Indice
“Azioni e obbligazioni”
Xxxx. Xxxxxxxxx Xxxxxxx
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1 LE PARTECIPAZIONI E LE AZIONI 3
3 LIMITI ALLA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI 8
4 L’ACQUISTO DI AZIONI PROPRIE 10
5 USUFRUTTO, PEGNO E SEQUESTRO DI AZIONI 12
8 IL PROCEDIMENTO DI EMISSIONE E DI RIMBORSO 16
9 LE OBBLIGAZIONI CONVERTIBILI IN AZIONI 17
10 L’ASSEMBLEA DEGLI OBBLIGAZIONISTI 19
11 IL RAPPRESENTANTE COMUNE DEGLI OBBLIGAZIONISTI 21
1 Le partecipazioni e le azioni
Le azioni rappresentano la partecipazione del socio al capitale sociale e la sua posizione contrattuale nella società (art. 2346 c.c.). Il capitale sociale sottoscritto è diviso in un determinato numero di azioni di identico ammontare, ciascuna delle quali attribuisce i medesimi diritti nella società e verso la società ed è indivisibile, rappresentando l’unità minima di partecipazione al capitale sociale e l’unità di misura dei diritti sociali (art. 2347 c.c.).
A ogni socio è assegnato un numero di azioni in proporzione al capitale sociale sottoscritto per un valore non superiore a quello del suo conferimento (art. 2346, co. 4 c.c.), ma le parti possono prevedere nello statuto sociale diverse modalità di assegnazione delle azioni, in deroga al principio di proporzionalità. Il valore complessivo dei conferimenti non può però mai essere inferiore all’ammontare globale del capitale sociale e le azioni non possono essere complessivamente emesse per somma inferiore al loro valore nominale. È ammessa l›emissione con soprapprezzo, cioè a un prezzo superiore al loro valore nominale.
Il valore di mercato delle azioni è il loro prezzo corrente che, in una certa data si forma in base alla domanda e all’offerta e che non coincide necessariamente con il valore patrimoniale della società, in quel determinato periodo, a causa dell’incidenza di fattori esterni di mercato e di fattori economici interni della società, anche nella proiezione futura.
Le azioni attribuiscono ai loro titolari un complesso unitario di diritti e poteri di natura amministrativa (diritto di intervento e di voto in assemblea, diritto di impugnare le delibere assembleari invalide) e di natura patrimoniale (diritto agli utili, diritto alla quota di liquidazione) e anche diritti con contenuto complesso amministrativo e patrimoniale, quali il diritto di opzione, il
diritto di recesso, il diritto all’assegnazione di azioni gratuite. Le azioni, oltre a essere di eguale valore, devono conferire ai loro possessori i medesimi diritti, tuttavia il codice civile prevede anche la possibilità di creazione di categorie di azioni fornite di diritti diversi (art. 2348 c.c.). L’azionista può esercitare alcuni diritti indipendentemente dal numero di azioni possedute, ma i diritti più significativi spettano e vengono esercitati in proporzione al numero di azioni possedute.
2 Le azioni speciali
Sono quelle che, conferendo particolari diritti ai titolari formano determinate categorie caratterizzate dall’omogeneità dei diritti attribuiti. L’esistenza di categorie speciali di azioni, comporta di necessità la presenza di gruppi diversi di azionisti con interessi divergenti tra loro, che il legislatore si è preoccupato di tutelare, stabilendo all’art. 2376 c.c. che le deliberazioni dell’assemblea generale dei soci che pregiudichino i diritti di una categoria di azioni speciali, sono soggette ad una doppia approvazione: quella dei soci ordinari e quella dei soci della categoria interessata. Si tratta, infatti di diritti di gruppo e non di diritti individuali.
