ISTITUTI DI DIRITTO CIVILE
ISTITUTI DI DIRITTO CIVILE
Collana diretta da Xxxxx Xxxx
Xxxxxx X. Xxxxxxx
AUTONOMIA PRIVATA E COMMERCIO INTERNAZIONALE
Principi e casi
Introduzione di Xxxxx Xxxx
Sezione non inclusa
I PRINCIPI UNIDROIT QUALE DIRITTO APPLICABILE AI CONTRATTI COMMERCIALI INTERNAZIONALI:
TRA AUTONOMIA PRIVATA E ORDINAMENTI STATALI 1
Sommario: 1. Il rilievo dell’autonomia privata nei rapporti del commercio internazionale.
— 2. I Principi Unidroit e il successo del loro impiego nella pratica del commercio internazionale. — 3. La disciplina applicabile ai contratti del commercio internazio- nale nell’impostazione dei Principi Unidroit: tra autonomia privata ... — 4. e
ordinamenti giuridici statali. — 5. I limiti all’autonomia privata nel sistema dei Principi Unidroit: le norme dotate di mandatory character. — 6. (Continua): in particolare, il ruolo e gli effetti delle mandatory rules di origine statale nei nuovi Principi Unidroit.
1 Riferimenti bibliografici essenziali: X.X. XXXXXX, I principi Unidroit dei contratti commerciali internazionali: un approccio nuovo alla disciplina dei contratti internazionali, in
X.X. XXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), Contratti commerciali internazionali e principi Unidroit, Milano, 1997, p. 7 ss.; ID., An International Restatement of Contract Law, 3rd ed., Xxxxxxxxx-Xxx Xxxx, 0000; Id. (ed.), The Unidroit Principles in Practice — Case Law and Bibliography on the Principles of Commercial Contracts, New York, 2002; ID., The Unidroit Principles as a Means of Interpreting and Supplementing International Uniform Law, in ICC/UNIDROIT (eds.), Unidroit Principles of International Commercial Contracts. Reflections on their Use in International Arbitration, Special Supplement — ICC International Court of Arbitration Bulletin, 2002, p. 29 ss.; ID., Unidroit Principles 2004 - The New ffdition of the Principles of International Commercial Contracts adopted by the International Institute for the Unification of Private Law, in Rev. dr. uniforme, 2004, p. 5 ss.; X.X. XXXXXXX, Principi dei contratti internazionali e norme di origine internazionale (con particolare riguardo al diritto uniforme), in X.X. XXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), Contratti commerciali internazio- nali e principi Unidroit, cit., p. 23 ss.; ID., L’autonomia privata nei rapporti economici internazionali ed i suoi limiti, in Riv. dir. int. priv. proc., 2007, p. 891 ss.; ID., Le “norme” applicabili alla responsabilità contrattuale nel regolamento Roma I: il ruolo dell’autonomia privata, in Scritti in onore di Xxx Xxxxxxx, Napoli, 2011, p. 93 ss.; G. DE NOVA, Il contratto alieno, Torino, 2008; A. DI MAJO, L’osservanza della buona fede nei Principi Unidroit sui contratti commerciali internazionali, in X.X. XXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), Contratti commerciali internazionali e principi Unidroit, cit., p. 143 ss.; X.X. XXXXX, Il ruolo dell’au- tonomia delle parti e la rilevanza degli usi nei Principi dell’Unidroit, ibidem, p. 123 ss.; A. XXXXXXXX, I Principi Unidroit quale legge regolatrice dei contratti internazionali (i principi ed il diritto internazionale privato), ibidem, p. 55 ss.; X. XXXX, Les Principes Unidroit comme droit applicable aux contrats internationaux, ibidem, p. 39 ss.; C. KESSEDJAN, Un exercise de renovation des sources du droit des contrats du commerce international: Les Principes proposes par l’Unidroit, in Rev. crit. dr. int. priv., 1995, p. 641 ss.; X. XXXXXX, L’Arbitrage
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1. Il rilievo dell’autonomia privata nei rapporti del commercio interna- zionale.
La dottrina e la pratica del commercio internazionale hanno da tempo posto in rilievo l’importanza di caratterizzare la disciplina dei contratti internazionali in funzione delle specifiche esigenze sia del particolare ambiente in cui sono concluse le operazioni che ne costituiscono il fondamento sia dei vari ambiti territoriali all’interno dei quali operano e sono domiciliati i relativi titolari oltreché di quelli nei quali si riscontrano gli effetti di tali operazioni.
In tal senso, si comprendono le ragioni per le quali la disciplina dei più ricorrenti rapporti contrattuali internazionali sia abitualmente elabo- rata attraverso un ampio impiego dell’esercizio dell’autonomia privata oppure in virtù dell’adozione, a seguito di complessi negoziati che si svolgono a vari livelli, di veri e propri testi normativi internazionali. In entrambi i casi si cerca, da un lato, di evitare riferimenti concettuali e normativi propri di uno specifico ordinamento statale e, dall’altro, di adottare soluzioni “widely accepted by national legal systems and by the practice of international tribunals” oppure in normative uniformi già esistenti. Tanto che al riguardo si provvede abitualmente all’indicazione di specifiche definizioni delle nozioni e degli istituti volta a volta impiegati finalizzandone il contenuto, nella prospettiva ora indicata, alla particola- xxxx delle specifiche esigenze dell’operazione sottesa al rapporto contrat- tuale, alle sue caratteristiche ed a quelle delle parti contraenti tenendo conto, in particolare, del loro domicilio.
È, pertanto, in funzione di esse che viene assegnato adeguato rilievo
International et les Principes Unidroit, in X.X. XXXXXX, X. XXXXXXX (a cura di), Contratti commerciali internazionali e principi Unidroit, cit., p. 91 ss.; X. XXXXX, The Role of Party Autonomy and the Relevance of Usages, ibidem, p. 107 ss.; X. XXXXXXXX, I Principi Unidroit e l’arbitrato commerciale internazionale, ibidem, p. 91 ss.; X. XXXXX, The Role of the Unidroit Principles in ICC Arbitration Practice, in ICC/UNIDROIT (eds.), Unidroit Principles of International Commercial Contracts. Reflections on their Use in International Arbitration, cit., p. 105 ss.; H. RAESCHKE-KESSLER, Should an Arbitrator in an International Arbitration Procedure apply the Unidroit Principles?, in INSTITUTE OF INTERNATIONAL BUSINESS LAW AND PRACTICE (ed.), The Unidroit Principles of International Commercial Contracts: A New Lex Mercatoria?, ICC Publication No. 490/1, 1995, p. 167 ss.; X. XXXXXXXXXX, Contracts Subject to Non-State Norms, in Am. J. Comp. Law, 2006, p. 209 ss.; X. XXXXXXXX, Choice of Law in Third-Millennium Arbitrations: the Relevance of the UNIDROIT Principles of International Commercial Contracts, in Vand. J. of Trans. Law, 2003, p. 1137 ss.; X. XXXXXXXXX, Common Frame of Reference and Unidroit Principles of International Commercial Contracts: Coexi- stence, Competition, or Overskill of Soft Law?, in Legal Research Paper Series, 2010, consultabile all’indirizzo xxxx://xxxx.xxx/xxxxxxxxx0000000.
I PRINCIPI UNIDROIT QUALE DIRITTO APPLICABILE AI CONTRATTI COMMERCIALI 3
a “principi” o soluzioni normative secondo contenuti non necessariamen- te riconducibili solamente alla cultura e alla tradizione in cui sono storicamente maturati. Ci si preoccupa, quindi, di adottare contenuti definitori specifici delle espressioni impiegate in funzione della particolare prospettiva in cui devono essere utilizzate, tenendo conto anche di quanto elaborato in occasione delle normative internazionali di diritto uniforme e
delle “spontanee” indicazioni delle “general legal rules and principles” comuni ai vari ordinamenti rilevabili nella vita giuridica internazionale. Tanto più che a tal fine ci si può avvalere delle codificazioni e degli studi elaborati da specifici enti o organismi internazionali di tipo intergoverna- tivo o a composizione associativa tra enti rappresentativi dei vari interessi coinvolti nel commercio internazionale.
Tali principi e contenuti definitori, in particolare, sono utilmente impiegati come valido supporto alla redazione dei contratti internazionali, non solo al fine di identificare gli aspetti della disciplina da adottare in funzione degli scopi perseguiti dalle parti, ma anche per fornire una terminologia giuridica tendenzialmente “neutrale” e chiaramente perce- pibile nell’ambito internazionale nei suoi contenuti, volutamente utilizzati dalle parti contraenti indipendentemente dalla cultura e dall’esperienza maturata riguardo ad alcune espressioni negli ordinamenti giuridici nei quali sono stati originariamente adottati.
2. I Principi Unidroit e il successo del loro impiego nella pratica del commercio internazionale.
Nella prospettiva da ultimo indicata si collocano i Principles adottati dall’Unidroit, che offrono anche un’organica ricostruzione dei “set of principles and rules common to major world legal systems in tune with the particular needs of international commerce” necessariamente disancorati dalla cultura e dall’esperienza di un solo e specifico ordinamento giuridico da cui non pretendono di ricevere legittimazione e forza vincolante. Tale organica disciplina di definizioni, principi e regole è, infatti, rivolta e messa a disposizione delle parti di contratti internazionali nella consape- volezza che non si tratta di un “binding instrument” e che la sua accetta- zione dipende dalla sua “persuasive authority”, come espressamente indi- cato dal Governing Council dell’Unidroit già in occasione dell’introdu- zione alla prima edizione dei Principles. Tale accettazione, peraltro, si è immediatamente e ripetutamente manifestata in varie sedi e all’interno della disciplina di molti contratti internazionali. Xxxx, i Principles hanno riscontrato consensi e specifici riconoscimenti talmente autorevoli e ripe- tuti che, in occasione della loro ultima edizione, il Governing Council è
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stato in grado di esprimere la propria “confidence that the international
legal and business communities to which the Principles were addressed
would appreciate their merits and benefits from their use”.
