione più propriamente va qualificato come contratto di albergo, proprio sulla base dell'attività svolta dall'attrice (società turistico-alberghiera) e dall'oggetto del contratto (un bungalow della struttura turistico-alberghiera).
0.0.Xx "contratto di albergo" non può in sè considerarsi un contratto tipico, non trovando alcuna specifica regolamentazione nel c.c. (il quale agli art. 1783 e 1785 disciplina solo il deposito delle cose portate in albergo o consegnate all'albergatore), nè nella legislazione speciale. Esso è, invece, un contratto atipico o misto, con cui l'albergatore si obbliga a prestazioni, molteplici ed eterogenee, che vanno dalla locazione dell'alloggio, alla fornitura di servizi, al deposito, senza che la preminenza riconoscibile alla locazione dell'alloggio possa valere, sotto il profilo causale, a far assumere alle altre prestazioni carattere meramente accessorio (Cass. 28 novembre 1994, n. 10158; Cass. 24 luglio 2000, n. 9662).
2.3. Quanto alla disciplina da applicare a detto contratto, salve le norme specifiche, si applicano i principi formulati in tema di contratto misto.
In caso di contratto misto, il negozio deve essere assoggettato alla disciplina unitaria dell'uno o dell'altro contratto, in base alla prevalenza degli elementi che concorrono a costituirla. Siffatto criterio, tuttavia, non vale certamente ad escludere ogni rilevanza giuridica agli elementi del contratto non prevalente, i quali sono regolati con norme proprie se queste non sono incompatibili con quelle del contratto prevalente (Cass. 02/12/1997, n.12199; 12/04/1999, n.3578).
Nella fattispecie il carattere prevalente è stato ritenuto dalla sentenza impugnata e dalle parti negli elementi propri della locazione, poiché con il contratto si mirava a dare un alloggio al C. ed alla sua famiglia.
Ciò comporta che la disciplina da applicare sia appunto quella della locazione, in relazione alle questioni sollevate.
Tra gli obblighi del conduttore vi è quello della restituzione del bene locato (art. 1590 c.c.), ed in caso di ritardata restituzione egli è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno (art. 1591 c.c.).
2.4.Occorre ora esaminare quali riflessi abbia nella fattispecie il fatto che detto contratto di albergo, con prevalenza degli elementi della locazione, fosse stato stipulato in favore di un terzo, e cioè del C..
Anzitutto va osservato che non vi sono ragioni preclusive alla possibilità che il contratto in favore di terzo sia costituito da un contratto di albergo (oppure di locazione), purché, ovviamente, lo stipulante vi abbia un interesse, che può essere non solo economico o istituzionale, ma anche morale (Cass. 28/11/1994, n.10158, per l'ipotesi di contratti di albergo stipulati da un Comune in favore di famiglie di sfrattati).
Stante la struttura e la disciplina del contratto in favore di terzo (art. 1411 e segg.), lo stipulante rimane parte contrattuale.
Il terzo, in quanto tale, non è parte del contratto né deve poterlo divenire successivamente (ciò distingue il contratto a favore di terzo dal contratto per persona da nominare, Xxxx. N. 3115/1995).
Il terzo deve limitarsi a riceve gli effetti di un rapporto già validamente costituito ed operante, mentre non è concepibile che discendano per il terzo obbligazioni verso il promittente (Cass. N. 5699/1978).
2.5.Da ciò consegue che anche nel caso di contratto di locazione (o di albergo) a favore di un terzo è sempre lo stipulante il contratto ad essere obbligato nei confronti del locatore alla restituzione della cosa locata da parte del terzo ed alla corresponsione della somma dovuta come corrispettivo fino alla data dalla consegna, salvo il maggior danno, in caso di ritardo, a norma dell'art. 1591 c.c..
Pertanto nella fattispecie la sentenza impugnata, che ha ritenuto che lo stipulante C. non fosse tenuto ad altra somma che quella relativa ai due mesi di canone, e non anche al pagamento dello stesso corrispettivo fino al momento consegna del bene da parte del terzo beneficiario all'attrice, salvo il maggior danno, ha violato le norme di cui agli artt. 1411 e 1591 c.c..
3.Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 28 Cost., in relazione all'art. 1337 c.c., nonché la violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell'art. 35 e 37 d.lgs n. 77 del 1995.
