TRIBUNALE DI ROVIGO
I
TRIBUNALE DI ROVIGO
9 settembre 2018 (ord.)
G.I. BAZZEGA
Contratto di fideiussione – Fideiussione omnibus – Clausole conformi allo schema ABI – Attuazione di una intesa vietata – Nullità parziale.
(Codice civile, art. 1936; legge 10 ottobre 1990, n. 287, art. 2)
La fideiussione omnibus prestata a favore di una banca, che presenti clausole di deroga alla disciplina del codice civile conformi alle condizioni generali elaborate dall’ABI, in quanto attuativa di un’intesa vietata a norma dell’art. 2 della l. 10 ottobre 1990, n. 287 è nulla limitatamente alle clausole dichiarate in contrasto con la normativa antitrust, in quanto è di tutta evidenza che la banca la avrebbe comunque conclusa, qualsiasi garanzia essendo migliore della mancanza di garanzia (1).
II
TRIBUNALE DI ROMA
26 luglio 2018 (ord.)
G.I. CARDINALI
Contratto di fideiussione – Fideiussione omnibus – Clausole conformi allo schema ABI – Attuazione di una intesa vietata – Nullità - Trasformazione in contratto autonomo di garanzia.
(Codice civile, art. 1936, 1957; legge 10 ottobre 1990, n. 287, art. 2)
La fideiussione omnibus prestata a favore di una banca, che presenti clausole di deroga alla disciplina del codice civile conformi alle condizioni generali elaborate dall’ABI, è nulla in quanto attuativa di un’intesa vietata a norma dell’art. 2 della l. 10 ottobre 1990, n. 287 (2).
L’applicazione uniforme degli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall'ABI per la stipula delle fideiussioni (concernenti la clausola di sopravvivenza, la deroga all’art. 1957
c.c. e la clausola di reviviscenza) ha come effetto la “trasformazione” del contratto di fideiussione in un contratto autonomo di garanzia (3).
III
TRIBUNALE DI TREVISO
7 giugno 2018
G.I. CAMBI
Contratto di fideiussione – Fideiussione omnibus – Deroga all’art. 1957 conforme allo schema ABI – Nullità parziale o inefficacia – Sostituzione automatica della clausola nulla
– Decadenza della garanzia – Clausola a “prima richiesta” - Trasformazione in contratto autonomo di garanzia - Esclusione.
(Codice civile, art. 1936, 1957; d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 33, lett. b) e t))
In materia di fideiussione omnibus prestata a favore di una banca da un consumatore, è invalida o, comunque, inefficace la clausola – conforme alle condizioni generali elaborate dall’ABI - alla stregua della quale “i diritti derivanti alla Banca restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore entro i termini previsti dall’art. 1957 c.c.”. Alla nullità parziale del contratto consegue la reviviscenza della disciplina legale da tale clausola derogata e dell’onere per il creditore di coltivare diligentemente le proprie ragioni (non necessariamente in via giudiziale), a pena di decadenza, entro il termine semestrale previsto dall’art. 1957 c.c. (4)
Il contratto autonomo di garanzia si caratterizza rispetto alla fideiussione, non per la sola presenza di una clausola “a prima richiesta”, bensì per l’assenza del vincolo di accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione della facoltà di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale in deroga all’art. 1945 c.c., e dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest’ultimo (5).
I
(Omissis). Rilevato come parte opponente deduca una articolata serie di motivi a sostegno della proposta opposizione, relativi alle due fideiussioni prestate a favore della Banca ed a garanzia delle obbligazioni contratte dal [*] nell’ambito del rapporto di c/c n. [*] e del contratto di mutuo stipulato in data 30.10.05;
ritenuto che:
- Quanto alla principale eccezione di nullità dei contratti di fideiussione per violazione del divieto di intese anticoncorrenziali prescritto dalla l. 287/1990, essa appare proponibile in quanto attinente allo stesso negozio costitutivo della garanzia e non al rapporto garantito, nonché in parte fondata, emergendo validi argomenti anche dalla lettura delle pronunce rese dalla Suprema Corte a sezioni unite nel 2005 (sent. N. 2207) ed a sezione semplice nel 2017 (sent. N. 29810), per ritenere la nullità quale conseguenza del fatto che la fideiussione omnibus rilasciata riproduca il testo dello schema contrattuale predisposto dall’ABI nel 2003, la cui adozione generalizzata da parte degli istituti di credito è stata ritenuta intesa anticoncorrenziale vietata dalla Banca d’Italia con provvedimento del 2.5.05; appare peraltro che la nullità stessa non possa che considerarsi parziale, e quindi riguardare le sole clausole indicate da tale ultimo provvedimento come violative della normativa antitrust, con la conseguenza che – in applicazione del generale principio di cui all’art. 1419 cc
– il contratto di garanzia non può dirsi interamente nullo, in quanto è di tutta evidenza che la banca lo avrebbe comunque concluso, qualsiasi garanzia essendo migliore della mancanza di garanzia, né l’opponente ha allegato ragioni per cui l’assenza di clausole, peraltro comportanti effetti gravosi nei suoi confronti, lo avrebbero dovuto indurre a non stipulare i negozi in questione. Dal momento che le clausole da riconoscersi nulle non rilevano nel caso di specie, essendo la garanzia azionata al di fuori del loro ambito di
applicazione, non appare sussistere fumus adeguato per sospendere la provvisoria esecuzione sotto questo profilo;
- (omissis)
II
(Omissis). Rilevato che il decreto ingiuntivo qui opposto è stato ottenuto nei confronti del solo fideiussore [*], e non anche della debitrice principale, la [*] S.R.L.;
che, con ordinanza n. 29810 del 2017, la Corte di Cassazione ha affermato il principio in base al quale sono nulli, per violazione dell’art. 2 della l. n. 287 del 1990 (legge antitrust) – il quale dispone la nullità ad ogni effetto delle intese fra imprese che abbiano ad oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in modo consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante – i contratti di fideiussione che contengano le norme bancarie uniformi predisposte dall’ABI, e ciò in quanto tale applicazione avrebbe come conseguenza la concretizzazione delle summenzionate vietate intese;
che, infatti, continua la Suprema Corte, la Legge Antitrust detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari tutti gli operatori del mercato, ovvero chiunque abbia interesse alla conservazione del carattere competitivo dello stesso;
che, conseguentemente, proprio tale interesse viene leso, come nel caso in oggetto, ogni qualvolta, per effetto di un'intesa vietata, in quanto restrittiva della concorrenza, come certamente deve considerarsi l'uniformità del testo delle fideiussioni utilizzato dagli Istituti di Credito, venga eluso il diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza;
che, in particolare, sono state dichiarate contrarie alla legge di cui in discorso, nell’ipotesi di loro applicazione uniforme, gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall'Associazione bancaria per la stipula delle fideiussioni, le quali hanno come effetto la “trasformazione” del contratto di fideiussione in un contratto autonomo di garanzia, circostanza che, per stessa ammissione della banca opposta, ricorre nel caso di specie;
che, pertanto, a prescindere da ogni considerazione in ordine all’applicabilità di tale principio anche ai contratti di fideiussione anteriori al 2/5/2005, data in cui è avvenuto l'accertamento dell'illegittimità dell’intesa da parte dell'Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato (la Banca d'Italia con le funzioni di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, ai sensi della L. n. 287 del 1990, articoli 14 e 20, in vigore fino al trasferimento dei poteri all'AGCM, con la L. n. 262 del 2005, a far data dal 12 gennaio 2016), dal momento che il contratto di cui si discorre è stato stipulato in epoca successiva e, precisamente, l’8/9/2006, deve, allo stato degli atti, ritenersi nullo il contratto di fideiussione sulla cui base è stato ottenuto il decreto ingiuntivo, qui opposto;
ritenuto che non ricorrono, dunque, i presupposti per la concessione della provvisoria esecuzione del decreto opposto;
che non ricorrono i presupposti per la riunione del presente giudizio con altro pendente avanti ad altro giudice di questa sezione avente un oggetto solo in parte coincidente con quello del presente giudizio e parti non coincidenti;
che le parti hanno chiesto i termini di cui all’art. 183 c.p.c.;
P.Q.M.
visto l’art. 648 c.p.c., respinge la richiesta di provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto (omissis)
III
(Omissis). – SVOLGIMENTO DEL PROCESSO. – L’odierno giudizio trae origine dal ricorso per ingiunzione promosso dalla Banca nei confronti del sig. [*] per il pagamento della somma di € 162.596,82, a titolo di capitale residuo, di interessi moratori sulle rate scadute e di quelli successivi alla risoluzione di diritto del contratto di mutuo fondiario sottoscritto in data 24.06.2008 con la Banca [*] dai sig.ri [*] a rogito del Notaio (omissis) e per il quale l’odierno opponente si era costituito fideiussore.
Pronunciata e notificata l’ingiunzione, il sig. [*] ha proposto tempestiva opposizione, a fondamento della quale eccepiva:
1. il difetto di titolarità del credito della convenuta opposta, in ragione della mancata inclusione del contratto di mutuo fondiario de quo agitur nell’ambito della cessione in blocco dei crediti effettuata nel 2013 dalla Banca [*] in favore della Banca [*];
2. l’invalidità della fideiussione per:
2.1 nullità derivata della stessa per essere stata redatta con l’utilizzo della modulistica predisposta dall’ABI in attuazione di una supposta intesa anticoncorrenziale, rilevata dalla Autorità Garante per la Concorrenza e i mercati in un parere espresso nell’ambito di un’apposita istruttoria aperta dalla Banca d’Italia nel 2003;
2.2 per indeterminatezza e/o indeterminabilità dell’oggetto;
2.3 per violazione dell’obbligo di esecuzione in buona fede del contratto e per violazione degli obblighi di tutela del garante;
2.4 per nullità parziale dell’art. 7 del contratto di fideiussione, in quanto inefficace ex art. 33 lett. B) e T) del D. Lgs. 2005/2006 codice del consumo e, conseguentemente:
3. l’estinzione della garanzia fideiussoria per il mancato tempestivo esercizio del credito garantito nei confronti dei debitori principali;
4. la nullità parziale del rapporto garantito per violazione degli artt. 644 c.p. e 1815, co. 2 c.c.;
5. la nullità, annullabilità e/o risoluzione del contratto di fideiussione.
L’opponente concludeva dunque per l’accertamento negativo del proprio debito di firma e, in subordine, per la revoca dell’ingiunzione e la determinazione del minor debito eventualmente dovuto, in ragione dei profili di nullità del rapporto garantito sollevati con l’atto introduttivo del giudizio di opposizione.
La convenuta opposta si costituiva in giudizio confutando le eccezioni avversarie e invocando il rigetto dell’opposizione, previa concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo.
