Contract
10. Particolari rapporti di lavoro
di Xxxxx Xxxxxxx
1. Premessa
Nel nostro ordinamento rimane ardua la costruzione di una categoria unitaria e scien- tificamente valida di contratto di lavoro speciale. Le ipotesi legali possono essere unifi- cate soltanto sotto il profilo della deviazione dal regime giuridico generale dettato per il lavoro nell’impresa commerciale o agricola, in dipendenza di elementi estrinseci alla fat- tispecie negoziale, com’e` del resto per il carattere della non inerenza del lavoro ad una impresa, ovvero, quanto all’apprendistato, in ragione di una vera e propria modificazio- ne dello schema causale del contratto che diviene complesso rispetto al tipo legale.
La qualifica di contratti di lavoro speciali deve essere riservata, oltre che al contrat- to di tirocinio, ai contratti di lavoro relativi ad un’impresa di navigazione (v. infra, ‘‘Il lavoro nautico’’), ai contratti di lavoro non inerenti un’impresa, tra i quali sono sog- getti ad una specifica disciplina legislativa, il lavoro domestico (v. infra, ‘‘Il lavoro do- mestico’’) ed il portierato (v. infra, ‘‘Il rapporto di portierato’’) ed infine il contratto di lavoro a domicilio (v. infra, ‘‘Il lavoro a domicilio’’) che non comporta l’inserimento del lavoratore nell’organizzazione interna dell’impresa.
Muovendo sulla linea tracciata dal legislatore, la dottrina ha poi esteso l’ambito di operativita` della categoria dei contratti speciali di lavoro anche a figure di lavoro nel- l’impresa, nelle quali si riscontra una accentuata deviazione dalla disciplina generale degli istituti di diritto comune del lavoro.
Seguendo tale impostazione, sono stati classificati in questo ambito, in relazione alla particolare posizione del soggetto lavoratore, il lavoro artistico (v. infra, ‘‘Il lavoro nello spettacolo’’), il lavoro giornalistico (v. infra, ‘‘Il lavoro giornalistico’’) ed il lavoro sportivo (v. infra, ‘‘Il lavoro sportivo’’); ed in relazione all’incidenza dello scambio, il lavoro degli autoferrotranvieri (v. infra, ‘‘Il lavoro degli autoferrotranvieri’’), il lavoro dei detenuti (v. infra, ‘‘Il lavoro dei detenuti’’) ed il lavoro dei religiosi (v. infra, ‘‘Il lavoro dei religiosi’’).
2. Il lavoro domestico
Tale rapporto, alle dipendenze di datori di lavoro non imprenditori, ha ad oggetto l’opera svolta per il funzionamento della vita familiare (art. 1, legge 2 aprile 1958, n. 339), anche se lo si ritiene configurabile altres`ı in riferimento ad altre comunita` come ad esempio quelle religiose 1.
Note
1 Cfr. in tal senso per la configurabilita` del lavoro domestico in conventi ed in comunita` religiose, Cass. 13 ottobre 1967, n. 2447, in Mass. giur. lav., 1968, 242.
La disciplina normativa del lavoro domestico, gia` regolato dal codice civile (artt. 2240 ss.), e` contenuta nella legge generale n. 339/1958 2 salvo il fugace riferimento
- quanto alla tredicesima mensilita` - contenuto nella legge n. 940/1953. Tale norma- tiva peraltro e` applicabile ai soli rapporti di almeno 4 ore giornaliere presso lo stesso datore di lavoro (art. 1, legge n. 339, cit.) 3.
Le specialita` del rapporto di lavoro domestico, ispirato al contemperamento della tutela del lavoratore con le esigenze di protezione della famiglia (art. 31 Cost.), sono costituite anzitutto dalla facolta` di assunzione diretta, senza alcun obbligo neppure di comunicazione successiva agli uffici per l’impiego, essendo sufficiente la denunzia all’Inps (art. 9-bis, comma 4, legge n. 608/1996); inoltre, ai sensi dell’art. 2241 c.c., in deroga alla necessita` di forma scritta (art. 2096, comma 1, c.c.), si presume contem- plato il patto di prova. Salva diversa disciplina dei contratti collettivi, ove applicabili, l’art. 8, comma 1, legge n. 339 cit. prevede l’esclusione di un orario di lavoro, salvo un conveniente riposo giornaliero e non meno di 8 ore consecutive di riposo notturno; e` pacificamente ammessa la configurabilita` di lavoro straordinario domestico, peraltro soggetto ad un rigoroso onere probatorio in giudizio, tale da non consentire di equi- vocare tra mera presenza in casa del domestico ed effettivo svolgimento della presta- zione.
Attualmente, la disposizione di cui all’art. 7, d.lgs. n. 66/2003, relativa alla necessa- ria consecutivita` di 11 ore di riposo giornaliero esclude, con espressa previsione nor- mativa, il lavoro domestico o in comunita` familiari, da tale vincolo.
L’art. 39, legge 6 agosto 2008, n. 133 (di conversione del d.l. 25 giugno 2008, n. 112) ha disposto che ciascun datore di lavoro privato, con la sola esclusione dei da- tori di lavoro domestico, deve istituire e tenere il c.d. libro unico del lavoro, nel quale sono iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo.
Inoltre, con l’art. 22, legge n. 133/2008 e` stato riscritto il primo comma, dell’art. 70, d.lgs. n. 276/2003, in base al quale il lavoro accessorio (che, peraltro, finora non e` decollato per svariate ragioni) assume una portata molto piu` ampia, potendo trovare applicazione ad una serie di attivita`, prima non contemplate (fermo restando il limite del compenso che non puo` superare, presso lo stesso committente, E 5.000 nell’anno solare, tranne che per le imprese familiari ove ammonta ad E 10.000, nell’anno fiscale, come specificato dall’art. 1-bis, comma 1, lett. e), legge n. 80/2005). Va, peraltro, sot- tolineato che il suddetto compenso (art. 72, comma 3) sia esente da qualsiasi impo- sizione fiscale e non incida sullo status di disoccupato (soggetto che non ha mai la- vorato) o di inoccupato (lavoratore che ha perso il posto e che e` alla ricerca di una nuova occupazione).
La nuova previsione normativa vede come destinatarie del lavoro accessorio le fa- miglie, parlando tout court soltanto di queste, mentre il vecchio testo specificava la ‘‘straordinarieta`’’ della prestazione ed, inoltre, vi comprendeva l’assistenza domiciliare ai bambini, alle persone anziane, ammalate o con handicap. Orbene, il fatto che al-
Note
2 Sulla legittimita` costituzionale di questa disciplina legislativa cfr. Corte cost. 16 luglio 1968, n. 101, in Mass Giur. lav., 1968, 351.
3 Per i rapporti di lavoro di durata inferiore alle 4 ore resta applicabile la disciplina del codice civile e quella di cui alla legge n. 940/1953; cfr., tra le altre, Cass., 20 settembre 1979, n. 4855, in Foro it., 1982, I, 248).
cune attivita`, presenti nel vecchio testo, non siano state riprodotte, non comporta che il campo di applicazione della norma si sia ridotto. Infatti, se si prendono in conside- razione le declaratorie contenute nel contratto collettivo dei lavoratori domestici, si puo` agevolmente verificare che tutte le attivita` sopra citate (ma anche altre) sono comprese nell’ampia accezione di lavoro domestico 4.
Come sopra accennato, le prestazioni di lavoro accessorio (anche nelle famiglie) sono retribuite mediante la consegna al lavoratore di appositi buoni prepagati, pre- ventivamente acquistati dal datore di lavoro e l’art. 22 cit. (nelle more dell’emanazio- ne del decreto ministeriale attuativo) individua nell’Inps, nelle agenzie di sommini- strazione nonche´ in particolari soggetti all’uopo autorizzati (universita`, scuole, comu- ni, camere di commercio, ecc.) gli enti deputati a ritirare i buoni presentati all’incasso dai lavoratori.
Inoltre, occorre evidenziare che in forza del nuovo T.u. sui congedi parentali, ap- provato con d.lgs. n. 151/2001, abrogativo dell’intera legge n. 1204/1971, va ritenuto insussistente il divieto legale di licenziamento della lavoratrice domestica nel periodo di maternita` (gia` previsto dall’art. 1, comma 3, legge n. 1204/1971), cos`ı come l’ana- logo divieto di licenziamento a causa di matrimonio escluso dall’art. 1, comma 4, leg- ge n. 7/1963. Tutto cio` al fine di non gravare la famiglia (datore di lavoro) di costi eccessivi o peggio dell’imposizione giudiziale della presenza della lavoratrice gestan- te 5.
Sempre in tema di licenziamento, permane nel lavoro domestico la regola della re- cedibilita` ad nutum ex art. 2118 c.c. (cfr. art. 2244 c.c.), salvo il caso di licenziamento discriminatorio (art. 4, comma 1, legge n. 108/1990) o per motivo illecito in contrasto con norme imperative (artt. 1345 e 1418 c.c.). Naturalmente il rapporto di lavoro in esame si estingue in caso di morte del datore di lavoro, salva la prosecuzione di fatto con altri conviventi 6.
Il lavoratore domestico ha accesso, in ogni caso, ad ampie tutele, ritenute compa- tibili con le esigenze di protezione della famiglia. In particolare, meritano attenzione, la tutela previdenziale, riguardante anche i rapporti di durata inferiore alle quattro ore giornaliere (art. 1, comma 1, d.p.r. n. 1403/1971); la possibilita` di stipulare contratti collettivi, derivante dalla declaratoria di incostituzionalita` del divieto di cui all’art. 2068, comma 2 c.c. 7; una retribuzione minima inderogabile determinata da apposite commissioni provinciali (art. 14, legge n. 339, cit.) e, comunque, dalla contrattazione collettiva ovvero dal giudice ex art. 36 Cost 8. Inoltre, spettano al lavoratore il diritto al riposo settimanale ed alle festivita`, oltre ad un ulteriore permesso retribuito infraset- timanale di mezza giornata (artt. 7 e 9, legge n. 339, cit. e art. 2243 c.c.), alle ferie re- tribuite (art. 10, legge n. 339, cit.), alla tredicesima mensilita` (art. 19, legge n. 339, cit.), al preavviso di licenziamento o all’indennita` sostitutiva (art. 16, legge n. 339, cit.), al-
Note
4 Sulla configurabilita` del lavoro accessorio in ambito domestico cfr. Xxxxx Xxxxxxxx, Lavoro accessorio e nuove pro- spettive. Modalita` operative e sperimentazione, in Dir. prat. lav., n. 40/2008.
5 Corte cost. 15 marzo 1994, n. 86, in Foro it., 1994, I, 1318. Alla gestante, comunque, e` riconosciuto il diritto all’asten- sione obbligatoria con il relativo trattamento di maternita`, esteso anche al domestico padre, in mancanza della madre (art. 62, d.lgs. n. 151, cit.).
6 Cfr. Cass. 9 giugno 1993, n. 6407, in Riv. it. dir. lav., 1994, II, 329.
7 Corte cost. 9 aprile 1969, n. 68, in Mass. giur. lav., 1970, 234.
8 Corte cost. 23 dicembre 1987, n. 585, in Mass. giur. lav, 1988, 1.
l’indennita` di anzianita` ed ora al trattamento di fine rapporto (art. 17, legge n. 339, cit.) 9. Infine si rammenta che le citate commissioni provinciali fissano periodicamen- te il valore convenzionale del vitto e dell’alloggio (art. 14, legge n. 339, cit.), da com- putare nella base di calcolo di tutti gli istituti retributivi indiretti.
La disciplina sopra descritta contiene una serie di tutele speciali della persona in ragione della particolare posizione ricoperta dal lavoratore domestico, inserito nella famiglia del datore di lavoro, come ad esempio l’obbligo del datore di rispettare la personalita` e la liberta` morale e di culto del lavoratore.
A partire dagli anni settanta si e` assistito ad un massiccio fenomeno di utilizzazione di lavoratori stranieri extracomunitari nelle famiglie, laddove il lavoro domestico, di fronte all’evoluzione sociale degli italiani, era considerato troppo vincolante e poco qualificante. Attualmente la materia e` disciplinata dal T.u. approvato con d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, che impone per il lavoro degli ex- tracomunitari in Italia un sistema di quote annue (art. 3, comma 4), la stipulazione di un apposito contratto di soggiorno (art. 5-bis) ed una complessa procedura ammini- strativa da seguire per l’assunzione.
I lavoratori extracomunitari che lascino il territorio nazionale non hanno piu` il di- ritto - come accadeva per l’innanzi - di ottenere dagli enti previdenziali, la liquidazio- ne dei contributi versati in loro favore, bens`ı solo il diritto all’erogazione della pensio- ne di vecchiaia al raggiungimento dell’eta` pensionabile a prescindere da un qualsivo- glia minimo di contribuzione (cfr. legge n. 189/2002) 10.
3. Il lavoro a domicilio
La qualificazione giuridica del lavoro a domicilio, quale attivita` svolta nel proprio domicilio o in locali di cui il lavoratore abbia la disponibilita` (art. 1, comma 1, legge 18 dicembre 1973, n. 877), non si presenta agevole allorche´ il committente sia una impresa la quale, in tal modo, decentra parte del proprio ciclo produttivo.
In questo caso, infatti, il lavoro a domicilio puo` prestarsi ad eludere le tutele poste dall’ordinamento per il lavoro subordinato, ad iniziare dalla consistenza numerica dell’imprenditore ai fini dell’applicabilita` della disciplina vincolistica sui licenziamenti individuali.
Gia` l’art. 2128 c.c. si faceva carico di estendere al solo lavoro a domicilio subordi- nato, in quanto compatibile con la specialita` del rapporto, la disciplina normativa sul lavoro nell’impresa, compresa la tutela previdenziale per l’invalidita` e la vecchiaia.
La legge n. 877 cit., abrogando la previgente normativa di cui alla legge n. 264/ 1958, contiene una precisa definizione ed un’ampia regolamentazione vincolistica del lavoro a domicilio subordinato, ritenuta costituzionalmente necessitata ex art.
Note
9 Sono state dichiarate incostituzionali l’esclusione dal diritto in caso di licenziamento in tronco (Corte cost. 4 maggio 1972, n. 85), per i rapporti di lavoro di durata inferiore ad un anno (Corte cost. 27 marzo 1974, n. 85) e del vitto e dell’alloggio nella base di calcolo del trattamento (Corte cost. 6 giugno 1973, n. 72).