Appartengono alle categorie di azioni speciali:
a) le azioni a voto plurimo, anche per particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni, non meramente potestative, secondo quanto previsto dallo statuto. Ciascuna azione a voto plurimo può avere fino ad un massimo di tre voti (art. 2351, co. 4 c.c.);
b) le azioni con voto limitato a particolari argomenti o subordinato al verificarsi di particolari condizioni o addirittura prive del tutto del diritto di voto (art. 2351 co. 2) il cui valore complessivo non può superare la metà del capitale sociale, per evitare che una minoranza di azionisti possa governare la società a scapito di una maggioranza di azionisti allettati, magari, dal minor costo al quale vengono emesse tali azioni;
c) le azioni di godimento, che vengono emesse alla società quando a seguito di una riduzione del capitale il rimborso agli azionisti estratti viene effettuato al valore nominale, causando agli stessi la perdita del maggior valore costituito dalla riserve. In tal caso vengono assegnati a tali azionisti le cd azioni di godimento in base alle quali avranno diritto non solo di partecipare alla ripartizione degli utili annuali che residuano dopo il pagamento alle azioni non rimborsate di un dividendo pari all’interesse legale, ma anche di ottenere al momento dello scioglimento della società, la differenza fra il valore nominale delle azioni e quello reale che le stesse hanno a tale momento. Così recuperando in pieno il danno subito al momento del rimborso al valore nominale;
d) le azioni privilegiate, che attribuiscono ai loro titolari un diritto di preferenza nella distribuzione degli utili, nel rimborso del capitale al verificarsi dello scioglimento della società e nell’incidenza nelle perdite (art. 2348, co. 2 c.c.). Tale preferenza può essere prevista anche nel rimborso del capitale al momento dello scioglimento della società;
e) le azioni di risparmio che, prive del diritto di voto, conservano privilegi di natura patrimoniale e possono essere emesse unicamente da società le cui azioni ordinarie sono quotate in mercati regolamentati italiani o di altri Paesi dell’Unione Europea. Il loro valore complessivo non può essere superiore, unitamente alle azioni a voto limitato, alla metà del capitale sociale e non comportano il diritto di voto né nelle assemblee ordinarie, né in quelle straordinarie. L’atto costitutivo determina il
contenuto dei privilegi indicando, per il loro esercizio, le condizioni, i limiti, le modalità e i termini.
3 Limiti alla circolazione delle azioni
Le azioni sono, in linea generale, liberamente trasferibili, ma lo statuto può contenere determinate clausole che ne subordinano il trasferimento per atto tra vivi o a causa di morte a particolari condizioni (art. 2355-bis c.c., comma 1) o addirittura al mero gradimento degli organi sociali o di altri, purché sia previsto l’obbligo di acquisto da parte della società o degli altri soci, ovvero il diritto di recesso dell’alienante, rimanendo ferme per la società le limitazioni all’acquisto di azioni proprie. Lo statuto può stabilire addirittura il divieto assoluto della circolazione delle azioni, per un periodo non superiore a cinque anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto (art. 2355-bis, co. 2).
Le limitazioni statutarie alla circolazione hanno efficacia reale e vincolano tutti i soci, presenti e futuri. Non sono previste formulazioni precise, ma le più comuni sono:
a) le clausole di prelazione, che impongono al socio di offrire preventivamente agli altri soci le azioni che intende alienare e di preferire questi agli altri offerenti a parità di condizioni. In caso di violazione, il trasferimento è inefficacie nei confronti della società e dei soci, che possono riscattare le azioni nei confronti dell’acquirente;
b) le clausole di gradimento, che subordinano l’efficacia del trasferimento al consenso di un organo sociale, di alcuni soci o di terzi, ovvero al possesso da parte dell’acquirente di particolari requisiti;
c) le clausole di riscatto, che consentono alla società di riscattare le azioni dai soci al verificarsi di determinati eventi (ad es. la morte del socio).
Le clausole statutarie limitative della circolazione possono essere introdotte, modificate ovvero rimosse anche durante la vita della società. Tale inserimento, modifica o rimozione devono essere però deliberati dall’assemblea straordinaria riconoscendo, salvo diversa previsione dello statuto, il diritto di recesso ai soci che non hanno concorso all’approvazione della delibera (art. 2437, 2° comma, lett. b).
I limiti alla circolazione delle azioni possono anche essere il frutto di accordi extra-sociali intercorsi fra i soci ed essere inseriti in patti parasociali, che producono effetti solo tra le parti aderenti. Si pensi ai sindacati di blocco, che hanno lo scopo di evitare l’ingresso in società di terzi non graditi e che vincolano unicamente i contraenti (efficacia obbligatoria).