Concessa in data 17.03.2015 la provvisoria esecuzione e stante la mancata richiesta dei termini ex art. 183, co. 6, c.p.c., la causa veniva chiamata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 13.12.2016, poi differita al 16.06.2017, udienza in cui l’opponente formulava banco iudicis una proposta transattiva, che la banca creditrice riferiva di poter accogliere solo pro quota e senza liberazione dei debitori principali.
Questo giudice formulava allora una proposta conciliativa migliorativa, proponendo comunque la definizione della controversia nei confronti di tutti i condebitori, e rinviava la causa al 16.11.2017 per consentire alla convenuta di assumere le proprie determinazioni in merito.
Rifiutata anche detta proposta, le parti venivano allora invitate a precisare le conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni già rassegnate nei rispettivi fogli depositati telematicamente.
MOTIVI DELLA DECISIONE. – L’opposizione è fondata e merita integrale accoglimento.
È infatti fondata, ed ha carattere assorbente, l’eccezione di decadenza della garanzia fideiussoria svolta da parte opponente in premessa indicata ai n. 2.4 e 3, eccezione che postula sul piano logico il rilievo dell’invalidità (o, comunque, dell’inefficacia) della clausola di cui all’art. 7 della lettera di fideiussione, alla stregua del quale “i diritti derivanti alla Banca restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore entro i termini previsti dall’art. 1957 c.c.”.
A tale riguardo, giova rammentare come si sia a lungo dibattuto, in passato, sulla possibilità di ricondurre le clausole di deroga all’art. 1957 x.x. xx xxxxxx xxxxx xxxxxxxx x.x. xxxxxxxxxx.
Xx deve in particolare dar conto di un orientamento giurisprudenziale prevalentemente contrario al riconoscimento della vessatorietà di tali clausole, inaugurato dalla risalente sentenza Cass. civ. Sez. 1, Sentenza n. 2034 del 10/07/1974 (“La rinuncia preventiva del fideiussore a far valere la decadenza prevista dall’art. 1957, primo comma, cod. civ. a carico del creditore che non abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate, entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita non rientra tra le clausole particolarmente onerose di cui all’art. 1341 cod. civ. esige, nel caso che siano predisposte da uno dei contraenti, la specifica approvazione per iscritto dell’altro contraente”) e, seppur in termini non perfettamente coincidenti, dalla successiva Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza n. 2461 del 20/04/1982 (“la decadenza del creditore dall’obbligazione fideiussoria per mancata proposizione delle azioni contro il debitore principale entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, prevista dall’art. 1957 cod. civ., può formare oggetto di rinunzia preventiva da parte del fideiussore”), orientamento che ha trovato peraltro recenti conferme negli arresti citati da parte opposta (Cass. Civ.
08/13078 e 06/2263) e alla stregua del quale è stata svolta a suo tempo la prognosi negativa sulle sorti dell’opposizione sottesa all’ordinanza concessiva della provvisoria esecuzione del decreto opposto.
Detto orientamento, tuttavia, re melius perpensa, non può essere accolto acriticamente ma merita una serie revisione critica e, specie quando venga in rilievo la tutela consumeristica di cui all’art. 33 D. Lgs. 206/2005 non può più ritenersi attuale, per due ordini di considerazioni.
In primo luogo, già con riguardo alla disciplina codicistica di cui all’art. 1341, co. 2 c.c. l’esclusione della clausola di deroga dal novero delle clausole vessatorie è sorretta da una motivazione tutt’altro che convincente (se non apodittica), posto che detta clausola a ben vedere, ancorché non in via esplicita e immediata, si risolve nell’esclusione per il fideiussore della possibilità di far valere la decadenza del creditore negligente e quindi, innegabilmente, realizza gli effetti di una limitazione alla facoltà di opporre eccezioni.
Già l’interpretazione testuale della norma potrebbe condurre agevolmente all’affermazione della vessatorietà della clausola, senza che a tal fine si debba invocare l’applicazione analogica della norma, che è sempre stata ritenuta di stretta interpretazione e operante solo in relazione alle rigide ipotesi ivi espressamente contemplate.
D’altro canto, è altresì chiaro che, in un sistema in cui l’unico strumento di tutela per il contraente debole aveva natura formale ed era costituito dalla mera doppia sottoscrizione ex art. 1341 co. 2 c.c., il consenso legittimamente manifestato dal garante risultava senz’altro idoneo ad escludere l’inefficacia e, in tal senso, si giustificano e appaiono coerenti con tale sistema le sentenze da ultimo citate (Xxxx. Civ. 08/13078 e 06/2263, nonché Cass. Civ., 13 aprile 2007, n. 8839 secondo la quale “la decadenza del creditore dal diritto di pretendere dal fideiussore l’adempimento dell’obbligazione principale per mancata tempestiva proposizione delle azioni contro il debitore principale nel termine semestrale previsto dall’art. 1957 comma 1 c.c. può essere convenzionalmente esclusa per effetto di rinuncia preventiva da parte del fideiussore e non opera, in particolare, ove le parti abbiano previsto che la fideiussione si estingua solo all’estinguersi del debito garantito”).
I principi sinora affermati cedono tuttavia il passo rispetto alle ben più incisive forme di tutela previste in ambito consumeristico.
È noto che l’art. 33 lett. t) del D. Lgs. 206/2005 pone la presunzione di vessatorietà delle clausole che abbiano l’effetto di “sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con in terzi”, per certi versi riprendendo quasi testualmente ed accorpando alcune delle previsioni dell’art. 1341 c.c.
La norma opera tuttavia in modo del tutto diverso sul pian degli effetti e, soprattutto, per quel che concerne il superamento della presunzione di vessatorietà.
A tal fine, non è affatto sufficiente il mero adempimento formale della specifica approvazione per iscritto, ma è invece necessario, nei contratti conclusi su moduli o formulari, che il professionista dia prova che le clausole unilateralmente predisposte siano state oggetto di trattativa individuale (art. 34, co. 5 D. Lgs. 206/2005).
Non v’è dubbio, quindi, che le parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale, possano convenzionalmente escludere la decadenza del creditore dalla garanzia prevista dall’art. 1957 c.c., ma quando il garante rivesta la qualità di consumatore, la conclusione di tale accordo derogatorio deve necessariamente essere perfezionata nel rispetto delle forme di tutela non più formali ma sostanziali (la prova della trattativa individuale) richieste dal Codice del Consumo.
Nel caso di specie, nessuna prova in tal senso è stata offerta dalla banca convenuta.
Non può nemmeno lontanamente dubitarsi poi della qualità di consumatore in capo al sig. il quale ha pacificamente sottoscritto la fideiussione per consentire alla figlia di accedere al credito fondiario per l’acquisto con il coniuge della propria abitazione e quindi per finalità all’evidenza estranee all’attività professionale o imprenditoriale eventualmente svolta.
Va dunque rilevata e dichiarata la nullità parziale della fideiussione versata agli atti del fascicolo monitorio con riguardo al citato art. 7, con la conseguente reviviscenza della disciplina legale da tale clausola derogata e dell’onere per il creditore di coltivare diligentemente le proprie ragioni (non necessariamente in via giudiziale), a pena di decadenza, entro il termine semestrale previsto dall’art. 1957 c.c.
Ciò premesso, alla luce di quanto versato in atti, detto termine deve ritenersi ampiamente spirato, non essendovi prova di alcuna iniziativa, anche di mera costituzione in mora dei debitori, nel non indifferente lasso di tempo intercorso tra l’emersione dell’insolvenza dei debitori garantiti (luglio 2012) e la prima intimazione alla regolarizzazione del rapporto (la raccomandata del 4.2.2014 – doc. 9 fascicolo convenuta).
Sussistono dunque i presupposti previsti dall’art. 1957 c.c. per dichiarare l’estinzione della garanzia.
Non può infine condividersi l’assunto della convenuta in ordine alla supposta inapplicabilità dell’art. 1957 c.c. alla fattispecie de qua, atteso che la fideiussione in oggetto non può attribuirsi la natura di contratto autonomo di garanzia.
Il vincolo di accessorietà è senz’altro significativamente attenuato dalla consueta previsione dell’obbligo di pagamento a prima richiesta, ma tale clausola non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come “contratto autonomo di garanzia” o come “fideiussione” , potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita (in questi termini, si veda Cass. Civ. Sez 1, sent. 9.8.2016 n. 16825.
Il contratto autonomo di garanzia si caratterizza invece rispetto alla fideiussione per l’assenza del vincolo di accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione della facoltà di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale in deroga all’art. 1945 c.c., e dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest’ultimo.
Nella fideiussione a prima richiesta il vincolo di accessorietà non è reciso, perché il garante conserva intatta la facoltà di far valere, seppur con l’onere del previo pagamento del debito garantito, tutte le eccezioni sostanziali relative al rapporto obbligatorio tra debitore principale e creditore ai fini dell’eventuale ripetizione dell’indebito.
Altro tratto caratterizzante (tipico, ad esempio delle polizze fideiussorie c.d. “performance bond” diffuse in materia di appalti di pubblici lavori, servizi e forniture) è l’eterogeneità che fa assumere alla garanzia connotati indennitari e pseudoassicurativi che, all’evidenza, non sono ravvisabili nei rapporti bancari in cui, in buona sostanza, attraverso la fideiussione altro non si fa che ampliare il novero soggettivo dei debitori e delle correlative garanzie patrimoniali per i medesimi obblighi restitutori di natura pecuniaria contratti dal debitore principale.
Ma anche ove si volesse opinare nel senso di attribuire a quella che altro non è che una fideiussione con clausola solve et repete la natura di garanzia autonoma, la più recente ad avveduta giurisprudenza di legittimità ha, con motivazione esaustiva e convincente, escluso la pretesa incompatibilità tra tale strumento atipico di garanzia e l’eventuale applicazione della decadenza ex art. 1957 c.c. precisando che “in tema di contratto autonomo di garanzia, ove le parti abbiano convenuto che il pagamento debba avvenire “a prima richiesta”, l’eventuale rinvio pattizio alla previsione della clausola di decadenza di cui all’art. 1957, comma 1, c.c., deve intendersi riferito – giusta l’applicazione del criterio ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c. – esclusivamente al termine semestrale indicato dalla predetta disposizione; pertanto, deve ritenersi sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, secondo la tradizionale esegesi della norma, atteso che, diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare “ a prima richiesta” l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azione in giudizio) Cass. Civ. Sez 3 Sentenza n. 22346 del 26/09/2017).
Richiesta stragiudiziale di cui, ripetesi, non vi è prova in atti prima del 4.2.2014.
L’accoglimento del pocanzi esaminato motivo di opposizione ha natura assorbente e consente di soprassedere dalla disamina degli ulteriori profili di impugnativa negoziale, tanto di quelle rivolte al rapporto di garanzia, quanto di quelle riferite al contratto di mutuo.
