Contract
IL CONTRATTO PRELIMINARE DI COMPRAVENDITA: COMPLETEZZA DEL REGOLAMENTO CONTRATTUALE IN FUNZIONE DELLA
INDIVIDUAZIONE SUCCESSIVA DELL’EFFETTIVO ACQUIRENTE*
di Xxxxxxxxxx Xxxxxxx
*Relazione svolta all’incontro di studio organizzato dal Consiglio Notarile dei Distretti Riuniti di Forlì e Rimini il 5 giugno 2009 sul tema La circolazione del contratto preliminare: aspetti civilistici e fiscali.
Sommario: I. La composizione degli interessi delle parti e la tutela dell’acquirente. – 1. Premessa. - 2. La composizione degli interessi delle parti. – 2.1. Le spese condominiali – 2.2 La garanzia di conformità degli impianti. – 2.3. Immobili di provenienza donativa. – 3. Il contratto preliminare con effetti anticipati. 3.1. Natura giuridica. 3.2. Divieti di alienazione e contratto preliminare. 3.3. La tutela del promissario acquirente per limitazioni al godimento del bene o per vizi occulti. 4. L’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre. 4.1. Eccezioni all’esecuzione in forma specifica: l’esclusione nel titolo. – 4.2. (Segue) L’incommerciabilità del fabbricato abusivo. 4.3. (Segue) L’impossibilità giuridica per mancata legittimazione a disporre della parte promittente alienante. – 4.4. (Segue) Preliminare di vendita della nuda proprietà con riserva di usufrutto e morte dell’usufruttuario nelle more della stipula del contratto definitivo. – 4.5. (Segue) L’impossibilità giuridica per l’esistenza di diritti incompatibili. – 5. La trascrizione del contratto preliminare. – 5.1. La durata dell’effetto prenotativo. – 5.2. Corrispondenza tra preliminare e definitivo. – 5.2.1. Variazioni oggettive. – 5.2.2. Variazioni soggettive. – 5.3. Eccezione all’efficacia prenotativa del preliminare. 6. La dichiarazione di fallimento del promittente venditore. – II. La circolazione del contratto preliminare. – 1. Premessa. – 2. Il contratto per sé o per persona da nominare. – 2.1. La cessione del contratto. – 2.3. Il contratto a favore di terzo. – 3. Casistica. – 3.1. Stipulante che persegua un intento speculativo. – 3.2. Donazione indiretta ad un congiunto tramite contratto a favore di terzo. – 3.3. Permuta di terreno edificabile con appartamento a favore di un congiunto – 3.4. Contratto preliminare a favore di società non ancora esistente. – 4. La circolazione del preliminare avente ad oggetto un immobile da costruire. – 5. Indicazione in atto delle modalità di pagamento.
I. La composizione degli interessi delle parti e la tutela dell’acquirente.
1. Premessa.
Il contratto preliminare si inquadra tra gli atti preparatori eventuali che si inseriscono nel procedimento diretto alla conclusione del contratto. Con il contratto preliminare le parti si obbligano a concludere, in futuro, un ulteriore contratto delineato nei suoi elementi essenziali. Esso può essere unilaterale o bilaterale a seconda che l’obbligo di stipulare il contratto definitivo sia assunto da entrambi i contraenti o da uno soltanto.
L’utilità pratica del contratto preliminare è, principalmente, quella di fissare in maniera vincolante l’accordo delle parti finalizzato alla conclusione del contratto definitivo di compravendita, in un momento anteriore a quello in cui le parti hanno interesse alla stipula del contratto definitivo. In tal modo, le parti possono fare affidamento su un impegno vincolante in attesa che “maturi” il tempo opportuno per conclusione del contratto definitivo.
La disciplina normativa del contratto preliminare è oltremodo scarna, essendo lo stesso contemplato da quattro norme del codice civile: l’art. 1350 che disciplina la forma del contratto, l’art. 2932 che prevede la possibilità di ottenere una sentenza di esecuzione specifica dell’obbligo di contrarre, l’art. 2645-bis che disciplina la trascrizione del contratto preliminare, l’art. 2775-bis che riconosce un privilegio speciale sopra l’immobile ai crediti del promissario acquirente nel caso di
mancata esecuzione del contratto preliminare. Il decreto legislativo 10 giugno 2005, n. 122, nell’ambito di una specifica disciplina di tutela dell’acquirente di immobile da costruire, dedica una norma apposita al contenuto del contratto preliminare con la chiara finalità di fornire al promissario acquirente tutta una serie di informazioni sull’operazione che si accinge a concludere e che dovrebbero ridurre le asimmetrie informative tipiche del rapporto produttore-consumatore.
L’ottica con cui si esaminerà nel prosieguo del presente lavoro la disciplina del contratto preliminare è quella di evidenziare i molteplici rischi giuridici in cui può imbattersi il promissario acquirente e le diverse forme di tutela, spesso, inutilizzate, a disposizione dell’acquirente, ancora più necessarie nell’ottica di una sostituzione del promissario acquirente con un soggetto che non ha partecipato alle trattative e si trova a subentrare in un regolamento contrattuale già predisposto da altri.
2. La composizione degli interessi delle parti.
Il primo rischio in cui può incorrere il promissario acquirente è la scoperta, successivamente alla sottoscrizione del contratto preliminare, e quindi dopo la chiusura ufficiale della fase delle trattative, di questioni che non sono state definite nel contratto preliminare e che necessitano di una “riapertura della trattativa”.
2.1. Le spese condominiali.
Le spese condominiali sono considerate una tipica obbligazione propter rem: il soggetto obbligato è individuato sulla base del suo rapporto con la res; il condomino, in quanto proprietario della singola unità immobiliare, è obbligato, in proporzione al valore della sua unità immobiliare, al pagamento delle spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza (art. 1123, comma 1 c.c.). La disciplina accennata è espressione del noto brocardo latino cuius commoda eius et incommoda esse debent per cui «chi gode di determinati vantaggi non può non subire gli eventuali riflessi negativi di tale godimento»1.
Il tema delle spese condominiali va affrontato con attenzione nel contratto preliminare in quanto può essere fonte di notevole contenzioso.
In primo luogo, va considerata la responsabilità in solido dell’acquirente di un’unità immobiliare in condominio. Dispone l’art. 63, comma 2, disp. att., c.c. che «chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato, solidalmente con questo, al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente». La responsabilità solidale dell’acquirente ha la funzione di garantire il condominio in ordine al pagamento dei contributi già deliberati per la cui riscossione si potrebbe trovare in difficoltà, ove dovesse agire solo nei confronti del precedente proprietario che non risultasse possedere beni aggredibili diversi da quello alienato2. È pertanto, necessario, informare l’acquirente che è suo preciso onere, prima di chiudere la trattativa, di verificare la situazione debitoria dell’alienante presso l’amministratore di condominio, onde evitare di essere chiamato a rispondere in solido di una spesa condominiale che non aveva minimamente considerato. Inoltre, si consideri che «in caso di mora nel pagamento dei contributi, che si sia protratta per un semestre, l’amministratore, se il regolamento di condominio ne contiene l’autorizzazione, può sospendere al condomino moroso l’utilizzazione dei servizi comuni che sono suscettibili di godimento separato» (art. 63, comma 3, disp. att., c.c.).
La questione che, potenzialmente, può essere fonte di maggiore contenzioso riguarda le spese condominali per manutenzione straordinaria o per innovazioni deliberate dall’assemblea dei
1 X. Xxxxxxxxx Xxxx, Xxxxx reali e obbligazioni propter rem, in Tratt. di dir. civ. e comm. diretto da Xxxx Xxxxxxxx, Milano, 1984, 23.
2 X. Xxxxxx, Manuale del condominio, Milano, 1995, 458; nello stesso senso, X. Xxxxx, Le case in condominio,
Milano, 1976, 713.
condomini nelle more tra la conclusione del contratto preliminare e la stipula del contratto definitivo di compravendita.
La questione può essere così riassunta:
- Xxxxx promette di vendere a Xxxx l’appartamento in condominio senza alcuna pattuizione in merito alla ripartizione delle spese condominiali;
- successivamente l’assemblea dei condomini approva l’esecuzione di importanti lavori di manutenzione straordinaria o innovazione nelle parti comuni condominiali;
- quindi Xxxxx vende a Xxxx l’appartamento promesso in vendita, senza comunicare l’avvenuta adozione della delibera condominiale e, quindi, senza alcuna contrattazione al riguardo tra le parti;
- quando Xxxx è proprietario dell’appartamenti i lavori vengono eseguiti.
Si tratta di stabilire se la spesa condominiale, deliberata nelle more tra il preliminare ed il contratto definitivo di compravendita, debba gravare i) su Xxxxx, che era proprietario dell’appartamento al momento dell’adozione della delibera condominiale; ii) su Caio, che è proprietario dell’appartamento al momento dell’esecuzione dei lavori, iii) oppure se possa trarsi dalla disciplina del codice civile un altro criterio di ripartizione.
La prima tesi è stata sostenuta in dottrina3 ed è stata fatta propria da una meno recente sentenza della Cassazione4. Secondo questa impostazione, il vero obbligato al pagamento delle spese condominiali è il proprietario al momento in cui la spesa viene deliberata.
L’obbligazione dei condomini di contribuzione al pagamento delle spese condominiali sorgerebbe per effetto della delibera dell’assemblea che approva la spesa stessa e non a seguito della successiva delibera di ripartizione volta soltanto a rendere liquido un debito preesistente. Si ritiene che il rapporto con la res serva solamente ad individuare il soggetto obbligato, cioè colui che è proprietario al momento in cui l’obbligazione viene da esistenza, ma che, nel caso in cui il diritto al quale l’obbligazione propter rem è connessa venga trasferito a titolo particolare, successivamente al sorgere dell’obbligazione, l’acquirente non risponde del suo inadempimento5. Secondo la disciplina dell’art. 63, disp. att., c.c. l’acquirente si affianca all’alienante come debitore solidale; pertanto l’alienante era e resta il vero obbligato.
La giurisprudenza assolutamente prevalente della Cassazione sostiene la seconda tesi6. Secondo questa impostazione, l’obbligo dei condomini di pagare i contributi per le spese di manutenzione delle parti comuni dell’edificio deriva non dalla preventiva approvazione della spesa e dalla ripartizione della stessa, ma dalla concreta attuazione dell’attività di manutenzione e sorge quindi per effetto dell’attività gestionale concretamente compiuta e non per effetto dell’autorizzazione accordata all’amministratore per il compimento di una determinata attività di gestione.
Una dottrina che ha particolarmente approfondito lo studio delle obbligazioni proter rem7 ha proposto un’interpretazione diversa della fattispecie al vaglio, più coerente con la ricostruzione dogmatica e con la funzione delle obbligazioni propter rem e con stessa disciplina normativa, come si vedrà.
Questa dottrina ha criticato l’impostazione, sopra accennata, che ritiene esaurita l’ambulatorietà dell’obbligazione di pagamento delle spese condominiali una volta sorta l’obbligazione stessa. Si è precisato che non va confuso il momento nel quale il rapporto obbligatorio propter rem viene ad esistenza con quello in cui la prestazione diventa, se del caso,
3 X. Xxxxxx, op. cit., 456 ss.; X. Xxxxxxx, Il condominio, Milano, 1988, 392.
4 Cass., 26 ottobre 1996, n. 9366, in Vita not., 1966, 1311.
5 Cfr. Biondi, Le Servitù, in Tratt. di dir. civ. e comm. diretto da Xxxx Xxxxxxxx, Milano, 1967, 717; Comporti,
Diritti reali in genere, in Tratt. di dir, civ. e comm. diretto da Xxxx Xxxxxxxx, Milano, 1980, 230.
6 Cass., 17 maggio 1997, n. 4393, in Vita not., 1997, 1444; Cass., 7 luglio 1988, n. 4467, in Giust. civ. Mass.,
1988; Cass., 21 maggio 1964, n. 1251.
7 L. Xxxxxxxxx Xxxx, op. cit., 118 ss.
esigibile. Ai fini dell’individuazione del soggetto obbligato occorre fare riferimento al momento in cui maturano le singole prestazioni.
Tornando all’esempio da cui si è partiti, il promittente venditore Xxxxx sarà responsabile dei contributi divenuti esigibili prima della vendita definitiva dell’appartamento, in quanto maturati quando Xxxxx era proprietario dell’immobile. Rispetto a questi contributi alla responsabilità principale ob rem di Xxxxx si affianca la responsabilità in solido di Caio, quale acquirente dell’immobile ex art. 63, disp. att. c.c.
Xxxx sarà responsabile in proprio ob rem dei contributi che, pur dipendenti dalla delibera adottata prima del suo acquisto, matureranno e diverranno esigibili quando Xxxx sarà proprietario dell’immobile.
La soluzione proposta trova una conferma letterale nella disciplina dell’art. 1104 c.c. – che è considerata in dottrina la norma generale in tema di rapporti tra cedente e cessionario, di cui l’art. 63, comma 2, disp. att., c.c. è una specificazione8 – a norma del quale “il cessionario del partecipante è tenuto in solido con il cedente a pagare i contributi da questo dovuti e non versati”. Dalla norma si desume che i contributi già divenuti esigibili sono un debito del cedente a cui si aggiunge la responsabilità in solido del cessionario. Per i contributi che matureranno successivamente alla cessione l’acquirente risponderà in proprio quale obbligato ob rem.
L’impostazione dottrinale appena illustrata, appare contemperare in maniera equilibrata gli opposti interessi di promittente alienante e promissario acquirente e, trasfusa in clausole contrattuali ad hoc, consente di predisporre un regolamento contrattuale xxxxxxxx che potrà contribuire ad evitare un contenzioso in una materia particolarmente a rischio.
2.2. La garanzia di conformità degli impianti.
Il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 22 gennaio 2008, n. 37, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 12 marzo 2008, in vigore dal 27 marzo 2008, emanato in attuazione della legge n. 248 del 2 dicembre 2005, contiene una disciplina di riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici.
Il decreto si applica agli impianti elettrici, radiotelevisivi, di riscaldamento, di climatizzazione ed affini, idrici e sanitari, per la distribuzione e l’utilizzazione di gas, di sollevamento persone e cose, di protezione antincendio posti al servizio degli edifici, indipendentemente dalla destinazione d’uso, collocati all’interno degli stessi o delle relative pertinenze (art. 1 del decreto). Se l’impianto è connesso a reti di distribuzione si applica a partire dal punto di consegna della fornitura.
Disponeva espressamente l’art. 13 del decreto, abrogato dall’art. 35, comma 2 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, con effetto dal 25 giugno 2008, che «l’atto di trasferimento riporta la garanzia del venditore in ordine alla conformità degli impianti alla vigente normativa in materia di sicurezza e contiene in allegato, salvo espressi patti contrari, la dichiarazione di conformità ovvero la dichiarazione di rispondenza di cui all’art. 7, comma 6».
Lo studio approvato dall’Ufficio Studi del Consiglio Nazionale del Notariato9, nell’imminenza dell’approvazione del decreto, ha fin da subito sgomberato il campo da qualsiasi dubbio di incommerciabilità dell’immobile privo della dichiarazione di conformità degli impianti. Si afferma chiaramente nello studio che «appare difficile ipotizzare una qualunque ipotesi di invalidità dell’atto (nullità virtuale) sulla base di una fonte normativa di tipo secondario, come un decreto ministeriale». Lo studio ha chiarito, inoltre, che la garanzia del venditore, essendo una
8 X. Xxxxxxxxx Xxxx, op. cit., 124; X. Xxxxxx, Comunione Condominio negli edifici, nel Commentario del cod. civ. a cura di Xxxxxxxx e Branca, libro terzo, della proprietà, sesta edizione, Bologna Roma 1982, 578; A e X. Xxxxxxxx, Il condominio negli edifici, Milano, 1978, 245; X. Xxxxx, Le case in condominio, Milano, 1976, 713.
9 Xxxxx Xxx, Xxxxxxxx Xxxxxxxx e Xxxxxx Xxxxxxx, Sicurezza degli impianti (D.M. n. 37/2008): nessun limite alla circolazione degli immobili, in CNN Notizie – Notiziario di informazione del Consiglio Nazionale del Notariato del 17 marzo 2008.
specificazione della garanzia per vizi disciplinata dall’art. 1490 c.c., è modificabile per espresso accordo tra le parti10.
Successivamente ha aderito a questa soluzione anche il Ministero dello Sviluppo Economico che ha precisato che «la clausola di garanzia del venditore è obbligatoria, ma i suoi contenuti sono disciplinati dal codice civile (norma di legge che prevale sul regolamento), che consente alle parti di pattuire espressamente la limitazione o l’esclusione della garanzia del venditore […].
Ne consegue che le parti possono limitare o escludere la responsabilità del venditore, ma non semplicemente omettendo la clausola in esame o utilizzando una clausola di stile.
Per derogare alla prevista responsabilità di chi vende, è necessario che, nella clausola di garanzia del venditore, le parti limitino o escludano tale garanzia, a seguito della dichiarazione del venditore, e della presa d’atto del compratore, circa la non conformità o la possibile non conformità di ciascun impianto alle norme di sicurezza ad esso applicabili.
Solo l’apposizione di una clausola di questo tipo potrà quindi superare la generale presunzione dell’ordinamento circa la garanzia del venditore. La norma raggiunge così la propria finalità di interesse pubblico, volta ad evitare che vi possano essere incertezze circa le responsabilità relative alla sicurezza degli impianti in caso di compravendita di immobili […].
La sicurezza dei predetti impianti deve peraltro essere valutata, secondo i criteri che regolano la successione delle norme nel tempo, in base alla loro conformità alle norme di sicurezza vigenti al momento della loro realizzazione e della loro modifica.
Infatti, né l’art. 13 né nessun’altra norma del regolamento, pongono un nuovo generale obbligo di procedere all’adeguamento degli impianti preesistenti conformi alle precedenti norme di sicurezza ad essi applicabili»11.
L’art. 35, comma 2 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 ha abrogato, con effetto dal 25 giugno 2008, il citato art. 13 del decreto ministeriale.
A mio parere, con l’espressa abrogazione dell’art. 13 del decreto ministeriale, è venuta meno la generale presunzione dell’ordinamento circa la garanzia del venditore di conformità degli impianti alla normativa in materia di sicurezza e la disciplina della garanzia è tutta e solo nelle norme degli articoli 1490 e ss. c.c.
Si tratta, quindi, di valutare, alla luce dell’espressa abrogazione della norma regolamentare, quale sia il contenuto della garanzia per vizi del venditore in relazione agli impianti tecnologici. In altri termini, va verificato se, in mancanza di una regolamentazione pattizia della predetta garanzia, sussista un dovere di garanzia del venditore circa la conformità degli impianti alla normativa vigente in materia di sicurezza oppure se la garanzia sia più limitata al semplice funzionamento degli impianti ad alla loro non pericolosità per l’acquirente.