Assume la ricorrente che il Tribunale - nell'escludere la responsabilità del Comune - ha effettuato una lettura parziale della normativa di cui al d. lgs. n. 77/1995, non avendo tenuto conto che l'art. 37 della predetta norma prevede il riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio per l'acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi dell'art. 35 d.lgs n. 77/1995.
In ogni caso ritiene la ricorrente che sussiste la responsabilità precontrattuale della p.a., per aver essa fatto affidamento sulla conclusione del contratto.
4.1.Ritiene questa Corte che il motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile.
Osserva preliminarmente questa Corte che, per pacifica giurisprudenza, l'azione di responsabilità, a norma dell'art. 23 d.l. n. 66 del 1989 (riprodotto senza sostanziali modifiche dall'art. 35 d. lgs n. 77/1995, ed attualmente a seguito dell'abrogazione delle predette norme, dall' art. 191 dal d.lgs. 18.8.2000. n. 267), è esperibile dai privati contro amministratori ed i funzionari di province, comuni e comunità montane per prestazioni e servizi resi senza il rispetto delle prescritte formalità, (Cass. 6.2.1999, n. 1045; Cass. 2.9.1996, n. 8025; Cass. 22.11.2000, n. 15096).
4.2. A norma dell'art. 23 d.l. n. 66/1989, - che regola la fattispecie ratione temporis - a tutte le amministrazioni ivi indicate l'effettuazione di qualunque spesa è consentita esclusivamente se sussistano la deliberazione autorizzativa nelle forme previste dalla legge, divenuta (o dichiarata) esecutiva, nonché l'impegno contabile registrato dal ragioniere sul competente capitolo del bilancio.
Tale normativa ha profondamente inciso sulla disciplina del rapporto tra gli enti locali suindicati ed i loro funzionari ed amministratori, nonché tra questi ultimi ed i privati contraenti, delineando una frattura ope legis del rapporto organico tra detti soggetti e l'Amministrazione, e quindi escludendo la riferibilità a quest'ultima delle iniziative adottate al di fuori dello schema procedimentale previsto, allo scopo evidente di garantire un più rigoroso rispetto dei principi di legalità, correttezza e trasparenza nella gestione, di assicurare che la volontà contrattuale sia espressa dagli organi istituzionalmente competenti, ed al tempo stesso di contenere la spesa pubblica e prevenire il formarsi del disavanzo finanziario degli enti stessi, attraverso la previsione che ad ogni obbligazione assunta faccia riscontro l'impegno contabile registrato sul competente capitolo di bilancio.
5.3. Il Giudice delle leggi (sia pure in tema di lavori di somma urgenza) ha rilevato che la disciplina in esame configura un rapporto contrattuale unicamente tra il terzo contraente ed il funzionario (o l'amministratore) che ha autorizzato l'esecuzione dei lavori, tale da rendere meramente apparente l'acquisizione di beni e servizi all'ente locale, e che la conseguente scissione del rapporto di immedesimazione organica tra agente e Pubblica Amministrazione vale a rendere l'ente locale estraneo agli impegni di spesa assunti, così da non consentire neppure di invocare il parametro dell'art. 28 Cost. (come ha fatto nel presente motivo la ricorrente) il quale, nel configurare la responsabilità della Pubblica Amministrazione accanto a quella dei funzionari, presuppone in via di principio che l'attività posta in essere sia alla stessa riferibile (cfr. Corte, Cost. n. 446 del 1995 e n. 295 del 1997).
5.4.Stante la predetta configurazione giuridica dei contratti stipulati in assenza di impegno contabile, è agevole rilevare come il riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio, di cui all'art. 37 del d. lgs n. 77 del 1995 costituisce una facoltà discrezionale dell'ente locale, che va esercitata con il procedimento di cui alla predetta norma e che solo all'esito dello stesso impegna l'ente pubblico dal quale promana, entro i limiti della somma riconosciuta (Cass. 29/01/2003, n.1265, Cass. 14/01/2002, n.355). Infatti l'art. 5 d.lg. 15 settembre 1997 n. 342, che ha sostituito la lett. e) del comma 1 dell'art. 37 d.lg. 25 febbraio 1995 n. 77 - disposizione poi trasfusa nell' art. 194, comma 1, lett. e), d.lg. 18 agosto 2000 n. 267 - ammette la possibilità di un riconoscimento a posteriori della legittimità dei debiti fuori bilancio, subordinandolo ad una formale deliberazione di riconoscimento del debito da parte dell'ente nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente stesso, nell'ambito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza, fermo restando che (a norma degli art. 35 d. lg. n. 77 del 1995 e 191 d.lg. n. 267 del 2000), in caso di mancato riconoscimento, il rapporto contrattuale intercorre unicamente tra il terzo contraente e il funzionario o l'amministratore che ha autorizzato la prestazione. Avuto riguardo al tenore letterale e alla "ratio" delle norme indicate, la relativa valutazione spetta all'amministrazione e il giudice non può ad essa sostituirsi affermando l'esistenza di un diritto al riconoscimento del debito assunto fuori bilancio, nella ricorrenza delle condizioni indicate dal legislatore perché l'ente possa procedere al riconoscimento.
