FATTO
TAR Lazio, Roma, sez. I, 12 novembre 2008, n. 10059, Nolo a caldo e subappalto. Sull’impossibilità di procedere al nolo a caldo dopo l’aggiudicazione nel caso in cui superi gli importi di cui all’art. 18 della L. n. 55 del 1990.
FATTO
La ricorrente espone di avere ricevuto in subappalto l’affidamento di una parte dei lavori relativi alla costruzione di una rete di collettori a servizio del comprensorio Medio Sarno, intervento rientrante tra quelli dichiarati necessari per il superamento dello stato di emergenza socio/economico/ambientale nel bacino idrografico del fiume Sarno.
Soggiunge che l’affidamento dei lavori è avvenuto mediante la stipula di due distinti contratti di subappalto (inerenti i subcomprensorii nn. 2 e 4) con due distinte A.T.I., la Medio Sarno s.c.a.r.l. per il comprensorio n. 2 e la Dondi Costruzioni S.p.a. per il comprensorio n. 4, nella loro qualità di aggiudicatarie degli appalti relativi ai detti subcomprensorii.
Con ordinanza n. 377 del 12 gennaio 2006, il Commissario delegato per il superamento dell’emergenza socio-economico-ambientale del bacino idrografico del fiume Sarno ha disposto quanto segue:
la revoca dell’autorizzazione concessa alla Medio Sarno S.c.a r.l. per l’affidamento in subappalto alla Impregica Costruzioni S.r.l. delle lavorazioni inerenti la realizzazione delle opere del collettore subcomprensoriale n. 2 "Rete di collettori comprensoriali al servizio dei comuni di Ottaviano, Xxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Terzigno, Xxxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, Xxxxx x Xxx Xxxxxxxxx Xxxxx" appaltate all’ATI Tecnis S.p.a. (capogruppo mandataria) e Xx.Xxx.Xx. S.p.a. (mandante cooptata) concessa con ordinanza n. 470/Sarno del 26.3.2003 e ordinanza n. 183 prot. 5831/ORD 4 del 17.4.2004;
il diniego di autorizzazione alla concessione di ampliamento di subappalto alla Impregica Costruzioni S.r.l., richiesta con nota del 14.4.2005 da parte della Tecnis S.p.a.
Di talchè, la Tecnis, con nota del 17 gennaio 2006, ha ordinato alla ricorrente l’allontanamento con decorrenza immediata dal cantiere di propria competenza di uomini, mezzi e quant’altro di sua pertinenza.
Il ricorso – con cui la Impregica Costruzioni premette di ritenere illegittima la revoca relativa al subcomprensorio n. 2 in quanto le presunte irregolarità riscontrate in relazione al subcomprensorio n. 4 non sarebbero idonee a riverberare i loro effetti su lavori diversi – è articolato nei seguenti motivi:
Violazione di legge. Violazione del principio del contrarius actus. Violazione dell’art. 20 del capitolato speciale d’appalto. Eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei presupposti.
Il provvedimento impugnato sarebbe viziato per la violazione del principio del contrarius actus; la revoca dovrebbe essere adottata con le stesse forme e le stesse modalità procedimentali previste per l’atto da revocare. Le ordinanza revocate erano state adottate sulla base dei pareri espressi dal Direttore dei lavori e dal responsabile del procedimento conformemente a quanto previsto dall’art. 20 del capitolato d’appalto, mentre la revoca non sarebbe stata preceduta da detti pareri.
Violazione di legge. Violazione degli artt. 7, 10 bis l. 241/1990. Mancata allegazione degli atti presupposti. Eccesso di potere per difetto di motivazione, falsità ed erroneità dei presupposti in fatto. Acriticità. Genericità. Sviamento.
Il provvedimento sarebbe viziato per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento nella parte in cui l’amministrazione ha revocato l’autorizzazione al subappalto concessa alla Medio Sarno in favore della ricorrente; l’ordinanza impugnata, inoltre, violerebbe il disposto di cui all’art. 10 bis l. 241/1990 nella parte in cui nega l’autorizzazione all’ampliamento del subappalto.
La motivazione del provvedimento si fonderebbe esclusivamente sul contenuto di due note commissariali, mai comunicate alla ricorrente, che sarebbero dovute essere allegate o quantomeno rese disponibili; l’atto avrebbe omesso di indicare il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere.