Sembra evidente che, in presenza di impianti fuori uso, non allacciati alle reti di distribuzione o pericolosi per l’incolumità delle persone, esiste un inadempimento del venditore che può legittimare la richiesta dell’acquirente di risoluzione del contratto per inadempimento o di riduzione del prezzo.
Più dubbia è la portata della garanzia in presenza di impianti solamente difettosi.
Se si guarda al comune sentire, si può affermare che la presenza di eventuali difetti o anomalie degli impianti, nella maggior parte dei casi di acquisto di un fabbricato usato venduto da un privato, non incide in maniera determinante sul significato economico dell’operazione. Al riguardo, è stato affermato in dottrina che, in presenza di un immobile del tutto integro e conforme alle previsioni contrattuali, con alcuni difetti o anomalie solo negli impianti, sembra evidente che l’affare resti confermato nella sua connotazione essenziale e nella sua basilare portata: ciò, tenuto
10 La garanzia per vizi, a differenza di quella per evizione, può anche essere esclusa in modo totale. In questo caso la garanzia non sorge e al compratore è precluso qualsiasi rimedio. La differenza con la garanzia per evizione si spiega col fatto che nel caso dei vizi la cosa, sebbene difettosa, rimane al compratore (cfr. AA.VV., Codice della vendita, a cura di X. Xxxxxxxxx x X. Xxxxxxxx, 0000, 546).
11 Ministero dello sviluppo economico – Ufficio legislativo, Quesiti interpretativi concernenti l’art. 13 del Decreto Ministeriale 22 gennaio 2008 n. 37, in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx.xx.
conto che i difetti attengono ad elementi non strutturali dell’immobile, per lo meno se i costi necessari per porvi rimedio siano di importo marginale rispetto al prezzo pagato per l’acquisto, ovvero le anomalie siano solo parziali e riguardino alcuni e non tutti gli impianti in dotazione. Nella normalità dei casi si avrà un vizio del cespite solo se il bene risulti del tutto privo di impianti o questi si rivelino completamente fuori uso o pericolosi12.
Nell’ipotesi, frequente, in cui gli impianti siano perfettamente integri e funzionanti ma privi delle certificazioni di conformità, non dovrebbe aversi un vizio o una mancanza di qualità, in quanto gli impianti sono in grado di assolvere alla loro funzione13. Sul punto è stato chiaramente affermato che «proprio nessun vizio o difetto di qualità degno di nota è rinvenibile in un immobile i cui impianti, ben funzionanti, risultino realizzati a perfetta regola d’arte e soltanto siano carenti della documentazione amministrativa di corredo ovvero siano stati installati da imprese non abilitate e/o con il concorso di professionisti del pari sprovvisti di abilitazione.
Rispetto a tali eventualità, sembra che il venditore non sia tenuto per legge ad alcuna garanzia, nemmeno nei ristretti limiti sanciti dall’art. 1945 cod. civ.
Solo il contratto potrà addossargli una tale responsabilità supplementare, come potrà sottrarlo a quella, derivante invece dalla legge, che dipende dalla circostanza che gli impianti siano, quando non addirittura inesistenti, inservibili, o perché fuori uso o perché pericolosi»14.
Appariva assolutamente contraddittoria la conclusione del Ministero dello Sviluppo Economico sopra riportata, che, da una parte, riconosceva che non esiste alcun obbligo di adeguamento degli impianti alla normativa sopravvenuta, essendo la conformità regolata dalla legge esistente al momento della loro realizzazione o modifica, e, dall’altra, riteneva esistente una generica presunzione di conformità degli impianti al momento della vendita dell’immobile usato. Delle due l’una: o esiste un generale dovere di adeguamento degli impianti prima della vendita dell’immobile, il che è escluso dallo stesso Ministero, oppure la garanzia del venditore riguarda, più modestamente, la funzionalità e la non pericolosità degli impianti.
Abrogata la norma che prevedeva una generale garanzia di conformità degli impianti da parte del venditore, non può ritenersi più sussistente alcuna presunzione legale di conformità degli impianti alla normativa in materia di sicurezza e la garanzia del venditore dovrebbe riguardare, esclusivamente, la idoneità degli impianti ad assolvere alla funzione loro propria e la non pericolosità degli impianti, con la dimostrazione, ad esempio, che gli stessi sono stati oggetto dei controlli suggeriti dalla ordinaria diligenza. È evidente che le parti, nell’ambito della loro autonomia negoziale, possono estendere la garanzia per vizi fino a ricomprendervi l’obbligo del venditore di garantire la conformità di alcuni o tutti gli impianti alla normativa vigente in materia di sicurezza.
Diverso è il caso della vendita da parte dell’impresa che ha costruito il fabbricato oppure che ha eseguito un intervento di ristrutturazione, poiché in tali fattispecie esiste un preciso obbligo di
12 Cfr. X. Xxxxxxxxx, Le anomalie degli impianti tecnologici, studio n. 404-2008/C, approvato dalla Commissione studi civilistici del C.N.N. il 30 ottobre 2008, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e Materiali, 1/2009, 157 ss.; contra X. Xxxxxxxx, La disciplina della sicurezza degli impianti nel sistema codicistico della garanzia per vizi occulti, studio n. 270-2008/C, approvato dalla Commissione studi civilistici il 30 ottobre 2008, in Consiglio Nazionale del Notariato, Studi e Materiali, 1/2009, 54 ss., secondo il quale non può escludersi che anche la semplice non conformità dell’impianto alla normativa in materia di sicurezza possa costituire un vizio redibitorio. Secondo l’Autore citato, dal sistema delle norme del Decreto Ministeriale n. 37/2008, del quale è stato abrogato esclusivamente l’art. 13, si desume che l’impianto non conforme alla normativa in materia di sicurezza è considerato giuridicamente pericoloso dalla legge, poco importa che esso dal punto di vista materiale possa in concreto non esserlo. La pericolosità dell’impianto è dunque oggetto di valutazione legale tipica. In senso contrario, può affermarsi che l’espressa abrogazione dell’art. 13 del D.M., che prevedeva la garanzia del venditore in ordine alla conformità degli impianti, potrebbe essere letta come la volontà legislativa di voler riportare la garanzia sullo stato degli impianti alle norme del codice civile, eliminando qualsiasi interferenza della legislazione regolamentare che si colloca sul piano diverso della disciplina analitica dell’attività delle imprese che svolgono l’attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici, imprese che sono le naturali destinatarie della normativa regolamentare.
13 X. Xxxxxxxxx, op. cit., 158.
14 X. Xxxxxxxxx, op. cit., 159 s.
depositare in Comune il certificato di conformità degli impianti installati ai fini dell’ottenimento del certificato di agibilità dell’immobile (art. 9 D.M. n. 37/2008), per cui la garanzia per vizi si estende certamente anche alla conformità degli impianti alla normativa vigente in materia di sicurezza ed esiste un preciso obbligo del venditore di consegnare le dichiarazioni di conformità degli impianti. Si aggiunga che la consegna di copia della dichiarazione di conformità dell’impianto è condizione per ottenere una nuova fornitura di gas, energia elettrica, acqua oppure un aumento di potenza impegnata o di portata termica di gas (art. 8, commi 3, 4 e 5 D.M. n. 37/2008).
Una eventuale deroga alla garanzia di conformità degli impianti inserita in un contratto stipulato tra un consumatore ed un imprenditore sarebbe da considerarsi clausola vessatoria ai sensi del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (codice del consumo).
Si consideri, che, secondo la dottrina prevalente, le clausole di esclusione o limitazione della garanzia per vizi, ove inserite in un contratto tra un imprenditore ed un consumatore, sono soggette alla disciplina delle clausole vessatorie15.
Ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b) del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (codice del consumo), sono nulle, quantunque oggetto di trattativa, le clausole che abbiano per oggetto o per effetto di escludere o limitare le azioni del consumatore nei confronti del professionista in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista. La nullità opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice (c.d. nullità di protezione).
Alla luce delle osservazioni che precedono, considerato che è dubbia in dottrina la stessa ampiezza normativa della garanzia per vizi, è assolutamente necessaria la dichiarazione del promittente venditore con cui espliciti, fin dal contratto preliminare, lo stato degli impianti con particolare riferimento alla funzionalità degli stessi, alla loro non pericolosità, essendo stati sottoposti ai controlli prescritti dalla prassi, ed alla disponibilità o meno delle dichiarazioni di conformità degli stessi.
2.3. Immobili di provenienza donativa.
Compito fondamentale del notaio, fin dalla conclusione del preliminare, è garantire l’acquirente contro il rischio di subire la perdita del bene acquistato per effetto di diritti fatti valere da terzi sul bene. Uno dei problemi più avvertiti nella pratica professionale riguarda la tutela dell’acquirente qualora il venditore abbia ricevuto il bene per donazione.
Com’è noto, la donazione rileva nel meccanismo successorio come una sorta di anticipo di eredità e si tiene conto del suo valore al momento della morte del donante per stabilire la quota di legittima spettante ai c.d. legittimari. Il legittimario che assuma essere stato leso da una donazione fatta in vita dal de cuius ha a sua disposizione l’azione di riduzione all’esito della quale è dichiarata l’inefficacia successiva, totale o parziale, dell’atto di disposizione colpito da riduzione. La sentenza di riduzione non attua un nuovo trasferimento dei beni al patrimonio del defunto ma opera in modo che il trasferimento posto in essere dal defunto con le disposizioni lesive si consideri non avvenuto nei confronti del legittimario, il quale acquista i beni in forza della vocazione legale che, per effetto della sentenza, si produce in suo favore16.
Qualora il beneficiario della disposizione lesiva della legittima abbia alienato a terzi il bene, il legittimario esperirà, nei confronti dello stesso beneficiario della disposizione lesiva, l’azione di restituzione per equivalente, ossia chiederà al beneficiario il tantundem, cioè una somma di denaro che rappresenti il valore del bene determinato con riferimento alla data dell’apertura della
15 Cfr. AA.VV., Codice della vendita, a cura di X. Xxxxxxxxx e X. Xxxxxxxx, 2004 546.
16 Cfr. Cass., 5 maggio 1969, n. 1497.
successione17. In più, per realizzare tale valore, in caso di inadempimento dell’obbligato, avrà l’onere della preventiva escussione dei beni del donatario18.
Qualora il legittimario leso non possa ottenere soddisfazione della sua quota di legittima, nemmeno per equivalente tramite l’escussione dei beni del beneficiario della disposizione lesiva, potrà agire in restituzione nei confronti dei successivi acquirenti degli immobili.
Infatti, pur avendo natura personale, l’azione di riduzione possiede anche un’efficacia reale: in applicazione del principio risoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis: per effetto della risoluzione della donazione, a seguito del passaggio in giudicato della sentenza che ne ha accertato la lesione di legittima, divengono inefficaci anche i successivi trasferimenti effettuati dal donatario e dai suoi aventi causa ed i diritti reali e personali (pesi e ipoteche) costituiti sull’immobile.
Il terzo acquirente che subisce l’azione di restituzione ha la facoltà di liberarsi dall’obbligo di restituzione in natura del bene pagando l’equivalente in denaro (art. 563, comma 3 c.c.). Si tratta, secondo la ricostruzione prevalente in dottrina ed in giurisprudenza19, di una sorta di corrispettivo del riscatto del bene in virtù di un potere di riscatto riconosciuto ex lege al terzo che subisce l’azione di restituzione, che vale ad estinguere l’azione stessa.
Secondo l’interpretazione che ritengo preferibile, la riduzione mira a far conseguire al legittimario leso un utile consistente nella differenza fra quanto trova nell’asse ereditario (relictum) e quanto a norma di legge gli compete; da questa premessa discende che il bene alienato ad un terzo dal beneficiario della disposizione lesiva si trova esclusivamente in funzione di garanzia del diritto del legittimario, diritto che è di natura creditoria20.
Com’è noto la disciplina dell’azione di riduzione è stata oggetto di una recente riforma con la legge 14 maggio 2005, n. 80, di conversione del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35 (c.d. decreto legge sulla competitività), entrata in vigore il 15 maggio 2005. Scopo dichiarato della riforma, quale risulta dalla relazione di accompagnamento della legge n. 80/2005, è di «fornire una risposta al problema della tutela dell’acquirente dei beni immobili di provenienza donativa, il quale problema appare di maggiore evidenza dopo la riforma attuata con l’abrogazione dell’imposta sulle successioni e donazioni».
Il legislatore della riforma ha previsto un termine di vent’anni, decorrente dalla trascrizione della donazione, trascorso il quale la tutela del legittimario che abbia esercitato l’azione di riduzione perde i suoi connotati di realità, fatto salvo il diritto di opposizione riconosciuto a coniuge e parenti in linea retta del donante di cui si dirà tra breve.
Dopo la riforma del 2005, trascorso il termine di vent’anni dalla trascrizione della donazione : i) restano efficaci i pesi e le ipoteche costituiti sugli immobili dal donatario e il legittimario vanterà un diritto di credito nei confronti del donatario che andrà a compensare il minor valore dei beni, ii) è preclusa al legittimario l’azione di restituzione contro i terzi acquirenti degli immobili.
Secondo quanto risulta dalla relazione di accompagnamento, «la soluzione adottata dal legislatore consiste nel porre al riparo da ogni rischio il detto acquirente trascorsi venti anni dalla [trascrizione della]21 donazione, in modo che quest’ultimo, che è pur sempre un acquirente a domino, non riceva dall’ordinamento un trattamento deteriore rispetto all’acquirente a non domino, per il quale il ventennio costituisce comunque il più lungo dei termini per l’usucapione ordinaria».
17 Cfr. Cass., 5 giugno 2000, n. 7478.
18 Cfr. Trib. Monza 27 giugno 1996, in Nuova giur. civ. comm., 1997, I, 569, con nota di X. Xxxxxxxx Xxxxxxxxx,
Sull’azione di riduzone contro gli aventi causa dai donatari soggetti a riduzione.
19 X. Xxxxxxx, op. cit., 307 ss.
20 X. Xxxxxx Xxxxxxxx, Sulla natura giuridica dell’azione di reintegrazione della quota di legittima e sul giudice territorialmente competente a decidere della questione, in nota a Trib. X. Xxxxx Xxxxx Vetere 14 ottobre 1958, Dir e giur., 1959, II, 70; X. Xxxxx, Brevi Riferimenti sulla natura giuridica dell’azione di riduzione delle donazioni e delle disposizioni lesive della posizione legittima, nota a sent. Trib. Rossano 20 dicembre 1955, Temi, 1956, 158.
21 Le parole “trascrizione della” sono state inserite dall’art. 3, comma 1, lett. a), della legge 28 dicembre 2005,
n. 263; precedentemente il testo era “e non sono trascorsi venti anni dalla donazione”.
Il coniuge ed i parenti in linea retta del donante hanno la possibilità di sospendere il termine dei vent’anni e, quindi, di conservare integre le caratteristiche di realità proprie dell’azione di restituzione ante riforma, mediante la notifica nei confronti del donatario e dei suoi eventuali aventi causa di un atto stragiudiziale di opposizione alla donazione che, ove necessario, andrà rinnovato prima che siano trascorsi i vent’anni, qualora il donante sia ancora in vita.
Il diritto di proporre opposizione alla donazione e la sua rinuncia hanno un particolare valore sistematico. Per la prima volta, il legislatore anticipa la rilevanza della tutela del legittimario ad un momento antecedente l’apertura della successione: il legittimario dovrà valutare, fin dal momento della donazione, se accettare la nuova disciplina di legge o se riservarsi le prerogative riconosciutegli ante riforma.
In altri termini, mentre prima della riforma era necessario attendere l’apertura della successione per qualunque azione diretta alla tutela della legittima, con la modifica dell’art. 563 c.c., il legittimario potrà - prima dell’apertura della successione - i) proporre opposizione contro una donazione che ritiene potenzialmente lesiva della sua legittima, oppure ii) valutare di accettare la nuova disciplina con conseguente perdita delle caratteristiche di realità della sua azione di restituzione. Più precisamente, trascorsi vent’anni dalla trascrizione della donazione, correrà il doppio rischio, da una parte, dell’opponibilità nei suoi confronti dei pesi e delle ipoteche costituiti dal donatario sull’immobile restituito a seguito dell’azione di riduzione e, dall’altra parte, della perdita dell’azione di restituzione nei confronti dei terzi acquirenti dell’immobile.
Si può affermare che l’avere sganciato l’azione di restituzione dall’apertura della successione consente al legittimario di rinunciare, prima del decorso dei vent’anni dalla trascrizione della donazione, all’azione di restituzione contro l’avente causa dal donatario, senza incorrere nel divieto dei patti successori. È infatti la legge a prevedere come possibilità fisiologica la perdita dell’azione di restituzione prima della morte del donante. Rimane certamente fermo il divieto per il legittimario di rinunciare, prima dell’apertura della successione, all’azione di riduzione ed all’azione di restituzione contro il donatario22.
Fatta questa premessa teorica sulla nuova disciplina dell’azione di riduzione, si possono proporre alcune conclusioni pratico-operative.
Si è detto che l’effetto principale della riforma è la stabilizzazione degli acquisti degli aventi causa dal donatario trascorsi vent’anni dalla trascrizione della donazione. Prima dei vent’anni la situazione degli aventi causa dal donatario non è sostanzialmente mutata rispetto alla disciplina previgente, fatta salva la espressa previsione per il coniuge ed i parenti in linea retta del donante di rinunciare a proporre opposizione alla donazione.
L’opposizione alla donazione o la sua rinuncia rivestono un ruolo fondamentale nell’attuazione della riforma.
Certamente la proposizione dell’opposizione da parte di un potenziale legittimario è il sintomo evidente dell’esistenza di un conflitto familiare e renderà, di fatto, difficilmente commerciabile l’immobile da parte del donatario, finché non siano trascorsi dieci anni dall’apertura della successione (cfr. art. 2652, n. 8 c.c.).
Al contrario la partecipazione all’atto di donazione di tutti i potenziali legittimari e la loro rinuncia a proporre opposizione evidenziano che la donazione rientra in un accordo familiare complessivo di sistemazione patrimoniale e, già prima del ventennio, è un titolo di provenienza relativamente affidabile. Tale circostanza, unitamente ad una prospettiva di vita ultraventennale del donante, consentirebbero, tra l’altro, in caso di successiva alienazione dell’immobile da parte del donante, di ottenere una polizza fideiussoria o assicurativa che tuteli l’avente causa del donatario a condizioni certamente migliori che in passato.
22 Cfr. F. Pene Vidari-X. Xxxxxx, La mini-riforma delle donazioni immobiliari: per una tutela obbligatoria della legittima, in Riv. not., 2006, 701; X. Xxxxxxxx, Le modificazioni apportate agli artt. 561 e 563 c.c. Conseguenze sulla circolazione dei beni immobili donati, in Riv. not., 2005, 1028 ss.; X. Xxxxxxx, Acquisti immobiliari potenzialmente pericolosi: con provenienza donativa, mortis causa o per usucapione non accertata giudizialmente. Tutela dell’acquirente, in Riv. not., 2009, 245 ss.