0.0.Xx consegue che, in assenza nella fattispecie di un riconoscimento del debito fuori bilancio secondo il procedimento di cui all'art. 37 del d. lgs. n. 77 del 1995, la censura in esame della ricorrente è infondata.
6.Inammissibile è la censura con cui la ricorrente lamenta che il giudice di xxxxxxx non abbia accolto la domanda nei confronti del Comune sotto il profilo della responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c..
Trattasi infatti di domanda nuova, proposta per la prima volta in questa sede, e, quindi, come tale inammissibile.
7.Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell'art. 82 r.d. 22.1.1934 n. 37, ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c..
Lamenta la ricorrente che nell'intestazione della sentenza è stato indicato come domicilio eletto dal Comune di Meta e dall'assessore C.A. quello corrispondente al recapito professionale del loro procuratore costituito in Napoli, mentre, ai sensi dell'art. 82 del r.d. 22.1.1934, non essendo stato eletto domicilio nella sede del tribunale di Torre Annunziata, doveva essere indicata come domicilio, la cancelleria dello stesso tribunale.
8.Ritiene questa Corte che il motivo sia anzitutto inammissibile, per carenza di interesse, essendo stata l'impugnazione di questa sentenza regolarmente notificata ed essendosi costituiti i predetti due intimati.
9.Con l'unico motivo del ricorso incidentale C.A. lamenta la violazione degli artt. 1571, 1325, 1346 e 1362 e segg. c.c..
Assume il ricorrente che la lettera da lui inoltrata all'attrice non costituiva una proposta contrattuale, poi accettata dall'attrice, di locazione del bungalow in favore del terzo C., ma solo "una raccomandazione", non essendo stato indicato il corrispettivo e quale dovesse essere il bungalow.
10.1. Ritiene questa corte che il motivo sia in parte infondato ed in parte inammissibile e che lo stesso vada rigettato.
Il tribunale ha ritenuto trattarsi di contratto di locazione, proprio perché, essendo indirizzata ad una società che gestiva l'attività commerciale attinente ad una struttura turistico-alberghiera, una richiesta di tal fatta secondo l'id quod plerumque accidit, integrava una proposta contrattuale di locazione (rectius: di contratto di albergo).
Sotto il profilo dell'assunta violazione degli artt. 1571, 1325 e 1346 c.c. per omessa determinazione dello specifico bungalow e del corrispettivo, va osservato che, proprio perché trattasi di contratto di albergo (sia pure con elementi prevalenti della locazione), non sussiste l'indeterminatezza dei predetti due oggetti, in quanto il corrispettivo è determinabile sulla base delle tariffe praticate per quel periodo e comunicate agli uffici di competenza, mentre il locale da destinare all'alloggio è quello messo a disposizione dall'albergatore, purché facente parte della struttura alberghiera e destinato all'alloggio dei clienti, ciò proprio secondo quell'id quod plerumque accidit, cui sinteticamente si riporta la sentenza impugnata.
10.2. Sotto il profilo dell'assunta violazione degli artt. 1362 e segg., il motivo di ricorso è inammissibile per genericità.
Infatti la parte che denunzi in cassazione l'erronea determinazione della volontà negoziale effettuata dal giudice di merito in violazione degli artt. 1362 e segg. c.c., è tenuta ad indicare quali canoni o criteri interpretativi siano stati violati; in mancanza l'individuazione della volontà negoziale - che avendo ad oggetto una realtà fenomenica ed oggettiva, si risolve in un accertamento di fatto, istituzionalmente riservato al giudice di merito - è censurabile non già quando le ragioni addotte a sostegno sono diverse da quelle della parte, bensì allorché esse sono insufficienti o inficiate da contraddittorietà logica o giuridica (Cass. 12.3.1994, n. 2415; Cass. 2.2.1996, n. 914; Cass. 25.2.1998, n. 3142).