Si rileva inoltre come parte opponente non abbia svolto alcuna domanda conseguenziale alla concessione della provvisoria esecuzione, in particolare con riguardo alle eventuali iscrizioni ipotecarie subite per effetto del provvedimento interinale, sicché nessun ordine di cancellazione può essere reso, in difetto, peraltro, dell’acquisizione agli atti di idonea documentazione ipotecaria.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, a norma del d.m. 55/2014, con applicazione dei parametri medi per lo scaglione di riferimento e con esclusione della fase istruttoria, del tutto omessa stante la mancata richiesta di termini ex art. 183, co. 6 c.p.c. e la natura documentale della causa. (Omissis).
(1-5) Squilibrio contrattuale e rimedi giudiziali: il caso delle fideiussioni omnibus
stipulate a valle di un’intesa vietata (*).
SOMMARIO: 1. Il collegamento tra i tre casi: la necessità di tutelare maggiormente il fideiussore omnibus di una banca. – 2. Prima soluzione: la disciplina consumeristica consente di neutralizzare le clausole – conformi agli schemi ABI – che derogano alla disciplina legale della fideiussione. – 3. Seconda soluzione: le fideiussioni conformi agli schemi ABI, in quanto attuative di un’intesa vietata, sono nulle… in tutto o in parte. – 3.1. Il provvedimento Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005. – 3.2. Il precedente della Cassazione n. 29810/2017. – 4. Garanzie “a prima richiesta” e garanzie autonome: le confliggenti soluzioni dei provvedimenti annotati. – 5. Squilibrio contrattuale e rimedi giudiziali. – 5.1. Fideiussione omnibus, clausole incompatibili con l’accessorietà e nullità parziale. – 5.2. Deroga all’art. 1957 c.c. e tutela consumeristica: la tutela dei garanti-non professionisti.
1. I tre casi sottesi alle annotate pronunce sono sostanzialmente sovrapponibili: si tratta, infatti, di opposizioni a decreti ingiuntivi ottenuti in relazione a fideiussioni omnibus prestate a favore di banche – la prima accesa a garanzia di uno scoperto di conto corrente e di un mutuo; la seconda a garanzia di un mutuo fondiario; la terza a garanzia di uno scoperto di conto corrente – tutte redatte in conformità alle Condizioni generali di contratto per la fideiussione predisposte dall’ABI nel 2003. A fondamento delle opposizioni sono stati proposti vari argomenti, uno dei quali coincidente: che le fideiussioni redatte in conformità del modello ABI sono nulle perché attuative di una intesa anticoncorrenziale. Al riguardo, giova premettere che, nel 2005, la Banca d’Italia, a suo tempo autorità garante della concorrenza e del mercato nel settore bancario, aveva affermato che alcune delle previsioni contenute nelle dette condizioni generali – segnatamente, gli articoli 2, 6 e 8 dello schema
(*) La presente nota di commento è stata accettata per la pubblicazione su Banca, borsa e titoli di credito, 2018. I diritti di autore di questa versione appartengono al suo Autore e sono riservati. L’opera è messa a disposizione dei visitatori del sito xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx in anteprima per gli usi consentiti dalla legge, con il vincolo di riferirsi ad essa citandola come segue: SCHIAVOTTIELLO, Squilibrio contrattuale e rimedi giudiziali: il caso delle fideiussioni omnibus stipulate a valle di un’intesa vietata, in corso di pubblicazione su Banca, borsa e titoli di credito, 2018, reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx.
contrattuale, rispettivamente concernenti la clausola di sopravvivenza (1), la deroga all’art. 1957 c.c. (2) e la clausola di reviviscenza (3) – costituiscono intesa vietata a norma dell’art. 2, comma 1°, l. 10 ottobre 1990, n. 287 (di seguito, legge antitrust). Più di recente, la Cassazione ha affermato – con una sentenza che è stata definita rivoluzionaria (4) – che possono risultare affette da nullità anche le fideiussioni stipulate anteriormente alla pronuncia della Banca d’Italia, qualora si presentino comunque come attuazione dell’intesa vietata.
In due dei tre casi in rassegna, come vedremo, tale argomento è stato accolto: ma nell’uno la nullità della fideiussione è stata considerata integrale, nell’altro – seppur in un obiter dictum – parziale. Nel terzo caso, l’argomento – pur proposto – non è stato esaminato, pur essendo stato comunque revocato il decreto ingiuntivo, sulla base di un’altra rilevante statuizione reputata assorbente: che la deroga “tipizzata” alla regola di decadenza dalla garanzia qualora il creditore non coltivi diligentemente le proprie istanze verso il debitore principale (art. 1957 c.c.), se non è vessatoria a norma del codice civile, lo è però certamente verso un fideiussore “consumatore”, a norma del codice del consumo.
Non è dubbio che i tre provvedimenti, benché utilizzino argomenti diversi e giungano a soluzioni difformi, abbiano in comune la determinazione di offrire rimedio giudiziale agli squilibri contrattuali che connotano, peraltro in maniera assai diffusa, le fideiussioni omnibus a favore di istituti bancari. Significativo è anche il rifiuto di due giudici su tre di riconoscere che la legittimità delle pattuizioni in deroga al codice civile possa ammettersi ricorrendo alla figura del contratto autonomo di garanzia: sul punto però, come pure vedremo, i provvedimenti manifestano convinzioni distanti sugli elementi che fanno di una fideiussione a prima richiesta un contratto autonomo di garanzia.
Sulla scia della “rivoluzionaria” pronuncia della Cassazione di cui si è fatto accenno, sembra così inaugurarsi una nuova stagione di contenziosi bancari seriali (5), volti in qualche modo ad apprestare rimedi giudiziali ad evidenti squilibri contrattuali. Non sempre però il rimedio giudiziale – pur se opportuno o necessario – è anche equilibrato.
(1) «Il fideiussore s’impegna altresì a rimborsare all’Azienda di credito le somme che dall’Azienda stessa fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite e che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi, o per qualsiasi altro motivo».
(2) «I diritti derivanti all’Azienda di credito dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo
credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i termini previsti dall’art. 1957 c.c., che si intende derogato».
(3) «Nell’ipotesi in cui le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione si intende fin d’ora
estesa a garanzia dell’obbligo di restituzione delle somme comunque erogate».
(4) Cass., 12 dicembre 2017, n. 29810, in Foro it., 2018, I, 152. La sentenza della Suprema Corte ha avuto amplissima eco nelle riviste e nella stampa on-line, che sono notoriamente le fonti che meglio raggiungono gli operatori giuridici: v., ad es., BONOLIS e XXXXXX, La nullità delle fideiussioni omnibus predisposte sul modello ABI, xxxxx://xxx.xxxxxxxx.xxx; BORRILLO, La nullità della fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust, xxxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx; FIORUCCI, Invalidità della fideiussione omnibus conforme allo schema ABI, xxxxx://xxx.xxxxxxx.xx; FOÀ, Nullità della fideiussione rilasciata su moduli bancari: sentenza rivoluzionaria della Cassazione, xxxxx://xxxxxxxxxxx.xx; STIAFFINI, Tutte le fideiussioni omnibus sono nulle?, xxxx://xxx.xxxxxxxxxxxxxxx.xx/.
(5) Si segnala anche Trib. Fermo, 24 settembre 2018, in xxx.xxxxxx.xx.
2. Nella sentenza del Tribunale di Treviso si esamina la validità della fideiussione omnibus prestata da un privato cittadino ad una banca, al fine di consentire alla propria figlia di ottenere un mutuo fondiario per l’acquisto di una casa di abitazione. Rimasto inadempiuto il mutuo, la banca, anziché agire sul debitore principale, preferiva agire sul fideiussore. Il contratto, infatti, redatto in conformità dello schema generale XXX, prevedeva la garanzia a prima richiesta e derogava, tra l’altro, all’art. 1957 c.c., per il quale il creditore decade dalla garanzia se, scaduta l’obbligazione principale, non propone le sue istanze contro il debitore o se non le continua con diligenza.
Il fideiussore contestava tuttavia la validità, integrale o parziale, della fideiussione omnibus per: a) nullità derivata della stessa per essere stata redatta con l’utilizzo della modulistica predisposta dall’ABI in attuazione di una supposta intesa anticoncorrenziale, rilevata dalla Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato in un parere espresso nell’ambito di un’apposita istruttoria aperta dalla Banca d’Italia nel 2003; b) per indeterminatezza e/o indeterminabilità dell’oggetto; c) per violazione dell’obbligo di esecuzione in buona fede del contratto e per violazione degli obblighi di tutela del garante; d) per contrasto della deroga all’art. 1957 c.c. con l’art. 33, lett. b) e t), d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (in seguito cod. consumo). Per l’effetto di tale ultima censura, in particolare, il fideiussore riteneva essersi determinata l’estinzione della garanzia fideiussoria per il mancato tempestivo esercizio del credito garantito nei confronti del debitore principale.
Il Tribunale di Treviso reputava fondata ed a carattere assorbente l’eccezione di decadenza della garanzia fideiussoria, «eccezione che postula sul piano logico il rilievo dell’invalidità (o, comunque, dell’inefficacia) della clausola di cui all’art. 7 della lettera di fideiussione, alla stregua del quale “i diritti derivanti alla Banca restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore entro i termini previsti dall’art. 1957 c.c.”».
Al riguardo, la corte veneta rievoca il dibattito sulla vessatorietà delle clausole di deroga all’art. 1957 c.c.. L’orientamento prevalente in giurisprudenza è contrario, reputandosi che la rinuncia preventiva del fideiussore a far valere la decadenza prevista dall’art. 1957, comma 1°, c.c. a carico del creditore che non abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate, entro sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita, non rientra tra le clausole particolarmente onerose di cui all’art. 1341 c.c. e non esige, nel caso che siano predisposte da uno dei contraenti, la specifica approvazione per iscritto dell’altro contraente (6). Questo orientamento tuttavia si risolve, da una parte, nell’esclusione per il fideiussore della
(6) Così, Cass., 10 luglio 1974, n. 2034; analogamente Cass., 20 aprile 1982, n. 2461, in Dir. fall., 1982, II, 980, nonché in Giur. it., 1983, I, 1, 1315; Cass., 22 febbraio 2006, n. 2263; Cass., 21 maggio 2008, n. 13078, in questa Rivista, 2009, II, 411, con nota di CUCCOVILLO, Gli ultimi sviluppi giurisprudenziali in tema di contratto autonomo di garanzia, nonché in Nuova giur. civ., 2008, I, 1416, con nota di TOSCHI VESPASIANI, La decadenza del creditore dal diritto di escutere la fideiussione ex art. 1957 c.c..
possibilità di far valere la decadenza del creditore negligente e quindi, innegabilmente, realizza gli effetti di una limitazione alla facoltà di opporre eccezioni; dall’altra parte, nell’applicazione (eventualmente) di una garanzia meramente formale, quale la doppia sottoscrizione ex art. 1341, comma 2°, c.c., assolutamente incapace di proteggere gli interessi della parte debole del rapporto.