Tale uso dei Principles, pertanto, è stato indubbiamente favorito dall’atteggiamento adesivo al loro impiego sia da parte dei soggetti volta a volta interessati ad operazioni del commercio internazionale sia da parte della pratica arbitrale, i cui effetti sono stati consolidati attraverso il sempre più ampio riconoscimento, in ogni ordinamento statale e nei sistemi normativi di diritto uniforme, del ruolo dell’autonomia privata e degli effetti degli arbitrati commerciali internazionali nell’ambito dei rapporti contrattuali internazionali.
controversia.
È proprio in tale prospettiva che, sempre più spesso, avvalendosi delle indicazioni provenienti dalle stesse parti interessate alla soluzione di una controversia, le sentenze arbitrali “apply those general principles and rules of law applicable to international contractual obligations which have earned a wide acceptance and international consensus in the international business community”. Si osserva, infatti, che svincolando le parti dall’esigenza di applicare uno specifico ordinamento nazionale, si consente loro di utiliz- zare “those rules of law and notions which deserve to be qualified as being
Non stupisce, quindi, che il valore e la portata delle varie manifesta- zioni dell’autonomia privata sia stato ampiamente enfatizzato sin dal primo articolo dei Principles che, d’altronde, riprende in una logica di diritto sostanziale quanto già indicato in un’ottica ed in virtù di tecniche internazionalprivatistiche nel Preambolo. In quella sede, infatti, proprio attraverso tali tecniche, si precisano le modalità attraverso le quali l’auto- nomia privata può essere impiegata al fine di rendere i Principles appli- cabili nella massima misura possibile: e cioè, in virtù di scelta espressa dei contraenti di “refer to the Principles exclusively”, di cui potrà essere garantita la compiuta effettività se accompagnata da un accordo arbitrale. In realtà, le stesse disposizioni vigenti nell’ambito dei vari ordinamenti statali e nei numerosi regolamenti adottati da parte delle diverse Camere Arbitrali a proposito del c.d. arbitrato commerciale internazionale preve- dono che le parti sono autorizzate a scegliere la soluzione delle relative controversie sulla scorta di “rules of law” non necessariamente ricondu- cibili ad uno specifico ordinamento statale; anzi, addirittura si favorisce l’esclusione dell’applicazione di qualsiasi ordinamento statale salvo per alcune disposizioni di certi ordinamenti dotati di particolare intensità e forza normativa da imporsi in ogni caso in funzione del loro contenuto e del loro collegamento con alcuni aspetti rilevanti per la definizione della
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OBIETTIVI DI DIRITTO MATERIALE E TENDENZE
DEL DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO E PROCESSUALE COMUNITARIO
Sommario: 1. La caratteristica del diritto internazionale privato comunitario: la non neutralità. — 2. L’evoluzione della disciplina dello spazio giudiziario europeo: da Bruxelles I al pacchetto di regolamenti CE. — 3. I criteri di distribuzione della competenza giurisdizionale nello spazio giudiziario europeo: foro generale, fori speciali, fori esclusivi. — 4. Il ruolo dell’autonomia delle parti in materia di deroga alla giurisdizione: la proroga di competenza. — 5. La circolazione degli atti autentici come strumento di attuazione del mercato interno. — 6. La tutela, in ambito processuale, di alcuni soggetti deboli: assicurato, consumatore, lavoratore. — 7. La tutela, in ambito sostanziale, di alcuni soggetti deboli: agente di commercio, consu- matore, lavoratore. — 8. Il ruolo dell’autonomia delle parti in materia contrattuale: Convenzione di Roma del 1980 e regolamento c.d. Roma I. — 9. La materia societaria: autonomia privata e principio dello Stato d’origine.
1. La caratteristica del diritto internazionale privato comunitario: la non neutralità.
È noto che la Comunità europea persegue gli obiettivi materiali posti dal Trattato CE e tra essi, in particolare, la realizzazione di un c.d. mercato interno tra gli Stati comunitari. Non stupisce, quindi, se al perseguimento di queste finalità sono state indirizzate anche le norme che concorrono a formare il diritto internazionale privato e processuale. Si tratta allora di verificare se, a causa di tale circostanza, si sia progressivamente affermato, in ambito comunitario, lo specifico metodo di coordinamento degli ordinamenti giuridici denominato “metodo materiale” dei conflitti di legge, che si va ad affiancare al metodo classico della “localizzazione” delle fattispecie dotate di caratteristiche di internazionalità, proprio delle tra- dizionali norme di conflitto indifferenti al contenuto delle leggi da esse richiamate. E, sotto questo profilo, pertanto, si tratta di verificare se, almeno in parte, in ambito comunitario, sia stata contraddetta la tradizio- nale “neutralità” dei sistemi di diritto internazionale privato e processuale.
Quanto ora indicato sembra trovare un immediato riscontro positivo sul versante del diritto processuale civile comunitario; in questo senso, il trasferimento del Titolo IV dal terzo pilastro al primo ha, infatti, anzitutto
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confermato la necessità che le regole di diritto processuale civile interna- zionale di stampo comunitario siano funzionali ad esigenze materiali. Tra esse, in primo luogo, la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, così come indicato dall’art. 61 del Trattato CE. Parimenti, anche
nell’ambito del diritto internazionale privato, negli ultimi decenni si è progressivamente maturata una compiuta consapevolezza circa la neces- sità e l’urgenza del superamento delle differenze delle norme di conflitto dei singoli Stati membri, proprio al fine di perseguire compiutamente ed in modo uniforme obiettivi di diritto materiale. Al riguardo, in tal senso, particolarmente significative sono le norme della Convenzione di Roma del 1980 (attualmente in corso di trasformazione in regolamento comu- nitario c.d. Roma I, con modifiche e integrazioni anche significative), relative alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali. Essa, infatti, pur adottata attraverso uno strumento di diritto internazionale, ha in realtà avviato il processo di comunitarizzazione del diritto internazionale privato, funzionale a politiche comunitarie di settore, attualmente prose- guito, grazie al nuovo ambito di applicazione del Titolo IV del Trattato CE, attraverso l’elaborazione di un progetto preliminare di regolamento relativo ai rapporti obbligatori extracontrattuali (c.d. Roma II), nonché di una normativa di diritto internazionale privato in materia di regimi matrimoniali, di diritti patrimoniali tra coniugi e di successioni.
2. L’evoluzione della disciplina dello spazio giudiziario europeo: da Bruxelles I al pacchetto di regolamenti CE.
Come già accennato, da tempo la progressiva integrazione economica tra i Paesi membri ha evidenziato che la compiuta realizzazione del mercato interno europeo richiede il superamento delle diversità delle normative nazionali relative al c.d. diritto processuale civile internaziona- le, da un lato, al fine di determinare, secondo parametri uniformi, i criteri di individuazione dei giudici competenti in ambito comunitario per la risoluzione delle controversie civili e commerciali, e, dall’altro, al fine di garantire identici effetti, all’interno dei territori dei singoli Paesi membri, delle decisioni pronunciate dai loro giudici oltreché degli atti pubblici adottati nel loro ambito.
D’altronde, l’importanza, per l’instaurazione del mercato unico euro- peo, di soddisfare l’esigenza di garantire a tali decisioni una circolazione facilitata all’interno delle frontiere comunitarie era già stata avvertita in sede di conclusione del Trattato di Roma, dal momento che l’art. 220 (ora art. 293 TCE) aveva già previsto l’obbligo, in capo agli Stati membri, di procedere a “semplificare le formalità cui sono sottoposti il reciproco
OBIETTIVI DI DIRITTO MATERIALE E TENDENZE DEL D.I.P.P. COMUNITARIO 15
riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie”. È
proprio sulla base di questa disposizione che, nel settembre del 1968, è stata conclusa a Bruxelles una convenzione internazionale di diritto uniforme, che, peraltro, come è noto, non si è limitata a perseguire l’obiettivo sancito dall’art. 220 del Trattato di Roma (garantendo che le decisioni dei giudici comunitari esplichino i medesimi effetti nell’ambito del mercato interno), ma ha previsto, sulla base di criteri uniformi, norme in tema di competenza giurisdizionale in relazione a ogni controversia che presenti carattere di transnazionalità e ricada nell’ambito di applicazione, ratione materiae e personarum, della Convenzione stessa.
È proprio in ragione di queste considerazioni che la Convenzione di Bruxelles è dotata di carattere “doppio”, in quanto non soltanto ha mirato ad agevolare l’estensione degli effetti che le decisioni producono nell’or- dinamento di origine all’intera area comunitaria, ma ha previsto anche meccanismi atti a scongiurare la pendenza di più procedimenti relativi alla medesima controversia innanzi a giudici di Stati membri diversi, riducen- do in tal modo possibili contrasti di giudicati. E, d’altro canto, la disciplina in esame, nonostante la sua caratteristica di normativa di diritto uniforme, ha svolto anche una funzione propulsiva per quanto attiene gli sviluppi di una disciplina diretta, all’interno della Comunità, di quegli aspetti del diritto processuale civile e commerciale che presentano impli- cazioni transfrontaliere. Si spiega così il consolidamento nel tempo di una volontà sempre più ferma di comunitarizzare definitivamente e comple- tamente la disciplina contenuta nella Convenzione, affermando parallela- mente la competenza della Comunità in materia, nella convinzione che lo
sviluppo dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia è essenziale alla
formazione di un compiuto funzionamento ed al rafforzamento del mer- cato interno.