11. In definitiva va accolto il primo motivo del ricorso principale e vanno rigettati i restanti, nonché il ricorso incidentale.
Va cassata l'impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese processuali del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Napoli, che si uniformerà al seguente principio di diritto: "Ritenuto possibile nel nostro ordinamento un contratto di albergo stipulato in favore di terzo, a norma dell'art. 1411 c.c., allorché in detto contratto atipico o misto siano prevalenti gli elementi della locazione dell'alloggio, la ritardata restituzione di quest'ultimo da parte del terzo beneficiario all'albergatore comporta che lo stipulante sia tenuto verso l'albergatore a pagare il corrispettivo convenuto fino alla consegna, salvo il maggior danno, a norma dell'art. 1591 c.c.".
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi. Accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta i restanti, nonché il ricorso incidentale. Xxxxx, in relazione al motivo accolto, l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Napoli.
Così deciso in Roma, lì 4 novembre 2004.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 20 GEN. 2005
Note redazionali
- Nel senso che il contratto di albergo è un contratto atipico cfr.: Xxxx. 22 gennaio 2002 n. 707; Cass. 24 luglio 2000 n. 9662.
- Non si rinvengono precedenti in termini.
Conformi e difformi
Nel senso che il contratto di albergo è un contratto atipico cfr.: Xxxx. 22 gennaio 2002 n. 707; Cass. 24 luglio 2000 n. 9662.
Non si rinvengono precedenti in termini.
Autorità:
Cassazione civile sez. II
Data:
24 luglio 2000
Numero:
n. 9662
Xxxxxxxx, pensioni, locande - Contratto di albergo e di pensione - Natura - Servizi accessori alla concessione dell'uso dell'alloggio - Prevalenza rispetto alla prestazione tipica - Conseguenze - Autonomia degli stessi - Contratto misto - Configurabilità - Disciplina applicabile - Fattispecie in tema di concessione della disponibilità del Centro Congressi esistente presso l'albergo.
Fatto
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 28 febbraio 1989 la s.r.l. Ergife di Roma dichiarò che aveva prestato servizi alberghieri, in occasione di un congresso organizzato presso l'Ergife Palace Hotel, a favore della s.r.l. Emmezeta di Milano, la quale non aveva pagato la somma di L. 18.081.600 quale corrispettivo residuo rispetto a quello totale convenuto di L. 118.081.600; pertanto col predetto atto convenne in giudizio la nominata società davanti al Tribunale di Roma per sentirla condannare al pagamento in suo favore della predetta somma di L. 18.081.600, oltre accessori.
Nel costituirsi in giudizio la soc. Emmezeta contestò la domanda e ne chiese il rigetto; eccepì in particolare che, in violazione degli accordi, aveva ricevuto in ritardo a propria disposizione alcune sale con pregiudizio del loro tempestivo allestimento, aveva dovuto pagare prestazioni di lavoro straordinario e notturno alla s.r.l. Mastering per allestire in tempo le predette sale, aveva ricevuto prestazioni alberghiere inadeguate rispetto a quelle cui era tenuto un albergo di prima categoria, ed aveva subito un pregiudizio alla propria immagine; per cui spiegò domanda riconvenzionale chiedendo la condanna della soc. Ergife al pagamento della complessiva somma di L. 15.781.500 (L. 4.500.000 da detrarre dal corrispettivo convenuto per la ritardata messa a disposizione delle sale per il congresso, L. 3.000.000 a titolo di danni per lavoro straordinario e notturno pagato alla soc. Mastering, L. 7.781.500 a titolo di riduzione del 25% del corrispettivo per le camere d'albergo e relativi servizi) oltre al risarcimento del danno all'immagine.
La soc. Ergife contestò la domanda riconvenzionale e ne chiese il rigetto.
