NEI PRINCIPALI CONTRATTI COLLETTIVI DEL SETTORE TERZIARIO E DEI SERVIZI.
(SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE, DECLARATORIE, PROFILI, FORMAZIONE, SVILUPPO DI CARRIERA, MOBILITA’ ORIZZONTALE E RUOLI CHIAVE)
NEI PRINCIPALI CONTRATTI COLLETTIVI DEL SETTORE TERZIARIO E DEI SERVIZI.
A cura di XXXXXXX XXXXXX
INDICE | ||
Premessa | 5 | |
CAPITOLO PRIMO | I QUADRI E LA LEGGE | 7 |
CAPITOLO SECONDO | I QUADRI DIRETTIVI NEL SETTOREDEL CREDITO | 9 |
1. La categoria dei Funzionari | 10 | |
2. L’introduzione della categoria dei Quadri (CCNL Assicredito 30/4/87) | 10 | |
3. La riforma del 1994 | 12 | |
CAPITOLO TERZO | I SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE | 14 |
CAPITOLO QUARTO | LE DECLARATORIE DEI QUADRI | 17 |
1. In generale | 18 | |
2. Il settore ABI | 19 | |
CAPITOLO QUINTO | I PROFILI PROFESSIONALI | 23 |
1. Il quadro sinottico dei profili professionali | 24 | |
2. Osservazioni su aspetti particolari di alcuni CCNL | 29 | |
2.1. CCNL Telecomunicazioni e CCNL ENEL | 29 | |
2.2. CCNL Commercio e Servizi | 29 | |
2.3. CCNL Scuola Pubblica | 30 | |
2.4. CCNL Ente POSTE | 30 | |
2.5. CCNL Sanità Pubblica | 31 | |
2.6. CCNL Ministeri | 32 | |
2.7. CCNL Assicurativi | 32 | |
3. Il CCNL ABI | 33 | |
4. I più diffusi requisiti professionali richiesti ai Quadri | 34 | |
4.1. responsabile di unità organizzative | 35 | |
4.2. responsabile della gestione delle risorse umane | 36 | |
4.3. progettisti | 37 | |
4.4. ispettori e verificatori | 37 | |
4.5. collaboratori | 37 | |
4.6. tecnici | 37 | |
4.7. elevazione progressiva dei requisiti specifici in relazione al cresce- re della qualifica corrispondente | 38 | |
5. La procedura contrattuale di individuazione dei profili professionali e- mergenti | 39 | |
5.1. l’organizzazione del lavoro e i ruoli professionali sono sempre più dinamici | 39 | |
5.2. ampiezza e staticità dei sistemi di classificazione contenuti nei vari CCNL | 39 | |
5.3. necessità conseguente di rendere dinamici i sistemi di classific a- zione | 40 | |
5.4. le diverse soluzioni contenute nei CCNL | 40 | |
5.5. i limiti delle soluzioni esistenti | 41 | |
5.6. la soluzione che si propone | 41 | |
6. Le regole di individuazione dei nuovi profili e il problema delle lacune contrattuali | 43 | |
CAPITOLO SESTO | LA PROFESSIONALITÀ DINAMICA DEI QUADRI | 44 |
1. Le declaratorie e i profili professionali | 45 | |
2. La formazione continua | 45 | |
2.1. è disciplinata solo in 3 CCNL: Ministeri, Sanità e ABI | 45 | |
2.2. le principali caratteristiche della formazione | 46 | |
2.3. in particolare: il settore Abi | 48 | |
2.3.1. la formazione attualmente svolta nelle banche | 48 | |
2.3.2. necessità di adeguare la formazione in banca ai nuovi mo- delli incentrati sull’adulto che apprende | 49 | |
2.3.3. la formazione continua e il sindacato | 50 | |
2.4. la formazione nel CCNL Assicurativi | 51 | |
2.5. osservazioni finali | 52 | |
3. Lo sviluppo professionale e di carriera: il CCNL ABI | 53 | |
4. La mobilità orizzontale dei lavoratori | 54 | |
4.1. la legge | 54 | |
4.1.1. l’interpretazione statica | 55 | |
4.1.2. le interpretazioni dinamiche | 56 | |
4.2. i CCNL | 56 |
4.2.1. il quadro sinottico sulla mobilità orizzontale | 56 | |
4.2.2. le 2 principali tipologie ricavabili dall’analisi dei CCNL | 58 | |
4.3. l’interpretazione delle disposizioni contrattuali in riferimento alla tu- tela dinamica della professionalità | 59 | |
4.3.1. alcuni principi aggiuntivi a livello interpretativo | 59 | |
4.3.2. l’interpretazione delle disposizioni contrattuali | 60 | |
4.3.3. in particolare del settore il Credito | 61 | |
5. Osservazioni conclusive sulla professionalità dinamica dei Quadri | 63 | |
5.1. in generale | 63 | |
5.2. il CCNL ABI | 64 | |
5.3. considerazione finale | 66 | |
CAPITOLO SETTIMO | RUOLI CHIAVE E POSIZIONI ORGANIZZATIVE | 67 |
1. I CCNL | 68 | |
1.1. l’innovazione e i ruoli chiave | 68 | |
1.2. la parte normativa | 68 | |
1.3. la parte retributiva | 69 | |
1.4. il ruolo del sindacato | 70 | |
1.4.1. i CCNL Sanità e Ministeri | 70 | |
1.4.2. il CCNL ABI | 71 | |
2. L’attuazione a livello decentrato: i risultati dell’indagine condotta nel set- tore ABI | 72 | |
2.1. necessità di un secondo livello per la loro introduzione effettiva | 72 | |
2.2. finalità e oggetto dell’indagine | 73 | |
2.3. la dimensione del campione | 74 | |
2.4. la procedura seguita | 74 | |
2.5. i livelli dei ruoli chiave | 74 | |
2.6. il numero dei lavoratori ai quali è attribuito un ruolo chiave | 75 | |
2.7. le figure professionali relative ai ruoli chiave | 75 | |
2.7.1. la comparazione sull’intero campione | 75 | |
2.7.2. l’esclusione dal confronto di alcuni profili generici | 76 | |
2.7.3. le principali osservazioni sulle figure professionali | 76 | |
2.8. il trattamento economico dei ruoli chiave | 77 | |
2.8.1. i valori dell’indennità di funzione: il confronto verticale (tra le 18 banche del campione) | 77 | |
2.8.2. i valori dell’indennità di funzione: il confronto orizzontale (a livello di singola banca) | 78 | |
3. Osservazioni finali sui ruoli chiave | 79 | |
3.1. in generale | 79 | |
3.1.1. loro introduzione recente | 79 | |
3.1.2. gli universi di riferimento | 80 | |
3.1.3. gli aspetti retributivi | 80 | |
3.1.4. la procedura di individuazione dei ruoli chiave | 81 | |
3.2. il settore ABI | 81 | |
3.2.1. prima applicazione sostanzialmente limitata al solo livello economico più elevato | 81 | |
3.2.2. situazioni eterogenee circa i numeri e la distribuzione dei ruoli chiave | 82 | |
3.2.3. il trattamento economico e i livelli dei ruoli chiave | 82 | |
3.2.4. la procedura di fatto seguita e la posizione delle banche | 83 | |
CAPITOLO OTTAVO | GLI ASPETTI RETRIBUTIVI. IN PARTICOLARE IL SISTENA INCENTIVANTE | 84 |
1. Non effettuazione di un’analisi completa | 85 | |
2. Il sistema incentivante nel settore del credito | 85 | |
2.1 la sua introduzione è una facoltà aziendale | 86 | |
2.2. è un istituto diverso rispetto al premio aziendale | 86 | |
2.3. oggettività e trasparenza degli elementi | 87 | |
2.4. considera anche i contributi indiretti | 87 | |
2.5 il sistema deve essere per gruppi omogenei e non di tipo individuale | 88 | |
2.6. il coinvolgimento partecipativo del sindacato | 90 | |
2.7. l’obiettivo deve essere raggiungibile e non stressante | 92 | |
2.8. il sistema deve garantire uguali posizioni di partenza a tutti | 93 | |
2.9. premiare tutti i gruppi che migliorano | 94 | |
Bibliografia | 95 |
PREMESSA
La categoria dei quadri assume, nell’attuale società della conoscenza, un rilievo sempre maggiore.
Questo vale, in linea generale, per il settore terziario e dei servizi e, in particolare, per quello del credito.
Il ruolo da essa svolto in quest’ultimo comparto risulta, poi, anche maggiore per la cre- scente centralità che è destinata a ricoprire all’interno dell’organizzazione del lavoro a li- vello aziendale e per la sua consistente dimensione qua ntitativa (circa il 30% del totale dei dipendenti).
La ragione principale è rappresentata dal rapido passaggio, tuttora in corso, dalla banca istituzione alla banca-impresa commerciale orientata al cliente e fondata sulla qualità dei servizi a loro erogati e, quindi e prima di tutto, su quella del lavoro.
Si è, così, ritenuto opportuno di effettuare una ricerca che
si propone di analizzare la disciplina della professionalità dei quadri a livello dei principali contratti collettivi del settore terziario e dei servizi. Speciale rilievo sarà riservata ai profili, ai ruoli chiave e alla professionalità dinamica.
A questo fine verranno esaminati, tra l’altro, i seguenti 11 CCNL:
1. ABI (BANCHE, CASSE DI RISPARMIO E PARABANCARIO)
2. ASSICURATIVI
3. COMMERCIO E SERVIZI
4. ELETTRICI: ENEL
5. TELECOMUNICAZIONI: (EX SIP, TELESPAZIO, ITALCABLE)
6. MINISTERI
7. SANITA’: COMPARTO PUBBLICO
8. SCUOLA: COMPARTO PUBBLICO (PERSONALE ATA, CIOE’ NON DOCENTE)
9. POLIZIA
10. ENTE POSTE ITALIANE
11. RADIOTELEVISIONE: AZIENDE PRIVATE.
Sarà, poi, prestata particolare attenzione al settore del credito, prendendo in esame anche i recentissimi interventi sulla nuova categoria dei quadri intermedi.
Si è, inoltre, ritenuto utile affrontare in via preliminare e necessariamente succinta alcuni argomenti considerati utili per una migliore comprensione sistematica dell’oggetto specifi- co di questo lavoro.
Essi sono i seguenti:
a. i quadri e la legge;
b. i quadri direttivi nel settore del credito: breve profilo storico pre-accordo di rinnovo ABI dell’11 luglio 1999;
c. i nuovi sistemi di classificazione;
d. le declaratorie dei quadri negli 11 CCNL presi in esame.
Due sono, fondamentalmente, gli obiettivi che ci si è proposti di realizzare:
a. inquadrare in maniera sistematica l’oggetto dell’indagine;
b. evidenziare gli aspetti che possano risultare di una qualche utilità pratica per l’attività negoziale a livello di settore e di azienda.
La natura comparata del presente lavoro costituisce una novità assoluta, dal momento che non esistono, a quanto ci consta, analoghi contributi precedenti. Essa ha, inoltre, una no- tevole ampiezza, che rende ancora più complessa la già non semplice attività di compara- zione. Attività che è resa ancor più difficoltosa dalla genericità o dalla specificità dei conte- xxxx di alcuni istituti, quali le declaratorie e i profili professionali.
Sotto il profilo metodologico si è cercato, nel limite del possibile, di mettere ordine fra si- tuazioni a volte solo apparentemente simili.
Si è, comunque, riusciti, alla fine, a formare delle categorie sistematiche, delle quali sono state indicate le relative caratteristiche ed entro cui sono stati, poi, ricondotti tutti i casi considerati.
Gli oggetti dell’analisi sono stati, conseguentemente, classificati all’interno di categorie omogenee, di cui sono state indicate le relative caratteristiche.
Da questo lavoro, spesso certosino, sono emerse delle indicazioni interessanti che abbia- mo evidenziato di volta in volta e che si prestano bene anche per un utilizzo di natura pra- tica.
Consci della oggettività complessità della materia e delle comparazioni, ci siamo sforzati di essere chiari e leggibili e di introdurre i vari tecnicismi solo ove ritenuto necessario, spie- gandone in ogni caso il loro significato.
CAPITOLO PRIMO
Il testo originario dell’art. 2095 c.c. distingue i lavoratori in tre categorie legali: dirigenti, im- piegati e operai.
L’art. 1 della legge 13 maggio 1985 n. 190 ne introduce – con apposita modifica di tale di- sposizione – una quarta: quella dei quadri, collocandola tra quella dei dirigenti e quella de- gli impiegati.
La ragione fondamentale che ha ispirato il legislatore è ben nota: l’incapacità del sistema di inquadramento unico di allora e di una politica retributiva eccessivamente egualitaristica di dare risposte concrete alle legittime aspettative dei lavoratori più professionalizzati.
E ciò proprio in un momento in cui, in seguito al sorgere del fenomeno della c.d. “rivoluzio- ne tecnologica”, una considerevole percentuale di lavoratori con mansioni di elevato con- tenuto traeva vantaggio dalla conseguente organizzazione del lavoro.
Essi vengono così ad occupare un ruolo sempre più centrale all’interno delle aziende, mentre si definiscono anche nuove professioni nate da funzioni, mestieri e servizi altretta n- to nuovi.
Questi lavoratori sono costretti entro angusti vincoli dalla tradizionale disciplina contrattua- le, che, per di più, in base al processo di allineamento economico e normativo culmi nato nel richiamato sistema di inquadramento unico, ne mortifica ulteriormente la posizione re- tributiva, normativa e di carriera. Ma la legge n. 190 si è limitata, tuttavia, a dare una defi- nizione quanto mai generale dei quadri, pur sottolineandone l’elevato valore professionale: “La categoria dei quadri è costituita dai prestatori di lavoro subordinato che, pur non ap- partenendo alla categoria dei dirigenti, svolgano funzioni con carattere continuativo di rile- vante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa” (art.2, 1° c.).
Conseguentemente dottrina e giurisprudenza consolidate non vi attribuiscono alcun con- tenuto prescrittivo.
In assenza di una nozione legale esaustiva per le parti sociali, la contrattazione collettiva, cui il successivo comma 2 fa esplicito rinvio ai fini della determinazione dei “requisiti di ap- partenenza”, svolge un ruolo fondamentale nel determinarne la nozione.
La stessa legge, ha, dunque, il merito di avere attribuito una importante funzione di pro- mozione a livello negoziale, legittimando in concreto la contrattazione collettiva: occasione che è stata colta puntualmente e tempestivamente in tutti i settori del lavoro.
CAPITOLO SECONDO
BREVE PROFILO STORICO PRE-ACCORDO DI RINNOVO DELL’ 11 LUGLIO 1999
1. LA CATEGORIA DEI FUNZIONARI.
Come è noto, il settore del credito è caratterizzato – assieme a quello assicurativo – dalla storica presenza di una ulteriore categoria di lavoratori di origine esclusivamente contrat- tuale: quella dei funzionari.
Essa è ricompresa tra gli impiegati ed i dirigenti e, con questi ultimi, fa parte del personale direttivo, la cui disciplina è regolata da appositi CCNL.
La sua introduzione – che è avvenuta addirittura durante il periodo corporativo (1926) – è stata fondamentalmente determinata da due interconnesse ragioni:
a. il carattere estremamente elitario della categoria dei dirigenti, che non raggiungeva neppure l’1% dell’insieme dei dipendenti del settore e che, normalmente, comprende- va solo i c.d. “alter ego” degli imprenditori;
b. la conseguente necessità di soddisfare le legittime e diffuse aspirazioni retributive, di carriera e di status di una consistente percentuale di lavoratori ad elevata professiona- lità e spesso collocati in posizioni di grande responsabilità.
2. L’INTRODUZIONE DELLA CATEGORIA DEI QUADRI (CCNL ASSICREDITO 30 aprile 1987).
Anche nel settore del credito la categoria dei quadri viene introdotta con la prima tornata contrattuale (1987) successiva al suo riconoscimento giuridico operato dalla legge n. 190, mantenendo contemporaneamente in essere quella dei funzionari.
Ciò perché le parti sociali avevano preso atto che, in conseguenza dei profondi mutamenti subiti dall’organizzazione del lavoro, erano emerse numerose posizioni professionali che meritavano un inquadramento e, conseguentemente, un trattamento retributivo superiore a quello del grado più elevato degli impiegati (capo ufficio).
Un primo passo in tale direzione è rappresentato dall’accordo ASSICREDITO del 18 gen- naio 1985, che attribuisce un trattamento economico aggiuntivo ad alcune posizioni di la- voro che si sarebbero dovute individuare in sede aziendale all’interno dei capi ufficio.
Nascono in tal modo i c.d. capi ufficio super (C.U.S.).
Analoghi accordi vengono poco dopo stipulati anche per i settori ACRI e FEDERCASSE.
La contrattazione decentrata attribuisce tale qualifica quasi esclusivamente in base al cri- terio della responsabilità gerarchica, riconoscendola di norma ai preposti ad un ufficio o ad altra struttura autonoma oppure ai vicepreposti o coadiutori nei casi in cui il responsabile appartenga ad una categoria superiore (funzionario o dirigente).
Poche sono, invece, le attribuzioni ai c.d. “professionals” (o tecnici), cioè a lavoratori che sono addetti a mansioni che richiedono per il loro espletamento un’alta professionalità e
un’ampia autonomia gestionale e che sono contemporaneamente sganciate da particolari responsabilità di tipo gerarchico.
Circa l’ambito soggettivo d’appartenenza alla categoria dei quadri, le parti contraenti ha n- no seguito un metodo che si articola in tre fasi fondamentali.
Nel CCNL viene innanzitutto individuata la declaratoria generale di inquadramento, vale a dire la definizione in astratto dell’insieme delle posizioni di lavoro che sono riconducibili al- la nuova categoria. Infatti il 1° c. dell’art. 7 recita: “La categoria dei quadri è costituita dal personale che – in posizione superiore agli impiegati con il grado di capo ufficio – sia sta- bilmente incaricato di svolgere mansioni che comportino particolari responsabilità gerar- chiche e/o funzionali, ovvero elevata preparazione professionale con facoltà di decisione nell’ambito delle direttive ricevute per il conseguimento degli obiettivi aziendali”.
Questa declaratoria, che conferma la collocazione gerarchica della categoria in esame al di sopra di quella degli impiegati, è una specificazione della generica definizione di quadro contenuta nella legge 190/1985.
Nello stesso CCNL si procede, in secondo luogo, alla definizione di alcuni profili professio- nali propri della categoria attraverso la ricezione della figura del C.U.S. (art.7, 2° c.).
Vi sono, pertanto, inquadrati in via automatica e permanente tutti coloro che ricoprivano ta- le posizione all’interno di ogni singola azienda alla data di entrata in vigore del CCNL (30/4/87).
Il passaggio da C.U.S. a quadro risulta particolarmente vantaggioso a livello normativo e retributivo in conseguenza della diversa natura giuridica delle due situazioni.
L’inquadramento a livello aziendale tra i C.U.S. e, quindi, il percepimento della relativa in- dennità, risultavano funzionalmente collegati, in base alla specifica normativa collettiva ed aziendale, all’effettivo esercizio delle corrispondenti mansioni.
Ciò significa che sia l’uno che l’altra erano riconosciuti per il solo periodo di effettivo eser- cizio di tali mansioni. Con la conseguenza che entrambi venivano revocati a partire dal momento in cui i lavoratori erano nuovamente adibiti a compiti di semplice capo ufficio.
Completamente diversa è, invece, la posizione del quadro: siccome quella di quadro è una categoria di inquadramento, la collocazione in essa del prestatore di lavoro deve in ogni caso considerarsi sin dall’inizio permanente e definitiva.
Infatti qualsiasi dipendente classificato in una categoria superiore (in questo caso: quadro direttivo in luogo di impiegato col grado di capo ufficio) ha l’indiscutibile diritto di conserva- re per sempre la qualifica più elevata successivamente conseguita e il relativo trattamento economico e normativo.
Alla contrattazione integrativa viene, in terzo luogo, affidato il compito di individuare, in ba- se alle specifiche realtà organizzative delle singole aziende, i profili professionali di appar-
tenenza alla nuova categoria che non risultino già contenuti direttamente a livello di CCNL (art.7, 4° c.).
Ai sensi del 2° comma dell’art. 7 la nuova categoria si articola in una qualifica, denominata “quadro”, e in un grado superiore a tale qualifica, denominato “quadro con grado” o “qua- dro super”; ai quadri e ai quadri super sono riconosciuti livelli retributivi differenziati.
Quello del quadro corrisponde ad un incremento annuo complessivo di retribuzione nei confronti di quella del capo ufficio pari, in media, a Lire 1.800.000.
Tale differenza aumenta, sempre in media, a Lire 2.760.000 per il quadro con grado.
Col successivo rinnovo del CCNL ASSICREDITO del 23 novembre 1990 la disciplina dei quadri (art. 9) rimane sostanzialmente inalterata, così come nei corrispettivi CCNL ACRI e FEDERCASSE.
3. LA RIFORMA DEL 1994.
Una sostanziale riforma è, invece, apportata dal CCNL ASSICREDITO del 19 dicembre 1994.
Esso, infatti, determina, innanzitutto, il passaggio storico da un modello di tipo gerarchico- burocratico, proprio della banca istituzione, ad uno del tutto diverso e coerente con le nuo- ve esigenze delle varie parti in una delicata fase iniziale di passaggio verso la c.d. banca- impresa.
A questo proposito gli stipulanti dichiarano espressamente di voler realizzare, con la inno- vativa classificazione dei lavoratori, un equilibrato bilanciamento tra le esigenze aziendali in continua evoluzione (in particolare quelle di una gestione funzionale e fungibile delle ri- sorse umane) e quelle dei lavoratori di ottenere un maggior riconoscimento della profes- sionalità, delle competenze e delle concrete capacità.