La violazione di un patto parasociale non comporta l’invalidità dell’alienazione o comunque della cessione delle azioni, con la conseguenza che la società non può rifiutare l’iscrizione del socio subentrante nel libro dei soci, ma sorge a carico dell’inadempiente l’obbligo del risarcimento dei danni nei confronti degli altri soci appartenenti al sindacato.
4 L’acquisto di azioni proprie
La società in nessun caso può sottoscrivere proprie azioni (art. 2357-quater, c.c.), ma può acquistarne solo se interamente liberate e solamente nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato regolarmente (art. 2357 c.c.). L’acquisto può essere effettuato solo dopo la delibera autorizzativa da parte dell’assemblea, che fissa le modalità di acquisto, il numero massimo di azioni da acquistare, la durata per la quale l’autorizzazione è accordata (massimo diciotto mesi), il prezzo minimo e quello massimo.
Le somme impiegate per l’acquisto delle azioni proprie non possono eccedere l’ammontare degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato e devono essere interamente liberate. Le azioni acquistate in violazione di quanto sopra devono essere alienate entro un anno dal loro acquisto, secondo modalità stabilite dall’assemblea.
I suddetti limiti trovano, però, all’art. 2357-bis c.c., le seguenti quattro eccezioni:
a) quando l’acquisto delle azioni proprie avviene in esecuzione di una delibera assembleare di riduzione del capitale attraverso il riscatto e l’annullamento delle azioni;
b) quando l’acquisto avviene a titolo gratuito, sempre che si tratti di azioni interamente liberate;
c) quando l’acquisto avviene per effetto di una fusione, scissione, oppure per una
successione universale;
d) quando l’acquisto avviene in occasione di una esecuzione forzata al fine del soddisfacimento per un credito della società, sempre che si tratti di azioni interamente liberate.
L’art. 2357-ter c.c. prevede, per le azioni proprie, che il diritto di voto sia sospeso nel periodo in cui le azioni appartengono alla società. Gli amministratori non possono disporre delle azioni senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, la quale dovrà stabilire anche le relative modalità. L’autorizzazione alla rivendita può essere tuttavia contestuale all’autorizzazione all’acquisto, in modo che gli amministratori possano procedere ad operazioni incrociate di acquisto e vendita nei limiti della delibera autorizzativa.
5 Usufrutto, pegno e sequestro di azioni
Le azioni possono essere oggetto di usufrutto, pegno e sequestro (art. 2352 c.c.). Salvo patto contrario, nei casi di usufrutto o di pegno delle azioni, al creditore pignoratizio e all’usufruttuario spetta l’esercizio del diritto di voto; tale diritto spetta al custode nell’ipotesi in cui le azioni fossero poste sotto sequestro. Se le azioni attribuiscono un diritto di opzione, questo deve essere esercitato dal socio e allo stesso socio sono attribuite le azioni in base all’esercizio dell’opzione. Qualora, però, il socio non provveda almeno tre giorni prima della scadenza al versamento delle somme necessarie per l’esercizio del diritto di opzione, tale diritto viene offerto agli altri soci. Se costoro non intendono esercitarlo, il diritto di opzione deve essere alienato per conto del socio che non lo ha esercitato oppure a mezzo banca o intermediario autorizzato alla negoziazione dei titoli nei mercati regolamentati.
Nel caso di aumento di capitale sociale attuato mediante il passaggio di riserve a capitale, il pegno, l’usufrutto o il sequestro si estendono anche alle azioni di nuova emissione. Se l’aumento è oneroso, nel caso di pegno il socio deve provvedere al versamento delle somme necessarie almeno tre giorni prima della scadenza e se il socio non esegue i versamenti dovuti, il creditore pignoratizio può vendere le azioni a mezzo banca o intermediario autorizzato alla negoziazione dei titoli nei mercati regolamentati.
Nel caso di usufrutto, invece, l’usufruttuario deve provvedere al versamento, salvo a far valere il suo diritto alla restituzione al termine dell’usufrutto. Se l’usufrutto spetta a una pluralità di
persone, i diritti legati all’azione non possono essere esercitati da tutti gli usufruttuari, ma si deve provvedere alla nomina di un rappresentate comune.