Il passaggio dall’unificazione avente carattere interstatuale alla disci- plina comunitaria ha avuto luogo, come già accennato, in virtù dell’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, che ha comportato la trasposizione del settore della cooperazione giudiziaria e giuridica in materia civile dal terzo pilastro al primo. Le nuove competenze comunitarie nell’ambito del diritto internazionale privato e processuale trovano, infatti, il loro fonda- mento nell’art. 61, lett. c), del Trattato, che attribuisce alla Comunità Europea, assegnando, al riguardo, un ruolo particolarmente significativo al Consiglio, il potere di adottare “misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, come previsto all’art. ł5”. Pertanto, i settori oggetto dell’azione comunitaria sono: “a) il miglioramento e la semplifica- zione: del sistema per la notificazione transnazionale degli atti giudiziari ed extragiudiziali; della cooperazione nell’assunzione dei mezzi di prova; del
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riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni in materia civile e commer- ciale, comprese le decisioni extragiudiziali; b) la promozione della compati- bilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di competenza giurisdizionale; c) l’eliminazione degli ostacoli al corretto svol- gimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri”.
La progressiva creazione di uno “spazio di libertà, sicurezza e giusti- zia”, dunque, riservata tradizionalmente all’azione intergovernativa ed attuata mediante il ricorso allo strumento delle convenzioni internazionali, deve essere ora realizzata in maniera diretta, per mezzo dell’adozione di tutti gli atti normativi di cui la Comunità è solita avvalersi nell’esercizio delle proprie competenze e, segnatamente, di direttive e regolamenti. È su queste basi che la Comunità europea ha provveduto a sviluppare, nello spazio giuridico del mercato interno, un’intensa attività normativa volta a garantire, per quanto concerne i procedimenti aventi implicazioni tran- snazionali, un vero e proprio spazio privo di frontiere interne per l’am- ministrazione della giustizia in materia civile.
In questo quadro normativo si collocano il regolamento CE n. 44/2001 del 22 dicembre 2000 (c.d. Bruxelles I), recante una disciplina generale in materia civile e commerciale, che, dal 1º marzo 2002, sostitu- isce la Convenzione di Bruxelles del 1968, collocandosi in una posizione di assoluta continuità rispetto al passato, nonché il regolamento CE n. 1346/2000 del 29 maggio 2000, relativo alle procedure transfrontaliere di insolvenza, il regolamento CE n. 2201/2003, che abroga il precedente regolamento n. 1347/2000, concernente la competenza, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di potestà dei genitori sui figli di entrambi i coniugi (rispettivamente noti anche come disciplina Bruxelles II-bis e Bruxelles II), il regolamento CE
prove in materia civile o commerciale. Nondimeno, è da ricondurre all’ambito degli strumenti la cui base giuridica è da individuarsi nell’art. 65 del Trattato anche il recentissimo regolamento CE n. 805/2004, che consente la libera circolazione dei titoli esecutivi all’interno dello spazio giudiziario europeo.
Tali strumenti hanno operato sul duplice fronte dell’armonizzazione in senso verticale, attraverso il coordinamento dei differenti sistemi giu- diziari nazionali, e in senso orizzontale, tramite l’adozione di norme atte a rendere uniformi o, quanto meno, compatibili, le ulteriori disposizioni
n. 1348/2000, in tema di notificazione e comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale e ancora il regolamento CE n. 1206/2001, relativo alla cooperazione tra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell’assunzione delle
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L’AUTONOMIA PRIVATA NEI RAPPORTI ECONOMICI INTERNAZIONALI E I SUOI LIMITI 1
Sommario: 1. Le potenzialità normative dell’autonomia privata nella determinazione degli assetti economici sottesi ai rapporti contrattuali internazionali. — 2. La funzione “materiale” propria dell’autonomia privata internazionalprivatistica: idoneità del meccanismo conflittuale a favorire l’interesse di entrambi i contraenti. — 3. La soddisfazione di interessi materiali “meritevoli di tutela” quale unico limite al valido esercizio dell’autonomia privata in senso internazionalprivatistico. — 4. (Continua): l’inquadramento del contratto internazionale all’interno del sistema ordinamentale configurato dalle parti quale fondamento della sua legittimazione giuridica e argo- mento di confutazione della teoria del “contrat sans loi”. — 5. L’esercizio dell’auto- nomia privata e l’esigenza del contemperamento dei suoi effetti con gli interessi statali tutelati dalle norme di ordine pubblico e di applicazione necessaria: in particolare, le tendenze consolidatesi nella prassi arbitrale. — 6. (Continua): criteri e ragioni giustificative per un equo bilanciamento tra l’esercizio dell’autonomia privata e la protezione degli interessi pubblicistici degli Stati. — 7. L’autonomia privata come criterio di collegamento idoneo ad ampliare l’ambito di applicazione del diritto uniforme. — 8. (Continua): autonomia privata ed estensione tipologica della norma- tiva di diritto uniforme a contenuto imperativo. — 9. La scelta dei principi transna- zionali relativi al commercio internazionale quale disciplina applicabile al contratto internazionale: il rapporto tra l’autonomia privata e la c.d. lex mercatoria. — 10. (Continua): il progetto di regolamento c.d. Roma I e l’espresso rilievo ivi accordato alle regole del commercio internazionale a titolo di disciplina applicabile al contratto internazionale. — 11. Il rapporto tra l’autonomia privata e il diritto internazionale pattizio: in particolare, l’esercizio dell’autonomia privata in funzione anticipatoria degli effetti della normativa interstatuale. — 12. (Continua): l’esercizio dell’autono- mia privata quale strumento necessario di attuazione delle regole internazionali pattizie. — 13. Conclusioni. La progressiva tendenza all’identificazione funzionale dell’autonomia privata internazionalprivatistica con quella sostanziale e la riduzione della centralità della normativa statale quale disciplina applicabile ai contratti inter- nazionali.
1 Riferimenti bibliografici essenziali:
— sul tema, più generale, dell’autonomia privata nel diritto civile (con particolare riferimento all’interpretazione del contratto), cfr., tra i tanti, soprattutto, G. ALPA, L’in- terpretazione del contratto, Milano, 2001; X.X. XXXXXXXXX, Autonomia privata procedimen- tale, Torino, 2002; X. XXXXXXXXX, L’interpretazione del contratto, Padova, 2006; D’AN- GELO, Contratto e operazione economica, Torino, 1992; ID., La buona fede, tomo IV de Il Contratto in generale, in Trattato di diritto privato, diretto da X. XXXXXXX, Torino, 2004; A.
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1. Le potenzialità normative dell’autonomia privata nella determinazio- ne degli assetti economici sottesi ai rapporti contrattuali internazio- nali.
È soprattutto nell’ambito dei rapporti relativi agli scambi e/o alla
.’GA.NMGEOLNOA, XXXX, A. SOMMA, Buona fede e giustizia contrattuale, Torino, 2005; G.
