GIUSEPPINA PIZZOLANTE
I CONTRATTI CON I CONSUMATORI E LA NUOVA DISCIPLINA COMUNITARIA IN MATERIA DI LEGGE APPLICABILE ALLE OBBLIGAZIONI CONTRATTUALI
XXXXXXXXXX XXXXXXXXXX
Ricercatore di Diritto Internazionale Università degli Studi di Bari
Recibido: 22.07.2009 / Aceptado: 10.08.2009
Riassunto: Il regolamento «Roma I» ha trasformato la Convenzione di Roma del 1980 in uno strumento comunitario. In relazione ai contratti stipulati con i consumatori, il regolamento ha ampliato l’ambito materiale di applicazione dell’articolo 6. Secondo il nuovo testo, tranne alcune eccezioni, la disposizione speciale si applica a qualsiasi contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, indipendentemente dal suo oggetto. L’ar- ticolo analizza in particolare due aspetti: (a) i motivi che hanno giustificato la modifica (b) il suo ambito di ap- plicazione (soggettivo e oggettivo).
Esso illustra altresì lo sviluppo della costruzione europea in materia di contratti dei consumatori ed esa- mina l’inserimento nelle direttive comunitarie in materia di protezione dei consumatori di specifiche disposi- zioni concernenti il loro ambito di applicazione aventi lo scopo di garantire la loro effettiva applicazione.
Infatti, un certo numero di direttive in materia contiene una disposizione che, pur non essendo una norma di conflitto, comporta una incidenza sulla legge applicabile al contratto. Se il contratto ha un legame stretto con il territorio di uno o più Stati membri, tali disposizioni dispongono l’applicazione del diritto comunitario, anche se le parti hanno scelto il diritto di un paese terzo.
Parole chiave: Regolamento «Rome I» - Convenzione di Roma – legge applicabile ai contratti dei con- sumatori – libertà di scelta - «standard» di tutela del consumatore – legge applicabile in mancanza di scelta – di- rettive comunitarie in materia di protezione del consumatore.
Abstract: The «Rome I» Regulation has converted the 1980 Rome Convention into a Community instru- ment. In relation to consumer contracts, the Regulation has expanded the scope of material application of Article 6. Under the new text, with certain exceptions, the special provision dealing with consumer contracts appliesto any con- tract entered into between a professional and a consumer, regardless of its object. This paper analyses in particular two aspects (a) the reasons that justified the modifications (b) its scope (subjective and objective) of application.
It also shows the development of European consumer contract law within the whole area of European con- tract law and analyses the inclusion into EC directives on consumer protection of specific provisions as to their international scope in order to ensure their effective and uniform application to international consumer transac- tions. In fact, certain number of directives contain a provision that, although not being a conflict of laws’ rule, have an impact on the applicable law to a contract. If the contract has a direct link to the territory of one or more Mem- ber States, these provisions provide for the application of Community law even if the parties chose the law of a third country.
Key Words: «Rome I» Regulation - Rome Convention - applicable law to consumer contracts - freedom of choice - «standard» of consumer protection - applicable law in the absence of choice - EC directives on con- sumer protection.
Sommario: I. Premessa. Le ragioni sottese al rinnovamento dell’art. 5 della Convenzione di Roma. II. L’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 6 del regolamento n. 593 del 2008. In parti- colare, la nozione giuridica di “consumatore”. III. L’ambito oggettivo di applicazione della norma. Il collegamento della residenza abituale del consumatore. IV. Il divieto di privare il consumatore della protezione garantita dalle disposizioni imperative della legge di residenza abituale. V. Il rapporto con le altre disposizioni di diritto comunitario derivato. VI. L’effettività della tutela riconosciuta al consumatore. VII. Il rapporto con le norme imperative di applicazione necessaria.
I. Premessa. Le ragioni sottese al rinnovamento dell’art. 5 della Convenzione di Roma.
1. Il regolamento n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali («Roma I») ha innovato in maniera significa- tiva la disposizione di cui all’art. 5 della Convenzione di Roma, recante la disciplina dei contratti conclusi dai consumatori1.
Infatti, i criteri di applicazione previsti dall’art. 5, par. 2 di tale Convenzione, – la pubblicità, la firma di un contratto, il ricevimento di un’ordinazione – non sono in grado di tutelare suffi- cientemente il consumatore c.d. «mobile», ovvero colui che, al fine di effettuare un acquisto o ri- correre ad un servizio, si è recato in un paese diverso da quello nel quale risiede abitualmente e, soprattutto, non sono più adeguati allo sviluppo delle nuove tecniche di commercializzazione a di- stanza.
Inoltre, il meccanismo sotteso alla norma convenzionale agevola il frazionamento della legge applicabile a causa dell’applicazione cumulativa della legge scelta dalle parti e delle disposizioni imperative della legge di residenza abituale del consumatore. In caso di controversia, in partico- lare, questa soluzione articolata implica costi procedurali aggiuntivi non giustificati dal valore mo- desto del contenzioso in materia di consumo2.
Nei lavori della Commissione per la trasformazione della Convenzione di Roma in strumento comunitario3 sono state prospettate diverse possibilità per procedere al rinnovamento dell’art. 5. Tra
1 In GUUE L177 del 4 luglio 2008. In dottrina, X. SALERNO/X. XXXXXXXX (a cura di), “Regolamento CE n. 593/2008 del Par- lamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali («Roma I»)”, Le Nuove Leggi Civili Commentate, 2009, n. 3, p. 475 ss. In forza dell’art. 24 del regolamento, la Convenzione di Roma resta in vigore con riguardo ai territori degli Stati membri che rientrano nel campo di applicazione territoriale della Convenzione ma ai quali il regolamento non è applicabile a norma dell’art. 299 del trattato.
2 Sulla base di questa le parti possono scegliere qualsiasi legge, anche se non presenta alcun legame con il contratto e pos- sono modificare anche successivamente la scelta iniziale (Sul criterio di collegamento della volontà delle parti si rinvia per tutti, anche per riferimenti, a X. XXXXXX, La riforma italiana del diritto internazionale privato, CEDAM, Padova, 1998, pp. 137 ss., 000, 000 xx.; XX., Xxx xxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx xxxxx xxxxxx juridiques en droit international privé, in Recueil des Cours, Brill, Leiden, t. 276, 1999, p. 183 ss.; X. XXXXXXX, Autonomia della volontà e scelta di legge nel diritto internazionale privato, Ca- cucci, Bari, 1999; ID., La scelta della legge applicabile da parte dei contraenti, in Il nuovo diritto europeo dei contratti: dalla convenzione di Roma al regolamento “Roma I”, Il Sole 24 ore, Roma, 2007, p. 78 ss., nonché, A.-X. XXXXX XXXXXXXX/X. XXX- XXXXXXX XXXXXXXX, Derecho internacional privado, Décima Edición, Editorial Comares, Granada, 2009, passim). Tuttavia, al- l’art. 5, par. 2, essa dispone che questa scelta, qualora ricorrano determinate circostanze, tutte indicative dell’affidamento prestato dal consumatore nei confronti della propria legge, non può conseguire il risultato di privare lo stesso della protezione garanti- tagli dalle disposizioni imperative del paese nel quale risiede abitualmente. Inoltre, sulla base dell’art. 5, par. 3, in caso di man- canza di scelta, lo stesso contratto è sottoposto, al sussistere delle medesime condizioni, ed in deroga al criterio del collegamento più stretto, previsto in via generale dall’art. 4, alla legge del paese nel quale il consumatore ha la sua residenza abituale. L’art. 5 della Convenzione di Roma, così come l’art. 6, relativo ai contratti individuali di lavoro, si colloca nel metodo di coordina- mento tra ordinamenti delle considerazioni materiali, sebbene non realizzino «nel modo più autonomo e compiuto le finalità del metodo materiale dei conflitti di leggi», operando «al solo fine di correggere il funzionamento di norme di conflitto tradizio- nali». In tal senso X. XXXXXX, La riforma italiana, cit., p. 29 ss. e, spec., p. 306 ss., con bibliografia ivi citata in note. Sul pro- blema più generale dei vari metodi di coordinamento tra ordinamenti si veda, inoltre, ID., Xxx xxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx, xxx., xxxxxx.
0 Xx veda al riguardo il Libro verde sulla trasformazione in strumento comunitario della convenzione di Roma del 1980 ap- plicabile alle obbligazioni contrattuali e sul rinnovamento della medesima (doc. COM/2002/654 def. del 14 gennaio 2003) e, in dottrina, A.M. XXXXX-XXXXXXXXX, “The Revision of the Rome Convention of 1980 on the Law Applicable to Contractual Ob- ligations: A Crucial Role within the European Contract Law Project?”, Nordic Journal of International Law, 2003, p. 351 ss.; J.-X. XXXXXXX, “La modernisation et l’harmonisation du droit des contrats: une perspective européenne”, Uniform Law Review, 2003, p. 137 ss.; Xxx Xxxxxx Institute for Foreign Private and Private International Law, Working Group on Rome I, “Comments on the European Commission’s Green Paper on the conversion of the Rome Convention of 1980 on the law applicable to con- tractual obligations into a Community instrument and its modernization”, Rabels Zeitschrift, 2004, p. 32 ss.; European Consumer Law Group, “‘Rome I’-Law Applicable to Consumer Transactions”, ECLG/096/2004, October 2004, xxxx://xxx.xxxxxxxx- xxxxxxxxxxxxxxxx.xxx/Xxxxxxx; J.-X. XXXXXXX, “Faut-il avoir peur du contrat sans loi?”, in Le droit international privé: esprit et méthodes – Mélanges en l’honneur de Xxxx Xxxxxxx, Dalloz, Paris, 2005, p. 102 ss.; X. XXXXXXXXX/X. XXXXXX, “The Green Paper on a Future Rome I regulation: On the Road to a Renewed European Private International Law of Contracts”, Zeitschrift für Vergleichende Rechtswissenschaft, 2004, p. 131 ss.; J.L. XXXXX/E.A. XXXXXXXXXX, “Revision of the Rome Convention on the law applicable to contractual obligations (1980): Perspectives from international commercial and financial law”, Revue eu- xxxxxxx xx xxxxx xxxxxxx xx xxxxxxxxx, 0000, x. 000 xx.
xxxxxx, xx xxxxxxxx, innanzitutto, la soluzione accolta nella iniziale proposta di regolamento4 consistente nel prevedere l’applicazione ai contratti di consumo dell’unico criterio di collegamento della residenza abituale del consumatore. Dobbiamo, inoltre, segnalare la proposta di lasciare immutata la formulazione dell’art. 5 della Convenzione di Roma, modificandone solo le condizioni di applicazione in modo da contemplare il consumatore «mobile», come pure l’opzione di generalizzare l’operatività delle norme di conflitto comuni applicabili in materia di obbligazioni contrattuali, contenute negli articoli 3 e 4 della Convenzione, che portano ad applicare la legge del venditore, e di disporre contemporaneamente un’ap- plicazione generalizzata delle norme imperative dello Stato in cui il consumatore è domiciliato.