Acquisiti agli atti i documenti prodotti dalle parti e raccolta una prova testimoniale, il Tribunale, a conclusione del giudizio, con sentenza in data 15 marzo 1995, qualificato il rapporto come appalto di servizi e la domanda riconvenzionale come pretesa di riduzione del prezzo (per le voci non richieste a titolo di danno) accolse entrambe le domande e, per quanto riguarda quella riconvenzionale, riconobbe alla soc. Emmezeta la somma di L. 4.750.000 quale riduzione del corrispettivo per la tardiva consegna delle sale, quella di L. 5.250.000 quale riduzione del corrispettivo per i disservizi e le inadeguatezze relative al servizio alberghiero, quella di L. 3.500.000 rivalutate a L. 5.422.000 quale danno derivato dal pagamento del lavoro straordinario e notturno alla soc. Mastering, e quella di L. 10.000.000 per danni all'immagine sociale; per cui, in accoglimento della domanda proposta dalla soc. Ergife e di parte di quella riconvenzionale, condannò la soc. Emmezeta al pagamento della somma di 8.081.600 quale residuo corrispettivo (ridotto di L. 4.750.000 + 5.250.000) per i servizi ricevuti, e, in accoglimento della parte residua della domanda riconvenzionale, condannò la soc.
Ergife al pagamento della somma di L. 15.422.000 a titolo di risarcimento danni (L. 5.422.000 + 10.000.000).
A seguito dell'impugnazione proposta dalla soc. Ergife il contraddittorio tra le parti si instaurò nuovamente davanti alla Corte d'appello di Roma, la quale, a conclusione del giudizio di secondo grado, con sentenza in data 18 novembre 1997, accolse per quanto di ragione il gravame e in parziale riforma della decisione del Tribunale, condannò la soc. Emmezeta a pagare alla soc. Ergife la somma di L. 12.831.600, e la soc. Ergife a pagare alla soc.
Emmezeta la somma di L. 5.584.117 a titolo di risarcimento danni, confermando nel resto la decisione di primo grado.
Contro la sentenza la soc. Ergife ha proposto ricorso per cassazione e formulato tre motivi d'impugnazione.
La soc. Emmezeta ha depositato controricorso e proposto ricorso incidentale sulla base di due motivi, poi illustrati con memoria.
È stata disposta la riunione dei due ricorsi separatamente proposti contro la stessa sentenza.
Diritto
Motivi della decisione
1. Col primo motivo del ricorso incidentale - che va esaminato con precedenza su tutti gli altri per ragioni logico - processuali - la ricorrente soc. Ergife denunzia violazione degli artt. 1322, 1323, 1362 e segg. c.c., nonché difetto di motivazione. Afferma che la Corte d'appello, dopo aver correttamente ascritto il contratto intercorso tra le parti alla figura del contratto misto, con la conseguente necessità di individuare la disciplina applicabile in relazione alla causa prevalente, ha poi erroneamente considerato prevalente la funzione economico sociale tipica del contratto di appalto di servizi anziché ravvisare nel contratto in questione la figura del contratto di albergo, cui sono estranei gli elementi del contratto di appalto ed il diritto della riduzione del prezzo pattuito a norma degli artt. 1667 e 1668 c.c.
La doglianza è infondata.
La Corte d'appello ha accertato che con il contratto intercorso tra le parti la soc. Ergife sera obbligata verso la soc. Emmezeta sia all'esecuzione di prestazioni alberghiere propriamente dette (centodieci camere d'albergo e comuni servizi accessori relativi) sia a concedere la disponibilità del Centro Congressi esistente presso lErgife Palace Hotel - tre sale congressuali attrezzate con strumenti audiovisivi, servizi telefonici, locali per uffici, sale per riunioni, zona espositiva per stands, servizio bar, ristorante, discoteca, servizi igienici, parcheggio - in funzione di un congresso organizzato dalla soc. Emmezeta; ed ha ritenuto che quello intercorso tra le parti fosse un contratto misto, di albergo e di appalto di servizi, la cui disciplina giuridica doveva essere individuata in quella predisposta dalla legge per l'appalto di servizi, data la prevalenza anche dal punto di vista economico della causa di quest'ultimo (per le prestazioni squisitamente alberghiere era stato previsto un corrispettivo di L. 31.126.000 a fronte di un corrispettivo totale di L. 118.081.600).
La decisione in tal senso adottata è corretta.
Superato il dubbio - che indusse a suo tempo il legislatore a non fornire una definizione del contratto di albergo - se il complesso rapporto tra albergatore e cliente nascesse da un contratto unitario o non piuttosto da una pluralità di contratti, si ritiene oggi generalmente che il contratto in questione (giù definito contratto di ricevimento d'ospite) abbia una propria individualità ed una propria funzione economica in considerazione del fine unitario e tipico - dare comodo ricetto a chi ne ha bisogno - cui tendono le prestazioni compiute dall'albergatore.