10 La scadenza del permesso di soggiorno determina l’impossibilita` sopravvenuta della prestazione, con conseguente legittimita` di una sospensione non retribuita del rapporto, ovvero di un licenziamento stante l’indicata impossibilita`: Xxxx., 11 luglio 2001, n. 9407, in Mass. giur. lav., 2001, 842.
35 Cost., a seguito della declaratoria di inammissibilita` della richiesta di referendum abrogativo della legge stessa 11.
Gli elementi qualificanti della fattispecie legale sono costituiti, come gia` si e` detto, dallo svolgimento di attivita` nel domicilio del lavoratore o in locali di cui questi abbia la disponibilita`, purche´ non forniti dal committente, anche dietro compenso, per non costituire un normale rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato (art. 1, comma 1, legge n. 877, cit.).
Inoltre, il lavoratore a domicilio ha la facolta` di servirsi dell’aiuto accessorio di membri della propria famiglia purche´ conviventi ed a carico, ma non di dipendenti o di apprendisti (art. 1, comma 1, legge n. 877, cit.), nonche´ di svolgere attivita` anche in proprio per piu` imprenditori.
La disciplina in esame deroga espressamente a quanto stabilito dall’art. 2094 c.c., nel senso che in questo contesto la subordinazione non va intesa in modo istituzio- nale ossia di eterodirezione e/o di eterocomando, bens`ı come obbligo di osservare le direttive dell’imprenditore circa le modalita` di esecuzione, le caratteristiche ed i requi- siti del lavoro da svolgere, in relazione ai prodotti oggetto dell’attivita` dell’impresa committente.
Nel quadro di tale speciale disciplina legislativa, il lavoro a domicilio realizza una forma di decentramento produttivo, in cui l’oggetto della prestazione del lavoratore assume rilievo non gia` come risultato, ma come estrinsecazione di energie lavorative, resa in maniera continuativa all’esterno dell’azienda, e pero` organizzata ed utilizzata in funzione complementare o sostitutiva del lavoro eseguito all’interno di essa, e, cor- relativamente, il vincolo di subordinazione viene a configurarsi come inserimento dell’attivita` del lavoratore nel ciclo produttivo aziendale, del quale la prestazione la- vorativa da lui resa, pur se in ambienti esterni all’azienda e con mezzi ed attrezzature anche propri del lavoratore stesso, ed eventualmente anche con l’ausilio dei suoi fa- miliari conviventi e a carico, diventa elemento integrativo (c.d. subordinazione tecni- ca) 12.
Tuttavia, non sara` sufficiente che il lavoro concerna sic et simpliciter attivita` ricon-
ducibili al ciclo produttivo dell’imprenditore committente, necessitando un quid plu- ris, ai fini della subordinazione - come si e` detto - la sottoposizione al potere direttivo
Note
11 Cfr. Corte cost. 7 febbraio 2000, n. 49, in Mass. giur. lav., 2000, 237, che ha dichiarato inammissibile la richiesta di
referendum abrogativo della legge n. 877/1973.
12 Cfr., tra le tante, Cass. n. 669 del 17 gennaio 2004 (in Rep. Foro it., 2004, voce Lavoro (Rapporto), n. 326) che af- ferma: ‘‘La qualificazione giuridica del rapporto di lavoro effettuata dal giudice di merito e` censurabile in sede di le- gittimita` limitatamente alla scelta dei parametri normativi di individuazione della natura subordinata o autonoma del rapporto; mentre l’accertamento degli elementi, che rivelano l’effettiva presenza del parametro stesso nel caso concre- to attraverso la valutazione delle risultanze processuali e sono idonei a ricondurre la prestazione al suo modello, co- stituisce apprezzamento di fatto, che, se immune da vizi giuridici e adeguatamente motivato, resta insindacabile in Cassazione. (Nella specie, il giudice di merito, con la sentenza confermata dalla Suprema Corte, aveva ravvisato gli elementi qualificanti del rapporto di lavoro subordinato a domicilio, sulla base dei tre seguenti elementi: a) che il la- voratore era tenuto ad osservare le direttive dell’imprenditore circa le modalita` di esecuzione, le caratteristiche e i requisiti del lavoro da svolgere, nella esecuzione parziale, nel completamento o nella intera lavorazione di prodotti oggetto dell’attivita` del committente; b) che il lavoro era eseguito senza ausilio di manodopera salariata; c) che la pre- stazione lavorativa riguardava prodotti oggetto dell’attivita` del committente ed il lavoratore era inserito nel ciclo pro- duttivo dell’impresa, restando irrilevanti l’iscrizione del prestatore di lavoro all’albo delle imprese artigiane, il possesso di partita Iva, la mancata fissazione di termini rigorosi per la consegna del lavoro commissionato, o l’utilizzazione da parte del lavoratore di attrezzature proprie)’’.
del datore di lavoro, circa le modalita` di esecuzione ed i requisiti del lavoro da svol- xxxx, compatibilmente con l’assenza dell’imprenditore sul luogo di esecuzione dell’at- tivita`, senza un rigoroso controllo contestuale tipico del lavoro nell’impresa.
Dalle considerazioni che precedono e` possibile enucleare elementi compatibili (e non) con la subordinazione insita nel lavoro a domicilio, sul presupposto che la di- sciplina normativa sopra descritta si riferisce al solo lavoro a domicilio subordinato (e non a quello autonomo), pertanto si palesano compatibili con la specialita` del rap- porto in esame, una pluralita` di committenti 13, l’iscrizione del lavoratore all’albo de- gli artigiani e/o la fatturazione 14, un controllo non continuo ma limitato ad una ve- rifica ex post sul prodotto 15. Per contro, sono ritenuti tali da collidere con il lavoro a domicilio la liberta` di scelta dei tempi di consegna 16, la possibilita` di rifiutare il la- voro commissionato 17, l’utilizzazione di dipendenti o di apprendisti 18, oppure la for- nitura di lavori a contenuto altamente creativo, come nell’artigianato 19.
L’art. 41, d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge n. 133, 6 agosto 2008, modificando in piu` parti il d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66, in materia di orario di lavoro, ha tenuto ferme le disposizioni di cui all’art. 7, d.lgs. (nella parte relativa alla necessaria consecutivita` di 11 ore di riposo giornaliero), che non si applicano al personale c.d. mobile ed a tutti quei lavoratori la cui durata dell’orario di lavoro, a causa delle carat- teristiche della attivita` esercitata, non e` misurata o predeterminata o puo` essere deter- minata dai lavoratori stessi (e quindi, ad esempio, quando si tratta: di dirigenti, di per- sonale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo e quindi (come ribadito anche nella circ. Min. lav. n. 8 del 3 marzo 2005) al personale che, sebbene privo di potere gerarchico conserva ampia possibilita` di iniziativa, di di- screzionalita` e di determinazione autonoma sul proprio tempo di lavoro, come gene- ralmente accade, ad esempio, per le figure professionali con funzioni direttive; di ma- nodopera familiare; di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunita` re- ligiose; di prestazioni rese nell’ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di telelavoro). Va segnalato che in forza dell’accordo interconfederale 20 giugno 1997 per il ter- ziario nonche´ del d.p.r. n. 70/1999 e dell’accordo quadro 23 marzo 2000 per il settore pubblico, alla fattispecie del lavoro a domicilio, subordinato o autonomo, viene ricon- dotto il recente fenomeno del telelavoro. Per quest’ultimo il datore di lavoro e` tenuto a garantire il rispetto della personalita` e della liberta` morale degli addetti (art. 115,
comma 1, d.lgs. n. 196/2003).
Il legislatore mostra con tutta evidenza il proprio sfavore per il fenomeno del de- centramento produttivo mediante lavoro a domicilio stabilendo il divieto di servirsi di tale lavoro, per la durata di un anno, nei confronti di aziende che abbiano effettuato licenziamenti collettivi o sospensioni, nonche´ il divieto di proseguire, mediante lavo- ro a domicilio, lavorazioni prima eseguite in fabbrica, con cessione di macchinari ed
Note
13 Cass. 22 aprile 2002, n. 5840, in Mass. giur. lav., 2002, 594.
14 Cass. 23 settembre 1998, n. 9516, in Riv. it. dir. lav., 1999, II, 235.
15 Cass. 17 febbraio 1998, n. 1676, in Foro it., 1998, I, 1463.
16 Cass. 11 maggio 2002, n. 6803, in Mass. giur. lav., 2002, 595.
17 Cass. 14 novembre 1995, n. 11796, in Mass. giur. lav., 1996, 49.
18 Cfr. l’art. 1, comma 1, legge n. 877/1973 che sembra precludere le collaborazioni esterne. La subordinazione e` esclu- sa, naturalmente, quando il lavoratore organizza nel proprio domicilio una vera e propria struttura di impresa.
19 Trib. Bologna 15 marzo 1988, in Riv. it. dir. lav., 1990, II, 105.
attrezzature (art. 2, commi 2 e 3, legge n. 877, cit.). Nello stesso senso si spiega il di- vieto di avvalersi di intermediari, con la rigorosa sanzione consistente nella costituzio- ne ope legis di un normale rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze del reale committente (art. 2, comma 4, legge n. 877, cit.).
Tuttavia, in una prospettiva di carattere generale, lo sfavore mostrato dal legislato- re per tutte le forme di interposizione nelle prestazioni di lavoro ha subito un note- vole ridimensionamento a seguito dell’intervenuta abrogazione della legge n. 1369/ 1960 ad opera del d.lgs. n. 276/2003 che ha introdotto nel nostro ordinamento l’isti- tuto della somministrazione e dell’appalto di lavoro (art. 20 ss., d.lgs. cit.).
A seguito dell’istituzione del c.d. libro unico del lavoro, in forza dell’art. 39, legge
n. 133/2008, nel quale devono essere iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collabora- tori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo, e` stata disposta la contestuale abrogazione delle norme contenute nella legge 18 di- cembre 1973, n. 877 che prevedevano l’obbligo di tenuta di svariati registri (ad esem- pio il registro dei committenti, il registro aziendale, ecc.) nonche´ del libretto persona- le che il committente doveva fornire a ciascun lavoratore.
Attualmente, nel libro unico del lavoro dovranno essere riportati, con riferimento a ciascun lavoratore a domicilio, le date e le ore di consegna e di riconsegna del lavoro, la descrizione del lavoro eseguito nonche´ la specificazione della quantita` e della qua- lita` del lavoro stesso 20.
La forma di retribuzione stabilita per il lavoro a domicilio e` il cottimo pieno (art. 8, comma 1, legge n. 877, cit.), restando esclusa qualsivoglia retribuzione a tempo, per l’impossibilita` di controllare la durata della prestazione. Le tariffe di cottimo sono fis- sate dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, da un’apposita commissione regio- nale ovvero, in caso di inerzia, dal direttore dell’ufficio regionale del lavoro; analoga- mente vengono determinate le maggiorazioni per lavoro festivo, per ferie, gratifica natalizia e trattamento di fine rapporto (art. 8, commi 1 e 3, legge n. 877, cit.).
La tutela del lavoro a domicilio sotto l’aspetto prevenzionistico ha assunto una spiccata peculiarita`, in ragione della particolare fisionomia di tale rapporto. Infatti, la particolare forma di subordinazione c.d. attenuata, insita nel lavoro a domicilio, ha comportato l’esclusione dalla normativa di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro, sia pure in virtu` di alcuni fattori di salvaguardia normativamente prefigu- rati, come avviene secondo la previsione dell’art. 2, legge n. 877/1973 (‘‘Non e` am- messa - pena la sanzione dell’arresto fino a 6 mesi - l’esecuzione di lavoro a domicilio per attivita` le quali comportino l’impiego di sostanze o materiali nocivi o pericolosi per la salute o la incolumita` del lavoratore e dei suoi familiari’’), tenuto conto del fatto che nel lavoro a domicilio di regola non sono attuabili le misure preventive e protet- tive e le cautele tipicamente riconducibili alla realta` organizzativa dell’impresa.
Al lavoro a domicilio non si applica, pertanto, la normativa sulla sicurezza del la- voro e neppure le tutele contro i licenziamenti individuali, poiche´ per entrambe le
Note
20 In un’ottica semplificatrice, tutti i dati sul lavoro a domicilio potranno essere esposti sul libro unico del lavoro, re- golarmente istituito e tenuto, anche con modalita` analoghe a quelle in atto con riferimento all’abrogato libretto per- sonale di controllo, secondo l’organizzazione della singola azienda o del soggetto cui e` affidata la elaborazione e la tenuta del libro stesso, ferma restando l’unicita` documentale del libro unico del lavoro.
discipline non possono trovare attuazione qualora l’attivita` si svolga in locali collocati fuori dall’impresa 21.
La lavoratrice ed il lavoratore a domicilio godono del divieto di licenziamento e dell’indennita` per il periodo di astensione obbligatoria per maternita` di cui all’art. 61, d.lgs. n. 151/2001.
4. Il lavoro giornalistico
L’attivita` giornalistica e` riservata per legge ai soli iscritti all’apposito albo 22 e puo` essere svolta sia in forma autonoma che subordinata. Tuttavia la prestazione di fatto svolta in forma subordinata da parte di un soggetto non iscritto all’albo, da` diritto co- munque alla retribuzione ex art. 2126, comma 1, c.c., stante la nullita` del contratto per violazione di norma imperative, escludendosi l’illiceita` dell’oggetto o della causa 23. L’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti non e` idonea alla costituzione di un regolare rapporto di lavoro giornalistico o di praticantato giornalistico; peraltro, lo svolgimento di mansioni di redattore alle dipendenze di un’azienda giornalistica da parte di sog- getto iscritto solamente in detto elenco non comporta la nullita` del contratto per illi- ceita` della causa o dell’oggetto e produce gli effetti previsti dall’art. 2126 c.c. per il tempo in cui il rapporto ha avuto esecuzione, restando escluso che tra gli effetti fatti salvi rientri il diritto di continuare a rendere la prestazione o di pretenderne la esecu- zione; di conseguenza, nel caso di accertamento della natura subordinata di un rap- porto di lavoro giornalistico, esercitato in mancanza di iscrizione nell’albo professio- nale ed in presenza della sola iscrizione nell’elenco dei pubblicisti, il giudice deve li- mitarsi a riconoscere il diritto alle differenze retributive ai sensi dell’art. 2126, comma 1, c.c. ma non puo` ordinare la reintegrazione o la riassunzione del lavoratore, assu- mendone l’illegittimo licenziamento, atteso che nel contratto affetto da nullita` per vio- lazione di norma imperativa non e` concepibile un negozio di licenziamento e non
sono configurabili le conseguenze che la legge collega al recesso ingiustificato.