Il che determina, tra l’altro e prima di tutto, una radicale modifica della struttura dell’inquadramento dei quadri, che vengono inseriti nell’area professionale più elevata: la quarta, a loro riservata in via esclusiva; essa è a sua volta suddivisa in due diversi livelli retributivi.
La relativa disciplina (art. 17) può essere scomposta, schematicamente, nelle quattro parti che seguono:
1. una declaratoria assai più articolata della precedente;
2. una prima sotto -declaratoria relativa ai “professionals” (tecnici o esperti);
3. una seconda sotto-declaratoria relativa alle posizioni di lavoro di tipo gerarchico;
4. l’indicazione esemplificativa di taluni profili professionali relativi al primo e al secondo livello retributivo.
Tale disciplina sarà, poi, significativamente modificata da quella relativa alla nuova catego- ria dei quadri direttivi contenuta nell’accordo di rinnovo dell’ 11 luglio 1999, che sarà più dettagliatamente analizzata nei successivi capitoli.
CAPITOLO TERZO
Due sono le principali tipologie di classificazione dei CCNL in esame: 1) inquadramento unico suddiviso in livelli (da 6 a 9) (CCNL Telecomunicazioni, Televisioni Private, ENEL, Commercio e Servizi); 2) articolazione in macrocategorie professionali di tipo verticale (da 3 a 5) (tutti gli altri 7 CCNL, ad eccezione di quello della Polizia di stato).
Il CCNL della Polizia è quanto mai scarno in materia di inquadramento, in quanto com- prende esclusivamente una suddivisione del personale in 15 qualifiche (le quattro più ele- vate delle quali: vice questore aggiunto, commissario capo, commissario e vice commissa- rio, appartengono alla categoria dei quadri). Non esistono, pertanto, né declaratorie né profili professionali né ruoli chiave.
Per questa ragione esso non sarà più utilizzabile d’ora in avanti per i nostri fini.
In tutti i settori considerati i quadri sono collocati in posizione apicale all’interno dei contrat- ti degli operai e degli impiegati, come evidenziato dalla seguente tabella 1:
SISTEMA DI CLASSIFICAZIONE DEI LAVORATORI
Tabella 1
CCNL | TIPO DI ARTICOLAZIONE | COLLOCAZIONE QUADRI |
1) TELECOMUNICAZIONI | 8 LIVELLI | LIVELLO H |
2) TELEVISIONI PRIVATE | 9 LIVELLI | 8° E 9° LIVELLO |
3) ENEL | 8 LIVELLI | LIVELLO H |
4) COMMERCIO E SERVIZI | 6 LIVELLI + Q | AREA APPOSITA |
5) SCUOLA PUBBLICA (personale ATA) | 4 AREE | AREA D |
6) POSTE | 4 AREE | 3^ E 4^ AREA |
7) SANITA’ | 4 CATEGORIE | CATEGORIA D |
8) MINISTERI | 3 AREE | 3^ AREA |
9) ASSICURATIVI | 5 AREE | AREA A E PARTE DI QUELLA B |
10) ABI | 3 AREE + AREA QUADRI DIRETTIVI | ULTIMA AREA |
11) POLIZIA | 15 QUALIFICHE | PRIME QUATTRO QUALIFICHE |
L’articolazione in livelli sembra fare ancora riferimento a uno scenario sociale ed economi- co di tipo tradizionale, statico-burocratico, proprio di una fase storica oramai generalmente superata.
La suddivisione in macroaree o categorie professionali appare più coerente rispetto al mo- dello organizzativo post-fordista, attualmente prevalente in ogni settore dell’economia e del lavoro e fondato sull’azienda snella e piatta.
Con esso si passa dalla fase della staticità a quella della flessibilità e si trasformano in maniera sempre più diffusa sia il modo di lavorare sia i contenuti della professionalità con- creta.
La prestazione lavorativa modifica, conseguentemente, i propri aspetti caratterizzanti, ri- chiedendo in misura sempre maggiore fungibilità, flessibilità, adattabilità, collaborazione, cooperazione, autoregolazione nei ruoli e professionalità elevata, poliedrica e dinamica.
Con l’introduzione delle aree professionali le parti sociali hanno preso atto degli intervenuti mutamenti esterni.
Esse hanno così costruito un coerente modello di classificazione, cercando di bilanciare in maniera equilibrata le nuove e non ignorabili esigenze delle aziende (flessibilità e fungibili- tà), del sindacato (più ampio coinvolgimento partecipativo nella gestione del cambiamento e delle risorse umane) e, da ultimo ma non per ultimo, dei lavoratori (maggior riconosci- mento e valorizzazione in termini di professionalità, di competenza, di concreta capacità e di crucialità del loro ruolo).
Come è, del resto, richiamato in maniera pressoché generale nelle premesse relative al capitolo degli inquadramenti. Queste assumono anche una indiscutibile e significativa im- portanza a livello di interpretazione logico-sistematica delle varie disposizioni convenzio- nali di specificazione e di attuazione. Ciò vale, in particolare, per una corretta ricostruzione dei limiti di utilizzo delle previsioni in materia di fungibilità e flessibilità delle prestazioni.
CAPITOLO QUARTO
1. IN GENERALE.
Entrambi i sistemi individuati si basano, generalmente, sulla combinazione di due criteri graduati: quello delle declaratorie e quello dei profili professionali.
Le prime determinano i requisiti professionali generali per l’inquadramento nella categoria dei quadri; i secondi individuano, invece, un elenco – di regola esemplificativo – di figure che rientrano nelle rispettive declaratorie; altrettanto di regola quando – come avviene ge- neralmente (v. tabella 1) - la categoria dei quadri è ulteriormente suddivisa in livelli, aree o categorie, i CCNL prevedono delle apposite e distinte declaratorie per ogni ulteriore suddi- stinzione.
In questi casi il termine categoria assume una nozione diversa da quella legale (art. 2095 c.c.), di cui rappresenta un’ articolazione.
Le declaratorie contrattuali non si prestano facilmente, a causa della loro ampiezza, a del- le operazioni di confronto comparativo e, quindi, alla formulazione di precise valutazioni di sintesi.
Ciò precisato, si possono comunque formulare le seguenti principali osservazioni:
1. in quasi tutti i CCNL c’è la ricezione espressa della parte fondamentale della declara- toria di legge, secondo cui i quadri sono coloro “… che svolgono funzioni con carattere continuativo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi dell’impresa”;
2. tale ricezione viene poi sempre specificata ulteriormente, adattando così la declarato- ria generalissima di legge ai dati di tipicità ambientale a livello di singolo settore mer- ceologico;
3. normalmente le declaratorie contrattuali comprendono entrambe le tipologie dei qua- dri: quelle che occupano una posizione gerarchica di rilievo all’interno della struttura organizzativa aziendale ed i tecnici professionals.
In riferimento a questi ultimi, il requisito fondamentalmente richiesto è quello di una e- leva ta o specializzata preparazione professionale, a volte accompagnata dal possesso di particolari e specifici titoli di studio (di regola il diploma di laurea) e/o di altrettanto specifiche abilitazioni e/o iscrizioni ad albi professionali;
4. per l’altra tipologia di quadri è generalmente richiesto il possesso in misura ampia ed elevata di autonomia, discrezionalità e responsabilità.
In alcuni CCNL vengono, poi, richiesti anche ulteriori requisiti a livello di coordinamen- to e di controllo [“di attività di importanza rilevante” (all. A al CCNL Ministeri) o di “Unità organizzative complesse” (art. 14 CCNL Telecomunicazioni) o di “elevate capacità ge- stionali, produttive e organizzative” (art. 14 Protocollo ENEL) o simili (all. I CCNL Sani- tà, art. 45 CCNL POSTE, per l’area quadri di 1° livello, il più elevato)];
5. laddove i quadri sono ulteriormente suddivisi in livelli o categorie, i requisiti di apparte- nenza al livello o alla categoria superiori risultano, ovviamente, più selettivi.
In questi casi i CCNL seguono due criteri diversi. Il primo, di tipo verticale, consiste nell’elevare i requisiti richiesti per i livelli o categorie meno elevati.
Così, ad esempio, mentre entrambe le declaratorie dei due livelli di quadro del settore delle poste (artt. 44 e 45 CCNL) fanno riferimento esclusivo ad “attività con prepara- zione professionale specializzata e responsabilità di gestione di unità organiche”, solo quella del livello superiore (1°) introduce un rafforzamento di tali requisiti con l’inserimento dell’aggettivo qualificativo “elevata” prima delle parole “preparazione pro- fessionale specializzata” e di quello “grandi” prima delle parole “unità organiche”.
Il secondo, di tipo orizzontale, si concreta nell’introdurre specifici ed ulteriori requisiti per il livello più alto di quadro rispetto a quelli richiesti per il più basso.
E’, questo, il caso del CCNL Sanità, ove per il livello D super sono ulteriormente ri- chiesti, rispetto a quello inferiore D, “a titolo esemplificativo e anche disgiuntamente: autonomia e responsabilità dei risultati conseguiti; ampia discrezionalità operativa nell’ambito delle strutture operative di assegnazione; funzioni di direzione e di coordi- namento, gestione e controllo di risorse umane; coordinamento di attività didattica; ini- ziative di programmazione e proposta”.
Occorre, infine, precisare che i CCNL Commercio e Servizi e Scuola personale ATA risultano assai incompleti.
Il primo contiene solo una declaratoria molto generica ed è, pertanto, del tutto privo di qualsiasi specificazione a livello di profili professionali e di posizioni organizzative.
Il secondo, invece, non contiene alcuna declaratoria, mentre individua due soli profili professionali, per di più di carattere tassativo: il direttore amministrativo (per i conser- vatori e le accademie) e il direttore dei servizi generali ed amministrativi.
Ciò dipende da due ragioni facilmente intuibili: 1) il numero sempre ridotto dei dipen- denti amministrativi, tecnici e ausiliari dei singoli istituti scolastici; 2) una struttura or- ganizzativa alquanto semplice, di tipo prevalentemente burocratico-routinario e con li- mitate posizioni di lavoro ad elevato contenuto professionale.
2. IL SETTORE ABI.
L’accordo di rinnovo ABI del 1999 unifica i due precedenti CCNL ASSICREDITO (banche ordinarie e aziende finanziarie) e ACRI (Casse di Risparmio) ed introduce la nuova cate- goria dei quadri direttivi, conglobando quelle dei quadri e dei funzionari, fino ad allora ri- spettivamente contenute nei CCNL degli operai, ausiliari e impiegati e quadri e del perso- nale direttivo (funzionari e dirigenti).
I quadri direttivi sono, poi, articolati in quattro livelli retributivi.
Nel primo e nel secondo livello vengono collocati, rispettivamente, i lavoratori prima inqua- drati nel primo o secondo livello (o grado) dei quadri.
Nel terzo e nel quarto livello retributivo vengono collocati tutti i funzionari, ad eccezione di quelli che saranno inquadrati tra i dirigenti (in media: all’incirca dallo 0,5% all’1,5% del to- tale dei dipendenti).
La declaratoria degli attuali quadri direttivi (cap. II, punto 1) risulta, in conseguenza dell’accorpamento di cui sopra, alquanto complessa, dovendo tenere nel giusto conto le diverse professionalità proprie delle due ex categorie ora assorbite.
Essa ricomprende, nella sostanza e con gli opportuni adattamenti imposti da uno scenario socio-economico ulteriormente evolutosi, le precedenti e distinte declaratorie dei quadri e dei funzionari.
Possono, in proposito, essere formulate le principali osservazioni che seguono:
a. sono espressamente richiamati, in apertura, due elementi già presenti nella nozione legale di quadro: la non appartenenza alla superiore categoria dei dirigenti e lo svol- gimento stabile e continuativo delle proprie mansioni;
b. è disciplinata anche la tipologia dei professionals, per la quale sono richieste in manie- ra specifica “particolari specializzazioni”;
c. l’altra tipologia di quadri è a sua volta suddivisa in due ulteriori raggruppamenti: coloro che sono adibiti a mansioni che comprendono “elevate responsabilità funzionali e ele- vata preparazione professionale” ovvero “elevate responsabilità nella direzione, nel coordinamento e/o controllo di altri lavoratori appartenenti alla presente categoria e/o alla 3^ area professionale, comprese le responsabilità connesse di crescita professio- nale e verifica dei risultati raggiunti dai predetti diretti collaboratori”.
La parte della declaratoria che fa riferimento alle responsabilità nella direzione, nel coordi- namento e/o controllo di altri lavoratori assume una valenza cruciale in quanto è stretta- mente interconnessa col riconoscimento del ruolo strategico delle risorse umane, che e- merge chiaramente, in particolare, dalle premesse e dalla susseguente e coerente disci- plina contrattuale in materia di formazione e di criteri di sviluppo professionale e di carriera (cap. III del CCNL).
Il richiamato passaggio – anche nel settore del credito - dalla fase fordista di organizzazio- ne dell’azienda e del lavoro a quella post-fordista basata sull’azienda piatta e snella de- termina, tra l’altro, la necessità per l’imprenditore di rivedere alla radice i classici modelli di gestione delle risorse umane, dando, in particolare, il giusto spazio agli aspetti della moti- vazione, della cooperazione e della collaborazione dei lavoratori.
Aspetti che sono ancora più importanti nel comparto in esame, caratterizzato dal progres- sivo, rapido e generale passaggio dalla banca istituzione a un’impresa commerciale orien- tata al mercato e sempre più in grado di offrire servizi di qualità ai propri clienti.
Qualità del servizio offerto significa, a sua volta, qualità (professionalità) delle risorse u- mane impiegate – in qualsiasi fase del processo – nella sua erogazione.
Ogni lavoratore coinvolto (e nella banca è la quasi totalità) deve quindi essere considerato come un “cliente interno”.
Il ruolo strategico dei bancari è, addirittura, destinato ancora e progressivamente a cresce- re in conseguenza dello scenario competitivo interno ed esterno caratterizzato da mercati sempre più concorrenziali e globali (almeno a livello europeo).
Esso è stato espressamente riconosciuto, come accennato e grazie alla tenacia del sinda- cato rappresentativo dei lavoratori, dall’accordo di rinnovo. Questo, infatti, individua nella formazione continua e nello sviluppo professionale e di carriera degli strumenti essenziali non solo, come ovvio, per la tutela degli interessi fondamentali dei lavoratori, ma anche per la realizzazione delle stesse trasformazioni del sistema bancario.
Il tutto si è poi tradotto in una regolamentazione complessiva della gestione delle risorse umane che non trova eguali negli altri CCNL sia per l’ampiezza del contenuto sia per l’elevato livello di coinvolgimento partecipativo del sindacato aziendale: consultazio- ne/esame congiunto, spesso al dichiarato ed esigibile scopo di ricercare soluzioni condivi- se.
Originale formulazione, quest’ultima, che introduce una sorta di “discrezionalità vincolata” nei confronti dell’imprenditore in un settore della disciplina del rapporto di lavoro tradizio- nalmente caratterizzato dall’assenza di significativi limiti ai relativi poteri privati datoriali.
d. la declaratoria precisa, opportunamente, che le mansioni che danno titolo ad essere inquadrati come quadro possono essere svolte indifferentemente “… nell’ambito di strutture centrali e/o nella rete commerciale”.
Ciò è quanto mai importante sul piano applicativo concreto perché ricomprende opportu- namente anche le strutture centrali, a volte sottovalutate a livello di apporto professionale dei suoi membri.
Và da sé che nella banca impresa commerciale orientata al cliente tali apporti rivestano un’importanza cruciale. Tuttavia e contemporaneamente non possono, però, essere sotto- valutati, se non addirittura ignorati, quelli dei prestatori che, pur essendo collocati a monte nel processo di produzione e di erogazione dei vari servizi, danno comunque un rilevante contributo in materia, ancorché in via strumentale ed in posizioni organizzative interne.
E’ per questo che il sindacato unitario si è, per esempio, impegnato a fondo per far intro- durre la previsione contrattuale in base alla quale, per quanto riguarda il sistema incenti- vante, l’azienda deve tener conto, nella determinazione dei premi, anche “ … del persona- le che … fornisce contributi indiretti ….”, al raggiungimento degli obiettivi specifici asse- gnati.
E’ chiaro, poi, che tali contributi, come del resto quelli diretti, dovranno essere valutati e pesati in maniera oggettiva e necessariamente diversificata, attribuendo ad ognuno un premio di entità corrispondente al proprio apporto.
e. la parte finale della declaratoria riporta in maniera sostanzialmente inalterata quella re- lativa ai funzionari di cui all’art. 4 del relativo CCNL del 12 giugno 1995.
Essa, infatti, statuisce che “tali funzioni e compiti possono prevedere l’effettivo esercizio di poteri negoziali nei confronti di terzi in rappresentanza dell’azienda, da espletarsi con ca- rattere di autonomia e discrezionalità, in via generale, nell’ambito definito delle deleghe di poteri aziendali conferite al riguardo, anche in via congiunta, restando comunque esclusa la facoltà di firma a carattere meramente certificativo o dichiarativo o simili”.
In questo caso il requisito richiesto per l’attribuzione della qualifica di quadro direttivo è l’effettivo esercizio di mansioni che comportano l’attribuzione della facoltà di firma sociale.
Essa deve, però, essere necessariamente collegata all’effettivo esercizio di poteri negozia- li nei confronti di terzi aventi “carattere di autonomia e discrezionalità” e “in via generale”.
Il che recepisce il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità e di merito formatosi in riferimento alla omologa previsione dei CCNL dei funzionari.
Ciò spiega anche la espressa esclusione di alcune fattispecie tipiche inerenti a funzioni di non elevata professionalità (“… le facoltà di firma a carattere meramente certificativo o di- chiarativo o simili”) in quanto prive dei richiesti requisiti di autonomia e di responsabilità.
Il CCNL ABI è il solo ( vedi cap. quarto,1° par.) che presenta una declaratoria unica per tutti e quattro i livelli economici in cui è suddivisa la categoria dei quadri.
Sarebbe opportuno che esso,adeguandosi a quanto previsto negli altri patti di lavoro, la specifichi in riferimento ad ognuno dei quattro richiamati livelli. In questo modo il patrimo- nio professionale sarebbe maggiormente tutelato.
CAPITOLO QUINTO
La classificazione dei quadri di regola prosegue con l’individuazione, all’interno di ogni singola declaratoria, di un elenco – normalmente esemplificativo – di profili professionali, ognuno dei quali riveste il compito di descrivere lo specifico contenuto professionale di una serie di mansioni considerate omogenee.
Profili professionali sono, ad esempio, il responsabile di struttura e il professionista master (art. 14 CCNL Telecomunicazioni).
1. IL QUADRO SINOTTICO DEI PROFILI PROFESSIONALI.
Nella tabella che segue è riportato l’elenco dei profili professionali contenuti nei vari CCNL esaminati.