Se fosse stata accolta quest’ultima soluzione il contratto di consumo sarebbe stato disciplinato dalla legge – scelta o meno dalle parti – del paese in cui l’operatore è stabilito, consentendosi al giudice di applicare in entrambi i casi le norme imperative di protezione previste dalla legge del paese in cui il consumatore è domiciliato. Probabilmente questa conclusione avrebbe garantito una maggiore prevedi- bilità della legge applicabile alla fattispecie, ma avrebbe aumentato i casi di frazionamento.
II. L’ambito soggettivo di applicazione dell’art. 6 del regolamento n. 593 del 2008. In particolare, la nozione giuridica di “consumatore”.
2. In forza dell’art. 6, par. 1, del regolamento n. 593/2008 «un contratto concluso da una persona fisica per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività commerciale o professionale («il consumatore») con un’altra persona che agisce nell’esercizio della sua attività commerciale o profes- sionale («il professionista») è disciplinato dalla legge del paese nel quale il consumatore ha la residenza abituale»5.
È utile rilevare, innanzitutto, che, a differenza della soluzione accolta nella proposta di regola- mento, la disciplina definitivamente adottata si applica anche nei confronti del consumatore avente la re- sidenza abituale in uno Stato extracomunitario. Nella proposta di regolamento, infatti, la residenza abituale, oltre ad essere criterio di collegamento applicabile ai contratti in esame, costituiva anche re- quisito necessario per l’applicabilità della norma ratione personae. La scelta originaria era dettata dalla volontà di applicare, nei confronti delle imprese che accettano il rischio del commercio estero, la disci- plina – meno favorevole al consumatore – prevista in via generale per le obbligazioni contrattuali.
La definizione di consumatore che si ricava dal regolamento è imperniata sull’uso operato dal consumatore del bene o servizio; ed, in particolare, tale uso deve considerarsi estraneo all’attività com- merciale o professionale esercitata. In considerazione di ciò, evidentemente, dall’ambito di applicazione della normativa sono esclusi tutti quei contratti aventi ad oggetto beni o servizi che comunque possono
4 Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I), doc. COM/2005/650 def. del 15 dicembre 2005. In dottrina, X. XXX, “Neue Dimensionen privatautonomer Rechtswahl: Die Xxxx nichtstaatlichen Rechts im Entwurf der Rom I-Verordnung”, Xxxxxxxxxxx Xxxxxxx, 0000, x. 000 xx.; X. XXXXXXXXX, “Stillschweigende Rechtswahl und wählbares Recht”, in X. XXXXXX (Hrsg.), Das Grünbuch zum Internationalen Vertragsrecht: Beiträge zur Fortentwicklung der vertraglichen Xxxxxxxxxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, Xxxxxxx, 0000, p. 86 ss.; X. XXXXXXX, “Die Xxxx nichtstaatlichen Rechts nach Art 3 Abs 2 des Entwurfs einer Rom I VO: Auswirkungen auf das optionale Instrument des euro- päischen Vertragsrechts”, Xxxxxxxxxxx xxx Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx, 0000, x. 00 xx.; X. XXXXXXXXXXXX, “The Parties Choice of “Neutral Law” in International Sales Contracts”, European Journal of Law Reform, 2005, p. 303 ss.; X. XXXXX, “Time to Slice and Dice in the Contractual Kitchen?”, in X. XXXXXXX (ed.), New Features in Xxxxxxxx Xxx, Xxxxxxx, Xxxxxxx, 0000, p. 299 ss.;
X. XXXXXXXX, “Nichtstaatliches Recht als Vertragsstatut vor staatlichen Gerichten – oder: Privatkodifikationen in der Abseits- falle?”, IPRax, 2007, p. 241 ss.; X. XXXXX, “Die Vergemeinschaftung des internationalen Vertragsrechts durch “Rom I” und ihre Auswirkungen auf das österreichische internationale Privatrecht”, Journal of Business Law, 2006, p. 750 ss.; X. XXXXXXX, “Re- marques xxx xx xxxxxxxxxxx xx xxxxxxxxx xx xx Xxxxxxxxxx xxxxxxxxxx xxx xx xxx applicable aux obligations contractuelles (Rome I)”, Rev. crit. droit intern. privé, 2006, p. 331 ss.; X. XXXXXXXXX, “Der Vorschlag für die Rom I-Verordnung”, IPRax, 2006, p. 101 ss.; M.-X. XXXXXXX, “Die geplante Umwandlung des EVÜ in die Rom I-VO”, ecolex, 2006, n. 5, p. 441 ss.; X. XXXXXXX- XXXXXX, “Neues aus Brüssel”, Xxxxxxxxxxx xxx Xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx, 0000, x. 00 xx.; X. XXXXX/P.A. XXXXXXX, “The Rome I Proposal”, Journal of Private International Law, 2008, p. 29 ss.
5 Il primo comma dell’art. 5 della Convenzione di Roma del 1980 stabilisce che la normativa di tutela si applica «ai con- tratti aventi per oggetto la fornitura di beni mobili materiali o di servizi a una persona, il consumatore, per un uso che può con- siderarsi estraneo alla sua attività professionale, e ai contratti destinati al finanziamento di tale fornitura». Conformemente a quanto ora previsto dal regolamento n. 593/2008, consumatore è, dunque, colui che acquista beni o servizi per un uso personale, estraneo alla propria attività professionale.
essere utilizzati all’interno dell’attività professionale svolta dal consumatore, poiché l’uso non può essere con- siderato estraneo a tale attività.
In altri termini, la disciplina in esame è applicabile solo ai contratti che riguardino beni diretti al soddi- sfacimento dei bisogni privati, indipendentemente dalla posizione delle parti nel contratto. La soluzione accolta nel regolamento, infatti, prova, ancora una volta, che in materia di politica di tutela dei consumatori il legisla- tore comunitario ha concentrato la propria attenzione sull’elemento soggettivo del rapporto, mettendo in secondo piano quello oggettivo. In forza di questa tecnica di normazione, la disciplina comunitaria ha superato i postu- lati di «neutralità» ed «eguaglianza» che hanno sempre caratterizzato le parti di un negozio, al fine di dare ri- lievo al dato, soggettivo, della posizione di debolezza dei contraenti ed alla loro diversa forza economica6.
La nozione di consumatore accolta dal regolamento «Roma I» rispecchia fondamentalmente la defini- zione contenuta sia nelle diverse direttive comunitarie sui consumatori7, sia nel regolamento n. 44/2001/CE del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle de- cisioni in materia civile e commerciale8.
6 In questo senso X. XXXXX, “Il diritto comunitario dei contratti”, in X. XXXXXXX (a cura di), Il diritto privato dell’Unione euro- pea, Tratt. Bessone, vol. XXVI, I, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2000, p. 617.
7 Basti pensare all’art. 2 della direttiva 93/13/CEE del 5 aprile 1993, riguardante le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GUCE L95 del 21 aprile 1993), in forza della quale consumatore è la «persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale» ed alla direttiva 97/7/CE del 17 feb- braio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GUCE L144 del 4 giugno 1997), per la quale consumatore è la «persona fisica che agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale». Per la direttiva 85/577/CEE del 20 dicembre 1985, riguardante la protezione dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commer- ciali (GUCE L372 del 31 dicembre 1985), consumatore è «la persona fisica che agisce per un uso che può considerarsi estraneo alla propria attività professionale». Identiche tra loro sono le definizioni presenti nelle direttive 1999/44/CE del 25 maggio 1999, su ta- luni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (GUCE L171 del 7 luglio 1999), e 2002/65/CE del 23 settembre 2002, concernente la commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori (GUCE L271 del 9 ottobre 2002), per le quali con- sumatore è «qualsiasi persona fisica che agisce per fini che non rientrano nell’ambito della sua attività commerciale o professionale». Praticamente identica è pure la definizione introdotta dalla direttiva 2000/31/CE dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuri- dici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno, in forza della quale con- sumatore è «qualsiasi persona fisica che agisca a fini che non rientrano nella sua attività commerciale, imprenditoriale o professionale» (GUCE L178 del 17 luglio 2000). In parte differente è la nozione, invece, offerta dalla direttiva 98/6/CE del 16 febbraio 1998, rela- tiva alla protezione dei consumatori in materia di indicazione dei prezzi dei prodotti offerti ai consumatori (GUCE L80 del 18 marzo 1998), per la quale consumatore è «qualsiasi persona fisica che acquista un prodotto destinandolo a scopi che non rientrano nella sfera della sua attività commerciale o professionale». Viceversa, la direttiva 90/314/CEE del 13 giugno 1990, concernente i viaggi, le va- canze ed i circuiti «tutto compreso», dà una diversa definizione del consumatore; questi, infatti, è «la persona che acquista o si im- pegna ad acquistare servizi tutto compreso (il contraente principale) o qualsiasi persona per conto della quale il contraente principale si impegna ad acquistare servizi tutto compreso (gli altri beneficiari) o qualsiasi persona cui il contraente principale o uno degli altri beneficiari cede il servizio tutto compreso (il cessionario)». Nella nozione di consumatore rientrano, pertanto, «il contraente princi- pale», «gli altri beneficiari», nonché «il cessionario».
Anche la direttiva 85/374/CEE del Consiglio del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, rego- lamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, si discosta dall’orienta- mento generale risultante dalla direttiva sulle clausole abusive. Invero, essa non utilizza la terminologia di «consumatore», bensì quella di «danneggiato». Dalla ratio della normativa, nonché dai considerando iniziali (in quasi tutti i considerando, infatti, è presente il ri- ferimento all’obiettivo della direttiva di proteggere il consumatore nella sua integrità fisica e nei suoi beni) si può dedurre, tuttavia, una coincidenza tra le due figure. La ragione del riferimento al danneggiato e non al consumatore deve essere ricercata nell’intento del legislatore comunitario di sganciare la tutela extracontrattuale dal «rigidismo» della nozione di consumatore.
La circostanza di fare riferimento al danneggiato comporta, peraltro, la possibilità di ricomprendere nella nozione anche il sog- getto che non risulti acquirente, prescindendo così nella ricostruzione in esame dal rapporto contrattuale, che viceversa presuppone l’acquisto. Una finalità simile può rinvenirsi nella direttiva 92/59/CEE del Consiglio, del 29 giugno 1992, relativa alla sicurezza ge- nerale dei prodotti, che, pur non offrendo alcuna nozione specifica di consumatore, chiarisce, nell’art. 2, lett. b), che nella definizione di prodotto sicuro occorre tenere conto, tra l’altro, «delle categorie di consumatori che si trovano in condizioni di maggiore rischio nell’utilizzazione del prodotto, in particolare dei bambini», ricomprendendo, evidentemente, nella definizione anche i semplici utendi. Secondo la proposta di direttiva sui diritti dei consumatori dell’8 ottobre 2008, doc. COM/2008/614 def., deve intendersi per con- sumatore «qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisca per fini che non rientrano nel quadro
della sua attività professionale».