Il titolo costitutivo del pegno o dell’usufrutto stabilisce a chi spettano i diritti diversi; se il titolo non contiene alcuna precisazione, i diritti diversi da quelli di voto, agli utili e di opzione spettano tanto al socio, quanto al creditore pignoratizio, ovvero all’usufruttuario; in caso, invece, di sequestro dei titoli, la competenza spetta esclusivamente al custode sequestratario.
6 Le obbligazioni
Le obbligazioni (artt. 2410 e segg. c.c.) sono titoli di credito nominativi o al portatore, emessi da una s.p.a. o da una s.a.p.a., che attribuiscono ai loro possessori un diritto di credito nei confronti della società. La deliberazione di emissione delle obbligazioni deve risultare da apposito verbale redatto da un notaio ed essere depositata e iscritta presso l’ufficio del registro delle imprese. I soggetti sottoscrittori delle obbligazioni, allo scadere del prestito, hanno diritto alla restituzione del capitale e al pagamento degli interessi. Tale pagamento può essere, in tutto o in parte, subordinato alla soddisfazione dei diritti di altri creditori della società (obbligazioni subordinate). Per quanto concerne in particolare gli interessi vengono corrisposti con cadenza semestrale o annuale.
7 Limiti all’emissione
Il legislatore ha previsto, relativamente all’emissione delle obbligazioni, alcuni limiti, dettati dalla necessità di garantire il rimborso delle somme oggetto del prestito (art. 2412 c.c.). E cosi la società non può emettere obbligazioni al portatore o nominative per una somma che, complessivamente, ecceda il doppio della somma del capitale sociale sottoscritto, la riserva legale e le riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato, salvo che:
a) le obbligazioni emesse in eccedenza siano destinate alla sottoscrizione da parte di investitori professionali sottoposti a vigilanza prudenziale in conformità a norme di leggi di carattere speciale;
b) le obbligazioni siano garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà della società, sino a due terzi del loro valore;
c) ricorrano particolari ragioni che interessano l’economia nazionale indicate in apposito provvedimento governativo.
8 Il procedimento di emissione e di rimborso
L’emissione di obbligazioni deve risultare, in mancanza di diversa disposizione della legge o dello statuto, da delibera degli amministratori verbalizzata da un notaio, il quale provvede, dopo avere esperito il controllo di legalità, all’iscrizione della delibera presso l’ufficio del registro delle imprese affinché possa produrre effetti. Le obbligazioni emesse devono risultare, nel loro ammontare e tipologia, in un apposito libro in cui vengono annotate sia quelle progressivamente estinte, sia i titolari delle obbligazioni nominative, sia i trasferimenti ed eventuali vincoli.
L’art. 2414 c.c., elenca i dati e le notizie che i titoli obbligazionari, secondo la disciplina dell’emissione del prestito obbligazionario, devono indicare e la cui mancanza rende il titolo invalido.
Il rimborso delle obbligazioni può avvenire a scadenza fissa oppure secondo un piano di ammortamento che garantisce un rimborso graduato nel tempo, eseguito sempre col metodo dell’estrazione.
La delibera di emissione contiene, oltre all’ammontare delle obbligazioni da rimborsare di volta in volta, anche la modalità di rimborso che avviene, secondo il dettato dell’art. 2420 c.c., col metodo dell’estrazione.
9 Le obbligazioni convertibili in azioni
L’art. 2420-bis detta la disciplina relativa all’emissione delle obbligazioni convertibili in azioni. Si tratta di particolari tipologie di obbligazioni che attribuiscono il diritto di sottoscrizione di azioni della medesima società (procedimento diretto) o di società collegata (procedimento indiretto) in base a un rapporto di cambio, già noto, utilizzando le somme versate al momento della sottoscrizione delle obbligazioni.
L’assemblea straordinaria è l’organo sociale competente per l’emissione di obbligazioni convertibili (art. 2420-bis, co. 1 c.c.) e la delibera, che può essere assunta solo se il capitale sociale risulta interamente versato, deve indicare sia il rapporto di cambio (numero di azioni conseguibili a fronte di un certo numero di obbligazioni), sia il periodo e le modalità della conversione. Contestualmente l’assemblea deve deliberare l’ aumento del capitale sociale per un ammontare pari a quello delle azioni destinate alla conversione (art. 2420-bis, co. 2 c.c.).