PROFILI PROFESSIONALI
Tabella 2
TELECOMUNI- CAZIONI – ENEL (art. 14) | TELEVISIONI PRIVATE (art. 29) | COMMERCIO E SERVIZI (art. 4) | SCUOLA PUBBLICA personale A.T.A. (tabella A) | ENTE POSTE (artt. 44 e 45) |
1) responsabile di | 8° livello | Nessuna previsione | 1) direttore ammi- | 3a AREA: QUADRI DI 2° LIVELLO |
struttura 2) professionista master | 1) responsabile di unità organiz- zative comples- | nistrativo (per i conservatori e le accademie); | PREPOSTI: 1) alla conduzione e al controllo di | |
se (amministra- tive, tecniche commerciali, ar- | 2) direttore dei servizi generali e amministrativi | unità organizza- tive o parti di esse di media | ||
tistiche, pro- duttive); 2) produttore ese- | rilevanza; 2) a funzioni di si- gnificativa im- | |||
cutivo; 3) regista di pro- duzioni com- | portanza con facoltà di inizia- tive nell’ambito | |||
plesse; 4) direttore di pro- duzioni com- | delle direttive gestionali; 3) a favorire con- | |||
plesse; 5) scenografo; 6) direttore della | tributi per il con- seguimento de- gli obiettivi di | |||
fotografia; 7) progettista con responsabilità | qualità ed effi- cienza del servi- zio; | |||
della realizza- zione di impianti e sistemi di ele- | 4) alla promozione dei servizi con piena respon- | |||
vata com- plessità; 8) responsabile di | sabilità per le direttive impara- te ed i risultati | |||
emittente che opera con con- cessione su al- | conseguiti | |||
meno il 70% del bacino di uten- za; | ||||
9) assistente al produttore ese- cutivo di produ- | ||||
zioni complesse |
SANITA’ PUBBLICA (allegato I) | MINISTERI (allegato A) | POLIZIA (art. 4) | ASSICURATIVI | ABI (cap. I, punto 1) |
LIVELLO ECONOMICO D 1) collaboratore | POSIZIONE ECONOMICA C1 1) lavoratore che | 1) Vice Questore aggiunto; | FUNZIONARI A) DI 1° GRADO 1) gerenti di agen- | 1) Incaricati di svolgere attività specialistiche; |
professionale sanitario nei profili e disci- | imposta e realiz- za progetti di fat- tibilità; | 2) Commissario capo; 3) Commissario; | zia in economia; 2) vice gerenti mu- niti di procura; | 2) Responsabili della gestione di significativi |
xxxxx xxxxxxxxx- denti a quelli previsti nella | 2) lavoratore che valuta, modifica e sceglie i ma- | 4) Vice Commis- sario | 3) procuratori di agenzia in eco- nomia; | segmenti o gruppi di clien- tela; |
categoria C; 2) collaboratore professionale | teriali più idonei per la propria at- tività; | 4) preposti, quali responsabili, ad attività di coor- | 3) Responsabili di linee di pro- dotto; | |
assistente so- ciale; 3) collaboratore | 3) lavoratore che svolge studi e ri- cerche; | dinamento, pia- nificazione e controllo, di più | 4) Responsabili di attività di pro- mozione e di | |
tecnico- professionale; 4) collaboratore amministrativo- | 4) lavoratore che analizza anche nuove metodi- che per la rea- | capi ufficio B) DI 2° GRADO 1) preposti, quali | consulenza fi- nanziaria; 5) Preposti di suc- cursale che | |
professionale II) LIVELLO ECO- | lizzazione dei programmi as- segnati; | responsabili, ad attività di coor- dinamento, pia- | svolgono com- piti di rappre- sentanza del- | |
NOMICO SUPER 1) collaboratore professionale | 5) lavoratore che coordina o dirige unità senza ri- | nificazione e controllo di uno o più funzionari; | l’azienda nei confronti dei terzi che coor- | |
sanitario esper- to; 2) collaboratore | levanza esterna nell’ambito di normative gene- | 2) gerenti di agen- zia in economia ove operino non | dinano le risor- se umane e tecniche affi- | |
professionale assistente so- ciale esperto; | rali ed emana di- rettive ed istru- zioni specifiche | meno di 10 di- pendenti ammi- nistrativi; | date e che ri- spondono dei risultati dell’u- | |
3) collaboratore tecnico-profes- sionale esperto; | per il raggiungi- mento degli o- biettivi; | nità operativa in rapporto agli obiettivi definiti; | ||
4) collaboratore amministrativo- professionale | 6) programmatore; 7) sistemista 8) analista applica- | 6) Preposti di suc- cursale con al- meno 5 addetti | ||
esperto | tivo; 9) responsabile di CED | compreso il preposto; 7) Attribuzione | ||
10) lavoratore che effettua accerta- menti, verifiche | della facoltà di firma sociale. | |||
e controlli fun- zionali nei vari settori operativi, | ||||
sorveglia l’ese- cuzione dei la- vori, cura la pre- | ||||
disposizione de- gli atti ammi- nistrativi di com- | ||||
petenza. |
TELECOMUNI- CAZIONI – ENEL (art. 14) | TELEVISIONI PRIVATE (art. 29) | COMMERCIO E SERVIZI (art. 4) | SCUOLA PUBBLICA personale A.T.A. (tabella A) | ENTE POSTE (artt. 44 e 45) |
II) 9° livello | II) 4a AREA: | |||
1) responsabile di emittente con struttura com- | QUADRI DI 1° LIVELLO | |||
plessa che ope- ra su almeno tre bacini di utenza; | 1) funzioni impli- canti la respon- sabilità ed il | |||
2) responsabile di unità organizza- tive molto com- | controllo di uni- tà organizzative molto comples- | |||
plesse; 3) produttore ese- cutivo di produ- | se; 2) coloro che svol- gono funzioni di | |||
zioni complesse; 4) regista di produ- zioni altamente | interesse strate- gico per l’ente con prevalente | |||
complesse 5) direttore di pro- duzioni altamen- | ed elevato con- tenuto speciali- stico in attività | |||
te complesse; 6) capo del settore dell’informazion | di studio, con- sulenza, proget- tazione, pro- | |||
e di emittente con struttura complessa che | grammazione e pianificazione, ricerca e appli- | |||
opera su bacini di utenza pluri- regionali | cazione di me- todologie inno- vative della | |||
massima rile- vanza; 3) alcune tipiche fi- | ||||
gure professio- nali, con com- petenze specia- | ||||
listiche, abilita- zione all’eserci- zio della profes- | ||||
sione ed iscri- zione ai relativi albi, necessarie | ||||
per lo sviluppo e l’attuazione degli obiettivi | ||||
dell’ente, con funzioni di stu- dio, consulenza, | ||||
progettazione, programmazio- ne e ricerca |
SANITA’ PUBBLICA (allegato I) | MINISTERI (allegato A) | POLIZIA (art. 4) | ASSICURATIVI | ABI (cap. II, punto 1) |
II POSIZIONE ECONOMICA C2 1) lavoratori che | C) DI 3° GRADO 1) preposti, quali responsabili, ad | |||
dirigono o coor- dinano unità or- ganiche an-che | attività di coor- dinamento, pia- nificazione e | |||
di rilevanza e- sterna; 2) lavoratori che | controllo di uno o più funzionari di 2° grado | |||
svolgono attività ispettive di valu- tazione di con- | II FIGURE ORGANIZZATIVE | |||
trollo, di pro- grammazione e di revisione; | DELL’AREA PRO- FESSIONALE B CHE: | |||
3) lavoratori che effettuano studi ed analisi, svol- | 1) siano preposti, con grado ele- vato di capacità | |||
gono attività di ricerca, studio e consulenza; | organizzativa ed una unità importante an- | |||
4) analista tecnico in campo hard- ware e softwa- | che in termini dimensionali, caratterizzata | |||
re; 5) analista di pro- cesso | da una specifica competenza tecnico-profes- | |||
III POSIZIONE ECONOMICA C3 1) lavoratori che | sionale degli addetti; 2) che siano spe- | |||
assumono tem- poranea-mente funzioni dirigen- | cialisti cui sia affidata la re- sponsabilità di | |||
ziali; 2) lavoratori che dirigono o coor- | progetti signi- ficativi, anche in termini tempo- | |||
dinano attività di vari settori e strut-ture; | rali, per l’attua- zione degli o- biettivi dell’im- | |||
3) lavoratori che svolgono attività ispettive o di va- | presa e in cui operino addetti con specifica | |||
lutazione di par- xxxxxxxx xxxx- xxxxx; | competenza tecnico-profes- sionale. | |||
4) collaborazione alle attività spe- cialistiche per | ||||
l’elevato livello professionale posseduto; | ||||
5) progettista di soluzioni appli- cative |
2. OSSERVAZIONI SU ASPETTI PARTICOLARI DI ALCUNI CCNL.
2.1. CCNL TELECOMUNICAZIONI E CCNL ENEL.
La disciplina dei profili professionali dei due contratti è del tutto identica. Circa il RESPONSABILE DI STRUTTURA, sono individuate le seguenti principali posizioni di lavo- ro:
? coordinamento e governo di strutture aziendali articolate e complesse;
? responsabilità dirette nel governo e nella gestione integrata/ottimizzata di risorse uma- ne;
? conduzione di relazioni complesse con interlocutori interni ed esterni;
? piena conoscenza dei modelli di qualità applicati in azienda;
? conduzione di più unità organizzative finalizzate alla realizzazione dei programmi di commercializzazione e delle politiche del personale.
Il profilo del PROFESSIONISTA MASTER fa riferimento a posizioni di lavoro di tipo tecni- co-specialistico, quali, ad esempio:
? lavoratori che posseggono conoscenze specialistiche della massima ampiezza e che sono direttamente responsabilizzati sui risultati di tipo professionale orientati al rag- giungimento di obiettivi di rilevanza strategica per l’azienda;
? svolgimento di attività con un approccio di tipo progettuale-consulenziale;
? attività di consulenza integrata nei confronti delle altre aree aziendali;
? attività di ricerca, di definizione e di conduzione di progetti anche di tipo complesso.
2.2. CCNL COMMERCIO E SERVIZI.
Esso contiene esclusivamente una declaratoria molto generica ed è, quindi, del tutto privo di indicazioni a livello di profili professionali.
Le ragioni fondamentali di questa molto scarsa disciplina appaiono, sostanzialmente due:
1. la normale limitatezza degli organici e, di conseguenza, delle posizioni di lavoro in- quadrabili nella categoria dei quadri;
2. lo spettro alquanto limitato e la relativa semplicità delle attività svolte dalle aziende del settore.
2.3. CCNL SCUOLA PUBBLICA.
Anche la disciplina di questo contratto è molto scarsa ed è ribaltata rispetto a quella del contratto precedente: contiene solo due profili professionali, per di più da considerare tas- sativi, e non presenta alcuna declaratoria.
Le ragioni sono state sinteticamente indicate nel precedente paragrafo 4.1, cui pertanto si rimanda.
Il DIRETTORE AMMINISTRATIVO (per i conservatori e le accademie) è una posizione di lavoro così specifica che non si ritiene opportuno, per le finalità di questa indagine, dare alcuna indicazione a livello di mansioni.
Il DIRETTORE DEI SERVIZI GENERALI ED AMMINISTRATIVI è il responsabile dell’intera attività extra-didattica degli Istituti scolastici.
In tale qualità sovraintende, con autonomia operativa, ai servizi generali amministrativo- contabili e ne cura l’organizzazione, svolgendo funzioni di coordinamento, promozione del- le attività e verifica dei risultati conseguiti.
Ha autonomia operativa e responsabilità diretta nella definizione e nell’esecuzione degli atti a carattere amministrativo-contabile, di ragioneria e di economato. Firma tutti gli atti di sua competenza.
Egli da un lato ha responsabilità diretta per una serie di atti (quelli prima richiamati) e, dall’altro, collabora, per le restanti attività, con il direttore scolastico, dirigente responsabile dell’Ente e con i vari organi collegiali esistenti (collegio dei docenti, consiglio di circolo, ecc.).
2.4. CCNL ENTE POSTE.
Il settore poste si trova ormai da anni in una fase di rapida, radicale e generale trasforma- zione, per molti versi analoga a quella del credito.
L’obiettivo finale è, anche in questo caso, di passare da “istituzione” a “impresa” commer- ciale orientata ai servizi e ai clienti e volta, tra l’altro, ad offrire in misura sempre più ampia e capillare i più svariati prodotti finanziari.
Il CCNL – risalente al 1994, già scaduto da tempo e in corso di rinnovo – è ancora fermo a una ormai superata logica amministrativo-burocratica.
Ciò si ripercuote, inevitabilmente, anche a livello di sistema degli inquadramenti in genera- le e di quello dei quadri in particolare.
Conseguentemente i criteri di classificazione del personale dovranno essere radicalmente rivisti, adattandoli a lle mutate esigenze dell’azienda e dei lavoratori.
Lo sforzo complessivo di ammodernamento dei patti di lavoro è così consistente che, se- condo recentissime informazioni, è quasi certo che le parti sociali stipuleranno a breve un accordo limitato alla sola parte economica, rinviando ad un successivo momento l’intesa sul resto e, principalmente, sul sistema di inquadramento.
A questo proposito è in via di costituzione una commissione bilaterale paritetica ad hoc che procederà, tra l’altro, ad una significativa revisione delle declaratorie e dei profili pro- fessionali e all’inserimento, per la prima volta, anche dei ruoli chiave.
I profili indicati nella tabella 2 potranno, quindi, risultare, almeno in parte, non più attuali fra qualche mese.
La sopra richiamata necessità di ammodernamento del sistema degli inquadramenti trova una sua specifica conferma a proposito di un profilo di particolare importanza anche – e soprattutto – per il settore del credito: quello dei promotori finanziari.
Questa nuova figura è già presente da qualche anno ed è destinata ad aumentare pro- gressivamente di numero e di livello professionale con l’altrettanto progressiva realizza- zione del c.d. BancoPosta.
Attualmente i promotori sono tutti inquadrati come lavoratori dipendenti. Poco più della metà nell’area immediatamente inferiore a quella dei quadri; la restante parte in quella dei quadri di 2° o, addirittura, di 1° livello.
Sembra ormai certo che anche col prossimo rinnovo del CCNL tutti i promotori finanziari continueranno ad essere inquadrati come lavoratori dipendenti.
Naturalmente, la corrispondente struttura salariale dovrà essere omogenea rispetto alla particolarità della loro attività, che comporta essenzialmente negoziazione di prodotti fi- nanziari.
Ciò si tradurrà nella scomposizione della retribuzione in due elementi: uno fisso, al pari degli altri lavoratori, e uno variabile, rapportato al volume degli affari mensili.
Se questa, come appare oramai sostanzialmente certo, sarà la soluzione contrattuale fina- le, essa rappresenterà un fondamentale precedente – viste le dimensioni e la capillarità dell’azienda posta – da analizzare con cura ed attenzione massime al fine di affrontare nel miglior modo possibile l’importante tematica – oggetto di rinvio espresso del rinnovo ABI del 1999 (cap. VIII, punto H) – nel settore del credito e finanziario. Dove, come noto, le a- ziende sono orientate verso una direzione del tutto opposta: quella di privilegiare sempre di più la stipula di un contratto di lavoro di natura non dipendente.
2.5. CCNL SANITA’ PUBBLICA.
L’elencazione dei profili contenuti nel contratto è espressamente qualificata come “esau- stiva” (art. 13, 2° c.) e, quindi, tassativa e non esemplificativa.
I profili e le discipline previste nella categoria C e richiamati in riferimento al COLLABORATORE PROFESSIONALE SANITARIO sono i seguenti:
? operatori professionali sanitari;
? personale infermieristico;
? personale tecnico-sanitario;
? personale della riabilitazione.
Questo è l’unico contratto i cui profili professionali dei diversi livelli economici (qui 2: Q e QS) o delle diverse aree sono gli stessi e presentano un’unica differenza in riferimento alle qualità soggettive possedute dal lavoratore: per livello superiore Qs vi è la denominazione aggiuntiva e qualificativa di “esperto”.
2.6. CCNL MINISTERI.
Si tratta dell’unico contratto che contiene le indicazioni di (numerosi) profili professionali specifici per il settore E.D.P. Essi sono, oltretutto, distribuiti su tutti e tre i livelli (C1, C2, C3) in cui è articolata l’area quadri.
Questa particolarità è certamente da collegare al recente, progressivo ed elevato pote n- ziamento della rete informatica dei vari comparti della pubblica amministrazione. Pote n- ziamento che si è a sua volta reso necessario per l’attuazione di un nuovo e più democra- tico modello organizzativo volto a garantire al cittadino – utente servizi sempre più ampi, di qualità e tempestivi.
2.7. CCNL ASSICURATIVI.
La tecnica usata dalle parti sociali per la individuazione dei lavoratori non funzionari da classificare tra i quadri è alquanto complessa e si articola nei seguenti 5 passaggi:
1. suddivisione dei dipendenti in 5 grandi aree a valore professionale crescente, tra cui la 4^;
2. ulteriore suddistinzione della 4^ area in tre livelli economici (questa volta decrescenti: 6°, 5°, e 4°). Il 6° livello contiene anche un elenco di 12 profili ampi e di elevato conte- nuto professionale (capi ufficio o capi di ispettorato sinistri; sistemisti, esperti di pianifi- cazione, di marketing, in trattati di riassicurazione e di formazione; analisti capi e/o co- ordinatori di progetto; attuari esperti; analisti di rischi aziendali specialisti in prevenzio- ne);
3. individuazione di alcune caratteristiche professionali (anche di tipo tecnico) aggiuntive rispetto a quelle già contenute nei profili professionali del 6° livello economico dell’area B (vedi tabella 2);
4. ritaglio, all’interno dell’area B, delle posizioni lavorative che includono anche le aggiun- tive caratteristiche professionali di cui al punto 3;
5. loro inserimento nell’area A, vale a dire in quella dei quadri. Questi ricomprendono, quindi, due sezioni diverse: A (funzionari) e B (lavoratori di cui al punto 4).
Va sottolineato che sul piano applicativo l’attribuzione della qualifica di quadro agli appar- tenenti all’area B, 6° livello retributivo è stata sino ad oggi molto contenuta, non superando in tutto il settore le 200 unità. Il che corrisponde a una quota molto modesta (6-7% al mas- simo) del numero complessivo dei funzionari (abbondantemente oltre le 3.000 unità).
3. IL CCNL ABI.
Gli incaricati di svolgere attività specialistiche (profilo 1) possono appartenere a qualsiasi ramo di attività. Il CCNL ne elenca alcuni a mero titolo esemplificativo, considerandoli, evi- dentemente, i più importanti e/o ricorrenti: legale, analisi e pianificazione organizzativa, controllo di gestione, marketing, ingegneria finanziaria, auditing, tesoreria.
Per il diritto alla qualifica di quadro occorre, comunque, che le attività specialistiche siano caratterizzate generalmente (e, quindi, non sempre necessariamente) dal possesso di me- todologie professionali complesse, da procedure prevalentemente non standard, con input parzialmente definiti.
L’attribuzione della facoltà di firma sociale deve possedere i requisiti richiamati nel prece- dente punto 4.2 (cui, pertanto, si rinvia) per dare diritto alla qualifica di quadro.
Per i profili 2, 3, e 4 è richiesto il requisito della “rilevante autonomia di poteri conferiti per il raggiungimento degli obiettivi aziendali”.
I preposti a succursale devono comunque svolgere la loro attività (“… con significativi gra- di di autonomia e responsabilità funzionale …”) .
L’inquadramento minimo in ogni caso garantito ai preposti di succursale (6° profilo) è que l- lo risultante dalla seguente tabella:
INQUADRAMENTO MINIMO GARANTITO AI PREPOSTI DI SUCCURSALE
Tabella 3
N. ADDETTI (compreso il preposto) | INQUADRAMENTO DEL PREPOSTO |
5 – 6 | Q 1° LIVELLO |
7 | Q 2° LIVELLO |
8 – 9 | Q 3° LIVELLO |
>/10 | Q 4° LIVELLO |
Questa clausola di garanzia ha l’evidente scopo di limitare gli effetti negativi di un eventua- le uso non corretto dell’ampia discrezionalità datoriale nel riconoscere la qualifica di qua- dro ai preposti di succursale di cui al profilo 5.
Le previsioni contrattuali in materia dovrebbero essere integrate in riferimento alle attività più tipiche del credito e a quelle emergenti.
In riferimento alle prime dovrebbero essere innanzi tutto individuati degli appositi profili per l’area EDP, che continua a rivestire la massima importanza nonostante le tendenze in atto che in non pochi casi spingono verso la collocazione all’esterno della maggior parte delle relative attività. Un utile riferimento è rappresentato dal contratto dei Ministeri, che prevede una serie di profili per ognuno dei tre previsti livelli economici (vedi cap. quinto, par. 2.6, pag. 36).
Dovrebbe, in secondo luogo, trovare spazio anche il profilo del promotore finanziario, vale a dire una posizione di lavoro che presenta una professionalità specifica di tipo altamente specialistico (il sistema dei prodotti finanziari è quanto mai complesso e dinamico, per cui richiede anche un aggiornamento continuo), ampia autonomia decisionale (è l’interlocutore privilegiato del cliente, di fronte al quale rappresenta l’ente creditizio), responsabilità per- sonale differenziata anche per comportamenti solo colposi. E’ inoltre richiesta l’iscrizione ad un apposito albo professionale, che si può conseguire solo dopo avere superato esami molto selettivi.
Analoghi livelli di professionalità sono, poi, posseduti anche da numerosi lavoratori che svolgono attività simili all’interno degli sportelli e che, per questo motivo, non possono es- sere considerati promotori. Per tali profili occorrerebbe individuare e riconoscere la qualifi- ca corrispondente.
4. I PIU’ DIFFUSI REQUISITI PROFESSIONALI RICHIESTI AI QUADRI.
Declaratoria e profili professionali sono intimamente interconnessi e concorrono insieme, unitamente alle mansioni svolte, al corretto inquadramento dei lavoratori.
In particolare, i requisiti contenuti nei profili professionali sono uno sviluppo necessario e coerente di quelli delle rispettive declaratorie, per loro natura generali.
Nei contratti esaminati tali requisiti sono alquanto variegati e, soprattutto, formulati in ma- niera ampia.
E’ comunque possibile individuare q uelli più frequenti, che sono i 7 che seguono.
4.1. RESPONSABILE DI UNITA’ ORGANIZZATIVE.
Il testo fa riferimento solo alle unità organizzative di una certa rilevanza, così come emer- ge dai parametri qualitativi o quantitativi utilizzati allo scopo.
Nel primo caso (parametri qualitativi) le terminologie adottate sono alquanto simili: com- plesse o molto complesse (CCNL Televisioni Private in relazione ai profili dei quadri ap- partenenti, rispettivamente, all’8° e al 9° livello, quello più elevato), articolate e complesse (CCNL Telecomunicazioni e ENEL, in riferimento al responsabile di struttura), di media ri- levanza o molto complesse (CCNL Ente POSTE, in riferimento ai profili dei quadri appar- tenenti, rispettivamente, al 2° e al 1° livello, quello più elevato), senza rilevanza esterna o con rilevanza esterna (CCNL Ministeri in relazione ai profili dei quadri appartenenti, rispet- tivamente, alle posizioni economiche C1 e C2, la più elevata), agenzie (CCNL Assicurativi) e succursali (CCNL ABI).
In questi ultimi due contratti l’aspetto qualitativo distintivo dell’unità organizzativa è dato, ovviamente, dalla rilevanza esterna (contatto diretto con la clientela).
Nel CCNL Ministeri tale rilevanza esterna è, invece, utilizzata come criterio interno di gra- duazione dell’inquadramento e non come requisito di accesso alla categoria dei quadri, che comprende anche, seppur in posizione economica inferiore (C1 al posto di C2), il re- sponsabile di una unità organizzativa “senza rilevanza esterna”.
In ogni caso l’importanza differenziata attribuita, nei 3 CCNL richiamati per ultimo, alla rile- vanza esterna di tali unità è la diretta conseguenza del fatto che i servizi prodotti dalle im- prese di quei settori vengono materialmente erogati proprio da quelle articolazioni azien- dali.
Il che significa che esse concorrono in maniera particolare allo sviluppo e all’attuazione degli obiettivi dei rispettivi enti.
E ciò avviene grazie alla collaborazione dei dipendenti che vi lavorano, ai quali la contrat- tazione collettiva ora in esame riserva, conseguentemente, i corrispondenti riconoscimenti a livello di inquadramento e, quindi, di trattamento economico e normativo.