8 In GUCE L12 del 16 gennaio 2001. In base all’art. 15 del regolamento il consumatore viene identificato nella «persona» che ha concluso il contratto «per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale». A proposito della nozione di consumatore nella Convenzione di Bruxelles, X. XXXXXXX, “La nozione di «consumatore» nella Convenzione di Bruxelles”, Dir. comun. e scambi internaz., 1997, p. 510 ss.; X. XXXXXX XXXXX, “La nozione di consumatore ai fini della Convenzione di Bruxelles concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale”, Studium iuris, 1999, p. 438 ss.; X. XXXXX, “Sulla nozione di «consumatore»: il problema dei contratti stipulati a scopi professionali”, Giust. civ., 1999, I, p. 13 ss.
Tuttavia, l’affermazione secondo cui le definizioni della nozione di consumatore introdotte dal regolamento n. 593/2008 e dal regolamento n. 44/2001 sarebbero coincidenti non è del tutto esatta9. Innanzitutto, va considerata la diversa struttura delle norme. Nel regolamento n. 44/2001 si indivi- dua l’ambito di applicazione della disciplina prevista dalla sezione quarta del capo secondo ponen- dosi l’accento sull’estraneità del contratto rispetto all’attività del soggetto – che per tali motivi è definito consumatore –, specificandosi poi le caratteristiche del contratto, mentre nel regolamento
n. 593/2008 si fa riferimento in generale ai contratti dei consumatori per poi limitare successiva- mente l’ambito di applicazione soggettivo della norma ai contratti aventi ad oggetto beni e/o servizi che possono considerarsi destinati ad un uso estraneo alla attività commerciale o professionale del consumatore.
Inoltre, l’art. 15 del regolamento n. 44/2001 si occupa dei contratti in cui uno dei contraenti sia un consumatore e costruisce intorno a tale figura la disciplina derogatoria10, laddove l’art. 6 del regolamento n. 593/2008 prende in considerazione i contratti del consumatore non in quanto questi sia parte formale del contratto ma in quanto sia destinatario dell’oggetto del contratto11. In sostanza, nel secondo caso la particolare disciplina è riservata ai contratti aventi ad oggetto beni e/o servizi per un uso che si può considerare estraneo alla attività commerciale o professionale svolta dal con- sumatore e questi non necessariamente deve essere parte formale del negozio12. Sotto questo pro- filo la nozione accolta dal regolamento n. 593/2008 è più ampia di quella del regolamento n. 44/2001.
Infine, tranne per le eccezioni dovute agli scopi particolari perseguiti dalla normativa comu- nitaria, le definizioni contenute sia nel regolamento «Roma I», sia negli altri strumenti comunitari, fanno riferimento alla persona fisica che agisce al di fuori della propria attività professionale, che va intesa quale definizione generale. Si tratta sostanzialmente di un soggetto, il consumatore, con- trapposto all’imprenditore e al professionista, che a causa della situazione di debolezza contrattuale, è destinatario della normativa comunitaria di tutela. La definizione di consumatore e la sua am- piezza va relazionata, conseguentemente, al fine perseguito dalla normativa che è quello di impe- dire che il contraente debole, a causa del suo minor potere contrattuale, sia costretto ad accettare un regolamento che comporti, a suo danno, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi deri- vanti dal contratto13.
La nozione generale, peraltro, contenuta nel regolamento 593/2008 – norma anch’essa gene- rale – va tenuta presente ed applicata laddove il legislatore comunitario, negli interventi in materia, abbia omesso di indicare una definizione di consumatore, né intenda fornirne una specifica.
9 È utile indubbiamente segnalare che i lavori preparatori delle Convenzioni di Bruxelles e di Roma furono concomitanti ed, inoltre, vi fu una influenza – circa la definizione di consumatore – della Convenzione di Roma del 1980 nei confronti di quella di Lussemburgo del 1978, che ha modificato la Convenzione di Bruxelles del 1968. Secondo la Relazione Xxxxxxxx/Xxxxxxx, la definizione presente nell’art. 5 sarebbe addirittura coincidente con quella prevista dall’art. 13 della Convenzione di Bruxelles del 1968. Sulla coincidenza tra le due nozioni, inoltre, cfr. X. XXXXX, “La legge applicabile ai contratti con i consumatori”, in X. XXXXXX (a cura di), Verso una disciplina comunitaria della legge applicabile ai contratti, CEDAM, Padova, 1983, p. 303 ss.;
C.F. XXXXXXXX, “Xxx contratti conclusi dai consumatori nella Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle ob- bligazioni contrattuali”, Giust. civ., 1996, II, p. 21.
10 Infatti, questa disciplina non si estende a qualsiasi contratto concluso dal consumatore, ma solo a quelli tassativamente previsti. Due ipotesi sono correlate a specifici tipi di contratto: il contratto di vendita a rate di beni mobili materiali (art. 15, comma 1°, lett. a); il contratto di mutuo con rimborso rateizzato o il contratto concernente un’altra operazione di credito, pur- ché connessa al finanziamento di una vendita di beni mobili materiali (art. 15, comma1°, lett. b). Due ipotesi sono correlate al- l’attività del professionista: nei casi in cui il professionista svolga la propria attività nello Stato membro di domicilio del consumatore (art. 15, comma 1°, lett. c); nei casi in cui il professionista svolga attività dirette, con qualsiasi mezzo, verso lo Stato membro di domicilio del consumatore, o verso una pluralità di Stati che quello include, e purché si tratti di contratto incluso in quell’ambito di attività (art. 15, comma 1°, lett. c). Sono esclusi i contratti di trasporto.
11 Nel senso che la nozione di consumatore dell’art. 5 della Convenzione di Roma è collegata all’uso di beni e servizi indi- pendentemente dalla posizione della parte nel contratto X. XXXXX, op. loc. citt., p. 303 ss.
12 È chiaro che nella più gran parte dei casi la figura del destinatario dei beni e servizi del contratto coinciderà con quella del contraente, ma vi saranno altri casi in cui ciò può non avvenire.
13 Xxxxx protezione della parte debole in diritto internazionale privato v. X. XXXXX, La protection de la partie faible en droit international privé, in Recueil des cours, Brill, Leiden, 1984, IV, p. 341 ss.; I. XXXXXX, “La protection de la partie faible en droit international privé (du salarié au consommateur)”, Droit social, 1986, p. 133 ss.; X. XXXXXXX, La protection de la partie faible dans les contrats internationaux (Étude de conflits de lois), Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, 0000.
III. L’ambito oggettivo di applicazione della norma. Il collegamento della residenza abituale del consumatore.
3. L’art. 6, par. 1, del regolamento «Roma I», precisa le proprie condizioni d’applicazione, disponendo che, con l’eccezione dei contratti di trasporto e dei contratti di assicurazione conclusi dai consumatori, i con- tratti di consumo sono disciplinati «dalla legge del paese nel quale il consumatore ha la residenza abituale, a condizione che il professionista: a) svolga le sue attività commerciali o professionali nel paese in cui il consumatore ha la residenza abituale; o b) diriga tali attività, con qualsiasi mezzo, verso tale paese o vari paesi tra cui quest’ultimo; e il contratto rientri nell’ambito di dette attività».
Innanzitutto, è utile chiarire che a differenza di quanto accade per la disposizione di carattere gene- rale in tema di obbligazioni contrattuali e per contratti specifici, quali quelli di assicurazione, di lavoro e di trasporto, il criterio di collegamento della volontà delle parti viene posposto rispetto alla norma di conflitto della residenza abituale del consumatore.
La previsione immediata del criterio di collegamento della residenza abituale, inoltre, in caso di con- tratti conclusi in territorio comunitario, potrebbe realizzare la coincidenza tra forum e ius. Infatti, in forza del- l’art. 16 del regolamento n. 44/2001, in questa materia è competente, generalmente, il giudice dello Stato membro in cui il consumatore è domiciliato, il quale – alla luce del regolamento «Roma I» in esame – potrà applicare la sua legge nell’ipotesi – altamente probabile – in cui residenza abituale e domicilio coincidano. Le condizioni presenti nella disposizione, tuttavia, delimitano l’ambito di applicazione materiale del-
l’art. 6 che non esaurisce “tutte” le fattispecie possibili di contratti conclusi dai consumatori.
È utile rilevare, inoltre, che, rispetto alla disposizione dell’art. 5 della Convenzione di Roma, al fine di consentire l’applicazione della norma ai contratti conclusi mediante tecniche di comunicazione a distanza e per tutelare maggiormente il consumatore «mobile», sono state sostituite le condizioni ivi richieste14 con il criterio dell’«attività diretta», mutuato dall’art. 15 del regolamento n. 44/200115. Sostanzialmente, ai fini del- l’applicazione della disposizione, in forza dell’art. 6, par. 1, lett. a) e b) del regolamento «Roma I», è xxxxxx- sto che le attività del professionista si svolgano nello Stato membro in cui il consumatore ha la residenza abituale o siano «dirette», se il contratto rientri nell’ambito di dette attività, con qualsiasi mezzo verso tale Stato membro16.
Con riguardo alla corretta interpretazione della nozione di «attività diretta», il ventiquattresimo con- siderando del regolamento «Roma I» richiede che tale nozione, condizione d’applicazione della norma che tutela il consumatore, sia oggetto di un’interpretazione in armonia con il regolamento 44/2001. A tale ultimo fine, si deve richiamare ed utilizzare la dichiarazione congiunta del Consiglio e della Commissione relativa al già citato art. 15 del regolamento «Bruxelles I».17
Tale dichiarazione ha precisato che, perché si realizzino le condizioni di applicazione delle disposi- zioni che tutelano il consumatore, non basta che l’impresa diriga le sue attività verso lo Stato membro in cui quest’ultimo è domiciliato, ma occorre che il contratto sia stato concluso nel «quadro» di dette attività.
In particolare, con riguardo ai contratti conclusi a distanza, la dichiarazione precisa che il semplice ac- cesso ad un sito Internet non è sufficiente per rendere applicabile le norme in esame. A tale fine, è necessa- rio che il sito Internet inviti il consumatore a concludere un contratto a distanza e che questo sia stato effettivamente concluso, pur con qualsiasi mezzo; in particolare, la lingua o la valuta caratteristica del sito Internet non costituiscono elementi apprezzabili. I siti rilevanti al riguardo non sono necessariamente quelli
«interattivi». Infatti, anche un sito che dovesse invitare a spedire gli eventuali ordini via fax è diretto a con- cludere contratti a distanza18.