La subordinazione che caratterizza questo lavoro e` sensibilmente attenuata, stante la liberta` di movimento, di orari, nonche´ la discrezionalita` della prestazione intellet- tuale, restando rinvenibile essenzialmente nell’assoggettamento del giornalista al po- tere direttivo e di controllo del datore di lavoro con un vincolo di disponibilita` 24.
Nella distinzione legale si individuano i giornalisti professionisti, esercenti in modo esclusivo e continuativo il loro lavoro, ed i pubblicisti la cui attivita` e` semplicemente
Note
21 In caso di licenziamento collettivo, il diritto all’indennita` di mobilita` e` stato definitivamente affermato da Cass. s.u. 12 marzo 2001, n. 106, in Foro it., 2001, I, 1524.
22 L’iscrizione all’albo dei giornalisti non implica automaticamente la natura giornalistica dell’attivita` di lavoro, che deve essere sempre accertata da parte del giudice: Xxxx. 7 novembre 2001, n. 13778, in Mass. giur. lav., 2002, 29. Tuttavia, in assenza di iscrizione non e` configurabile un rapporto di lavoro giornalistico, restando irrilevante l’even- tuale retrodatazione dell’iscrizione.
23 Cass., s.u., 10 aprile 1979, n. 2029, in Foro it., 1979, I, 2041; Cass., s.u., 23 aprile 1980 n. 2640, in Riv. giur. lav., 1980,
II, 854.
24 Puo` essere definita giornalistica anche l’attivita` di cinefotoperatore, a condizione che curi anche il montaggio del filmato: Cass. 16 gennaio 1993, n. 536, in Dir. prat. lav., 1993, 653, al pari di quanto si ritiene per il fotografo il quale deve anche selezionare le foto scattate per potersi parlare di lavoro giornalistico: Xxxx. 19 gennaio 1993, n. 626, in Riv. it. dir. lav., 1993, II, 762.
non occasionale e retribuita, di norma coesistente con altri impieghi o professioni. Il contratto collettivo di lavoro giornalistico, tipico contratto di mestiere, distingue nel- l’ambito dei giornalisti subordinati, varie figure tra le quali ad esempio quella del re- dattore, caratterizzata dalla quotidianita` della prestazione 25 e quella del collaboratore fisso (che puo` essere un professionista o un pubblicista), tenuto ad una prestazione continuativa, seppur non quotidiana 26.
Quanto alla qualifica di redattore si precisa che e` costante l’indirizzo della giuri- sprudenza della Suprema corte, secondo cui, nell’ambito del lavoro giornalistico, tale qualifica si caratterizza per il tipo di collaborazione (compilazione di articoli di infor- mazione e commenti o realizzazione di servizi riguardanti particolari avvenimenti) e per il particolare inserimento nell’organizzazione necessaria per la compilazione del giornale (con prestazione dell’attivita` lavorativa in modo continuativo e con l’osser- vanza di un orario di lavoro), presupponendo l’esistenza di una redazione che, quale indefettibile struttura organizzativa in cui il lavoratore e` inserito, implica l’attivita` di programmazione e formazione del prodotto finale (la scelta, la revisione degli articoli e la loro impaginazione) per la preparazione di una o piu` pagine del giornale 27.
Costituisce altres`ı attivita` giornalistica - intesa come prestazione di lavoro intellet- tuale volta alla raccolta, al commento e alla elaborazione di notizie destinate a forma- re oggetto di comunicazione attraverso gli organi di informazione - l’attivita` prestata dal grafico il quale, mediante l’espletamento di compiti inerenti la progettazione e la realizzazione della pagina di giornale, come la collocazione del singolo pezzo gior- nalistico e la scelta delle immagini e dei caratteri tipografici con i quali lo stesso viene riportato sulla pagina, esprime - pur nell’eventuale presenza delle scelte e delle indi- cazioni degli autori degli articoli e del direttore - un personale contributo di pensiero ed una valutazione sulla rilevanza della notizia, rapportata ad un giudizio sulla ido- neita` del fatto ivi riferito ad incidere sul convincimento del lettore, in cio` differenzian- dosi dall’attivita` del poligrafico il cui contributo si esaurisce nella mera trasposizione grafica della notizia da comunicare.
Il contratto collettivo di settore prevede che il comitato di redazione debba essere consultato in occasione del mutamento della proprieta` o della direzione del giornale; e cio` in quanto l’azienda giornalistica costituisce una tipica organizzazione di tenden- za nella quale i giornalisti stessi devono seguire, a pena di licenziamento, la linea ideologica prescelta dal datore di lavoro ed attuata tramite il direttore. Per la stessa ragione il contratto collettivo contempla la c.d. xxxxxxxx di coscienza che consente al giornalista di dimettersi in tronco, con un indennizzo economico, in caso di muta- mento dell’indirizzo politico del giornale 28.
E` tuttora controversa l’ammissibilita` del lavoro a progetto in ambito giornalistico in
base alle indicazioni normative di cui all’art. 61, d.lgs. n. 276/2003, di indipendenza dal tempo impiegato e di finalizzazione ad un risultato, laddove l’attivita` non possa comunque consistere in una mera messa a disposizione di energie lavorative, nel ca-
Note
25 Cass. 9 marzo 1998, n. 2611 e Cass. 27 marzo 1998, n. 3272, in Foro it., 1998, I, 1392; Cass. 14 dicembre 2002, n.
17914, in Giust. lav., 2003, n. 10, 98.
26 Cass. 14 dicembre 2002, 17914, ult. cit.
27 Cfr. in tali sensi: Cass. n. 833/2001, n. 12252/2003, n. 4797/2004, cit., 7016/2005, in Dir. prat. lav., n. 34/2007.
28 Per il caso riguardante il Corriere della Sera, cfr. Cass., 19 maggio 1979, n. 2885, in Foro it., 1979, I, 2021.
so di specie valutate e controllate con scadenze temporali quotidiane. Non puo` nep- pure tacersi che il Ministero del lavoro, con nota del 15 dicembre 2004, da un lato si e` richiamato all’esclusione normativa espressa, ma dall’altro ha riconosciuto e sottoli- neato ‘‘che le parti possono, perseguendo l’obiettivo di elevare le reciproche garan- zie, concordare la riconduzione dei rapporti in questione alla disciplina delle collabo- razioni a progetto’’.
In buona sostanza se ne ricava che sebbene obiettivamente ed espressamente escluse dall’ambito di operativita` della normativa sul lavoro a progetto, le parti di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa possano aderire volontaria- mente e spontaneamente alle diverse e piu` forti tutele previste dagli artt. 61 ss., d.lgs. n. 276/2003.
La legge riconosce al giornalista professionista la possibilita` di recuperare i propri crediti retributivi nel caso di insolvenza del datore di lavoro a causa di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordi- naria intervenute dopo il 20 febbraio 1992, mediante intervento da parte del Fondo di garanzia istituito presso l’Inps (Inpgi per i giornalisti).
Con l’istituzione del c.d. libro unico del lavoro (artt. 39 e 40, d.l. 25 giugno 2008, n. 112) nel quale devono essere iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coor- dinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo (a decorre dal 18 agosto 2008), e` stata disposta la contestuale abrogazione delle norme concer- nenti la tenuta del libro paga e matricola, secondo le disposizioni del d.p.r. 30 giugno 1965, n. 1124 e del r.d. 28 agosto 1924, n. 1422, in forza del richiamo operato dalla legge 9 novembre 1955, n. 1122, recante norme in materia di previdenza ed assisten- za sociale attuate dall’Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani Xxxxxxxx Xxxxxxxx (Inpgi) 29.
5. Il lavoro sportivo
Il lavoro sportivo disciplinato dalla legge 23 marzo 1981, n. 91 riguarda solo gli sportivi professionisti, individuati negli atleti, allenatori, direttori sportivi, preparatori atletici, esercenti attivita` sportiva a titolo oneroso e con carattere continuativo, nel- l’ambito delle discipline regolamentate dal Coni e tesserati come professionisti delle federazioni riconosciute dal Coni.
Ai fini dell’applicazione della particolare disciplina prevista dalla legge n. 91/1981, sono ritenuti sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l’attivita` sportiva a titolo oneroso con carattere di continuita` (nell’ambito delle discipline regolamentate dal Coni) che conseguono la
Note
29 Le controversie di carattere amministrativo che riguardano i contributi dovuti all’Inpgi (Istituto nazionale di previ- denza dei giornalisti italiani Xxxxxxxx Xxxxxxxx) e le prestazioni previste vengono regolate espressamente dall’art. 34, commi 1 e 2, del nuovo regolamento approvato il 24 aprile 2007, che ripete sul punto pedissequamente i contenuti dell’art. 56, d.m. 18 gennaio 1953, recante il regolamento per la previdenza e l’assistenza dei giornalisti professionisti. I ricorsi devono essere presentati al Consiglio di amministrazione dell’Istituto (in precedenza nella vigenza del d.m. 18 gennaio 1953 la competenza era del Comitato esecutivo) dall’interessato, con raccomandata con avviso di ricevimento, entro 30 giorni dalla comunicazione del provvedimento impugnato. La decisione e` pronunciata dal Consiglio di am- ministrazione entro i 60 giorni successivi alla data del ricorso.
qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal Coni per la distinzione dell’attivita` dilettantistica da quella professionistica (art. 2, legge cit.).
Lo sportivo professionista (nel senso sopra indicato e, quindi, lato del termine) e` un lavoratore subordinato allorquando esercita l’attivita` sportiva (con inclusione degli allenatori e dei direttori tecnici), essendo vincolato a sedute di allenamento o di pre- parazione, con prestazione continuativa, svolgendo la propria attivita` in modo strut- turato (cioe` non nell’ambito di una singola manifestazione o di piu` manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo).
A tal proposito, si ricorda che, ai fini dell’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro sportivo, non sarebbe decisivo il requisito dell’onerosita` della pre- stazione, cos`ı come precisato da una parte della giurisprudenza che ritiene sussistente il vincolo della subordinazione nel caso in cui il preparatore di una squadra di calcio giovanile, pur non essendo mai stato retribuito, abbia assiduamente svolto la sua at- tivita` sotto la direzione dell’allenatore, sia stato inserito nell’organigramma del settore, abbia osservato un orario di lavoro prefissato in relazione alla disponibilita` del terre- no di gioco e nel periodo in questione non abbia lavorato in favore di soggetti diversi dalla societa` 30.
Lo sportivo professionista (sempre nel senso lato del termine di cui all’art. 2 legge cit.) e`, invece, un lavoratore autonomo quando rende l’attivita` in relazione ad un uni- co evento sportivo ovvero a piu` ‘‘manifestazioni’’ che rientrano nell’ambito dello stes- so evento sportivo (ad esempio, un campionato), non e` obbligato a presenziare all’at- tivita` di allenamento o di preparazione, svolge la prestazione oggetto del rapporto di lavoro in modo limitato nel tempo (non piu` di 8 ore alla settimana oppure 5 giorni al mese oppure 30 giorni l’anno). L’art. 3, legge cit., chiarisce, peraltro, che ai fini della qualificazione come lavoro autonomo non e` necessaria la compresenza di tutti gli in- dici previsti dalla norma essendo sufficiente anche uno solo di essi.
Circa la possibilita` che in capo alla stessa persona siano riconducibili due rapporti di lavoro sportivo professionistico (uno subordinato e l’altro autonomo), la giurispruden- za si e` espressa favorevolmente, chiarendo che non puo` escludersi la coesistenza di un rapporto di lavoro subordinato e di uno di lavoro autonomo, se sono ben distinte le prestazioni e i compensi relativi ai due diversi rapporti contrattuali, con la conseguenza che, in caso di recesso della societa` sportiva da ambedue i rapporti, la stessa e` tenuta, per il rapporto di lavoro autonomo, a norma dell’art. 2237 c.c., solo al compenso per l’opera prestata dal collaboratore, indipendentemente dalla causa del recesso 31.
Note
30 La prestazione sportiva assume la fisionomia di lavoro subordinato cos`ı come affermato dalla recente sentenza Xxxx. 11 aprile 2008, n. 9551, in Dir. prat. lav., n. 43/2008. La Suprema Corte, chiamata a pronunziarsi sulle pretese econo- miche avanzate dal massaggiatore di una squadra di calcio, accoglie ed applica l’orientamento secondo il quale, per le altre figure indicate nell’art. 2, legge n. 91/1981 ‘‘la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione deve esser ac- certata di volta in volta nel caso concreto, in applicazione dei criteri forniti dal diritto comune del lavoro’’. Nel caso in questione la Corte, rilevata la circostanza che il ‘‘massaggiatore di una squadra di calcio puo` svolgere la sua attivita` soltanto se tesserato ed affiliato alla federazione’’, e che ‘‘nessuna possibilita` e` data alle parti di costituire il relativo rapporto al di fuori dello schema contrattuale predisposto dalla Lega, attraverso il quale di realizza oltre che la com- posizione degli interessi economici, anche il tesseramento e la sottoposizione alle norme ed ai principi dell’ordina- mento federale’’, nega la riconduzione di tale figura all’art. 2, legge n. 91/1981.
31 Cass. 17 gennaio 1996, n. 354, in Lav. giur,, 1996, II, 593, in base alla quale la prestazione sportiva puo` assumere la fisionomia sia di lavoro autonomo che subordinato. Nella specie all’allenatore sportivo responsabile della prima squa-
Anche sotto il profilo dell’individuazione dei soggetti datoriali destinatari delle nor- me sul lavoro degli sportivi professionisti, la legge del 1981 detta una disciplina spe- cifica. Infatti, ai sensi dell’art. 10 della legge cit., sono legittimate a concludere un con- tratto di lavoro con uno sportivo professionista solo le societa` che presentino alcuni particolari requisiti in ordine alla propria soggettivita` giuridica e all’affiliazione alla fe- derazione sportiva di riferimento.
In particolare, la norma citata prevede che la societa` sportiva datrice di lavoro deb- ba essere costituita sotto forma di societa` per azioni o di societa` a responsabilita` limi- tata, con l’obbligo di nominare un collegio sindacale (la ratio di quest’ultima specifi- cazione e` facilmente intuibile e risiede nella necessita` di mantenere nell’ambito della societa` un organo di controllo).
Sotto altro profilo, l’art. 10 cit. prevede che le societa` sportive siano vincolate esclu- sivamente al perseguimento dell’oggetto sociale, che consiste nelle ‘‘attivita` sportive ed attivita` ad esse connesse o strumentali’’. Peraltro, al fine di mantenere uno stretto lega- me fra l’oggetto sociale indicato e l’effettivo svolgimento dell’attivita` sportiva, la norma in esame impone alla societa`, prima del deposito dell’atto costitutivo, di ottenere l’af- filiazione da una o da piu` federazioni sportive nazionali riconosciute dal Coni.