Non può dunque risultare una soluzione adeguata al cospetto delle ben più incisive forme di tutela previste in ambito consumeristico. In questo senso va valorizzato l’art. 33 lett. t) cod. consumo, il quale pone la presunzione di vessatorietà delle clausole che abbiano l’effetto di «sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con in terzi, per certi versi riprendendo quasi testualmente ed accorpando alcune delle previsioni dell’art. 1341 c.c.». La norma consumeristica opera peraltro in modo del tutto diverso sul piano degli effetti e, soprattutto, per quel che concerne il superamento della presunzione di vessatorietà: questa non può essere superata con la mera doppia sottoscrizione, ma solo con la dimostrazione che le clausole vessatorie siano state oggetto di trattativa individuale (art. 34, comma 5°, cod. consumo).
Queste considerazioni inducono il Tribunale di Treviso a concludere che, pur potendosi convenzionalmente escludere la decadenza del creditore dalla garanzia prevista dall’art. 1957 c.c., tuttavia, quando il garante rivesta la qualità di consumatore, la conclusione di tale accordo derogatorio deve necessariamente essere perfezionata nel rispetto delle forme di tutela non più formali ma sostanziali: e cioè dando prova della trattativa individuale. Nel caso di specie, nessuna prova in tal senso era stata offerta dalla banca convenuta.
Soggiunge il Tribunale che non poteva essere posta in discussione la qualità di consumatore del fideiussore, trattandosi di un padre che aveva sottoscritto la fideiussione omnibus per consentire alla figlia di accedere al credito fondiario per l’acquisto con il coniuge della propria abitazione: si trattava quindi di «finalità all’evidenza estranee all’attività professionale o imprenditoriale eventualmente svolta». Sul punto, torneremo in seguito per far notare come la funzionalità di alcuni contratti all’esercizio dell’impresa o di una professione – si pensi non solo alle fideiussioni, ma anche alle assicurazioni o ai contratti aventi natura finanziaria – non possa escludere la qualità di consumatore, o comunque di parte meritevole di protezione in quanto non esperta, di chi se ne serva.
La sentenza si conclude quindi con il principio di diritto riassunto in una delle massime, e cioè che, in materia di fideiussione omnibus prestata a favore di una banca da un consumatore, è invalida o, comunque, inefficace la clausola che esclude la decadenza del creditore dalla garanzia prevista dall’art. 1957 c.c., con la conseguente reviviscenza della disciplina legale da tale clausola derogata e dell’onere per il creditore di coltivare diligentemente le proprie ragioni (non necessariamente in via giudiziale), a pena di decadenza, entro il termine semestrale previsto dall’art. 1957 c.c.
3. I casi decisi dal Tribunale di Roma e dal Tribunale di Rovigo riguardano la richiesta di provvisoria esecuzione di un decreto ingiuntivo ottenuto da una banca nei confronti – presumibilmente – dell’amministratore e socio di riferimento di una società di capitali sua debitrice, senza previa escussione di quest’ultima. Mentre a Roma la provvisoria esecutività viene negata, sulla base di una delibazione di evidente difetto del fumus boni iuris (7), a Rovigo, pur ritenendosi necessario il previo esperimento della mediazione, viene indicata come probabile.
Il ragionamento del Tribunale di Roma muove dalla affermazione – sulla quale occorreranno alcune precisazioni – che secondo la Cassazione sono nulli, per violazione dell’art. 2 legge antitrust, i contratti di fideiussione che riproducono le norme bancarie uniformi predisposte dall’ABI. Infatti, poiché la legge antitrust dispone la nullità ad ogni effetto delle intese fra imprese che abbiano ad oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in modo consistente il gioco della concorrenza all'interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, ne deve conseguire che nulli sono anche i contratti che costituiscono esecuzione delle intese vietate. Rileva il Tribunale di Roma che, in particolare, sono stati dichiarati contrari alla legge antitrust, nell’ipotesi di loro applicazione uniforme, gli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall'ABI per la stipula delle fideiussioni omnibus. Sostiene la corte capitolina – in difformità, come vedremo, rispetto a quanto ritenuto dal Tribunale di Treviso – che «tali clausole hanno come effetto la “trasformazione” del contratto di fideiussione in un contratto autonomo di garanzia, circostanza che, per stessa ammissione della banca opposta, ricorre nel caso di specie». E poiché si trattava di contratto stipulato dopo l’accertamento dell’intesa vietata (risalente al 2005), «deve, allo stato degli atti, ritenersi nullo il contratto di fideiussione sulla cui base è stato ottenuto il decreto ingiuntivo, qui opposto»: negata la provvisoria esecuzione con queste motivazioni, si può anche prevedere una probabile revoca del decreto ingiuntivo per le stesse ragioni.
A conclusione diametralmente opposta giunge il Tribunale di Rovigo – mentre non si pronuncia il Tribunale di Treviso, reputando assorbente il motivo che ha condotto alla decisione esaminata nel precedente paragrafo – sul rilievo che, se pure le intese anticoncorrenziali determinano nullità degli accordi attuativi, tuttavia, nel caso delle fideiussioni omnibus conformi agli schemi ABI, la nullità delle clausole dichiarate in contrasto con la normativa antitrust non è tale da determinare nullità dell’intero contratto «in quanto è di tutta evidenza che la banca lo avrebbe comunque concluso, qualsiasi garanzia essendo migliore della mancanza di garanzia». In tale affermazione è anche evidente che il Tribunale veneto non considera le clausole di deroga tipologicamente connotanti la garanzia come autonoma anziché accessoria.
(7) E v. anche Trib. Fermo, 24 settembre 2018, in xxx.xxxxxx.xx, il quale, sul rilievo che esiste un orientamento che afferma la nullità integrale delle fideiussioni conformi agli schemi ABI, ha ritenuto che la questione sia meritevole di un approfondimento incompatibile con la concessione della provvisoria esecuzione.
3.1. Per poter ragionare avvedutamente sulla soluzione offerta dal Tribunale di Roma, in netto contrasto con quella del Tribunale di Rovigo, occorre ricordare che la formulazione di condizioni uniformi relative ai contratti di fideiussione omnibus risale al 2002/2003 quando l’ABI ne concordava il contenuto con alcune associazioni di consumatori. Ciò emerge dal provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005 con il quale l’Autorità riteneva che alcuni articoli inseriti nelle condizioni uniformi risultavano in contrasto con la legge antitrust, ove applicati in modo uniforme dagli istituti bancari.
Lo schema predisposto dall’ABI è strutturato come un contratto accessorio al rapporto bancario principale disciplinante la prestazione della garanzia fornita dal fideiussore a beneficio di qualunque obbligazione, presente o futura, del debitore.
Il modello di fideiussione omnibus che emerge dalle norme bancarie uniformi emanate dall’ABI è connotato dalle tre clausole di deroga alla disciplina legale della fideiussione (come già accennato: la clausola di sopravvivenza; la clausola di deroga all’art. 1957 c.c.; la clausola di reviviscenza) oltre alla clausola a prima richiesta secondo cui il fideiussore non può opporsi al pagamento immediato di quanto richiesto dalla banca – che non è tenuta a rivolgersi preventivamente al debitore principale – ma mantiene la facoltà di proporre eccezioni in un momento successivo all’avvenuto pagamento. Sul punto, appare rilevante menzionare che, pur non sussistendo all’epoca una organica disciplina a tutela del consumatore, l’art. 13 dello schema prevede che la clausola “a prima richiesta” (così come quella di sopravvivenza della fideiussione) non possa applicarsi qualora sia il fideiussore, sia il debitore principale rivestano la qualità di consumatore ex art. 1469-bis c.c. (ora confluito nel cod. consumo).
Dal provvedimento della Banca d’Italia emerge la rilevante diffusione delle fideiussioni nelle quali il garante è, di norma, un soggetto con un interesse diretto all’erogazione del finanziamento e che, pertanto, non richiede un corrispettivo economico al debitore. Basti pensare alla prestazione di garanzie da parte di persone fisiche legate all’imprenditore ovvero da parte di soci di riferimento o amministratori della società che richiede il finanziamento: ed infatti, il primo caso è quello sottoposto al Tribunale di Treviso e il secondo è quello affrontato sia dal Tribunale di Roma che dal Tribunale di Rovigo. Al riguardo, deve sin d’ora evidenziarsi che, anche nei casi in cui la garanzia non sia rilasciata da persone fisiche, al prestatore non può essere sempre attribuito un carattere di “professionalità” o di speciale “competenza”.
Quanto all’esame delle condizioni contrattuali della fideiussione omnibus, la Banca d’Italia ha ritenuto che: a) la garanzia a prima richiesta assolve ad una importante funzione negoziale, per la protezione delle esigenze connesse al credito bancario e, se consente di contestare la pretesa con la formula solve et repete, è proporzionata allo scopo; b) viceversa, la deroga all’art. 1957 c.c., in quanto incentiva il disinteresse della banca a coltivare diligentemente il credito verso il debitore principale, non assolve a propositi coerenti con la disciplina antimonopolistica, ponendo uno squilibrio tra i diritti delle parti del contratto; c) similmente, la garanzia
di reviviscenza è squilibrata e comporta conseguenze particolarmente pregiudizievoli per il fideiussore che abbia legittimamente confidato nell’estinzione della garanzia; d) l’estensione della garanzia agli obblighi restitutori – in caso di invalidità del rapporto bancario fondamentale – non risulta connaturata all’essenza del rapporto di garanzia e induce la banca a non prestare attenzione ai profili di validità del rapporto; e) sarebbe giustificata l’inapplicabilità della disciplina a tutela dei consumatori quando la fideiussione pur se stipulata da un consumatore, acceda ad un rapporto bancario contrattato da un “professionista”. Per come si esporrà nel prosieguo (§ 5.2), tale ultimo profilo risulta non particolarmente convincente.
Di qui le conclusioni della Banca d’Italia, secondo cui «non è ingiustificato l’onere per il fideiussore determinato dalla presenza nello schema ABI della clausola “a prima richiesta” […]. Viceversa, per la clausola relativa alla rinuncia del fideiussore ai termini di cui all’art. 1957 cod. civ. e per le c.d. clausole di “sopravvivenza” della fideiussione non sono emersi elementi che dimostrino l’esistenza di un legame di funzionalità altrettanto stretto. Tali clausole, infatti, hanno lo scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa».
3.2. A valle del provvedimento della Banca d’Italia, la Corte di Cassazione, con la pronuncia già menzionata, ha risolto un dubbio interpretativo rilevante, e cioè se la conclusione di una fideiussione prima del provvedimento dell’autorità sul mercato possa sfuggire alla censura di nullità derivata. La soluzione della Corte – che sul punto ha riformato la opposta sentenza della Corte di Appello di Venezia – è negativa e il provvedimento, per i contenuti della sua argomentazione, assume una portata espansiva tanto da meritare l’attributo di sentenza “rivoluzionaria”: non a caso lo stesso costituisce il fondamento delle pronunce del Tribunale di Roma e del Tribunale di Rovigo qui in commento.