Esso si sostanzia infatti in un contratto atipico col quale l'albergatore si obbliga, dietro corrispettivo, a fornire al cliente una serie di servizi - una pluralità di prestazioni di dare e di fare - che si incentrano nella concessione dell'uso di un alloggio, cui si accompagnano altri servizi, strumentali ed accessori rispetto al primo, diretti a rendere possibile e confortevole il soggiorno secondo i livelli di qualità connessi alla categoria di appartenenza dell'albergo e con le dovute garanzie per le persone e per le cose che queste portano con sè.
Ne consegue che la disciplina del contratto, per quanto non espressamente previsto dalla legge, deve essere tratta da quella predisposta per la locazione d'opera, dall'appalto e dalla locazione di cose.
Quando, tuttavia, come nel caso di specie, alcuni servizi rivestano per la loro natura e la loro entità un carattere eccezionale rispetto a quelli comunemente forniti da alberghi della stessa categoria, ed assumano per il loro costo un'importanza di gran lunga prevalente rispetto al prezzo delle camere, essi appaiono non più accessori e strumentali rispetto all'alloggio ma del tutto autonomi, tali da poter essere utilizzati anche da chi non è ospite dell'albergo e da poter comunque formare oggetto d'un negozio giuridico a sè stante, quale l'appalto di un servizio finalizzato alla prestazione di un risultato diverso dal compimento di una data opera, il quale si differenzia dal contratto di albergo perché questo ha per oggetto la prestazione di un servizio tipico quale l'alloggio e solo i relativi comuni servizi accessori.
Il contratto intercorso tra le parti è stato dunque correttamente qualificato dalla Corte d'appello come un contratto misto (o complesso) avente ad oggetto sia le prestazioni alberghiere sia i servizi del Centro Congressi allestito presso l'albergo, la cui disciplina giuridica va individuata, in base alla teoria dell'assorbimento che predilige la disciplina dell'elemento prevalente, in quella predisposta per l'appalto di servizi; considerato altresì che anche nel contratto d'albergo la concessione in uso dell'alloggio non è altro che un mezzo per prestare il relativo servizio.
Giustamente, dunque, la Corte d'appello ha riconosciuto alla soc.
Emmezeta il diritto alla riduzione del corrispettivo.
Il primo motivo del ricorso incidentale va pertanto rigettato. 2. Col primo motivo del ricorso principale la soc. Emmezeta denunzia violazione di norme giuridiche, vizio di omessa pronunzia, violazione della regola sulla disponibilità delle prove e difetto di motivazione. Afferma che la Corte d'appello ha confuso il ritardo nella consegna delle sale per il congresso e il danno derivato dalla scadente qualità del servizio alberghiero, riconoscendo, senza sufficiente motivazione, solo una delle due separate voci di danno oggetto di due distinte pretese, quello relativo alla seconda voce, ed escludendo invece il primo: in tal modo ha confuso la domanda di garanzia, cui l'appaltatore è tenuto nei confronti del committente, quale è la domanda di riduzione del prezzo, con la domanda di inadempimento per la fornitura di camere e servizi di livello inferiore a quello convenuto.
La doglianza va disattesa.
La Corte ha osservato in proposito che la ritardata consegna delle sale e le inadeguatezze relative alle camere ed ai connessi servizi alberghieri costituivano due aspetti diversi dei disservizi addebitabili alla soc. Ergife ed erano nel loro insieme riconducibili al rimedio legislativo della riduzione del corrispettivo pattuito (riconosciuta dal Tribunale alla soc. Emmezeta per la ritardata consegna nella misura di L. 4.750.000 e per le inadeguatezze nella misura di L. 5.250.000), e che tale riduzione poteva essere quantificata nella somma onnicomprensiva di L. 5.250.000, quella stessa stabilita dal Tribunale per il solo secondo disservizio, giudicata congrua rispetto al minor valore, nel suo insieme, delle prestazioni complessive eseguite rispetto a quelle convenute, e ciò in considerazione dei prezzi correnti per attività del medesimo tipo.
Come appare evidente, la Corte d'appello non ha confuso i due diversi inadempimenti nè le connesse responsabilità della soc. Ergife, ma ha ritenuto che il rimedio della riduzione del corrispettivo convenuto tra le parti potesse essere applicato sia al ritardo nella consegna delle sale sia alla scadente prestazione alberghiera unitariamente considerati, e che la sua misura potesse essere determinata in forma globale, per l'uno e per l'altra, in un'entità unica, fissata nella somma di L. 5.250.000, ritenuta congrua per le ragioni opportunamente esposte.