DE NOVA, Il tipo contrattuale, Padova, 1974; ID., Dieci “voci” per una tavola rotonda sul
«nuovo diritto» dei contratti, in G. XXXXXXX (a cura di), Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, Padova, 1999; ID., Contratto: per una voce, in Riv. dir. priv., 2000, p. 633 ss.; ID., “The Law which governs this Agreement is the Law of the Republic of Italy”: il contratto alieno, relazione al Convegno SISDiC “I rapporti civilistici nell’interpretazione della Corte Costituzionale”, 19 aprile 2006; X. XXXXXXX, ffquità e autonomia privata, Milano, 1970; N. IRTI, Testo e contesto. Una lettura dell’art. 13ł2 cod. civ., Xxxxxx, 0000; ID., Principi e problemi di interpretazione contrattuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1999, p. 1144 ss.; ID., Geo-diritto, in RIFD, 2001, p. 461 ss.; X. XXXXXXXX, Formazione, in X. XXXXX (a cura di), Trattato del contratto, vol. I, Milano, 2006; X. XXXXXXXXX, Autonomia privata, in ffnc. dir., IV, Milano, 1959, p. 366 ss.; X. XXXXXXXX, Autonomia privata, in Iustitia, 1967, p. 3 ss.; ID., voce Contratto in generale, in ffnc. giur. Xxxxxxxx, XX, Xxxx, 0000, p. 10 ss.; X. XXXXX, Il contratto, in X. XXXXXX, X. XXXXX (a cura di), Trattato di diritto privato, Milano, 2001; R. SACCO, Autonomia nel diritto privato, in Digesto disc. priv., vol. I, Torino, 1987, p. 517 ss.; R. SACCO, in X. XXXXX, X. XX XXXX, Xx xxxxxxxxx, X, Xxxxxx, 0000, p. 18 ss.; X. XXXXXXXXXXX, Interpretazione del contratto e principio dispositivo, Temi, 1963; ID., Comples- sità del procedimento di formazione del consenso ed unità del negozio contrattuale, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1964, p. 1353 ss.; ID., L’autonomia privata e i suoi limiti, in Giur. it., 1999, IV, c. 229 ss.; A. SOMMA, Autonomia privata e struttura del consenso contrattuale: aspetti storico-comparativi di una vicenda concettuale, Milano, 2000; G. VETTORI, Regola- mento, in X. XXXXX (a cura di), Trattato del contratto, vol. II, Milano, 2006;
— sull’autonomia privata come criterio di collegamento internazionalprivatistico, cfr., in particolare, X. XXXXXXXXX PALLIERI, L’autonomia dei contraenti nel diritto interna- zionale privato, in Dir. int., 1963, p. 158 ss.; X.X. XXXXXXX, Faut-il avoir peur du contrat sans loi? in Le droit international privé: esprit et méthodes. Mélanges en l’honneur de Xxxx Xxxxxxx, Xxxxx, 0000; M. BLESSING, Impact of ffxtraterritorial Application of Mandatory Rules of Law on International Contracts, Bâle, 1999; N. BOSCHIERO, Obbligazioni contrattuali (diritto internazionale privato), in ffnc. dir., vol. IV (agg.), 2001, p. 801 ss.; ID., Verso il rinnovamento e la trasformazione della Convenzione di Roma: problemi generali, in X. XXXXXX (a cura di), Diritto internazionale privato e diritto comunitario, Padova, 2004, p. 352 ss.; A. XXXXXX, L’ordre public et le but social des lois en droit international privé, in Recueil des cours, tome 239, 1993, p. 9 ss.; S.M. CARBONE, L’autonomia privata nel diritto internazionale privato delle obbligazioni, in Dir. com. scambi int., 1982, p. 15 ss.; X.X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, Il contratto internazionale, 2a ed., Torino, 2000; X. XXXXXXX, Autonomia della volontà e scelta di legge nel diritto internazionale privato, Bari, 1999; R. DE NOVA, I conflitti di leggi e le norme sostanziali funzionalmente limitate, 1967; ID., Self- Limiting Rules and Party Autonomy, in Adelaide Law Rev., 1973, p. 1 ss.; ID., voce Obbligazioni (dir. intern. priv.), in ffnc. dir., XXIX, Milano, 1979, p. 456 ss.; J. FOYER, Le contrat d’electio juris à la lumiére de la Convention de Rome du 19 juin 1980, in Mélanges Loussouarn, Paris, 1994, p. 169 ss.; X. XXXXXXXX, La legge applicabile ai contratti nella proposta di regolamento «Roma I», Atti della giornata di studi. Rovigo, 31 marzo 2006,
L’AUTONOMIA PRIVATA E I SUOI LIMITI
collaborazione internazionale tra imprese contraenti dotate di una ten- denziale eguaglianza del potere negoziale che è emersa chiaramente la
specifica rilevanza, anche ai fini della loro regolazione giuridica, delle
Padova, 2006; A. FRIGNANI, Il contratto internazionale, Padova, 1990; X. XXXXXXXX, La loi d’autonomie et sa justification théorique, in Riv. dir. int. priv. proc., 1979, p. 217 ss.; T.C. XXXXXXX, Mandatory Rules in International Contracts: The Common Law Approach, in Xxxxxxx xxx xxxxx, xxxx 000, 0000, x. 000 xx.; X. XXXXX, La volonté en droit international privé, in Droits, 1999, p. 113 ss.; X.X. XXXXXXX, Principe d’autonomie et contrats interna- tionaux, Xxxxx, 0000; E. XXXXX, L’autonomie de la volonté des parties dans les contrats internationaux entre personnes privées (Considérations préliminaires pour la délimitation de l’objet des travaux), in Annuaire de l’Xxxxxxxx xx xxxxx xxxxxxxxxxxxx, Xxxxxxx xx Xxxx, 0000, vol. 64-I, p. 13 ss.; E. XXXXX, X. PICCHIO FORLATI, Giurisdizione e legge applicabile ai contratti nella Cffff, Padova, 1990; X. XXXXXXX, Le “depeçage” dans le droit international privé des contrats, in Riv. dir. int. priv. proc., 1975, p. 649 ss.; ID., Remarques sur la proposition xx xxxxxxxxx xx xx Xxxxxxxxxx xxxxxxxxxxx xxx xx xxx applicable aux obligations contractuelles, in Rev. critique, 2006, p. 335 ss.; X. XXXXX, Party Autonomy in the ffC Convention on the Law Applicable to Contractual Obligations, in L’influence des Communauteés ffuropéennes sur le droit international privé des fftats membres, Luxemburg, 1981, p. 191 ss.; Y. LOUSSOUARN, P. XXXXXX, Legge regolatrice del contratto e rilevanza di norme di altri ordinamenti: ordine pubblico e norme di applicazione necessaria, in Il diritto privato nella giurisprudenza, 2000, p. 240 ss.; A.F.M. MANIRUZZUMAN, Choice of law in International Contracts: Some Fundamental Conflicts of Law Issues, in J. Int. Arb., 1999, p. 141 ss.; X. XXXXXXXX, Autonomia privata e contratti internazionali, in G. SICCHIERO, Autonomia contrattuale e diritto europeo, Padova, 2005, p. 217 ss.; X. XXXXX, Xxxx de police, in Rep. dr. int., 1998, p. 3 ss.; A. XXXXXXXX, Méthodes de droit international privé et contrat illecite, in Recueil des cours, tome 303, 2003, p. 323 ss.; X. XXXXXXXX, Autonomie de la volonté et dispositions impératives en droit international privé des obligations, in Rev. crit. dr. int. priv., 1957, p. 579 ss.; X. X. XXXX, Autonomy in international contracts, Xxxxxx, 0000; P. NORTH, Contract conflicts, Xxxxxxxxx, 0000; X. X. X’XXXXX XX., Choice of law under the Rome Convention: the dancer or the dance, in Lloyd’s Mar. Law Quart., 2004, p. 375 ss.; X. XXXXXX, Ordinamento competente e diritto internazionale privato, Padova, 1986; ID., La teoria generale del diritto internazionale privato nella legge italiana di riforma della materia, in La riforma italiana del diritto internazionale privato, Padova, 1998, p. 137 ss.; X.X. XXXXXX, Freedom of Contract: Mandatory and Non-Mandatory Rules in ffuropean Contract Law, in ffur. Rev. Priv. Law, 2007, p. 233 ss.; X. XXXXXX, Sulla volontà delle parti di cui all’art. 25 delle preleggi e sul momento del suo sorgere, in Riv. dir. int. priv. proc., 1967, p. 321 ss.; E. XXXXXXXX, Disposizioni imperative e ordine pubblico nella Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge ap- plicabile alle obbligazioni contrattuali, in Foro pad., 1987, II, c. 7 ss.;
— sul tema del rapporto tra autonomia privata e lex mercatoria, anche con partico- lare riferimento ai principi Unidroit e Lando, cfr. X. XXXXXXX, The ffffects of Globalization on Private International Law, in X. XXXXXXX, X. XXXX, Legal Aspects of Globalization, La Xxxx, Londres, Boston, 2000, p. 1 ss.; K.P. XXXXXX, The Lex Mercatoria Doctrine and the UNIDROIT Principles of International Commercial Contracts, in Law C Pol’y Int’l Bus., 1997, p. 943 ss.; N. BOSCHIERO, La lex mercatoria nell’era della globalizzazione: considera- zioni di diritto internazionale pubblico e privato, in Sociologia del diritto, 2005, p. 83 ss.; S. BOSTANJI, De la promotion des usages du commerce international par la justice étatique, in
40 AUTONOMIA PRIVATA E COMMERCIO INTERNAZIONALE
caratteristiche proprie della sostanza economica dei rapporti contrattuali. È, infatti, proprio in tale ambito che le caratteristiche ora indicate rilevano con particolare intensità in funzione di definire esattamente i contenuti
Journ. droit int., 2005, p. 1067 ss.; X.X. XXXXXXX, Il contratto senza legge e la Convenzione di Roma del 1980, in Riv. dir. int. priv. proc., 1983, p. 279 ss.; ID., L’avvocato e il diritto privato del commercio internazionale, in Dir. comm. int., 1991, p. 49 ss.; F. DE LY, International Business Law and Lex Mercatoria, Amsterdam, Xxxxxx, Xxx Xxxx, Xxxxx, 0000; X. XXXXXXX, Lex mercatoria. Storia del diritto commerciale, 4a ed., Bologna, 2001; ID., La globalizzazione e le fonti del diritto, in Riv. trim. dir. pubbl., 2006, p. 313 ss.; X. XXXX, Xxx xxxxxxxxxx et pratique des contrats internationaux: l’expérience française, in Le contrat économique international. Stabilité et évolution, Bruxelles, Paris, 1975, p. 178 ss.; ID., Vers l’institutionnalisation de la lex mercatoria. A propos des principes UNIDROIT relatifs aux contrats du commerce international, in Liber Amicorum Commission Droit et Xxx xxx Xxxxxxxx, Xxxxxxxxx, 0000, p. 125 ss.; X.X. XXXXXXX, Principes d’autonomie et le droit du commerce international, Xxxxx, 0000; F.K. JEUNGER, The Lex Mercatoria and Private Inter- national Law, in Rev. dr. uniforme, 2000, p. 171 ss.; X. XXXXXXX, Approche critique de la lex mercatoria, in Le droit des relations economiques internationales. fftudes offertes à Xxxxxxxx Xxxxxxx, Paris, 1983, p. 131 ss.; X. XXXXX, Lex mercatoria in International Commercial Arbitration, in ICLQ, 1985, p. 747 ss.; X. XXXXXXXX, La nuova lex mercatoria. Principi UNIDROIT ed usi del contratto del commercio internazionale, in X. XXXXXXX (dir.), Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, 13, Padova, 2003; A. XXXXXX, La lex mercatoria “tiers ordre juridique?”, Remarques ingénues d’un internationa- liste de droit public, in Mélanges en l’honneur de Xxxxxxxx Xxxx, Dijon, 2000; C. XXXXXXXXX, La lex mercatoria reconsidérée, in Le droit international privé: esprit et méthodes. Mélanges en l’honneur de Xxxx Xxxxxxx, Xxxxx, 0000;