Violazione di legge. Violazione dell’art. 18 l. 18/1990 come modificato dall’art. 34 l. 109/1994. Violazione dell’art. 21 quinquies l. 241/1990. Eccesso di potere per illogicità.
L’amministrazione non avrebbe un potere discrezionale sulla scelta operata dall’appaltatore, ma dovrebbe solo verificare l’esistenza dei requisiti, di cui all’art. 18, co. 3, nn. 4 e 5, l. 55/1990, che il subappaltatore deve avere per il rilascio dell’autorizzazione, per cui l’autorizzazione al subappalto potrebbe essere revocata solo all’esito di un procedimento di cui risulti che non sussistono più i presupposti e i requisiti previsti dalla legge e non anche nel caso di mere irregolarità, occorse peraltro durante l’esecuzione di un distinto contratto di subappalto. Né, a sostegno della scelta operata, potrebbe essere invocato l’art. 21 quinquies l. 241/1990 in quanto, come sostenuto dalla Media Sarno, al momento della revoca nessun addebito, né sul piano operativo né su quello amministrativo, poteva essere mosso alla Impregica.
La ricorrente ha altresì formulato domanda di risarcimento dei danni.
Acquisita, a seguito della loro produzione in giudizio, la conoscenza della nota commissariale del 17.11.2005 e della nota dell’Ufficio Legale del 6.12.2005, richiamate nell’ordinanza impugnata quali atti presupposti della revoca, la ricorrente ha proposto i seguenti motivi aggiunti:
Violazione di legge. Violazione dell’art. 20 del capitolato speciale d’appalto. Violazione del principio del contrarius actus. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria. Sviamento.
La revoca dell’autorizzazione sarebbe stata adottata senza tenere conto del parere reso dal Direttore dei lavori con nota del 22.11.2005, del parere espresso dalla Tecnis, quale capogruppo mandataria della consorziata subappaltante del 28.11.2005 nonché delle considerazioni espresse dal responsabile del procedimento. La presunta irregolarità riscontrata non solo era afferente all’esecuzione dei lavori relativi al subappalto concluso con la Dondi ed inerenti il subcomprensorio n. 4, ma non sarebbe stato neppure imputabile alla Impregica, riguardando operai dipendenti di un’altra società, né ad una sua culpa in vigilando.
L’amministrazione avrebbe revocato l’autorizzazione disattendendo i risultati emersi a seguito delle indagini compiute dal responsabile del procedimento.
Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione dell’art. 75, lett. e), d.P.R. 554/1999. Violazione dell’art. 18 l. 18/1990 come modificato dall’art. 34 l. 109/1994. Sviamento. Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
L’amministrazione non avrebbe un potere discrezionale nella scelta operata dall’amministrazione ma dovrebbe solo verificare l’esistenza dei requisiti previsti, per cui l’autorizzazione al subappalto potrebbe essere revocata solo all’esito di un procedimento da cui risulti che non sussistono più i presupposti e i requisiti di cui all’art. 18, co. 3, nn. 4 e 5 l. 55/1990 e non anche per le cause di esclusione che l’art.
75 d.P.R. 554/1999 dispone si applichino ai partecipanti ad una procedura di affidamento dell’appalto. La revoca del subappalto sarebbe comunque illegittima posto che le irregolarità riscontrate in relazione al subappalto del subcomprensorio
n. 4 non sarebbero direttamente imputabili alla ricorrente; la Impregica, infatti, non avrebbe mai commesso le infrazioni contestate in quanto gli operai extracomunitari sorpresi ad operare nel cantiere del subcomprensorio n. 4 erano dipendenti della
R.I.A.S. s.r.l. e si trovavano a 4 km di distanza dal luogo in cui quel giorno operavano le maestranze dell’Impregica e, comunque, dette irregolarità non risulterebbero dai dati dell’Osservatorio dei Lavori Pubblici.
Violazione dei principi del buon andamento, della correttezza e della trasparenza dell’azione amministrativa. Eccesso di potere. Sviamento.
L’amministrazione avrebbe violato i principi in epigrafe assumendo un vero e proprio atteggiamento persecutorio nei confronti dell’impresa.
L’Avvocatura dello Stato si è costituita in giudizio per resistere al ricorso. La ricorrente ha prodotto memoria a sostegno delle proprie ragioni.