Come si sarà constatato, nei CCNL in cui la categoria dei quadri è ulteriormente articolata in livelli o aree, la rilevanza delle unità organizzative viene normalmente graduata al fine dell’attribuzione di tali livelli o aree.
Il secondo caso (CCNL Assicurativi e ABI) è caratterizzato dall’utilizzo aggiuntivo di un ul- teriore parametro di tipo quantitativo: il numero dei dipendenti, introdotto allo scopo di gra- duare i livelli di inquadramento dei rispettivi responsabili.
Così nel CCNL Assicurativi al preposto di agenzia è attribuito, rispettivamente, il 1° o il 2° grado (il più elevato dei due) a seconda che il numero dei dipendenti amministrativi sia in- feriore o almeno uguale a 10.
Analogamente, nel settore ABI il livello economico minimo spettante ai preposti è funzione diretta del numero degli addetti della loro succursale, così come già illustrato nel prece- dente punto 5.3, a l quale si rinvia.
4.2. RESPONSABILE DELLA GESTIONE DELLE RISORSE UMANE.
Questo profilo, definito con fraseologie alquanto variegate, è presente espressamente in 4 CCNL.
Nei CCNL Telecomunicazioni e ENEL spetta la qualifica di RESPONSABILE DI STRUTTURA anche a chi ha “responsabilità dirette nel governo e nella gestione integrata e ottimizzata di risorse umane”.
Nel CCNL Assicurativi il preposto quale responsabile “… ad attività di coordinamento, pia- nificazione e controllo … di risorse umane” è classificato nei tre gradi di funzionario a se- conda del livello di inquadramento di tali risorse (che devono essere perlomeno dei capi ufficio): capi ufficio (1° grado di funzionario), (uno o più) funzionari di 1° grado (2° grado) o funzionari di 2° grado (3° grado).
Infine nel CCNL ABI spetta la qualifica di quadro (senza alcuna specificazione circa il rela- tivo livello economico) ai preposti di succursale che coordinino “… le risorse umane e tec- niche affidate …” e che, contemporaneamente, posseggano anche gli altri requisiti profes- sionali richiesti allo scopo e contenuti nel medesimo alinea (3° alinea del 2° comma della declaratoria dei quadri direttivi).
In questo caso esso funge solo da criterio concorrente e non esclusivo.
Và, però, opportunamente precisato che ai preposti di succursale con almeno 5 addetti compreso il titolare, per i quali è comunque garantita la qualifica di quadro, vengono gene- ralmente attribuite anche importanti e crescenti responsabilità nella direzione, nel coordi- namento e nel controllo dei loro collaboratori.
La presenza, in questi 4 CCNL, del particolare profilo di cui si tratta indica la piena presa di coscienza delle parti sociali stipulanti circa il ruolo sempre più cruciale delle risorse umane ai fini dello sviluppo e dell’attuazione degli obiettivi delle imprese dei servizi appartenenti ai relativi settori merceologici. Si rinvia, in proposito, a quanto già evidenziato nel precedente punto 4.2 in riferimento al comparto del credito; le osservazioni lì contenute possono, al- meno per gli aspetti generali a livello organizzativo e di scenario, essere estese anche agli altri tre settori.
4.3. PROGETTISTI.
Nel CCNL Ministeri chi imposta e realizza progetti di fattibilità è inquadrato nella posizione economica C1, mentre i progettisti di soluzioni applicative sono collocati in quella più ele- vata: C3;
4.4. ISPETTORI E VERIFICATORI.
Coloro che effettuano accertamento, verifiche e controlli funzionali, nei vari settori operativi (CCNL Ministeri, posizione economica C1); coloro che svolgono attività ispettive, di con- trollo, di programmazione e revisione (idem, posizione economica C2); coloro che svolgo- no attività ispettive o di valutazione di particolare rilevanza (idem, posizione economica C3);
4.5. COLLABORATORI.
Tutti i profili professionali di entrambi i livelli economici previsti dal CCNL Sanità (D e Ds) fanno esclusivo riferimento a posizioni di “collaboratore” (livello D) o di “collaboratore e- sperto” (livello Ds).
Non esiste, quindi, alcuna qualifica caratterizzata dal requisito – peraltro assai diffuso negli altri contratti – della responsabilità nella conduzione di unità organizzative o di risorse u- mane.
Questa particolarità appare essere la conseguenza della specifica organizzazione del la- voro nelle aziende sanitarie, articolate in unità molto numerose e di organico alquanto con- tenuto (poche decine di lavoratori) e contemporaneamente dotate di un nucleo abbastanza rilevante di dirigenti-medici.
Da ciò consegue che le funzioni di più elevate responsabilità sono attribuite in via esclusi- va a questi ultimi, escludendovi, quindi ed in particolare, anche il personale para-medico più qualificato, seppure inquadrato nella categoria dei quadri.
4.6. TECNICI.
Nella maggior parte dei contratti sono previsti anche degli specifici profili professionali per la tipologia dei tecnici. In alcuni casi sono richiesti requisiti di elevato contenuto professio- nale, come ad esempio, nei CCNL Telecomunicazioni ed ENEL (conoscenze specialisti- che della massima ampiezza), Poste (prevalente ed elevato contenute specialistico in rife- rimento ai quadri di I° livello, appartenenti alla IV° e più elevata area) e ABI (attività specia- listiche caratterizzate generalmente dal possesso di metodologie professionali comples- se).
In altri casi tali requisiti professionali appaiono contenuti e assorbiti nelle particolari man- sioni cui i quadri sono adibiti, come si verifica nel CCNL Ministeri, dove si fa riferimento al- lo svolgimento di studi e ricerche (posizione economica C1) o all’effettuazione di studi ed analisi ed allo svolgimento di attività di ricerca, studi e consulenza (posizione economica C2).
In altri ancora viene introdotto l’ulteriore ed aggiuntivo requisito della iscrizione ai relativi albi (CCNL Ente POSTE in riferimento ai quadri di I° livello).
4.7. ELEVAZIONE PROGRESSIVA DEI REQUISITI SPECIFICI IN RELAZIONE AL CRESCERE DELLA QUALIFICA CORRISPONDENTE.
Questa tecnica è alquanto diffusa e fa riferimento, alla fin fine, a tre diversi requisiti: la complessità, l’esperienza, l’orientamento (interno/esterno) delle unità organizzative.
Quello della complessità è senz’altro il più esteso e si applica a numerose figure profes- sionali disciplinate nei seguenti 6 CCNL:
a. CCNL TV PRIVATE
Esso fa riferimento a ben quattro profili (responsabile di unità organizzative, produtto- re esecutivo, regista di produzione, direttore di produzione) inquadrati sia nell’8° sia nel 9° (e superiore) livello.
Il requisito ulteriore è dato dalla complessità dell’attività svolta laddove essa non è prevista per il livello più basso (è il caso del produttore esecutivo) o dell’aggiunta, ne- gli altri casi, di un avverbio (molto o altamente) allo stesso criterio della complessità.
b. CCNL ENTE POSTE
Qui il criterio della complessità è riferito alle unità organizzative condotte e controllate dal quadro. Esse sono “di media rilevanza” in riferimento ai quadri di 2° livello (primo profilo) e “molto complesse” in relazione a quelli del 1° e superiore livello (primo profi- lo).
c/d. CCNL ASSICURATIVI E ABI
Al criterio della complessità può essere ricondotto il parametro dell’ampiezza delle agenzie, utilizzato, in entrambi i contratti, al fine dell’attribuzione della qualifica per i relativi preposti (rispettivamente: grado per funzionario o livello economico per i qua- dri direttivi). Si rinvia, per i rispettivi approfondimenti, ai precedenti punti 5.2 e 5.3.
e. CCNL SANITA’
Il requisito dell’esperienza è previsto dal CCNL SANITA’, in cui, come già visto al precedente punto 5 dell’attuale paragrafo, i 4 profili dei collaboratori del livello supe- riore (D1) si differenziano, rispetto a quelli del livello inferiore, solo per l’aggiunta dell’aggettivo “esperto” dopo l’indicazione di ognuna delle posizioni di lavoro.
f. CCNL MINISTERI
Infine, il requisito dell’orientamento (interno/esterno) è contenuto nel CCNL Ministeri.
La direzione di unità organizzative dà, infatti, titolo ad essere collocato nella posizione e- conomica C1 o C2 a seconda che esse siano, rispettivamente, “senza rilevanza esterna” o “con rilevanza esterna”.
5. LA PROCEDURA CONTRATTUALE DI INDIVIDUAZIONE DEI PROFILI PROFESSIONALI EMERGENTI.
5.1. L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E I RUOLI PROFESSIONALI SONO SEMPRE PIU’ DINAMICI.
Come è noto, i modelli di organizzazione del lavoro di tipo post-fordista sono caratterizzati, tra l’altro, da una elevata dinamicità, causata soprattutto dall’innovazione tecnologica.
Anche diversi settori del terziario e dei servizi – compreso, in particolare, quello del credito
– stanno attraversando una fase di profonda e progressiva rivoluzione organizzativa e ge- stionale, che coinvolge processi e prodotti.
Parallelamente si evolvono in continuazione anche i ruoli professionali effettivamente pre- senti nelle singole realtà aziendali in base alla concreta divisione del lavoro di ogni singolo e specifico contesto produttivo.
Questa fluidità dei dati di tipicità ambientale è, poi, destinata a durare ancora a lungo nel tempo.
5.2. AMPIEZZA E STATICITA’ DEI SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE CONTENUTI NEI VARI CCNL.
I sistemi di inquadramento contenuti nei CCNL, che hanno lo scopo di attribuire la corretta classificazione ad ogni dipendente soprattutto e principalmente in base al criterio delle mansioni effettivamente svolte, sono, talvolta, troppo ampi e statici.
Ampi perché devono regolamentare un intero settore del lavoro costituito da una pluralità indifferenziata di diversificate situazioni organizzative e produttive.
Essi sono, pertanto, costretti ad effettuare delle inevitabili semplificazioni, tenendo conto, a livello di sintesi di comparto, solo delle realtà mediamente più diffuse e consolidate.
Ciò significa che tali sistemi risultano contemporaneamente anche statici, potendo, tutt’al più, fotografare in un momento dato la realtà sottostante che intendono disciplinare.
La loro staticità è, poi, rafforzata dalla lunga durata dei contratti collettivi: un intero qua- driennio.
Sotto questo profilo il passaggio dalla durata triennale a quella quadriennale introdotto dal Protocollo triangolare del 1993 va in netta controtendenza rispetto alle indiscutibili esigen- ze di flessibilità della materia in discussione.
Non ci si deve, pertanto, stupire se si assiste sempre ad una sfasatura temporale ampia e progressiva tra i modelli concreti di prestazioni effettivamente eseguite (che sono volte al futuro) e la disciplina degli inquadramenti, compresi i profili professionali e le declaratorie,
dei singoli CCNL (la quale, perlomeno nel caso della sua vigenza, è volta, invece, al pas- sato).
5.3. NECESSITA’ CONSEGUENTE DI RENDERE DINAMICI I SISTEMI DI CLASSIFICAZIONE.
Il conflitto dinamicità/staticità or ora evidenziato dovrebbe, quindi, essere superato ren- dendo flessibili anche i sistemi di classificazione, in modo che possano risultare omogenei rispetto alla realtà organizzativa sottostante.
5.4. LE DIVERSE SOLUZIONI CONTENUTE NEI CCNL.
E’ evidente che tale indiscutibile esigenza non è stata ignorata dalle parti sociali; esse hanno infatti introdotto da tempo e in pressoché tutti i CCNL delle clausole specifiche a- venti per oggetto l’individuazione e la corretta classificazione dei profili professionali non contenuti di già nei sistemi di inquadramento di settore.
In un solo caso è, inoltre, prevista anche la facoltà di procedere alla ricollocazione di quelli esistenti nelle aree professionali (art. 13 CCNL Ministeri).
Essa appare opportuna in quanto la dinamicità dei dati di tipicità ambientale può anche de- terminare una successiva, diversa valutazione professionale di posizioni già classificate a livello di comparto.
Le varie previsioni possono essere ricondotte alle seguenti tre principali tipologie:
1. INQUADRAMENTO UNILATERALE AZIENDALE (Art. 14 CCNL TELECOMUNICA- ZIONI E PROTOCOLLO ENEL SULLA CLASSIFICAZIONE).
In entrambi i contratti il compito è attribuito alle determinazioni unilaterali delle singole a- ziende.
L’unico coinvolgimento del sindacato è rappresentato dal diritto delle parti stipulanti di es- ser informate sulla declaratoria assegnata ai lavoratori interessati.
2. RINVIO ALLE PARTI STIPULANTI.
In due casi il rinvio alle parti stipulanti è diretto (art. 19 CCNL Sanità e cap. II, punto 1 CCNL ABI). La previsione del CCNL ABI è, comunque, meno vincolante, in quanto l’impegno delle parti è limitato a “valutare la possibilità” di individuare ulteriori profili esem- plificativi in sede nazionale.
In altri due casi esso passa attraverso commissioni paritetiche di settore istituite apposita- mente in materia di inquadramenti (art. 9 CCNL Commercio e Servizi e art. 27 CCNL Te- levisioni Private).
3. RINVIO ALLA SEDE DECENTRATA.
Il CCNL Ministeri (art. 13) rinvia alla contrattazione integrativa a livello di singola ammini- strazione.
Il CCNL Assicurativi (art. 87) si limita alle sole controversie applicative, rimandando la loro soluzione in sede aziendale.
5.5. I LIMITI DELLE SOLUZIONI ESISTENTI.
Le diverse soluzioni contrattuali richiamate nel punto immediatamente precedente rappre- sentano un primo e parziale approccio al problema in discussione.
Esse non appaiono, però, del tutto appaganti. Quella dell’inquadramento unilaterale a- ziendale ha, sì, il pregio della dinamicità, ma anche il (grave) difetto di escludere (addirittu- ra completamente) il sindacato dei lavoratori.
A sua volta il rinvio (diretto o indiretto) alle parti stipulanti il CCNL presenta caratteristiche opposte: ha il pregio del coinvolgimento del sindacato al livello più elevato possibile (ne- goziale), ma anche il difetto di essere una soluzione poco dinamica ed elastica (in quanto ben difficilmente vi si può ricorrere in maniera frequente), affidata ad una sede lontana dai dati di tipicità ambientale e naturalmente e coerentemente portata a considerare in via prevalente i soli profili emergenti in maniera diffusa a livello di intero settore.
La terza soluzione, infine, si articola, al suo interno, in due fattispecie di contenuto sosta n- zialmente diverso in riferimento alla dicotomia dinamicità/flessibilità e all’oggetto.
Entrambe hanno, comunque, l’indiscutibile pregio di avere correttamente individuato la se- de dove affrontare la questione: quella decentrata (singola amministrazione o azienda).
La prima fattispecie, facendo riferimento alla contrattazione integrativa, che ha la stessa durata di quella di settore (4 anni), risulta ugualmente statica e, quindi, non soddisfacente.
La seconda, al contrario, essendo circoscritta alle sole controversie applicative, appare do- tata della massima dinamicità; essa presenta, però, anche due limiti non trascurabili: da un lato è del tutto frammentata, non prevedendo alcun momento di valutazione complessiva e, dall’altro, ha un campo di applicazione molto circoscritto e riferito ai soli aspetti patologi- ci della questione (controversie applicative in essere).
La qual cosa significa anche che il coinvolgimento sindacale non è preventivo e strutturale, ma successivo ed eventuale.
5.6. LA SOLUZIONE CHE SI PROPONE.
Come si è appena visto, le varie soluzioni attualmente esistenti presentano degli aspetti problematici con riferimento al coinvolgimento del sindacato dei lavoratori.
Per poterli risolvere occorre, pertanto, introdurre una disciplina che sia contemporanea- mente flessibile e negoziata.
Negoziata in quanto il sistema degli inquadramenti è uno dei capitoli storicamente presenti nella contrattazione di settore.
Fino a quando la sottostante realtà organizzativa – fordista e taylorista – era statica e uni- forme a livello di comparto, quella sede era in grado di introdurre una regolamentazione sufficientemente completa e aggiornata.
Ormai da diversi anni tale realtà, come si è già visto più volte, è completamente cambiata, a causa soprattutto dell’innovazione tecnologica, e presenta in maniera crescente i carat- xxxx opposti della dinamicità e della diversificazione, anche a livello di singole imprese.
Pare pertanto indispensabile il rinvio alla contrattazione integrativa, la sola in grado di indi- viduare e fotografare la tipicità ambientale assunta dai vari modelli di prestazione nella concreta organizzazione del lavoro aziendale.
Ed è proprio in questa sede che, con la c.d. amministrazione degli inquadramenti (gestio- ne sindacale), è possibile individuare e classificare, in particolare, i profili professionali lì emergenti e dare - laddove necessario – una nuova e diversa classificazione ad alcuni di quelli già esistenti e regolati.
Il che non sarebbe altro che un adeguamento, imposto dal diverso modo di atteggiarsi del- la realtà sottostante, ad un modello negoziale già esistente da sempre.
Del resto vi è già un importante precedente in riferimento ai ruoli chiave (CCNL ABI) o alle posizioni organizzative (CCNL Sanità e Ministeri); in quei contratti la individuazione delle relative figure professionali è, intuitivamente e per le stesse ragioni, affidata proprio alla sede aziendale.
Anche se il livello di coinvolgimento del sindacato è, come si vedrà meglio più avanti, non omogeneo.
Nei due comparti pubblici esso è di tipo negoziale, in quanto la materia entra a far parte della contrattazione decentrata, mentre in quello creditizio è di tipo partecipativo forte: pro- cedura di confronto finalizzata a ricercare soluzioni condivise.
La disciplina proposta dovrebbe essere, in secondo luogo, flessibile.
Sotto questo profilo il primo rinvio alla contrattazione decentrata o integrativa non modifica per niente la situazione in conseguenza del fatto – già segnalato – che essa ha la stessa (lunga) durata di quella di settore: 4 anni e che, quindi, è altrettanto statica.
Sembrerebbe, pertanto, utile introdurre delle fasi di verifica dell’attualità degli inquadra- menti o in ogni caso di necessità e ad iniziativa di una delle parti oppure, e per lo meno, a cadenze fisse prestabilite e abbastanza ravvicinate (es.: 6 mesi/1 anno).
La irrinunciabile flessibilità della disciplina degli inquadramenti – che dovrebbe interessare anche le aziende in misura almeno uguale a quella del sindacato – dovrebbe, infine, fare
riflettere i soggetti stipulanti i CCNL sulla opportunità e sulla realizzabilità di una congrua riduzione della durata della regolamentazione di settore.
6. LE REGOLE DI INDIVIDUAZIONE DEI NUOVI PROFILI E IL PROBLEMA DELLE LACUNE CONTRATTUALI.
In 4 CCNL (Telecomunicazioni, ENEL, Televisioni Private, Assicurativi) sono espressa- mente individuate due semplici regole procedurali in materia di classificazione dei profili presenti nella concreta organizzazione del lavoro e non contenuti nei CCNL di riferimento: il ricorso al criterio dell’analogia ed il riferimento privilegiato alle figure professionali già di- sciplinate.
Esse sono parziali ed in sintonia con quelle individuate dalla dottrina e dalla giurispruden- za consolidate al fine di attribuire il corretto inquadramento al lavoratore in riferimento alle mansioni da lui concretamente svolte. Tali regole si applicano, poi, sia in presenza sia in assenza di lacune contrattuali.
Il procedimento logico individuato dalla dottrina e dalla giurisprudenza si snoda nelle tre seguenti fasi fondamentali:
1. individuazione esatta e puntuale delle mansioni effettivamente prestate;
2. individuazione della qualifica contrattuale in cui esse sono collocabili.
A tal fine occorre tener conto sia della declaratoria sia dei profili professionali esempli- ficativi. Le declaratorie, essendo necessariamente generiche, rappresentano comun- que un significativo elemento di riferimento. L’interprete deve sforzarsi, in particolare, di individuare nel modo più preciso possibile i requisiti professionali oggettivi e sogget- tivi ivi contenuti.
Ancor più importanti sono, comunque, i profili esemplificativi, che rappresentano uno sviluppo e una specificazione dei criteri contemplati nelle declaratorie.
L’uso combinato e incrociato delle declaratorie e dei profili consente di ricostruire me- glio il loro rispettivo significato concreto.
In presenza di una incoerenza tra declaratoria e profili a questi ultimi è attribuito un va- lore interpretativo dirimente;
3. attribuzione al lavoratore della qualifica corrispondente.
CAPITOLO SESTO
1. LE DECLARATORIE E I PROFILI PROFESSIONALI.
Dall’analisi delle declaratorie e dei profili professionali svolta nei due precedenti capitoli emerge la elevata professionalità dei quadri, già del resto desumibile dalla loro nozione le- gale e dalla loro collocazione a cavallo tra gli impiegati e i dirigenti.
Ciò si ricava, in particolare, dalla selettività dei requisiti di appartenenza e dalla natura dei criteri normalmente utilizzati ai fini del loro inquadramento.
Circa il primo aspetto sono richieste una elevata o specializzata preparazione professiona- le (per i professionals) o il possesso in misura ampia ed altrettanto elevata di autonomia, discrezionalità e responsabilità (per gli altri).
Circa il secondo i vari CCNL fanno di regola riferimento, direttamente o indirettamente, a criteri relativi al contenuto della presta zione, e, a volte e in via aggiuntiva, alla capacità professionale posseduta dal singolo lavoratore (es. titolo di studio, abilitazione all’esercizio di professioni coerente col ruolo da ricoprire, iscrizione ai relativi albi).