Secondo la Corte di Appello il contratto stipulato tra il fideiussore e la banca (nel caso di specie in data 18 febbraio 2005) non avrebbe potuto essere dichiarato nullo in forza di un dictum sopravvenuto al patto (appunto il provvedimento della Banca d'Italia n. 55 del 2 maggio 2005) e ciò perché:
a) la Banca d'Italia aveva invitato l'ABI a trasmettere le circolari emendate al sistema bancario;
b) l'illegittimità delle singole previsioni contrattuali tipizzate era tale in conseguenza del loro inserimento uniforme nello schema ABI, sicché solo il mancato adeguamento dell'Associazione al provvedimento della Banca d'Italia sarebbe comportamento omissivo idoneo a determinare la nullità dei contratti stipulati in base alle norme bancarie uniformi.
La Cassazione ritenne non condivisibile il ragionamento della corte territoriale, sulla base di considerazioni che meritano di essere ricordate.
Anzitutto si rileva come le Sezioni Unite abbiano già precisato che la legge antitrust detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non
soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo carattere competitivo al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un'intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che, di fronte ad un'intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza, e, dall'altro, che il cosiddetto contratto "a valle" costituisce lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti (8).
E siccome la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall'ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il danno ingiusto evocato dall’art. 2043 c.c., il consumatore finale, che subisce danno da una contrattazione che non ammette alternative per l'effetto di una collusione "a monte", ha a propria disposizione, ancorché non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli imprenditori autori della collusione, l'azione di accertamento della nullità dell'intesa e di risarcimento del danno (ex art. 33 legge antitrust) 9.
Orbene, la censura sulla validità di una fideiussione altro non è se non la deduzione di un danno "a valle" per effetto dell'intesa vietata ("a monte"), «tenuto conto, da un lato che, di fronte ad un'intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede svilito (se non calpestato) il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza e, dall'altro, che il cosiddetto contratto "a valle" costituisce lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti».
Ove mai si ritenesse che la possibilità di invocare la nullità della fideiussione discende dalla posteriorità di essa rispetto all’accertamento dell’esistenza di una intesa vietata, si istituirebbe «una sorta di potere di prescrizione, necessario e pregiudiziale rispetto ad ogni accertamento del giudice, da parte dell'autorità garante
(8) Cass., Sez. Un., 4 febbraio 2005, n. 2207, tra altri luoghi, in Dir. ind., 2005, 185, con nota di XXXXXXXXX, Antitrust, cartelli e consumatori: l’epilogo dell’affaire rc auto; in Danno e resp., 2005, 495, con nota di INZITARI, Abuso da intesa anticoncorrenziale e legittimazione aquiliana del consumatore per lesione alla libertà negoziale e XXXXXXXX, Responsabilità extracontrattuale per violazione di norme antitrust; ivi, 2005, 949 (m), con nota di DELLI PRISCOLI, Consumatori e danno derivante da condotte anticoncorrenziali e MUSI, Le violazioni delle regole della concorrenza e la tutela giurisdizionale del consumatore; in Europa e dir. privato, 2005, 435, con nota di XXXXXXXXXX, Sezioni più unite che antitrust; in Riv. dir. civ., 2005, II, 495 (m), con nota di XXXXX, La difficile integrazione fra diritto civile e diritto della concorrenza; in Nuova giur. civ., 2005, I, 695, con nota di XXXXXXXXXX, “Cospirazioni anticompetitive” e interesse del consumatore; in Riv. dir. privato, 2005, 907, con nota di XXXXXX, Intese anticoncorrenziali e tutela del consumatore; in Corriere giur., 2005, 1093 (m), con nota di LIBERTINI, Le azioni civili del consumatore contro gli illeciti antitrust.
(9) La cognizione delle azioni di accertamento della nullità è rimessa (dall’art. 33 legge antitrust così come
modificata dal d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni dalla l. 24 marzo 2012, n. 27) alla competenza esclusiva del tribunale competente per territorio presso cui è istituita la sezione specializzata in materia di impresa. Ai sensi dell’art. 18 d. lgs. 19 gennaio 2017, n. 3, che ha attuato la direttiva 2014/104/UE, la cognizione delle azioni di risarcimento del danno è rimessa inderogabilmente alle sezioni specializzate in materia di impresa di Milano (per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Brescia, Milano, Bologna, Genova, Torino, Trieste, Venezia, Trento e Bolzano); Roma (per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Ancona, Firenze, L’Aquila, Perugia, Roma, Cagliari, Sassari); Napoli (per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Campobasso, Napoli, Salerno, Bari, Lecce, Taranto, Potenza, Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Messina, Palermo, Reggio Calabria.
rispetto ai comportamenti svolti in facto dai soggetti da essa vigilati che non trova riscontro in nessuna previsione di legge né nei principi regolatori della materia». Ma così non è, poiché l’art. 2 legge antitrust, nell’interpretazione già data dalla giurisprudenza di legittimità, nel sancire la nullità delle intese, non ha voluto dar rilevanza esclusivamente all'eventuale negozio giuridico originario postosi all'origine della successiva sequenza comportamentale, ma a tutta la più complessiva situazione, anche successiva al negozio originario la quale, in quanto tale, realizzi un ostacolo al gioco della concorrenza (10).
In questo contesto, l’accertamento di illiceità, già compiuto dalla Banca d'Italia e pubblicizzato nel maggio del 2005, ha avuto un periodo temporale di osservazione e di rilievo che fanno ritenere assai probabile che l'intesa (o gli altri comportamenti lesivi della concorrenza tra imprese bancarie) sia stata consumata ben prima. Con la conseguente nullità anche dei contratti stipulati anteriormente.
La Suprema Corte ha quindi espresso il seguente principio di diritto, utilizzato anche dal Tribunale di Roma. In tema di accertamento dell'esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dalla L. n. 287 del 1990, articolo 2, la stipulazione "a valle" di contratti o negozi che costituiscano l'applicazione di quelle intese illecite concluse "a monte" (nella specie: relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative) comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all'accertamento dell'intesa da parte dell'Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato (nella specie, per quello bancario, la Banca d'Italia, con le funzioni di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, ai sensi della L. n. 287 del 1990, articoli 14 e 20, in vigore fino al trasferimento dei poteri all'AGCM, con la L. n. 262 del 2005, a far data dal 12 gennaio 2016) a condizione che quell'intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza.
4. Due dei provvedimenti in commento (quello del Tribunale di Treviso e quello del Tribunale di Roma) affrontano il problema della qualificazione della fideiussione “a prima richiesta” come contratto autonomo di garanzia (11). In tutti e
(10) Cass., Sez. Un., 29 novembre 1999, n. 827, in Dir. ind., 2000, 137.
(11) Xxxxxxx Xxxx., sez. un., 18 febbraio 2010, n. 3947, in questa Rivista, 2010, II, 257, con nota adesiva di BARILLÀ, Le Sezioni Unite e il Garantievertrag un quarto di secolo dopo: una pronuncia “storica” fa chiarezza sui differenti modelli di garanzie bancarie autonome, il contratto autonomo di garanzia (c.d. Garantievertrag), espressione dell'autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, che può riguardare anche un fare infungibile (qual è l'obbligazione dell'appaltatore), contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l'adempimento della medesima obbligazione principale altrui (attesa l'identità tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante); inoltre, la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l'elemento dell'accessorietà, è tutelato l'interesse all'esatto adempimento della medesima prestazione principale; ne deriva che, mentre il fideiussore è un «vicario» del debitore, l'obbligazione del garante
due i casi, infatti, le banche convenute avevano eccepito un’ontologica incompatibilità della previsione dell’art. 1957 c.c. con la natura di garanzia autonoma da riconoscersi al rapporto dedotto in giudizio (12). Sul punto le due pronunce in epigrafe giungono, tuttavia, a soluzioni non convergenti.
Il Tribunale di Roma sostiene che l’applicazione uniforme degli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale ABI – concernenti, come già chiarito, la clausola di sopravvivenza, la deroga all’art. 1957 c.c. e la clausola di reviviscenza – ha «come effetto la “trasformazione” del contratto di fideiussione in un contratto autonomo di garanzia». Con la conseguenza – non direttamente ricavabile dal precedente della Cassazione, il quale non si è soffermato sulla valenza tipologica di tali clausole – che se l’inserimento di queste clausole costituisce attuazione dell’intesa vietata, la nullità colpisce non le singole clausole ma l’intero contratto da esse connotato. Data questa interpretazione, si rafforza la preoccupazione – già manifestata dagli operatori del mercato a seguito dell’intervento della Cassazione (13) – di trovarsi in un sistema bancario in cui tutte le garanzie personali sono nulle.
Soluzione diversa, e meno preoccupante, è tuttavia adottata dal Tribunale di Treviso.
Conviene al riguardo ricordare che già l’ABI aveva a suo tempo precisato che
«la disposizione relativa all’obbligo di pagamento del fideiussore a semplice richiesta scritta della banca non configura, in effetti, una garanzia “a prima richiesta”. Quest’ultimo contratto (derogatorio rispetto al regime civilistico delle eccezioni) presenta un carattere autonomo rispetto all’obbligazione principale, mentre, al contrario, la fideiussione omnibus ha natura di garanzia accessoria» (14).
Non a caso, il Tribunale di Treviso afferma che il vincolo di accessorietà – tipico della fideiussione anche se omnibus – è senz’altro significativamente attenuato
autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all'obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all'adempimento del debito principale, bensì ad indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore (fattispecie in tema di polizza fideiussoria a garanzia del committente di un appalto di opera pubblica).
La letteratura sul tema è sterminata. Si fa rinvio quanto meno a PORTALE, Nuovi sviluppi del contratto autonomo di garanzia, in Le garanzie bancarie internazionali, Milano, 1989, 35 ss. (già in questa Rivista, 1985, I, 169); ID., Il contratto autonomo di garanzia nel commercio internazionale (appunti per una lezione), in Riv. giur. sarda, 1998, 843; ID., Le sezioni unite e il contratto autonomo di garanzia («causalità» ed «astrattezza» nel Garantievertrag), in Dir. banc., 1988, I, 504; nonché a BARILLÀ, Il nuovo schema negoziale di contratto autonomo di garanzia, in questa Rivista, 2007, I, 376; FRIGENI, Alcune nuove pronunce sul contratto autonomo di garanzia, in questa Rivista, 2003, II, 267; MEO, Il contratto autonomo di garanzia è un contratto atipico che soddisfa interessi meritevoli di tutela, in questa Rivista, 1992, II, 529; CICALA, Sul contratto autonomo di garanzia, in Riv. dir. civ., 1991, I, 143; NAVARRETTA, Causalità e sanzione degli abusi nel contratto autonomo di garanzia, in Contratto e impr., 1991, 285; CALDERALE, Fideiussione e contratto autonomo di garanzia, Bari, 1989.