Si è visto che parte della dottrina, anche alla luce delle innovazioni introdotte dalla novella del 2005, ha suggerito una revisione del divieto di cui all’art. 557, comma 2 c.c. che xxxxxxx, fin dal momento della donazione, la rinuncia dei legittimari all’azione di restituzione contro il donatario.
In caso di alienazione dell’immobile da parte del donatario prima del ventennio dalla trascrizione della donazione, ove i legittimari intendessero effettivamente liberare l’immobile dall’azione di restituzione, si potrebbe percorrere la strada della rinuncia da parte dei legittimari all’azione di restituzione nei confronti dell’avente causa del donatario.
Per rendere la rinuncia dei legittimari inattaccabile, a fronte del residuo margine di incertezza sul divieto di cui all’art. 557 c.c., si potrebbe prevedere la consegna ai legittimari rinunzianti di una polizza fideiussoria consegnata dal donatario che garantisca i legittimari rinuncianti per il caso di insolvenza del donatario a fronte dell’esercizio dell’azione di riduzione da parte dei legittimari rinunzianti.
Si è detto in precedenza che la tutela del legittimario che agisce in riduzione garantisce essenzialmente la soddisfazione di un valore economico che vada ad integrare la sua quota di legittima, senza che lo stesso abbia una pretesa specifica nei confronti del singolo bene donato, che ha una semplice funzione di determinazione quantitativa del credito del legittimario e di garanzia della sua realizzazione, qualora il bene donato sia stato alienato dal donatario e lo stesso risulti insolvente. Se si accetta tale impostazione, deve ammettersi che il legittimario nel momento in cui rinuncia all’azione di restituzione verso l’avente causa dal donatario, dietro prestazione di una polizza fideiussoria di valore pari al bene donato, non subisce alcun rischio di vedere frustrata la sua aspettativa di conseguire la legittima attraverso l’azione di riduzione.
Si può, in conclusione, affermare che la mini-riforma dell’azione di riduzione, pur avendo raggiunto un risultato insoddisfacente se si guarda alla sicurezza assoluta della circolazione dell’immobile proveniente da donazione, valorizza il ruolo del notaio in una duplice prospettiva. Il notaio, quale consulente delle parti, è chiamato a contribuire alla realizzazione di una sistemazione patrimoniale familiare corretta ed inattaccabile; successivamente, al momento della eventuale vendita dell’immobile con provenienza donativa, è chiamato a verificare la tenuta della sistemazione patrimoniale precedentemente realizzata e, ove ne ricorrano i presupposti, a far emergere la reale volontà dei legittimari a non esercitare alcuna azione sull’immobile successivamente rivenduto, mediante rinuncia all’opposizione e, per chi lo ritenga ammissibile, mediante rinuncia all’azione di restituzione.
3. Il contratto preliminare con effetti anticipati.
3.1. Natura giuridica.
Secondo l’impostazione dottrinale tradizionale, l’obbligazione che le parti assumono con il contratto preliminare consiste in un “fare”, cioè nel prestare, al momento prestabilito, il consenso alla conclusione del contratto definitivo, il quale contratto può avere ad oggetto una prestazione di dare, come nel caso tipico del trasferimento della proprietà di un immobile.
Quest’impostazione, certamente corretta dal punto di vista dogmatico, va però approfondita alla luce della figura, molto diffusa nella prassi, del contratto preliminare con effetti anticipati.
Nel contratto preliminare di compravendita con effetti anticipati, all’obbligazione tipica di prestare il consenso alla conclusione del contratto definitivo, si affiancano delle pattuizioni speciali che anticipano alcuni degli effetti del contratto definitivo: ad esempio, il promissario acquirente paga in anticipo una parte del prezzo della vendita oppure è immesso in anticipo nella materiale detenzione del bene promesso in vendita.
Con particolare riferimento all’anticipata consegna della cosa al promissario acquirente, questa va qualificata giuridicamente come semplice detenzione e non come possesso che è definito dal codice civile come “il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente
all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale” (art. 1140, comma 1 c.c.)23. Infatti, il proprietario del bene non è spogliato del possesso per il fatto di non averne più la materiale detenzione: è possesso anche quello che si esercita, indirettamente, per mezzo di altra persona che ha la detenzione della cosa, ad esempio a titolo di locazione (cfr. art. 1140, comma 2 c.c.). Non sempre, nella prassi, è chiaro che l’immissione nella materiale detenzione del bene si fonda su una pattuizione accessoria del contratto preliminare e non su artificiosi contratti collegati di comodato o di locazione.
Secondo la dottrina e la giurisprudenza prevalenti24, anche il contratto preliminare con anticipazione di alcuni effetti propri del contratto definitivo, può essere qualificato come contratto preliminare in senso tecnico: tali patti, infatti, non rendono il contratto incompatibile con la promessa di vendita, ma integrano soltanto un’esecuzione anticipata della futura vendita definitiva e non un contratto definitivo di compravendita condizionato o ad efficacia parzialmente differita25.
3.2. Divieti di alienazione e contratto preliminare.
La qualificazione giuridica sopra accennata è molto importante per risolvere questioni pratiche che, spesso, si presentano nella prassi: si pensi, ad esempio, al problema se violi un divieto di alienazione stabilito dalla legge, in materia di edilizia residenziale pubblica, convenzionata o agevolata26, la stipula del contratto preliminare di vendita di un immobile in pendenza del predetto termine legale di inalienabilità. Seguendo la tesi assolutamente dominante in dottrina ed in giurisprudenza, si deve affermare che il contratto preliminare, anche se viene anticipato qualche effetto proprio del definitivo, non produce l’effetto di trasferimento del bene e, quindi, non fa scattare il presupposto della violazione del divieto di trasferire prima di una certa data27.
Naturalmente, non è esclusa la possibilità che venga dimostrata una violazione del divieto, per frode alla legge, in quanto l’assetto di interessi realizzato con il contratto preliminare, di fatto, nasconde l’effettiva volontà di stipulare in anticipo un contratto definitivo, mascherato sotto le spoglie di un contratto preliminare ad effetti anticipati28.
3.3. La tutela del promissario acquirente per limitazioni al godimento del bene o per vizi occulti.
Un problema ampiamente dibattuto in dottrina ed in giurisprudenza ha riguardato la possibilità per il promissario acquirente, immesso anticipatamente nella detenzione del bene, di far valere, già in sede di giudizio di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, la garanzia stabilita dagli articoli 1489 e 1490, per limitazioni al godimento del bene o per eventuali vizi occulti, scoperti dopo la conclusione del contratto preliminare.
23 Cfr., in giurisprudenza, Cass., 28 giugno 2000, n. 8796; Cass. 27 febbraio 1996, n. 1533; in dottrina, X. Xxxxxx, Contratto definitivo e documentazione notarile della precedente contrattazione preliminare, in La “circolazione” del contratto preliminare di beni immobili, I Quaderni della Fondazione italiana per il notariato, 2009, 76 afferma chiaramente che «il promissario acquirente, che riceve il bene promesso in vendita, ma riconosce in sede contrattuale che la proprietà permane in capo all’altro contraente fino alla stipula del contratto definitivo, appare quindi privo dell’elemento necessario ai fini dell’acquisto del possesso».
00 Xxx. X. Xx Xxxxxxx, Xx contrattazione preliminare ad effetti anticipati, Padova, 1991, 37 ss.; X. Xxxxxxxxx, Il contratto preliminare, Milano, 1970, 170 ss.; in giurisprudenza Cass., 27 febbraio 1996, n. 1533, in Mass. Giust. civ., 1996, 264; Cass. 15 aprile 1982, n. 2268, in Mass. Giust. civ., 1982, 819.
25 Per quest’ultima tesi, cfr. X. Xxxxxxxxx, voce Obbligo a contrarre, in Enc. dir., Milano, 1979, vol. XXIX,
511.
26 Per una puntuale disamina dei divieti di alienazione attualmente in vigore, cfr. X. Xxxxx, La redazione del
preliminare. Profili operativi, in Studi e Materiali, n. 1/2007, 84 ss.
27 Cfr. Cass., 17 febbraio 1986, n. 940; Cass., 230 novembre 1988, n. 6506; Cass., 21 marzo 1989, n. 1408; Cass., 7 luglio 2000, n. 9106 per una fattispecie in cui il preliminare prevedeva anche l’anticipata attribuzione del possesso del bene.
28 Cfr. Cass., 3 febbraio 1998, n. 1043; Cass., 5 settembre 2003, n. 12941.
Secondo un risalente orientamento giurisprudenziale, il promissario acquirente, destinatario della consegna anticipata del bene, non poteva, in sede di esecuzione ex art. 2932 c.c., ottenere il trasferimento a prezzo ridotto del bene promesso viziato né pretendere l’esatto adempimento con l’eliminazione del vizio o difetto29. La ragione principale di tale orientamento era il principio c.d. di intangibilità del preliminare che imponeva al giudice, adito ex art. 2932 c.c., di non modificare l’assetto di interessi programmato dalle parti al momento della stipula dell’accordo preliminare. Si affermava, in altri termini, che la sentenza ex art. 2932 c.c. aveva la sola funzione di “sostituire” il consenso della parte obbligata che si rifiutasse di stipulare il contratto preliminare e non poteva modificare i termini dell’accordo consacrato nel preliminare, in particolare non poteva modificare il sinallagma contrattuale tra le diverse prestazioni. In sostanza, a fronte di un bene promesso in vendita che, successivamente, risultava essere viziato, il promissario acquirente aveva una sola scelta che lo lasciava comunque insoddisfatto: poteva stipulare il contratto definitivo allo stesso prezzo pattuito, pur in presenza di vizi che ne riducessero il valore, oppure chiedere la risoluzione del contratto ai sensi dell’art. 1453 c.c. e la conseguente tutela risarcitoria30. E’ evidente che tale orientamento giurisprudenziale accordava un indubbio vantaggio al promittente venditore consentendo allo stesso di lucrare un valore superiore a quello effettivo del bene, in presenza di vizi dello stesso, specialmente se il promissario acquirente avesse comunque la necessità di proseguire nell’operazione.
La giurisprudenza più recente ha messo in evidenza come, nel contratto preliminare con la consegna anticipata del bene, vi sia un’obbligazione aggiuntiva del promittente venditore: quella di consegnare la cosa con le caratteristiche pattuite. Il promittente venditore deve essere in grado di realizzare l’effetto traslativo finale perfettamente conforme a quello pattuito nel preliminare anche dal punto di vista qualitativo. Inoltre è stato messo in discussione il dogma dell’intangibilità del preliminare: si è affermato che il rigoroso rispetto della volontà espressa dalle parti in sede di preliminare esige che la sentenza costitutiva si faccia carico anche di risolvere i problemi di equilibrio tra le prestazioni eventualmente sopravvenuti nelle more. Quando la situazione di squilibrio tra le prestazioni è determinata dalla presenza di vizi nel bene, non vi sono ostacoli all’ammissibilità di una pronuncia, accessoria a quella sostitutiva del consenso, che ristabilisca l’equilibrio contrattuale, ad esempio attraverso la riduzione del prezzo Si è così affermato un orientamento giurisprudenziale favorevole alla possibilità per il promissario acquirente, interessato all’adempimento, pur in presenza di vizi o di pesi sull’immobile, scoperti successivamente al contratto preliminare, di ottenere con la sentenza di esecuzione in forma specifica la riduzione del prezzo31.
Se è oramai consolidata, in giurisprudenza, la tesi che ammette possibilità di chiedere la riduzione del prezzo, nell’ambito della domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., più problematica appare la possibilità di chiedere l’eliminazione dei vizi della cosa venduta, trattandosi di un rimedio estraneo alla garanzia per vizi della vendita32.
Si può, dunque, concludere che nel contratto preliminare con consegna anticipata del bene il venditore assume, oltre all’obbligazione principale di prestare il consenso per la conclusione del futuro contratto definitivo, un’obbligazione accessoria consistente nel garantire la conformità giuridica e materiale del bene consegnato rispetto all’accordo consacrato nel contratto preliminare, obbligazione il cui inadempimento può essere fatto valere dal promissario acquirente nell’ambito della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo di compravendita.
29 Cfr. Cass., 30 dicembre 1968, n. 4081, in Foro it., 1969, I, 1203.
30 Cfr. X. Xxxxxxxxxx, Studi di diritto civile, tomo II, Milano, 2005, 1165
31 Cfr. Cass. 4478/976; Cass. n. 3560/1977; Cass., 11 maggio 1983, n. 3263, in Giur. it., 1983, I, 1, 1366 ss.;
Xxxx., sezioni unite, 27 febbraio 1985, n. 1720, in Foro it., 1985, I, 1697, con nota di X. Xxxxxxx; Cass. 16 luglio 2001,
n. 9636; Cass., 23 febbraio 1994, n. 1781, in Mass. giur. it., 1994, in Riv. not. 1994, in Foro it., 1994.
32 Cfr. Cass., 24 novembre 1994, n. 9991.
4. L’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre.
Secondo quanto dispone l’art. 2932 c.c. «Se colui che è obbligato a concludere un contratto non adempie l’obbligazione, l’altra parte, qualora sia possibile e non sia escluso dal titolo, può ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.
Se si tratta di contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa determinata o la costituzione o il trasferimento di un altro diritto, la domanda non può essere accolta, se la parte che l’ha proposta non esegue la sua prestazione o non ne fa offerta nei modi di legge, a meno che la prestazione non sia ancora esigibile».
La sentenza di cui all’art. 2932 ha natura costitutiva in quanto “produce gli effetti del contratto non concluso” e rappresenta un caso di applicazione del principio generale, sancito dall’art. 2908 c.c., in base al quale, nei casi previsti dalla legge, l’autorità giudiziaria può costituire, modificare o estinguere rapporti giuridici, con effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa.
4.1. Eccezioni all’esecuzione in forma specifica: l’esclusione nel titolo.
L’art. 2932 prevede espressamente la possibilità per l’autonomia negoziale di escludere, nel contratto preliminare di compravendita, la sua esecuzione in forma specifica con sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso.
Può accadere che le parti non intendano sottostare ai tempi, alle spese ed all’alea di un procedimento giudiziale e valutino come più conveniente, in caso di inadempimento dell’altra parte, avvalersi degli altri rimedi previsti dall’ordinamento a favore della parte non inadempiente.
Prevale in entrambe le parti l’interesse “negativo” ad evitare un danno maggiore che potrebbero subire dal ritardo nell’adempimento del contratto preliminare, nelle more del procedimento diretto ad ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c., rispetto all’interesse “positivo” a realizzare compiutamente l’operazione per la quale avevano sottoscritto il contratto preliminare.
In tal caso dovranno essere le clausole del contratto preliminare, opportunamente congegnate, a regolare gli interessi del parti, in funzione antiprocessuale. In particolare, la parte non inadempiente potrà, in presenza di una caparra confirmatoria, recedere dal contratto ed ottenere la liquidazione del danno stabilita in via forfettaria sulla base dell’entità della caparra oppure potrà avvalersi di un’eventuale clausola penale contenuta nel contratto preliminare.
4.2. (Segue) L’incommerciabilità del fabbricato abusivo.
In dottrina è pacifica la tesi che le disposizioni degli articoli 46 e 30 del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, approvato con D.P.R. 6 giugno 2001,
n. 380 - che impongono alla parte alienante l’obbligo, sanzionato con la nullità, di dichiarare nell’atto gli estremi dei titoli edilizi in base ai quali è stata realizzata la costruzione dell’edificio e di allegare all’atto avente ad oggetto terreni il certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune - non si applichino al contratto preliminare di compravendita in quanto il preliminare produce solamente effetti obbligatori (obbligo di concludere il contratto definitivo). Infatti l’obbligo di indicare in atto i titoli edilizi che legittimano la costruzione o di allegare il certificato di destinazione urbanistica agli atti di alienazione dei terreni, sono imposti con esclusivo riferimento ad atti con effetti reali33.
Più dubbia è l’ammissibilità dell’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto un diritto reale su un fabbricato ove nello stesso non siano indicati i titoli edilizi che legittimano la costruzione oppure allo stesso non
33 Cfr. X. Xxxxxxxxxxxxx, Condono edilizio, Formalità e nullità degli atti tra vivi, Milano, 1991, 352 s.; C.N.N., La legge 28 febbraio 1984, n. 47. Criteri applicativi, in Condono edilizio, Circolari, studi e riflessioni del Notariato, Milano, 1999, 5 ss.
sia allegato il certificato di destinazione urbanistica che indica lo strumento urbanistico del terreno promesso in vendita.
Secondo autorevole dottrina, il contratto preliminare privo degli estremi dei titoli edilizi oppure al quale non sia allegato il certificato di destinazione urbanistica rilasciato dal Comune sarebbe valido ma non sarebbe suscettibile di dare luogo all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo, inadempiuto, di prestare il consenso alla conclusione del contratto definitivo di compravendita.
Sembra preferibile la tesi che dà alla normativa edilizia di cui al D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, in relazione alla contrattazione preliminare, un’interpretazione sostanziale e non formalistica.
Se il contratto preliminare ha per oggetto un fabbricato urbanisticamente regolare, è possibile emettere la sentenza sostitutiva del contratto purché gli estremi della concessione edilizia siano prodotti in giudizio eventualmente anche dalla parte promissoria acquirente; se ha per oggetto un edificio abusivo, non sarà possibile emettere la sentenza costitutiva34.
Si può affermare che, in sede di giudizio teso ad ottenere la sentenza sostitutiva del contratto definitivo non concluso, la necessità del rispetto di dichiarazione formali imposta nell’atto tra vivi espressione dell’autonomia negoziale, è sostituita da un controllo di tipo sostanziale del giudice il quale deve essere messo in condizione di verificare che l’immobile trasferito sia urbanisticamente regolare, indipendentemente da una dichiarazione formale della parte alienante.
Non necessariamente, però, i titoli edilizi debbono risultare testualmente dal contratto preliminare in quanto il promissario acquirente, è ammesso a fornire in giudizio la documentazione urbanistica dell’immobile, desunta anche aliunde rispetto al testo del contratto preliminare, come è confermato dall’art. 47 della legge 28 febbraio 1985, n. 4735 che riconosce al promissario acquirente di un preliminare con sottoscrizioni autenticate di prendere visione presso gli uffici comunali di qualsiasi documento relativo all’immobile stesso e di ottenere ogni certificazione relativa.
Questa impostazione è stata accolta anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che ha affermato essere sufficiente, per l’emissione della sentenza di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre avente ad oggetto un edificio, un atto prodotto in giudizio contenente gli estremi della concessione edilizia oppure l’allegazione della domanda di concessione in sanatoria, con gli estremi del versamento delle prime due rate della relativa oblazione36.