Inoltre, per l’aspetto sanzionatorio, la norma prevede che, allorquando la societa` incorresse in gravi infrazioni dell’ordinamento sportivo, potra` essere disposta la revo- ca dell’affiliazione con conseguente inibizione delle attivita` sportive. Attraverso tale meccanismo, si determina la sottoposizione della societa` sportiva, prima ancora che alle norme civilistiche che la regolano come soggetto giuridico, a quelle dell’or- dinamento sportivo.
E` del tutto evidente che tali norme sono finalizzate all’applicazione della disciplina
speciale riferita al lavoro degli sportivi professionisti, nel senso che, laddove la societa` sportiva datrice di lavoro mancasse dei requisiti legali richiesti, il rapporto di lavoro intercorrente tra la stessa e l’atleta professionista sarebbe regolato dall’ordinaria disci- plina in tema di lavoro subordinato o autonomo. A tal proposito, la giurisprudenza ha, infatti, affermato che la mancanza della qualita` di societa` di capitali, in capo al soggetto datore di lavoro, nell’ambito di un rapporto di lavoro sportivo professioni- stico, impedisce l’applicazione della norma contenuta nell’art. 4, legge n. 91/1981, con la conseguenza che il rapporto di lavoro intercorso tra un’associazione sportiva (non eretta in forma societaria di capitali) e un atleta professionista xxxx` regolato dalla normativa lavoristica ordinaria 32.
Per quanto attiene alla costituzione del rapporto, contrariamente a cio` che accade con l’ordinario rapporto di lavoro subordinato, il contratto dello sportivo professioni- sta deve essere stipulato in forma scritta a pena di nullita` e deve inoltre uniformarsi ad
Note
dra per un’intera stagione calcistica - e come tale pacificamente vincolato da un rapporto di lavoro subordinato - era stato affidato anche il coordinamento e la supervisione del settore giovanile. La Suprema Corte, nel confermare, sulla base dei suesposti principi, la sentenza impugnata - che aveva ritenuto la sussistenza di due contratti, nonostante l’u- nicita` del testo negoziale - ha in particolare rigettato il motivo di ricorso relativo alla qualificazione come di lavoro autonomo del secondo rapporto, rilevando che neppure il ricorrente aveva dedotto un impegno superiore a quello previsto dalle lett. b) e c) del cit. art. 3, comma 2, da lui richiamato.
32 Sulle conseguenze derivanti dalla mancanza dei requisiti legali della societa` sportiva datrice di lavoro, cfr. App. Ancona 27 gennaio 2005, in Dir. lav. Marche, 2005, 2/3, 104.
un modello tipo o standard, conformemente all’accordo predisposto, ogni tre anni, dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresentanti delle categorie interessate. In particolare, l’art. 4 legge cit. prevede che il contratto contenga l’obbligo dello sportivo di rispettare le istruzioni tecniche e le prescrizioni impartite dalla societa` per il conseguimento degli scopi agonistici, che non possa contemplare (nemmeno in un momento successivo a quello della stipulazione) clausole di non concorrenza o, comunque, limitative della liberta` professionale dello sportivo per il periodo suc- cessivo alla risoluzione del contratto, ammettendo l’applicabilita` - di uso comune - di una clausola compromissoria per la risoluzione delle controversie co deferimento ad
un collegio arbitrale.
Corollario della tassativita` del contenuto del contratto di lavoro subordinato spor- tivo e` la sostituzione automatica (cos`ı come previsto dall’art. 4, comma 3, legge n. 91/ 1981) delle disposizioni di miglior favore contenute nel contratto standard rispetto alle eventuali clausole peggiorative dell’accordo individuale, tramite il principio di cui all’art. 1419, comma 2, c.c. e 1339 c.c.
A tal proposito, si segnala una singolare (ed invero poco condivisibile) sentenza della Suprema Corte, la quale - andando oltre all’effetto, previsto ex lege, della sosti- tuzione di diritto delle clausole (peggiorative) difformi rispetto allo standard legale - ha sanzionato il contratto, stipulato in modo difforme rispetto allo schema legale, ad- dirittura con la nullita` dell’intero accordo, argomentando che nella disciplina di setto- re, posta dagli artt. 4 e 12, legge 23 marzo 1981, n. 91 per la regolamentazione dei rapporti nell’ordinamento sportivo, sono affetti da nullita` i contratti - aventi ad oggetto non solo l’assunzione di un giocatore, ma anche eventuali patti aggiunti - ove stipulati in modo non conforme al contratto tipo, atteso che - pur in mancanza di un’espressa previsione in tal senso da parte degli accordi collettivi - la mancata osservanza della forma e` colpita con la nullita` assoluta (e non parziale) direttamente dall’art. 4 citato, rilevabile anche d’ufficio da parte del giudice 33.
Francamente piu` condivisibili ed in linea con il dettato normativo sono, invece, le conclusioni a cui giunge la giurisprudenza di merito, secondo la quale, ai sensi delle norme in materia di rapporti tra societa` e sportivi professionisti, la nullita` del contratto di lavoro tra sportivo professionista e societa` di appartenenza deriva soltanto dalla mancata stipulazione in forma scritta e non anche dalla sua difformita` dal contrat- to-tipo predisposto ogni tre anni dalla federazione sportiva nazionale e dai rappresen- tanti delle categorie interessate, difformita` che produce effetti sanzionatori unicamen- te all’interno dell’ordinamento sportivo 34.
Infine, e` appena il caso di ricordare che il trattamento economico contrattuale dei
lavoratori sportivi (previsto, almeno nel minimo, sulla base degli accordi stipulati dal- la federazione sportiva nazionale di riferimento e dai rappresentanti della singola ca- tegoria) viene spesso integrato sulla base di accordi commerciali collaterali aventi ad oggetto, ad esempio, l’utilizzo dell’immagine, sponsorizzazioni varie, etc.
In merito alla gestione del rapporto di lavoro l’art. 4, legge n. 91/1981 prevede che
Note
33 Sulla nullita` dell’intero contratto di lavoro cfr. Cass. 4 marzo 1999, n. 1855, in Mass. Giust. civ., 1999, 495.
34 Sulla nullita` parziale del contratto di lavoro (art. 1419, comma 0, x.x.) x xxxxx xxxxxxxxxxxx xxxxxxxxxx xx xxxxxxxx (xxx. 1339 c.c.), cfr. Trib. Perugia 10 aprile 1996, in Rass. giur. Umbria, 1996, 417.
alla fattispecie del contratto di lavoro subordinato dello sportivo professionista non si applichino le disposizioni in materia di controllo a distanza mediante strumenti audio- visivi (art. 4, Stat. lav.), di accertamenti sanitari (art. 5, Stat. lav.), di procedimento di- sciplinare (art. 7, Stat. lav.), qualora la sanzione venga irrogata dalle federazioni spor- tive nazionali, di adibizione alle mansioni ed assegnazione delle stesse (art. 13, Stat. lav.), di contratto di lavoro a termine, nel senso che il legislatore ha escluso l’appli- cazione al lavoro sportivo della legge n. 230/1962 (ora abrogata e sostituita dal d.lgs. n. 368/2001), con la conseguenza che le parti possono liberamente apporre un termine al contratto di lavoro sportivo, purche´ la durata convenuta non sia supe- riore ai cinque anni, risoluzione ad nutum del rapporto di lavoro.
A tal proposito, l’art. 5, comma 2, legge n. 91/1981 dispone che e` ammessa la ces- sione del contratto, prima della scadenza, da una societa` sportiva ad un’altra, purche´ vi consenta la controparte e siano osservate le modalita` fissate dalle federazioni spor- tive nazionali.
La giurisprudenza ha affrontato il problema dell’applicazione all’atto di cessione del contratto dei vincoli formali e di controllo ai quali e` sottoposto il contratto stesso, affermando il principio per il quale l’atto di cessione non e` sottoposto a dette forma- lita`, con la conseguenza che dalla mancata sottoposizione dell’atto di cessione del giocatore all’approvazione della federazione sportiva nazionale, alla quale la societa` e` affiliata (adempimento previsto a pena di nullita` per il contratto costitutivo del rap- porto), non puo` discendere la nullita` dell’atto di trasferimento. In particolare gli artt. 4 e 5, legge n. 91/1981, disciplinanti la costituzione del rapporto di lavoro sportivo tra la societa` e lo sportivo professionista, che prevedono ai fini della validita` del contratto specifici requisiti formali e di contenuto (nonche´ successivi controlli), non possono essere applicati - in ragione della loro specificita` - alla diversa ipotesi negoziale del trasferimento dello sportivo professionista da una societa` all’altra, disciplinata dall’art. 5 legge cit.; ne consegue che non puo` desumersi dalla mancata sottoposizione del- l’atto di cessione del giocatore all’approvazione della federazione sportiva nazionale, cui la societa` e` affiliata - prevista a pena di nullita` per il contratto costitutivo del rap- porto - la nullita` dell’atto di trasferimento 35.
Anche sotto il profilo della risoluzione del rapporto di lavoro, il regime previsto dalla legge n. 91/1981 pone alcune importati deroghe nel senso che ai lavoratori sportivi, per espressa esclusione legislativa, non sono applicabili le tutele apprestate dalla legge n. 604/1966, fatto salvo quanto previsto dall’art. 4 della stessa legge in ma- teria di licenziamento nullo in quanto discriminatorio (cos`ı anche l’art. 3, legge n. 108/ 1990 e gli artt. 1345 e 1418 c.c.).
Infatti, l’art. 4, comma 8, legge n. 91/1981 prevede espressamente l’esclusione del- l’applicabilita` allo sportivo professionista degli artt. 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604, con la conseguenza che vige il regime della libera recedibilita` e cio` anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 108/1990. Cio` chiaramente non esclude tuttavia l’applicabilita` degli artt. 2118 e 2119 c.c. Allo stesso modo, il legisla-
Note
35 Sull’applicazione dei vincoli formali all’atto di cessione del contratto cfr. Cass. 23 febbraio 2004, n. 3545, in Giust. civ., 2005, 21, 495, con nota di Xxxxxx.
xxxx ha escluso l’applicazione agli sportivi professionisti della tutela reale prevista dal- l’art. 18 Stat. lav.
Cessato il contratto l’atleta e` libero di vincolarsi con un nuovo accordo per la me- desima societa` oppure per un’altra, con il diritto della societa` di provenienza a per- cepire dalla nuova una indennita` denominata ‘‘di preparazione e promozione’’. Tale indennita` e` stata soppressa con la legge n. 586/1996, facendo propria la sentenza del- la Corte di giustizia comunitaria del 15 dicembre 1995 (caso Xxxxxx) 36. L’indennita` su citata, e` rimasta in vigore come premio di addestramento e promozione per la tu- tela del settore giovanile o dilettantistico con l’obbligo di reinvestire tale premio a fini sportivi.
6. Il lavoro dei detenuti
Il lavoro del detenuto, imputato o condannato, puo` svolgersi sia all’interno dell’i- stituto penitenziario che all’esterno ed e` regolato dalla legge n. 354/1975, modificata dalla legge n. 296/1993, e dal d.p.r. n. 431/1976, a sua volta modificato dal d.p.r. n. 248/1989, facendo riferimento alla funzione rieducativa e non afflittiva della pena.
Tale lavoro puo` svolgersi a favore della stessa amministrazione penitenziaria ovve- ro di un soggetto privato. Nel primo caso opera un regime speciale che peraltro non esclude la qualificazione del rapporto come subordinato, cui conseguiva anche la competenza del giudice del lavoro per le eventuali controversie 37, fino all’entrata in vigore dell’apposito procedimento di reclamo innanzi al magistrato di sorveglianza, introdotto dalla legge n. 663/1986 38. Come ribadito dalla stessa Corte costituzionale (sent. n. 158/2001) 39, anche nel lavoro penitenziario la durata della prestazione lavo- rativa non puo` superare i limiti stabiliti dall’ordinamento generale; sono poi garantiti il riposo festivo, le ferie, la tutela assicurativa e previdenziale, spettano gli assegni per il nucleo familiare. La retribuzione, definita ‘‘mercede’’ nel lavoro alle dipendenze del- l’amministrazione penitenziaria, viene equitativamente stabilita da una apposita com- missione in relazione alla quantita` e qualita` del lavoro prestato e non puo` essere in- feriore ai due terzi della retribuzione stabilita dalla contrattazione collettiva (Corte cost. sent. n. 1087/1988) 40.
Fino alla soppressione della Cassa per il soccorso e l’assistenza alle vittime dei de-
Note
36 Corte giust. Ce 15 dicembre 1995, in Foro it., 1996, IV, 1. Con questa stessa sentenza e` stato dichiarato il contrasto con l’ordinamento comunitario del limite al numero dei calciatori stranieri schierabili in campo. Resiste l’esclusione degli stranieri, anche comunitari, dalle rappresentative nazionali.
37 Corte cost. 11 aprile 1984, n. 103, in Foro it., 1984, I, 1182.
38 Cfr. Cass. s.u. 21 luglio 1999, n. 490 e Cass. s.u. 14 dicembre 1999, n. 899, in Foro it., 2000, I, 434.
39 Corte cost. 22 maggio 2001, n. 158, in Foro it., 2001, I, 2139. che ha dichiarato l’illegittimita` dell’art. 20, comma 16, legge 26 luglio 1974, n. 354 (recante norme sull’ordinamento penitenziario), nella parte in cui non riconosce ai dete- xxxx che lavorino alle dipendenze dell’amministrazione carceraria il diritto ad un periodo di riposo annuale retribuito, in ragione della rilevanza riconosciuta al diritto alle ferie nell’ambito della tutela minima del lavoro subordinato e per la finalita` rieducativa della pena, che non puo` comportare condizioni incompatibili con il riconoscimento della sogget- tivita` della persona umana.
40 Corte cost. 13 dicembre 1988, n. 1087, in Foro it., 1989, I, 3072 che ha rigettato la questione di legittimita` sul pre- supposto della prevalenza della finalita` rieducativa della pena.
xxxxx, era contemplato che i tre decimi della retribuzione del detenuto fossero versati a tale Xxxxx.
Le retribuzioni, comunque, non sono consegnate nelle mani del lavoratore bens`ı tenute in deposito presso la direzione dell’Istituto ed utilizzabili dal detenuto per invii ai familiari o per l’acquisto di oggetti personali 41. Ferma restando una parte della re- tribuzione nella misura di tre quinti che deve rimanere riservata al lavoratore (pigno- rabile solo per obbligazioni alimentari), per la parte residua di due quinti possono es- sere prelevate le somme dovute dal condannato a titolo di risarcimento del danno de- rivante da reato e di rimborso delle spese di mantenimento e del procedimento.