14 Vedi supra par. 1.
15 Tra le soluzioni ipotizzate vi era quella di rifiutare la protezione nei confronti del consumatore che si fosse assunto con- sapevolmente «il rischio del commercio estero», soluzione scartata in quanto incompatibile alla luce delle nuove tecniche di co- municazione a distanza. L’art. 15 del regolamento n. 44/2001, per verificare se un consumatore possa beneficiare delle norme di tutela, stabilisce una duplice condizione: l’operatore deve aver orientato le proprie attività verso il paese in cui il consuma- tore è domiciliato ed il contratto deve essere stato concluso effettivamente nell’ambito di tali attività.
16 Tale disposizione è volta ad evitare che la posizione dell’operatore professionale non sia eccessivamente svantaggiata ri- spetto al consumatore.
17 Reperibile al seguente indirizzo: xxxx://xxxxxx.xx.xxx/xxxx/xxxxxxx_xxxx/xxxx/xxxxx/xxxxxxx_xxxxxxx/xxxxxxx_xx.xxx.
18 Su queste problematiche in dottrina, X.-X. XXXXX XXXXXXXX/X. XXXXXXXXXX XXXXXXXX, Conflictos xx xxxxx x xxxxxxxxxx xx xxxxxxxxxxxx xx Xxxxxxxx, Xxxxx, Xxxxxx, 0000.
Inoltre, sempre ai fini dell’applicazione della norma, non sono diretti a concludere contratti a di- stanza i siti che si limitano a fornire informazioni su un prodotto ad una categoria indiscriminata di con- sumatori, invitando gli stessi a rivolgersi ad un distributore o agente locale per la conclusione del contratto.
Pertanto, contrariamente all’art. 5, par. 2, della Convenzione di Roma, il regolamento «Roma I» non richiede che il consumatore abbia compiuto gli atti necessari per la conclusione del contratto nel paese della sua residenza abituale, condizione che non ha più senso per tutelare il consumatore «attivo» e per i contratti conclusi via Internet.
I criteri alternativi del compimento di attività nel paese di residenza del consumatore e dell’attività di- retta verso tale Stato, oltre a realizzare gli scopi appena indicati, sono stati ritenuti dal legislatore comunita- rio lo standard necessario per applicare il regime di tutela previsto dall’art. 6 del regolamento. Mancando tali requisiti, anche a parità di altre condizioni, i contratti conclusi dai consumatori ricadono nell’ambito di ap- plicazione della disciplina generale contenuta negli articoli 3 e 4 del regolamento «Roma I»19.
Evidentemente, il regolamento «Roma I» disegna, in via generale, due tipologie di contratti dei consumatori: quelli soggetti alla disciplina di tutela specifica, contenuta nell’art. 6, nella quale, come su- bito illustreremo, è stata invertita la successione dei criteri di collegamento, e quelli soggetti alla disci- plina generale delle obbligazioni contrattuali. In questo secondo caso, le norme di conflitto applicabili sono la volontà delle parti e, in mancanza di scelta, prevalentemente, il criterio della residenza abituale del venditore, nel caso di contratti di vendita, e della residenza abituale del prestatore di servizi, nel caso di contratti di prestazione di servizi.
Tuttavia, nell’ipotesi di applicazione della normativa generale ai contratti conclusi dai consuma- tori «particolarmente» mobili (quando evidentemente manchi il criterio dell’attività diretta), la disciplina di minore tutela è in parte compensata dalla possibilità riconosciuta al giudice, ai sensi dell’art. 4, par. 3, del regolamento, di applicare al contratto la legge con il quale quest’ultimo presenta collegamenti più stretti. Inoltre, in caso di optio legis, lo stesso consumatore mobile, a differenza di quanto previsto nella Convenzione di Roma, si vede riconosciuta la tutela prevista dalle disposizioni di diritto comunitario alle quali non è permesso di derogare convenzionalmente, nei casi in cui, in forza dell’art. 3, par. 4, del regolamento, la scelta di legge sia diversa da quella di uno Stato membro e tutti gli elementi della fatti- specie siano ubicati in uno o più Stati membri20.
Considerando la realtà economica europea, la soluzione accolta dal regolamento appare equa. In- fatti, mentre i consumatori effettuano acquisti transfrontalieri solo occasionalmente, i professionisti che trattano il commercio transfrontaliero possono ripartire i costi legati all’applicazione di un altro diritto su di un ampio numero di operazioni.
Merita di essere segnalato, inoltre, quale indice di certezza del diritto, che l’art. 6 del regolamento
«Roma I» non comprende categorie specifiche di contratti cui applicarsi ma estende il suo campo di ap- plicazione materiale a tutti i contratti conclusi con i consumatori, indipendentemente dal fatto che si tratti di contratti di vendita, di prestazione d’opera, di somministrazione, di mutuo.
Tuttavia sono previste alcune eccezioni all’applicazione della norma speciale determinate dalle peculiarità delle fattispecie contemplate. Le prime tre, in particolare, non necessitano di ulteriori consi- derazioni, trattandosi di fattispecie ricadenti o nella disciplina generale dei contratti o in norme specifi- che, come nel caso dei contratti di trasporto. Si tratta, ai sensi dell’art. 6, par. 4, del regolamento «Roma I» dei contratti di fornitura di servizi quando i servizi dovuti al consumatore devono essere forniti esclu- sivamente in un paese diverso da quello in cui egli risiede abitualmente (lett. a); dei contratti di trasporto diversi dai contratti riguardanti un viaggio «tutto compreso» ai sensi della direttiva n. 90/314/CEE del Consiglio, del 13 giugno 1990, concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» (lett. b); dei contratti aventi per oggetto un diritto reale immobiliare o la locazione di un immobile diversi dai contratti riguardanti un diritto di godimento a tempo parziale ai sensi della direttiva n. 94/47/CE (lett. c)21.
19 Infatti, in forza dell’art. 6, par. 3, del regolamento «se i requisiti di cui al paragrafo 1, lettere a) o b) non sono soddisfatti, la legge applicabile a un contratto tra un consumatore e un professionista è determinata a norma degli articoli 3 e 4».
20Sul commento a questa disposizione rinviamo a X. XXXXXXXX, “Norme di conflitto comunitarie in materia di consumo e cor- retto funzionamento del mercato interno”, Xxx. xxx. xxx., x. 000 xx.
00 È utile rilevare che la direttiva n. 94/47 è stata abrogata dalla direttiva n. 2008/122/CE del 14 gennaio 2009, in GUCE L33 del 3 febbraio 2009.
La lett. d) della norma in esame, invece, mira ad assicurare che tutti i profili contrattuali di un’of- ferta che vincolano l’emittente o l’offerente al consumatore siano disciplinati da un’unica legge. Infatti, tale lett. esclude dall’applicazione della norma in commento i diritti e le obbligazioni costitutivi di uno strumento finanziario, in quanto il criterio di collegamento della residenza abituale potrebbe determi- nare l’applicabilità di leggi diverse per ciascuno degli strumenti emessi. Le stesse considerazioni valgono nei casi in cui tali strumenti sono emessi o offerti, in quanto va garantita la necessità di assicurare l’uni- formità delle clausole e delle condizioni di un’emissione o di un’offerta22.
Tuttavia, è utile precisare che, ove si faccia riferimento alle clausole e condizioni che disciplinano l’emissione o l’offerta al pubblico di valori mobiliari o alla sottoscrizione e al rimborso di quote negli organismi di investimento collettivo, dall’ambito di applicazione della norma devono essere esclusi solo gli aspetti che vincolano l’emittente o l’offerente al consumatore, dovendosi, invece, ricomprendere in tale ambito i profili che implicano la prestazione di servizi finanziari quali i servizi e le attività di inve- stimento e i servizi accessori prestati da un professionista a un consumatore.
Gli stessi principi si applicano nel caso delle fattispecie contemplate dalla lett. e), che si occupa di escludere dall’ambito di applicazione i sistemi multilaterali di cui all’art. 4, par. 1, lett. h), del regola- mento23, al fine di impedire che la legge del paese di residenza abituale del consumatore interferisca con le norme applicabili ai contratti conclusi nell’ambito dei mercati regolamentati o con il gestore di tali mer- cati24.
IV. Il divieto di privare il consumatore della protezione garantita dalle disposizioni imperative della legge di residenza abituale.
4. Come è noto, la proposta di regolamento prevedeva quale unico criterio di collegamento appli- cabile ai contratti dei consumatori quello della residenza abituale. Tuttavia, la decisione di riconoscere al consumatore l’applicazione di tale sola legge senza concedere al giudice la possibilità di applicare un’altra normativa che fosse più collegata al contratto o che fosse più adeguata a tutelare gli interessi del consumatore non è sembrata la soluzione preferibile, in quanto indice di scarsa flessibilità con riguardo alla legge applicabile. Tale quadro, nel caso dei contratti dei consumatori disciplinati dall’art. 6 del re- golamento, era ancora più aggravato visto che in questa materia non opera la citata clausola di eccezione prevista in via generale nell’art. 4, par. 3, del regolamento25. Nel testo definitivamente approvato, pertanto, in deroga al par. 1, si dispone che «le parti possono scegliere la legge applicabile a un contratto che sod- disfa i requisiti del paragrafo 1 in conformità dell’articolo 3. Tuttavia, tale scelta non vale a privare il con- sumatore della protezione assicuratagli dalle disposizioni alle quali non è permesso derogare convenzionalmente ai sensi della legge che, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabile a norma del paragrafo 1».
La prima considerazione da formulare riguarda la successione dei criteri di collegamento previsti nella norma che risulta del tutto innovativa, non solo rispetto al sistema convenzionale previgente, ma anche rispetto agli altri contratti disciplinati dal regolamento. Come si è già evidenziato, il criterio di
22 Per strumento finanziario deve intendersi qualsiasi strumento riportato nella sezione C dell’allegato I alla direttiva n. 2004/39/CE (GUUE L145 del 30 aprile 2004); per valore mobiliare, qualsiasi categoria di valore, con esclusione degli strumenti di pagamento, che possono essere negoziate nel mercato dei capitali. Ai fini della qualificazione di questi istituti rinviamo a F.C. VILLATA, Gli strumenti finanziari nel diritto internazionale privato, CEDAM, Padova, 2008, p. 44 ss.
23 In forza dell’art. 36, par. 4, della direttiva 2004/39/CE, la legge normalmente applicabile alle negoziazioni concluse nel quadro dei sistemi del mercato regolamentato è quella dello Stato membro d’origine del mercato in questione. Su tale disposi- zione, F.C. VILLATA, op. loc. cit., p. 79 ss.
24 Secondo l’art. 4, par. 1, lett. h), del regolamento, «il contratto concluso in un sistema multilaterale che consente o facilita l’incontro di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, quali definiti all’articolo 4, para- grafo 1, punto 17, della direttiva n. 2004/39/CE, conformemente a regole non discrezionali e disciplinato da un’unica legge, è disciplinato da tale legge». In particolare, per sistema multilaterale bisogna intendere il mercato regolamentato, amministrato e/o gestito dal gestore del mercato, che consente o facilita l’incontro – al suo interno ed in base alle sue regole non discrezio- nali – di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti rela- tivi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi.