Per quanto riguarda l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre avente ad oggetto un terreno, si è affermato in giurisprudenza che:
- il certificato di destinazione urbanistica deve essere allegato non già alla promessa di vendita ma al contratto definitivo;
- in caso di trasferimento della proprietà dell’immobile a mezzo di sentenza che tenga luogo del contratto definitivo, il certificato di destinazione urbanistica deve essere presente al momento in cui venga pronunciata la sentenza37.
Ci si chiede se sia necessaria la dichiarazione di vigenza del certificato prescritta come onere per l’alienante negli atti tra vivi. Qualora l’esecuzione in forma specifica sia promossa dal promissario acquirente, difficilmente il promittente alienante presterà la sua collaborazione e renderà tale dichiarazione. A ben vedere gli effetti della sentenza di trasferimento dell’immobile retroagiscono al momento della domanda (art. 2652, n. 2 c.c.), pertanto sarà sufficiente che il certificato di destinazione urbanistica sia stato rilasciato dopo la notifica dell’atto di citazione perché gli strumenti urbanistici indicati nel certificato siano aggiornati rispetto al trasferimento dell’immobile. Inoltre, rientra nei poteri istruttori del giudice il controllo del contenuto del
34 In senso conforme, X. Xxxxxxxxxxxxx, op. cit., 353, C.N.N., La legge 28 febbraio 1984, n. 47, cit., 7 s.; X. Xxxx, La sentenza ex art. 2932 c.c. tra irregolarità urbanistiche ed esigibilità della controprestazione, in Obbl. e Contr., 2006, 44.
35 Abrogato dall’art. 136 del d.lgs. n. 378/2001 e dall’art. 136 d.lgs. n. 380/2001.
36 Cass., 8 febbraio 1997, n. 1199
37 Cass., 6 giugno 2006, n. 13221, in Obbl e Contr., 2006, 11, 936, con nota di X. Xxxxxxx; cfr. in giurisprudenza Cass., 9 luglio 1994, n. 6493, in Vita not., 1995, I, 280; Cass., 28 settembre 1994, n. 7893, in Vita not., 1995, I, 837; Cass., 6 agosto 2001, n. 20831, in Riv. giur. edil., 2001, I, 2, 1079.
certificato di destinazione urbanistica e ciò è sufficiente a garantire la “genuinità del certificato”, senza la necessità di un’improbabile dichiarazione di vigenza del promittente venditore inadempiente.
4.3. (Segue) L’impossibilità giuridica per mancata legittimazione a disporre della parte promittente alienante.
Può accadere che la parte promittente venditrice sia soggettivamente complessa, cioè sia composta da più comproprietari e che il preliminare di compravendita, per scrittura privata, non sia sottoscritto da tutti i comproprietari ma solamente da alcuni di essi. Qualora i comproprietari che non hanno sottoscritto il contratto preliminare si rifiutino di stipulare il contratto definitivo, non sarà possibile ottenere la sentenza che sostituisca il contratto definitivo in quanto il contratto preliminare non si è validamente formato per difetto di legittimazione a disporre di coloro che hanno sottoscritto il contratto preliminare. Né la sentenza può determinare il trasferimento della sola quota dei comproprietari che hanno sottoscritto il contratto preliminare poiché oggetto della promessa di vendita è stato l’intero bene e non una quota ideale dello stesso, per cui il trasferimento della quota non soddisferebbe l’interesse del promissario acquirente38. La vendita di un bene in comunione è di norma considerata dalle parti come un unicum inscindibile e non come una somma delle vendite delle singole quote che fanno capo ai singoli proprietari, per cui questi ultimo costituiscono un’unica parte complessa e le loro dichiarazioni di vendita si fondono in un’unica volontà negoziale, tranne che dall’unico documento predisposto per il negozio risulti chiaramente la volontà di scomposizione in più contratti in base al quale ogni comproprietario vende la propria quota all’acquirente senza nessun collegamento negoziale con le vendite degli altri39
Più incerta è la soluzione nel caso di coniugi in regime di comunione legale dei quali uno solo abbia sottoscritto il preliminare di compravendita.
È noto che, secondo l’interpretazione prevalente in dottrina ed in giurisprudenza, desunta dall’art. 184 c.c., che sanziona con la semplice annullabilità gli atti di disposizione di beni immobili compiuti da un solo coniuge senza il necessario consenso dell’altro, ciascuno dei coniugi in regime di comunione legale è solidalmente titolare dell’intero con facoltà di disporre dell’intero bene e che il consenso dell’altro ha la più limitata funzione di rimuovere un limite al potere di disporre. Da questa impostazione discende la sanzione minore dell’annullabilità, entro il breve termine di un anno, e non quella dell’inefficacia dell’atto, tipica della mancanza del potere di disposizione.
Ora, se il contratto preliminare è valido ma annullabile sembra ammissibile l’esecuzione in forma specifica con il limite della necessaria citazione in giudizio del coniuge rimasto estraneo il quale potrà, chiedere, in via riconvenzionale, l’annullamento del contratto preliminare40. Si noti che, secondo i princìpi generali, l’annullabilità può essere opposta dalla parte convenuta per l’esecuzione del contratto, anche se è prescritta l’azione per farla valere (art. 1442, ultimo comma c.c.). In dottrina si ritiene che l’azione riconosciuta al coniuge dall’art. 184 c.c., per gli atti compiuti dall’altro coniuge senza il suo consenso, sia una vera e propria azione di annullamento il cui termine annuale è di prescrizione e non di decadenza, soggetta alla disciplina propria dell’azione di
38 Cfr. Cass., 23 febbraio 2007, n. 4227; Cass. 5 giugno 2003, n. 8983; Cass., 26 novembre 1998, n. 11986, in
Giust. civ. mass., 1998, 2461. Contra, secondo Cass., 9 aprile 1991, n. 3716, in Foro it., 1991, I, 2790; Cass., 18 settembre 1991, n. 9749, in Giust. civ. mass., 1991, 9, l’incompletezza del consenso prestato dalla parte promittente venditrice sarebbe sanzionato da inefficacia relativa che può essere fatta valere dal solo acquirente il quale, essendo esclusivo titolare dell’interesse all’acquisto del bene per l’intero, può anche chiedere l’esecuzione del contratto in relazione alla quota dei comproprietari intervenuti validamente nell’atto senza che questi possano opporvisi, salvo che dal contenuto del contratto risulti che questo sia stato predisposto come vendita unitaria.
39 Cass., 26 novembre 1998, n. 11986, cit.
40 Cfr. Cass., sezioni unite, 24 agosto 2007, n. 17952, in Contratti, 2008, 337, con nota di X. Xxxxxxxx,
Preliminare di vendita di un bene comune e posizione del coniuge non stipulante.
annullamento, per quanto non espressamente derogato nella sua disciplina speciale, ed in particolare
soggetta alla regola generale dell’imprescrittibilità dell’eccezione di annullamento41.
4.4. (Segue) Preliminare di vendita della nuda proprietà con riserva di usufrutto e morte dell’usufruttuario nelle more della stipula del contratto definitivo.
Può accadere che il promittente venditore prometta di vendere la nuda proprietà del bene con riserva per sé del diritto di usufrutto e che l’usufrutto si estingua per morte del promittente venditore prima del termine fissato per la conclusione del contratto definitivo di compravendita.
Secondo una risalente sentenza della Cassazione42 l’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. deve ritenersi impossibile allorché si accerti che è mutato nella sostanza, e non può essere riprodotto nel contratto definitivo, il contenuto della controprestazione pattuita per il trasferimento di un bene. Più precisamente, nella fattispecie al vaglio, mancherebbe per gli eredi del venditore il vantaggio economico rappresentato dalla riserva di usufrutto in quanto il promissario acquirente avrebbe acquistato la piena proprietà al medesimo prezzo pattuito per l’acquisto della nuda proprietà.
Una sentenza successiva43, di segno opposto, ha ritenuto che il promissario acquirente possa ottenere coattivamente dagli eredi il trasferimento della proprietà del bene, ritenendo che la sentenza di esecuzione in forma specifica ben può tollerare un intervento di parziale modifica da parte del giudice. È decisiva, però, la considerazione che nel caso in esame, a differenza che nel primo, il promittente venditore era stato costituito in mora ex art. 1221 c.c.; si è applicato, quindi, il principio che “il debitore che è in mora non è liberato per la sopravvenuta impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile” (art. 1221 c.c.).
È stata, ancora, ritenuta ammissibile la sentenza di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre nel caso in cui la morte del promittente venditore sia intervenuta dopo la scadenza del termine per la stipula del contratto definitivo di compravendita44. È evidente che il promissario acquirente non ottiene alcun vantaggio aggiuntivo in quanto, se il contratto fosse stato concluso entro il termine convenuto, al momento della morte dell’usufruttuario sarebbe, comunque, divenuto pieno proprietario automaticamente per consolidamento della proprietà con l’usufrutto.
Nella fattispecie in esame sembra quantomai opportuna un’attività di consulenza del notaio in funzione antiprocessuale: è possibile prevedere nel contratto preliminare, con un’apposita clausola contrattuale, le conseguenze della morte dell’usufruttuario.
Possono prospettarsi tre tipi di clausole45:
a) una clausola con cui le parti accettano espressamente che, in caso di morte del promittente venditore usufruttuario, il contratto sarà eseguito dai suoi eredi con il trasferimento della piena proprietà dietro il versamento di una determinata integrazione del prezzo da parte del promissario acquirente;
b) una clausola che attribuisca agli eredi del promittente venditore oppure al promissario acquirente, in caso di estinzione dell’usufrutto prima del termine convenuto per la stipula del contratto definitivo di compravendita, unicamente la facoltà di recesso dal contratto;
c) una clausola risolutiva che valuti l’estinzione dell’usufrutto prima del termine convenuto per la stipula del contratto definitivo di compravendita come causa di automatica risoluzione del contratto con effetti ex tunc.
41 Cfr. X. Xxxxxxxx, op. cit., 337 ss.; Xx Xxxxxxx-Xxxxxx, La comunione legale: l’amministrazione dei beni, in AA.VV., Il diritto di famiglia, Trattato diretto da X. Xxxxxxxx-X. Xxxxxxxx, Torino, 2007, 228 ss.
42 Cass., 20 gennaio 1976, n. 167, in Riv. not., 1976, 1268 ss.; Mass. giur. it., 1976.
43 Cass., 9 giugno 1990, n. 5168, in Giust. civ., 1991, I, 2149, con nota di Xxxxxxx.
44 Cass., 10 dicembre 1993, n. 12155, in Giust. civ., 1994, I, 2931 ss., con nota di Xxxxxxxx e in Giur. it., 1994, I, 1, 1502 ss., con nota di Xxxxxxx.
45 Cfr. sul tema per un’ampio sviluppo delle clausole proposte F. Xxxxxxxx, Preliminare di vendita di nuda proprietà e morte del promittente venditore: clausole di tutela, in Notariato, 1995, 308 ss.
4.5. (Segue) L’impossibilità giuridica per l’esistenza di diritti incompatibili.
Esistono poi delle ipotesi di impossibilità giuridica di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto definitivo.
Una prima ipotesi è data dall’alienazione dell’immobile, da parte del promittente venditore, ad un soggetto terzo, diverso dal promissario acquirente, il quale vede frustrata la sua aspettativa di acquisto da un diritto incompatibile acquistato sull’immobile da altro soggetto che trascrive per primo ai sensi dell’art. 2644 c.c. e quindi prevale rispetto alla posizione del promissario acquirente.
Una seconda ipotesi di “quasi” impossibilità giuridica46 è data dalla trascrizione sull’immobile promesso in vendita di formalità pregiudizievoli, quali sequestri e pignoramenti che, di fatto, impediscono la conclusione del contratto definitivo di compravendita. Infatti non hanno effetto in pregiudizio del creditore sequestrante o del creditore pignorante, e dei creditori che intervengono nell’esecuzione, sebbene anteriori al pignoramento, le alienazioni di beni immobili che siano state trascritte successivamente al pignoramento (cfr. art. 2906 e art. 2914 c.c.).
Una terza ipotesi è data dalla dichiarazione di fallimento del promittente venditore. In caso di fallimento del promittente venditore, l’esecuzione del contratto rimane sospesa fino alla dichiarazione del curatore fallimentare che può decidere, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, se subentrare nel contratto, in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero sciogliersi dal medesimo (art. 72, commi 1 e 3 X.X. 00 marzo 1942, n. 267). In quest’ultima ipotesi, il promissario acquirente ha diritto di fare valere nel passivo il suo credito, senza che gli sia dovuto risarcimento del danno (art. 72, comma 4 X.X. 00 marzo 1942, n. 267, modificato dal comma 6
dell’art. 4 del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169).
Si può, dunque, affermare che il promissario acquirente, una volta concluso il contratto preliminare, è considerato dall’ordinamento come un semplice creditore del promittente venditore e non ha garanzie specifiche sull’immobile promesso in vendita che gli assegnino un privilegio in caso di inadempimento del promittente venditore.
Per questo motivo, già prima dell’introduzione nel nostro ordinamento dell’istituto della trascrizione del contratto preliminare, «non era infrequente che si procedesse, magari già all’indomani della stipula del preliminare, alla trascrizione di domande giudiziarie fittizie, il più delle volte concordate tra le parti, la cui unica ragion d’essere era appunto il conseguimento del livello di garanzia tipo della trascrizione»47.
5. La trascrizione del contratto preliminare.
Al fine di rafforzare la posizione del promissario acquirente e dare alla stessa una tutela reale non meramente risarcitoria, è stato introdotto nel nostro ordinamento l’istituto della trascrizione dei contratti preliminari contenuta nell’art. 2645-bis c.c., inserito dall’art. 3 del d.l. 31 dicembre 1996, n. 669, convertito dalla legge 28 febbraio 1997, n. 30.
La trascrizione del contratto preliminare ha una efficacia prenotativa, cioè si limita a far retroagire gli effetti della trascrizione del contratto definitivo al momento in cui è stata effettuata la trascrizione del preliminare. Si noti che la formulazione letterale del secondo comma dell’art. 2645- bis “la trascrizione del contratto definitivo […] prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite
46 Si è parlato di “quasi” impossibilità giuridica in quanto, in linea puramente teorica, non esiste un divieto di vendita dei beni pignorati. La sanzione comminata dalla legge per l’alienazione di un bene pignorato è l’inefficacia relativa dell’atto nei confronti del creditore pignorante e dei creditori intervenuti nell’esecuzione, in quanto l’atto di disposizione non può impedire che il procedimento esecutivo prosegua con la vendita forzata del bene e che il ricavato della vendita sia destinato alla soddisfazione dei creditori. D’altra parte, la validità intrinseca dell’atto fa sì che l’eventuale estinzione del processo esecutivo prima della vendita restituisca allo stesso la sua piena efficacia. È espressamente previsto che, nel caso di estinzione del processo esecutivo prima dell’aggiudicazione o dell’assegnazione, diventano inefficaci tutti gli atti compiuti in precedenza, e tra questi il pignoramento (cfr. art. 632, comma 2 c.p.c.).
47 X. Xxxxxxx, La trascrizione del contratto preliminare, in Riv. not., 1999, 243.
contro il promittente alienante dopo la trascrizione del contratto preliminare” ricalca quella dell’art. 2652, n. 2 c.c. relativo alla trascrizione delle domande dirette a ottenere l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo a contrarre che stabilisce “la trascrizione della sentenza che accoglie la domanda prevale sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il convenuto dopo la trascrizione della domanda”.
È stato chiaramente affermato in dottrina che «l’effetto della trascrizione del contratto preliminare ben può dirsi di prenotazione. Prima d’ora, nel sistema pubblicitario del c.c., un’efficacia prenotativa si riconosceva soltanto alla trascrizione di domande giudiziali, e non già a quella di atti di diritto sostanziale: proprio della trascrizione della domanda, in quanto atto iniziale di un procedimento, è infatti di non esplicare effetti di per sé, ma di importare piuttosto retroazione degli effetti dell’atto finale del procedimento stesso o, secondo i casi, della trascrizione di tale atto […] La nuova disciplina […] ha esteso la funzione prenotativa alla trascrizione del contratto preliminare: eseguita quest’ultima, al promissario dell’alienazione sono inopponibili tutte le trascrizioni o iscrizioni successive contro il promittente, retroagendo fino ad essa la trascrizione del contratto definitivo o della sentenza che ne tiene luogo»48.
Si può, quindi, affermare che la trascrizione del contratto preliminare non ha effetti di per sé, non risolve immediatamente un conflitto tra portatori di posizioni incompatibili ma ha, unicamente, il compito di precostituire il grado della trascrizione del contratto definitivo: più precisamente, essa anticipa l’efficacia della trascrizione del contratto definitivo riportandola al momento della trascrizione del preliminare49.
Ci si è chiesti in dottrina quale sia la portata dell’effetto prenotativo: se cioè l’effetto valga solamente per gli atti, menzionati negli articoli 2643 e 2645 c.c., che siano esplicazione dell’autonomia negoziale del disponente, esercitata in direzione incompatibile con l’impegno traslativo contenuto nel preliminare, oppure se la portata dell’effetto sia generale, restando travolte, in forza di esso, anche formalità pubblicitarie fondate su titoli subìti, e non già voluti, dal promittente alienante, come la trascrizione di pignoramenti o sequestri o l’iscrizione di ipoteche giudiziali50.
Qualche dubbio sulla efficacia dell’effetto prenotativo nei confronti del pignoramento trascritto sull’immobile prima della trascrizione del contratto definitivo o della sentenza emessa ex art. 2932 c.c. può trarsi dalla mancata modifica dell’art. 2914, n. 1 c.c. in base al quale non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione, sebbene anteriori al pignoramento, le alienazioni di beni immobili che siano state trascritte successivamente al pignoramento. Da un’interpretazione letterale della norma potrebbe affermarsi che il promissario acquirente per rendere opponibile il suo diritto al creditore pignorante ed ai creditori che intervengono nell’esecuzione debba trascrivere anche il contratto definitivo o la sentenza emessa ex art. 2932 c.c. prima della trascrizione del pignoramento.
La tesi non può essere accolta.
In primo luogo, l’art. 2654-bis, nel sancire la prevalenza della trascrizione del contratto definitivo o della sentenza che lo sostituisce sulle trascrizioni e iscrizioni eseguite contro il promittente alienante, dopo la trascrizione del contratto preliminare, non fa alcun tipo di distinzione nel novero delle trascrizioni che sono destinate a soccombere dopo la trascrizione del preliminare. Inoltre, la funzione della trascrizione del contratto preliminare è proprio quello di far retroagire gli effetti del trasferimento definitivo al momento della trascrizione dell’impegno a trasferire, per cui tale retroattività opera anche nei confronti della trascrizione del pignoramento51. Si aggiunga inoltre che, come sopra chiarito, la funzione prenotativa della trascrizione del preliminare è modellata sulla
48 X. Xxxxxxxxx, La pubblicità immobiliare del contratto preliminare, in Riv. dir. civ., 1997, I, 534; cfr., in giurisprudenza, Cass., 14 novembre 2003, n. 17197, in Notariato, 2004, 131 ss.