All’udienza pubblica del 22 ottobre 2008, la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Il Commissario delegato per il superamento dell’emergenza socio-economico- ambientale del bacino idrografico del fiume Sarno, con ordinanza n. 377 del 12 gennaio 2006, ha disposto quanto segue:
ha revocato l’autorizzazione concessa alla Medio Sarno S.c.a r.l. per l’affidamento in subappalto alla Impregica Costruzioni S.r.l. delle lavorazioni inerenti la realizzazione delle opere del collettore subcomprensoriale n. 2 "Rete di collettori comprensoriali al servizio dei comuni di Ottaviano, Xxx Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, Terzigno, Xxxxxxxxxxxx, Xxxxxxx, Xxxxx x Xxx Xxxxxxxxx Xxxxx" appaltate all’ATI Tecnis S.p.a. (capogruppo mandataria) e Xx.Xxx.Xx. S.p.a. (mandante cooptata) concessa con ordinanza n. 470/Sarno del 26.3.2003 e ordinanza n. 183 prot. 5831/ORD 4 del 17.4.2004;
ha negato l’autorizzazione alla concessione di ampliamento di subappalto alla ditta Impregica Costruzioni S.r.l. richiesta con nota del 14.4.2005 da parte della Tecnis S.p.a.
Il provvedimento è stato adottato viste:
la nota del 17.11.2005 del Commissario Delegato con la quale si informava che, a seguito di violazioni degli obblighi contrattuali, veniva revocata alla Impregica Costruzioni S.r.l. l’autorizzazione al subappalto concessa per le lavorazioni inerenti la costruzione del collettore fognario subcomprensorio n. 4 del comprensorio del Medio Sarno;
la nota del 6.12.2005 con cui l’Ufficio Legale del Commissario Delegato motivava la necessità di procedere alla revoca dell’autorizzazione al subappalto ed all’allontanamento della Impregica Costruzioni S.r.l. da tutti i cantieri oggetto di lavorazioni riguardanti il Commissario stesso.
Con nota del 17 novembre 2005, il Commissario delegato per il superamento dell’emergenza socio-economico-ambientale del bacino idrico del fiume Sarno - premesso di avere ricevuto la nota trasmessa dal responsabile del procedimento in data 16 novembre 2005 relativa al fatto che, da ispezioni effettuate da Ufficiali di Polizia Giudiziaria in data 10 novembre 2005 nel cantiere ove operava la Impregica Costruzioni S.r.l. subappaltatrice autorizzata dell’ATI con capogruppo Dondi S.p.a., sono stati sorpresi ad operare due operai extracomunitari privi di permesso di soggiorno e non in regola con la normativa lavoristica e previdenziale – ha rimarcato che tali operati lavoravano per la RI.A.S. S.r.l. alla quale la Impregica Costruzioni
S.r.l. ha affidato il nolo a caldo senza darne comunicazione né all’ATI aggiudicatrice né alla direzione lavori ed ha rilevato, pertanto, che tali fatti violano oltre che gli obblighi contrattualmente assunti dall’ATI anche la specifica normativa in materia di assicurazioni obbligatorie e previdenziali, comunicando la revoca dell’autorizzazione a suo tempo concessa per la subappaltatrice Impregica Costruzioni S.r.l.
Con parere espresso il 2 dicembre 2005 e trasmesso il successivo 6 dicembre, il consulente giuridico della struttura commissariale ha evidenziato che i giustificati motivi di revoca, dell’appalto come del subappalto, in caso di gravi violazioni, si desumono dall’art. 75 d.P.R. 554/1999 che, alla lett. e), prevede le cause di esclusione dalle gare per i soggetti che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e di ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro. Il motivo della irregolarità nei rapporti di lavoro con i propri dipendenti è sì previsto come causa di esclusione dalla partecipazione alle gare e della aggiudicazione, ma anche come impossibilità di stipulazione dei contratti e, a maggior ragione, come causa di revoca o di risoluzione del contratto.
La circostanza che la irregolarità nei rapporti lavorativi e previdenziali, precisa tra l’altro il parere, si sia verificata in altro appalto non rileva, ma anzi il fatto che tale altro appalto riguardi la medesima stazione appaltante rafforza la esigenza di provvedere alla revoca.