Sulla conservazione nel tempo e sullo sviluppo del valore professionale iniziale incidono, poi, diversi aspetti, tra cui la formazione continua, la valutazione professionale e la c.d. mobilità orizzontale (o jus variandi), cioè la facoltà del datore di adibire ogni proprio dipen- dente anche a mansioni diverse rispetto alle ultime effettivamente svolte, purché ad esse equivalenti.
Questi aspetti saranno esaminati qui di seguito.
2. LA FORMAZIONE CONTINUA.
2.1. E’ DISCIPLINATA SOLO IN TRE CCNL: MINISTERI, SANITA’ E ABI.
Solo 3 degli 11 CCNL esaminati (MINISTERI, SANITA’ e ABI) contengono una disciplina della formazione ampia ed esigibile.
Ciò non può non stupire per almeno 2 fondamentali motivi: 1) perché la formazione conti- nua e generalizzata è un fattore critico di successo proprio e soprattutto nei settori posti n- dustriali qui analizzat; infatti in essi qualità del servizio significa, innanzitutto qualità (pro- fessionalità) delle risorse umane impiegate – in qualsiasi fase del progetto – nella sua ero- gazione (vedi precedente par. 5.2); 2) perché ciò vale ancor di più per i quadri, categoria di lavoratori altamente professionalizzata. A prima vista può, poi, stupire ancora di più il fatto che in due casi su tre si tratti di comparti della pubblica amministrazione.
A prima vista, in qua nto i processi di trasformazione e di riforma in atto in tutto il settore pubblico, caratterizzato da un necessario e faticoso passaggio a modelli aziendali efficien-
ti, richiedono, tra l’altro, maggiori conoscenze e competenze a pressoché tutti i lavoratori classificati tra gli impiegati di concetto o tra i quadri.
La regolamentazione dei due settori pubblici è sostanzialmente quasi identica. Si farà, così riferimento al solo CCNL Sanità, evidenziando, di volta in volta, nei pochi casi in cui le dif- ferenze tra le due discipline sono significative, anche le previsioni del CCNL Ministeri, con- tenute nell’art. 26.
Nei tre CCNL c’è l’importante e preliminare riconoscimento – nelle premesse generali – del ruolo strategico fondamentale attribuito dalle parti stipulanti alla formazione e allo svi- luppo professionale.
E ciò anche in riferimento alla realizzazione degli obiettivi delle imprese, oltreché natural- mente, per la tutela degli interessi fondamentali dei lavoratori (cap. III, 1 CCNL ABI e art. 29, 1° c., CCNL SANITA’).
Nel CCNL ABI tale riconoscimento è esteso al ruolo complessivo che svolgono le risorse umane, considerate come un fattore strutturale di successo.
2.2. LE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA FORMAZIONE.
La comparazione dei 3 testi contrattuali consente di enucleare le seguenti principali carat- teristiche della formazione.
(potenzialmente) CONTINUA
La formazione è un processo tendenzialmente senza fine che si articola e sviluppa in pro- grammi periodici.
Questo aspetto o è previsto espressamente attraverso la quantificazione del monte-ore annuo (50 ore) (cap. III, 1, 1° c. CCNL ABI) o si ricava indirettamente alla luce delle pre- messe e degli obiettivi in materia (art. 29, 1° c. CCNL Sanità) e del particolare valore pro- fessionale dei quadri. In ogni caso rilievo decisivo assumeranno i programmi (art. 29, 2° c. CCNL Sanità) o le linee guida di indirizzo (art. 26, 2° c. CCNL Ministeri) concordati tra le parti nell’ambito della contrattazione integrativa.
Il requisito della continuità consente di fronteggiare adeguatamente il rischio obsolescenza delle conoscenze e delle competenze, che diventano superate in un arco sempre più ridot- to di tempo.
GENERALE
Cioè estesa a tutti indistintamente i lavoratori (art. 29, 4° c. CCNL SANITA’ e XXX. XXX, 0x, 0x x. XXXX XXX).
Il contratto sanità riconosce, poi, in maniera espressa l’attribuzione del diritto alla forma- zione anche per i dipendenti “…in distacco sindacale…”.
Tale previsione è quanto mai opportuna poichè consente ai lavoratori che ricoprono per periodi anche lunghi ruoli di rappresentanza dei colleghi di conservare e di sviluppare il precedente patrimonio professionale, in modo da non subire danni al momento del loro reinserimento nell’attività lavorativa.
(più o meno) AMPIA
Il CCNL ABI prevede una misura individuale annua minima di ben 50 ore. Il CCNL SANITA’, invece, tace sul punto.
Anche per questo aspetto una quantificazione significativa dovrebbe essere ricavata indi- rettamente, come per la continuità. A questo proposito vale quanto or ora osservato in me- rito a tale caratteristica.
SELETTIVA
Il CCNL ABI lo prevede espressamente e aggancia tale aspetto alla natura della formazio- ne, che è “…elemento costitutivo della competenza professionale…” (cap. III, 1°, 3° c.).
Nel CCNL SANITA’ la selettività si ricava in maniera inequivocabile dal contenuto dei commi 4° e 5° dell’art. 29.
Il 4° c. prevede, in via generale, “…percorsi di formazione con esame finale collegato al si- stema di classificazione…”.
Analogamente, secondo il 5° c. “le attività di formazione obbligatoria si concludono con l’accertamento dell’avvenuto accrescimento della professionalità del singolo dipendente, certificato attraverso l’attribuzione di un apposito attestato al termine dei corsi…”.
GARANTITA
Per il CCNL ABI ciò si ricava dalla misura minima annua comunque riconosciuta ad ogni dipendente (50 ore), mentre per il CCNL SANITA’ esso deriva dall’univoco tenore letterale della norma (“l’attività formativa si realizza attraverso programmi…”) (art. 29, 2° c.) e dalla ratio ispiratrice dell’intero capitolo (art. 29, 1° c.).
TRASPARENTE
Questa caratteristica è garantita dalle previsioni inerenti i criteri (art. 29, 2° c. CCNL SANITA’) o i criteri e le modalità dei corsi (cap. III, 1°, 8° c. CCNL ABI) e da quelle che ri- guardano i criteri (art. 26, 7° c. CCNL MINISTERI) o le modalità (cap. III, 1°, 10° c. CCNL ABI) di partecipazione del personale ai corsi.
PARTECIPATA E NEGOZIATA
Il coinvolgimento del sindacato è diretta conseguenza del ruolo strategico che le parti ha n- no attribuito alla formazione anche in riferimento alla tutela degli interessi fondamentali dei lavoratori e si snoda su due livelli diversi.
Il primo, e più elevato, è di tipo negoziale e comprende, ovviamente, l’intera disciplina dei CCNL e i programmi (art. 29, 2° c. CCNL SANITA’) o le linee di indirizzo (art. 26, 2° c. CCNL MINISTERI) e le modalità di partecipazione del personale ai corsi, (cap. III, 1°, 10°
c. CCNL ABI),demandati tutti alla contrattazione decentrata.
Il secondo si concreta nella verifica delle regole di individuazione dei dipendenti che parte- cipano alle attività formative (art. 26, 7° c. CCNL MINISTERI) o nella valutazione congiun- ta (cap. III, 1°, 8° c. CCNL ABI) circa i programmi, i criteri, le finalità, i tempi e le modalità dei corsi.
2.3 IN PARTICOLARE: IL SETTORE ABI
2.3.1. LA FORMAZIONE ATTUALMENTE SVOLTA NELLE BANCHE.
La maggior parte delle banche applica una sorta di doppio canale formativo.
Il primo si riferisce alla parte obbligatoria prevista dai contratti collettivi. Non raramente questo tipo di formazione viene considerata un mero dovere cui adempiere nel modo me- no oneroso e più formale possibile e risulta parziale, poco efficace e, non raramente, mo- desta in termini di qualità.
Il secondo comprende la formazione aggiuntiva ed è, di regola, unilaterale, discrezionale, e ispirata a una logica di fondo di tipo tradizionale e burocratico in tutti i suoi principali e- lementi costitutivi:
? obiettivo: di norma ha lo scopo di soddisfare dei bisogni di tipo immediato e pratico. Questo fa sì che uno spazio elevato sia riservato all’addestramento e alla informazio- ne;
? rapporto con sviluppo professionale e di carriera: ben raramente vi è un legame stretto, così come dovrebbe essere in sé e in riferimento alle espresse previsioni con- trattuali in materia;
? contenuti : in coerenza con l’obiettivo essi sono di tipo pratico, tecnico e specialistico e trascurano quelli caratterizzanti il nuovo modello formativo che sono di tipo gestiona- le, relazionale, sociale e relativi alla competenza della competenza;
? metodologie didattiche: prevalgono nettamente le lezioni, soprattutto frontali, e sono poco o punto presenti le altre metodologie che coinvolgono a livello di gruppo e che sono invece le uniche a porre i lavoratori in grado di far fronte alle esigenze del cam- biamento.
Questa ricostruzione coincide, sostanzialmente, con quella effettuata dalla indagine di FABRIZI1, che presenta anche diverse ed interessanti indicazioni di ordine quantitativo a supporto delle riflessioni dell’autore.
2.3.2. NECESSIT A’ DI ADEGUARE LA FORMAZIONE IN BANCA AI NUOVI MODELLI INCENTRATI SULL’ADULTO CHE APPRENDE.
Il modello formativo attualmente seguito dalle banche risulta, in base a quanto ora indica- to, di regola non più aggiornato alle nuove esigenze imposte dai contenuti dei nuovi lavori bancari, che mutano in continuazione.
Per questa ragione esso dovrebbe essere progressivamente rivisto a fondo e riprogettato nei contenuti, nel modo di presentarli e, soprattutto, nelle metodologie di apprendimento. Si tratta indubbiamente di uno sforzo assai notevole, ma comunque necessario e non più ulteriormente rinviabile E’ quanto mai indispensabile che le aziende di credito ne prendano rapidamente coscienza ed assumano poi con tempestività comportamenti concreti coeren- ti e conseguenti. D’altra parte la tanto sbandierata (e necessaria) competitività, ben diffi- cilmente può essere realizzata, soprattutto a livello internazionale, senza un generale, ele- vato, progressivo e rapido innalzamento della qualità dei servizi, che è prima di tutto quali- tà del lavoro e, quindi e in particolare, della formazione dei quadri e degli impiegati. Non è un caso, a questo proposito, che siano sempre più numerosi e autorevoli gli studiosi delle diverse discipline che sostengono, con crescente convinzione, che nella società della co- noscenza sia possibile ed utile per i vari portatori di interesse coniugare nel modo migliore l’efficienza dell’impresa e la qualità del lavoro e, quindi, anche della formazione. I due te r- mini non sono contrapposti ma complementari e costituiscono un imprescindibile ed irri- nunciabile binomio per la competitività delle imprese. Rendersene conto per primi dovreb- be consentire di conseguire un vantaggio competitivo difficilmente annullabile dalla con- correnza. Questo dovrebbe rappresentare un ulteriore e non secondario stimolo per far ri- flettere e per decidere rapidamente in materia.
Un ulteriore incentivo dovrebbe, poi, essere rappresentato dall’elevato costo complessivo annuo della formazione, che dovrebbe attestarsi, limitatamente alle sole ore lavorative del- la parte obbligatoria contrattuale, oltre i 500 miliardi.
Occorre poi che la formazione sia realmente tale e non, invece, (come non raramente ac- cade) mero addestramento o informazione. Ciò significa che i relativi interventi debbono contemporaneamente e necessariamente agire su tre sfere diverse: del sapere (cono- scenze), del saper fare (simulazioni) e del saper essere (atteggiamenti, comportamenti e valori consolidati). Agire su quest’ultima richiede certamente un impegno più ampio e più lungo; ma esso risulta indispensabile per superare lo stadio della semplice informazione, del tutto insufficiente a preparare i lavoratori ad agire con efficacia di fronte al cambiamen- to.
Debbono, infine, essere fatte alcune brevi osservazioni sui seguenti aspetti:
1 X. XXXXXXX, La formazione nelle banche e nelle assicurazioni, Roma, bancaria Editrice, 1998
? formatori: il docente ed il processista frequentemente non risultano in possesso delle necessarie competenze a livello tecnico e, soprattutto, relazionale, metodologico e di rapporto col gruppo;
? durata giornaliera: spesso coincide con quella lavorativa; non dovrebbe, invece, su- perare le sei ore circa, pena uno scadimento inevitabile delle capacità di apprendimen- to da parte di adulti poco abituati allo studio;
? equilibrio tra tempi e contenuti: la quantità delle cose che il formatore intende in ge- nere insegnare risulta eccessiva rispetto al tempo effettivamente a disposizione, con conseguente bassa efficacia degli interventi. C’è in questi casi un dannoso ribaltamen- to dei ruoli tra il tempo (che da variabile indipendente diventa variabile dipendente) e i contenuti (che, specularmente, passano da variabile dipendente a variabile indipen- dente). Occorre pertanto ristabilire i giusti rapporti tra le due variabili. Utili allo scopo appaiono due strumenti: l’effettuazione di una prova pratica preventiva e/o la previa predisposizione di una scaletta generale che consenta, in caso di necessità, di saltare gli argomenti che erano stati precedentemente ritenuti non essenziali;
? linguaggio: deve essere, in particolare, chiaro, semplice, comprensibile ai partecipanti e non pieno di tecnicismi, che devono essere adoperati solo se necessari e sempre spiegati. In realtà così non appare essere, soprattutto in riferimento ai formatori interni non professionali;
? strumenti didattici: un loro uso corretto non appare molto diffuso; ciò vale, in partico- lare, per i lucidi, che vengono spesso adoperati in maniera sovrabbondante e senza il rispetto delle regole base di impiego;
? verifica: è uno degli aspetti più significativi e dovrebbe comprendere almeno i tre se- guenti elementi: 1) l’apprendimento didattico; 2) i cambiamenti avvenuti a livello lavo- rativo; 3) il grado di soddisfazione dei partecipanti, che comprende anche la valutazio- ne dei docenti. Essa dovrebbe, poi essere effettuata in due tempi diversi: a fine corso e a distanza di tempo. In sua assenza la formazione viene degradata al rango di in- formazione. In base alla esperienza pratica il ricorso ad essa risulta pressoché inesi- stente. Ciò vale ancor di più per quella a “ freddo “, l’unica tra l’altro in grado di valuta- re il cambiamento degli atteggiamenti ed il consolidamento dei comportamenti.
2.3.3. LA FORMAZIONE CONTINUA E IL SINDACATO.
Il sindacato del credito ha dimostrato già da diversi contratti di essere particolarmente at- tento alla questione della formazione continua di tutti i lavoratori del settore. Per questa ragione è riuscito, tra l’altro, a conseguire: il preliminare riconoscimento del suo ruolo stra- tegico anche in riferimento alla realizzazione degli obiettivi delle imprese; delle regole che garantiscono la trasparenza del sistema; un contenuto che ricomprende anche gli aspetti di relazione e il coinvolgimento partecipativo del sindacato aziendale; un monte ore annuo individuale e garantito di 50 ore (vedi precedente capitolo sesto).
Si tratta senza dubbio di risultati significativi e superiori rispetto a quelli conseguiti nelle al- tre categorie produttive.
Essi non sono, però, ancora completamente in linea con le nuove e progressive esigenze del lavoro nei settori dei servizi in generale e delle banche in particolare. E ciò per due or- dini di motivi:
1) perché l’attuale modello reale di formazione del nostro comparto rimane di tipo tradizio- nale, risultando conseguentemente alquanto lontano, in specie sull’aspetto caratterizzante del metodo, da quello ideale, che vede la formazione dei lavoratori come un processo di facilitazione dell’apprendimento delle conoscenze dell’adulto. Sotto questo profilo vi è una sensibile discrasia tra deontologia (dover essere) e ontologia (essere) che, anche in base all’esperienza pratica, non appare in via di rapido superamento;
2) perché lo stesso modello reale non sembra ancora pienamente rispettoso delle previ- sioni negoziali in materia.
Il sindacato dovrebbe, pertanto prendere atto di questa situazione e impegnarsi con co- stanza e con tempestività per cercare di coinvolgere le aziende in un progetto generale di rimozione graduale ed in tempi ragionevolmente brevi delle due discrasie di cui sopra. In ogni caso è sicuramente positivo il fatto che si parta da una posizione iniziale relativa mi- gliore rispetto a quella degli altri settori.
Non deve poi essere trascurato il fatto che l’introduzione a regime del modello ideale pro- posto dalla più autorevole ed ormai consolidata dottrina soddisfacerebbe in maniera indi- scutibile le esigenze dei tre fondamentali portatori di interessi: i lavoratori, il sindacato e le imprese. Quest’ultimo elemento dovrebbe aiutare non poco a realizzare le convergenze necessarie su un progetto d’avanguardia e tendenzialmente condiviso.
Sarebbe, in ogni caso, opportuno, sul piano del metodo, iniziare con una fase di attenta ri- cognizione dell’esistente su un campione significativo di banche, in modo tale da acquisire i dati quantitativi necessari per elaborare in maniera documentata una proposta di ade- guamento e per affrontare i confronti con la controparte.
2.4. LA FORMAZIONE NEL CCNL ASSICURATIVI.
Anche il CCNL ASSICURATIVI contiene una disciplina dettagliata della formazione (artt. 63/66).
Essa, però, presenta un contenuto complessivo più circoscritto e meno esigibile. Per questa ragione si è ritenuto di analizzarla in maniera separata.
Anche in questo caso vi è l’importante e preliminare riconoscimento – nelle premesse ge- nerali (art. 63, 1° c.) – del suo ruolo fondamentale anche in riferimento alla realizzazione degli obiettivi delle imprese.
La successiva regolamentazione contiene uno viluppo di tale riconoscimento che può ri- sultare non altrettanto ampio.
Questa osservazione è riferibile ai vari caratteri in precedenza individuati a proposito dei 3 CCNL or ora esaminati.
Per la formulazione di un giudizio definitivo occorrerebbe, tuttavia, analizzare i contenuti della contrattazione aziendale sul monte -ore complessivo e sulla percentuale dei lavoratori che hanno diritto alla formazione.
Questa indagine esula, evidentemente, dallo scopo di questo studio.
2.5. OSSERVAZIONI FINALI.
La regolamentazione complessiva dei tre contratti appare sufficientemente estesa ed in grado, se attuata in maniera coerente a livello di singolo ente o azienda, di conservare, aggiornare e sviluppare il patrimonio professionale dei quadri.
Ciò a condizione che, in riferimento ai due comparti pubblici, le parti datoriali colmino in maniera corretta la (grave) lacuna relativa alla mancata introduzione di una quantità annua minima garantita.
Nella società della conoscenza, che si sta progressivamente delineando negli Stati più e- voluti, la formazione assume già da oggi un rilievo così elevato (oltreché diffuso) da poter essere addirittura considerata come un elemento integrante della retribuzione.
Essa entra, quindi e prepotentemente, a far parte del c.d. sinallagma contrattuale, cioè dello scambio reciproco di prestazioni e controprestazioni che si verificano a livello di sin- golo rapporto di lavoro.
Si può, insomma, affermare, senza correre il rischio di enfatizzarla oltre misura, che essa rappresenta e rappresenterà sempre di più la ricchezza principale dei lavoratori.
La professionalità concreta ha sostituito, per questo aspetto, “le braccia” dell’epoca della prima rivoluzione industriale.
Grazie ad essa, infatti, i prestatori possono, tra l’altro, eliminare/ridurre al minimo il rischio (generale) della obsolescenza delle loro conoscenze e competenze, essere sempre più competitivi nelle loro aziende, conseguire un corrispettivo sviluppo retributivo e potersi presentare in un mercato sempre più selettivo con concrete possibilità di ricollocazioni e- sterne uguali o migliori.
Oltremodo interessante è il modello formativo che emerge dalla normativa del CCNL ABI, che si avvicina molto, almeno per tre delle quattro caratteristiche distintive che li contrad- distinguono, a quelli reali delle imprese eccellenti.
Vale a dire per quanto attiene a estensione (generalizzata per gli impiegati e i quadri), quantità (10-12 giorni all’anno per ogni dipendente) e contenuto (comprendono, al pari del CCNL ABI, anche le capacità di relazione).
Il contratto ABI nulla, invece, prevede per la quarta e importante caratteristica: il metodo.
Le imprese eccellenti attribuiscono, al contrario, un ruolo primario all’insegnamento di me- todi scientifici semplificati, che comprendono anche delle fasi apposite di applicazioni pra-
tiche per la corretta impostazione e risoluzione dei problemi concreti che i lavoratori deb- bono affrontare nella loro attività quotidiana.
Si tratta, in sostanza, di “imparare ad imparare”.
Questo aspetto è da considerare ancora più rilevante per i quadri, vale a dire per dei lavo- ratori ad alta professionalità che svolgono mansioni che richiedono un costante approccio in termini di “problem solving” e, più in generale, per il nostro paese.
A tale proposito è infatti notorio che da noi l’insegnamento delle tecniche d’apprendimento brilla, di norma, per la propria assenza in pressoché ogni ordine e grado di studi.
A sua volta la formazione svolta dalle banche non ha sinora colmato questa non lieve la- cuna.
E’ da ritenere che documentate e dettagliate proposte vengano formulate al riguardo da parte di ENBICREDITO, l’Ente bilaterale nazionale per la formazione nel settore ABI, che ha già dimostrato di operare in modo eccellente a livello metodologico e di impianto gene- rale del proprio lavoro.
3. LO SVILUPPO PROFESSIONALE E DI CARRIERA: IL CCNL ABI.
Solamente il CCNL ABI contiene una disciplina specifica riguardante lo sviluppo profes- sionale e di carriera.
In analogia a quanto previsto nel punto precedente a proposito della formazione, il testo si apre col riconoscimento dell’importanza cruciale delle “capacità professionali” in riferimen- to agli interessi propri di entrambe le parti: il lavoratore e l’impresa.