49 Cfr. X. Xxxxxxxx, Contratto preliminare, pubblicità immobiliare e garanzie, in Luminoso A. e Palermo G.,
La trascrizione del contratto preliminare, Padova, 1998, 40.
50 Xxxxxxxxx, op. cit., 535.
51 Cfr. sul punto X. Xxxxxxxxx, op. cit., 535 s.
trascrizione della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre e non vi possono essere dubbi che l’efficacia della sentenza retroagisca al momento della domanda travolgendo anche la posizione di creditore che abbiano trascritto il loro titolo successivamente alla trascrizione della domanda52.
5.1. Durata dell’effetto prenotativo.
«Gli effetti della trascrizione del contratto preliminare cessano e si considerano come mai prodotti se entro un anno dalla data convenuta tra le parti per la conclusione del contratto definitivo, e in ogni caso entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo o di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto definitivo o della domanda giudiziale di cui all’art. 2652, primo comma, numero 2)» (art. 2654-bis, comma 3 c.c.).
La norma prevede un termine finale dell’efficacia di prenotazione della trascrizione.
Tale termine è fissato in tre anni dalla trascrizione del preliminare oppure, se cade prima, in un anno dalla data fissata per la conclusione del contratto definitivo. Entro tale termine deve essere eseguita la trascrizione, in via alternativa:
- del contratto definitivo;
- di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto definitivo, i cui contorni verranno esaminati di seguito;
- della domanda giudiziale di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre.
Poiché la trascrizione della domanda giudiziale ex art. 2652, numero 2) c.c. “prenota” gli effetti della eventuale sentenza che accolga la domanda, una volta trascritta la domanda stessa, l’efficacia di prenotazione perdura per tutta la durata del processo.
La ratio del termine finale della trascrizione è evidente e consiste nell’evitare che il promittente venditore, tramite, un preliminare “di comodo”, possa sottrarre a tempo indeterminato un suo immobile alla garanzia patrimoniale generica di cui all’art. 2740 c.c.
Si tratta di un termine finale della trascrizione che non incide sul rapporto sottostante, per cui rimangono invariate le obbligazioni del promittente venditore e del promissario acquirente, con l’unica rilevante differenza che il promissario acquirente non godrà più dell’effetto di prenotazione della trascrizione.
Il termine non è disponibile dalle parti, per cui qualora il termine di stipula del contratto definitivo sia più lungo di tre anni oppure in caso di proroga del predetto termine dalle parti di comune accordo, il promissario acquirente potrà trascrivere nuovamente il contratto preliminare con una nuova trascrizione che prenderà un nuovo grado dal momento della sua esecuzione. Si tratterà di una nuova trascrizione e non di una rinnovazione, che consentirebbe di prolungare gli effetti della precedente trascrizione.
Decorso il termine finale di trascrizione del preliminare si avrà l’automatica caducazione degli effetti della trascrizione senza che sia necessaria la cancellazione del preliminare. Quindi, chi ispeziona i registri immobiliari avrà l’onere di verificare se sia stato trascritto uno degli atti previsti dall’art. 2645-ter c.c. per mantenere l’effetto di prenotazione tipico della trascrizione del preliminare.
Sulla base dell’art. 2668, u.c. è possibile, però, la cancellazione della trascrizione del preliminare “quando la cancellazione è debitamente consentita dalle parti interessate”.
5.2. Corrispondenza tra preliminare e definitivo.
52 Cfr. X. Xxxxxxxx, op. cit., 45 s; contra X. Xxxx, Xxxxxx questioni in tema di trascrizione del contratto preliminare, in Riv. dir. civ., 1997, II, 384 il quale distingue, ai fini dell’efficacia dell’effetto prenotativo nei confronti delle procedure esecutive individuali, tra domanda di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., che sarebbe destinata a prevalere sul pignoramento trascritto prima del trasferimento definitivo e trascrizione del preliminare che, viceversa, sarebbe destinata a soccombere rispetto al pignoramento trascritto prima del trasferimento definitivo.
Con la trascrizione del contratto preliminare viene pubblicizzata la sequenza preliminare- definitivo che, altrimenti, rimarrebbe nell’ombra. Poiché la trascrizione del preliminare ha una funzione preparatoria e strumentale rispetto alla trascrizione del contratto definitivo, i cui effetti retroagiscono alla trascrizione del preliminare, cui idealmente si salda quella del definitivo, va segnalato sia nell’atto sia nella nota di trascrizione il collegamento tra il contratto preliminare ed il contratto definitivo53. Secondo la dottrina prevalente54, l’espressa menzione della causa solvendi nel contratto definitivo sarebbe indispensabile per evitare che possano sorgere dubbi in ordine al collegamento funzionale tra promessa e atto esecutivo nonché al fine di una maggiore chiarezza e completezza del sistema pubblicitario, e quindi non solo quando al preliminare si dia esecuzione con un atto che costituisca adempimento del definitivo a diverso titolo ma anche quando il definitivo riproduca integralmente il contenuto del contratto preliminare.
Il collegamento nella nota di trascrizione del contratto definitivo si opera mediante l’indicazione dei dati della trascrizione del preliminare nel quadro A nel campo “formalità di riferimento”.
L’efficacia prenotativa tipica del preliminare, cioè la possibilità di fare retroagire gli effetti della trascrizione del contratto definitivo al momento della trascrizione del contratto preliminare, è disposta dalla legge a favore i) del contratto definitivo; ii) di altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare; iii) della sentenza che accoglie la domanda diretta a ottenere l’esecuzione in forma specifica.
Ai fini della conservazione dell’effetto prenotativo, non si pongono particolari problemi di corrispondenza tra il contratto preliminare e la sentenza che accoglie la domanda diretta a ottenere l’esecuzione in forma specifica, considerato che la sentenza ha la funzione di sostituire il contratto preliminare che una delle parti obbligate si rifiuti di stipulare e che è compito del giudice rispettare l’assetto negoziale voluto dalle parti, fatti salvi gli eventuali aggiustamenti diretti a conservare l’equilibrio del sinallagma contrattuale ammessi dalla giurisprudenza più recente, di cui si è trattato in precedenza.
Evidentemente il legislatore con il riferimento ad “altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare” si è preoccupato di conservare l’efficacia di prenotazione della trascrizione in presenza di modifiche tra contratto preliminare e contratto definitivo tali da non cambiare la sostanza dell’operazione.
5.2.1. Variazioni oggettive.
Nel caso della trascrizione del contratto preliminare di compravendita è evidente che oggetto della trascrizione è la promessa di vendita di quel determinato immobile esattamente individuato nella nota di trascrizione.
Non si pongono particolari problemi per variazioni quantitative del bene oggetto della promessa di vendita: ad esempio Xxxxx ha promesso di vendere a Caio due appartamenti e con il contratto definitivo ne vende solamente uno. L’effetto di prenotazione riguarderà solamente l’appartamento oggetto della vendita. Se, invece, il contratto definitivo ha un oggetto più ampio del contratto preliminare, l’effetto prenotativo sarà limitato al bene che costituiva oggetto del contratto preliminare.
Ad analoga conclusione dovrebbe pervenirsi in presenza di una variazione solamente qualitativa del diritto trasferito, ove rimanga identico l’oggetto mediato del contratto, cioè il bene
00 X. xx Xxxxxx, La trascrizione del contratto preliminare: particolari fattispecie di interesse notarile, in Riv. not., 1998, 421 s.
54 Xx Xxxx, La trascrizione del contratto preliminare, in Corr. giur., 1997, 517; Salvadori e Xxxxxxxx, La metamorfosi del contratto preliminare: riflessioni e spunti suggeriti dalla nuova disciplina della trascrizione, in Contr. impr., 1997, 682; Xxxxxxx, La trascrizione immobiliare, in Il codice civile – Commentario diretto da Xxxxxxxxxxx, I, artt. 2643-2645-bis, Milano 1998, 711.
trasferito. Se Xxxxx ha promesso di vendere la piena proprietà di un immobile e, con il contratto definitivo, trasferisce l’usufrutto, non dovrebbero esservi dubbi che l’effetto di prenotazione permanga. Nel caso di trasferimento con il contratto definitivo di un diritto maggiore di quello promesso in vendita l’effetto di prenotazione dovrebbe essere garantito per lo stesso diritto promesso in vendita. Se Xxxxx ha promesso di vendere l’usufrutto e, con il contratto definitivo, trasferisce la piena proprietà, l’effetto di prenotazione dovrebbe riguardare il diritto di usufrutto55.
Se è innegabile la necessità di identità dell’immobile promesso in vendita per avere corrispondenza tra contratto preliminare e contratto definitivo, sembrerebbe che la formula “altro atto che costituisca comunque esecuzione del contratto preliminare” consenta la modifica del tipo negoziale che costituisca la causa del trasferimento56. Ad esempio, sembra senz’altro rispettata la coincidenza tra contratto preliminare e contratto definitivo nel caso in cui ad un contratto preliminare di vendita faccia seguito, per comune accordo delle parti, un contratto di transazione oppure un contratto di permuta con cui si trasferisca lo stesso immobile promesso in vendita. Naturalmente, qualora il diverso tipo negoziale comporti il trasferimento anche di altri immobili, l’efficacia retroattiva della trascrizione del contratto definitivo sarà limitata all’immobile promesso in vendita.
Al riguardo, si è affermato in dottrina che «in realtà il legislatore si è preoccupato di tutelare solo la posizione di colui che in forza del preliminare vanta delle aspettative nei confronti di un determinato bene, e quindi, conseguentemente, ha considerato inopponibili al medesimo le vicende giuridiche relative al bene stesso, mentre irrilevante, ai fini dell’efficacia della trascrizione è l’assetto che con il definitivo si dia alla posizione del promissario»57.
Certamente privo di alcun rilievo ai fini della conservazione dell’effetto di prenotazione è un’eventuale differenza tra il prezzo indicato nel preliminare e quello indicato nel definitivo; a tal fine appare sufficiente richiamare la circostanza che il prezzo della promessa di vendita non è indicato nella nota di trascrizione del contratto preliminare e quindi non è oggetto di pubblicità, sicché non può essere rilevante una divergenza tra preliminare e definitivo riscontrabile solamente da un esame dei titoli e non dalle note di trascrizione su cui è imperniato il sistema pubblicitario58.
5.2.2. Variazioni soggettive.
Non c’è dubbio che per conservare la funzione di prenotazione vi debba essere, in generale, identità soggettiva tra promissario acquirente e soggetto a cui favore è trasferito il bene promesso in vendita.
Ciò non toglie che siano consentite quelle variazioni soggettive che siano espressione di istituti propri del contratto in generale che hanno come funzione la sostituzione di un contraente al contraente originario, ove siano rispettati i requisiti della fattispecie normativa.
Occorre a questo punto verificare come la disciplina della trascrizione si debba coordinare con quella del contratto per persona da nominare.
Generalmente si ritiene necessaria la menzione della riserva di nomina nella trascrizione del contratto preliminare al fine della sua opponibilità ai terzi; in mancanza della menzione lo stipulante è considerato l’unico beneficiario della prenotazione e risulta impossibile il collegamento soggettivo tra stipulante e nominato.
È stato, però, autorevolmente osservato che l’omessa menzione della riserva di nomina non nuocerebbe, tuttavia, all’efficacia prenotativa, se la dichiarazione di nomina fosse stata trascritta entro il termine prescritto per l’esecuzione della trascrizione prenotata; in tal caso, ugualmente il nominato potrebbe opporre tale efficacia agli aventi causa dal promittente59.
55 X. Xxxxxxxxx, op. cit., 539 s.
00 X. xx Xxxxxx, op. cit., 424 ss.
00 X. xx Xxxxxx, op. cit., 425.
58 In senso conforme, X. Xxxxxxx, La trascrizione del contratto preliminare, in Riv. not., 1999, 253 s.
59 X. Xxxxxxxxx, op. cit., 542.
Se per il contratto è richiesta “a determinati effetti” una forma di pubblicità, deve agli stessi effetti essere resa pubblica anche la dichiarazione di nomina, con l’indicazione dell’atto di procura o dell’accettazione della persona nominata (art. 1403, comma 2 c.c.). Si tratta di stabilire quale sia il mezzo pubblicitario più adeguato a segnalare il subingresso con effetto retroattivo del nominato allo stipulante nel contratto preliminare.
Parte della dottrina ritiene che la dichiarazione di nomina xxxxxxxx trascritta a favore del nominato e contro lo stipulante in quanto non potrebbe declassarsi al rango di annotazione la pubblicità che attiene non al verificarsi di una circostanza dedotta in condizione, bensì all’individuazione del soggetto che assume il ruolo di parte negoziale60. In altri termini, considerato che la dichiarazione di nomina serve ad individuare il nuovo promissario acquirente, è necessario renderla pubblica con una formalità di pari dignità rispetto alla pubblicità del contratto preliminare, e quindi con la trascrizione contro il promissario acquirente ed a favore del nominato. Tale trascrizione andrà a saldarsi con la prima nota di trascrizione, che sarà indicata nel quadro A come formalità di riferimento, e consentirà al promissario acquirente di giovarsi dell’effetto di prenotazione fin dalla data della trascrizione del contratto preliminare. I sostenitori della pubblicità della dichiarazione di nomina per mezzo della trascrizione affermano che la trascrizione serve anche a risolvere eventuali conflitti tra più soggetti nominati dal promissario acquirente, con la prevalenza del soggetto nominato che trascriva per primo la dichiarazione di nomina.
È stata proposta in dottrina un’altra ricostruzione che valorizza il ruolo della dichiarazione di nomina quale condizione risolutiva rispetto alla posizione soggettiva del promissario acquirente e quale condizione sospensiva rispetto alla posizione soggettiva del terzo nominato, con efficacia retroattiva ex art. 1404 c.c. fin dal momento della trascrizione del preliminare. La dichiarazione di nomina ha semplicemente la funzione di pubblicizzare che il nominato subentra nella posizione contrattuale dello stipulans come se il nominato avesse sottoscritto il contratto preliminare di compravendita direttamente con il promittente. Una volta effettuata la nomina, è come se lo stipulante avesse concluso quel contratto preliminare come rappresentante del nominato che è parte sostanziale del contratto.
Sembrerebbe, quindi, più rispondente alla ricostruzione teorica dell’istituto l’annotazione della dichiarazione di nomina a margine della trascrizione del contratto preliminare, riportando nel quadro C i soggetti a favore e contro come nella nota originaria del preliminare trascritto e indicando il nominato quale soggetto a favore del quale esplica effetti l’annotazione61. Questa soluzione ha il vantaggio di una maggiore chiarezza nel sistema della pubblicità immobiliare in quanto all’ispezione dei Registri immobiliari si trova una sola trascrizione dell’unico contratto preliminare e un’annotazione che segnala il soggetto beneficiario dell’effetto di prenotazione che subentra nel contratto fin dall’origine.
Non convince la tesi che pretende di assegnare alla trascrizione della dichiarazione di nomina la risoluzione del conflitto tra più soggetti nominati con la prevalenza del primo che trascriva la dichiarazione di nomina. Ciò in quanto è riservata alla legge la selezione, tra quelli astrattamente possibili, del criterio di soluzione del conflitto tra più acquirenti di diritti incompatibili: in mancanza di un’espressa indicazione legislativa sembra conforme ai principi generali ed alle norme di diritto sostanziale la prevalenza del soggetto nominato per primo con atto di data certa comunicato al promittente venditore; la dichiarazione di nomina opera come condizione risolutiva che elimina la posizione contrattuale dello stipulante e consuma il suo potere di nomina per il futuro62.
60 X. Xxxxxxxxx, L’efficacia prenotativa della trascrizione del contratto preliminare, in Studium iuris, 1997, 461; X. Xxxxxxx, op. cit., 372 ss.
61 Cfr. X. xx Xxxxxx, op. cit., 430 s.
62 In senso conforme, X. Xxxxxxxx, Trascrizione del contratto preliminare e trasferimento della proprietà, Torino, 1998, 83 s.; X. Xxxxxxx, La trascrizione immobiliare, I, in Il codice civile commentato diretto da Xxxxxxxxxxx, sub. art. 2643, 376 s.; F. Xxxxx, Contratto preliminare per persona da nominare, in Riv. not., 2001, 1364; contra, Xxxxxxxxx, La pubblicità immobiliare, cit., 542.
Altra ipotesi di sostituzione del promissario acquirente si realizza con la cessione del contratto preliminare.
Potrebbe ritenersi che la cessione del contratto non sia trascrivile in quanto non produce alcuno degli effetti menzionati dall’art. 2643 c.c. A ben vedere la trascrizione della cessione del contratto preliminare non è eseguita ai fini dell’art. 2643 c.c. ma agli effetti dell’art. 2645-bis, al fine di conservare l’efficacia di prenotazione propria della trascrizione del contatto preliminare. Si segnala una semplice modifica soggettiva del contratto preliminare precedentemente trascritto.
In questa fattispecie, non è prevista legislativamente una retroattività nella sostituzione del cessionario con il cedente, nella qualità di parte promissaria del contratto preliminare. Ciò non esclude che il cessionario subentrando nella posizione del cedente potrà avvalersi dell’efficacia di prenotazione di cui beneficiava il cedente a condizione che pubblicizzi il subentro con la trascrizione. Tale trascrizione andrà eseguita contro il cedente, promissario acquirente, ed a favore del cessionario che si avvarrà del “grado” della trascrizione del preliminare trascritto63.
La tesi esposta è stata confermata dall’ufficio Studi del C.N.N. secondo il quale «non esistono dubbi sulla trascrivibilità della predetta cessione, allo scopo di consentire alla trascrizione del preliminare di completare la sua efficacia sui registri immobiliari e allo scopo di evitare che nella consultazione dei registri esista una frattura nella ricerca nominativa che caratterizza la pubblicità immobiliare»64.
5.3. Eccezione all’efficacia prenotativa del preliminare.
Un’eccezione all’efficacia di prenotazione del contratto preliminare è stabilita dall’art. 2825-bis c.c. per l’ipotesi di ipoteca iscritta su edificio o complesso condominiale, anche da costruire o in corso di costruzione, a garanzia del finanziamento dell’intervento edilizio, ai sensi degli articoli 38 e seguenti del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385.
È stabilito dalla predetta norma che, in caso di accollo di una quota del mutuo frazionato da parte del promissario acquirente, nel contratto preliminare o in un altro atto successivo, la quota di ipoteca a garanzia del debito accollato prevale sulla trascrizione anteriore del contratto preliminare.
In sostanza, la norma consente l’accollo di una quota di mutuo da parte del promissario acquirente, neutralizzando la funzione prenotativa del contratto preliminare che, altrimenti, avrebbe, di fatto, impedito l’accollo.