2. Il provvedimento impugnato è un atto plurimo in quanto, caratterizzato da un’unitarietà solo formale ma non anche sostanziale, è scindibile in due atti di diverso contenuto, ciascuno dei quali è indipendente e non segue necessariamente la sorte che, eventualmente, investa uno di essi.
In particolare, l’ordinanza si concreta in: a) un atto di revoca dell’autorizzazione concessa alla Medio Sarno S.c. a r.l. per l’affidamento in subappalto alla ricorrente delle lavorazioni delle opere del collettore subcomprensoriale n. 2; b) un atto di diniego di autorizzazione all’ampliamento del subappalto.
Le censure dedotte con il ricorso introduttivo del giudizio e con i motivi aggiunti prospettano essenzialmente vizi di legittimità dell’atto di revoca; con la censura di violazione dell’art. 10 bis l. 241/2990, proposta con il ricorso introduttivo del giudizio, è stato invece prospettato uno specifico vizio del diniego di ampliamento dell’autorizzazione.
3. La ricorrente ha formulato motivi di impugnativa con cui ha dedotto censure di carattere prima procedimentale e poi sostanziale.
Per ragioni di razionalità espositiva, il Collegio procede al preventivo esame delle censure di carattere sostanziale proposte avverso l’atto di revoca dell’autorizzazione al subappalto relativamente al subcomprensorio n. 2.
Con doglianze dedotte sia con il ricorso introduttivo sia con i motivi aggiunti, la ricorrente ha sostenuto in particolare che:
l’amministrazione non avrebbe un potere discrezionale sulla scelta operata dall’appaltatore, dovendo solo verificare l’esistenza dei requisiti, di cui all’art. 18, co. 3, nn. 4 e 5, l. 55/1990, che il subappaltatore deve avere per il rilascio dell’autorizzazione, sicché l’autorizzazione al subappalto potrebbe essere revocata solo all’esito di un procedimento che accerti l’insussistenza dei requisiti previsti dalla legge e non anche nel caso di mere irregolarità occorse, peraltro, durante l’esecuzione di un distinto contratto di subappalto;
la revoca non potrebbe essere disposta per le cause di esclusione di cui all’art. 75
d.P.R. 554/1999;
al momento della revoca, nessun addebito né sul piano operativo né su quello amministrativo poteva essere mosso alla Impregica ed anzi la revoca dell’autorizzazione sarebbe stata adottata senza tenere conto del parere reso dal Direttore dei lavori con nota del 22.11.2005, del parere espresso dalla Tecnis, quale capogruppo mandataria della consorziata subappaltante del 28.11.2005 nonché delle considerazioni espresse dal responsabile del procedimento;
la revoca non sarebbe supportata da giustificati motivi in quanto l’irregolarità riscontrata non era direttamente imputabile all’Impregica, riguardando operai dipendenti di un’altra società, era occorsa durante l’esecuzione di lavori relativi ad altro subappalto e non era nemmeno indirettamente imputabile ad una culpa in vigilando della ricorrente atteso che gli operai de quibus si trovavano a 4 km di distanza dal luogo in cui quel giorno operavano le maestranze dell’Impregica;
le irregolarità, comunque, non risulterebbero dai dati dell’Osservatorio dei Lavori Pubblici.
Le censure non possono essere condivise.
3.1 L’art. 75, co. 1, d.P.R. 554/1999, regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici, stabilisce che sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento degli appalti e delle concessioni e non possono stipulare i relativi contratti i soggetti che hanno commesso gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultanti dai dati in possesso dell’Osservatorio dei lavori pubblici (lett. e) o che hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione di lavori affidati dalla stazione appaltante che bandisce la gara (lett. f).
Nel caso di specie, come è possibile evincere dalla nota del 17.11.2005 del Commissario delegato, da ispezioni effettuate da Ufficiali di Polizia Giudiziaria in data 10 novembre 2005 nel cantiere dove operava la Impregica Costruzioni S.r.l., sono stati sorpresi ad operare due operai extracomunitari privi di permesso di soggiorno e non in regola con la normativa lavoristica e previdenziale.