(12) Secondo la giurisprudenza, al contratto autonomo di garanzia, in difetto di diversa previsione da parte dei
contraenti, non si applica la norma di cui all'art. 1957 c.c. sull'onere del creditore garantito di far valere tempestivamente le sue ragioni nei confronti del debitore principale, atteso che su detta norma si fonda l'accessorietà dell'obbligazione fideiussoria, instaurando essa un collegamento tra la scadenza dell'obbligazione di garanzia e quella dell'obbligazione principale (Cass., 12 febbraio 2015, n. 2762; Cass., 17 ottobre 2011, n. 21399, in Giust. civ., 2012, I, 2100; Cass., 22 febbraio 2010, n. 4200).
(13) E v. i titoli di stampa già riportati alla precedente nt. 4.
(14) Così il Provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005, § 28.
dalla consueta previsione dell’obbligo di pagamento a prima richiesta, ma tale clausola non ha rilievo decisivo per la qualificazione di un negozio come “contratto autonomo di garanzia” o come “fideiussione”, potendo tali espressioni riferirsi sia a forme di garanzia svincolate dal rapporto garantito (e quindi autonome), sia a garanzie, come quelle fideiussorie, caratterizzate da un vincolo di accessorietà, più o meno accentuato, nei riguardi dell’obbligazione garantita (15). Secondo il Tribunale veneto il contratto autonomo di garanzia si caratterizza invece rispetto alla fideiussione per l’assenza del vincolo di accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione della facoltà di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale in deroga all’art. 1945 c.c., e dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest’ultimo (16).
Nella fideiussione bancaria omnibus a prima richiesta il vincolo di accessorietà non è reciso, perché il garante conserva intatta la facoltà di far valere, seppur con l’onere del previo pagamento del debito garantito, tutte le eccezioni sostanziali relative al rapporto obbligatorio tra debitore principale e creditore ai fini dell’eventuale ripetizione dell’indebito. A differenza di quanto accade nelle polizze fideiussorie tipiche ad es. del settore degli appalti, nei rapporti bancari, attraverso la fideiussione, altro non si fa che ampliare il novero soggettivo dei debitori e delle correlative garanzie patrimoniali per i medesimi obblighi restitutori di natura pecuniaria contratti dal debitore principale. «Anche ove si volesse opinare nel senso di attribuire a quella che altro non è che una fideiussione con clausola solve et repete la natura di garanzia autonoma» – aggiunge il Tribunale di Treviso – «la più recente ed avveduta giurisprudenza di legittimità ha, con motivazione esaustiva e convincente, escluso la pretesa incompatibilità tra tale strumento atipico di garanzia e l’eventuale applicazione della decadenza ex art. 1957 c.c.» (17).
(15) In questi termini, si veda Cass., 9 agosto 2016, n. 16825.
(16) Secondo la Cass., 17 giugno 2013, n. 15108, la caratteristica fondamentale che distingue il contratto autonomo di garanzia dalla fideiussione è l'assenza dell'elemento dell'accessorietà della garanzia, insito nel fatto che viene esclusa la facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore principale, in deroga alla regola essenziale della fideiussione, posta dall'art. 1945 c.c. Nello stesso solco, Cass., 20 ottobre 2014, n. 22233; Cass., 27 settembre 2011, n. 19736 precisano che l'inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento «a prima richiesta e senza eccezioni» vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un'evidente discrasia rispetto all'intero contenuto della convenzione negoziale.
(17) Secondo Cass., 26 settembre 2017, n. 22346, in tema di contratto autonomo di garanzia, ove le parti abbiano
convenuto che il pagamento debba avvenire “a prima richiesta”, l’eventuale rinvio pattizio alla previsione della clausola di decadenza di cui all’art. 1957, comma 1, c.c., deve intendersi riferito – giusta l’applicazione del criterio ermeneutico previsto dall’art. 1363 c.c. – esclusivamente al termine semestrale indicato dalla predetta disposizione; pertanto, deve ritenersi sufficiente ad evitare la decadenza la semplice proposizione di una richiesta stragiudiziale di pagamento, non essendo necessario che il termine sia osservato mediante la proposizione di una domanda giudiziale, secondo la tradizionale esegesi della norma, atteso che, diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare “a prima richiesta” l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azione in giudizio. Nello stesso senso, Cass., 5 aprile 2012, n. 5526.
Ne consegue, secondo la pronuncia qui annotata, che il precetto dell’art. 1957
c.c. va applicato anche alle fideiussioni omnibus a prima richiesta e, in difetto di una richiesta – seppur stragiudiziale – verso il debitore principale, il creditore decade dalla garanzia.
A soluzione analoga a quella del Tribunale di Treviso giunge anche l’altro Tribunale veneto. Dalle pieghe del provvedimento si ricava, infatti, che l’eccezione di nullità della garanzia per violazione della disciplina antitrust fosse ammissibile in quanto la limitazione ad opporre eccezioni fondate sul rapporto garantito non preclude di sollevarne in relazione alla «fattispecie costitutiva della garanzia»: vi era quindi una deroga all’art. 1945 c.c., ritenuta tuttavia inidonea – per la probabile presenza del meccanismo del solve et repete – a qualificare come autonoma la garanzia. Con la conseguenza che, poiché «qualsiasi garanzia» è «migliore della mancanza di garanzia», e quindi la banca l’avrebbe contrattata, la nullità della fideiussione omnibus deve ritenersi parziale.
5. L’esposizione dei casi e delle soluzioni convergenti nella finalità, ma nient’affatto nei mezzi di tutela, consente e, in certo senso, impone una riflessione ulteriore, sotto due distinti ma connessi versanti. Da una parte, occorre riflettere sul rimedio giudiziale che deve essere apprestato al cospetto di fideiussioni omnibus che presentano in modo standardizzato clausole sì attuative di un’intesa vietata, ma la cui presenza nel contratto non può dirsi essenziale per la relativa conclusione. Dall’altra parte, occorre anche riflettere sul rimedio più appropriato allo squilibrio di posizione nella formazione del contratto, dato non solo dalla qualità di consumatore del garante o del debitore garantito, ma anche dalla obiettiva debolezza negoziale di un garante sì imprenditore o professionista, ma non per questo “professionista di garanzie”.
5.1. È evidente – dato il proliferare di pronunce di merito contrastanti – il rischio che la portata della pronuncia della Cassazione del 2017 sugli effetti a valle di un’intesa vietata venga fraintesa. Questa pronuncia, come già notato, non si addentra nella qualificazione delle fideiussioni omnibus bancarie come contratti autonomi di garanzia. Dalla stessa non appare, dunque, né necessitato, né corretto trarre un giudizio di integrale nullità delle garanzie prestate su modello conforme alle condizioni generali ABI, come prospettato – seppure in un provvedimento sommario e perciò privo di motivazione adeguata – dal Tribunale di Roma.
Sul punto, al contrario, gli argomenti svolti dal Tribunale di Treviso per negare la natura autonoma della garanzia bancaria omnibus appaiono corretti e convincenti; e convincente è pure la icastica conclusione del Tribunale di Rovigo. In primo luogo, è giusto il rilievo che non può parlarsi di garanzia autonoma fintanto che il garante possa far valere, seppure a seguito del pagamento, le eccezioni che
sono proprie del rapporto garantito (18): non vi è dubbio che le garanzie conformi al modello ABI, pur se a prima richiesta, non impediscano di sollevare le eccezioni proprie del rapporto garantito, ma – come efficacemente detto – «si limitino ad ampliare il novero soggettivo dei debitori e delle correlative garanzie patrimoniali per i medesimi obblighi restitutori di natura pecuniaria contratti dal debitore principale».
Ne consegue altresì che non può affermarsi la natura autonoma del contratto solo per la previsione di una garanzia anche per l’ipotesi in cui l’obbligazione principale, per effetto dell’invalidità del rapporto garantito, trovi titolo nella restituzione dell’indebito (c.d. clausola di reviviscenza). Ed infatti, se al garante non è impedito di opporre le eccezioni che può sollevare il debitore garantito – il che connota la garanzia come accessoria - allo stesso dovrà anche essere consentito, sebbene con il meccanismo del solve et repete, di invocare l’invalidità dell’obbligazione garantita e, quindi, l’insussistenza di una garanzia che è qualificata come accessoria (19). In altri termini, la clausola di reviviscenza non può valere, di per sé, a ridefinire la natura del contratto di garanzia, da accessoria ad autonoma, ma si presenta con lo stesso incompatibile (20). Tale clausola, perciò, non solo riproduce una di quelle del modello ABI reputate contrastanti con il divieto di intese (nullità che dovrà affermarsi anche in relazione ad un contratto autonomo di garanzia attuativo di un’intesa vietata), ma – pretendendo di rendere variabile la fonte del debito
(18) Non a caso già Cass., 31 luglio 2015, n. 16213, in Contratti, 2016, 135, con nota di RENNA, Gli indici denotativi della garanzia autonoma nella recente giurisprudenza di legittimità, aveva sostenuto che «il carattere distintivo del contratto autonomo di garanzia è costituito dall'assenza dell'elemento dell'accessorietà della garanzia, derivante dall'esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga alla regola essenziale posta per la fideiussione dall'art. 1945 c.c., e dalla conseguente preclusione della legittimazione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché della proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento da quest'ultimo effettuato».
(19) E x. Xxxx., 0 marzo 2009, n. 5044, in questa Rivista, 2011, II, 287, con nota di XXXXXXXXXX, Clausola di
pagamento «a prima richiesta» (e «senza eccezioni») e qualificazione della garanzia personale, secondo cui nel contratto autonomo di garanzia, il garante, improntandosi il rapporto tra lo stesso ed il creditore beneficiario a piena autonomia, non può opporre al creditore la nullità di un patto relativo al rapporto fondamentale, salvo che dipenda da contrarietà a norme imperative o dall'illiceità della causa e che, attraverso il medesimo contratto autonomo, si intenda assicurare il risultato vietato dall'ordinamento: al riguardo, si deve escludere che la nullità della pattuizione di interessi ultralegali si comunichi sempre al contratto autonomo di garanzia, atteso che detta pattuizione - eccezion fatta per la previsione di interessi usurari - non è contraria all'ordinamento, non vietando quest'ultimo in modo assoluto finanche l'anatocismo, così come si ricava dagli art. 1283 c.c. e 120 d.leg. n. 385 del 1993.