Termine estratto capitolo
— sul rapporto tra autonomia privata e diritto uniforme, cfr. X. XXXXXXXX, Quale modello normativo per un regime giuridico dei trasporti realmente uniforme?, in Dir. mar., 2001, p. 483 ss.; N. BOSCHIERO, Il coordinamento delle norme in materia di vendita internazionale, Padova, 1990; S.M. CARBONE, L’ambito di applicazione e i criteri interpre- tativi della Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale, in La vendita internazionale. La Convenzione di Vienna dell’11 aprile 1980 (Atti del Convegno di studi di S. Xxxxxxxxxx Xxxxxx, 26/28-9-1980), Milano, 1981, p. 63 ss.; ID., Xxxxxxxxx xx xxxxxxxxx xxxxxxxxx xx xxxx, Xxxxxx, 0000; X.X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, Contratti internazionali, autonomia privata e diritto materiale uniforme, in Dir. comm. int., 1993, p. 755 ss.; X.X. XXXXXXX, Autonomia privata e modelli contrattuali del commercio marittimo internazionale nei recenti sviluppi del diritto internazionale privato: un ritorno all’antico, in Dir. mar., 1995, p. 315 ss.; P. CELLE, La Paramount clause nell’evoluzione della normativa in materia di polizza di carico, in Dir. mar., 1988, p. 11 ss.; A. XXXXXXXX, L’autonomia delle parti nel commercio internazionale, in AA. VV., Gli usi del commercio internazionale nella negoziazione ed esecuzione dei contratti internazionali, Milano, 1987, p. 15 ss.; X. XXXXXX, Diritto uniforme dei trasporti e diritto internazionale privato, Milano, 1990; A. LA MATTINA, Le prime applicazioni delle regole di Amburgo tra autonomia privata, diritto internazionale privato e diritto uniforme dei trasporti, in Riv. dir. int. priv. proc., 2004, p. 597 ss.; X. XXXXX DE XXXXXXX, L’obbligazione di consegna nella vendita marittima, Milano, 1997; J.D. XXXXXXXX XXXXXX, Diritto privato uniforme e diritto internazionale privato, in X. XXXXXX (a cura di), Diritto internazionale
LE “NORME” APPLICABILI ALLA RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE NEL REGOLAMENTO ROMA I:
IL RUOLO DELL’AUTONOMIA PRIVATA 1
Sommario: 1. L’unitaria funzione dell’autonomia privata al fine di garantire la coerenza della disciplina del rapporto contrattuale in presenza di varie normative ad esso applicabili. — 2. La libertà di scelta della legge o delle leggi applicabili al contratto e di verificarne la regolare formazione e validità. — 3. Il riconoscimento degli effetti prodotti nell’ordinamento giuridico voluto dalle parti nell’interesse materiale di entrambi i contraenti. — 4. (Continua): la rilevanza dell’interesse meritevole di tutela e la funzione di decentramento normativo nell’esercizio dell’autonomia privata anche ai fini di verificare la regolare formazione del contratto. — 5. I limiti delle teorie rivolte a legittimare il c.d. “contrat sans loi”. — 6. Il dépeçage e i limiti alla determinazione della disciplina contrattuale: le norme di applicazione necessaria e l’ordine pubblico. — 7. (Continua): le caratteristiche delle norme di applicazione necessaria e la loro rilevanza sulla valutazione dell’adempimento delle obbligazioni contrattuali. La conferma della funzione unitaria dell’autonomia privata.
1 Riferimenti bibliografici essenziali: X. XXXXXXXXX PALLIERI, L’autonomia dei con- traenti nel diritto internazionale privato, in Dir. int., 1963, p. 158 ss.; X.X. XXXXXXX, Faut-il avoir peur du contrat sans loi? in Le droit international privé: esprit et méthodes. Mélanges en l’honneur de Xxxx Xxxxxxx, Xxxxx, 0000, p. 93 ss.; M. BLESSING, Impact of ffxtraterritorial Application of Mandatory Rules of Law on International Contracts, Bâle, 1999; N. BOSCHIE- RO, Obbligazioni contrattuali (diritto internazionale privato), in ffnc. dir., vol. IV (agg.), Milano, 2001, p. 801 ss.; ID., Verso il rinnovamento e la trasformazione della Convenzione di Roma: problemi generali, in X. XXXXXX (a cura di), Diritto internazionale privato e diritto comunitario, Padova, 2004, p. 352 ss.; A. XXXXXX, L’ordre public et le but social des lois en droit international privé, in Recueil des cours, tome 239, 1993, p. 9 ss.; S.M. CARBONE, L’autonomia privata nel diritto internazionale privato delle obbligazioni, in Dir. com. sc. int., 1982, p. 15 ss.; X.X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, Il contratto internazionale, Torino, 2000; S.M. CARBONE, L’autonomia privata nei rapporti economici ed i suoi limiti, in Riv. dir. int. priv. proc., 2007, p. 891 ss.; X. XXXXXXX, Autonomia della volontà e scelta di legge nel diritto internazionale privato, Bari, 1999; R. DE NOVA, I conflitti di leggi e le norme sostanziali funzionalmente limitate, in Riv. dir. int. priv. proc., 1967, p. 699 ss.; ID., Self-Limiting Rules and Party Autonomy, in Adelaide Law Rev., 1973, p. 1 ss.; ID., voce Obbligazioni (dir. intern. priv.), in ffnc. dir., vol. XXIX, Milano, 1979, p. 456 ss.; G. DE NOVA, Contratti senza Stato (a proposito del Draft CFR), in Riv. dir. priv., 2008, p. 667 ss.; J. FOYER, Le contrat d’electio juris à la lumiére de la Convention de Rome du 19 juin 1980, in Mélanges Loussouarn, Paris, 1994, p. 169 ss.; X. XXXXXXXX, La legge applicabile ai contratti nella proposta di regolamento «Roma I», Atti della giornata di studi. Rovigo, 31 marzo 2006,
72 AUTONOMIA PRIVATA E COMMERCIO INTERNAZIONALE
1. L’unitaria funzione dell’autonomia privata al fine di garantire la coerenza della disciplina del rapporto contrattuale in presenza di varie normative ad esso applicabili.
Scegliere tra le confliggenti e le diversamente qualificate fonti di diritto che volta a volta concorrono a formare la disciplina della respon- sabilità contrattuale è sempre più difficile per i giudici e per gli interpreti. Si tratta, infatti, non solo di individuare le diverse normative al riguardo rilevanti, ma anche di fissarne e coordinarne i rispettivi ambiti di opera-
Padova, 2006; A. FRIGNANI, Il contratto internazionale, Padova, 1990; X. XXXXXXXX, La loi d’autonomie: le principe et sa justification the´orique, in Riv. dir. int. priv. proc., 1979, p. 217 ss.; X. XXXXX, P.A. XXXXXXX, The Rome I Regulation, in Comm. M. Law Rev., 2008, p. 1687 ss.; T.C. XXXXXXX, Mandatory Rules in International Contracts: The Common Law Appro- ach, in Xxxxxxx xxx xxxxx, xxxx 000, 0000, x. 000 xx.; X. XXXXX, La volonté en droit international privé, in Droits, 1999, p. 113 ss.; X.X. XXXXXXX, Principe d’autonomie et contrats internationaux, Xxxxx, 0000; M.E. XXXXX, L’autonomie de la volonté des parties dans les contrats internationaux entre personnes privées (Considérations préliminaires pour la délimitation de l’objet des travaux), in Annuaire de l’Xxxxxxxx xx xxxxx xxxxxxxxxxxxx, Xxxxxxx xx Xxxx, 0000, vol. 64-I, p. 13 ss.; X.X. XXXXX, X. PICCHIO FORLATI, Giurisdizione e legge applicabile ai contratti nella Cffff, Padova, 1990; X. XXXXXXX, Le “depeçage” dans le droit international privé des contrats, in Riv. dir. int. priv. proc., 1975, p. 649 ss.; ID., Remarques sur la proposition xx xxxxxxxxx xx xx Xxxxxxxxxx xxxxxxxxxxx xxx xx xxx applicable aux obligations contractuelles, in Rev. crit. dr. int. priv., 2006, p. 335 ss.; X. XXXXX, Party Autonomy in the ffC Convention on the Law Applicable to Contractual Obligations, in AA.VV., L’influence des Communautés ffuropéennes sur le droit international privé des fftats membres, Luxemburg, 1981, p. 191 ss.; Y. LOUSSOUARN, P. XXXXXX, Legge regolatrice del contratto e rilevanza di norme di altri ordinamenti: ordine pubblico e norme di applicazione necessaria, in Il diritto privato nella giurisprudenza, 2000, p. 240 ss.; A.F.M. MANIRUZZAMAN, Choice of law in International Contracts: Some Fundamental Conflicts of Law Issues, in J. Int. Arb., 1999, p. 141 ss.; X. XXXXXXXX, Autonomia privata e contratti internazionali, in G. SICCHIERO, Autonomia contrattuale e diritto europeo, Padova, 2005, p. 217 ss.; X. XXXXX, Xxxx de police, in Rep. dr. int., 1998, p. 3 ss.; A. XXXXXXXX, Méthodes de droit international privé et contrat illecite, in Recueil des cours, tome 303, 2003, p. 323 ss.;
X. XXXXXXXX, Autonomie de la volonté et dispositions impératives en droit international privé des obligations, in Rev. crit. dr. int. priv., 1957, p. 579 ss.; X.X. XXXX, Autonomy in international contracts, Xxxxxx, 0000; P.M. NORTH, Contract conflicts, Xxxxxxxxx, 0000;
X. X. X’XXXXX XX., Choice of law under the Rome Convention: the dancer or the dance, in Lloyd’s Mar. Law Quart., 2004, p. 375 ss.; X. XXXXXX, Ordinamento competente e diritto internazionale privato, Padova, 1986; ID., La teoria generale del diritto internazionale privato nella legge italiana di riforma della materia, in X. XXXXXX, La riforma italiana del diritto internazionale privato, Padova, 1998; X.X. XXXXXX, Freedom of Contract: Mandatory and Non-Mandatory Rules in ffuropean Contract Law, in ffur. Rev. Priv. Law, 2007, p. 233 ss.; X. XXXXXX, Sulla volontà delle parti di cui all’art. 25 delle preleggi e sul momento del suo sorgere, in Riv. dir. int. priv. proc., 1967, p. 321 ss.; X. XXXXXXXX, Disposizioni imperative e ordine pubblico nella Convenzione di Roma del 19 giugno 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, in Foro pad., 1987, II, c. 7 ss.