Esse costituiscono, infatti, “…un patrimonio fondamentale per i lavoratori e per l’efficienza e la competitività delle imprese bancarie…” (cap. III, 2°, 1° c.).
Questa premessa di valore non rimane, poi, limitata a livello di affermazione di principio, ma trova un coerente ed esigibile sviluppo giuridico-contrattuale attraverso l’introduzione di un espresso obbligo per le aziende (“…si impegnano…) di “…valorizzare e sviluppare le capacità professionali…” degli stessi prestatori (cap. III, 2°, 2° c.).
La valorizzazione impone di tenerne correttamente conto nell’adibizione ai compiti e nella progressione di carriera.
Lo sviluppo si concreta, a sua volta, nel dovere datoriale di ricorrere ai relativi strumenti contrattuali di attuazione: la formazione adeguata, l’esperienza pratica di lavoro e la mobi- lità su diverse posizioni di lavoro (cap. III, 2°, 3° c.).
Particolarmente significativa è, poi, la clausola che prevede che la valorizzazione e lo svi- luppo professionali debbano avvenire “…secondo il principio delle pari opportunità…”.
Lo scopo della norma è evidente: evitare che in sede applicativa pratica le aziende possa- no ricorrere – come non raramente è accaduto in passato – a dei criteri soggettivi e di- scriminatori, in particolare nei confronti dei dipendenti più deboli: donne, lavoratori a tempo parziale o frequentemente assenti per malattia, sindacalisti, ecc.
Tali criteri devono, invece, essere improntati al pieno rispetto del principio di uguaglianza sostanziale nei confronti di ognuno e di tutti.
La discrezionalità dei datori ne esce, quindi, alquanto vincolata, ma nel loro stesso ben in- teso interesse. Ciò perché il rispetto delle regole di cui si tratta consente di sviluppare al meglio le capacità professionali dei loro collaboratori, vale a dire di un patrimonio conside- rato, come appena visto, dallo stesso contratto fondamentale per l’efficienza e la competi- tività delle imprese.
Lo sviluppo professionale è, per sua natura, strettamente collegato alla progressione di carriera.
Nel CCNL ABI questo legame è, a sua volta, esplicitato in due diverse disposizioni che prevedono che esso sia finalizzato “… all’individuazione di figure professionali …” dei quadri e che “… in connessione con la valutazione professiona le, concorre allo sviluppo di carriera del personale” (cap. III, 5, 1° c.).
Valutazione professionale che viene, poi, resa trasparente ed obiettiva attraverso l’introduzione di uno specifico obbligo datoriale di individuarne i criteri e l’elencazione, an- corché a titolo esemplificativo, di alcuni di essi ritenuti dalle parti idonei allo scopo (compe- tenze professionali, precedenti professionali, padronanza del ruolo, attitudini e potenzialità professionali, prestazioni).
4. LA MOBILITA’ ORIZZONTALE DEI LAVORATORI.
L’analisi sarà, ovviamente, limitata alla sola mobilità orizzontale, in quanto quella vertica- le/ascendente, cioè l’adibizione a mansioni (appartenenti a qualifiche) superiori garanti- sce, per definizione, lo sviluppo del patrimonio conoscitivo posseduto dal dipendente e, quindi, la sua professionalità dinamica.
4.1. LA LEGGE.
Come è noto, il lavoratore è titolare, ai sensi dell’art. 2103 c.c. – così come modificato dall’art. 13 della legge 300/1970 - del diritto di essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamen- te acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte.
Dal lato dell’imprenditore la medesima disposizione introduce il c. d. “ jus variandi “ ( diritto di variare ), che deve essere, ovviamente, circoscritto ai soli cambiamenti di mansioni ri- chiamate nel paragrafo precedente.
C’è, quindi, un implicito ma indiscutibile divieto di utilizzare i dipendenti in compiti inferiori.
Questa norma ha lo scopo di tutelare la professionalità del prestatore di lavoro, vale a dire un aspetto della sua dignità, che è un bene superprotetto a livello costituzionale (art. 41, 2° c.) in quanto gerarchicamente superiore a quello del libero esercizio della iniziativa eco- nomica privata.
Ai nostri fini interessa esaminare solo la mobilità verso posizioni di lavoro equivalenti, cioè l’unica delle due fattispecie legali di mobilità che può mettere in dubbio, se non interpretata ed applicata correttamente, la tute la dinamica della professionalità posseduta dai dipen- denti.
In riferimento ad essa, il legislatore, allorché afferma che il lavoratore può essere adibito a “mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte”, regolamenta la c.d. mobilità ori z- zontale o laterale.
Ciò perché il principio di equivalenza che lega ogni volta le nuove mansioni da attribuire in maniera stabile e quelle ultime effettivamente svolte suscita necessariamente, secondo una diffusa interpretazione, una dimensione di orizzontalità; che è certamente altra cosa rispetto a inferiore e superiore, che richiamano invece alla mente la ben diversa dimensio- ne della verticalità. Equivalente significa comparabile, corrispondente, paragonabile, di va- lore simile, equiordinato.
4.1.1. L’INTERPRET AZIONE STATICA.
L’interpretazione statica della disposizione in oggetto è ancora nettamente prevalente a li- vello di giurisprudenza di legittimità e di merito e si basa, essenzialmente, sulla protezione della professionalità acquisita, che, quindi, viene come congelata nel tempo.
Tale ricostruzione è coerente con il tenore letterale del testo e con la sottostante realtà or- ganizzativa dell’epoca dello statuto dei lavoratori, caratterizzata da altrettanto rigidi modelli reali di tipo fordista e taylorista.
I giudici hanno da subito individuato i 6 seguenti principi fondamentali:
a. il concetto di equivalenza ha un significato di natura essenzialmente professionale e non retributivo. Si tratta, infatti, di una tutela aggiuntiva rispetto a quella economica, già garantita dall’inciso “…senza alcuna diminuzione di retribuzione…”. Da ciò deriva che il requisito dell’equivalenza non è di per sé rispettato con la sola conservazione del livello retributivo già conseguito in maniera stabile;
b. l’appartenenza delle mansioni di nuova (e stabile) assegnazione alla stessa area pro- fessionale o livello di quelle di provenienza (le ultime effettivamente svolte) è condizio- ne solo necessaria e non anche sufficiente di equivalenza. Ciò perché il sistema di classificazione ha funzioni solo tariffarie;
c. entrambe le mansioni debbono appartenere alla medesima area professionale, vale a dire a quell’area che ricomprende mansioni che presuppongono un determinato insie- me di conoscenze tecniche e di capacità pratiche (equivalenza soggettiva). Qui la no-
zione di area professionale è, naturalmente, del tutto diversa da quella utilizzata come criterio di classificazione dei lavoratori. In quest’ultimo caso si tratta, infatti, di una delle grandi articolazioni di tipo verticale in cui vengono suddivisi i prestatori d’opera.
Nel primo tale terminologia è, invece, utilizzata per ritagliare e individuare, all’interno di ogni singola articolazione (area professionale di tipo verticale, categoria, livello, ecc.) il sottoinsieme omogeneo di mansioni che consentono, nel loro espletamento, di utiliz- zare e, conseguentemente, di perfezionare il corredo di nozioni, di esperienza e di pe- rizia acquisito nella precedente fase del rapporto di lavoro;
d. l’inquadramento delle mansioni di destinazione in un’articola zione più bassa rispetto a quelle di provenienza è condizione sufficiente per qualificarle come inferiori. L’adibizione ad essa risulterebbe, pertanto, illecita. Ciò si ricava direttamente e auto- maticamente dai precedenti principi (in particolare da quello sub b);
e. l’equivalenza deve estendersi anche ad una serie di parametri ricavabili dai dati di tipi- cità ambientale a livello di singola azienda, quali, ad esempio, le aspettative di carriera e di avanzamento professionale, il potere autoritativo e di controllo su altri dipendenti, la posizione gerarchica raggiunta nella specifica organizzazione aziendale;
f. l’accordo è nullo – ai sensi del disposto di chiusura dell’art. 2103 c.c.: “ogni patto con- trario è nullo” – in riferimento ad ogni forma di patto peggiorativo per il lavoratore, sia individuale sia collettiva, sia contestuale sia successiva rispetto alla stipula del contrat- to individuale di lavoro.
4.1.2. LE INTERPRETAZIONI DINAMICHE.
Il cambiamento radicale dello scenario socio-economico di riferimento, sempre più caratte- rizzato dalla flessibilità di ogni fattore della produzione, ha spinto da circa un decennio una parte della dottrina a dare delle letture dinamiche della nozione di equivalenza.
Sono così emerse alcune teorie accomunate, ai nostri fini, da due elementi: la tutela dina- mica del patrimonio professionale dei lavoratori e il riferimento – di regola – alle sole man- sioni appartenenti ad uno stesso livello per la determinazione della nozione di equivale n- za.
La giurisprudenza, soprattutto di legittimità, è rimasta, dal canto suo, prevalentemente an- corata al precedente modello interpretativo di tipo statico.
4.2. I CCNL.
4.2.1. IL QUADRO SINOTTICO SULLA MOBILITA’ ORIZZONTALE.
Solo i 6 CCNL presi in esame nella seguente tabella prevedono delle clausole espresse in materia.
TELECOMUNICA ZIONI – ENEL (art. 14, 7° c.)) | TELEVISIONI PRIVATE (art. 27, 6° c.) | SANITA’ PUBBLICA (art. 13, 5° c.) | MINISTERI (art. 13, 4° c.) | ABI (cap. II, 2° punto) |
- adibizione an- | Interscambiabilità | Attività complemen- | - tutte le man- | Piena fungibilità fra |
che a compiti propri dei livelli inferiori; | delle mansioni in aree professionali compatibili | tari e strumentali a quelle inerenti lo specifico profilo at- | sioni conside- rate equivale n- ti nel livello | il 1° e il 2° livello re- tributivo e fra il 3° e il 4° |
- adibizione alle attività accesso- rie e/o integrati- | tribuito | economico di appartenenza; - attività stru- | ||
ve delle attività prevalenti di ciascun profilo | mentali e complementari a quelle ine- | |||
renti lo speci- fico profilo at- tribuito |
4.2.2 LE DUE PRINCIPALI TIPOLOGIE RICAVABILI DALL’ANALISI DEI CCNL.
Le regole contrattuali richiamate nella tabella 4 si riferiscono indistintamente a tutti i lavora- tori. Ciò vale sostanzialmente anche per il CCNL ABI, ove esistono previsioni separate ma di analogo tenore per le due aree impiegatizie e dei quadri.
Esse possono essere ricondotte a due principali tipologie:
a. adibizione a mansioni appartenenti anche ai livelli inferiori (CCNL Telecomunicazioni, ENEL ed ABI). Nei primi due contratti il testo fa genericamente riferimento a “livelli in- feriori”.
L’utilizzo della forma plurale può far ritenere, addirittura, che i lavoratori possano esse- re spostati anche a livelli non immediatamente inferiori. Il che allargherebbe ancor più a dismisura l’ambito della fungibilità, visto che solo l’ultimo (H) ricomprende i quadri.
In base a questo sistema di classificazione anche la semplice fungibilità col solo livello inferiore (G) significa già svolgimento di mansioni proprie di una categoria legale di- versa e inferiore.
Nel settore ABI la fungibilità è, invece, tutta interna alla categoria dei quadri; anzi a ognuna delle due sottocategorie individuate a questo scopo: 1° e 2° livello economico da un lato e 3° e 4° dall’altro. Il che significa che essa è riconosciuta solo all’interno delle due precedenti e distinte categorie (quadri e funzionari) ora unificate in quella u- nitaria dei quadri direttivi.
b. Adibizione solo a (talune) mansioni appartenenti allo stesso livello economico (CCNL Televisioni Private e Ministeri).
Il CCNL Ministeri contiene una previsione sostanzialmente ripetitiva del precetto di legge di cui al richiamato art. 2103 c.c.: adibizione alle sole mansioni equivalenti dello stesso livello economico. La limitazione relati va allo stesso livello economico è, infatti, ricavata direttamente dal testo civilistico da parte della giurisprudenza ancora oggi prevalente.
Questa tutela riveste comunque una indiscussa importanza in quanto per i contratti collettivi pubblici tale protezione non è applicabile e la legge ( art. 56 d.lgs. 29/1993 fa espresso rinvio ( con valenza vincolante ) ai contratti collettivi per la determinazione del concetto di equivalenza professionale.
Del tutto coincidente con tale giurisprudenza risulta la regolamentazione del CCNL Te- levisioni Private, che fa riferimento ad “aree professionali compatibili”.
Questa espressione sembra richiamare entrambi gli aspetti (oggettivo e soggettivo) individuati dalla magistratura ancora prevalente a proposito della nozione legale di e- quivalenza.
Va inoltre precisato che 4 CCNL (CCNL Telecomunicazioni, ENEL, Sanità pubblica e Ministeri) consentono di adibire i lavoratori anche alle attività complementari, accesso- rie, strumentali o integrative rispetto a quelle inerenti lo specifico profilo attribuito al di- pendente.
Il riferimento comune a quest’ultimo blocco di mansioni (specifico profilo attribuito) e il rapporto principale/accessorio che si instaura con le ulteriori attività richiedibili dovreb- bero impedire sul nascere ogni possibile effetto negativo sul patrimonio professionale acquisito.
4.3. L’INTERPRETAZIONE DELLE DISPOSIZIONI CONTRATTUALI IN RIFERIMENTO ALLA TUTELA DINAMICA DELLA PROFESSIO- NALITÀ.
4.3.1. ALCUNI PRINCIPI AGGIUNTIVI A LIVELLO INTERPRETATIVO.
Esiste in materia di equivalenza delle mansioni una ben precisa gerarchia tra le fonti di legge e quelle contrattuali. Le prime, introducendo dei precetti dichiarati espressamente non derogabili da patti contrari di qualunque natura (“ogni patto contrario è nullo” art. 2103, ultimo c. c.c.) sono gerarchicamente superiori alle seconde, alle quali pertanto si impon- gono.
Ciò vale, in particolare, per i principi fondamentali individuati dalla giurisprudenza preva- lente (vedi par. 4.1.2.)
Se, poi, si volesse aderire alle interpretazioni dinamiche proposte soprattutto dagli studio- si, occorre in ogni caso rispettare alcune regole aggiuntive per ricostruire con correttezza l’esatta portata delle clausole in discussione.
In primo luogo non è possibile – come del resto sostenuto dalla migliore dottrina – attribui- re una validità generale ed astratta, cioè del tutto sganciata dai dati di tipicità ambientale, alle previsioni che consentono un utilizzo più flessibile dei dipendenti.
E ciò anche se esse rappresentano il coerente sviluppo della (condivisibile) volontà delle parti di valorizzare gli aspetti qualitativi e polifunzionali della prestazione lavorativa.
Occorre, a questo riguardo, che ci sia un’intima omogeneità tra utilizzo dinamico delle ri- sorse umane e reale modello organizzato aziendale.
Quest’ultimo deve, quindi, risultare innovativo e dinamico.
In caso contrario, cioè in presenza di una realtà ancora tradizionale, statica e parcellizzata, con posizioni di lavoro isolate, si imporrebbe una interpretazione altrettanto rigida e stati- ca. La ragione è chiara: in un simile contesto l’uso elastico dei lavoratori produrrebbe una illecita lesione del loro patrimonio professionale acquisito.
E’ noto che la situazione attuale è caratterizzata, tra l’altro, dall’assenza di modelli omoge- nei in relazione al sistema economico complessivo ai singoli settori merceologici.
Vi è, cioè, una coesistenza, in ogni singolo comparto, di realtà del tutto diverse: alcune a- vanzate e innovative, altre più tradizionali, altre ancora caratterizzate da una varia mesco- xxxxx delle due situazioni estreme.
Occorre, pertanto, valutare ogni singolo contesto dato al momento di effettuare la scelta tra le due principali soluzioni interpretative circa l’equivalenza delle mansioni.
Il che significa che si sarà in presenza di ricostruzioni ermeneutiche diverse in uno stesso momento a livello di singole imprese.
O, addirittura, in riferimento alle loro varie articolazioni aziendali. Ciò in quanto il modello organizzativo di una stessa azienda risulta frequentemente non omogeneo, ma diversifica- to a seconda delle proprie suddivisioni territoriali o funzionali.
Come avviene, in particolare, nel settore del credito, ove spesso l’innovazione è soltanto declamata o, tutt’al più, attuata parzialmente e/o a macchia di leopardo.
In secondo luogo è necessario ricorrere all’interpretazione logico-sistematica delle dispo- sizioni sull’equivalenza, così come imposto dall’art. 1363 c.c. (“Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto.”).
Questa fondamentale regola risulta nel nostro caso del tutto decisiva in quanto le norme in oggetto non rappresentano altro che uno sviluppo particolare di quelle generali che rico- noscono un ruolo strategico alle risorse umane e che hanno (anche) l’obiettivo di consenti- re uno sviluppo professionale dei lavoratori.
Tali norme generali devono, quindi, fungere da imprescindibili e superiori parametri erme- neutici di riferimento al momento dell’attribuzione del corretto significato a quelle in discus- sione.
4.3.2. L’INTERPRETAZIONE DELLE DISPOSIZIONI CONTRATTUALI.
I CCNL esaminati possono essere raggruppati in 3 classi fondamentali in riferimento alla mobilità orizzontale.
Alla prima appartengono i 5 CCNL che non contengono alcuna previsione in materia (Commercio e Servizi, Scuola Pubblica, Ente POSTE e Polizia).
Questi non presentano problemi in riferimento alla tutela dinamica della professionalità dei lavoratori, che è garantita dall’applicazione dell’art. 2103 c.c., che funge in questi casi da unica fonte di riferimento. Si tratta, tutt’al più, di darne delle interpretazioni adeguatrici di tipo dinamico che non ne stravolgano il precetto.
Lo stesso ragionamento vale anche per i due CCNL (seconda classe) che prevedono l’adibizione solo a (talune) mansioni appartenenti allo stesso livello economico: Televisioni private e Ministeri.
Si rinvia sul punto a quanto già evidenziato in precedenza (par. 4.2.2).
La terza e ultima classe è costituita a sua volta dai 3 rimanenti CCNL, cioè da quelli che prevedono un’adibizione a mansioni appartenenti a livelli inferiori (CCNL Telecomunica- zioni, ENEL e ABI).
Le clausole (sostanzialmente uguali) contenute nei primi due CCNL presentano i più seri problemi di coordinamento con il testo di legge.
Come si è già visto nel precedente par. 4.2.2., esse consentono di adibire i lavoratori a “li- velli inferiori”, cioè a livelli che inquadrano in ogni caso solo lavoratori appartenenti a una diversa e altrettanto inferiore categoria legale.
Il che entra di regola in illecita collisione con il precetto statutario.
I quadri (al pari degli altri dipendenti) possono essere quindi spostati unicamente a posi- zioni appartenenti allo stesso livello e, per di più, in modo coerente rispetto agli impegni assunti dalle parti stipulanti nelle premesse al sistema di classificazione laddove si affe r- ma, tra l’altro, di “…consentire una gestione di sviluppo professionale del personale…” (Protocollo ENEL sulla classificazione) o di aver “… realizzato … un sistema inquadra- mentale … funzionale alla valorizzazione dello specifico apporto fornito dalle risorse uma- ne …” (art. 14 CCNL Telecomunicazioni).
Il che si traduce, dopo aver fatto una attenta analisi della singola realtà, in una eventuale limitazione alla fungibilità all’interno di uno stesso livello.
Per quanto riguarda il CCNL ABI si rinvia al paragrafo successivo.
4.3.3. IN PARTICOLARE: IL SETTORE DEL CREDITO.
Il CCNL ABI è l’unico a contenere una previsione espressa sulla gestione delle risorse umane nello stesso comma in cui viene disciplinato lo jus variandi.
La piena sostituibilità fra il 1° e il 2° e il 3° e il 4° livello dei quadri è infatti ricollegata alle esigenze aziendali in direzione della fungibilità ed al fine di “….. consentire conoscenze quanto più complete del lavoro ed un maggior interscambio nei compiti …” (Cap. II, 2° punto, 1°c).
Queste rilevanti precisazioni sono, a loro volta, una specificazione di quelle più generali presenti in altre parti del testo contrattuale, le quali contengono l’importante riconoscimen- to del ruolo strategico fondamentale attribuito dalle parti alle risorse umane. Queste infatti sono considerate come un fattore strutturale di successo delle imprese e, più in dettaglio e ancora una volta, anche in riferimento agli obiettivi aziendali, alla formazione e allo svilup- po professionale (vedi il precedente par. 2).
Lo sviluppo professionale è, poi, tutelato e garantito nel tempo da diverse previsioni ad hoc, tra cui quella che introduce l’espresso obbligo delle aziende di “… valorizzare e svi- luppare le capacità professionali ….” Dei lavoratori (vedi il precedente paragrafo 3).
L’insieme delle clausole protettive dei beni professionali dei lavoratori or ora richiamate costituiscono, come visto, uno degli scopi che il datore è tenuto contrattualmente a reali z- zare nel momento in cui intende ricorrere alla mobilità interna e, quindi, uno dei fondamen- tali parametri di riferimento per la verifica della legittimità delle nuove e diverse mansioni di destinazione.
In altre parole lo jus variandi è legato da uno stretto rapporto mezzo/fine con le regole di protezione professionale dei dipendenti e, quindi, condizionato e vincolato nel suo eserci- zio concreto da un obbligo di scopo preciso e cogente.