(20) È acquisito alla dottrina civilistica che la riconduzione del contratto al tipo è operazione da compiersi sulla
base del complesso delle disposizioni contrattuali (basti il rinvio a BIANCA, Diritto civile, 3, Il contratto2, Milano, 2000, 473 ss., spec. 476 s.; adde, in ogni caso, DE NOVA, Il tipo contrattuale, Milano, 1974, 62 ss., nonché 123 s. per la distinzione tra sussunzione nel concetto e riconduzione al tipo). Perciò, una volta che dal complesso delle previsioni contrattuali sia possibile affermare la natura accessoria della garanzia – principalmente in ragione del regime delle eccezioni opponibili – la stessa conclusione non può porsi in discussione per la presenza di altra clausola, inidonea, da sola, a consentire la riconduzione al tipo. Ne consegue che la clausola di reviviscenza potrà essere ben valida in un contratto autonomo di garanzia, pur risultando invalida in un contratto accessorio di garanzia, e cioè in una fideiussione (e v. la giurisprudenza citata alla successiva nt. 21).
accessoriamente garantito, ora il contratto, ora la legge – finisce per contrastare con la disciplina inderogabile del tipo (art. 1945 c.c.) (21).
Come correttamente notato dal Tribunale di Rovigo, peraltro, la nullità della clausola di reviviscenza non è tale da determinare l’invalidità dell’intero contratto, perché non può ritenersi che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte che è colpita da nullità. Anche alla luce dei principi dell’interpretazione conservatrice del contratto (art. 1367 c.c.), deve quindi ritenersi che si tratti di nullità parziale (art. 1419, comma 1°, c.c.).
5.2. Altro profilo meritevole di ulteriore riflessione è quello della protezione da offrirsi al fideiussore-consumatore, o meglio – come si vedrà – al fideiussore-non professionista.
Nel caso sottoposto alla sua attenzione, il Tribunale di Treviso ha ritenuto indubitabilmente applicabile la tutela consumeristica, in quanto la fideiussione prestata era quella di un padre a beneficio della concessione di un mutuo fondiario alla figlia. Fin troppo ovvio che, in un caso del genere, la garanzia è rilasciata al di fuori dell’attività imprenditoriale o professionale sia del fideiussore sia del debitore principale, e va quindi accordata la protezione consumeristica. Ciononostante, al cospetto dell’orientamento ancora dominante nella giurisprudenza di legittimità – che considera la clausola di deroga all’art. 1957 c.c. non vessatoria, e perciò non bisognosa della specifica approvazione ex art. 1341 c.c. – il giudice veneto ha dovuto prendere una posizione decisa per affermarne la nullità o inefficacia: ed infatti, ha dapprima dovuto sostenere che la deroga all’art. 1957 c.c. integra i presupposti per essere considerata clausola vessatoria (tanto alla luce della disciplina consumeristica, quanto alla luce della disciplina comune) e, quindi, ha potuto concludere che la stessa può considerarsi valida o efficace solo nel caso in cui sia oggetto di una trattativa individuale (o, mutatis mutandis, sia oggetto di una specifica approvazione scritta), nella specie mancata.
Alla qualità di consumatore del fideiussore hanno dedicato attenzione l’ABI, la Banca d’Italia, l’ABF, nonché – nella giurisprudenza delle giurisdizioni superiori – la Corte di Cassazione e la Corte di giustizia dell’Unione europea: le riflessioni di queste autorità non sono tuttavia sempre convergenti. Secondo l’ABI, la clausola “a prima richiesta” e quella di sopravvivenza della fideiussione non possono applicarsi qualora sia il fideiussore, sia il debitore principale rivestano la qualità di
21 Per l’inderogabilità della regola di cui all’art. 1945 c.c. nella fideiussione, x. Xxxx., 00 luglio 2015, n. 16213 (nt. 18); Cass., 17 giugno 2013, n. 15108; Cass., 9 novembre 0000, x. 00000, in Contratti, 2007, 635, con nota di MASTRANDREA, Fideiussione e contratto autonomo di garanzia: criteri distintivi. Viceversa, nelle garanzie autonome, in cui è irrilevante quale sia la fonte del debito garantito – il contratto, l’illecito o la legge – l’art. 1945 c.c. non ha ragione di applicarsi.
consumatore (22). Secondo la Banca d’Italia, la disciplina consumeristica va applicata quando la fideiussione acceda ad un rapporto bancario contrattato da un consumatore, a nulla rilevando la qualità del fideiussore. Similmente, anche la giurisprudenza interna di legittimità ritiene che la qualità di consumatore divenga rilevante e vada quindi accertata non nel fideiussore, bensì nel debitore garantito (23). Al contrario, la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha affermato che la qualità del garante, con garanzia autonoma o accessoria, va accertata in capo a lui stesso, a nulla rilevando quella del garantito: in particolare, resta qualificabile come consumatore la persona fisica che garantisca le obbligazioni che una società commerciale ha contratto nei confronti di una banca, qualora tale persona fisica abbia agito per scopi che esulano dalla sua attività professionale ovvero da collegamenti funzionali che la legano alla società, quali l’amministrazione di quest’ultima o una partecipazione rilevante al capitale (24). Neppure l’ABF ha condiviso l’impostazione della giurisprudenza interna di legittimità e ha, anzi, criticato la soluzione di estendere in via automatica al garante la qualificazione soggettiva del debitore principale. Ed infatti – come è stato efficacemente scritto – tale soluzione potrebbe condurre all’esito paradossale di far ritenere applicabile la tutela consumeristica all’intermediario finanziario che abbia prestato garanzia in favore del debitore consumatore; o, si deve aggiungere, anche il contrario. Secondo l’ABF, perciò, la questione deve essere risolta mediante una valutazione complessiva del ruolo concretamente assunto dal garante nell’operazione compiuta dal debitore principale al fine di comprendere se in capo al fideiussore possano o meno riconoscersi quei requisiti di professionalità e competenza idonei ad escludere la tutela consumeristica (25).
Né la posizione dell’ABI, né quelle della Banca d’Italia e della Cassazione appaiono convincenti; quella della Corte di giustizia dell’Unione europea e, soprattutto, dell’ABF meritano invece condivisione ed ulteriore rafforzamento. Come la giurisprudenza annotata dimostra, appare infatti necessario assicurare una adeguata tutela del fideiussore in tutte quelle situazioni di oggettivo squilibrio
(22) Si precisa che «la tutela accordata ai consumatori dall’art. 13 opera soltanto nei casi in cui entrambi i soggetti coinvolti nel rapporto con la banca (fideiussore e debitore principale) rivestano la qualità di consumatori; per l’applicabilità della normativa a tutela dei consumatori prevista dagli artt. 1469-bis e segg. cod. civ., invece, è sufficiente che il rapporto contrattuale intercorra tra un “professionista” (persona fisica o giuridica che stipula il contratto nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale) e un “consumatore” (persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta)» Così, il Provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005, § 25.
(23) Xxxxxxx Xxxx., 5 dicembre 2016, n. 24846, in questa Rivista, 2017, II, 270, con nota di M.C. DOLMETTA, Sul
fideiussore consumatore: linee dell'evoluzione giurisprudenziale, in presenza di un contratto autonomo di garanzia, è all'obbligazione garantita che deve riferirsi il requisito soggettivo della qualità di consumatore, ai fini dell'applicabilità della specifica normativa in materia di tutela del consumatore anche in punto di competenza, in quanto, pure in tale evenienza, come nel contratto di fideiussione, 1'obbligazione del garante è funzionale rispetto a quella garantita.
(24) CGUE, 17 settembre 2016, causa C-534/2015 e CGUE, 19 novembre 2015, causa C-74/2015, entrambe in
questa Rivista, 2017, II, 270, con nota di M.C. DOLMETTA (nt. 23).
(25) ABF, Coll. Coord., 8 giugno 2016, n. 5368, Pres. Massera, Rel. Campobasso, in questa Rivista, 2017, II, 270, con nota di M.C. DOLMETTA (nt. 23). Condivide la posizione dell’ABF anche PAGLIANTINI, Consumerizzazione dei rapporti bancari: un sintagma polisemico nel ciclo di ‘vedute della Cattedrale’, in La trasparenza bancaria venticinque anni dopo, a cura di X. Xxxxxxxx, Napoli, 2018, 113, ivi a 143.
contrattuale rispetto alla banca, in cui emerge l’incapacità del garante – consumatore o non consumatore – di negoziare le condizioni di contratti caratterizzati da elevato tecnicismo, come le garanzie bancarie (26).
Pur nei limiti di queste note di commento, non può omettersi di considerare come la disciplina settoriale bancaria abbia da tempo elaborato tutele contrattuali che prescindono dalla – o comunque non enfatizzano la – qualità di consumatore della clientela. Esemplare è la disciplina – di applicazione generale – delle clausole di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse (art. 117, comma 6°, t.u.b.) e quella della remunerazione degli affidamenti o degli sconfinamenti, ove significativamente si prevede la nullità, necessariamente parziale, delle clausole difformi dalla disciplina di legge (art. 117-bis, comma 3°, t.u.b.). Ancora significativo è che la disciplina delle modifiche unilaterali al contratto sia applichi in modo differenziato non solo ai consumatori, ma anche alle micro-imprese (art. 18, comma 2°-bis, t.u.f.) e che, in ogni caso, le variazioni contrattuali non espressamente e specificamente autorizzate risultano inefficaci anche verso la clientela professionale, se per essa sfavorevoli. In questo contesto di disciplina, la nozione di consumatore come persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, resta confinata ai più limitati fini della disciplina del credito al consumo (artt. 121 ss. t.u.b.).
Ancora più decisamente orientata a favore del cliente, anche se non consumatore in senso tecnico, è la disciplina dei contratti finanziari (art. 23 t.u.f.), applicabile anche alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziari emessi da banche e imprese di assicurazione (ex art. 25-bis t.u.f.). In questo settore, a seguito del recepimento della Direttiva MiFID (Direttiva 2004/39/CE del 21 aprile 2004) e della Direttiva XxXXX XX (Direttiva 2014/65/UE del 15 maggio 2014), si distinguono i clienti professionali da quelli al dettaglio. Sono clienti o investitori professionali (c.d. di diritto): a) i soggetti che sono tenuti ad essere autorizzati o regolamentati per operare nei mercati finanziari sia essi italiani sia esteri (quali le banche, le imprese di investimento, le imprese di assicurazione, gli organismi di investimento collettivo del risparmio e le società di gestione di tali organismi); b) le imprese di grandi dimensioni (27); c) gli investitori istituzionali la cui attività principale è investire in strumenti finanziari, compresi gli enti dediti alla cartolarizzazione di attivi o altre transizioni finanziarie (28). Sono clienti al dettaglio tutti gli altri. Ove in concreto reputino inadeguate le proprie conoscenze sugli investimenti da effettuarsi, anche i
(26) E v. al proposito le pagine di A.A. DOLMETTA, Trasparenza dei prodotti bancari. Regole, Bologna, 2013, 60.