LE “NORME” APPLICABILI ALLA RESPONSABILITÀ CONTRATTUALE NEL REGOLAMENTO ROMA I 73
tività e di effetti sul rapporto contrattuale. Di tale difficoltà è espressione anche la disciplina adottata con il regolamento c.d. Roma I (regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I), in GUCff L 177 del 4 luglio 2008, p. 6 ss.). Essa, infatti, da un lato, consente alle parti di “includere nel loro contratto, mediante riferimento, un diritto non statale ovvero una Convezione internazionale” ma, dall’altro, prevede che il contratto sia disciplinato da una “legge” (statale). Tale scelta può essere “espressa” o risultare “chiaramente dalle disposizioni del contratto o delle circostanze del caso”. Può essere manifestata “in qualsiasi momen- to” e può essere “diversa da quello che lo disciplinava in precedenza”. Peraltro, qualora tutti gli “elementi pertinenti alla situazione” disciplinata dal contratto siano ubicati in un paese, “la scelta fa salva l’applicazione delle disposizioni alle quali la legge di tale diverso paese non permette di derogare convenzionalmente”. E d’altro canto, anche qualora il contratto graviti nell’ambito di più Stati membri nei quali sia applicabile il regola- mento c.d. Roma I e sia scelta la legge di uno Stato terzo dovrà, in ogni caso, essere garantita l’applicazione delle “disposizioni di diritto comuni- tario ... alle quali non è permesso derogare convenzionalmente”. Per converso, la scelta della legge applicabile può essere operata in modo unitario oppure frazionando il contratto e risultando, pertanto, “applica- bile a tutto il contratto ovvero a una parte soltanto di esso”. In ogni caso, però, la legge e la disciplina contrattuale in tal modo designata non “osta
all’applicazione delle norme di applicazione necessaria della legge del foro” e/o “del paese in cui gli obblighi derivanti dal contratto devono essere stati eseguiti nella misura in cui rendono illecito l‘adempimento del contratto”. In particolare, infine, una specifica attenzione deve essere riservata all’applicazione della legge dalla residenza abituale del consuma- tore e del luogo in cui è situato l’immobile per quanto riguarda la forma del contratto che li riguardano.
Di fronte a tale variegata normativa di diritto internazionale privato della responsabilità contrattuale, è evidente che la unitarietà e la coerenza della sua disciplina non può essere affidata alla certezza che il contratto rientri e si giovi della coerenza e della completezza della disciplina di un unico ordinamento giuridico. Si dovrà, infatti, volta a volta, stabilire quale contenitore normativo, e in quale misura, debba essere utilizzato dal giudice e dall’interprete per valutare i vari aspetti della responsabilità contrattuale.
A questo riguardo un insostituibile ruolo è svolto dall’autonomia privata nel più ampio e comprensivo significato di tale espressione. Xxxx, proprio con riferimento a tali profili, una parte della dottrina ha, in
74 AUTONOMIA PRIVATA E COMMERCIO INTERNAZIONALE
particolare, messo adeguatamente in rilievo la difficoltà di separare net- tamente l’autonomia sostanziale da quella internazionalprivatistica, segna- lando come la volontà delle parti opera “come fattore di regolamento che si pone ai limiti tra un criterio di collegamento internazionalprivatistico tradizionale e una fonte di recezione diretta di norme applicabili”.
D’altro canto, gli ordinamenti statali non possono più essere consi- derati le sole normative alle quali devono rifarsi le parti nel determinare la disciplina applicabile ai loro rapporti contrattuali. Xxxx, in molte situa- zioni, le normative statali perdono la loro centralità nella disciplina dei contratti internazionali e risultano meramente residuali e accessorie ri- spetto all’importanza di altre normative di riferimento (quali quelle rica- vabili da regole uniformi contenute in vari strumenti normativi o dalla c.d. lex mercatoria). E tale esito può essere conseguito dalle parti anche nei casi in cui esse si sono semplicemente rifatte o hanno in concreto utilizzato tali normative esprimendo, in tal modo, il loro intento pratico e l’effetto materiale da esse voluto nell’ambito dell’operazione economica sottesa alla conclusione del contratto. È, quindi, all’insieme di tali normative che in misura sempre più ricorrente è necessario rifarsi, secondo le specifiche indicazioni delle parti contraenti, al fine di individuare i sistemi normativi in virtù dei quali interpretare e regolare il rapporto contrattuale e in particolare quegli aspetti di cui si tratta di integrare il contenuto o con riferimento ai quali non si riscontra specifica ed adeguata previsione contrattuale.
del contratto non più perseguibile in virtù della certezza che ad esso sia applicabile un solo ordinamento statale.
Tanto che tali tecniche risultano nella pratica sempre più caratteriz- zate dalla loro intima interrelazione e soprattutto nella piena consapevo- lezza della loro funzione di legittimare la forza obbligatoria e di integrare in modo coerente ed unitario la proprietà normativa espressa dalla volontà delle parti contraenti secondo le caratteristiche proprie della sostanza economica del loro rapporto contrattuale, nei limiti dei principi di ordine pubblico internazionale e delle norme di applicazione necessaria degli
In questa prospettiva e sulla scorta dell’accennata esigenza di rifarsi a tutte le varie normative rilevanti, si ricompone la funzione unitaria svolta dall’autonomia privata nella disciplina dei contratti internazionali, rispetto alla quale il suo esercizio avviene attraverso tecniche internazionalpriva- tistiche e attraverso tecniche di diritto sostanziale. Peraltro, come già accennato, l’impiego di tali tecniche spesso risulta dal confine difficilmen- te identificabile e comunque unitariamente funzionale al comune obiettivo di entrambe le tecniche ora indicate di garantire coerenza alla disciplina
Termine estratto capitolo
LEX MERCATUS E LEX SOCIETATIS TRA PRINCIPI
DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO E DISCIPLINA DEI MERCATI FINANZIARI 1
Sommario: Introduzione. — 1. La competenza della legge dello Stato di costituzione della società e il ruolo residuale della legge dello Stato della sede e/o dell’attività sociale nell’evoluzione della giurisprudenza comunitaria. — 2. La continuità dello statuto per- sonale della società e i suoi rapporti con la lex fori e con la lex loci actus tra norme di
d.i.p. e diritto comunitario. — 3. (Segue): l’eventuale rilevanza, nell’ordinamento co- munitario, del c.d. abusivo ricorso al modello societario di uno Stato membro. — 4. La difficile linea di demarcazione della disciplina relativa allo statuto della società rispetto alla legge applicabile alla sua attività con particolare riguardo alle società che gravitano in ambito comunitario. — 5. La ripartizione della competenza della lex so- cietatis rispetto alla lex mercatus nella disciplina dei mercati finanziari: cenni generali.
— 6. (Segue): la recente tendenza della lex mercatus a regolare alcuni aspetti relativi alla
corporate governance delle società contemperandone l’applicazione con la lex societatis.
— 7. (Segue): la tendenziale prevalenza della lex societatis sulla lex mercatus nel sistema comunitario dei mercati finanziari. — 8. Il difficile equilibrio nel d.i.p. societario tra lex mercatus e lex societatis: le responsabilità extracontrattuali, la disciplina della rappre- sentanza e il diritto al nome della società. — 9. L’attuazione dei principi innanzi indicati con riguardo ai criteri di estensione della applicazione della legge italiana sia quale lex societatis sia quale lex mercatus nella l. 262/2005. — 10. (Segue): l’estensione dell’ap- plicazione della legge italiana con riguardo a garanzie su obbligazioni di società estere, a società costituite in “paradisi legali” e a comportamenti abusivi quale “better rule” legittimata quale lex mercatus o dalla lex societatis. — 11. Gli effetti extra-territoriali della legge italiana nei confronti delle società costituite in “paradisi legali”: in particolare la legittimità del controllo del “business purpose”. — 12. (Segue): le esigenze di par- ticolare trasparenza e completezza di informazione dei rapporti delle società italiane con le loro controllanti o controllate estere collocate in “paradisi legali”. — 13. La conferma della progressiva tendenziale ingerenza della lex mercatus sulla corporate governance delle società: l’esempio dei patti parasociali e delle partecipazioni recipro- che. La difficoltà del loro enforcement. — 14. L’ambito di applicazione della legge italiana relativamente agli obblighi informativi ed alla garanzia di solvenza su titoli negoziati sul mercato italiano. — 15. I difficili equilibri tra lex societatis e legge del mercato: l’esigenza di soluzioni uniformi in ambito comunitario e di un ruolo effettivo della CE e degli Stati nel regolare l’ordine del mercato.