25 In questo senso si veda il parere del Comitato economico e sociale, in GUUE C108 del 30 aprile 2004, par. 4.7.2.3, p. 11.
collegamento principale applicabile ai contratti in parola risulta essere la residenza abituale del consu- matore. La volontà delle parti, infatti, viene prevista nel par. 2 quale «deroga» all’applicazione del cri- terio principale della residenza del consumatore.
In particolare, lo sforzo di coniugare le diverse esigenze emerse nel corso dei lavori preparatori è sfociato in una disciplina che non elimina il carattere centrale del criterio della residenza abituale del consumatore. Tuttavia, mentre tale centralità nella proposta determinava l’eliminazione del criterio della volontà delle parti, nella soluzione definitivamente accolta, essa si manifesta nel carattere meramente sus- sidiario e «derogatorio» della volontà delle parti.
La disposizione, peraltro, conformemente a quanto già previsto dalla Convenzione di Roma, pone un limite all’autonomia della volontà, nel senso che la legge designata dalle parti non può privare il con- sumatore della protezione garantitagli dalle disposizioni imperative della legge dello Stato nel quale egli risiede abitualmente26. Le norme imperative in parola sono quelle che non possono essere derogate con- venzionalmente ad opera dei privati e che operano in un’ottica di favor. In base a queste norme, che sono frammenti di disposizioni alternative, se il favor produce che la legge scelta per contratto è più favore- vole per tutelare gli interessi del consumatore, non c’è motivo di applicare la minore garanzia prevista dalle norme imperative del paese di residenza del consumatore27.
Nel silenzio del legislatore, nelle ipotesi in cui la legge scelta è meno favorevole di quella ogget- tivamente applicabile, ipotesi da assimilare a quella in cui la legge scelta non contiene una disciplina di tutti gli aspetti del contratto, non riteniamo convincente che trovi applicazione tout court la legge del paese comunitario che avrebbe regolato il contratto in mancanza di scelta.
È preferibile ammettere la possibilità di un’integrazione delle norme protezionistiche con quelle della legge scelta dalle parti. Normalmente, infatti, gli standard di tutela presenti nella legislazione del paese di residenza abituale del consumatore non forniscono una disciplina completa del contratto, ma at- tengono solo ad alcune sue parti, per le quali si ritiene di dover garantire al consumatore una tutela ade- guata. Per le altre parti del contratto la scelta operata dai contraenti dovrebbe rimanere valida. Il limite che tali disposizioni introducono al normale giuoco delle regole di conflitto è di tipo selettivo poiché, al ricorrere delle condizioni di operatività, non escludono in toto il richiamo di una legge straniera, ma im- pediscono unicamente l’applicazione di quelle disposizioni straniere che privino il consumatore della protezione garantitagli dalle norme indicate.
Queste norme, più che un limite alla scelta della legge applicabile, ne pongono uno in relazione agli effetti di tale scelta, combinando eventualmente le disposizioni delle leggi astrattamente applicabili. Tale scelta dovrà operare sulla base del criterio del favor da riconoscere al consumatore, permettendo l’ap- plicazione della normativa il più possibile protettiva.
V. Il rapporto con le altre disposizioni di diritto comunitario derivato.
5. La disposizione in commento deve necessariamente essere coordinata con l’ampia produzione normativa di carattere settoriale preesistente28 che potrebbe di vanificare l’effetto di armonizzazione del diritto internazionale privato in materia di obbligazioni contrattuali perseguito dal regolamento «Roma I».
Infatti, il legislatore comunitario ha introdotto in alcune direttive in materia di contratti conclusi dai consumatori specifiche norme strumentali che perseguono l’obiettivo di permettere l’applicazione ef-
25 In questi casi, infatti, il consumatore può vedersi imposta dall’impresa la scelta di una determinata legge. Per questa prospettiva rinviamo a H.-X. XXXXXXX/K. LANTERMANN, Choice of Law from an Economic Perspective, in X. XXXXXXX/X. XXXX (eds.), An Economic Analysis of Private International Law, Xxxx Siebeck, Tübingen, 2006, p. 87 ss.; X. XXXX, “Methods and Approaches in Choice of Law: An Economic Perspective”, Berkeley Journal of International Law, 2006, p. 801 ss.
26 Sulla problematica delle norme imperative ex art. 5 Convenzione, rinviamo a X. XXXXXXX, op. cit., p. 122 ss.
28 Con riguardo al rapporto con il diritto comunitario derivato, nel Libro verde sulla trasformazione della Convenzione di Roma in strumento comunitario, erano state ipotizzate differenti soluzioni ai fini del coordinamento. Tra queste, possiamo men- zionare la previsione di un allegato all’atto comunitario, da aggiornare periodicamente, comprendente gli strumenti settoriali con- tenenti norme sui conflitti di leggi, la «codificazione» della normativa settoriale, la riscrittura dell’art. 5 della Convenzione di Roma.
fettiva della normativa sostanziale. Più precisamente, le disposizioni citate prevedono che «gli Stati mem- bri prendono le misure necessarie affinché il consumatore non sia privato della protezione assicurata dal diritto comunitario a motivo della scelta della legislazione di un paese terzo come legislazione applica- bile al contratto, laddove il contratto presenti un legame stretto con il territorio di uno Stato membro»29. In altri termini, nel timore che la volontà dei contraenti conduca all’applicazione della legge di uno
Stato terzo che non contenga sufficienti meccanismi di difesa per il consumatore, si è previsto che l’ap- plicazione della normativa materiale comunitaria sia assicurata quando, nonostante la designazione ad opera delle parti della legge di un paese extracomunitario, il contratto presenti un legame stretto con il territorio di uno Stato membro, il quale può essere tanto quello del giudice, quanto quello di un altro paese comunitario. Tali norme, che si presentano come accessorie rispetto alle regole materiali, influen- zano il modo di essere dell’ordinamento interno, andando ad incidere sul funzionamento delle norme di 30diritto internazionale privato e non soltanto sulle norme materiali30.
Sia l’art. 6, par. 2, del regolamento «Roma I», sia le norme contenute nelle direttive, presuppongono l’esistenza di specifici collegamenti tra il contratto stipulato dal consumatore e un determinato ordinamento. Da tale collegamento deriva poi che il consumatore non possa essere privato della protezione assicuratagli da particolari disposizioni appartenenti a quel sistema di diritto, che possono essere o le norme protettive dello Stato in cui egli ha la residenza abituale, in un caso, o le norme contenute nelle direttive, quando sus- sista uno stretto legame tra contratto e territorio di uno Stato membro, nell’altro caso.
Il regolamento «Roma I», avendo previsto – come si è notato – che la legge in grado di meglio tu- telare il consumatore sia quella della residenza abituale, dispone che l’applicazione di questa non possa essere preclusa dalla scelta di una legge differente meno favorevole per lo stesso. Una simile ratio è sot- tesa, ad esempio, alle citate direttive 93/13/CEE, 97/7/CE, 1999/44/CE, 2002/65/CE e 2008/48/CE, lad- dove dispongono che gli Stati contraenti debbano adottare misure che impediscano un abuso del criterio di collegamento della volontà delle parti per far venire meno la protezione offerta dalle direttive mede- sime31. L’obiettivo comune a tali norme è consentire che il consumatore possa contare su uno standard protettivo qualora il contratto sia collegato strettamente con il territorio di uno Stato membro32.
29 Si pensi, ad esempio, alle direttive 93/13/CEE del 5 aprile 1993, riguardante le clausole abusive nei contratti stipulati con i con- sumatori; 1999/44/CE del 25 maggio 1999, relativa a taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo; 97/7/CE del 20 maggio 1997, riguardante la protezione dei consumatori in materia di contratti negoziati a distanza; 2008/48/CE del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori; 2008/122/CE del 14 gennaio 2009, riguardante la protezione dei consumatori in ma- teria di contratti di multiproprietà.
30 È utile verificare, inoltre, se in queste ipotesi possa configurarsi un’eccezione di ordine pubblico comunitario, che conduca alla disapplicazione delle norme richiamate in contrasto con la disciplina comunitaria. In proposito va osservato che il legislatore fran- cese, in sede di trasposizione della direttiva 93/13/CEE, ha espressamente definito di ordine pubblico le disposizioni in tema di pro- tezione dei consumatori rispetto alle clausole abusive. Cfr. Code de consommation, art. L. 132-1. Inoltre le conclusioni dell’Avvocato generale del 16 dicembre 1999 (cause riunite da C-240/98 a C-244/98, Océano Grupo Editorial S.A. e Salvat Editores S.A.; sentenza della Corte del 27 giugno 2000, in Raccolta, 2000, p. I-4941 ss.) sostengono pienamente questa tesi. Secondo l’Avvocato generale Xxxxxx, la sanzione prevista all’art. 6, par. 1, della direttiva «comporta l’attribuzione alle disposizioni della direttiva del carattere di norma «imperativa», di «ordine pubblico economico» che non può non riflettersi sui poteri attribuiti al giudice nazionale». Egli sot- tolinea poi che esiste «un interesse pubblico acché le clausole pregiudizievoli per il consumatore non producano effetti», precisando che «è ragionevole ritenere che l’intervento d’ufficio del giudice non solo si presenti come un mezzo di estrema efficacia a fini re- pressivi, ma appaia anche idoneo a svolgere un’efficace azione di deterrenza contro l’inserimento delle clausole nei contratti con- clusi con i consumatori». È bene chiarire che questa è una delle possibili «misure necessarie» che gli Stati membri possono prendere
«affinché il consumatore non sia privato della protezione assicurata» dal diritto comunitario.
31 V., inoltre, analogamente la direttiva n. 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008 relativa ai con- tratti di credito ai consumatori, in GUUE L 133 del 22 maggio 2008, che, a partire dal 12 maggio 2010, abrogherà la direttiva n. 87/102/CEE del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo, in GUCE L42 del 12 febbraio 1987. In particolare, in forza dell’art. 22, par. 4, «gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché i consumatori non siano privati della tutela accordata dalla presente direttiva a seguito della scelta della legge di uno Stato terzo quale legge applicabile al contratto di credito, se tale contratto presenta uno stretto legame con il territorio di uno o più Stati membri».
32 Le norme di diritto comunitario derivato appena citate, così come l’art. 6, par. 2, del regolamento «Roma I», contengono cri- xxxx di collegamento speciali che disciplinano in melius, rispetto alla legge scelta dalle parti, alcuni aspetti della fattispecie. E come per il caso dell’art. 6, esse si inquadrano nel metodo di coordinamento tra ordinamenti detto delle considerazioni materiali. In que- ste ipotesi le finalità del metodo materiale dei conflitti di leggi non vengono realizzate in pieno, in quanto, come si vedrà meglio, la comparazione delle leggi potenzialmente applicabili al contratto non determina la regolamentazione dell’intera fattispecie. Si veda
X. XXXXXX, Les méthodes de coordination, cit., p. 88 s.
Conseguentemente, in forza del regolamento, anche in presenza di uno stretto collegamento tra ter- ritorio di uno Stato membro e contratto, la legge regolatrice dello stesso potrebbe essere la legge dello Stato terzo in cui abbia residenza abituale il consumatore, nel caso di applicazione dell’art. 6, o il ven- ditore, ai sensi dell’art. 433. In questo caso potrebbe esserci un contrasto con le direttive che richiede- rebbero invece l’applicazione della loro normativa.