(27) Purché rispondano, a livello di singola società, ad almeno due dei seguenti requisiti dimensionali: 1) totale di
bilancio pari o superiore a 20 milioni di euro; 2) fatturato netto pari o superiore a 40 milioni di euro; 3) fondi propri pari o superiori a 2 milioni di euro. E v. sul punto le disposizioni di dettaglio dell’Allegato 3 al Reg. Intermediari (Reg. n. 17130, del 12 gennaio 2010, attualmente nella versione aggiornata con Delibera n. 20307 del 15 febbraio 2018).
(28) Similmente sono da considerare clienti professionali di diritto i governi nazionali, gli enti pubblici incaricati
della gestione del debito pubblico, le banche centrali, le istituzioni internazionali e sopranazionali, quali la Banca Mondiale, il fondo monetario internazionale, la Banca Centrale Europea.
clienti professionali di diritto hanno la facoltà di convenire con l’intermediario che saranno trattati come clienti al dettaglio. Viceversa, gli investitori al dettaglio possono essere qualificati come clienti professionali su richiesta per la partecipazione ad alcune operazioni finanziarie riservate, come nel caso della sottoscrizione di fondi comuni di investimento alternativi e riservati ai soli investitori professionali (c.d. FIA riservati). In questi casi, tuttavia, non basta certo l’approvazione specifica di un modulo, occorrendo lo svolgimento di una trattativa individuale regolamentata a valle di una specifica istruttoria (29).
Xxxxxx, non occorre andare oltre su tale linea di ragionamento per avvedersi che la legislazione bancaria e, soprattutto, quella finanziaria siano andate ben al di là della nozione di consumatore elaborata per rapporti che non sono dotati della complessità e del tecnicismo dei contratti bancari e finanziari. In un settore fondamentalmente attiguo, come quello delle garanzie bancarie, non può pertanto non giudicarsi obsoleta ed inadeguata la distinzione tra consumatori e professionisti propria della disciplina generale del consumo, e non può accettarsi l’idea che la protezione del fideiussore come consumatore debba dipendere solo dalle caratteristiche del debitore garantito. Sotto questo profilo, è dunque sicuramente doveroso attuare i principi già indicati chiaramente dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea, secondo la perspicua chiave di lettura offerta dall’ABF.
Sebbene un livello di protezione tanto ampio quanto quello dei contratti finanziari debba discendere da una conforme scelta legislativa, non pare tuttavia che l’intervento del legislatore sia necessario per assicurare quel livello minimo di tutela che eviti i più penetranti interventi correttivi – quale la nullità generalizzata delle garanzie bancarie conformi agli schemi ABI – che parte della giurisprudenza di merito dimostra di essere pronta ad assumere, come si ricava dai provvedimenti annotati, sebbene con diversi approcci e sensibilità. In questo senso, non sembra eccessivo affermare che, in materia di garanzie bancarie, la protezione tipica della disciplina consumeristica – idonea ad espungere, con la tecnica della nullità parziale di protezione, singole clausole che determinano un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto – debba essere accordata a tutti i soggetti, persone fisiche o giuridiche in qualunque forma costituite, che non prestando professionalmente garanzie non possono essere in grado di valutare l’onerosità di alcune clausole, come quelle censurate dalla Banca d’Italia, salvo che nel corso di una specifica negoziazione non siano posti in condizione di comprenderne appieno la portata.
Per giungere a tale risultato interpretativo non si può certo praticare violenza alla lettera della legge, che riserva la tutela dell’art. 33 cod. consumo ai soli consumatori, e cioè alle persone fisiche. Xxxxxxxx tuttavia superata – e sarebbe
(29)E v. sul punto X. XXXXXXXXXX, Classificazione dell’investitore come « cliente professionale » e imputazione di conoscenza, in questa Rivista, 2012, II, 819, a 830 ove si osserva che il prestatore di servizi dovrebbe riconoscere ad una società la qualifica di cliente professionale “a tempo indeterminato” solo qualora l’ente svolga in maniera consistente e continuativa attività di investimento finanziario. In caso contrario, l’intermediario dovrebbe effettuare valutazioni periodiche per accertare se l’organizzazione sia in grado di esprimere la necessaria professionalità.
risultato non da poco – la tesi che rende per definizione tale tutela inapplicabile ai consumatori che prestano garanzia ad imprenditori od a professionisti: va accolto in tal senso il suggerimento dell’ABF di condurre un’analisi casistica per verificare se il garante sia dotato di competenze atte a fargli comprendere la portata delle clausole contrattuali che la banca gli ha proposto e, in mancanza, se la trattativa individuale si sia svolta in modo tale da compensare l’asimmetria informativa. Prospetticamente, si dovrebbe peraltro cominciare a ragionare sul superamento della tesi secondo cui la compartecipazione del socio o dell’amministratore all’attività di impresa per la quale si accede al finanziamento bancario sarebbe di per sé indice di una competenza in materia di garanzie tale da non richiedere una protezione giuridica: tale assunto non può essere infatti condiviso quantomeno in relazione a quelle società commerciali che si qualificano come micro-imprese, o come piccole o medie imprese in forma societaria che accedono al credito solo con le garanzie personali delle persone fisiche a cui l’iniziativa imprenditoriale è riferibile e che, verosimilmente, non hanno alcuna specifica capacità di comprendere i termini dei contratti di garanzia se non all’esito di una trattativa individuale regolamentata, analoga a quella che si prevede per la qualificazione degli investitori come professionali da parte delle Direttive relative ai mercati ed ai servizi di investimento.
Quanto alle garanzie prestate da persone giuridiche, va certamente escluso che meritino speciale protezione i garanti professionali quali le banche, i confidi di cui all’art. 112, comma 1°, t.u.b., le assicurazioni, nonché le società la cui attività è diretta, in via principale o accessoria, alla concessione di garanzie, quali sono soprattutto le capogruppo che esercitano l’attività di direzione e coordinamento. Per le altre persone giuridiche che si rendono occasionalmente garanti di altri soggetti non potrà escludersi a priori la necessità di una tutela e, non potendosi attingere al codice del consumo, all’eventuale squilibrio contrattuale dovrà porsi rimedio con strumenti ermeneutici tratti dal diritto comune. È evidentemente fuori dalla portata di queste note esaminare questo complesso problema, che tuttavia sembra verosimile doversi affrontare con gli strumenti di perequazione cui la più recente giurisprudenza di legittimità – espressasi anche a Sezioni Unite – fa ricorso: in tal senso, pare preferibile l’approccio diretto alla verifica della sussistenza della causa in concreto del contratto, rispetto al più pericoloso criterio della valutazione della clausola atipica per immeritevolezza (30).
(30) Esemplare in questo senso la vicenda delle clausole claims made, oggi ricondotte al tipo del contratto di assicurazione contro i danni dalla più recente pronuncia delle Sezioni Unite (Cass., sez. un., 24 settembre 2018,
n. 22437, in Foro it., 2018, I, 3015, con nota di DE XXXX, Xxxxxxxx claims made: sono tipiche e lecite, ma di tutto si può abusare; nonché di prossima pubblicazione in questa Rivista, con nota di X. XXXXXXXXXX) che, ripudiando il criterio della valutazione di meritevolezza della singola clausola adottato dalle precedenti pronunce sul tema (x. Xxxx., sez. un., 6 maggio 2016, n. 9140 e Cass., sez. un., 2 dicembre 2016, n. 24645, in Assicurazioni, 2016, p. 477, con nota di G.M. X’XXXXXX, Il controllo di meritevolezza delle clausole claims made nell'assicurazione della responsabilità civile; nonché la prima delle due in questa Rivista, 2016, 643, con nota di X. XXXXXXX, La clausola claims made al vaglio delle sezioni unite: un’analisi a tutto campo), preferisce il ricorso ad una valutazione di coerenza tra il testo del contratto e gli obiettivi che le parti in buona fede hanno espresso per addivenire alla sua formulazione: in caso di incongruenza propone per quanto possibile il rimedio della nullità parziale e della sostituzione automatica di clausola ove possibile sulla base degli interessi negoziali espressi dalle parti prima della conclusione del contratto. Ciononostante, si riscontra ancora un frequente ricorso
In ogni caso, ai fini di tale valutazione, con specifico riguardo al settore delle garanzie bancarie, appare fondamentale quanto ha chiarito la Banca d’Italia nel 2005 e cioè che, mentre non è ingiustificato l’onere per il fideiussore di assumere una garanzia a prima richiesta, «viceversa, per la clausola relativa alla rinuncia del fideiussore ai termini di cui all’art. 1957 cod. civ. e per le c.d. clausole di “sopravvivenza” della fideiussione non sono emersi elementi che dimostrino l’esistenza di un legame di funzionalità altrettanto stretto. Tali clausole, infatti, hanno lo scopo precipuo di addossare al fideiussore le conseguenze negative derivanti dall’inosservanza degli obblighi di diligenza della banca ovvero dall’invalidità o dall’inefficacia dell’obbligazione principale e degli atti estintivi della stessa». Ne consegue che difficilmente l’inserimento di queste clausole potrà essere giustificato in concreto come rispondente ad un interesse negoziale delle parti del contratto, e le stesse saranno verosimilmente destinate a non potere essere applicate per difetto di causa, pur non risultando di tale rilevanza da determinare nullità dell’intero rapporto di garanzia.
XXXXX XXXXXXXXXXXXXX
Dottore in giurisprudenza della Xxxxx Xxxxx Xxxxx
al giudizio di meritevolezza dei contratti atipici e, alle volte, delle clausole atipiche: così in materia di contratto preliminare del preliminare (Cass., sez. un., 6 marzo 2015, n. 4628, in Riv. not., 2015, 608; nonché la successiva Cass., 21 maggio 2018, n. 12527, che valorizza la sussistenza di un interesse delle parti meritevole di tutela alla
«negoziazione consapevole e informata»), di contratti swap (Cass., 31 luglio 2017, n. 19013, in questa Rivista, 2018, II, 9), di contratti tipo “My Way” o “For You” (Cass., 10 novembre 2015, n. 22950 e Cass., 15 febbraio 2016, n. 2900, in Società, 2016, 725, con nota di COSTANZA, For you for nothing o immeritevolezza, (secondo la prima) da reputarsi immeritevoli in quanto «la struttura negoziale pone l'alea della operazione in capo al solo risparmiatore, il quale, a fronte dell'obbligo di restituire le somme mutuate ad un saggio d’interesse non tenue, non ha una certa prospettiva di lucro, laddove invece la banca consegue vantaggi certi e garantiti»), di clausole di russian roulette (Trib. Roma, 19 ottobre 2017, in Società, 2018, 434, con nota di DIVIZIA, Patto parasociale di russian roulette; in Xxxxxxxxxxxx.xx, 2017, con nota di ROSAPEPE, La clausola cd. russian roulette al vaglio della giurisprudenza, secondo cui tale clausola è un negozio legislativamente atipico, ma di cui si può affermare la rispondenza ad interessi meritevoli di tutela per l’ordinamento), e così via.