La Corte costituzionale con sentenza 27 ottobre 2006, n. 341 ha dichiarato l’illegit- timita` dell’art. 69, comma 6, lett. a), legge 26 luglio 1975, n. 374, per violazione dei principi fissati dal commi 1 e 2 dell’art. 24 Cost., con riguardo alla denunciata com- pressione del diritto di difesa, nonche´ del principio di parita` tra le parti sancito nel comma 2 dell’art. 111 Cost., nella parte in cui prevede la competenza del magistrato di sorveglianza sui reclami dei detenuti e degli internati concernenti l’osservanza delle norme riguardanti ‘‘l’attribuzione della qualifica lavorativa, la mercede e la remunera- zione, nonche´ lo svolgimento delle attivita` di tirocinio e di lavoro e le assicurazioni sociali’’ 42. In tal modo la Corte ha spazzato via il consolidato orientamento della Su- prema Corte, secondo il quale, a seguito della modifica introdotta all’art. 69 dell’ordi- namento penitenziario dalla c.d. ‘‘legge Xxxxxxx ‘‘ (legge n. 663/1986), la competenza a decidere sulle controversie di lavoro dei detenuti e` devoluta al magistrato di sorve- glianza, in via esclusiva.
L’Inail, con nota 22 marzo 2004, ha fornito chiarimenti in merito alla sussistenza dell’obbligo assicurativo per i condannati al lavoro di pubblica utilita` e per i detenuti addetti alle attivita` di volontariato.
L’Istituto spiega che trattandosi in entrambi i casi di sanzioni restrittive della liberta` personale (e in questo senso considerabili come pene detentive), i suddetti condan- nati e detenuti devono essere assimilati ai detenuti adibiti ad attivita` occupazionale per conto di un datore di lavoro esterno ed assicurati a norma del d.p.r. n. 1124/ 1965, in presenza dello svolgimento di una delle attivita` protette 43.
Note
41 E` il c.d. peculio che puo` essere consegnato al detenuto per la parte non consumata all’atto della dismissione dal- l’Istituto.
42 Per maggiore chiarezza va premesso il testo della norma impugnata - che radica la competenza - unitamente a quello della disposizione che detta il rito applicabile (non impugnata, ma rilevante per le implicazioni dei due profili della attribuzione della competenza e del rito applicabile): Funzioni e provvedimenti del magistrato di sorveglianza. ‘‘Il magistrato di sorveglianza vigila sulla organizzazione degli istituti di prevenzione e di pena e prospetta al Ministro le esigenze dei vari servizi, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo. Decide con ordinanza, impugnabile soltanto per cassazione, secondo la procedura di cui all’art. 14-ter, sui reclami dei detenuti e degli inter- nati concernenti l’osservanza delle norme riguardanti: a) l’attribuzione della qualifica lavorativa, la mercede e la remu- nerazione nonche´ lo svolgimento delle attivita` di tirocinio e di lavoro e le assicurazioni sociali’’. Il richiamato art. 14-ter afferma: ‘‘Avverso il provvedimento, che dispone o proroga il regime di sorveglianza particolare, puo` essere proposto dall’interessato reclamo al tribunale di sorveglianza nel termine di dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento definitivo. Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento. Il tribunale di sorveglianza provvede con ordi- nanza in camera di consiglio entro dieci giorni dalla ricezione del reclamo. Il procedimento si svolge con la parteci- pazione del difensore e del pubblico ministero. L’interessato e l’amministrazione penitenziaria possono presentare memorie’’.
43 L’onere di pagare il premio dovuto fa carico comunque alla rispettiva amministrazione, tenuta ad accendere appo- sito rapporto assicurativo presso la competente sede Inail ed a provvedere agli ulteriori obblighi in qualita` di datore di lavoro. Quanto alla base imponibile utile per la determinazione del premio, si deve fare riferimento, in entrambi i casi,
Con i decreti 9 novembre 2001 e 25 febbraio 2002, n. 87, il Ministero della giustizia ha provveduto a dare attuazione alla legge 22 giugno 2000, n. 193. Con i regolamenti citati diventano cos`ı operativi e fruibili gli sgravi fiscali a favore delle imprese che as- sumono detenuti o internati presso gli istituti penitenziari o ammessi al lavoro all’e- sterno nonche´ le agevolazioni contributive in favore delle cooperative sociali relativa- mente alla retribuzione corrisposta alle persone detenute o internate negli istituti pe- nitenziari, agli ex degenti degli ospedali psichiatrici giudiziari e alle persone condan- nate e internate ammesse al lavoro all’esterno 44.
Il lavoro penitenziario puo` svolgersi sia all’interno sia all’esterno dell’istituto, pres- so imprese agricole, industriali, pubbliche o private. Al lavoro all’esterno, in partico- lare, si applicano la disciplina generale sul collocamento ordinario ed agricolo, non- che´ l’art. 19, legge 28 febbraio 1987, n. 56.
I detenuti e gli internati possono essere avviati a prestare la propria opera anche senza scorta, salvo che la stessa sia ritenuta necessaria per motivi di sicurezza, e, nel caso in cui la prestazione lavorativa sia svolta presso imprese private, il lavoro de- ve svolgersi sotto il diretto controllo della direzione dell’istituto a cui il detenuto o l’in- ternato e` assegnato. La direzione dell’istituto puo` a tal fine avvalersi del personale di- pendente e del servizio sociale. Le stesse disposizioni devono essere osservate anche nei confronti di detenuti o internati ammessi a frequentare corsi di formazione profes- sionale all’esterno degli istituti penitenziari.
Quanto al rapporto di lavoro, i detenuti e gli internati che svolgono la propria pre- stazione lavorativa all’esterno, dipendono direttamente dalle imprese presso cui sono occupati. Queste ultime sono tenute a versare alla direzione dell’istituto la retribuzio- ne, al netto delle ritenute previste dalle leggi vigenti, dovuta al lavoratore e l’importo degli eventuali assegni per il nucleo familiare. I datori di lavoro devono dimostrare alla stessa direzione l’adempimento degli obblighi relativi alla tutela assicurativa e previdenziale.
Il lavoro all’esterno deve essere autorizzato con apposito provvedimento che, al fine di divenire esecutivo, deve altres`ı essere approvato dal magistrato di sorveglian- za. In base al comma 13 dell’art. 48, d.p.r. n. 230/2000, nel provvedimento di assegna- zione al lavoro all’esterno devono essere indicate le prescrizioni che il detenuto o in- ternato deve impegnarsi per iscritto a rispettare durante il tempo da trascorrere fuori dall’istituto, nonche´ quelle relative agli orari di uscita e rientro in istituto. L’orario di rientro, in particolare, deve essere fissato all’interno di una fascia oraria che tenga conto delle ipotesi di ritardo per cause di forza maggiore.
Note
alla retribuzione convenzionale annuale, secondo quanto prevedono le istruzioni vigenti per i detenuti degli istituti di pena.
44 Le disposizioni di agevolazione contenute nei regolamenti ministeriali, richiamano gli artt. 20, 20-bis e 21, legge 26 luglio 1975, n. 354, recante disciplina dell’ordinamento penitenziario. In particolare, l’art. 20 di tale ordinamento disci- plina il lavoro penitenziario, stabilendo, al comma 2, che lo stesso ‘‘non ha carattere afflittivo ed e` remunerato’’. Con tale disposizione si supera pertanto la concezione afflittiva di espiazione del lavoro che si desumeva sia dal codice penale del 1889, sia dal regolamento penitenziario del 1931, i quali consideravano il lavoro un elemento della pe- na, tanto da stabilire che ‘‘in ogni stabilimento carcerario le pene si scontano con obbligo del lavoro’’.
7. Il lavoro nautico
La navigazione marittima ed aerea necessita di contemperare la tutela dei lavora- tori con l’interesse pubblico alla sicurezza e regolarita` della navigazione stessa. Cosic- che´, a tale scopo il codice della navigazione contiene una disciplina speciale, come sistema autosufficiente, prevedendo l’applicazione del diritto civile solo ove manchi- no disposizioni particolari oppure non ve ne siano di applicabili per analogia (art. 1, comma 2, cod. nav.).
In tal senso al comandante della nave o dell’aeromobile sono attribuiti ampi poteri anche pubblicistici, nei confronti dei membri dell’equipaggio, con la previsione di un ‘‘ruolo’’ dei lavoratori iscritti in apposite matricole, avente natura di atto pubblico 45; tra l’altro permane il reato di ammutinamento ritenuto configurabile (oltre che costi- tuzionalmente legittimo) 46 anche nel caso di violazione del divieto di sciopero du- rante la navigazione.
Quanto all’applicazione delle tutele di cui allo statuto dei lavoratori al personale navigante, va segnalato che possono distinguersi disposizioni direttamente operanti (titolo I e II, legge n. 300/1970) da tutte le altre la cui attuazione e` fatta dipendere dalla contrattazione collettiva del settore. Tuttavia la Corte costituzionale ha ritenuto applicabile al lavoro nautico sia la tutela contro il licenziamento (art. 18, Stat. lav.) 47 che il procedimento disciplinare (art. 7, Stat. lav.) 48, ritenendo queste garanzie im- prescindibili e comunque compatibili con lo status dei naviganti.
Resta sempre affidata ai contratti collettivi l’applicazione dei principi di cui all’art. 13, Stat. lav. in tema di adibizione a mansioni superiori. Inoltre, la disciplina del con- tratto a termine 49 conserva una sua autonomia, rispetto all’ordinamento generale (cfr. da ultimo d.lgs. n. 368/2001), prevedendo la trasformazione di contratti c.d. a viaggio in contratto a tempo indeterminato allorche´ la somma dei periodi lavorati su- peri l’anno (art. 326, cod. nav.).
Giova ricordare che l’art. 21, d.l. n. 112/2008, convertito con modifiche ed integra- zioni nella legge n. 133/2008, ha introdotto nel d.lgs. n. 368/2001 l’art. 4-bis intitolato: ‘‘Disposizione transitoria concernente l’indennizzo per la violazione delle norme in materia di apposizione e di proroga del termine’’ che stabilisce ‘‘Con riferimento ai soli giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente disposizione, e fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di violazione delle disposizioni di cui agli artt. 1, 2 e 4, il datore di lavoro e` tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un’indennita` di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilita` dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto riguardo ai criteri indicati nell’art. 8, legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni’’.
Tuttavia, con la previsione contenuta nel richiamato secondo comma della mede-
Note
45 Sull’efficacia probatoria delle annotazioni sul ruolo dell’equipaggio cfr. Cass. 18 febbraio 2002, n. 2321, in Foro it., 2002, I, 1370.
46 Corte cost. 28 dicembre 1962, n. 124, in Mass. giur. lav., 1962, 416.
47 Corte cost. 3 aprile 1987, n. 96, in Foro it., 1987, I, 2619 per i naviganti marittimi. Corte cost. 31 gennaio 1991, n. 41, in Foro it., 1991, I, 1030, per i naviganti aerei: sempre che si tratti di lavoratori in regime di continuita` del rapporto. 48 Corte cost. 23 luglio 1991, n. 364, in Foro it., 1991, I, 2609.
49 Corte cost. 10 marzo 1994, n. 80, in Foro it., 1994, I, 2344.
xxxx xxxxx, il legislatore, a fronte dell’ampiezza delle possibilita` nelle quali e` consen- xxxx concludere un contratto a tempo determinato, di cui alla clausola generale dettata nel primo comma dell’art. 1 e alla maggiore autonomia concessa alle parti, ha, tutta- via, espressamente stabilito un onere di ‘‘specificazione’’, per iscritto, delle ragioni a carico del datore di lavoro.
Nel caso di scadenza di un contratto di lavoro a termine illegittimamente stipulato e di comunicazione (da parte del datore di lavoro) della conseguente disdetta, non sono applicabili, neppure in caso di rapporto di lavoro nautico, tenuto conto della specialita` della disciplina di cui alla legge n. 230/1962 (sul contratto di lavoro a ter- mine) rispetto a quella della legge n. 604/1966 (sull’estinzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato) e della qualificabilita` dell’azione diretta all’accertamento del- l’illegittimita` del termine, non come impugnazione del licenziamento, ma come azio- ne imprescrittibile di nullita` parziale del contratto, ne´ la norma dell’art. 6, legge n. 604/1966, relativa alla decadenza del lavoratore dall’impugnazione del licenziamen- to, ne´ quella di cui all’art. 18, legge 20 maggio 1970, n. 300; infatti, mentre la tutela prevista dall’art. 18 cit. attiene ad una fattispecie tipica, disciplinata dal legislatore con riferimento al recesso del datore di lavoro, e presuppone l’esercizio della relativa facolta` con una manifestazione unilaterale di volonta` di determinare l’estinzione del rapporto, una simile manifestazione non e` configurabile nel caso di disdetta con la quale il datore di lavoro, allo scopo di evitare la rinnovazione tacita del contratto, co- munichi la scadenza del termine, sia pure invalidamente apposto, al dipendente, sic- che´ lo svolgimento delle prestazioni cessa in ragione della esecuzione che le parti danno ad una clausola nulla 50.
Ricordiamo che l’estromissione di un lavoratore dall’organizzazione aziendale per scadenza di un termine illegittimamente apposto al contratto di lavoro non e` da equi- parare al licenziamento ingiustificato e non configura una fattispecie di recesso, e l’a- zione del lavoratore volta a far valere la continuita` del rapporto ha natura di azione di mero accertamento dell’effettiva situazione giuridica derivante dalla nullita` del termi- ne non soggetta ad alcuna decadenza, mentre, in riferimento all’azione volta a far va- lere i diritti patrimoniali consequenziali all’accertamento della permanenza in vita del rapporto, il lavoratore puo` ottenere soltanto il risarcimento del danno sub`ıto a causa della impossibilita` della prestazione cagionata dal rifiuto ingiustificato del datore di lavoro, e a tale scopo deve attivarsi per offrire l’esecuzione della propria prestazione lavorativa, costituendo in mora il datore di lavoro ex art. 1217 c.c.
Di particolare interesse e` la disciplina dettata in materia di decorrenza della pre-
scrizione dei crediti di lavoro, laddove gli artt. 373, comma 1 e 937, comma 1, cod. nav., prevedono la sospensione della stessa per tutto il corso del rapporto di lavoro, anche se assistito da stabilita` reale. Pertanto, la prescrizione estintiva biennale decorre solo dal giorno dello sbarco nel porto di arruolamento, successivamente alla cessazio- ne del rapporto 51; e cio` per il timore che il personale navigante possa essere abban-
Note
50 Cass. 5 agosto 2004, n. 15130, in Giust. civ., 2005, I, 104; Cass., 5 ottobre 2004, n. 19899, in Dir. prat. lav., 2004,
3083.