Ai fini della soluzione del conflitto34 tra le disposizioni delle direttive ed il regolamento «Roma I», le clausole contenute nelle direttive citate devono essere considerate nella logica comunitaria di uno spazio unificato che assorbe in taluni casi quella dei conflitti di legge35.
In sostanza, si tratta di contratti tutti “interni”, il cui unico elemento d’estraneità è dato dalla de- signazione, ad opera delle parti, come regolatrice del contratto, di una legge diversa da quella del paese nel quale sono localizzati tutti gli altri elementi della fattispecie. Il regolamento «Roma I», nell’art. 3, par. 3 – così come la Convenzione di Roma nell’art. 3, par. 3 –, consente anche in questi casi l’esercizio del- l’optio legis purché così non si rechi «pregiudizio» alle norme imperative del paese, cui si riferiscono, al momento della scelta, tutti gli «altri elementi pertinenti alla situazione»36.
In base a questa impostazione dottrinale, con l’armonizzazione del diritto contrattuale all’interno dell’Unione, e specialmente dei contratti dei consumatori, diverrebbe sempre più fondato considerare i contratti conclusi tra parti rilevanti di differenti Stati membri e localizzati in questi Stati come contratti di diritto interno, al fine di sottoporre gli stessi alla normativa comunitaria, sottraendoli all’applicazione del diritto di uno Stato terzo, nei limiti di quanto è stabilito dall’art. 3, par. 3, del regolamento per i con- tratti interamente localizzati sul territorio di un solo Stato.
Rispetto alla Convenzione di Roma ed alla proposta di regolamento, nel testo definitivamente adottato è stata introdotta una norma – di portata generale – ancora più conforme alla ricostruzione pro- spettata. In particolare, nell’art. 3, par. 4, del regolamento «Roma I», «qualora tutti gli altri elementi per- tinenti alla situazione siano ubicati, nel momento in cui si opera la scelta, in uno o più Stati membri, la scelta di una legge applicabile diversa da quella di uno Stato membro ad opera delle parti fa salva l’ap- plicazione delle disposizioni di diritto comunitario, se del caso, come applicate nello Stato membro del foro, alle quali non è permesso derogare convenzionalmente».
Tale norma trova specificamente applicazione nei contratti conclusi dai consumatori alla luce della disposizione di cui all’art. 6, par. 2, del regolamento. Infatti, quest’ultima disposizione utilizza il crite- rio di collegamento della volontà delle parti «in conformità» dell’art. 3 del regolamento.
Peraltro, l’art. 3, par. 4, correttamente, garantisce la prevalenza, alle condizioni indicate, delle sole norme imperative del diritto comunitario, a differenza di quanto disposto nell’art. 14, par. 3, del regola- mento n. 864/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 luglio 2007 sulla legge applica- bile alle obbligazioni extracontrattuali («Roma II»)37, in base al quale, impropriamente, «qualora tutti gli
33 Xxxxxxxx, proprio l’assenza di una scelta di legge potrebbe condurre all’applicazione di una legge meno favorevole al con- sumatore.
34 Tale contrasto è talmente evidente che alcuni autori con riguardo alla direttiva 93/13/CEE, in materia di clausole abusive, hanno dubitato che il legislatore comunitario fosse a conoscenza dell’esistenza dell’art. 5 della Convenzione di Roma. Cfr. X. XXXXX/X. XXXXXX, “Das internationale Privat- und Xxxxxxxxxxxxxxx xxx XX 0000 - Xxxxxxxxxx xxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxxx und Richtlinien”, IPRax, 1993, p. 357 ss. Negli ultimi anni la dottrina ha tentato di pervenire ad interpretazioni tendenti all’armo- nizzazione della normativa di conflitto contenuta negli atti settoriali rispetto alle norme della Convenzione. Cfr. le osservazioni in argomento di J.D. XXXXXXXX XXXXXX, “Diritto privato uniforme e diritto internazionale privato”, in X. XXXXXX, Diritto inter- nazionale privato e diritto comunitario, CEDAM, Padova, 2004, p. 48 s. e ampiamente X. XXXXXX, L’applicabilité du droit communautaire dérivé au regard des méthodes du droit internazional privé, Bruylant, Paris, Bruxelles, 2005, p. 285 ss., recen- sito da X. XXXXXX, Xxx. dir. int., 2008, p. 607 ss.
35 X. XXXXXXXXXX/X. XXXXXXX, Europäisches Gemeinschaftsrecht und Internationales Privatrecht, Verlag, Tübingen, 1994,
p. 451; X. XXXXXXX, “nota alla sentenza della Cour fédérale d’Allemagne - 19 mars 1997”, Rev. crit. droit intern. privé, 1998,
p. 610 ss.; ID., “Le consommateur en droit international privé”, Xxxxxx Xxxxxxxxx Institut für Europarecht, Université Vienne, 1999, p. 28 ss.; ID., “nota alla sentenza della Cour de Cassation - 19 octobre 1999”, Rev. crit. droit intern. privé, 2000, p. 30 ss. 36 Più precisamente, l’art. 3, par. 3, del regolamento «Roma I» recita che «qualora tutti gli altri elementi pertinenti alla si- tuazione siano ubicati, nel momento in cui si opera la scelta, in un paese diverso da quello la cui legge è stata scelta, la scelta effettuata dalle parti fa salva l’applicazione delle disposizioni alle quali la legge di tale diverso paese non permette di derogare
convenzionalmente».
00 Xx XXXX X000 del 31 luglio 2007, p. 40 ss. In dottrina, A.-X. XXXXX XXXXXXXX/X. XXXXXXXXXX XXXXXXXX, Las obliga- ciones extracontractuales en derecho internacional privado. El Reglamento Roma II, Editorial Comares, Granada, 2008.
elementi pertinenti alla situazione siano ubicati, nel momento in cui si verifica il fatto che determina il danno, in uno o più Stati membri, la scelta di una legge applicabile diversa da quella di uno Stato mem- bro ad opera delle parti non pregiudica l’applicazione delle disposizioni del diritto comunitario, se del caso, nella forma in cui sono applicate nello Stato membro del foro, alle quali non è permesso derogare convenzionalmente». Sebbene, rispetto alla formulazione contenuta nella proposta modificata di rego- lamento38, sia stata inserita la possibilità – meramente eventuale – di applicare le disposizioni del diritto comunitario nella «versione» imperativa, la conseguenza di questa formulazione è che le norme del diritto comunitario, imperative o non, «rischiano» sempre di prevalere, in nome di una gerarchia formale, anche rispetto al diritto straniero “normalmente” applicabile, che opera all’interno degli Stati membri allo stesso titolo di diritto nazionale39.
Conseguentemente, da un’interpretazione sistematica, possiamo ritenere che il «legame stretto» dell’art. 6, par. 2, della direttiva n. 93/13/CEE; dell’art. 00, xxx. 0, xxxxx xxxxxxxxx x. 00/0/XX; dell’art. 7, par. 2, della direttiva n. 1999/44/CE; dell’art. 12, par. 2 della direttiva n. 2002/65/CE; dell’art. 22, par. 4, della direttiva 2008/48/CE, coincide con il criterio della «residenza abituale», previsto dall’art. 4, par. 1, e 6, par. 1, del regolamento40. Da tale interpretazione, considerando che tali norme non hanno formula- zione “bilaterale”, consegue che le parti non possono designare come legge applicabile al contratto la legge di uno Stato terzo meno protettiva delle disposizioni della direttiva quando, in mancanza di scelta, sarebbe stata applicabile la legge di un paese comunitario, in quanto legge di residenza abituale del con- sumatore o in forza dell’art. 4 del regolamento «Roma I». Quando, in particolare, si sia operata la scelta di legge possono realizzarsi due ipotesi: o c’è solo uno stretto legame col territorio comunitario oppure tutti gli elementi tranne la volontà sono in territorio comunitario. Se si ritiene che lo stretto legame è co- stituito dalla residenza, non c’è contrasto perché si applicheranno le norme delle direttive in quanto legge dello Stato di residenza. Nella seconda ipotersi si applica l’art. 3 del regolamento in esame e ugualmente non c’è contrasto perché si applicheranno le norme delle direttive sempre come attuate nello Stato di re- sidenza.
Lo Stato membro, dunque, deve prevedere che la normativa adottata per dare attuazione alle di- rettive si applichi in presenza di un collegamento stretto tra contratto e territorio comunitario e segnata- mente nella parte in cui fornisce una protezione del consumatore più elevata rispetto alla legge richiamata dal giuoco delle norme di conflitto. Il consumatore, quindi, non potrà essere privato della protezione of- ferta dalla norma di adattamento alla direttiva a motivo della scelta del diritto di uno Stato terzo (ipotesi da assimilare alla designazione della legge di uno Stato membro che non abbia ancora recepito la diret- tiva41).
Il rapporto con le altre disposizioni del diritto comunitario è completato nell’art. 23 del regolamento
«Roma I», dove si dispone che non è pregiudicata «l’applicazione delle disposizioni dell’ordinamento comunitario che, con riferimento a settori specifici, disciplinino i conflitti di legge in materia di obbli- gazioni contrattuali».
La soluzione del coordinamento tra il regolamento «Roma I» e gli strumenti comunitari di diritto derivato accolta nel testo trova, inoltre, conferma nella proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell’8 ottobre 2008 sui diritti dei consumatori. In particolare, in forza del decimo conside- rando, «le disposizioni della presente direttiva non pregiudicano il regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I)» ed inoltre in forza del cinquantanovesimo considerando «il consumatore non può rinunciare ai diritti con-
38 Secondo l’art. 4, par. 4, della proposta modificata di regolamento del 21 febbraio 2006, sulla legge applicabile alle ob- bligazioni extracontrattuali (Proposta «Roma II»), doc. COM/2006/83 def., «la scelta della legge di un paese terzo ad opera delle parti non può, qualora tutti gli altri elementi della situazione siano ubicati, nel momento in cui si verifica il danno, in uno o più Stati membri della Comunità europea, pregiudicare l’applicazione delle disposizioni del diritto comunitario».
39 In questo senso, X. XXXXXX, “Le materie internazionalistiche nella formazione del giurista contemporaneo”, Relazione svolta nell’ambito del convegno organizzato dalla Società Italiana di Diritto Internazionale, presso l’Istituto di Studi Giuridici Internazionali – CNR, Roma, 2 febbraio 2006.