Il Commissario delegato ha rimarcato che tali operai lavoravano per conto della ditta RI.A.S. S.r.l. alla quale la Impregica Costruzioni S.r.l. ha affidato il nolo a caldo senza darne comunicazione alcuna all’A.T.I. appaltatrice né alla direzione lavori, per cui ha rilevato che tali fatti violano oltre che gli obblighi contrattualmente assunti dall’A.T.I. anche la specifica normativa in materia di assicurazioni obbligatorie e previdenziali, comunicando la revoca dell’autorizzazione a suo tempo concessa per il subappalto.
Il c.d. nolo a caldo è un contratto atipico, assimilabile come disciplina alla locazione di cose mobili o alla locatio operis oppure al noleggio contemplato dal codice della navigazione ovvero all’appalto di servizi, in base al quale ci si procura il godimento di una macchina con il relativo operatore, per cui si configura come un contratto innominato caratterizzato da una prestazione principale, avente ad oggetto la locazione o il c.d. noleggio di un macchinario, e da una prestazione accessoria, rappresentata dall’attività del soggetto (cfr. Cass. Pen., III, 13 giugno 1997, n. 6923). Il Collegio rileva che, ai sensi dell’art. 18, co. 10, l. 55/1990, ratione temporis vigente, l’esecuzione delle opere o dei lavori affidati in subappalto non può formare oggetto di ulteriore subappalto.
Il successivo comma 12 chiarisce che, ai fini dell’art. 18 l. 55/1990, è considerato subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l’impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2% dell’importo dei lavori affidati o di importo superiore a 100.000 ECU e qualora l’incidenza del costo della manodopera e del personale sia superiore al 50% dell’importo del contratto da affidare. Il subappaltatore non può subappaltare a sua volta i lavori salvo che per la fornitura con posa in opera di impianti e di strutture speciali da individuare con il regolamento; in tali casi il fornitore o subappaltatore, per la posa in opera o il monitoraggio, può avvalersi di imprese di propria fiducia per le quali non sussista alcuno dei divieti di cui al comma 3, n. 5. E’ fatto obbligo all’appaltatore di comunicare alla stazione appaltante, per tutti i subcontratti stipulati per l’esecuzione dell’appalto, il nome del subcontraente, l’importo del contratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati.
L’art. 16 del contratto di subappalto stipulato tra la Consortile Medio Sarno S.c. a r.l. e la Impregica Costruzioni ha così previsto il divieto di subappalto dei lavori stabilendo che, in caso di inosservanza del divieto, il contratto di subappalto si intenderà risolto sin dall’origine.
Dalla richiamata normativa emerge che il c.d. nolo a caldo, se di valore e con incidenza di personale superiore a determinate soglie, è considerato esso stesso subappalto e che il subappaltatore non può subappaltare a sua volta i lavori attraverso un contratto di nolo a caldo. Ad ogni buon conto, a prescindere dal superamento dei valori soglia individuati dalla norma, l’appaltatore è obbligato a comunicare alla stazione appaltante il nome del subcontraente, l’importo del contratto, l’oggetto del lavoro per tutti i subcontratti stipulati per l’esecuzione del contratto.
L’obbligo di comunicazione da parte dell’appaltatore, nel caso in cui il subcontratto sia stipulato da un subappaltatore, postula ovviamente la preventiva comunicazione di quest’ultimo all’appaltatore.
Di talché, non sussiste dubbio sul fatto che la ricorrente, stipulando un contratto di nolo a caldo con la RI.A.S. ed omettendo qualunque comunicazione in merito, si sia quantomeno resa responsabile dell’omessa comunicazione all’appaltatore delle informazioni specificamente previste dalla norma di legge.
Peraltro, nell’ipotesi in cui il c.d. nolo a caldo non sia equiparato al subappalto, tassativamente vietato all’impresa subappaltatrice, mezzi e personale fanno direttamente capo al soggetto che li ha noleggiati (cfr. Cons. Stato, V, 19 febbraio 1997, n. 178).
Ne consegue che la ricorrente aveva senz’altro l’obbligo di vigilare sul personale della ditta RI.A.S. anche al fine di controllare se il rapporto di lavoro degli operai fosse in regola con la normativa contributiva e previdenziale e, qualora, extracomunitari, se fossero provvisti di valido permesso di soggiorno.