51 Corte cost. 27 giugno 1973, n. 98, in Foro it., 1973, I, 2355; Corte cost. 26 giugno 1998, ordinanza n. 236, in Foro it.,
1998, I, 3437.
donato in luoghi lontani con difficolta` di esercizio dei propri diritti durante la naviga- zione stessa.
Con sentenza 7 novembre 2006, n. 354, la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimita` costituzionale degli artt. 373 e 937 cod. nav., solle- vate, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevedono la decorrenza del termine biennale di prescrizione dei diritti, derivanti dai contratti di lavoro del per- sonale di volo e nei rapporti di lavoro nautico, dalla data di cessazione o risoluzione del rapporto di lavoro anche quando si tratti di rapporti assistiti dalla c.d. stabilita` rea- le 52.
Rileva la Corte che, diversamente da quanto sostenuto dai rimettenti, la ratio delle norme censurate fonda le sue radici in alcune caratteristiche tipiche del contratto di arruolamento e del contratto con il personale di volo, le cui persistenti peculiarita`, ri- spetto al lavoro ordinario, sono connesse sia al momento genetico del rapporto di la- voro e sia alle particolari modalita` di erogazione della prestazione lavorativa. Con la disposizione sulla decorrenza della prescrizione, il legislatore del 1942 ha inteso dare rilievo ad una situazione o di vera e propria impossibilita` (per i rapporti a viaggio) o di particolare difficolta` (nel rapporto a piu` viaggi, in quello a tempo determinato e in quelli a tempo indeterminato) di esercizio del diritto, connesse alla fisica lontananza dal foro competente, in cio` non discostandosi dalla regola generale dell’art. 2935 x.x. xx xxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxxxxx xxxxxxxxx xxxxx xxxxx giustifica la diversita` di regime ri- spetto al lavoro comune.
Infine, sono tuttora previsti privilegi speciali e garanzie a tutela della retribuzione, nonche´ una assoluta impignorabilita` ed insequestrabilita` di talune erogazioni, come la quota di retribuzione corrispondente al vitto e le somme dovute dall’armatore per il rimpatrio o per spese di cura (artt. 369, comma 2 e 930, comma 2, cod. nav.). La disciplina speciale (artt. 369, comma 1 e 930, comma 1, cod. nav.), in base alla quale il pignoramento ed il sequestro conservativo delle retribuzioni e` consentito nel limite del quinto solo per i crediti alimentari o per crediti dell’armatore, e` stata elimi- nata ad opera della Corte costituzionale 53 con conseguente applicazione della regola
generale di cui all’art. 545 c.p.c.
In materia di lavoro marittimo - con riguardo al quale l’art. 4, comma 1, della legge 29 maggio 1982, n. 297 ha sostituito alle preesistenti indennita` di cui agli artt. 351, 352, 919 e 920 cod. nav. il nuovo trattamento di fine rapporto di cui all’art. 1 di tale legge - il comma 2 dello stesso art. 4, stabilendo che, quando, a norma del Capo IV, Titolo IV di detto codice, il trattamento o altra indennita` di fine rapporto sono com- misurati alla retribuzione, questa si intende determinata e regolata dai contratti collet- tivi, si riferisce anche ai contratti gia` stipulati alla data di entrata in vigore della norma e detta cos`ı una speciale disposizione di salvezza della disciplina collettiva (senza che cio` violi il precetto dell’art. 36 Cost.), diversamente da quanto previsto dall’undicesi- mo comma del ripetuto art. 4 per gli altri rapporti di lavoro. Ne consegue che, ove il contratto collettivo escluda per il lavoratore marittimo il compenso del lavoro straor-
Note
52 Corte cost. 7 novembre 2006, n. 354, in Rep. Foro it., 2006, voce Lavoro (Rapporto) n. 926.
53 Corte cost. 15 marzo 1996, n. 72, in Mass. giur. lav., 1996, 291, in ragione dell’avvenuto superamento dei timori per il c.d. libertinaggio dei marinai.
8. Il lavoro degli autoferrotranvieri
dinario dalla base di computo dell’indennita` di fine rapporto, tale esclusione e` piena- mente compatibile con la disciplina legale dell’istituto, anche quando si tratti di lavoro prestato continuativamente in base a turni obbligatori fissati dal datore di lavoro per esigenze normali e permanenti dell’attivita` imprenditoriale, salvo che lo stesso con- tratto collettivo faccia espressamente ricadere tali ore di lavoro nell’ambito dell’orario normale.
Da ultimo va osservato che alle controversie di lavoro del personale navigante si applica il rito speciale del lavoro la cui legge istitutiva (legge n. 533/1973) ha impli- citamente abrogato le precedenti disposizioni di segno contrario contenute nel codice della navigazione 54.
8. Il lavoro degli autoferrotranvieri
Il rapporto di lavoro de quo, da considerarsi speciale per la particolare natura pub- blicistica degli interessi coinvolti, e` tuttora regolato dal r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 det- tato per il personale delle ferrovie in concessione ed esteso ai servizi urbani dalla leg- ge 24 maggio 1952, n. 628 ed extraurbani dalla legge 22 settembre 1960, n. 1054.
Successivamente e` intervenuta la legge 12 luglio 1988, n. 270 la quale ha rimesso la disciplina della materia alla contrattazione collettiva, prevedendo la derogabilita` delle disposizioni contenute nell’all. A del r.d. n. 148/1931 ad opera dei contratti nazionali di categoria. Malgrado la volonta` del legislatore di delegificare il rapporto e` ancora affermata con decisione dalla giurisprudenza la specialita` dello stesso, non avendo la legge n. 270/1988 abrogato le norme di disciplina del rapporto contenute nel
r.d. del 1931.
Le controversie di lavoro del personale autoferrotranviario sono devolute alla giu- risdizione del giudice ordinario ad eccezione di quelle inerenti il procedimento e, piu` in generale, la materia disciplinare.
Con ordinanza n. 301 del 29 settembre 2004 55, la Corte costituzionale ha dichia- rato la manifesta infondatezza della questione di legittimita` costituzionale dell’art. 58, all. A), r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, sollevata con ordinanza n. 112 del 19 dicembre 2002, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui prevede che le contro- versie disciplinari del personale delle aziende autoferrotranviarie in concessione rien- trino nella giurisdizione del giudice amministrativo anziche´ in quella del giudice or- dinario. La Corte ha osservato: ‘‘proprio in presenza del medesimo quadro normativo sul quale fa leva il rimettente, questa Corte ha rilevato che la permanente specialita`, sia pure residuale, del rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri fa s`ı che la scelta discrezionale del legislatore di non intervenire (modificandola) sulla speciale regola- mentazione delle sanzioni disciplinari dei dipendenti delle aziende (in mano pubblica o privata) di trasporto non e` censurabile sul piano costituzionale, non essendo mani- festamente irragionevole o palesemente arbitraria, ne´ potendo configurarsi un obbli- go, per lo stesso legislatore, di procedere ad una contemporanea revisione dell’intero
Note
54 Corte cost. 20 aprile 1977, n. 66, in Mass. giur. lav., 1978, 9.
55 Corte cost. ordinanza n. 301 del 29 settembre 2004, in Rep. Foro it., 2004, voce Lavoro (Rapporto), n. 456.
riparto della giurisdizione, anche per i settori particolarmente caratterizzati da specia- lita` di rapporti, di esigenze e di disciplina, e cio` anche perche´ non si puo` affermare che dinanzi al giudice amministrativo sia offerta una tutela meno vantaggiosa o appa- gante di quella che si avrebbe davanti al giudice ordinario’’ 56.
Il personale di ruolo deve essere necessariamente assunto per concorso pubblico e, in ogni caso, per un periodo di prova di durata variabile in ragione del mezzo di trasporto cui viene adibito. Esaurito il periodo di prova con esito positivo (idoneita`) il lavoratore e` assunto in pianta stabile. In caso di inidoneita` e` disposto l’esonero con diritto all’indennita` di fine lavoro.
Il licenziamento, chiamato esonero definitivo dall’art. 27 all. A, r.d. n. 148/1931, puo` avvenire per inabilita` fisica, per imperizia non imputabile a negligenza, per scar- so rendimento imputabile e per il venir meno della fiducia.
La Corte costituzionale, con sentenza 13 giugno 2000, n. 190, ha affermato l’infon- datezza della questione di legittimita` costituzionale - sollevata in riferimento agli artt. 3 e 11 Cost. - del comma 4bis, prima proposizione, dell’art. 3, legge 23 luglio 1991, n. 223 (in materia di cassa integrazione, mobilita` e trattamenti di disoccupazione), ag- giunto dall’art. 6, comma 17-bis, d.l. 20 maggio 1993, n. 148, convertito in legge 19
luglio 1993, n. 236, e poi modificato dall’art. 7, comma 1, d.l. 23 ottobre 1996, n. 542, convertito in legge 23 dicembre 1996, n. 649, nella parte in cui escluderebbe dal- le garanzie procedimentali, assicurate ai licenziamenti collettivi dalla predetta legge n. 223/1991, in esecuzione della direttiva Cee 75/79, gli autoferrotranvieri licenziati da imprese dichiarate fallite o poste in liquidazione anteriormente al 18 gennaio 1993. Infatti la norma impugnata individua quest’ultima data al solo fine di estendere al per- sonale in argomento i benefici derivanti dalla messa in mobilita` 57.
Dopo la privatizzazione sempre piu` estesa degli ultimi anni, che ha coinvolto le ex aziende municipalizzate (ai sensi dell’art. 113, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267) e grandi enti o aziende pubbliche (come Poste, Ferrovie dello Stato, Anas o Enel), e` sorto il dubbio se le imprese ormai privatizzate siano soggette ai contributi e quindi alle pre- stazioni degli ammortizzatori sociali, a partire dal primo storico che e` stata l’assicura- zione contro la disoccupazione involontaria. Problemi simili sono sorti, pero`, anche per i nuovi ammortizzatori, quali la Cassa integrazione (ordinaria e straordinaria) o l’indennita` di mobilita`.
Poiche´ il r.d. n. 148/1931 prevede norme che garantiscono espressamente la sta- bilita` d’impiego, in base all’art. 40, n. 2, r.d.l. n. 1827 del 4 ottobre 1935 e` imposto in modo automatico l’esonero dall’assicurazione disoccupazione, senza necessita` di
Note
56 La Corte di cassazione, s.u., con ordinanza 14 novembre 2002, n. 16049, ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimita` costituzionale dell’art. 58, comma 2, del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148, all. A, laddove, quale nor- ma speciale, continua a devolvere alla giurisdizione amministrativa la cognizione dei ricorsi contro i provvedimenti disciplinari concernenti gli autoferrotranvieri, nonostante l’intervenuta devoluzione della materia del pubblico impie- go al giudice ordinario. Piu` in particolare, la situazione di incoerenza tra la giurisdizione in materia di provvedimenti disciplinari nei confronti degli autoferrotranvieri, devoluta al Giudice amministrativo, e la giurisdizione in materia di provvedimenti disciplinari nei confronti di tutti gli altri lavoratori, sia pubblici che privati, attribuita invece al Giudice ordinario, costituisce effetto di una scelta discrezionale del legislatore, la quale non si rende sindacabile dalla Corte costituzionale neppure quando faccia s`ı che una disposizione legislativa smarrisca la sua ratio originale, purche´ la mancanza di coerenza non sia tale (come nel caso di specie non si verifica) da sacrificare interessi costituzionalmente protetti.
57 Corte cost. 13 giugno 2000, n. 190, in Rep. Foro it., 2000, voce Lavoro (Rapporto), n. 533.
uno specifico provvedimento in base all’art. 36, d.p.r. n. 818/26 aprile 1957. In effetti, la Cassazione aveva gia` affermato espressamente (a proposito dello sgravio contribu- tivo del d.l. n. 918/1968, convertito nella legge n. 1089/1968) che sono escluse dal rischio della disoccupazione involontaria le imprese esercenti il pubblico servizio di trasporto in concessione per i dipendenti di ruolo il cui rapporto di lavoro e` rego- lato dal r.d. n. 148/1931 e successive modificazioni e integrazioni 58.
Certamente, dopo la generale privatizzazione del pubblico impiego disposta dal d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (ora T.u. 30 marzo 2001, n. 165), la distinzione fra ‘‘sta- bilita` d’impiego’’ di tipo ‘‘privatistico’’ o ‘‘pubblicistico’’ e` diventata labile, o meglio in- consistente, considerando che i licenziamenti sono disciplinati sia per il privato che per il pubblico dalle stesse norme di legge (legge n. 604/1966, art. 18, Stat. lav. e leg- ge n. 223/1991) e considerando che anche il pubblico impiego e` disciplinato dai con- tratti collettivi con una disciplina dei licenziamenti praticamente identica a quella del privato.
9. Il rapporto di portierato
Nel contratto di portierato il lavoratore-portiere si obbliga a svolgere attivita` di vi- gilanza e di pulizia di immobili. Ove dell’edificio sia proprietaria una sola persona, alla fattispecie puo` applicarsi la disciplina sul lavoro domestico; altrimenti il portiere rimane soggetto ad una normativa specifica del tutto particolare (legge n. 1323/1951, legge n. 6/1952, legge n. 215/1953, legge n. 109/1954 e legge n. 23/1959) la cui ap- plicazione dipende dall’accertamento della natura subordinata del rapporto, indivi- duata dalla giurisprudenza nella continuita`, nella esclusivita` e nel controllo sull’attivita` lavorativa del medesimo. Lo svolgimento di sola attivita` di pulizie non integra gli estremi del portierato, ma e` soggetta all’art. 26, comma 1, legge n. 1403/1971, altri- menti e` regolata dalla legge sul lavoro domestico se svolta per finalita` inerenti al fun- zionamento della vita familiare. Al portiere e` consentito di farsi sostituire nell’espleta- mento della propria prestazione lavorativa, ponendosi come eccezione alla regola dell’esecuzione personale della prestazione.
Le aziende sempre piu` di frequente affidano il servizio di sorveglianza degli immo- bili in cui viene svolta l’attivita` produttiva a terzi (istituti di vigilanza o societa` che svolgono, appunto, questa attivita`). Puo` essere pertanto problematico individuare la linea di demarcazione tra il rapporto di portierato e l’attivita` di vigilanza. Le prin- cipali norme sulla vigilanza privata sono contenute nel Testo unico delle leggi di pub- blica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, e nel relativo regolamento di esecuzione approvato con r.d. 6 maggio 1940, n. 635.