Analoga previsione è presente in relazione anche alle altre categorie dei lavoratori. L’unica e importante differenza è che la fungibilità piena è addirittura estesa in quest’ultimo caso a “ .. tutte le attività di pertinenza dell’area professionale di appartenenza …. “ (Cap. III, di- sposizioni generali CCNL 19 dicembre 1994).
Il che significa, tra l’altro, che tutti i lavoratori inquadrati nella terza area professionale (quella impiegatizia), che rappresentano almeno il 60% dell’intero comparto, potrebbero essere indifferentemente e continuamente ruotati in ciascuna delle mansioni di ognuno dei quattro livelli retributivi in cui essa è articolata.
Il che equivarrebbe a riconoscere una piena e totale fungibilità infraarea.
La qualcosa avviene non raramente in sede applicativa quando l’azienda opera in questo modo: a) decide unilateralmente e liberamente di adibire in via non occasionale un impie- gato appartenente ad un livello retributivo superiore al primo a mansioni corrispondenti al suo inquadramento; b) si ritiene del tutto libera di riadibirlo successivamente a compiti del primo (o di un altro e inferiore) livello; c) si ritiene altrettanto libera di rassegnarlo, infine,ad altri di pertinenza della sua qualifica.
In questi casi le aziende si considerano, quindi, legittimate ad esercitare senza limiti uno jus variandi di tipo sia orizzontale sia verticale, in ascesa ed in discesa.
Và da sé che una siffatta interpretazione entri in illecita collisione, per le ragioni or ora e- sposte, a proposito della omologa clausola dei quadri, con il superiore precetto di legge di cui art. 2103 c.c.; e ciò in riferimento anche alle ricostruzioni più innovative e flessibili.
In base alla giurisprudenza prevalente tale collisione vale – in primo luogo e di regola – in ogni caso di adibizione a mansioni proprie del livello immediatamente inferiore.
Quanto poi agli spostamenti orizzontali, cioè tra posizioni appartenenti allo stesso livello, occorre che sia comunque rispettato l’ulteriore requisito della equivalenza soggettiva (vedi precedente paragrafo 4.1).
Se, poi, si vuol ricorrere alle interpretazioni più innovative, devono in ogni caso essere ga- rantiti i beni professionali prima richiamati. Tutto questo non significa, però, volersi rigida- mente attestare su un modello interpretativo di tipo statico.
In presenza di una situazione organizzativa (che va attentamente verificata caso per caso) di tipo effettivamente innovativa e dinamica dovrebbero essere coerentemente riconosciuti degli ulteriori ed omogenei margini di flessibilità.
Ciò però non in maniera indiscriminata, ma solo entro i limiti del rispetto della professiona- lità del lavoratore, pur eventualmente intesa in maniera diversa rispetto alla protezione del patrimonio professionale pregresso, magari poco utilizzabile, in certi casi, nella nuova real- tà ambientale.
La qual cosa vale soprattutto in relazione alla c.d. “polifunzionalità” dei compiti ed alla ro- tazione del lavoratore su posizioni diverse.
Se le diverse mansioni fossero tutte equivalenti non dovrebbero sussistere significativi problemi per la protezione professionale dei lavoratori. Se, al contrario, esse dovessero ri- sultare, nelle varie rotazioni, anche non equivalenti, i compiti inferiori e superiori dovrebbe- ro alternarsi in maniera effettiva, bilanciata e sufficientemente breve in modo da incidere positivamente e non negativamente sulla professionalità degli interessati. Il che dovrebbe significare che i vari compiti dovrebbero essere tra di loro omogenei o, tutt’al più, strumen- tali o accessori. In questi casi sarebbe legittimo che alcuni di essi appartenessero anche al livello immediatamente inferiore (o 1° o 3°).
La rotazione su posizioni non equivalenti, potrebbe, infine, risultare anche significativa- mente più ampia laddove, come a volte accade, l’utilizzo ancor più elastico fosse inserito in un preciso ed esigibile sentiero professionale al termine del quale al lavoratore venisse riconosciuta una qualifica superiore. In questa fattispecie la indiscutibile strumentalità (e transitorietà) delle mansioni inferiori e l’avanzamento finale garantito in conseguenza del più elevato valore del ruolo di arrivo sono elementi più che sufficienti di rispetto del princi- pio legale ( e contrattuale) di equivalenza.
5. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE SULLA PROFESSIONALITA’ DINAMICA DEI QUADRI.
5.1. IN GENERALE.
Come chiarito nel paragrafo di apertura, lo scopo essenziale di questo capitolo è di verifi- care fino a che punto le regole convenzionali siano in grado di garantire la conservazione e lo sviluppo nel tempo del valore professionale iniziale dei quadri, che risulta sicuramente elevato in base alle declaratorie ed ai profili dei diversi CCNL.
A tal fine questi ultimi possono essere ricondotti alle tre seguenti tipologie:
? Assenza di tutela
? Tutela di livello variabile in base al contenuto della contrattazione aziendale d’attuazione
? Tutela sufficientemente ampia ed esigibile.
Alla prima appartengono, a loro volta, sia i 4 CCNL che non presentano alcuna clausola rilevante in merito (Commercio e Servizi, Scuola Pubblica, Ente POSTE, Polizia) sia i due che prevedono solo la possibilità di adibire i lavoratori anche a compiti propri dei livelli infe- riori (CCNL Telecomunicazioni ed ENEL).
In tutti i 6 CCNL la mancata regolamentazione della professionalità dinamica e l’inesistenza di idonei precetti legali non consentono di proteggerla. Ciò vale ancor di più per i due CCNL che prevedono una disciplina penalizzante ed illecita dello jus variandi. Esso deve, quindi, essere applicato coerentemente al principio codicistico dell’equivalenza delle mansioni, vale a dire circoscritto alle sole fattispecie richiamate nel precedente para- grafo 4.
Nella seconda rientra il solo CCNL ASSICURATIVI.
Le osservazioni finali sono svolte nel precedente paragrafo 2.2 fanno, però, ragionevo l- mente propendere per una regolamentazione contrattuale aziendale della formazione diffi- cilmente in grado di offrire una rilevante tutela al bene in discussione.
La terza tipologia comprende, infine, i tre rimanenti e più completi CCNL (Sanità, Ministeri e ABI).
Più completi perché contengono una disciplina ampia, tutelante ed esigibile della forma- zione (i primi due) o anche dello sviluppo professionale e di carriera (CCNL ABI) (vedi i precedenti paragrafi 2.1.1 e 2.1.2).
Gli stessi primi due CCNL presentano, inoltre, una regolamentazione dello jus variandi del tutto in linea con i superiori e garantisti riferimenti di legge (vedi paragrafo 4.2.2).
5.2. IL CCNL ABI.
Per quanto, infine, riguarda il CCNL ABI, possono essere formulate le seguenti osserva- zioni di sintesi.
In primo luogo le sue previsioni circa il ruolo cruciale delle risorse umane sono di gran lun- ga le più significative ed appaganti.
Sotto questo profilo è l’unico contratto che ne riconosce l’irrinunciabile rilevanza in termini generali, cioè in riferimento al raggiungimento degli stessi obiettivi strategici delle imprese bancarie.
In secondo luogo c’è un altrettanto importante e preliminare riconoscimento di tale ruolo nei riguardi della formazione e dello sviluppo professionale.
In terzo luogo quest’ultima premessa di valore trova, poi, e come già evidenziato, un coe- rente ed esigibile sviluppo giuridico-contrattuale attraverso l’introduzione di un espresso obbligo per le aziende di “…. Valorizzare e sviluppare le capacità professionali ….” Dei la-
voratori. Con il che ogni ente è tenuto, tra l’altro, a ricorrere ai relativi strumenti di attuazio- ne, compresa la formazione.
In quarto luogo – e in conseguenza di quanto ora evidenziato - vi è una piena esigibilità degli impegni in materia di formazione, di sviluppo professionale ed anche di progressione di carriera, essendo quest’ultima strettamente interconnessa con la seconda pure a livello contrattuale.
La conclusione è, allora, univoca: l’intero sistema è ad un tempo altamente tutelante per i lavoratori (oltre che per le imprese) e vincolante per i datori.
Il che – ed è la quinta osservazione – non è minimamente messo in dubbio dalle clausole sulla mobilità interna a suo tempo illustrate (vedi i precedenti paragrafi 4.2 e 4.3). Ciò, na- turalmente, qualora se ne desse - come dovuto – una interpretazione corretta e tecnica- mente sostenibile, vale a dire a livello logico – sistematico ed in coerenza col superiore precetto di legge di cui all’art. 2103 c.c.
Queste conclusioni sono, ovviamente, riferite al contratto “formale”, cioè al contenuto tec- nicamente attribuibile alle disposizioni dei patti di lavoro.
Occorre, poi, verificare anche il contratto “materiale”, cioè la loro applicazione pratica in sede aziendale, che è, alla fin fine, ciò che conta di più.
Sotto questo profilo si assiste, in base all’esperienza concreta di tutti i giorni, ad una attua- zione di regola parziale in riferimento a tutte e 3 gli aspetti toccati: formazione continua, sviluppo professionale e di carriera e jus variandi.
Certamente le banche si trovano in indiscutibile difficoltà ad attuare pienamente e tempe- stivamente un capitolo senza dubbio complicato dei patti di lavoro, essendo in una fase di profonda e delicata trasformazione.
Tuttavia ciò non le può assolvere per almeno due fondamentali ragioni: a) perché le risor- se umane sono – anche per loro comune ammissione – un fattore strategico e strutturale di successo in un settore sempre più concorrenziale, b) perché il capitolo sulla gestione delle risorse umane rappresenta, nel suo insieme, uno strumento privilegiato di tutela dei diritti fondamentali dei bancari ed una delle più significative conquiste del faticoso e sof- ferto, ma dignitoso, rinnovo del 1999.
E’ proprio ed innanzitutto questo capitolo che consente di affermare che le parti sociali hanno realizzato un equilibrato e sagace bilanciamento tra centralità dell’uomo e centralità dell’impresa, che sono valori tra loro opposti e non contraddittori, come invece spesso si ritiene a torto.
La diffusa disapplicazione delle regole di cui si tratta (anche nei riguardi degli impiegati) ed il rilievo primario che esse rivestono, per quel che qui interessa, nei confronti dei dipen- denti, rendono necessario un tempestivo intervento sindacale. Esso dovrebbe consistere nel monitorare la situazione in maniera periodica e capillare al preciso ed irrinunciabile scopo di ottenerne una generale e corretta applicazione in tempi ragionevolmente brevi.
5.3. CONSIDERAZIONE FINALE.
Un’ultima considerazione può, infine, essere formulata in riferimento agli 11 CCNL nel loro complesso: solo 3 di questi sono in grado – almeno sulla carta – di fornire sufficiente ga- ranzie per la conservazione e per lo sviluppo dinamico della professionalità dei quadri (e dei lavoratori in genere, in quanto la disciplina relativa alle altre categorie non è mai più tu- telante).
Negli altri 8 si è, quindi, in presenza di una profondo contrasto tra il ruolo effettivo delle ri- sorse umane (anche inquadrate tra gli impiegati) e una regolamentazione convenzionale o addirittura inesistente o comunque alquanto carente sul punto.
Solo la comune presa di coscienza delle parti sociali sui reciproci vantaggi derivante dal superamento di tale contrasto può permette di adeguare, in occasione dei primi rinnovi, i patti di lavoro all’innovativo scenario socio – economico di riferimento.
Qualche settore si sta rapidamente muovendo nella giusta direzione (es.: azienda Poste). Non sembra, però, che si tratti, almeno per ora, di un cammino che coinvolga anche tutti gli altri comparti.
I tempi di una omogeneizzazione contrattuale di ordine generale risultano, alla luce di ciò, ancora di là da venire e, quindi, necessariamente lunghi.
CAPITOLO SETTIMO
1. I CCNL.
1.1. L’INNOVAZIONE E I RUOLI CHIAVE.
Come si è visto in precedenza (capitoli quarto e quinto), i vari CCNL generalmente classificano i lavoratori in base alla combinazione di due criteri graduati: quello delle declaratorie e quello dei profili professionali.
Solo in 3 casi su 11 vi è anche l’inserimento ulteriore di particolari figure professionali denominate o posizioni di lavoro (CCNL Sanità e Ministeri), o ruoli chiave (CCNL ABI) alle quali le parti stipulanti hanno attribuito un valore cruciale ai fini del perseguimento degli obiettivi strategici delle imprese.
In coerenza con la loro superiore importanza sono stati previsti riconoscimenti di natura retributiva o diretta- mente nei contratti di settore (Sanità e Ministeri) o a livello aziendale (ABI).
I due termini (ruoli chiave e posizioni organizzative) sono delle semplici varianti semantiche di un unico con- cetto. Per questa ragione d’ora in avanti si userà indifferentemente ora l’uno ora l’altro.
I ruoli chiave rappresentano una specie del genere profili professionali e vengono individuati ritagliando all’interno di questi un numero più o meno ampio e variegato ritenuto di maggiore valore professionale.
Essi sono non casualmente presenti nei soli 3 CCNL che contengono una disciplina ampia e tutelante in ma- teria di formazione (Sanità e Ministeri) o di formazione e sviluppo professionale e di carriera (ABI).
Sotto questo profilo la loro valorizzazione è direttamente collegata al ruolo fondamentale riconosciuto, negli stessi contratti, alle risorse umane.
Risorse che sono condivisibilmente considerate un fattore critico di successo per enti ed istituzioni che de- vono trasformarsi sempre più profondamente e rapidamente in aziende o imprese orientate ai servizi e ai clienti e, quindi, verso modelli organizzativi e gestionali efficaci, efficienti e produttivi.
Queste figure sono, in altri termini, presenti solo nei 3 settori che si sono più impegnati ad adeguare la con- duzione delle aziende e i contenuti dei patti di lavoro all’innovazione imposta dalla sottostante e dinamica realtà socio – economica. E ciò, per quanto riguarda il fondamentale capitolo della gestione e dello sviluppo delle risorse umane, in una logica complessiva di bilanciamento tra gli interessi datoriali e quelli dei lavorato- ri.
1.2. LA PARTE NORMATIVA.
I ruoli chiave sono previsti quasi esclusivamente per la categoria dei quadri (CCNL Sanità art. 21, 2° c., CCNL Ministeri art. 18, 1° c., e CCNL ABI cap. II per i soli quadri). Quasi esclusivamente, in quanto il CCNL Sanità li estende anche a una ristretta quota di dipendenti appartenenti alla categoria immediatamente infe- riore (c), quelli che appartengono al ruolo sanitario e di assistenza e, in aggiunta, a tipologie “di particolare rilievo professionale”.
Il requisito professionale comunemente richiesto è quello della responsabilità (CCNL Sanità, art. 20, 1° c: “… con assunzione diretta di elevata responsabilità …”; CCNL Ministeri, art. 18, 3° c: “svolgimento di compiti di elevata responsabilità …”; CCNL ABI, cap. II, 1, 12° c: “correlati ai diversi livelli di responsabilità …”.
Tutti e tre i CCNL vi ricomprendono figure appartenenti a entrambi le tipologie dei quadri: i tecnici e quelli che occupano posizioni gerarchiche elevate.
L’inclusione dei tecnici si ricava dai relativi testi in via diretta (“… Svolgimento di attività con contenuti di alta professionalità e specializzazione … ” CCNL Sanità, art. 20, 2° c. e CCNL Ministeri art. 18, 2° c., che in- troduce anche l’ulteriore requisito del “… possesso di titoli universitari”) o indiretta (CCNL ABI, cap. II, 1, 12° c.: “… Correlati ai diversi livelli di responsabilità, sia nelle attività espletabili nell’ambito della struttura centra- le che nella rete commerciale…”). Qui il riferimento alla struttura centrale vi fa rientrare anche i tecnici.
Gli altri 2 CCNL indicano anche una serie di attività esemplificative: attività di staff e/o studio, di ricerca, i- spettive, di vigilanza e controllo. Il CCNL Ministeri inserisce anche in questo caso un ulteriore requisito pro- fessionale “… Caratterizzato da elevata autonomia ed esperienza …”. Questa tecnica consente, evidente- mente, di precisare meglio al differenza specifica delle varie posizioni organizzative rispetto all’universo dei profili contenuti nell’area quadri.
Per quanto riguarda l’altra tipologia, i due CCNL dei comparti pubblici presentano, negli stessi commi, delle clausole sostanzialmente molto simili che fanno riferimento a funzioni di direzione di unità organizzative (CCNL Ministeri) o anche di servizi, dipartimenti e uffici (CCNL Sanità), comunque caratterizzate da elevata autonomia ed esperienza.
Questa volta è il CCNL Sanità a prevedere (agli stessi fini) un requisito aggiuntivo relativo alle articolazioni dirette dai quadri; quello della “particolare complessità”.
Il CCNL ABI non contiene, invece, previsioni ulteriori rispetto a quella gerarchica richiamata a proposito dei tecnici.
Per garantire un minimo di oggettività e di trasparenza nella sua delicata fase della scelta dei lavoratori da collocare nei ruoli chiave, i CCNL Sanità introducono delle previsioni nei relativi criteri. Per il primo, essi de- vono essere formulati in via preventiva (art. 21, 1° e 5° c.), per il secondo, al momento dell’affidamento degli incarichi le amministrazioni devono “… tener conto dei requisiti culturali, delle attitudini e delle capacità pro- fessionali dei dipendenti in relazione alle caratteristiche dei programmi da realizzare”.
A questo proposito il CCNL ABI colloca l’individuazione dei ruoli chiave all’interno dei criteri di sviluppo pro- fessionale (cap. II, 1, 11° c.). Ad essi si estende, pertanto, l’applicazione di tutte le tutele, di contenuto e di procedura, relative sia allo sviluppo professionale e di carriera sia alla formazione, in quanto contrattualmen- te considerata anche come strumento per la sua realizzazione. (Su questo punto si rinvia ai paragrafi 2 e 3 del capitolo sesto).
1.3. LA PARTE RETRIBUTIVA.
In attuazione del principio costituzionale della proporzionalità della retribuzione alla qualità del lavoro svolto (art. 36) i CCNL Sanità e Ministeri prevedono un elemento aggiuntivo specifico, qualificato come indennità (di funzione), di importo annuo complessivo compreso tra un minimo e un massimo, rispettivamente 6 – 18 milioni e 2 – 5 milioni (art. 36, 1° c. e 18, 3° c.).
La concreta determinazione dell’ammontare è demandata alla singola amministrazione e il suo riconosci- mento è correlato alla durata dell’incarico (CCNL Sanità, art. 21, 3° c.; CCNL Ministeri art. 19 4° c.).
Per il solo CCNL Sanità valgono poi le 3 regole che seguono, e cioè che:
a. tale indennità assorbe i compensi per lavoro straordinario (art. 37 2° c.);
b. la stessa viene parzialmente consolidata allorché ricorrano 3 presupposti:
- soppressione della posizione organizzativa;
- preposizione da almeno 3 anni;
- ottenimento di valutazioni positive con riferimento ai risultati raggiunti.
In questi casi al lavoratore viene attribuita la fascia economica successiva a quella di inquadramento, o, se già collocato nell’ultima fascia, un importo a titolo personale, pari all’ultimo incremento di fascia otte- nuto. A questo proposito si precisa che le fasce retributive oltre quella iniziale sono 4 e che la diffe- renza annua lorda tra una fascia e l’altra è ricompresa tra un minimo di Lit. 1.100.000 e un massimo di Lit. 1.600.000 circa.
Il consolidamento di cui si tratta risulta pertanto di importo modesto, oscillando grosso modo tra 1/6 e 1/4 della misura minima e tra 1/18 e 1/12 di quella massima dell’indennità di funzione.
c. In caso di valutazione positiva al lavoratore verrà corrisposta anche la retribuzione di risultato.
Tutte e tre le regole ora richiamate producono, ovviamente, degli effetti sul piano retributivo.
Il primo (assorbimento del compenso del lavoro straordinario) determina una riduzione della misura effettiva dell’indennità di funzione pari al compenso complessivo annuo per lavoro straordinario prestato e non più retribuibile.
La seconda e la terza (consolidamento parziale dell’indennità e percepimento aggiuntivo della retribuzione di risultato) provocano, al contrario, un incremento di detta misura, corrispondente al loro effettivo ammontare. Quello relativo alla retribuzione di risultato è, oltretutto, variabile e, quindi, non quantificabile a priori; il che vale anche per la clausola sub c).
E’ chiaro allora che, in questa situazione, i valori minimi (6 milioni) e massimi (18 milioni) indicati dal contrat- to possono essere non del tutto significativi. Possono e non sono, in quanto l’incidenza dei due elementi a misura variabile è eventuale e tutt’al più possibile/probabile ma non certa, per la semplice ragione che altret- tanto non certi sono l’effettuazione di lavoro straordinario e il percepimento della retribuzione di risultato.
Nel CCNL ABI vi è, invece, una sola e generica previsione in materia, e cioè che i trattamenti retributivi dei ruoli chiave possono anche superare il trattamento tabellare in esso fissato.
Dal che deriva che la misura dell’indennità non deve essere ricompresa entro dei minimi e dei massimi, co- me avviene invece per gli altri 2 settori.
1.4. IL RUOLO DEL SINDACATO.
La effettiva introduzione dei ruoli chiave si snoda in due fasi diverse e successive: di settore e decentrata.
I 3 CCNL presentano, quindi, una regolamentazione solo parziale. Non vi è, ad esempio, alcuna previsione relativa ai seguenti aspetti fondamentali: ammontare dell’indennità, numero complessivo delle posizioni or- ganizzative e risorse economiche da destinarvi.
Il completamento della fattispecie è demandato in tutti e tre i casi alla sede decentrata.
1.4.1. I CCNL Sanità e Ministeri.
In questi CCNL l’istituzione delle posizioni organizzative è attribuita o alle aziende e agli enti (art. 20, 1° c, CCNL SANITA’) o alle amministrazioni (art. 18, 1° c, CCNL MINISTERI).