L’omessa comunicazione all’appaltatore del contratto di nolo a caldo stipulato con altra impresa e la presenza sul cantiere di operai, sia pure dipendenti della RI.A.S., privi di permesso di soggiorno e non in regola con la normativa lavoristica e previdenziale determina ancora prima che la fattispecie di cui all’art. 75, co. 1 lett. e) del d.P.R. 554/1999 la fattispecie di cui alla lett. f) avendo la ricorrente commesso una evidente grave negligenza nell’esecuzione del subappalto relativo al subcomprensorio n. 4.
Le cause di esclusione di cui all’art. 75 d.P.R. 554/1999 determinano l’impossibilità di partecipare alle procedure di affidamento di appalti e concessioni nonché di stipulare i relativi contratti per fatti indicativi di una complessiva inaffidabilità dell’impresa, assunti per questo ad elementi sintomatici di un’inidoneità a contrarre con una amministrazione pubblica.
L’art. 2 d.lg. 163/2006, infatti, indica che l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto, tra l’altro, del principio di correttezza.
Se la finalità della norma di cui all’art. 75 d.P.R. 554/1999 è quella di precludere a determinati soggetti - che, per il venire in essere di una delle situazioni tipizzate dalla norma, sono ritenuti non idonei - l’esecuzione di lavori pubblici, è indubbio che la fattispecie deve trovare applicazione anche nei confronti del subappaltatore precludendo allo stesso la possibilità di stipulare contratti sia di appalto che di subappalto con una pubblica amministrazione o stazione appaltante.
D’altra parte, seguendo il descritto itinerario logico, l’art. 118, co. 2, del d.lg. 163/2006 ha subordinato l’affidamento in subappalto o in cottimo anche ad una dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso dei requisiti generali di cui all’art. 38, requisiti che in gran parte ricalcano le fattispecie previste dall’art. 75 d.P.R. 554/1999 e che, in particolare, escludono la possibilità di stipulare contratti di lavori pubblici per i soggetti che, secondo motivata valutazione della stazione appaltante, hanno commesso grave negligenza o malafede nell’esecuzione delle prestazioni affidate.
In definitiva, il Collegio ritiene che, sulla base dei fatti rilevati, la Impregica Costruzioni S.r.l., da un lato, abbia commesso una grave negligenza nell’aver stipulato un contratto di nolo a caldo con altra impresa senza informare quantomeno l’appaltatore del nome del subcontraente, dell’importo e dell’oggetto del contratto, dall’altro, non abbia vigilato sull’esecuzione della prestazione da parte del proprio contraente e, in particolare, sulla posizione lavoristica dei dipendenti di quest’ultimo che hanno eseguito la prestazione.
Di talché, una volta che l’amministrazione ha valutato, ragionevolmente, il venire in essere di una delle fattispecie previste dall’art. 75, co. 1, del d.P.R. 554/1999, la revoca si è presentata sostanzialmente come atto dovuto non solo con riferimento al subappalto relativo al subcomprensorio n. 4, in relazione al quale si è verificata la grave negligenza, ma anche con riferimento all’altro subappalto, atteso che la incapacità di cui all’art. 75 d.P.R. 554/1999 non ha carattere particolare e propaga i propri effetti almeno alle prestazioni affidate dalla stazione appaltante che bandisce la gara, così come ora può evincersi dalla lett. f) dall’art. 38 d.lg. 163/2006.
Di qui l’infondatezza delle censure di carattere sostanziale proposte dalla ricorrente.
3.2 Con il ricorso introduttivo del giudizio, Impregica Costruzioni S.r.l. ha impugnato la revoca anche con censure di carattere procedimentale.
In particolare, ha dedotto che:
il provvedimento sarebbe viziato per la violazione del principio del contrarius actus atteso che la revoca dovrebbe essere adottata con le stesse forme e le stesse modalità procedimentali previste per l’atto da revocare;
il provvedimento sarebbe viziato per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento ex art. 7 l. 241/1990;
la motivazione del provvedimento si fonderebbe esclusivamente sul contenuto di due note commissariali, mai comunicate alla ricorrente, che avrebbero dovuto essere allegate o quantomeno rese disponibili;
l’atto avrebbe omesso di indicare il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere. Le doglianze sono infondate.