L’art. 133 Tulps stabilisce che gli enti pubblici, gli altri enti collettivi ed i privati pos- sono destinare guardie particolari alla vigilanza o custodia delle loro proprieta` mobi- liari ed immobiliari’’. Il successivo art. 134 dispone che senza licenza del Prefetto e` vietato ad enti privati di prestare opere di vigilanza o custodia di proprieta` mobiliari
Note
58 Cass. 13 agosto 1981, n. 4914, in Mass. Giur. it., 1981; Cass., 24 febbraio 1986, n. 1155, in Giust. civ., 1986, I, 1315.
od immobiliari o di eseguire investigazioni o ricerche, di raccogliere informazioni per conto di privati.
Inevitabilmente, si e` venuta a creare una promiscuita` tra l’attivita` svolta dai portieri e dalle guardie giurate, con la differenza che solo quest’ultima incontrerebbe il limite della preventiva autorizzazione di pubblica sicurezza.
Sulla distinzione tra l’attivita` di portierato e l’attivita` di vigilanza si e` espresso anche lo stesso Ministero dell’Interno, con circ. 18 febbraio 1999, affermando che l’attivita` svolta dai portieri va tenuta assolutamente distinta da quella di guardia giurata previ- sta dagli artt. 133 e 134 Tulps. Le prestazioni essenziali per la configurazione di un rapporto di portierato sono, infatti, la custodia - intesa come preservazione dell’inte- grita` dell’edificio - e la vigilanza - intesa come sorveglianza continua e concreta 59.
Con l’entrata in vigore del d.l. n. 112/2008 e` nuovamente possibile instaurare rap- porti di lavoro a chiamata in quanto il comma 11 dell’art. 39 del suddetto decreto sta- bilisce che dalla data di entrata in vigore dello stesso trovano applicazione gli artt. 14, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 e successive modifiche e integrazioni.
L’Allegato A al decreto in commento abroga oltre 3.500 disposizioni normative, fra cui il r.d. n. 2657/1923 che costituisce il riferimento per le mansioni e le lavorazioni per le quali e` consentita la stipula di contratti di lavoro intermittente o a chiamata. L’abrogazione opera dal 1808 giorno dall’entrata in vigore del d.l. n. 112/2008 (25 giu- gno 2008); trascorso tale termine dovranno essere ridefinite le mansioni e le lavora- zioni per le quali puo` essere stipulato il contratto di lavoro a chiamata, ferme restando le ipotesi gia` previste dal d.lgs. n. 276/2003 (giovani fino a 25 anni, ultraquarantacin- quenni, fine settimana, periodi festivi o feriali).
L’art. 34, d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 disciplinava i casi in cui era possibile con- cludere un contratto di lavoro intermittente e cioe`: per lo svolgimento di prestazioni di ‘‘carattere discontinuo o intermittente’’, a fronte di esigenze individuate dalla con- trattazione collettiva a livello nazionale; con particolari categorie di lavoratori: 1) di- soccupati di eta` inferiore a 25 anni; 2) lavoratori di piu` di 45 anni di eta`, che sono stati esclusi dal processo ciclo produttivo o siano iscritti alle liste di mobilita` e di colloca- mento. Tuttavia occorre aggiungere che, in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 40, d.lgs. n. 276/2003, il Ministero del lavoro aveva emanato il d.m. 23 ottobre 2004, individuando cos`ı ulteriori ipotesi in cui era ammissibile la conclusione dei con- tratti di lavoro intermittente, tra i quali a titolo esemplificativo: custodi, guardiani diur- ni e notturni, guardie daziarie, xxxxxxxx, fattorini (esclusi quelli che svolgono mansioni che richiedono un’applicazione assidua e continuativa) uscieri e inservienti, ecc.
Il diritto del lavoratore (nella specie, portiere di uno stabile) al godimento dell’al- loggio di servizio e` funzionalmente collegato con la prestazione lavorativa, costituen-
Note
59 Con circ. 18 febbraio 1999, il Ministero dell’interno ha richiamato, poi, la sentenza del Tar Abruzzo, n. 193 del 10 aprile 1997 secondo cui: ‘‘Il rapporto lavorativo di portierato, a differenza di quello di vigilanza e custodia, presuppone l’espletamento di mansioni diverse (desumibili dal contratto stipulato) e un rapporto diretto con il proprietario dell’im- mobile a differenza del secondo, che presuppone un rapporto tra proprietario ed impresa fornitrice del servizio’’. Se- condo alcuni giudici di legittimita`, il servizio di sorveglianza di beni immobili, svolto professionalmente da privati con l’utilizzazione di personale, locali e mezzi, costituisce, per sua natura, attivita` integrativa di quella della polizia e non puo` inquadrarsi nell’ambito dell’attivita` di portierato, sicche´ richiede la licenza prefettizia a norma dell’art. 134, r.d. 18 giugno 1931, n. 773.
done un parziale corrispettivo, che viene meno al momento della cessazione del rap- porto di lavoro, senza che sulla esecuzione della conseguente obbligazione restituto- ria possa incidere il mancato adempimento da parte del datore di lavoro alla obbliga- zione, derivante da una particolare pattuizione (nella specie, da una clausola contrat- tuale collettiva) che lo vincoli a concedere in locazione all’ex dipendente un’altra abi- tazione o, in caso di non disponibilita` di alloggi, a corrispondergli un’indennita` sosti- tutiva. Infatti, la mancata restituzione dell’alloggio di servizio non ha alcuna fonte di legittimazione, dato che il lavoratore puo` solo vantare il diritto alla stipulazione di un contratto di locazione relativamente ad un diverso immobile, mentre mancano i pre- supposti per la proposizione da parte sua di un’eccezione di inadempimento, poiche´ un nesso di corrispettivita` e` configurabile solo nell’ambito di un medesimo rapporto contrattuale; d’altra parte, il godimento dell’abitazione rimarrebbe privo di causa e neanche potrebbe farsi valere un diritto di ritenzione, facolta` giuridica non risponden- te ad un principio generale e prevista dalla legge, in via eccezionale, solo in fattispe- cie determinate 60.
La concessione in uso dell’alloggio per lo svolgimento delle mansioni di portierato e pulizia dell’immobile e` configurabile quale prestazione accessoria del rapporto; in quanto tale essa non e` piu` dovuta allorche´ cessi il rapporto di lavoro posto a fonda- mento di tale prestazione accessoria 61.
Per contro, va ricordato che la concessione in uso dei locali al portiere non e` col- legata all’effettivita` della prestazione ma alla sussistenza del rapporto, con la conse- guenza che il portiere, pur non rendendo la propria prestazione lavorativa, mantiene il diritto ad usufruire dell’alloggio durante il periodo di astensione dal lavoro previsto per le lavoratrici madri 62.
Secondo la prevalente giurisprudenza, la controversia promossa dal condominio contro il portiere per ottenere il rilascio dell’alloggio una volta cessato il rapporto di lavoro spetta alla cognizione del giudice del lavoro, dato che investe la cessazione o meno del rapporto come presupposto indispensabile del preteso rilascio 63.
10. Il lavoro nello spettacolo
Il contratto di scrittura artistica puo` instaurare un rapporto di lavoro subordinato o autonomo in relazione all’inserimento del lavoratore nell’organizzazione dell’impre- sa. La subordinazione non e` esclusa quando l’artista, restando soggetto alle direttive dell’imprenditore sul piano organizzativo, si sia riservato un potere di controllo sulla sceneggiatura oppure partecipi agli utili. Se il contratto e` stipulato con uno degli enti lirici di cui alla legge 14 agosto 1967, n. 800, modificata dalla legge 9 gennaio 1979, n.
Note
60 Cass. 25 settembre 1996, n. 8477, Rep. Foro it., 1996, voce Lavoro (Rapporto), n. 652.
61 In questo senso Cass. 4 dicembre 1990, n. 11638, in Arch. loc., 1991, 290; Cass., 12 marzo 1986, n. 1674, in Rep. Foro
it.., 1986, voce Lavoro (Rapporto), n. 603; Cass. 2 ottobre 1995, n. 4780, in Foro it., 1986, I, 490 (secondo cui, anche senza deliberazione dell’assemblea dei condomini, l’amministratore puo` agire in giudizio per il rilascio dell’immobile). 62 Cos`ı Pret. Milano 18 febbraio 1987, in Lav. 80, 1987, 492.
63 Cass. 2 agosto 1984, n. 4609, in Rep. Foro it., 1984, voce Lavoro e previdenza (Controversie), n. 55; Cass. 9 maggio
1987, n. 4301, Rep. Foro it., 1987, voce Lavoro (Rapporto) n. 40; Cass. 29 giugno 1981, n. 4241, Rep. Foro it., 1981, voce
Lavoro (Rapporto) n. 46.
8, il rapporto e` di pubblico impiego dato che la Cassazione considera tali enti come pubblici non economici 64.
L’art. 39, legge 6 agosto 2008, n. 133 (di conversione del d.l. 25 giugno 2008, n. 112) c.d. xxxxxxx estiva 2008, ha introdotto nel comparto dello spettacolo alcune im- portanti novita`. Sono da segnalare, innanzi tutto, l’abrogazione di tre norme concer- nenti la disciplina dei servizi d’impiego e di collocamento per il personale artistico e tecnico oltre alla reintroduzione del contratto di lavoro intermittente, forma contrat- tuale precedentemente abrogata dalla legge n. 247/2007 (Protocollo Welfare)
In particolare, il decimo comma dell’art. 39 della manovra estiva, ispirata da una logica di razionalizzazione e semplificazione, ha inteso uniformare le regole di gestio- ne di tutti i rapporti di lavoro in modo che gli obblighi e le formalita` da adempiere siano i medesimi per la generalita` dei datori di lavoro, a prescindere dall’attivita` eser- citata, con l’istituzione del c.d. libro unico del lavoro, disponendo contestualmente: l’abrogazione della disciplina concernente i servizi di collocamento per i lavoratori dello spettacolo (legge 8 gennaio 1979, n. 8 concernente l’impiego del personale ar- tistico e tecnico); l’abrogazione della disciplina in materia di impiego del personale artistico e tecnico (d.p.r. 21 gennaio 1981, n. 179 che contiene il regolamento di at- tuazione postulato dalla legge n. 8/1979 per il lavoro del personale artistico dello spettacolo); l’abrogazione del regolamento di attuazione per il lavoro del personale artistico dello spettacolo (d.p.r. 24 settembre 1963, n. 2053 contenente le norme sul riordinamento del servizio di collocamento per i lavoratori dello spettacolo).
La manovra poi, ha operato su un altro fronte, reintroducendo l’utilizzo del lavoro intermittente, forma contrattuale precedentemente abrogata dal Protocollo Welfare (legge n. 247/2007). La circ. Enpals n. 18 del 30 settembre 2008 recepisce prontamen- te tale novita` ammettendo nello specifico settore dello spettacolo tale forma contrat- tuale, cos`ı annullando e sostituendo quanto indicato precedentemente con propria circ. n. 10 del 13 maggio 2008. Tale contratto puo` essere nuovamente stipulato secon- do la disciplina dettata dalla ‘‘Riforma Xxxxx’’ (d.lgs. n. 276/2003) secondo le regole generali e senza particolari differenziazioni.
Infatti, l’art. 1, comma 45, legge n. 247/2007 aveva abrogato, dal 18 gennaio 2008, gli artt. da 33 a 40, d.lgs. n. 276/2003 disciplinanti il contratto di lavoro intermittente o a chiamata (cfr. circ. Enpals n. 10 del 13 maggio 2008).
Al riguardo e` nuovamente ammessa la stipulazione dei contratti di lavoro intermit- tente con riferimento alle tipologie di attivita` indicate nella tabella allegata al r.d. 6 dicembre 1923, n. 2657. Tra le tipologie di attivita` che possono richiedere un lavoro discontinuo, si menzionano, a titolo esemplificativo: ‘‘Artisti dipendenti da imprese teatrali, cinematografiche e televisive; operai addetti agli spettacoli teatrali, cinemato- grafici e televisivi; cineoperatori, cameraman-recording o teleoperatori da ripresa, fo- tografi e intervistatori occupati in imprese dello spettacolo in genere ed in campo do- cumentario, anche per fini didattici’’. Con riferimento, invece, alla tipologia di contrat- to di lavoro intermittente per periodi predeterminati nell’arco della settimana, del me- se o dell’anno (es. il fine settimana, le ferie estive, etc.) si riporta, sempre a titolo di esempio, l’ipotesi dei lavoratori dipendenti da societa` sportive che pongono in essere
Note
64 Cass. 5 giugno 1989, n. 2694, in Foro it., 1989, I, 2449.
le loro prestazioni nel week-end, tra cui i c.d. steward (cfr. circ. Enpals, n. 18 del 30 settembre 2008).
Un settore notoriamente oggetto di forte contenzioso e` costituito dall’utilizzabilita` del contratto a termine nel settore dello spettacolo. Con riferimento alla fattispecie di- sciplinata dall’art. 1, comma 2, lett. e) legge 18 aprile 1962, n. 230 che - nel testo so- stituito dalla legge 23 maggio 1977, n. 266 - permette l’assunzione a termine di per- sonale per specifici spettacoli o programmi radiofonici, ai fini della legittima costitu- zione del relativo rapporto e` necessario che ricorrano contestualmente i requisiti della temporaneita` e della specificita`; il primo implica che il rapporto si debba riferire ad un’esigenza di carattere temporaneo della trasmissione, da intendersi non nel senso di straordinarieta` od occasionalita` dello spettacolo (che puo` essere diviso in piu` pun- tate e ripetuto nel tempo), bens`ı nel senso che lo spettacolo abbia una durata limitata nell’arco di tempo della complessiva programmazione fissata dall’azienda (Rai), per cui, essendo destinato ad esaurirsi, non consente lo stabile inserimento del lavoratore nell’impresa; il requisito della specificita`, invece, comporta che il programma debba essere caratterizzato anche dall’atipicita` o singolarita` rispetto ad ogni altro programma normalmente e correntemente organizzato dall’azienda nell’ambito della propria atti- vita` radiofonica e televisiva; inoltre, i suddetti due requisiti sono da intendersi tra loro strettamente connessi perche´ solo se il programma e` specifico, e quindi dotato di pro- prie caratteristiche, idonee ad attribuirgli una propria individualita` e unicita`, esso si configura come un momento episodico dell’attivita` imprenditoriale, e, percio`, rispon- de anche al requisito della temporaneita`; e` indispensabile, altres`ı, che l’assunzione riguardi soggetti il cui apporto lavorativo si inserisca, con vincolo di necessita` diretta, anche se complementare e strumentale, nello specifico spettacolo o programma, sic- che´ non puo` considerarsi sufficiente ad integrare l’ipotesi di legittimo ricorso al con- tratto a tempo determinato la mera qualifica tecnica od artistica del personale corre- lata alla produzione di spettacoli o programmi radiofonici o televisivi, occorrendo, quindi, che l’apporto del peculiare contributo professionale, tecnico o artistico del soggetto esterno sia necessario per il buon funzionamento dello spettacolo, in quanto non sostituibile con le prestazioni del personale di ruolo dell’azienda 65.