Poiché sul punto non è dato ravvisare alcuna violazione di norme giuridiche e poiché la decisione è sorretta da una motivazione sufficiente e non contraddittoria, il primo motivo di ricorso va rigettato. 3. Col secondo motivo la ricorrente soc. Emmezeta denunzia omessa pronunzia su un punto decisivo della controversia. Assume che la Corte d'appello, pur avendole riconosciuto la somma di L. 5.250.000 quale riduzione del prezzo per i disservizi imputati alla soc. Ergife e L. 5.422.000 a titolo di risarcimento del danno per l'intervento della soc. Mastering, nel dispositivo non ha poi tenuto conto di quest'ultima somma, condannandola a pagare alla soc. Ergife la somma di L. 12.831.600, anziché di L. 7.409.600.
La doglianza è infondata.
È pur vero che nel dispositivo la Corte ha condannato la soc.
Emmezeta a pagare, quale corrispettivo residuo rispetto a quello convenuto, la somma di L. 12.831.600 (ottenuta detraendo la somma di L. 5.250.000 da quella di L. 18.081.600 chiesta dalla soc. Ergife con la domanda principale), ma è altrettanto vero che ha anche condannato la soc. Ergife a pagare alla soc. Emmezeta a titolo di risarcimento danno la somma di L. 5.422.000, rivalutata all'attualità in L. 5.584.117.
La Corte si è correttamente astenuta dall'effettuare la compensazione (dalla quale sarebbe derivato un credito della soc.
Ergife di L. 7.409.600, così come indicato dalla ricorrente) non avendo nessuna delle parti avanzato una richiesta in tal senso.
Anche il secondo motivo va pertanto rigettato. 4. Col terzo motivo la ricorrente soc. Emmezeta denunzia violazione dell'art. 346 c.p.c. e del giudicato interno, nonché difetto di motivazione. Sostiene che la soc. Ergife non aveva proposto impugnazione contro la sua condanna, pronunziata dal Tribunale, a risarcirle il danno per pregiudizio arrecato alla sua reputazione economica, liquidato in L. 10.000.000, per cui la Corte d'appello non poteva prendere in esame d'ufficio tale questione e riformare sul punto la sentenza di primo grado: avendolo fatto ha violato il giudicato interno formatosi sul punto.
La doglianza non merita accoglimento.
Nel chiedere il risarcimento del danno per il pregiudizio subito dalla sua immagine e dalla sua reputazione economica la stessa soc.
Emmezeta aveva collegato tale richiesta agli inadempimenti ed ai disservizi imputabili alla soc. Ergife, e il Tribunale aveva accolto tutte le sue richieste contenute nella domanda riconvenzionale riconoscendole sia il diritto alla riduzione del prezzo sia quello al risarcimento del danno.
La soc. Ergife, nel proporre appello, chiese alla Corte - come risulta anche dalle conclusioni riportate nell'epigrafe della sentenza oggi impugnata - il rigetto dell'intera domanda riconvenzionale proposta dalla soc. Emmezeta, con la riforma totale della sentenza di primo grado previo esame dell'intero thema decidendum portato alla sua conoscenza con tale domanda; per cui la sua decisione si presenta corretta perché conforme alla giurisprudenza di questa Corte Suprema, secondo cui non viola il principio tantum devolutum quantum appellatum il giudice che, nell'ambito delle censure proposte, prenda in esame questioni che non specificamente prospettate dall'appellante, appaiono in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi di appello che ne costituiscano il necessario antecedente logico e giuridico.
Il ricorso va in conclusione rigettato nella sua interezza. 5. Col secondo motivo la ricorrente incidentale soc. Ergife denunzia violazione degli artt. 1182, 1219 e 1224 c.c., nonché difetto di motivazione. Sostiene che la Corte d'appello ha male interpretato il motivo di gravame con cui essa aveva chiesto la modifica della decorrenza degli interessi moratori (dalla data della fattura anziché dalla domanda), ritenendo erroneamente che essa avesse chiesto gli interessi corrispettivi e giudicando inammissibile tale domanda perché proposta per la prima volta in secondo grado.
La doglianza è infondata.