La fattispecie può essere così riassunta: i) l’impresa promette di vendere un’unità immobiliare di un edificio in corso di costruzione con un preliminare che viene trascritto; ii) l’impresa stipula un contratto di mutuo fondiario finalizzato alla ultimazione della costruzione; iii) l’impresa vende l’unità immobiliare al promissario acquirente con accollo della quota di mutuo appositamente frazionata, garantita da ipoteca sull’unità immobiliare venduta.
Ora, se operasse la funzione di prenotazione del preliminare l’ipoteca a garanzia del mutuo accollato non sarebbe opponibile all’acquirente dell’unità immobiliare in quanto la sua trascrizione retroagirebbe al momento della trascrizione del preliminare che era precedente all’iscrizione dell’ipoteca. Funzione della norma è proprio quella di neutralizzare nella fattispecie in oggetto la funzione di prenotazione e consentire l’accollo della quota di mutuo da parte del promissario acquirente.
Se l’accollo risulta da atto successivo, ad esempio dal contratto definitivo di compravendita, è annotato in margine alla trascrizione del contratto preliminare (art. 0000-xxx, xxxxxx comma c.c.). Si tratta di un’ipotesi eccezionale di annotazione diretta a segnalare una successione nel debito; normalmente l’annotazione serve a segnalare “la trasmissione dell’ipoteca” ad esempio per
00 X. xx Xxxxxx, op. cit., 432; Xxxxxxxxxx, La trascrizione del contratto preliminare, in Le nuove leggi civili commentate, 1988, 22.
64 Quesito n. 213-2006/C in B.D.N. “Xxxxxx Xxxxxxxx”.
cessione, surrogazione o postergazione del credito ipotecario oppure “il vincolo dell’ipoteca” per sequestro o pignoramento del credito ipotecario (cfr. art. 2843 c.c.)
Questa particolare annotazione ha la funzione di segnalare nei registri immobiliari, a margine della trascrizione del contratto preliminare, l’inefficacia dell’effetto di prenotazione nei confronti della banca per effetto dell’accollo della quota di mutuo da parte del promissario acquirente. La segnalazione potrebbe giovare al nominato, nel caso di nomina successiva a seguito della riserva contenuta nel preliminare, oppure al cessionario del contratto preliminare, i quali sono messi in condizione di conoscere l’inopponibilità dell’effetti di prenotazione all’ipoteca iscritta successivamente al preliminare e prima della trascrizione del contratto definitivo.
Si tratta di una tipica ipotesi di pubblicità-notizia, in quanto l’eccezione all’effetto di prenotazione del contratto preliminare è disposta dalla legge in presenza dei presupposti individuati dalla fattispecie normativa e non è condizionata all’avvenuta annotazione a margine della trascrizione del preliminare.
6. La dichiarazione di fallimento del promittente venditore.
Si è visto in precedenza che, una volta trascritto il contratto preliminare, secondo l’opinione prevalente, l’acquirente prevale su un eventuale pignoramento trascritto dopo la trascrizione del preliminare e prima della trascrizione del definitivo. Si può quindi affermare che la trascrizione del preliminare tutela il promissario acquirente contro azioni di espropriazione individuale promosse individualmente da singoli creditori del promittente alienante.
Più complessa è la situazione rispetto al fallimento del promittente venditore.
In caso di fallimento del promittente venditore, l’esecuzione del contratto rimane sospesa fino alla dichiarazione del curatore fallimentare che può decidere, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, se subentrare nel contratto, in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero sciogliersi dal medesimo (art. 72, commi 1 e 3 X.X. 00 marzo 1942, n. 267). In quest’ultima ipotesi, il promissario acquirente ha diritto di fare valere nel passivo il suo credito, senza che gli sia dovuto risarcimento del danno (art. 72, comma 4 X.X. 00 marzo 1942, n. 267, modificato dal
comma 6 dell’art. 4 del d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169).
Nel caso del fallimento del promittente venditore alla normativa di tutela predisposta dalla trascrizione del contratto preliminare si sovrappone la disciplina propria della legge fallimentare, che prevede, appunto, l’alternativa, a scelta del curatore fallimentare, tra il subentro nel contratto da parte del curatore stesso e lo scioglimento del contratto, che trasforma il diritto del promissario acquirente in un diritto di credito da far valere nel passivo del fallimento. È evidente che il promissario acquirente vede drasticamente ridimensionata la sua posizione.
Rispetto al fallimento del promittente venditore la trascrizione del preliminare assicura una doppia tutela.
Una prima e più forte forma di tutela è assicurata al preliminare di vendita trascritto, ai sensi dell’art. 2645-bis c.c., avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente.
Ai sensi dell’art. 72, comma 8 X.X. 00 marzo 1942, n. 267 (nella versione risultante dopo le modifiche apportate dal d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169, con effetto dal 1° gennaio 2008), in tale ipotesi non opera la facoltà di scelta del curatore fallimentare tra l’esecuzione del contratto e lo scioglimento dello stesso. Si tratta di una norma simmetrica alla previsione dell’art. 67, comma 3, lett. c) in base al quale «non sono soggette all’azione revocatoria le vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitativo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado».
L’esclusione della possibilità di scioglimento del contratto preliminare ad opera del curatore fallimentare, in caso di preliminare trascritto avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente, va a completare la tutela dell’accesso
all’abitazione che discende direttamente dall’art. 47 della Costituzione in base al quale “La Repubblica […] favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione”.
La destinazione ad abitazione principale costituisce una circostanza di fatto consistente nella destinazione dell’immobile a dimora abituale dell’acquirente o di suoi parenti e affini entro il terzo grado. Il concetto di abitazione principale coincide, sostanzialmente, con quello di residenza che si ricava dall’art. 43, comma 2 c.c.: “la residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale”. Trattandosi di una circostanza di fatto, può essere provata non solo con un certificato anagrafico rilasciato dal Comune ma anche con altri elementi di prova idonei, quali le denunce ai fini della fornitura di gas, trasporto di rifiuti solidi urbani o l’esibizione di uno stato di famiglia, come recentemente riconosciuto dalla giurisprudenza tributaria e dalla stessa prassi ministeriale65.
Ora, nel caso del contratto definitivo di compravendita traslativo della proprietà l’acquirente ha la possibilità di destinare l’immobile ad abitazione principale sua o di parenti e affini entro il terzo grado e di provare tale circostanza di fatto che può valere, insieme al requisito del giusto prezzo, ad escludere la revocatoria fallimentare.
Viceversa, nel caso del contratto preliminare di compravendita il promissario acquirente, tranne l’ipotesi eccezionale in cui sia stato immesso in anticipo nel godimento del bene, non ha la possibilità di destinare l’immobile ad abitazione principale, essendo tale destinazione rinviata a quando diventerà proprietario e possessore dell’immobile.
Si tratta, dunque, di una manifestazione d’intenti che sarà necessario che sia esplicitata nel contratto preliminare al fine di poter beneficiare della tutela accordata dall’art. 72, comma 8 l. fall.66. Nel caso di sostituzione della parte promissaria acquirente, per dichiarazione di nomina accettata dalla persona nominata o per cessione del contratto, sarà necessario che, nell’atto di accettazione della nomina o nell’atto di cessione del contratto, il nominato o il cessionario dichiarino espressamente l’intenzione di destinare l’immobile ad abitazione principale propria o di parenti o affini entro il terzo grado.
Un’altra ipotesi di esclusione del potere del curatore di sciogliersi dal contratto preliminare è stata individuata dalla giurisprudenza nella trascrizione della domanda di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre prima della dichiarazione di fallimento del venditore. In tal caso, secondo la giurisprudenza della Cassazione67, la sentenza che accoglie la domanda, anche se trascritta dopo la dichiarazione di fallimento del venditore, è opponibile alla massa dei creditori e impedisce l’apprensione del bene da parte del curatore del contraente fallito, che non può avvalersi dei poteri di cui all’art. 72 l. fall. Infatti gli effetti derivanti dalla sentenza di accoglimento della domanda trascritta, pronunciata ai sensi dell’art. 2932 c.c., retroagiscono alla data di trascrizione della domanda. Quindi, se la trascrizione è stata eseguita prima della dichiarazione di fallimento, deve ritenersi che il trasferimento della proprietà del bene promesso in vendita sia avvenuta prima di tale momento, restando in tal modo precluso il potere del curatore fallimentare di sciogliersi dal contratto (cfr. art. 72, comma 1 l. fall.).
Se la destinazione dell’immobile promesso in vendita ad abitazione principale, secondo le intenzioni manifestate dal promissario acquirente nello stesso contratto preliminare, può escludere il potere del curatore fallimentare di sciogliersi dal contratto, non è detto che sia sufficiente ad escludere la revocatoria fallimentare. L’esenzione dalla revocatoria fallimentare richiede un requisito specifico in più: che la vendita sia conclusa al giusto prezzo. Si tratta di un requisito, introdotto dalla recente riforma della legge fallimentare, assolutamente indeterminato e sganciato da alcun parametro normativo. Quanto al momento in cui debba essere verificata la meritevolezza del prezzo sembra preferibile il riferimento alla data del contratto preliminare, in conformità alla
65 Commissione Tributaria Provinciale di Treviso, Sentenza n. 136 del 30 dicembre 2005, in CNN Notizie del 10 novembre 2006; Risoluzione dell’Xxxxxxx xxxxx Xxxxxxx x. 000/X del 30 maggio 2008.
66 Nello stesso senso X. Xxxxxx, Appunti in tema di fallimento del venditore e tutela del promissario
acquirente in presenza ed in assenza di preliminare trascritto, in Il nuovo diritto fallimentare e il ruolo del notaio, i Quaderni della fondazione italiana per il notariato, 58.
67 Cass., sezioni unite, 7 luglio 2004, n. 12505, in Riv. not., 2005, 351 ss., con nota di X. Xxxxxx.
previsione del d.lgs. n. 122/2005, in quanto è in quel momento che si perfeziona l’accordo sul prezzo.
In presenza di un contratto preliminare trascritto in cui il prezzo pattuito sia, ad avviso del giudice fallimentare, evidentemente non giusto, non può escludersi che il contratto preliminare sia assoggettato alla revocatoria fallimentare. Secondo la giurisprudenza formatasi prima della riforma della legge fallimentare68, è revocabile anche il contratto preliminare, essendo soggetti all’azione revocatoria tutti quegli atti che incidono sul patrimonio del fallito e sono idonei a recare pregiudizio alla massa dei creditori, anche se non determinano l’immediato trasferimento di un bene di proprietà del fallito, in quanto la norma che attribuisce al curatore fallimentare la facoltà di sciogliersi dal contratto opera su un diverso piano e prescinde dall’esistenza delle condizioni stabilite per l’esercizio dell’azione revocatoria.
In tutte le ipotesi residuali in cui non opera la tutela sopra esaminata, ad esempio, perché la promessa di vendita non ha ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di un suo familiare, la trascrizione del contratto preliminare favorisce, comunque, il recupero delle somme sborsate alla parte promittente venditrice: il promissario acquirente, ai sensi dell’art. 72, comma 7 l. fall. gode del privilegio di cui all’art. 2775- bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento. Al fine della conservazione del privilegio fiscale è, quindi, necessario che il fallimento del promittente venditore sia dichiarato entro tre anni dalla trascrizione del contratto preliminare oppure entro un anno dalla data stabilita tra le parti per la conclusione nel contratto definitivo, se tale data viene a cadere prima dei tre anni dalla trascrizione del preliminare.
II. La circolazione del contratto preliminare.
1. Premessa.
L’osservazione della prassi commerciale e della casistica che emerge in giurisprudenza insegna che molteplici sono gli interessi sottesi alla circolazione del contratto preliminare.
L’istituto classico e più diffuso utilizzato per consentire la circolazione del contratto preliminare è la riserva di nomina del contraente finale. Si è osservato in dottrina che nei contratti immobiliari la riserva di nomina è così rituale che viene quasi considerata una clausola di stile. Tale strumento è utilizzato, con altrettanta frequenza, non solo nel sistema italiano, ma anche nei sistemi di common law e negli ordinamenti europei che non conoscono una disciplina generale del contratto per persona da nominare: ciò sta a significare come questo istituto emerga quasi come una necessità diretta a favorire la circolazione dei beni in modo rapido, tramite situazioni obbligatorie preordinate all’acquisizione del diritto di proprietà sul bene in un momento successivo alla contrattazione preliminare69.
In linea generale la circolazione del contratto preliminare serve a sostituire il promissario acquirente nella fase che intercorre tra la conclusione del contratto preliminare e la stipula del contratto definitivo.
La sostituzione del promissario acquirente può essere ricondotta a due macrointeressi: l’interesse speculativo diretto a “vendere l’affare” e l’interesse liberale diretto a beneficiare un congiunto dei vantaggi del contratto preliminare.
2. Il contratto per sé o per persona da nominare.
L’istituto che normalmente viene utilizzato per la sostituzione del promissario acquirente è la riserva di nomina contenuta nel preliminare.
68 Cass. 9 dicembre 2004, n. 23016.
69 Cfr. F. Xxxxx, Contratto preliminare per persona da nominare, in Riv. not., 2001, 1342.
Ai sensi degli art. 1401 e seguenti c.c., l’acquirente può riservarsi la facoltà di nominare successivamente, entro la stipula del contratto definitivo, la persona che deve acquistare i diritti ed assumere gli obblighi nascenti dal contratto.
È opportuno richiamare brevemente le varie ricostruzioni della natura giuridica dell’istituto.
Secondo una prima tesi, il contratto per persona da nominare è un contratto con effetto alternativo quanto ai soggetti, alternatività che dipenderebbe da una condizione risolutiva nei riguardi dell’acquisto dello stipulante e, al tempo stesso, sospensiva nei riguardi dell’acquisto dell’eligendo. Queste condizioni si verificherebbero con la dichiarazione di nomina. In definitiva il congegno di alternatività comporta una sostituzione soggettiva con effetto retroattivo del contratto che resta immutato sotto il profilo oggettivo.
Una tesi più recente giustifica la sostituzione soggettiva del promissario acquirente con una facoltà dello stipulante di liberarsi dagli effetti contrattuali nominando un altro soggetto dal quale ha avuto procura oppure ratifica.
Secondo la ricostruzione prevalente in dottrina ed in giurisprudenza, il contratto per persona da nominare integrerebbe una singolare figura di rappresentanza eventuale (in quanto la nomina è una facoltà e non un obbligo per lo stipulante) in incertam personam (in quanto l’identità del nominato non è comunicata al momento della riserva di nomina ma successivamente).
L’inquadramento dell’istituto nell’ambito della rappresentanza è utile nei limiti in cui consente di applicare ai rapporti tra stipulante e nominato la relativa disciplina. Non vanno, però, trascurate alcune peculiarità dell’istituto al vaglio che lo distinguono nettamente dalla rappresentanza.
Il contratto si perfeziona fin dalla sua conclusione tra promittente e stipulante il quale assume in proprio tutti gli obblighi derivanti dal contratto; lo stipulante è parte sostanziale del contratto mentre il rappresentante è parte solamente formale del contratto. Lo stipulante, essendo parte sostanziale del contratto, può esercitare facoltà e diritti accessori derivanti dal contratto, ad esempio ricevere la detenzione dell’immobile, senza che ciò pregiudichi la riserva di nomina, rispetto alla quale sarà incompatibile solamente l’esecuzione della prestazione principale, che comporterà l’estinzione del potere di nomina70. Ad esempio, il trasferimento dell’immobile in favore dello stipulante, prima del termine fissato nel preliminare, determinerà certamente l’estinzione della riserva di nomina contenuta nel contratto preliminare.
È frequente che il termine per la dichiarazione di nomina coincida con la data fissata per la conclusione del contratto definitivo. Ciò appare pienamente ammissibile, tanto che la giurisprudenza della Cassazione attribuisce al nominato la legittimazione ad agire ex art. 2932 c.c. anche se lo stesso sia stato nominato il giorno fissato per la stipula poi non avvenuta per assenza del promittente venditore71. In tale ipotesi, all’atto dovrà, quindi, intervenire anche l’originario primissario acquirente, nella sua qualità di stipulante, al fine di procedere alla dichiarazione di nomina prima del trasferimento definitivo dal promittente al nominato.
Quando la dichiarazione di nomina è stata validamente fatta, la persona nominata acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dal contratto con effetto dal momento in cui questo fu stipulato (art. 1404 c.c.).
Perché la dichiarazione di nomina sia valida, la stessa deve essere comunicata al promittente entro il termine stabilito al momento della riserva della nomina e deve essere accompagnata dall’accettazione della persona nominata, salvo che non esistesse una precedente procura conferita dal nominato allo stipulante (art. 1402 c.c.).
L’accettazione della persona nominata non può intervenire dopo il termine fissato nel contratto preliminare. Qui emerge un’altra differenza con la rappresentanza dove la ratifica del rappresentato può intervenire anche successivamente alla conclusione del contratto; la differenza è
00 Xxx. X. Xxxxxxx, Xx tutela del promittente, dello stipulante e dell’acquirente nominato nella contrattazione immobiliare per persona da nominare, in La “circolazione” del contratto preliminare di alienazione di immobili, I quaderni della Fondazione italiana per il Notariato, 2009, 19.
71 Cass., 10 maggio 1976, n. 1644, in Foro it., 1976, I, 1845, con nota di Xxxxx.
giustificata dalla vincolatività del rapporto tra promittente e stipulante il quale può sostituire a sé un altro soggetto solo a condizione che rispetti la disciplina della nomina.
Effettuata validamente la nomina lo stipulante esce di scena e viene sostituito nel contratto con effetto retroattivo dal nominato, come se lo stesso avesse fin dall’origine concluso il preliminare di compravendita.
La retroattività della sostituzione del nominato nella posizione contrattuale dello stipulante, che è caratteristica indefettibile del contratto per persona da nominare, comporta che sia lo stipulante sia il nominato debbono avere la capacità giuridica e la legittimazione ad acquistare fin dal momento della conclusione del preliminare.
Questo è un punto particolarmente delicato della disciplina del contratto per persona da nominare.
È frequente nella prassi commerciale che la dichiarazione di nomina venga effettuata in favore di una società non ancora costituita al momento della conclusione del contratto preliminare. Si è affermato in dottrina che «la riserva di nomina del terzo deve, poi, necessariamente riguardare una persona già esistente e determinabile al momento della stipulazione del contratto… Di qui il fondato dubbio sulla validità di nomina a favore di società non ancora costituita al momento della conclusione del contratto, a meno che la fattispecie non possa essere ricostruita in termini condizionali»72.
Un’ipotesi ricorrente nella prassi, nella quale va attentamente verificata la compatibilità della riserva di nomina con la legittimazione del nominato, riguarda la vendita di una farmacia.