3.2.1 Il principio del contrarius actus, secondo il quale l’atto di secondo grado deve seguire il medesimo procedimento del provvedimento annullato, subisce alcune limitazioni in relazione ad ipotesi in cui la peculiare natura del vizio o della sopravvenienza renderebbe irragionevole la pedissequa applicazione di tale regola. In tale ottica, è stato affermato che l’intervento degli organi che hanno partecipato al procedimento culminato nell’emanazione dell’atto originario è superfluo nei casi di annullamento in autotutela o di revoca per motivi non coinvolgenti profili la cui valutazione è rimessa alla competenza di tali organi (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, V, 24 gennaio 2007, n. 660).
Nel caso di specie, la revoca è stata disposta per fatti che prescindono totalmente dai profili rimessi alla competenza del Direttore dei lavori e del responsabile del procedimento, organi intervenuti nel procedimento di primo grado, per cui la mancata partecipazione di tali organi al procedimento di secondo grado non pregiudica la legittimità del provvedimento di revoca.
3.2.2 L’omessa comunicazione di avvio del procedimento non determina l’illegittimità della revoca.
In un procedimento di autotutela, siccome avviato d’ufficio, è dovuto, ai sensi dell’art. 7 l. 241/1990, l’avviso di avvio del procedimento ai soggetti nei cui confronti il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti.
Tuttavia, l’art. 21 octies, co. 2, l. 241/1990 ha previsto che non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato; il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Il provvedimento di revoca adottato nel caso di specie ha carattere discrezionale, sub specie di discrezionalità tecnica, nella verifica della sussistenza dei suoi presupposti, mentre, una volta valutata l’esistenza della fattispecie prevista dalla norma, costituisce atto dovuto ai sensi dell’art. 75 d.P.R. 554/1999.
Il Collegio, rilevato che la valutazione sulla sussistenza dei presupposti operata dall’amministrazione procedente è del tutto ragionevole, ritiene che il contenuto del provvedimento, anche con l’intervento nel procedimento del suo diretto destinatario, non avrebbe potuto essere diverso da quello adottato, sicché, trovando applicazione la norma di cui all’art. 21, co. 2, octies l. 241/1990, l’omessa comunicazione di avvio del procedimento non è circostanza idonea a dare conto dell’illegittimità dell’atto.
3.2.3 La revoca è motivata per relationem con il richiamo alla nota del Commissario del Commissario delegato del 17.12.2005 ed al parere legale di cui alla nota del 6.12.2005.
L’atto richiamato per relationem non deve essere necessariamente unito al documento, essendo sufficiente che lo stesso possa essere acquisito utilizzando il procedimento di accesso ai documenti.
In altri termini, il concetto di disponibilità di cui all’art. 3, co. 3, l. 241/1990 determina che la motivazione del provvedimento deve essere portata nella sfera di conoscibilità legale del destinatario, sicché nella motivazione per relationem è sufficiente che siano espressamente indicati gli estremi dell’atto richiamato, mentre non è necessario che lo stesso sia allegato, dovendo essere messo a disposizione su istanza di parte (ex multis: T.A.R. Lazio, Roma, II, 2 settembre 2005, n. 6534).
3.2.4 L’omessa indicazione nell’atto impugnato del termine e dell’autorità cui è possibile ricorrere, inoltre, si configura come mera irregolarità e non rende l’atto illegittimo, potendo al limite consentire l’attribuzione al ricorrente del beneficio dell’errore scusabile per l’eventuale rimessione in termini nel caso in cui il ricorso sia stato proposto oltre il termine di decadenza (ex multis: Cons. Stato, VI, 16 maggio 2006, n. 2763).
3.3 Va da sé, infine, che alla revoca dell’autorizzazione al subappalto a suo tempo concessa segue il diniego dell’ampliamento dell’autorizzazione.
Pertanto, trattandosi di atto vincolato, non assume rilievo l’omesso preavviso di rigetto previsto dall’art. 10 bis l. 241/1990, atteso che, ai sensi dell’art. 21 octies, co. 2, prima parte, non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme
sul procedimento qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
4. All’infondatezza delle censure dedotte segue l’infondatezza del ricorso che va di conseguenza respinto.
5. Sussistono giuste ragioni, considerate la complessità e la parziale novità delle questioni trattate, per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti. P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Prima Sezione di Roma, respinge il ricorso in epigrafe.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 ottobre 2008.
Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxxx Presidente Xxxx. Xxxxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxx
Depositata in Segreteria in data 12 novembre 2008.