Come risulta dagli atti, nel proporre le proprie domande con l'atto di citazione davanti al Tribunale la soc. Ergife chiese la condanna della soc. Emmezeta al pagamento della somma di L. 18.081.600 oltre interessi al tasso corrente bancario.
Poichè nè la natura degli interessi richiesti nè la loro decorrenza risultavano specificate, il Tribunale, con la sua sentenza, condannò la soc. Emmezeta a pagare alla soc. Ergife la somma ritenuta giusta a titolo di corrispettivo con gli interessi legali dalla domanda, quale primo atto di costituzione in mora.
Nel proporre appello la soc. Ergife affermò che il Tribunale avrebbe dovuto fissare la decorrenza degli interessi dalla data della fattura (anteriore di tre mesi rispetto alla notifica della citazione) trattandosi nella specie a suo dire di mora ex re, ma la Corte d'appello ha correttamente giudicato nuova e quindi inammissibile tale richiesta, rivelatrice della pretesa di far decorrere gli interessi da una data anteriore, dato che per espressa disposizione contenuta nell'art. 345 c.p.c. nel giudizio di secondo grado possono domandarsi solo gli interessi maturati dopo la sentenza impugnata.
Anche il secondo motivo del ricorso incidentale va pertanto rigettato. 6. Ricorrono giusti motivi per compensare le spese di questa fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 sezione civile, l'8 marzo 2000.
Note redazionali
La sentenza della Suprema Corte in commento dispone in tema di contratto d'albergo, importando una ricostruzione della relativa disciplina normativa sopratutto in riferimento alle fattispecie in cui la prestazione alberghiera sia solamente una delle prestazioni oggetto del contratto.
Il contratto di albergo non può in sè considerarsi un contratto tipico, non trovando alcuna specifica regolamentazione nel c.c. (il quale agli art. 1783 e 1785 disciplina solo il deposito delle cose portate in albergo o consegnate all'albergatore), nè nella legislazione speciale. Esso è, invece, un contratto atipico, con cui l'albergatore si obbliga a prestazioni, molteplici ed eterogenee, che vanno dalla locazione dell'alloggio, alla fornitura di servizi, al deposito, senza che la preminenza riconoscibile alla locazione dell'alloggio possa valere, sotto il profilo causale, a far assumere alle altre prestazioni carattere meramente accessorio (Cass., 28 novembre 1994, n. 10158, in Mass. Giust. civ. 1994,fasc. 11).
Tuttavia, quando taluni servizi rivestono, per la loro natura e la loro entità un carattere eccezionale rispetto a quelli comunemente forniti da alberghi appartenenti alla stessa categoria, ed assumono per il loro costo un'importanza preminente rispetto al prezzo delle camere, potendo, inoltre, essere utilizzati anche da chi non sia ospite dell'albergo e da poter formare oggetto di un negozio giuridico autonomo, non si è più in presenza solamente di un contratto d'albergo.
Tale contratto assume, infatti, la connotazione di un contratto misto, la cui disciplina deve essere individuata in base alla teoria dell'assorbimento, che predilige la disciplina dell'elemento prevalente, ovvero la disciplina dell'appalto di servizi.
La Suprema Corte richiama, infine, la propria giurisprudenza in tema di effetto devolutivo dell'appello.
In particolar modo la Corte ribadisce il proprio orientamento secondo cui non viola il principio tantum devolutum quantum appellatum, ex art. 342 c.p.c., il giudice , d'appello che fondi la propria decisione di accoglimento o di rigetto dell'impugnazione su ragioni diverse in positivo o negativo da quelle svolte dall'appellante nei suoi motivi ovvero, purché nell'ambito della censura proposta, prenda in esame questioni che non specificamente prospettate dall'appellante appaiono in rapporto di diretta connessione con quelle espressamente dedotte nei motivi d'appello, siccome costituenti un necessario antecedente logico e giuridico delle medesime (Cass., 15 luglio 1993, n. 7851 in Mass. Giust. civ. 1993, 1188; Cass., 18 dicembre 1995, n. 12911, in Mass. Giust. civ. 1995, fasc. 12).
Coordinate
del diritto Contratti:
Art.
1243 cod. civ. - Compensazione legale e giudiziale
Art.
1322 cod. civ. - Autonomia contrattuale
Art.
1323 cod. civ. - Norme regolatrici dei contratti
Art.
1667 cod. civ. - Difformità e vizi dell'opera
Art.
1668 cod. civ. - Contenuto della garanzia per difetti dell'opera