In giurisprudenza è stata ritenuta nulla la vendita di una farmacia ad una persona non farmacista, e perciò non legittimata ad acquistare, anche se l’acquirente dichiara di acquistare per sé o per persona da nominare e poi nomini un farmacista73.
La giurisprudenza si è dimostrata meno rigida per il contratto preliminare avente ad oggetto la vendita di una farmacia. Si è affermato che «la capacità dei contraenti necessaria al momento della conclusione dell’accordo preliminare è quella ordinaria per contrarre, ben potendo quella specifica, eventualmente richiesta dal contratto definitivo, sopravvenire e sussistere al momento della stipula finale: è pertanto giuridicamente valido il patto sottoscritto da soggetti capaci di assumere obbligazioni condizionate ad un evento futuro e incerto, o comunque, all’intervento di un soggetto con la specifica capacità»74. In tale ipotesi l’adesione del terzo verrebbe configurata come condicio iuris sospensiva dell’acquisto.
Com’è noto, secondo l’opinione prevalente, in dottrina ed in giurisprudenza, il contratto contenente la riserva di nomina produce fin dall’inizio effetti tra promittente e stipulante. Tale efficacia immediata del contratto risponde ad un’esigenza, di rilevanza pubblicistica, di certezza nei rapporti giuridici, in quanto, in mancanza, si lascerebbe allo stipulante la discrezionalità circa l’esistenza del vincolo contrattuale in attesa della dichiarazione di nomina. Sulla base di queste argomentazioni, si esclude la possibilità per l’autonomia privata di stipulare un contratto solamente per persona da nominare. Si potrebbe ipotizzare un contratto in cui lo stipulante assume non l’onere ma l’obbligo di procedere alla nomina del contraente finale assumendosi una responsabilità precontrattuale in caso di mancata nomina.
Secondo la giurisprudenza l’immediata efficacia del contratto concluso per persona da nominare per il soggetto che si è riservata la nomina del contraente, fino a quando questa non sia stata effettuata, rappresenta un principio che non può essere derogato dalle parti, riflettendo esigenze di carattere generale che trascendono quelle particolari75.
72 X. Xxxxxxxx, Le clausole contrattuali per sé o per persona da nominare, in Vita not., 1990, III, XCVII.
73 Cass., 30 gennaio 1951, n. 251, in Foro it., I, col. 561.
74 Cass., 14 gennaio 1988, n. 190, in Rass. dir. farm., 1988, 587; in Rep. giur. it., 1988, voce Obbligazioni e contratti, n. 329; in senso conforme cfr. Cass., sezioni unite, 8 novembre 1983, n. 6587, in Rass. giur. farm., 1998, fasc. 47, 31.
75 Cass., 12 dicembre 1995, n. 12733, in Notariato, 1996, 109, con nota di Xx Xxxxxxxxxx.
Un problema portato spesso all’esame della giurisprudenza riguarda l’ammissibilità della riserva di nomina nel contratto preliminare di vendita di un terreno agricolo in presenza di un affittuario coltivatore diretto oppure di un confinante coltivatore diretto aventi diritto a prelazione.
L’art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, che disciplina la prelazione agraria in favore dell’affittuario del fondo, dispone che “il proprietario deve notificare con lettera raccomandata al coltivatore la proposta di alienazione trasmettendo il preliminare di compravendita in cui devono essere indicati il nome dell’acquirente, il prezzo di vendita e le altre norme pattuite compresa la clausola per l’eventualità della prelazione. Il coltivatore deve esercitare il suo diritto entro il termine di trenta giorni.
Qualora il proprietario non provveda a tale notificazione o il prezzo indicato sia superiore a quello risultante dal contratto di compravendita, l’avente titolo al diritto di prelazione può, entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, riscattare il fondo dall’acquirente e da ogni altro successivo avente causa”.
Dalla lettera della legge risulta che l’affittuario coltivatore diretto del fondo ha diritto di ricevere, unitamente ala proposta contrattuale, il preliminare di compravendita con l’indicazione del nome dell’acquirente. La giurisprudenza consolidata conferma che esiste un preciso interesse dell’affittuario a conoscere fin dal momento della comunicazione della proposta il nome del compratore onde poter valutare l’opportunità di esercitare il diritto di prelazione con riferimento alle qualità dello stesso76. Si aggiunge che è esclusa la possibilità di trasmettere un contratto per persona da nominare per l’incertezza che esso comporta in ordine al soggetto acquirente e per il disorientamento che esso provoca nel coltivatore, cui non vengono prospettati elementi sicuri ed immutabili di valutazione77.
Più possibilista è la giurisprudenza circa l’utilizzo della riserva di nomina nel preliminare indirizzato al confinante coltivatore diretto.
Si afferma, al riguardo, che, mentre l’affittuario coltivatore diretto del fondo ha interesse a conoscere fin dal momento della comunicazione della proposta il nome del compratore onde poter valutare l’opportunità di esercitare il diritto di prelazione con riferimento alle qualità dello stesso, identico interesse non ha il proprietario coltivatore diretto di fondo confinante, in quanto, per effetto del mancato esercizio del diritto di prelazione, egli non subentra in alcun rapporto giuridico con il nuovo proprietario del fondo, sicché è valida la comunicazione della proposta di alienazione del fondo che venga fatta al proprietario coltivatore diretto di fondo confinante senza l’indicazione del nome del terzo acquirente. Secondo la giurisprudenza, poiché non c’è alcun rapporto interpersonale tra il confinante coltivatore diretto e l’acquirente del fondo, contrariamente a quanto accade nella prelazione dell’affittuario del fondo, in cui si realizza una cessione ex lege del contratto d’affitto, il fatto che lo stipulante faccia intervenire altra persona quale acquirente nel contratto definitivo non determina una difformità di rilievo, tale da incidere sulle scelte del confinante in ordine all’acquisto del fondo78. Né sarebbe possibile invocare, in senso contrario, la lettera dell’art. 8 della legge n. 590/1965, in quanto nell’analisi interpretativa sarebbe prevalente la funzione della norma79. In altri termini, considerata la genesi della prelazione del confinante che risulta da un rinvio successivo contenuto nell’art. 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, secondo la giurisprudenza il diverso assetto di interessi giustifica una deroga alla lettera della norma che regola la prelazione dell’affittuario insediato sul fondo.
2.1. La cessione del contratto.
76 Cass., 19 maggio 2003, n. 7768, in Vita not., 2003, 1418; Cass., 19 luglio 1990, n. 7392
77 Cass., 25 maggio 1987, n. 4685, in Giur. agr. it., 1988, 38; Cass. 25 gennaio 1991, n. 751, in Giur. agr. it.,
283.
78 Cass., 17 settembre 1983, n. 5626, in Foro it., 1984, I, 1349.
79 Cass., 7 febbraio 1987, n. 1306; Cass., 14 febbraio 0000, x. 0000, xx Xxxxx. xxx., 0000, X, 0000; Cass., 19
luglio 1990, n. 7392.
Riguardo al problema che ci occupa, è utile verificare le differenze tra il contratto per sé o per persona da nominare e la cessione del contratto.
Con la cessione del contratto il promissario acquirente sostituisce a sé un terzo che subentra nella sua stessa posizione contrattuale, cioè in tutto il complesso di posizioni attive e passive, principali e accessorie.
Secondo la tesi prevalente in giurisprudenza, la cessione del contratto ha natura di negozio trilaterale in quanto per il suo perfezionamento è necessario non solo il consenso del soggetto cedente (promissario acquirente) e del soggetto cessionario (che subentra al promissario acquirente) ma anche il consenso del contraente ceduto.
È preferibile la tesi, prevalente in dottrina, secondo la quale il consenso del contraente ceduto non è necessario per la formazione del contratto, bensì per la liberazione del cedente dai debiti assunti verso il contraente ceduto, in applicazione del principio espresso, in tema di accollo, dall’art. 1273, comma 2 c.c.
Questa impostazione sembra confermata dall’art. 1408, comma 1 c.c. in base al quale il cedente è liberato dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto dal momento in cui al sostituzione diviene efficace nei suoi confronti. “Tuttavia il contraente ceduto, se ha dichiarato di non liberare il cedente, può agire contro di lui qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte” (art. 1408, comma 2 c.c.).
Al riguardo, si tenga presente che “se una parte ha consentito preventivamente che l’altra sostituisca a sé un terzo nei rapporti derivanti dal contratto, la sostituzione è efficace nei suoi confronti dal momento in cui le è stata notificata o in cui essa l’ha accettata” (art. 1407 c.c.).
Si può, dunque, concludere sul punto che:
- per effetto del consenso manifestato dal contraente ceduto (promittente venditore) al momento della conclusione del contratto preliminare, il cedente (promissario acquirente) è liberato ex lege dalle sue obbligazioni verso il contraente ceduto; in altri termini il consenso del contraente ceduto, con una presunzione legale, è equiparato a liberazione del debitore originario che è considerata un effetto naturale del contratto;
- il contraente ceduto (promittente venditore) può dichiarare di non liberare il cedente, e quindi riservarsi di agire contro di lui qualora il cessionario non adempia le obbligazioni assunte;
- qualora il consenso alla cessione del contratto sia dato preventivamente, ad esempio nel contratto preliminare, ove il contraente ceduto non intenda liberare il cedente, sarà opportuno che, in quel momento, dichiari la sua volontà di non liberare il cedente.
Anche se la cessione del contratto, preventivamente autorizzata dal contraente ceduto, presenta delle notevoli affinità con il contratto per persona da nominare, rimane la differenza fondamentale dell’efficacia della sostituzione. Infatti, nella cessione del contratto la successione del cessionario al cedente opera ex nunc mentre nel contratto per persona da nominare il nominato subentra nel contratto retroattivamente con effetto fin dal momento della conclusione del contratto.
Questa fondamentale differenza consente di utilizzare lo strumento della cessione del contratto in quelle ipotesi, sopra accennate, in cui il soggetto che deve subentrare nel contratto non esiste o non ha la legittimazione al momento della conclusione del contratto preliminare. Con la cessione del contratto, effettuata nel momento in cui sussistono tutti i requisiti richiesti al cessionario, si superano problemi conseguenti alla retroattività della nomina nel contratto per persona da nominare.
Un’altra fondamentale differenza riguarda la garanzia che deve prestare il cedente al cessionario e vale a segnare un netto distacco di disciplina rispetto ai rapporti tra stipulante e nominato nel contratto per persona da nominare.
Ai sensi dell’art. 1410 c.c., il cedente è tenuto a garantire la validità del contratto; inoltre può assumere, per patto espresso, la garanzia dell’adempimento del contratto e, in tal caso, risponde come fideiussore per le obbligazioni del contraente ceduto. Al contrario lo stipulante, nel contratto per persona da nominare, per effetto della nomina e dell’accettazione del nominato, esce dal rapporto obbligatorio ed è sostituito nello stesso dal nominato.
2.2. Il contratto a favore di terzo.
Per la sostituzione del promissario acquirente, nella stipula del contratto definitivo di compravendita, può essere utilmente utilizzato il contratto preliminare a favore di terzo. Il terzo beneficiario del contratto non assume gli obblighi derivanti dal contratto preliminare ma è esclusivamente beneficiario dell’effetto traslativo. È stato osservato in dottrina che «se il terzo designato entra in scena come acquirente in sede di stipulazione del contratto definitivo, in questa sede egli non subentra ma per così dire “nasce” acquirente, come contraente definitivo». Anche in giurisprudenza è stato rilevato che, con riguardo ad un contratto preliminare, la ricorrenza di un contratto per persona da nominare, ai sensi e per gli effetti degli art. 1401-1405 c.c., non è ravvisabile quando la riserva di nomina di un terzo venga riferita non allo stesso preliminare, in relazione ai diritti ed obblighi da esso nascenti, ma al contratto definitivo che le parti stesse si impegnano a stipulare80.
Normalmente il terzo beneficiario viene designato nello stesso contratto a favore di terzo; ci si chiede se sia ammessa una designazione successiva con cui il promittente, sciogliendo la riserva contenuta nel preliminare, designi il beneficiario dell’effetto traslativo.
Secondo la dottrina prevalente, è concessa all’autonomia privata la facoltà di designare successivamente il beneficiario dell’effetto traslativo, in analogia con quanto previsto dall’art. 1920, comma 2 c.c. che, in tema di assicurazione sulla vita a favore di terzo, parla espressamente di designazione del beneficiario con successiva dichiarazione scritta comunicata all’assicuratore.
Dal punto di vista dogmatico, la principale difficoltà dell’istituto consiste nel conciliare i princìpi del contratto a favore di terzo, il quale riceve esclusivamente vantaggio dalla stipulazione a suo favore, con la struttura del preliminare che attribuisce alle parti una posizione complessa caratterizzata da diritti ed obblighi.
Sulla base della ricostruzione giurisprudenziale, si ravvisa nel preliminare di vendita a favore di terzo “un contratto obbligatorio atipico e gratuito” che, tramite una sequenza procedimentale di atti, realizza la funzione della vendita: in forza del predetto contratto sorge a carico dello stipulante l’obbligazione di pagamento del prezzo ed a carico del promittente l’obbligo di trasferire il diritto sul bene al terzo. In altri termini, il terzo acquista esclusivamente il diritto ad ottenere il trasferimento in suo favore, trasferimento che è realizzato dal promittente in adempimento dell’obbligazione assunta nel contratto preliminare.
3. Casistica.
Per riassumere le osservazioni che precedono sulle varie figure che consentono la sostituzione del promissario acquirente tra la conclusione del contratto preliminare e la stipula del contratto definitivo di compravendita si possono proporre alcuni esempi concreti, cercando di individuare la soluzione più coerente con i princìpi generali degli istituti coinvolti.
3.1. Stipulante che persegua un intento speculativo - Xxxxx ha concluso con Primo un contratto preliminare per sé o per persona da nominare con cui ha promesso di acquistare un appartamento per il prezzo di 100; successivamente “rivende l’affare” a Secondo il quale offre per l’acquisto dello stesso immobile 120. Per realizzare la sostituzione di Xxxxxxx, quale parte promissaria acquirente, Xxxxx effettua la dichiarazione di nomina a favore di Xxxxxxx, il quale subentra nei diritti e negli obblighi assunti da Xxxxx con il contratto preliminare, e quindi nell’obbligo di pagare 100 quale prezzo dell’acquisto.
Sulla validità di una simile operazione non può dubitarsi: al riguardo è sufficiente considerare che la cessione del contratto consentirebbe una vendita onerosa del preliminare e non si
80 Cass., 8 novembre 1983, n. 6587, in Mass. giur. it., 1983; in Foro it., 1984, I.
vede per quale ragione ciò non debba essere consentito nell’ambito del contratto per persona da nominare81. Le parti potrebbero avere interesse a preferire il contratto per persona da nominare alla cessione del contratto: sia per motivi fiscali, in quanto la cessione del contratto comporterebbe una tassazione con l’aliquota al 3%, sia per motivi di disciplina sostanziale, in quanto il cedente, da una parte, potrebbe essere chiamato a garantire il contraente ceduto, per il caso di inadempimento del cessionario; dall’altra parte, dovrebbe garantire al cessionario la validità del contratto. In definitiva, il contratto per persona da nominare consente di uscire definitivamente dal rapporto, in maniera più tranquillizzante rispetto alla cessione del contratto.
Il problema principale consiste nel qualificare giuridicamente la natura del vantaggio speculativo ricavato da Xxxxx nell’operazione. Si è sostenuto in dottrina che «il compenso liquidato allo stipulante per l’abbandono dell’affare va civilisticamente e fiscalmente individuato come rinuncia all’affare o come compenso per l’obbligo adempiuto, non di vendere, ma di procurare l’acquisto del bene, senza alcuna valenza mediatoria»82. Tale vantaggio economico lucrato dallo stipulante potrebbe essere inquadrato nel compenso spettante al mandatario per l’attività svolta; ai sensi dell’art. 1709 c.c. il mandato si presume oneroso83. È importante distinguere l’eventuale compenso spettante allo stipulante dal rimborso di somme che lo stesso abbia anticipato al promittente a titolo di acconto sul prezzo.
In alcuni casi l’operazione è strutturata in maniera più complessa.
Per tornare all’esempio da cui si è partiti, a volte Xxxxx, dopo avere concluso con Xxxxx un contratto preliminare con cui promette di acquistare per il prezzo di 100, successivamente conclude con Secondo un altro contratto preliminare, per sé o per persona da nominare, per il prezzo di 200, Successivamente, procede alle due dichiarazioni di nomina con cui mette in relazione Xxxxx e secondo per la conclusione del contratto definitivo al prezzo di 100, lucrando la differenza di 20. Questa modalità offre una maggiore certezza di conclusione dell’affare, stante la possibilità di azionare l’esecuzione in forma specifica connessa ai preliminari84.
Un’ulteriore variante è rappresentata dalla possibilità che Tizio paghi direttamente il prezzo della compravendita a Primo il quale rilascerà contestualmente allo stesso una procura irrevocabile a vendere senza obbligo di rendiconto.
Nelle ultime due ipotesi prospettate esiste il rischio fiscale che, in sede contenziosa, l’operazione venga riqualificata come una doppia vendita85.
Secondo la giurisprudenza, se in un contratto preliminare di compravendita, per sé o per persona da nominare, il promittente venditore si obbliga altresì, a tal fine, a conferire al promissario acquirente procura irrevocabile a vendere, con dispensa dal rendiconto, il secondo negozio, autonomo e indipendente dal mandato, e idoneo a consentire al promissario acquirente la definitiva e piena disponibilità del bene, costituisce adempimento del primo, essendo sostanzialmente traslativo della proprietà; quindi è da escludere in esso la configurabilità di un mandato con rappresentanza86.
3.2. Donazione indiretta ad un congiunto tramite contratto a favore di terzo - Xxxxx, che intende intestare un immobile al figlio, pagando direttamente il prezzo della compravendita, avverte l’esigenza di condurre direttamente le trattative con il promittente venditore e desidera figurare personalmente come promissario acquirente, non volendo che il figlio assuma personalmente obbligazioni nel contratto preliminare.
81 In senso conforme X. Xxxxxxx, op. cit., 18.
82 X. Xxxxxxx, op. cit., 22, il quale cita alla nota 53 Luminoso, I contratti tipici e atipici, in Tratt dir. priv. diretto da Xxxxxx e Zatti, Milano, 1995, 19; Xxxxxxx, Diritto civile e commerciale, Padova, 2, 1, 1990, 238-239. Secondo Xxxxx, op. cit., nota 9, il profitto realizzato in tali fattispecie non costituisce comunque plusvalenza speculativa e non va soggetto, pertanto, alla tassazione di cui all’art. 81 del T.U. n. 917/1986.