1 Riferimenti bibliografici essenziali:
— sul tema del diritto internazionale privato delle società, con particolare riferimen- to all’ambito di applicazione della lex societatis, cfr. X. XXXXXXXXX, La società per azioni nella
88
Introduzione.
AUTONOMIA PRIVATA E COMMERCIO INTERNAZIONALE
È ben vero che alcuni specifici criteri di appartenenza delle persone giuridiche sono stati valorizzati assegnando ad essi specifica rilevanza sull’attribuzione ad una società della nazionalità dello Stato del foro al fine di legittimare l’applicazione del relativo ordinamento. Ma è altrettanto
disciplina internazionalprivatistica, in Trattato delle società per azioni, diretto da Xxxxxxx e Portale, vol. 9, parte 1°, Torino, p. 3 ss.; M.V. XXXXXXXXXXXX, La legge regolatrice delle persone giuridiche dopo la riforma del diritto internazionale privato, in RS, 1997, p. 101 ss.; ID., Brussels I, Rome I and issues of company law, in J. XXXXXX, X. XXXXXXXX, X. XXXXXXXXXX (eds.), ffnforcement of International Contracts in the ffuropean Union, 2004, p. 225 ss.; ID,
«Corporate governance», mercati finanziari e diritto internazionale privato, in Riv. dir. int. priv. proc., 1998, p. 713 ss.; X. XXXXXXXXX, Lezioni di diritto internazionale privato — Parte speciale: la capacità, Bari, 1966, p. 53 ss.; X.X. XXXXXXX, La riforma societaria tra conflitti di leggi e principi di diritto comunitario, in Dir. comm. int., 2003, p. 97 ss.; X. XXXXXXXXXX, I conflitti di legge in materia di società, Bari, 2004; X. XXXXXXX, Aspetti essenziali di un futuro regolamento comunitario sulla legge applicabile alle società, in Riv. dir. int. priv. proc., 2006,
p. 658 ss.; X.X. XXXXXXX, Corporate Wars and Choice of Law, in Duke Law J., 1985, p. 1 ss.;
Y. XXXXXXXXXX, X. TROCHU, Conflits de lois en matière de sociétés, in ffditions du Juris-Classeur, 1997, p. 1 ss.; R.. XXXXXXXX, X. XXXXXXXX, Società (nazionalità e legge regolatrice), in Digesto disc. priv., sez. comm., vol. XIV, Torino, 1997, p. 136 ss.; X. XXXXXXXX, Stato e capacità delle persone, in Problemi di riforma del diritto internazionale privato italiano, a cura del Consiglio nazionale del Notariato, Milano, 1986; X. XXXXXX, Riforma del diritto societario italiano, diritto internazionale privato e diritto comunitario: prime riflessioni, in Riv. dir. int. priv. proc., 2003, p. 29 ss.; G. PARLÉANI, La mise en concurrence des législations nationales des fítats membres de l’Union ffuropéenne pour constituer dans l’un des d’eux une société inactive, qui agira dans un autre pays de l’Union par une succursale concentrant toute l’activité, n’xxx xxx xxxxxx xx xxxxx xx x’xxxxx xx xx xxxxxxxxxx, xx RS, 1999, p. 391 ss.; F. PERNAZZA, I modelli di organizzazione ex D. Lgs. n. 231/2001 e le società estere: il caso Siemens AG, in Le Società, 2004, p. 1275 ss.; X. XXXXXX, Diritto internazionale privato delle società e riconoscimento di Anstalten e Treuunternehmen nell’ordinamento italiano, in Comunicazioni e Studi dell’Istituto di Diritto internazionale e straniero dell’Università di Milano, Milano, 1978, p. 83 ss.; X. XXXXXXXX, Corporations in Private International Law. A ffuropean Perspective, Xxxxxx, 0000; J. W. SALACUSE, Corpo- rate Governance, Culture and Convergence: Corporations American Style or with a ffuropean Touch?, in ffBLR, 2003, p. 471 ss.; A. SANTA XXXXX, Spunti di riflessione sulla nuova norma di diritto internazionale privato in materia di società e altri enti, in RS, 1996, p. 1092 ss.; ID., Voce Società VII) Diritto internazionale privato, in EG, Roma, 1998; X. XXXXXX, Sulla nuova disciplina delle società nel diritto internazionale privato italiano, in Giur. comm., 1997, p. 830 ss.;
— sul tema della libertà di stabilimento delle società nell’ambito del diritto comu- nitario e nei relativi mercati finanziari, cfr. X. XXXXXXXXX, Sulla mobilità delle società nella Comunità europea. Da Daily Mail a Überseering: norme imperative, norme di conflitto e libertà comunitarie, in RS, 2003, p. 669 ss.; M.V. BENEDETTELLI, Libertà comunitarie di circolazione e diritto internazionale privato delle società, in Riv. dir. int. priv. proc., 2001, p. 569 ss.; ID., Diritto internazionale privato delle società ed ordinamento comunitario, in X. XXXXXX (ed.), Diritto internazionale privato e diritto comunitario, Padova, 2004, p. 205 ss.;
LffX MffRCATUS E LffX SOCIffTATIS
vero che questi stessi criteri non sono mai stati altrettanto utilmente impiegati, quanto meno con pari intensità, allorché si è trattato di riconoscere l’appartenenza di una società ad un ordinamento straniero ai fini di applicarne le disposizioni, in particolare, per identificare il suo
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statuto e gli effetti degli atti compiuti dai suoi organi. Comunque, la pratica ha dimostrato che non è possibile attribuire rilevanza alla nazio- nalità di una società straniera, in funzione di uno specifico criterio di collegamento stabilito dalla lex fori, rispetto ad altri indicati (e rilevanti in questa prospettiva) da parte dell’ordinamento che intende essere applica- to ad una determinata società, e da esso effettivamente impiegati ai fini della attribuzione ad essa della propria nazionalità. Altrimenti, si cade inevitabilmente nell’arbitrario e non si favorisce l’uniformità e la continu- ità della disciplina di situazioni di diritto societario caratterizzate da elementi di internazionalità (Luzzatto). Infatti, identificando la nazionalità di una società con la sola circostanza della presenza di uno specifico
collegamento idoneo, secondo la lex fori, a giustificare ad essa, o a situazioni che gravitano nel suo ambito, l’applicazione di un determinato ordinamento statale, si priva la nazionalità del suo specifico contenuto tecnico ai fini dell’applicazione, nell’ordinamento del foro, della lex societatis.
bile alle società non già attraverso il tradizionale metodo internazional- privatistico della localizzazione spaziale della fattispecie, bensì attraverso il metodo cosiddetto del riconoscimento dell’ordinamento straniero com- petente (Xxxxxx) rivolto, appunto, a giustificare e legittimare gli effetti relativi allo status delle persone giuridiche costitutivamente attribuito loro da un ordinamento giuridico in funzione della loro appartenenza ad esso sulla scorta dei suoi criteri di (auto) collegamento. Nella prospettiva ora indicata non stupisce, e merita, quindi, di essere condivisa, la scelta operata dall’ordinamento italiano allorché prevede, all’art. 25 della l.
È proprio in funzione di questo insieme di circostanze che il riferi- mento al diritto straniero in materia societaria si caratterizza per il “solo fine di dare riconoscimento a valori giuridici già costituiti (e/o operanti) all’estero”: quindi, non già al fine di consentire la costituzione, o meglio la ricostituzione nel foro, di un ente sottoposto ad un diritto straniero e tanto meno nel rendere applicabile ad esso un ordinamento giuridico sulla scorta di un mero collegamento formale privilegiato dalla lex fori. Ciò che rileva sono piuttosto a) l’effettività dei collegamenti della lex societatis con la società in funzione dei quali le è attribuita la nazionalità da parte di tale ordinamento e b) la tutela che nel suo ambito è offerta a valori coerenti con quelli privilegiati nello Stato del foro o quanto meno da esso condivisi. Si tratta, in altri termini, di dare applicazione diretta e immediata, nei limiti indicati sub b), alla disciplina sostanziale di un ordinamento stra- niero in cui la società ha acquisito il proprio statuto, e alla quale, con carattere di effettività, è stata attribuita la disciplina speciale che ne caratterizza il funzionamento. Pertanto, il diritto straniero risulta applica-
Termine estratto capitolo
TRUST INTERNO E LEGGE STRANIERA
Sommario: 1. Gli elementi oggettivi del trust e la loro rilevanza ai fini della designazione della legge applicabile ad esso. — 2. (Continua): le indicazioni di una recente sentenza del Tribunale di Belluno. — 3. La rilevanza dell’art. 13 della Convenzione dell’Aja.
— 4. (Continua): Le diverse interpretazioni ed i differenti effetti dell’art. 13: loro irrilevanza rispetto ai criteri utilizzabili dal giudice per disconoscere gli effetti di trust interni. — 5. Il non riconoscimento degli effetti del trust interno per “scelta abusiva” della legge straniera. — 6. Alcuni casi di impiego abusivo delle scelte della legge straniera per la disciplina del trust. — 7. Effetto segregativo del trust interno ed art. 2740 cod. civ.: esercizio dell’autonomia privata sostanziale, scelta della legge appli- cabile e principi di ordine pubblico.