40 Occorre prendere in considerazione anche l’art. 4 della Convenzione di Roma in quanto la tipologia contrattuale ricadente nell’ambito di applicazione delle direttive non si esaurisce in quella prevista dall’art. 5 della Convenzione.
41 Su questo problema, ampiamente, X. XXXXXX, op. cit., p. 446 ss. Per superare le difformità causate dal mancato (o non cor- retto) recepimento delle direttive da parte di alcuni Stati membri, l’A. propone l’inserimento nelle direttive in esame di norme di conflitto multilaterali che designino «la loi de transposition applicable».
feritigli a norma della presente direttiva. Se la legge applicabile a un contratto è quella di un paese terzo, va applicato il regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) al fine di determinare se il consu- matore mantiene la protezione concessa dalla presente direttiva»42.
VI. L’effettività della tutela riconosciuta al consumatore.
6. La scelta di prevedere l’applicazione della legge della residenza abituale del consumatore – come stabilito dall’art. 6 del regolamento «Roma I» – senza concedere al giudice la possibilità di appli- care un’altra normativa che sia più collegata al contratto e che sia più adeguata a proteggere il consu- matore non risulta essere la soluzione migliore.
Non bisogna dimenticare, infatti, che le legislazioni più sensibili agli interessi dei consumatori sono attualmente quelle degli Stati industrializzati che rappresentano, però, anche i Paesi che esportano maggiormente beni e servizi. In questo caso una normativa che imponga l’applicazione della legge di re- sidenza del consumatore crea uno svantaggio ai consumatori residenti nei Paesi meno industrializzati. La clausola di eccezione prevista nell’art. 4, par 3, del regolamento «Roma I» avrebbe sicuramente potuto evitare tale incongruenza, consentendo all’interprete di «modificare» i risultati eventualmente sfavore- voli prodotti dall’applicazione della legge di residenza del consumatore. Interpretando, infatti, l’eccezione di cui all’art. 4, par. 3, nella logica del favor nei confronti della parte debole, un «collegamento manife- stamente più stretto con un paese diverso» poteva essere rappresentato ad esempio dalla residenza del- l’altro contraente o dal luogo di esecuzione del contratto. In sostanza, tra i vari collegamenti che in astratto il contratto concluso con il consumatore può presentare, per quello più stretto, si sarebbe potuto intendere in concreto quello meglio in grado di realizzare la tutela della parte debole.
Né si può pensare a sostegno della soluzione adottata e senza prescindere dall’ingresso dei nuovi Stati, che esista un diritto uniforme in materia di contratti di consumo tale da giustificare un’applica- zione indifferenziata della legge di residenza abituale del consumatore. Infatti, nonostante il ravvicina- mento delle legislazioni, permangono notevoli differenze tra i diversi ordinamenti degli Stati membri dell’Unione se solo si considerano le «clausole minime» che, in ossequio al principio di sussidiarietà, non impediscono che tali Stati adottino o mantengano in vigore disposizioni ancora più favorevoli di quelle comunitarie in materia di tutela dei consumatori43. Se è vero, infatti, che il diritto comunitario ha deter-
42 Nella prima relazione annuale sullo stato di avanzamento dei lavori in materia di diritto contrattuale europeo e di revi- sione dell’acquis, del 2005, doc. COM/2005/456 def., la Commissione ha identificato due strategie principali per la revisione dell’acquis relativo al consumatore: un approccio «verticale», consistente nella revisione individuale delle direttive esistenti, op- pure un approccio «orizzontale», consistente nell’adozione di uno o più strumenti quadro per regolamentare aspetti comuni del- l’acquis, corroborati se del caso da regole settoriali. Al momento di tradurre il riesame in politiche proposte, la Commissione ha esaminato attentamente l’impatto di tali proposte, compreso l’impatto sulle aziende. In relazione al coordinamento tra gli stru- menti normativi citati, dobbiamo segnalare l’opzione 6, oggetto, tuttavia, di una valutazione d’impatto negativa.
Tale proposta, basandosi sull’armonizzazione completa avrebbe incluso nella proposta di direttiva una clausola sul mercato interno applicabile agli aspetti non completamente armonizzati. Tale clausola avrebbe consentito alle parti contraenti, per que- gli aspetti coperti dalla clausola, di scegliere la normativa di qualsiasi Stato membro anche se quest’ultima avesse fornito un li- vello di tutela del consumatore inferiore a quella del paese di residenza del consumatore. A causa dell’evidente conflitto con l’art. 6 del regolamento «Roma I», una tale clausola avrebbe comportato una modifica legislativa e un’importante modifica di poli- tica pochi mesi dopo l’adozione del regolamento «Roma I». La proposta citata, sebbene fosse stata sostenuta dalle imprese, ha incontrato l’opposizione della maggioranza degli Stati membri e di tutte le organizzazioni dei consumatori. Infatti, qualora fosse stata accolta, essa avrebbe rimosso le barriere regolamentari nel mercato interno e ridotto gli oneri per le imprese, ma avrebbe trasferito ai consumatori il problema dell’incertezza giuridica, con un conseguente impatto negativo sulla fiducia. Infine, se- guendo tale opzione, i giudici nazionali avrebbero sempre dovuto applicare una legge straniera.
43 La disciplina comunitaria in materia di protezione dei consumatori risulta frammentata perché le attuali direttive consen- tono agli Stati membri di adottare regole più rigorose nella loro legislazione nazionale (armonizzazione minima) e molti Stati membri si sono avvalsi di questa possibilità per assicurare un livello più elevato di tutela dei consumatori o per sfuggire alle pre- scrizioni indicate nello strumento comunitario. Inoltre, molte questioni sono disciplinate in maniera incoerente tra le diverse di- rettive. Le differenze comportano di solito costi aggiuntivi per le aziende ai fini di ottemperare alla normativa, compresi i costi per acquisire consulenze giuridiche nel merito, cambiare il materiale informativo e di marketing o i contratti o, in caso di non ottemperanza, eventuali costi processuali. Questo è spesso addotto dalle imprese quale uno dei motivi per non fare affari a li- vello transfrontaliero.
minato un certo grado di convergenza nella disciplina dei contratti conclusi dai consumatori, le norma- tive degli Stati membri, a parte l’armonizzazione minima, presentano caratteri di difformità44.
Da questo punto di vista, comunque, utile appare sia la disciplina posta dalle varie direttive co- munitarie che vanno ad integrare le disposizioni del regolamento «Roma I» sia quella ora prevista dallo stesso regolamento. Tale sistema indica le modalità mediante le quali il diritto internazionale privato può assolvere al meglio alla funzione di garanzia degli interessi dei consumatori. Infatti, come è emerso, que- ste disposizioni non si limitano ad introdurre una normativa di carattere sostanziale ma sono formulate in modo tale da garantire l’effettività della disciplina. Se nella Convenzione di Roma l’unica strada per- corribile per tutelare l’interesse dei contraenti deboli è quella di attenuare la libertà delle parti di scegliere la legge applicabile al contratto (in base alla considerazione che in determinati contratti tale libertà può facilmente ritorcersi contro il contraente più debole, il quale è costretto ad accettare la legge voluta dal- l’imprenditore), non curandosi, però, dell’effettiva tutela riconosciuta agli stessi, nel sistema introdotto la tutela diviene più intensa e coerente in quanto legata ad una normativa specifica rivolta al consuma- tore.
In sostanza, alla luce del quadro emergente, le norme imperative non saranno più individuate con riferimento esclusivo alla legge del luogo di residenza abituale del consumatore, ma anche adottando gli ulteriori criteri indicati. E, conseguentemente, i sistemi di conflitto degli Stati membri non potranno con- sentire l’applicazione, ex art. 6, par. 2, del regolamento «Roma I», della legge di un paese terzo, pur di residenza abituale del consumatore, se il contratto presenti uno stretto collegamento con la Comunità e la legge di tale paese privi il consumatore stesso della protezione assicuratagli dalle direttive. Ciò deriva dalla scelta di politica comunitaria di impedire che il normale giuoco delle regole di conflitto determini
44 A questo proposito si vedano le osservazioni formulate da G.-P. CALLIESS, “(Conflict) Principles of European (Consumer) Contract Law – an Update”, German Law Journal, 2004, p. 957 ss., in merito all’applicazione del principio del mutuo ricono- scimento in materia di contratti di consumo, quale strumento per combattere l’armonizzazione minima.
La citata proposta di direttiva sui diritti dei consumatori, la quale mira a modificare ed «unificare» in un solo strumento la direttiva 85/577/CEE per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, la direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, la direttiva 97/7/CE riguardante la prote- zione dei consumatori in materia di contratti a distanza e la direttiva 1999/44/CE su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo, si configura quale strumento legislativo orizzontale applicabile alle transazioni nazionali e transfrontaliere, basato su un’armonizzazione completa e mirata, vale a dire incentrata sulle questioni che costituiscono barriere importanti al commercio per le imprese e/o che scoraggiano i consumatori dall’acquistare oltre frontiera.
La proposta mette insieme queste quattro direttive creando un unico strumento orizzontale che disciplina gli aspetti comuni in modo sistematico, semplifica e aggiorna le norme esistenti, risolve le incoerenze e colma le lacune. La proposta si distanzia dall’approccio dell’armonizzazione minima seguito nelle quattro direttive citate per accogliere un approccio di armonizzazione completa (vale a dire il principio che gli Stati membri non possono mantenere o adottare disposizioni divergenti da quelle fis- sate nella direttiva). Infatti, in forza dell’art. 4 «gli Stati membri non possono mantenere o adottare nel loro diritto nazionale di- sposizioni divergenti da quelle stabilite dalla presente direttiva, incluse le disposizioni più o meno severe per garantire al consumatore un livello di tutela diverso».
Già in questo senso dispone, del resto, l’art. 22, par. 1 della citata direttiva n. 2008/48/CE secondo il quale «nella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite». In argomento, X. XXXXXX/X. XXXXXXX, “Private International Law in the European Union and the Exception of Mutual Recognition”, Yearb. Priv. Int. Xxx, 2002, p. 37 ss.; J.H.A. XXX XXXX, Uni- fication of private international law in a multi-forum context, in E.-X. XXXXXXXXX (ed.), Xxxxxxxxxxxxxxxxxx xxx Xxxxxxxxxxxx, Xxxx Xxxxxxx, Xxxxxxxx, 0000, p. 33 ss.; T.C. XXXXXXX, “The European Union and the Systematic Dismantling of the Com- mon Law of Conflict of Laws”, Int. Comp. Law Quart., 2005, p. 813 ss. Per una ricostruzione completa della normativa comu- nitaria in materia di consumo, H.-X. XXXXXXXX/X. XXXXX/X. XXXX, Understanding EU Consumer Law, Oxford University Press, Antwerpen-Oxford, 2009.