Il prestito obbligazionario e le sue modalità non possono essere modificati in corso di ammortamento, salva l’ipotesi di aumento gratuito del capitale o la sua riduzione per perdite.
Ai possessori delle obbligazioni convertibili viene riconosciuto, unitamente agli azionisti, il diritto di opzione in caso di delibera di aumento di capitale sociale a pagamento ovvero di altre emissioni di obbligazioni convertibili.
Nel momento in cui l’obbligazionista esercita il diritto di conversione, si risolve il rapporto di mutuo con la società originaria e l’obbligazionista ne diventa socio.
Se e fino a quando il diritto di conversione non viene esercitato, permane il rapporto di credito verso la società emittente e l’obbligazionista conserva il diritto all’ottenimento del rimborso dell’obbligazione in base all’originario piano di ammortamento.
10 L’assemblea degli obbligazionisti
L’assemblea degli obbligazionisti (art. 2415 c.c.), che è composta dai sottoscrittori del debito obbligazionario, e cessa la sua attività con l’estinzione dei titoli (pagamento o conversione) ha il potere di: a) nominare il rappresentante comune e revocarlo; b) prestare il consenso alla modifica delle condizioni del prestito; c) decidere sulla proposta di amministrazione controllata e di concordato; d) costituire un fondo destinato alle spese necessarie per la tutela dei comuni interessi e per il rendiconto relativo; e) decidere sugli altri oggetti d’interesse comune degli obbligazionisti.
L’assemblea degli obbligazionisti, a cui possono partecipare gli amministratori e i sindaci, si riunisce su convocazione degli amministratori o del rappresentante comune degli obbligazionisti (art. 2415, co. 2 c.c.) quando lo ritenga necessario o ne è fatta richiesta da un numero di obbligazionisti che rappresentino almeno il ventesimo dei titoli emessi.
I componenti dell’organo amministrativo e quelli dell’organo di controllo della società emittente hanno solo il diritto di intervento in assemblea. Al contrario, hanno diritto di intervento e di voto in assemblea tutti i possessori di obbligazioni non ancora estinte, anche se già scadute. Anche il rappresentante comune degli obbligazionisti ha diritto di intervenire in assemblea. Se l’atto costitutivo non dispone diversamente, l’obbligazionista può farsi rappresentare in assemblea: la delega deve essere conferita per iscritto, da conservare agli atti della società.
All’assemblea degli obbligazionisti si applicano le disposizioni relative all’assemblea straordinaria dei soci e le relative deliberazioni sono iscritte, a cura del notaio che ha redatto il verbale, nel registro delle imprese. Per la validità delle deliberazioni relative alla modifica delle
condizioni del prestito, è necessario che, anche in seconda convocazione, vi sia il voto favorevole degli obbligazionisti che rappresentino almeno la metà delle obbligazioni emesse e non estinte. Le deliberazioni prese dall’assemblea degli obbligazionisti sono impugnabili ai sensi dell’art. 2415, co. 3 c.c.
11 Il rappresentante comune degli obbligazionisti
L’assemblea degli obbligazionisti può scegliere quale rappresentante comune (art. 2417 c.c.) un obbligazionista o un terzo estraneo, nonché persone giuridiche autorizzate all’esercizio dei servizi di investimento e società fiduciarie, con esclusione degli amministratori, dei sindaci, dei dipendenti della società debitrice e coloro che si trovano nelle condizioni di incompatibilità indicate dall’art. 2399 c.c.
Il rappresentante comune dura in carica tre esercizi sociali e può essere rieletto. L’assemblea degli obbligazionisti ne fissa il compenso e qualora non vi provveda, il rappresentante può chiederne la determinazione in via giudiziaria. Egli deve richiedere l’iscrizione nel registro delle imprese entro trenta giorni dalla notizia della sua nomina; provvedere all’esecuzione delle deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti; tutelare gli interessi comuni degli obbligazionisti nei rapporti con la società; assistere alle operazioni di sorteggio delle obbligazioni.
Il rappresentante comune risponde per responsabilità contrattuale nei confronti degli obbligazionisti, per comportamenti che abbiano cagionato loro danni. Egli cessa dall’incarico per la scadenza del termine, rinuncia o revoca da parte dell’assemblea degli obbligazionisti, anche se la sua nomina è avvenuta con decreto del tribunale.