1. Gli elementi oggettivi del trust e la loro rilevanza ai fini della designazione della legge applicabile ad esso.
Una recente sentenza del Tribunale di Belluno, particolarmente ar- gomentata, consente di ritornare sul tema relativo all’ammissibilità del c.d. trust interno: e cioè, di un trust che abbia la localizzazione preponderante (o addirittura esclusiva) dei suoi beni, la sede, la sua amministrazione e la residenza dei beneficiari e del settlor in un ordinamento diverso da quello scelto dalle parti per disciplinarlo 1. Circostanza quest’ultima tanto più rilevante nei casi in cui il trust sia localizzato in un ordinamento che ne ignora l’esistenza, come si verifica, appunto, per l’ordinamento italiano.
Al riguardo, la più autorevole dottrina che si è espressa nel senso dell’inammissibilità del trust interno 2 ha invocato a tal fine soprattutto la circostanza che si deve escludere il potere delle parti di sottrarsi alla disciplina dell’ordinamento che non contempla l’istituto in esame allorché in esso sia localizzato il “centro di gravità” dei beni e delle persone interessate ad esso. Infatti, il potere delle parti di designare la legge applicabile al trust attraverso la scelta di un ordinamento giuridico che ne
1 Trib. Belluno, 25.9.2002, in Trust e attività fiduciarie, p. 2003, 255 ss.
2 BROGGINI, Il trust nel diritto internazionale privato, in BENEVENTI (a cura di), I trusts in Italia oggi, Milano, 1996, 11; FUMAGALLI, La Convenzione dell’Aja sul trust e il diritto internazionale privato, in Dir. comm. int., 1992, p. 533 ss.; XXXXXXXX, Il trust nel diritto internazionale privato italiano, Milano, 2001.
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prevede una compiuta disciplina non può essere riconosciuto in tal caso in quanto la scelta volontaria della legge regolatrice del trust deve essere limitata ai soli casi in cui sussistano “elementi oggettivi di transnaziona- lità”. Tanto più nel caso in cui l’ordinamento ove è localizzato il centro di gravità dei vari criteri di collegamento rilevanti preveda, come ritiene la dottrina in esame a proposito dell’ordinamento italiano, una norma (individuata nell’art. 2740 cod. civ.) che eleva a principio di ordine pubblico del sistema la non adesione ad istituti rivolti ad ottenere effetti segregativi del patrimonio delle persone.
2. (Continua): le indicazioni di una recente sentenza del Tribunale di Belluno.
Tali motivazioni sono state ulteriormente riprese nella precitata sen- tenza soprattutto in virtù di un argomento direttamente riconducibile alla stessa disciplina prevista nella Convenzione dell’Aja e di un argomento desumibile dai principi generali del diritto internazionale privato.
Si precisa, infatti, che la Convenzione dell’Aja del 1985 relativa alla legge applicabile al trust (che è stata ratificata dall’Italia ed è entrata in vigore dal 1° gennaio 1992) pur prevedendo il riconoscimento del trust (e degli effetti segregativi del patrimonio in esso conferito) anche all’interno degli ordinamenti che non sono dotati di una corrispondente disciplina, non può comportare l’effetto “di introdurre surrettiziamente il trust all’interno di ordinamenti che per tradizione non lo prevedono”. Pertanto, il trust — precisa la sentenza in esame — “non può essere meccanica- mente trapiantato nel vuoto normativo di un ordinamento non-trust”. In tal senso si invoca l’art. 13 della stessa Convenzione dell’Aja che, come è noto, consente agli Stati non-trust di rifiutare il riconoscimento di un trust i cui elementi più significativi sono meramente interni ad uno Stato che non conosce l’istituto.
Sulla scorta di tali rilievi, con riferimento a quanto disposto nell’art. 13, la sentenza in esame, prendendo atto che l’ordinamento italiano non ha esercitato alcun potere normativo al fine di escludere per legge il riconoscimento di trust interni, ritiene che tale potere possa essere eser- citato dal giudice essendo ricavabile dal predetto art. 13 un principio indubitabile in virtù del quale “il riconoscimento non può essere operato nei casi in cui nessuno degli elementi significativi del trust presenti caratteri di estraneità rispetto all’ordinamento italiano”.
Per quanto riguarda, invece, l’argomento direttamente riconducibile ad un più generale principio di diritto internazionale privato si precisa che la Convenzione dell’Aja, essendo una convenzione di diritto internazio-
TRUST INTERNO E LEGGE STRANIERA
nale privato uniforme, contiene solamente norme la cui operatività “ri- chiede necessariamente quale presupposto per la loro applicazione la presenza, nella fattispecie concreta, di elementi oggettivi di estraneità ulteriori rispetto alla mera volontà del disponente di scegliere la legge straniera”.
Si precisa, infine, che a nulla rileva in senso contrario la disciplina internazionalprivatistica delle obbligazioni contrattuali introdotta nel no- stro ordinamento in virtù dell’ordine di esecuzione relativo alla Conven- zione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrat- tuali ed in particolare l’art. 3, par. 3 di tale normativa uniforme che, come è noto, consente la scelta della legge applicabile anche con riguardo ai contratti interni. Infatti, si osserva al riguardo che, comunque, nelle convenzioni internazionali di diritto internazionale privato normalmente “si subordina l’applicabilità delle norme di conflitto alla sussistenza di elementi di internazionalità” e che “la stessa Convenzione di Roma (all’art. 1.1) prevede che essa si applichi solo alle obbligazioni contrattuali che implicano un conflitto di leggi”.
3. La rilevanza dell’art. 13 della Convenzione dell’Aja.
Gli argomenti ora indicati, anche se ampiamente e ripetutamente esposti, in realtà, non sembrano aggiungere alcuna ulteriore ragione rispetto a quelle a suo tempo formulate per precludere la riconoscibilità del c.d. trust interno nell’ordinamento italiano in merito alle quali già nel passato una significativa parte della dottrina e della giurisprudenza si è espressa in senso negativo 3.
Anzitutto, sembra da escludere che dalla stessa Convenzione dell’Aja possa ricavarsi un principio che preveda “quale presupposto della sua applicazione” la presenza di elementi di estraneità ulteriori rispetto alla scelta della legge straniera applicabile al trust e, pertanto, precluda (o comunque non comprenda) il riconoscimento di trust privi di elementi di internazionalità. Al contrario, dai lavori preparatori della Convenzione emerge chiaramente che qualunque formulazione rivolta ad escludere dall’ambito di applicazione della medesima i c.d. trust interni non venne
3 LUPOI, Il trust nell’ordinamento giuridico italiano dopo la convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, in Vita not., 1992, 966; ID., Introduzione ai trusts. Diritto inglese, Convenzione dell’Aja, Diritto italiano, Milano, 1994, 148 ss.; ID. Riflessioni comparatistiche sui trust, in ffuropa e dir. privato, 1998, 425; XXXXXXX, I trusts interni, Milano, 2001. Nella dottrina internazionalprivatistica, LUZZATTO, “Legge applicabile” e “riconoscimento” di trust secondo la Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, in Riv. dir. int. priv. proc., 1999, 5.
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mai approvata ed in particolare non vennero specificamente accolte neppure alcune proposte tese a limitarne l’operatività nei riguardi di quei trust interni in cui l’unico elemento di internazionalità fosse rappresentato dalla designazione della legge straniera ad esso applicabile.
D’altro canto, la stessa previsione dell’art. 13 relativa alla facoltà concessa agli Stati di escludere il riconoscimento degli effetti dei trust interni sta proprio a significare che, almeno in linea di principio, i trust interni sono compresi nell’ambito di applicazione della disciplina di cui alla Convenzione dell’Aja. E conferme in tal senso sono anche ricavabili dai principi di cui all’art. 6 par. 2 della Convenzione in esame ove si precisa che l’unico caso in cui può essere disattesa la legge indicata dalle parti come applicabile al trust si verifica solamente allorché tale scelta è riferita ad un ordinamento che non disciplina il trust o non prevede la specifica categoria di trust voluto dalle parti 4 . Si tratta quindi di un caso del tutto eccezionale in cui la disapplicazione della scelta formalmente espressa dalle parti è contraddittoria rispetto al loro intento pratico e, quindi, alla loro “volontà effettiva”.
4. (Continua): Le diverse interpretazioni e i differenti effetti dell’art. 13: loro irrilevanza rispetto ai criteri utilizzabili dal giudice per disconoscere gli effetti di trust interni.
Per quanto riguarda le considerazioni relative alla portata ed al rilievo dell’art. 13 della Convenzione dell’Aja è opportuno ricordare che dottrina e giurisprudenza hanno avanzato al riguardo due possibili interpretazioni che comunque, a mio avviso, conducono a risultati non molto diversi con riferimento ai casi e alle situazioni in cui possono essere disconosciuti gli effetti di un trust interno.
Da un lato, si ritiene che tale norma non sia una disposizione direttamente utilizzabile dai giudici in quanto non dotata del carattere “self-executing” 5. Quindi, essa può operare in senso preclusivo degli effetti del trust interno solo in presenza di una espressa e precisa volontà normativa da parte dello Stato di avvalersi di tale facoltà e di specifiche indicazioni attraverso le quali integrarne la portata normativa. Difettando nell’ordinamento italiano disposizioni del tipo ora indicato ed essendo il trust interno ricompreso nell’ambito di applicazione della Convenzione dell’Aja, la scelta della legge applicabile operata in tal caso dalle parti
4 FUMAGALLI, La Convenzione dell’Aja sul trust cit.; LUPOI, Trusts, II ed., Milano,
2001.
Termine estratto capitolo
5 CONTALDI, Il trust nel diritto internazionale privato italiano, cit.