11. Il lavoro gratuito
Le questioni che si pongono in relazione ad attivita` lavorative gratuite riguardano sia il regime giuridico del rapporto nel quale una delle parti utilizzi l’altrui attivita` la- vorativa senza essere obbligata alla remunerazione, sia i casi in cui, per non essere stata espressa chiaramente la volonta` contrattuale, l’obbligo di remunerazione sia dubbio.
In ordine alla prima questione, non vi e` concordia in dottrina circa l’estensione de- gli effetti giuridici determinati dall’ordinamento in presenza di un rapporto di lavoro gratuito.
Secondo una parte della dottrina l’onerosita` della prestazione e` un elemento natu-
Note
65 Cass. 4 dicembre 2007, n. 25268, Rep. Foro it., 2007, voce Lavoro (Rapporto) n. 824.
xxxx, ma non essenziale del rapporto di lavoro, la cui disciplina, ivi compresi gli aspet- ti previdenziali, andrebbe applicata anche nel caso di lavoro gratuito. Xxxx, l’art. 2094
c.c. porrebbe la retribuzione tra gli elementi del rapporto di lavoro subordinato sol- tanto a causa della eccezionalita` statistica dei casi di lavoro gratuito 66.
A questa dottrina si contrappone la tesi che nega la configurabilita` di un tipo ne- goziale di lavoro subordinato talmente ampio da ricomprendere anche quello senza remunerazione. Il lavoro gratuito, secondo detta valutazione, pur previsto anche da certe disposizioni di legge e percio` sicuramente non in contrasto con alcuna norma ne´ costituzionale ne´ di diritto comune, e` estraneo al tipo legale in cui l’interesse del lavoratore ad un corrispettivo proporzionato alla qualita` e quantita` del lavoro pre- stato ed in ogni caso sufficiente ad assicurare una esistenza libera e dignitosa ex art. 36 Cost., costituisce elemento qualificante che giustifica l’applicazione della relativa disciplina 67. Occorre, pertanto, stabilire quali disposizioni debbano ritenersi appli- cabili solo alla figura tipica di cui all’art. 2094 c.c. e quali invece possano riferirsi anche al rapporto gratuito, in via di estensione analogica oppure di applicazione diretta.
Il carattere residuale dell’impresa familiare, quale risulta dall’incipit dell’art. 230-bis c.c., mira a coprire le situazioni di apporto lavorativo all’impresa del congiunto - pa- rente entro il terzo grado o affine entro il secondo - che non rientrino nell’archetipo del rapporto di lavoro subordinato o per le quali non sia raggiunta la prova dei con- notati tipici della subordinazione, con l’effetto di confinare in un’area limitata quella del lavoro familiare gratuito. Di conseguenza, ove un’attivita` lavorativa sia stata svolta nell’ambito dell’impresa ed un corrispettivo sia stato erogato dal titolare, il giudice di merito dovra` valutare le risultanze di causa per distinguere tra la fattispecie del lavoro subordinato e quella della compartecipazione all’impresa familiare, escludendo co- munque la causa gratuita della prestazione lavorativa per ragioni di solidarieta` fami- liare 68.
L’ambito piu` diffuso del lavoro gratuito e`, pero`, la famiglia, ove si presume la gra- tuita` a causa del rapporto affettivo tra i suoi componenti, salva la prova della sussi- stenza di un rapporto di lavoro subordinato. La giurisprudenza sia di legittimita` che di merito solitamente distingue, nell’ambito del lavoro svolto dal familiare nell’azien- da, dalla quale la famiglia stessa tragga i mezzi di sostentamento, le prestazioni rese tra persone conviventi legate da vincoli di parentela o affinita` da quelle rese tra per- sone che non hanno comunanza di tetto e di mensa, pur se legate da vincoli familiari: nel primo caso per la giurisprudenza si presume (iuris tantum) che il lavoro sia pre- stato a titolo gratuito, sempre che si tratti di uno stretto rapporto di parentela. Cio` non significa che anche nel secondo caso non si possa configurare un rapporto di lavoro gratuito, ma in questo caso spetta a chi vi ha interesse provare che l’attivita` viene pre- stata a titolo gratuito affectionis vel benevolentiae causa. Giurisprudenza recentissi-
Note
66 X. Xxxxxx, Subordinazione e autonomia nel diritto del lavoro, Milano, 1989, 111 ss.
67 X. Xxxx, Onerosita` e corrispettivita` nel rapporto di lavoro, Milano, 1968, 126.
68 Cass. 18 ottobre 2005, n. 20157, in Rep. Foro it., 2005, voce Lavoro (Rapporto) n. 784. Nella specie la Corte ha cas- sato con rinvio la sentenza di merito che aveva, contraddittoriamente, escluso il lavoro subordinato e individuato una causa gratuita dell’attivita` di collaborazione all’impresa a fronte di un corrispettivo periodico per il servizio ai tavoli svolto dalla nuora.
ma, per altro, equipara le due ipotesi 69. La presunzione di gratuita` vale poi anche nel lavoro svolto dal convivente, purche´ tale convivenza dia luogo ad una effettiva comu- nanza spirituale ed economica analoga a quella coniugale.
Cos`ı, il contratto di volontariato in servizio civile, stipulato ai sensi della legge 26 febbraio 1987, n. 49, contenente la disciplina della cooperazione dell’Italia con i paesi in via di sviluppo, da` luogo ad un rapporto di lavoro che, pur presentando alcuni ele- menti della subordinazione (assoggettamento al potere direttivo, ad un orario di lavo- ro ed al congedo annuale per ferie), viene definito come contratto di lavoro atipico a causa mista stante la gratuita` di fondo delle prestazioni, che lo sottrae alla disciplina propria del lavoro subordinato di cui all’art. 2094 c.c.
Sulla seconda questione, concernente i casi dubbi nei quali la volonta` delle parti non e` espressa chiaramente, occorre osservare che, seguendo la giurisprudenza, la gratuita` impedisce di ricondurre il rapporto alla normativa sul lavoro subordinato. Co- s`ı, la sussistenza di un vincolo di parentela o di affinita` o di affettuosa ospitalita` (af- fectionis vel benevolentiae causa) o di appartenenza ad una comunita` religiosa (reli- gionis causa) indurranno a ritenere la gratuita` del rapporto, salva la prova contraria. Trattasi di particolari situazioni contrassegnate da specifici elementi oggettivi e sog- gettivi, quali il tipo e le modalita` concrete del lavoro, la qualita` e le condizioni eco- nomiche dei soggetti, i loro rapporti personali; si pensi, ad esempio, al lavoro prestato gratuitamente a favore di organizzazioni benefiche, o ideologiche o di tendenza che pertanto si collocano fuori dell’area garantita dall’art. 36 Cost. 70.
12. Il lavoro dei religiosi
Altro ambito tipico del lavoro gratuito e` quello delle comunita` religiose, al cui in- terno i singoli componenti svolgono la loro attivita` anche secolare (ad esempio, inse-
Note
69 Nell’ambito della c.d. impresa familiare, le prestazioni lavorative svolte devono, di regola, essere inquadrate nel- l’ambito di effettivi rapporti di lavoro, subordinati o parasubordinati, e rientrano pertanto nella competenza del giu- dice del lavoro, salvo che venga provata la concreta esistenza di ‘‘una partecipazione costante dei vari membri alla vita e agli interessi del gruppo’’, ovvero di ‘‘uno stato di mutua solidarieta` e assistenza’’: cfr. Cass. 27 dicembre 1999, n. 14579, in Mass. Foro it., 2000, 60, e v. pure Cass. 23 settembre 2004, n. 19116, in Lav. giur., 2005, 3, 284;
Cass. 18 luglio 1997, n. 5875, in Dir. prat. lav., 1997, 42, 3101; Cass. 2 agosto 1991, n. 9025, in Riv. giur. lav., 1992, II, 475 ss., con nota di Prasca, Lavoro gratuito, semigratuito e oneroso: i difficili percorsi del lavoro familiare; Pret. Catania 28 maggio 1996, in Rass. dir. fam., 1997, 23 (secondo cui ‘‘E` competente il pretore del lavoro ex art. 409,
comma 3, c.p.c. a conoscere delle controversie nascenti dalla collaborazione personale del coniuge nell’impresa fa- miliare’’). Si segnala inoltre che, secondo App. Milano 3 ottobre 2002, in Lav. giur., 2003, 5, 491 ss., anche ‘‘la dedi- zione pressoche´ esclusiva di uno dei genitori alla cura della casa e all’educazione dei figli’’ potrebbe, in astratto, con- figurarsi come partecipazione all’impresa familiare, purche´ venga provato che tale attivita` e` ‘‘strettamente correlata e finalizzata alla gestione dell’impresa, come espressione di coordinamento e frazionamento dei compiti nell’ambito del consorzio domestico, in vista dell’attuazione dei fini di produzione o di scambio dei beni e servizi propri dell’impresa familiare’’. Conforme v. anche Trib. Roma 15 aprile 1992, in Foro pad., 1992, I, 235 ss., con nota di Centofanti, Impresa familiare e lavoro ‘‘domestico’’ del coniuge. Sui requisiti della prova contraria necessaria per vincere la presunzione di gratuita` delle prestazioni lavorative tra coniugi, v. inoltre Xxxx. 28 novembre 2003, n. 18284, in Lav. giur., 2004, 4, 396 (in tema di ‘‘prestazioni lavorative offerte dalla moglie infermiera in favore del marito medico’’), e cfr. pure App. Mi- lano 13 dicembre 2004, in Or. giur. lav., 2004, 839 (secondo cui la presunzione di gratuita` ‘‘opera anche quando l’at- tivita` economica sia esercitata in forma di impresa, purche´ gestita con criteri familiari’’, e puo` quindi essere superata solo se vengono provati ‘‘tutti gli elementi costitutivi di un rapporto di lavoro subordinato’’).
70 Cass. 11 aprile 1981, n. 2123, in Foro it., 1982, I, 208; Cass., 6 febbraio 1982, n. 711, in Riv. dir. lav., 1982, II, 714.
gnamento, assistenza agli infermi) religionis causa 71, con esclusione dalla disciplina sostanziale e previdenziale sul rapporto di lavoro. Se invece il lavoro e` prestato a fa- vore di un ente diverso da quello di appartenenza opera la normale presunzione di onerosita`.
A seguito dell’entrata in vigore della legge 20 maggio 1985, n. 222, recante dispo- sizioni per il sostentamento del clero cattolico, l’art. 30 del Concordato del 1929, che confermava l’impegno, per lo Stato italiano, di garantire ai titolari di determinati uffici ecclesiastici un reddito minimo, facendo integrare dal Fondo per il culto i redditi dei beneficiari che fossero risultati inadeguati, deve considerarsi abrogato. Tale sistema aveva dato luogo a notevoli sperequazioni nel trattamento economico di tali soggetti, poiche´ la retribuzione (c.d. congrua) dipendeva dall’entita` del patrimonio beneficiale cosicche´ lo Stato era costretto ad intervenire, versando, tramite il Fondo per il culto, il
c.d. supplemento di congrua a quegli ufficiali ecclesiastici il cui beneficio producesse redditi in misura inferiore ad un dato minimo.
Il sistema beneficiale di retribuzione e` stato soppresso con la costituzione degli Isti- tuti diocesani (o interdiocesani) per il sostentamento del clero, previsti dal nuovo co- dex iuris canonici in conformita` alle prescrizioni del Concilio Vaticano II. A tale rifor- ma ha aderito lo Stato italiano con l’accordo del 15 novembre 1984 e con la legge n. 222/1985. La Conferenza episcopale italiana (Cei), a sua volta, ha provveduto ad eri- xxxx l’Istituto centrale per il sostentamento del clero, con il fine di integrare le risorse degli Istituti diocesani e interdiocesani.
La funzione di questi ultimi e` quella di corrispondere una integrazione della base stipendiale dei sacerdoti (percepita da enti ecclesiastici o da altri soggetti pubblici o privati estranei alla Chiesa), ove tale stipendio non raggiunga la misura di congrua sustentatio stabilita dalla Cei, ovvero nei casi in cui i sacerdoti non percepiscano al- cuno stipendio. Consegue, pertanto, che i sacerdoti che svolgano servizio in favore di una diocesi sono tenuti a comunicare annualmente all’Istituto diocesano competente le retribuzioni ricevute da enti ecclesiastici o da terzi.
I sacerdoti che prestano servizio nell’ambito delle strutture ecclesiastiche di una diocesi hanno, quindi, un vero e proprio diritto a percepire, per lo svolgimento del loro ministero, una retribuzione ed eventualmente un’integrazione della stessa. In ca- so di controversie sorte tra l’Istituto per il sostentamento del clero ed i sacerdoti, que- sti ultimi potranno ricorrere alla giurisdizione ecclesiastica o a quella ordinaria dello Stato italiano, con divieto di proposizione contestuale della stessa domanda davanti a giudici diversi (ne bis in idem). Tuttavia, possono svolgere attivita` secolare regolar- mente retribuita a favore di terzi (ad esempio, insegnamento presso le scuole pubbli- che), con detrazione di tali emolumenti dalla suddetta indennita` assistenziale. Del re- sto la stessa attivita` spirituale (messa, sacramenti) che in passato si riteneva fuori com- mercio, puo` costituire oggetto, nel suo profilo di labor extrinsecus, di un rapporto di lavoro oneroso con soggetti diversi dalla Chiesa 72.
Infine, la remunerazione prevista per il clero e` equiparata, a fini fiscali, al reddito di
Note
71 Cass. 2 dicembre 2002, n. 17096, in Foro it., 2003, I, 1812 a proposito dello svolgimento religionis causa di attivita` di insegnante elementare da parte di una religiosa in adempimento dei fini della congregazione di appartenenza.
72 Cass., s.u., 5 aprile 1986, n. 2366, in Foro it., 1986, I, 1863.