Prescindiamo in questa sede dalle problematiche che questa direttiva determina con riguardo al suo coordinamento con le norme di conflitto contenute nel regolamento «Roma I» e messe in luce da X. XXXXXX, in Recensione a X. Xxxxxx, cit., p. 613 s., risultando «del tutto contraddittorio per un ordinamento contenere delle norme spazialmente limitate, e, in più, per le medesime materie, delle norme di conflitto bilaterali idonee a determinare l’ambito di applicazione della legge del foro, dato che in un caso del genere il legislatore regolerebbe due volte lo stesso problema in modo contraddittorio». Inoltre, pur considerando che le norme di conflitto non determinano in generale l’ambito di applicazione della lex fori, ma «operino come fattori di integrazione e completamento materiale delle norme interne», possono determinarsi «gravi difficoltà nel conciliare l’ambito di applicazione autonomo del diritto comunitario derivato con i criteri di collegamento accolti da una norma bilaterale di conflitto». Cfr., inol- tre, E.-X. XXXXXXXXX, Der grenzüberschreitende Verbrauchervertrag zwischen Richtlinienkollisionsrecht und Rom I-VO, in X. XXXXXX/X. XXX XXXX/X. XXX XXXXXX (Hrsg.), Festschrift für Xxx Xxxxxxxxxx, Geburtstag, Tubingen, 2008, p. 499 ss.; H.-P. MAN- XXX, X. XXXXX, X. XXXXXX, “Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxxx 0000”, IPRax, 2009, 1, p. 6 ss.
per il consumatore un effetto limitativo della tutela prevista, garantendo l’applicazione della disciplina comunitaria alle fattispecie da essa considerate.
Nel rapporto con gli strumenti di diritto comunitario derivato la scelta accolta nel regolamento di inserire una clausola in grado di garantire l’applicazione della norma minima comunitaria nel caso in cui tutti gli elementi di un contratto siano localizzati nella Comunità si è rilevata la scelta migliore, al fine di tutelare sufficientemente il consumatore e di garantire una maggiore coerenza della disciplina.
Il funzionamento di una norma di questo tipo consente di superare i problemi relativi alla struttura dell’art. 6 e permette di adottare una soluzione in grado di essere coordinata con la normativa settoriale comunitaria in materia di tutela del consumatore. Inoltre, vengono meno i problemi di coerenza con quanto disciplinato dalla norma generale in materia di obbligazioni contrattuali applicabile, nel disegno accolto dal legislatore comunitario, in tutti i casi in cui vengano meno i criteri di applicazione previsti dall’art. 6 del regolamento. E per finire, la tutela del consumatore viene affermata in modo più consistente, facendo prevalere la disciplina ad esso più favorevole sulla base di un raffronto materiale delle leggi ri- chiamate, realizzando valori che l’evoluzione del diritto comunitario ha dimostrato essenziali.
Pur nella tracciata diversità delle discipline previste, infine, la realizzazione dell’indicato coordi- namento, può realizzarsi considerando il regolamento Roma I come una sorta di lex generalis, volta alla tutela di valori classici di giustizia internazionalprivatistica, sulla quale potrà eventualmente prevalere a titolo di specialità la disciplina conflittuale posta in particolari settori per soddisfare specifici obiettivi di rilevanza più strettamente materiale; eventualmente dicevamo, in quanto potranno darsi dei casi nei quali tali obiettivi risulteranno già conseguibili attraverso l’ordinario operare della disciplina generale.
VII. Il rapporto con le norme imperative di applicazione necessaria.
7. Le norme imperative sopra citate, inderogabili in peius, rilevano evidentemente solo nelle ipo- tesi in cui le parti esercitino la facoltà di designare la legge da applicare al proprio contratto non operando in via generale. Ma soprattutto tali norme non debbono essere confuse con le norme di applicazione ne- cessaria che, in forza dell’art. 9 del regolamento, disciplinano il caso concreto imperativamente indi- pendentemente dalla legge che regola il contratto. Tuttavia, si è messo in dubbio più volte la possibilità di utilizzare la categoria in questione in materia di contratti conclusi dai consumatori45. Secondo una parte della dottrina46, infatti, le norme protettive devono essere applicate sempre e soltanto quando ap- partengono alla legge designata attraverso le ordinarie regole di conflitto.
Tale ricostruzione è stata abbondantemente superata nei lavori per la trasformazione della Con- venzione di Roma in strumento comunitario. Infatti, già nel libro verde del 2003, al par. 3.2.8.3, si sot- tolinea come l’art. 5 non osti all’applicazione di eventuali leggi di polizia e di sicurezza, ai sensi dell’art. 7, «le cui disposizioni vengano interpretate come imperative nel diritto internazionale e siano in grado di offrire una protezione complementare, purché siano soddisfatte le loro condizioni di applicazione ter- ritoriale». Inoltre, lo stesso art. 9 del regolamento definitivamente adottato si riferisce a disposizioni ap-
45 Si vedano, ad esempio, i casi esaminati dinanzi alle corti tedesche verso la fine degli anni ottanta, denominati Gran-Ca- naria-Fälle, concernenti contratti di vendita di beni mobili conclusi da turisti tedeschi in vacanza nelle isole Canarie, regolati, in forza della scelta operata dalle parti, dalla legge spagnola, non ancora conforme alle disposizioni della direttiva 85/577/CEE sui contratti conclusi fuori dei locali commerciali. In queste ipotesi le norme a tutela del consumatore di derivazione comuni- taria (nel caso in parola la direttiva 85/577/CEE) venivano derogate attraverso la scelta della legge non di uno Stato terzo ma di uno Stato membro – la Spagna –, nel cui ordinamento la disciplina prevista dalla direttiva non era ancora stata attuata. La Corte federale tedesca ha negato, in questa circostanza, l’applicazione della legge tedesca, anche a titolo di legge di polizia e di sicu- rezza.
46 X. XXXXXXXX, “Internationale Verträge und Eingriffsrecht - ein Beitrag zur Methode des Wirtschaftskollisionsrechts”, Recht der Internationalen Wirtschaft, 1987, p. 729 ss.; X. XXXXXXXXX, “Strukturfragen des Internationalen Verbraucherver- tragsrechts”, ivi, 1993, p. 453 ss.; ID., “Wichtige Xxxxxxxxx xx Xxxxxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx”, XXXxx, 0000, x. 00 xx.; ID., “Struk- turfragen des Internationalen Verbrauchervertragsrechts”, Recht der Internationalen Wirtschaft, 1998, p. 287 ss.; A. XXXXX, “L’application des lois de police dans l’espace”, Rev. crit. droit intern. privé, 1999, p. 247; X. XXXXXX/X. XXXXXX, “Towards In- ternationally Mandatory Directives for Consumer Contracts? ”, in X. XXXXXXX/I. XXXXX/A.K. SCHNYDER/ X. XXXXXXX/D. XXXX- XXXXXX (eds.), Private Law in the International Arena (From National Conflict Rules Towards Harmonization and Unification), Liber Amicorum Xxxx Xxxxx, TMC Asser Press, The Hague, 2000, p. 155.
plicabili «qualunque sia la legge applicabile al contratto secondo il presente regolamento» senza operare alcuna differenziazione.
Perplessità, invece, desta, ai nostri fini, l’impropria formulazione dell’art. 9 regolamento «Roma I». L’art. 9, che accoglie un’interpretazione in senso classico delle norme di applicazione necessaria47, de- finisce la categoria in esame come disposizioni il cui rispetto è ritenuto cruciale da un paese per la sal- vaguardia dei suoi interessi pubblici, quali la sua organizzazione politica, sociale o economica48. Ora, la prassi degli ultimi anni ha dimostrato che questa formulazione è troppo restrittiva e non ha molto senso. Le norme di applicazione necessaria, come nel caso che ci occupa, assai spesso operano nel campo dei rapporti interindividuali, non preoccupandosi di proteggere valori di mero rilievo statale, ma limitandosi a tutelare in modo particolare alcuni valori interprivati ugualmente da rispettare ed inderogabili49.
Del resto, come la prassi ha dimostrato, è estremamente difficile distinguere le norme imperative a seconda che siano volte a tutelare l’interesse della collettività o quello dei privati. Si può anzi affermare che tutte le disposizioni imperative perseguano finalità di interesse generale e proprio per questa ragione il legislatore decide di sottrarle alla disponibilità dei privati. È chiaro che in alcuni casi l’interesse pro- tetto dalla norma è un interesse individuale ma la decisione politica di tutelarlo attraverso una disposi- zione imperativa prova che, a giudizio del legislatore, la protezione di quella categoria di individui è imposta da ragioni di interesse generale50. Senza considerare che è un dato ormai noto che la tutela della parte debole di un contratto sia divenuta un obiettivo di rilevante interesse comunitario. La stessa Corte di giustizia nella sentenza Xxxxxxx ha affermato che la protezione della parte debole è un obiettivo di in- teresse generale e può giustificare l’adozione di norme di applicazione necessaria51.
47 P. XXXXXXXXXXXX, “Quelques précisions sur les ‘lois d’application immédiate’ et leurs rapports avec les règles de conflit de lois”, Rev. crit. droit intern. privé, 1966, p. 1 ss.; ID., “Loi d’application immédiate et droit du travail”, Rev. crit. droit intern. privé, 1974, p. 273 ss.
48 Più correttamente, l’art. 16 del citato regolamento «Roma II» dispone che «le disposizioni del presente regolamento non pregiudicano l’applicazione delle disposizioni della legge del foro che siano di applicazione necessaria alla situazione, quale che sia la legge applicabile all’obbligazione extracontrattuale».
49 In questo senso, X. XXXXXX, Le materie internazionalistiche nella formazione del giurista contemporaneo, cit.
50 In questo senso, X. XXXXX/X. XXXXXX, “Xxxxxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxxxx 0000 - Xxx xxxxxx xxx Xxxxxxx”, IPRax, 1995, p. 353;
W.H. XXXX, Zum Verhältinis von Art. 7 Abs. 2 und Art. 5 der Xxxxx Schuldvertragskonvention, in A.K. SCHNYDER/X. XXXXX/X. XXXXXXX (Hrsg.), Internationales Verbraucherschutzrecht, Xxxx Siebeck, Tübingen, 1995, p. 35 ss. In senso contrario v. Tri- bunale tedesco del lavoro Federale (Bundesarbeitsgericht), che ha ritenuto quali norme di applicazione necessaria le disposi- zioni il cui scopo non si esaurisce nel bilanciamento di interessi contrapposti delle parti, ma che siano orientati anche verso interessi pubblici. BAG, 24 agosto 1989, IPRax, 1991, p. 407 s. e 29 ottobre 1992, ivi, 1994, p. 123, con commento di P. XXX- XXXXXX, “Wichtige Klärungen im Internationalen Arbeitsrecht”, p. 88.
51 Sentenza del 23 novembre 1999, in cause C-369/96 e C-376/96, in Raccolta, 1999, p. I-8453 ss.