00 Xxx. Xx Xxxxxxx, Il contratto per persona da nominare, Padova, 1993, 537.
84 Patti, op. cit., 1345.
85 X. Xxxxxxx, op. cit., 21, Pennasilico, Il contratto per persona da nominare, Milano, 144.
86 Cass., 7 aprile 1997, n. 2697.
Xxxxx concluderà un contrato preliminare di compravendita riservandosi, fin dalla conclusione del contratto, la possibilità di nominare il figlio quale terzo beneficiario dell’effetto traslativo. Secondo l’impostazione giurisprudenziale si tratta di un “contratto atipico a titolo gratuito” con cui Xxxxx beneficia il figlio di una liberalità indiretta; il successivo trasferimento avverrà in adempimento dell’obbligazione assunta nel contratto preliminare.
Il contratto a favore di terzo consente a Xxxxx di far ottenere al figlio il beneficio del trasferimento immobiliare senza assumere la qualità di parte sostanziale del contratto preliminare e, quindi, senza assumere alcuna obbligazione. Diversamente con il contratto per persona da nominare, per effetto della dichiarazione di nomina, il nominato subentra con effetto retroattivo nella stessa posizione contrattuale dello stipulante, assumendone i relativi diritti ed obblighi.
La possibilità di procedere successivamente alla designazione del terzo beneficiario, ammessa dalla dottrina prevalente ed anche dalla giurisprudenza, consente a Tizio di riservarsi la possibilità di valutare, per tutta la durata del preliminare, se intestare l’immobile al figlio oppure, se intestarlo direttamente a se stesso quale promissario acquirente.
È interessante, al riguardo un caso di giurisprudenza in cui colui che intendeva effettuare una donazione indiretta a favore della fidanzata, essendo venuti meno i presupposti della donazione per mancata celebrazione del matrimonio, ha dovuto agire in via giudiziale per ottenere la dichiarazione di inefficacia della promessa di vendita a favore della fidanzata87.
3.3. Permuta di terreno edificabile con appartamento a favore di un congiunto – Xxxxx è proprietario di un terreno edificabile che trasferisce, a titolo di permuta, all’impresa Alfa la quale si obbliga a trasferire, allo stesso titolo, un appartamento che costruirà sul terreno ricevuto da Xxxxx. Xxxxx vorrebbe, però, che l’appartamento fosse intestato al figlio Xxxxxxxx.
Secondo la giurisprudenza la facoltà di inserire in un contratto di permuta la riserva di nominare la persona che dovrà acquistare i diritti e assumere gli obblighi nascenti dal contratto è ammissibile in un contratto di permuta ad effetti obbligatori – e non anche in una permuta a effetti istantanei, quale è quella che si realizza con lo scambio immediato di beni esistenti88.
Sembra più corretto qualificare la deviazione degli effetti della permuta a favore di Xxxxxxxx nell’ambito del contratto a favore di terzo: Xxxxx esegue la sua prestazione consistente nel trasferimento del lotto di terreno e indirizza gli effetti della controprestazione a favore del figlio Xxxxxxxx che non assume la qualità di parte del contratto ma solamente di beneficiario dell’effetto traslativo.
3.4. Contratto preliminare a favore di società non ancora esistente - Tizio intende concludere un contratto preliminare particolarmente vantaggioso avente ad oggetto un’area edificabile e vorrebbe far subentrare nella posizione di promissario acquirente una società a responsabilità limitata che andrà successivamente a costituire.
È dubbia la possibilità di utilizzare, nella fattispecie in esame, il contratto per sé o per persona da nominare, in quanto la società che dovrebbe essere nominata non esisteva al momento della conclusione del contratto preliminare, per cui non può operare la sostituzione con effetto retroattivo del nominato allo stipulante.
87 Xxxxx, che intendeva effettuare una donazione indiretta a favore della fidanzata Xxxxxx, in vista del futuro matrimonio, aveva organizzato un contratto preliminare di un appartamento con cui una società costruttrice prometteva di vendere alla fidanzata Xxxxxx. Quindi Primo ha pagato interamente il prezzo della compravendita e Tizia è stata immessa nel possesso anticipato dell’immobile. A seguito della rottura del fidanzamento, Primo ha chiesto, in via giudiziale, che fosse dichiarato privo di effetti nei confronti di Xxxxxx il contratto preliminare, in quanto contenente una donazione indiretta in previsione di futuro matrimonio, non perfezionatasi a casa della mancata celebrazione del matrimonio. La Cassazione ha accolto la domanda di Primo stabilendo che il venir meno della causa donandi in conseguenza della mancata celebrazione del matrimonio ha fatto venir meno l’attribuzione patrimoniale in favore di Xxxxxx ma non ha inciso sulla efficacia del preliminare nei rapporti tra la società promittente venditrice e Primo effettivo promissario acquirente (Cass., 15 gennaio 1986, n. 171, in Riv. dir. comm., 1987, n. 239).
88 Cass., 28 luglio 1980, n. 4864, in Mass. giur. it., 1980.
Si è affermato in giurisprudenza che il contratto sarebbe valido come contratto a favore di terzo, anche se il terzo non esisteva come soggetto giuridico al momento della conclusione del contratto89. Più recentemente, la Corte di Cassazione ha affermato che nel contratto per persona da nominare non è richiesto che all’atto della stipulazione ex art. 1401 c.c. la persona da nominare sia già esistente, essendo invece necessaria tale esistenza solo nel successivo momento della designazione ex art. 1402 c.c., in virtù della quale il terzo nominato subentra nei diritti ed obblighi assunti dall’originario contraente90. Anche in dottrina è ammesso un contratto a favore di soggetto futuro in quanto dalla normativa sul testamento (art. 462, comma 3) e sulla donazione (art. 784) si evince il più generale principio secondo il quale può attribuirsi un vantaggio anche in attesa che l’avvantaggiato venga ad esistenza91.
Sembra preferibile utilizzare, nel caso che si sta trattando, lo strumento della cessione del contratto con cui Xxxxx, una volta costituita la società, cede a titolo gratuito il contratto preliminare alla società che subentra ex nunc nella medesima posizione contrattuale di Xxxxx. In tal modo, essendo esclusa ogni retroattività, non si pone il problema della inesistenza della società al momento della conclusione del contratto preliminare.
4. La circolazione del preliminare avente ad oggetto un immobile da costruire.
Com’è noto, il decreto legislativo 10 giugno 2005, n. 122 in esecuzione della delega contenuta nella legge 2 agosto 2004, n. 210, appresta una articolata tutela a favore degli acquirenti di immobili da costruire.
La disciplina in esame «si colloca sul crinale di un ideale spartiacque fra la normativa a tutela della corretta circolazione del bene immobile e la legislazione protettiva degli interessi di soggetti considerati istituzionalmente più deboli»92.
L’art. 1 del decreto indica come soggetto acquirente “la persona fisica che sia promissaria acquirente o che acquisti un immobile da costruire, ovvero che abbia stipulato ogni altro contratto, compreso quello di leasing, che abbia o possa avere per effetto l’acquisto o comunque il trasferimento non immediato, a sé o ad un proprio parente in primo grado, della proprietà o della titolarità di un diritto reale di godimento su di un immobile da costruire…”.
La norma citata individua come destinatario della tutela la persona fisica che sia promissoria acquirente… ovvero che abbia stipulato ogni altro contratto… che abbia o possa avere per effetto l’acquisto o comunque il trasferimento non immediato a sé o ad un proprio parente di primo grado. La norma prevede espressamente una possibile dissociazione tra lo stipulante ed il beneficiario del trasferimento che potrebbe essere un parente di primo grado dello stipulante.
Viene subito spontanea la domanda se quella prevista dalla norma sia l’unica ipotesi di sostituzione della parte acquirente ammessa dal decreto 122. Evidentemente non vi sono ragioni per ridurre l’applicabilità di istituti generali quali il contratto per persona da nominare, la cessione del contratto ed il contratto a favore di terzo.
L’ipotesi prevista dalla legge è solamente quella più frequente nella prassi commerciale: il padre o il nonno intendono realizzare una donazione indiretta a favore di un discendente intestando allo stesso l’immobile. Si potrebbe anche leggere il riferimento al trasferimento non immediato, a sé o ad un proprio parente in primo grado, non specificamente rivolto al contratto per persona da nominare ma, più genericamente, alle diverse modalità utilizzate nella prassi per l’intestazione dell’immobile in favore di un discendente a mezzo di una donazione indiretta: ad esempio, con
89 Cass., 17 dicembre 1975, n. 4143, in Giur. it., 1997, I, 967.
90 Cass., 22 marzo 2006, n. 6405, in I contr., 2007, 133, con nota di Xxxxxxxxxx.
91 M.C. Xxxxxx, Il contratto in generale, Milano, 2002, 696 s.
92 X. Xxxxxxx, Il contenuto della garanzia fideiussoria ex d.lgs 122/2005 e le conseguenze della sua incompletezza ed erroneità, in Tutela dell’acquirente degli immobili da costruire: applicazioni del D.LGS. 122/2005 e prospettive, Atti del Convegno organizzato dalla Fondazione Italiana per il Notariato tenutosi a Roma il 20-21 gennaio 2006, 124.
pagamento del prezzo da parte del “donante”, con un contratto a favore di terzo, con la cessione del contratto preliminare.
Per verificare la sussistenza del requisito soggettivo necessario per l’applicabilità della disciplina di tutela (acquirente persona fisica) occorre far riferimento alla persona dello stipulante93, cioè di colui che contratta con l’imprenditore in una posizione di debolezza contrattuale e necessita della disciplina di tutela ed in particolare: i) delle informazioni dettagliate che è in grado di offrire il preliminare predisposto in conformità a quanto disposto dall’art. 6 del decreto 122, ii) della consegna della fideiussione a garanzia della restituzione delle somme o altri corrispettivi pagati al costruttore.
Nel caso in cui successivamente alla conclusione del contratto, avvalendosi della facoltà contenuta nel contratto stesso, lo stipulante nomini un altro soggetto, occorre verificare se si estenda allo stesso la disciplina di tutela ed in particolare se continui a valere la fideiussione precedentemente prestata dall’imprenditore.
Non sorgono particolari problemi per l’ipotesi in cui il nominato sia un parente di primo grado dello stipulante.
In tal caso, è pacifico, risultando dal tenore letterale dell’art. 1, lett. a) del decreto, che si estende al parente di primo grado la disciplina di tutela ed il nominato acquisterà gli stessi diritti dello stipulante, per cui continuerà a produrre efficacia la stessa fideiussione già rilasciata allo stipulante.
La perdita di efficacia della fideiussione, con il conseguente obbligo dell’imprenditore di doverne consegnare una nuova, indebolirebbe la tutela dell’acquirente, in contrasto con la ratio legis. Si noti che l’art. 2 del decreto 122 richiede il rilascio e la consegna all’acquirente, al momento della stipula del contratto - che abbia come finalità il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento su un immobile da costruire - ovvero in un momento precedente, della fideiussione di importo corrispondente a tutte le somme che il costruttore ha riscosso e, secondo i termini del contratto, deve ancora riscuotere dall’acquirente prima del trasferimento della proprietà o di altro diritto reale. È evidente la preoccupazione del legislatore di consentire all’acquirente di ottenere la fideiussione nella fase delle trattative quando ancora ha un minimo di forza contrattuale nei confronti del venditore. Richiedere una nuova fideiussione, in caso di sostituzione della persona dell’acquirente, significherebbe lasciare lo stesso senza alcuna tutela fino al momento in cui il costruttore non adempia a tale obbligo; il che sembra andare contro la ratio dell’art. 2 del decreto 122.
Più dubbia è l’applicabilità della disciplina di tutela nel caso in cui lo stipulante nomini una persona diversa da un parente di primo grado.
Secondo autorevole dottrina in tal caso non si applicherebbe la tutela del decreto 12294: il contenuto del contratto sarà conforme fin dall’origine al disposto dell’art. 6 del decreto ma perderà efficacia la fideiussione già consegnata allo stipulante e il costruttore resterà esonerato dall’obbligo di consegna dell’assicurazione di cui all’art. 4 del decreto 122.
Sembra preferibile la tesi che estende, anche in caso di sostituzione dello stipulante con una persona fisica diversa da un parente di primo grado, la disciplina di tutela dell’acquirente. In primo luogo, non si vede la ragione per disapplicare le norme proprie del contratto per persona da nominare e della cessione del contratto. “La persona nominata acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dal contratto con effetto dal momento in cui questo fu stipulato” (art. 1401 c.c.); la cessione del contratto comporta una sostituzione di un terzo nei rapporti derivanti da un contratto con prestazioni corrispettive (art. 1406 c.c.). Si aggiunga che è pure ipotizzabile un’interpretazione della norma dell’art. 1 del decreto 122 come riferita non tanto al contratto per persona da nominare quanto alla ipotesi più diffusa di donazione indiretta da ascendente a discendente.
00 Xxx. X. Xxxxxxxx, Xx “circolazione” del preliminare di vendita del costruttore e il D.Lgs. 122/2005, in La “circolazione” del contratto preliminare di alienazione di immobili, I quaderni della Fondazione italiana per il Notariato, 2009, 47.
94 X. Xxxxxxxx, op. cit., 51.
Non si estenderà la disciplina di tutela nell’ipotesi in cui la sostituzione dello stipulante avvenga a favore di una soggetto che non rivesta i requisiti soggettivi richiesti dall’art. 1 del decreto, ad esempio a favore di una società.
Diversi sono gli effetti della sostituzione di un nuovo acquirente allo stipulante per quanto concerne la polizza assicurativa indennitaria decennale che il costruttore deve consegnare all’acquirente ai sensi dell’art. 4 del decreto 122. Mentre la fideiussione di cui agli articoli 2 e 3 del decreto produce i suoi effetti prima del trasferimento della proprietà dell’immobile, garantendo la restituzione delle somme e di ogni altra utilità versata al costruttore, qualora questi versi in una situazione di crisi, l’assicurazione produce i suoi effetti dalla data di ultimazione dei lavori per i successivi dieci anni garantendo l’acquirente contro la responsabilità del costruttore di cui all’art. 1669 c.c. Ne deriva che beneficiario della polizza assicurativa sarà il destinatario degli effetti traslativi del contratto, e quindi la persona nominata dallo stipulante oppure cessionaria del contratto preliminare oppure il terzo a cui favore è stata effettuata la stipulazione.
Resta da segnalare un possibile utilizzo da parte del costruttore degli istituti che comportano una sostituzione della parte acquirente in funzione elusiva della disciplina di tutela del decreto 122.
Il costruttore stipula con una società “di comodo” un preliminare per persona da nominare e successivamente la società nomina il contraente “finale” persona fisica oppure la “società di comodo” cede a persone fisiche la sua posizione contrattuale verso il costruttore. In entrambe le ipotesi il contratto è nato, nel formale rispetto della legge, al di fuori dell’ambito di applicazione della normativa di tutela, pertanto non ha rispettato le prescrizioni dell’art. 6 in tema di contenuto del contratto e la fideiussione non è stata prestata. Non sembra possibile adeguarsi tardivamente, cioè successivamente alla electio amici o alla cessione del contratto, alle prescrizioni del decreto 122, considerando che il costruttore è estraneo alla successiva vicenda di nomina o alla cessione del contratto, qualora abbia preventivamente acconsentito alla cessione del contratto (art. 1407 c.c.)95.
E’ evidente che simili costruzioni contrattuali potrebbero subire la sanzione della nullità se ne fosse dimostrato l’intento di frode alla legge, peraltro difficilmente dimostrabile.
5. Indicazione in atto delle modalità di pagamento.
Nelle ipotesi, sopra esaminate, di sostituzione del promissario acquirente con altro soggetto, si pone il problema delle dichiarazioni richieste dall’art. 35, comma 2 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
Si tratta di verificare se il mutamento soggettivo dell’acquirente, e quindi il fatto che i pagamenti siano stati effettuati in parte dallo stipulante e in parte dal nominato, comporti delle modifiche nella tecnica di documentazione delle modalità di pagamento. Più precisamente, occorre verificare se si debba guardare ai pagamenti ricevuti dal venditore, indipendentemente dal soggetto (stipulante o nominato) che ha effettuato il pagamento oppure ai pagamenti effettuati dall’acquirente, e quindi se sia necessario il rimborso delle somme ricevute in acconto da parte del promittente venditore e la ripetizione di tutti i pagamenti da parte dell’acquirente.
La disciplina civilistica del contratto per persona da nominare e della cessione del contratto comporta il subentro del nominato e del cessionario nella posizione contrattuale dello stipulante e del cedente, e quindi in tutti i diritti ed obblighi dello stesso. Ne consegue che il promittente venditore non è obbligato ad alcun rimborso di somme legittimamente incassate, a titolo di acconto prezzo, dal promissario acquirente, poi uscito dal contratto.
Sembra più corretto fare riferimento alla posizione del venditore, e quindi ai pagamenti dallo stesso ricevuti; infatti, a prescindere dalla circolazione del preliminare, non è detto che il
95 Cfr. X. Xxxxxx, Xxxxxx rilevanti ai fini dell’applicazione del d.lgs. 122/2005 e nuove tecniche per “fermare l’affare”, in Tutela dell’acquirente degli immobili da costruire: applicazioni del D.LGS. 122/2005 e prospettive, Atti del Convegno organizzato dalla Fondazione Italiana per il Notariato tenutosi a Roma il 20-21 gennaio 2006, 53 e ss e nota 24.
pagamento del prezzo debba essere effettuato necessariamente dall’acquirente (si pensi alle frequenti ipotesi di donazione indiretta dal padre al figlio mediante pagamento diretto del prezzo al venditore)96.
Pertanto, nella dichiarazione sostitutiva di atto notorio ex art. 35, comma 22 del decreto legge n. 223/2006 andranno indicati sia i pagamenti di acconti effettuati dallo stipulante sia i pagamenti a saldo effettuati dal nominato.
Nessuna menzione è richiesta dalla legge per i pagamenti effettuati dal nominato a favore dello stipulante per rimborsarlo dei pagamenti effettuati ed eventualmente per corrispondergli il corrispettivo pattuito per la cessione dell’affare97. Tra l’altro, nessun rimborso potrebbe essere dovuto dal nominato allo stipulante perché il primo potrebbe avere anticipato al secondo le somme necessarie a far fronte alle obbligazioni assunte, in conformità all’art. 1719 c.c.
Nel caso di cessione del contratto preliminare, andranno indicati sia i pagamenti di acconti effettuati dal cedente sia i pagamenti a saldo effettuati dal cessionario. Nessuna menzione, invece, è richiesta per quanto riguarda i rapporti tra cedente e cessionario: in particolare non sarà necessario menzionare le modalità di pagamento del corrispettivo convenuto per la cessione del contratto preliminare98.
96 Cfr. X. Xxxxx, La tracciabilità dei pagamenti ante e post Bersani, in La “circolazione” del contratto preliminare di alienazione di immobili, I quaderni della Fondazione italiana per il Notariato, 2009, 27.
97 Cfr. X. Xxxxx, op. cit., 27.
98 Cfr. X. Xxxxx, op. cit., 32.