La diversa terminologia utilizzata – rispettivamente: “ … istituiranno” e “… possono conferire … appositi inca- richi …” – può far ritenere che solo nel primo caso (CCNL SANITA’) si sia in presenza di un obbligo giuridico, mentre nel secondo di una mera facoltà.
Và però evidenziato che sul piano applicativo anche il comparto ministeri sta procedendo alla introduzione generalizzata di queste figure. Attualmente è stata ultimata la fase della contrattazione integrativa a livello di singoli dicasteri. Entro fine marzo dovrebbe iniziare ed esaurirsi anche la seconda ed ultima a livello territo- riale, che completerà l’iter di introduzione delle posizioni organizzative.
Tale completamento dovrebbe, invece, avvenire con qualche mese di ritardo nel settore della Sanità.
In entrambi i CCNL il coinvolgimento sindacale è qualificato come “concertazione” e si concreta in “appositi incontri” (art. 6, lettera B, ultimo c., CCNL SANITA’) o a livello di “… confronto …” (art. 20, 2°c. CCNL MINISTERI).
L’oggetto è sostanzialmente molto simile e ricomprende la definizione dei criteri in ordine al conferimento degli incarichi, alla graduazione delle posizioni organizzative e alla valutazione periodica delle attività svolte (art. 18, 1° c., lettera C, CCNL MINISTERI e art. 6, lettera B, 1° c., CCNL SANITA’).
In quest’ultimo contratto l’oggetto del confronto è esteso anche alla valutazione delle posizioni organizzative.
Per il solo CCNL MINISTERI vi è la non trascurabile precisazione che “ … Le parti verificano la possibilità di un accordo …”.
La durata massima di entrambe le procedure è di 30 gg.
1.4.2. Il CCNL ABI
Procedura analoga e di pari durata massima (30gg) è presente nel CCNL ABI (cap. II, 1, 14°c.).
A livello aziendale si deve dare corso ad un “apposito incontro” al fine di dare applicazione alla nuova nor- mativa sui quadri (cap. II, 1, 6° c.), che avrebbe comunque dovuto avvenire entro il 31 dicembre 2000.
In quella sede gli organismi sindacali sono legittimati e sollecitati (“formulano”) a presentare considerazioni e proposte.
Il testo contrattuale introduce subito dopo una fondamentale specificazione in merito allo scopo della proce- dura: essa è “finalizzata a ricercare soluzioni condivise in ordine ai criteri di cui ai commi che precedono …” (ibidem), vale a dire in riferimento, tra l’altro, a tutta la materia dei ruoli chiave.
Si è in presenza di una formulazione originale in tema di diritti di partecipazione del sindacato caratterizzata da due aspetti principali:
1. il diritto da parte di quest’ultimo alla consultazione e all’esame congiunto (livello di coinvolgimento previ- sto in maniera alquanto diffusa da norme di legge o convenzionali), riconosciutogli allorché è legittimato espressamente a formulare “considerazioni e proposte”;
2. un obbligo specifico di scopo nei confronti delle parti sociali, in quanto la procedura è “finalizzata” a “ri- cercare soluzioni condivise”.
Questa formulazione introduce un originale rapporto mezzo/fine fra il confronto ed il suo obiettivo, che raffor- za non poco la portata del vincolo che ne deriva per le scelte dell’imprenditore.
Il richiamato obbligo di scopo impone alle parti di far di tutto per raggiungere un accordo.
Ciò si traduce, ovviamente, anche in un indiscutibile e strumentale obbligo a trattare, essendo, per l’appunto, la trattativa l’unico mezzo a disposizione a tal fine.
In questo caso l’obbligo di correttezza e di buona fede, che deve essere rispettato nella fase precontrattuale e contrattuale (artt. 1175, 1337 e 1375 c.c.), risulta particolarmente condizionante la libera disponibilità dei negoziatori.
Innanzitutto la trattativa deve svolgersi da parte dell’azienda in modo proficuo, corretto e leale, con spirito costruttivo e con la volontà reale di ricercare un’intesa.
In secondo luogo lo stesso imprenditore è tenuto ad esaminare ed a prendere in seria considerazione tutte le proposte integrative avanzate dal sindacato.
Il che significa che queste ultime devono diventare anche oggetto di un approfondito confronto tra le parti e che il datore deve esprimersi sulla loro concreta praticabilità.
Sotto questo profilo egli non può assumere un atteggiamento di chiusura pregiudiziale o aprioristica o di di- sponibilità solo formale.
In altri termini, l’azienda è obbligata, come in qualsiasi altro caso di obbligo a trattare, a svolgere – come au- torevolmente sostenuto – una attività diretta alla conclusione di un contratto. Essa deve, quindi, far di tutto per realizzarla.
L’obbligo di ricercare soluzioni condivise dovrebbe significare far di tutto per trovarle, cosicché se esse ven- gono individuate debbono poi essere adottate attraverso un accordo.
Il comportamento del datore dovrebbe, pertanto, svilupparsi secondo la seguente progressione: cerco, trovo, adotto.
Và da sé che, comunque, tale obbligo è condizionato nel suo adempimento dal limite dell’utilizzabilità con- creta delle proposte sindacali.
Non vi è, a questo riguardo, alcuna previsione espressa. La sua specificazione dovrebbe, pertanto, avvenire in base al criterio, certamente generale, della ragionevolezza, più volte utilizzato dalla stessa Corte Costitu- zionale anche in riferimento ai poteri privati dell’imprenditore allorché risultavano, come qui, procedimentaliz- zati.
Le difficoltà applicative sono, in questo caso, evidenti.
Non sembra, però, legittimo, per ciò stesso, escluderne l’esistenza, in quanto significherebbe togliere ogni vincolatività allo scopo della procedura, che dovrebbe invece rappresentare il superiore parametro di riferi- mento degli atteggiamenti e dei comportamenti delle parti in sede di trattativa.
A questo proposito è opportuno mettere in evidenza un aspetto normalmente trascurato quando si esamina- no le varie tipologie dei diritti di partecipazione, e cioè che le relative vincolatività sono, a parità di forme di struttura, variabili a seconda della natura dell’oggetto. Essa è molto superiore quando quest’ultimo risulti (quasi) esattamente quantificabile. E’, questo, ad es., il caso del coinvolgimento del sindacato nel complessi- vo piano annuale di gestione degli orari ( cap. 4, punto 9 ).
2. L’ATTUAZIONE A LIVELLO DECENTRATO.
I RISULTATI DELL’INDAGINE CONDOTTA NEL SETTORE ABI.
2.1. NECESSITA’ DI UN SECONDO LIVELLO PER LA LORO INTRODUZIONE EFFETTIVA.
Come si è visto in precedenza (vedi Cap. quinto, par. 6), i profili professionali rappresentano una fattispecie complessa che richiede necessariamente di essere affrontata contrattualmente in almeno due fasi: quella di comparto e quella decentrata.
La ragione a sostegno è intuibile: sono figure strettamente interconnesse ai dati di tipicità ambientale, che variano ampiamente a livello di singola azienda o, addirittura, caso non del tutto raro, di articolazioni endoa- ziendali di tipo territoriale e/o funzionale.
Le stesse osservazioni possono, ovviamente, essere ripetute anche in riferimento ai ruoli chiave, in quanto rappresentano un campione limitato e professionalmente selezionato dell’universo dei profili, di cui costitui- scono una specie.
Si è, quindi, in presenza di una c.d. “fattispecie complessa a tratto successivo”. A tratto successivo perché, come visto, si completa in più momenti.
Le parti, consapevoli di ciò, hanno introdotto a livello di CCNL una regolamentazione di inquadramento in termini di linee generali di metodo (procedura) e di merito e un rinvio espresso di chiusura a livello di azienda o di amministrazione.
A tutt’oggi la seconda fase non si è ancora conclusa nei due comparti pubblici.
Il CCNL MINISTERI prevede al riguardo una ulteriore articolazione in due sottofasi, l’una per ogni ammini- strazione, l’altra in sede territoriale.
Attualmente è stata conclusa la prima, che ha individuato le relative e generali risorse economiche; la se- conda, che dovrebbe completarsi entro fine marzo, introdurrà la disciplina di completamento.
Il settore sanità dovrebbe darvi corso in sede aziendale non prima della prossima pausa estiva.
Il CCNL ABI prevede, invece, che l’applicazione della nuova disciplina dei quadri direttivi – compresa anche quella relativa agli istituendi ruoli chiave - sarebbe dovuta in ogni caso avvenire entro il 31.12.2000, vale a dire oltre un anno dopo la sua entrata in vigore.
L’ampiezza di questo termine è motivata dalla indiscutibile novità e complessità della materia. Si tratta, infat- ti, di dare attuazione alla unificazione contrattuale di due precedenti categorie di lavoratori, i quadri ed i fun- zionari, tra l’altro collocati in due differenti patti di lavoro, con clausole non raramente difformi.
Quello delle posizioni organizzative è, quindi, solo una parte – anche se di indubbio rilievo – del tutto.
2.2. FINALITA’ E OGGETTO DELL’INDAGINE.
Lo scrivente Centro Studi, preso atto dell’importanza della questione, ha ritenuto di compiere una indagine nel settore ABI, cioè nell’unico comparto che ha già introdotto i ruoli chiave. Ci si è, inoltre, limitati a conside- rare i soli istituti di credito, escludendo, quindi, tutto il c.d. “parabancario”.
Lo scopo è quello di verificarne il metodo (procedura seguita) e di valutarne i contenuti fondamentali.
A questo fine è stato individuato un campione ampio e significativo della categoria (18 enti creditizi di dimen- sioni grandi, medio-grandi e medie) e sono stati raccolti i seguenti dati analitici:
1. i dipendenti di ogni istituto;
2. il tipo di procedura adottata;
3. i dati numerici relativi ai quadri, ai quadri super, ai funzionari di grado minimo e a quelli di grado superio- re al momento della prima applicazione della disciplina della nuova unificante categoria dei quadri diret- tivi;
4. i dati numerici relativi ad ognuno dei 4 livelli economici in cui si articola la nuova categoria dei quadri di- rettivi;
5. il numero dei ruoli chiave introdotti in ogni azienda, suddivisi per livello retributivo;
6. le figure professionali individuate in ogni azienda, suddivise per livello retributivo;
7. l’ammontare delle indennità di funzione per ogni livello dei ruoli chiave.
Si è in questo modo entrati in possesso di una serie di dati che consentono di avere un quadro sufficiente- mente ampio e dettagliato della situazione e, in particolare di: avere la dimensione quantitativa del campio- ne; verificare il grado di effettivo rispetto della procedura contrattuale di coinvolgimento sindacale; avere i da- ti numerici analitici relativi a quadri e funzionari al momento dell’applicazione dell’ultima normativa alla nuova categoria dei quadri direttivi ed ai ruoli chiave; individuare, quantificare e classificare le relative figure profes- sionali; avere un quadro del trattamento retributivo riconosciuto a fronte della maggior responsabilità propria delle posizioni organizzative.
Questi elementi sono stati inseriti nelle tabelle che seguono.
2.3. LA DIMENSIONE DEL CAMPIONE.
Le dimensioni del campione sono riportate nella seguente tabella 7.
LE DIMENSIONI DEL CAMPIONE
Tabella 7
Fasce dipendenti | < 1.000 | 1001-5000 | 5001-10000 | > 10.000 | Totale Istituti |
Num. Istituti | 3 | 7 | 5 | 3 | 18 |
Totale Dipendenti | 104.737 |
Gli istituti considerati sono 18, suddivisi in 4 fasce a secondo del n. dei dipendenti, che ammontano com- plessivamente a 104.737, vale a dire a circa il 33,8% dell’intera popolazione bancaria (rilevazioni ABI relative all’anno 1999).
Le banche del campione sono state individuate attraverso un criterio statisticamente non del tutto rigoroso.
Si ritiene, comunque, che il campione considerato consenta, anche perché comprende oltre un terzo dell’universo di riferimento, di effettuare delle prime valutazioni sufficientemente significative della portata sostanziale del fenomeno.
2.4. LA PROCEDURA SEGUITA.
Nella stragrande maggioranza dei casi: 15 su 18 (83,3%), l’introduzione dei ruoli chiave è avvenuta attraver- so un atto unilaterale aziendale.
Solo in 3 casi (16,7%) è stato, invece, stipulato un accordo, realizzando in tal modo l’obiettivo contrattuale di “ricercare soluzioni condivise”.
Va, poi, precisato che non raramente le aziende hanno presentato una proposta pressoché priva di contenuti concreti, o non hanno rispettato lo spirito e la lettera delle clausole di coinvolgimento partecipativo forte del sindacato aziendale.
2.5. I LIVELLI DEI RUOLI CHIAVE.
In base alle previsioni contrattuali (“individuazione … di ruoli chiave correlati ai diversi livelli di responsabili- tà”, cap. II, 1, 11°.c.), le posizioni organizzative possono essere collocate indifferentemente in uno qualsiasi dei 4 livelli retributivi in cui è articolata la nuova categoria dei quadri direttivi.
Nel campione di cui si tratta, invece, in ben 17 casi su 18 si è fatto riferimento al solo quarto livello. L’unica eccezione è rappresentata dalla Banca Popolare di Verona, che li ha estese anche al terzo livello. Molto va- riegato risulta, al contrario, il numero dei ruoli chiave, che varia – come si può constatare dalla seguente ta- bella 8, da 1 a 4:
LIVELLI DEI RUOLI CHIAVE
Tabella 8
N. RUOLI CHIAVE | 1 | % SUL TOTALE | 2 | % SUL TOTALE | 3 | % SUL TOTALE | 4 | % SUL TOTALE |
N. BANCHE | 1 | 5,6% | 5 | 27,8% | 10 | 55,6% | 2 | 11,1% |
Il 3 rappresenta da solo oltre la metà dei casi (55,6%) e il 2 quasi il 30% (27,8%), costituendo complessiva- mente i 5/6 dell’intero campione.
Ruolo marginale occupano, pertanto, il 2 e l’1, che complessivamente ne rappresentano 1/6.
2.6. IL NUMERO DEI LAVORATORI AI QUALI E’ ATTRIBUITO UN RUOLO CHIAVE.
I dati a disposizione sono limitati a 5 casi, di cui solo 4 sono completi; questi ultimi corrispondono a poco più di 1/5 del totale (22,2%) e non sono, pertanto, del tutto significativi.
Si ritiene, comunque, di confrontarli con i dati complessivi dei quadri e con quelli relativi al livello economico di appartenenza (il quarto).
I risultati – da utilizzare come semplici indicazioni di tendenza – sono riportati nella tabella che segue
NUMERO DEI RUOLI CHIAVE
Tabella 9
BANCA | Num. QUADRI DIRETTIVI (QD) | Num. QD 4 (4° LIV. ECON.) | Num. RUOLI CHIAVE (R C.) | % R. C. SUL Num. DEI QD | % R. X. XXX Xxx. XXX XX0 |
X.XX XX | 000 | 000 | 000 | 38% | 83,9% |
X.XX LOMBARDA | 254 | 114 | 100 | 39,3% | 87,7% |
X.XX XXX.XXXXXX | 1989 | 507 | 44 | 2,2% | 8,7% |
CASSAMARCA | 389 | 107 | 25 | 6,4% | 23,4% |
TOTALE | 3525 | 1132 | 508 |
I ruoli chiave delle 4 banche rappresentano, nel complesso, una percentuale non molto elevata (14,4%) del relativo numero dei quadri.
Questa media è la somma di due situazioni del tutto diverse: per il Banco BS (38%) e per la Banca Lombar- da (39,3%) la percentuale è molto più elevata ed è addirittura vicino al 40%.
Per gli altri due istituti, banca Popolare di Novara (2,2%) e Cassamarca (6,4%) essa è, invece, quasi vicina allo zero.
La stessa percentuale media complessiva ammonta a quasi il 50% (44,9%) se le posizioni organizzative so- no rapportate al numero di quadri del solo livello economico di appartenenza (QD4). Ciò significa, ovviamen- te, che quasi 1 QD4 su 2 occupa un ruolo chiave. Anche qui la situazione è molto diversificata: in due ban- che, Banco BS (83,9%) e Banca Lombarda (87,7%), la percentuale è, addirittura, ben superiore all’80%; la Popolare di Novara (8,7%) è, all’opposto, al di sotto del 10% e la Cassamarca (23,4%) si avvicina a 1/4.
2.7. LE FIGURE PROFESSIONALI RELATIVE AI RUOLI CHIAVE.
2.7.1. LA COMPARAZIONE SULL’INTERO CAMPIONE.
Com’è naturale, la sede aziendale ha anche individuato le figure professionali dei ruoli chiave in relazione ad ognuno dei livelli di volta in volta previsti, che variano, a seconda dei casi, tra un minimo di 1 e un massimo di 4 (v. precedente par. 2.5).
Questa disomogeneità strutturale impedisce di effettuare delle classificazioni tra le posizioni appartenenti ad uno stesso livello di ruolo chiave.
Si è ritenuto, pertanto, di non prendere in considerazione tale elemento e di procedere ad un’unica compa- razione comprendente l’intero campione di riferimento. O, meglio, 16 banche su 18, in quanto non si pos- seggono i dati della Banca 121 e del Mediocredito Lombardo.
2.7.2. L’ESCLUSIONE DAL CONFRONTO DI ALCUNI PROFILI GENERICI.
In circa 1/3 dei casi (5 su 16: Cassa di Risparmio di Trieste, Banca Popolare di Novara, Credito Italiano, Cassa di Risparmio di Verona e Cassamarca) le definizioni delle varie figure professionali risultano generi- che e pressoché del tutto prive di elementi utili al fine di attribuirne dall’esterno un contenuto concreto suffi- ciente per poterle usare con cognizione di causa in sede di comparazione.
In particolare non si è in grado di stabilirne la natura (ruoli professionali o “gerarchici”), il livello di collocazio- ne all’interno della gerarchia aziendale e il punto esatto di inserimento nella singola struttura organizzativa.
E’ chiaro che, al contrario, le varie direzioni abbiano sicuramente avuto presente dei ben precisi modelli di riferimento nell’elaborare tali formulazioni.
La loro portata effettiva potrà, pertanto, essere valutata solo dopo la prima e compiuta applicazione concre- ta.
Gli istituti considerati scendono, conseguentemente, a 11 su 18.
2.7.3. LE PRINCIPALI OSSERVAZIONI SULLE FIGURE PROFESSIO- NALI.
1. il settore del credito è caratterizzato, come sottolineato più volte, da un’estrema diversificazione orga- nizzativa a livello aziendale o, addirittura e in non pochi casi, endoaziendale.
Da ciò deriva anche che i contenuti concreti dei profili professionali denominati con terminologie analoghe, se non identiche, possono risultare anche diversi, e in misura significativa, da un’azienda all’altra. Le classifi- cazioni che saranno effettuate qui di seguito dovranno, per questa ragione, essere valutate con un minimo di prudenza;
2. vi è una assoluta prevalenza delle posizioni di tipo gerarchico rispetto a quelle tecniche (professionals).
Circa queste ultime vi sono delle clausole espresse in soli 3 casi; nei primi 2 (Banco BS e Banca Lombarda) sono contenute delle elencazioni dei profili ampie ed esemplificative, tutte collocate nel 1° e più basso dei 4 o dei 3 rispettivamente previsti.
Per quanto riguarda, poi, l’ultimo caso (Banca Antoniana Popolare Veneta), l’accordo rinvia alla successiva contrattazione integrativa (C.I.A.) la concreta individuazione di eventuali posizioni tecniche, che potranno es- sere inquadrate indifferentemente in tutti e 3 i livelli.
Questo squilibrio applicativo risulta, comunque, giustificato almeno in parte dal fatto che il requisito profes- sionale richiesto dalle disposizioni dei CCNL è quello della responsabilità (v. precedente par. 1.2).
Almeno in parte, in quanto sono pur vere due cose: che in esse possono essere ricompresi anche i profes- sionals e che non raramente pure costoro ricoprono posizioni di elevata responsabilità che offrono un signifi- cativo contributo alla realizzazione degli obiettivi aziendali;
3. vi è sempre una copresenza di profili propri della rete e della direzione, con netta prevalenza della pri- ma.
In un solo caso (Banca Popolare di Verona) tutti i ruoli chiave appartengono alla rete;
4. per quanto riguarda la rete il riferimento grandemente prevalente è costituito dal responsabile (o vice) delle diverse articolazioni aziendali; queste possono essere suddivise a loro volta in due categorie: sportelli (denominate di regola agenzie e filiali) e strutture superiori, variamente definite.
In tutti e gli 11 casi sono presenti delle figure a livello di sportelli. In oltre il 70% dei casi (8 su 11; sono esclu- si solo: Rolobanca, Banca Carime e Ambroveneto) questa tipologia di ruoli chiave è contemplata anche per i livelli successivi al 1°(2° e, a volte, 3°), con esclusione, però, del 4°, laddove eccezionalmente previsto (2 banche su 18).
E’ evidente che il criterio distributivo è rappresentato dalla diversa importanza attribuita a queste unità opera- tive, che viene determinata in base a criteri anche diversi e più complessi rispetto al solo organico stabile.
Le strutture superiori sono a loro volta denominate in cinque modi diversi: polo, area, gruppo, zona, sedi. La non omogeneità delle denominazioni e delle relative dimensioni e la non conoscenza dei contenuti precisi dei vari ruoli non consentono di fare alcuna significativa comparazione .
Anche a livello di rete sono, infine, previste alcune posizioni con responsabilità limitata a singoli settori o atti- vità dell’articolazione territoriale di appartenenza, quali: team corporate (Caritro) private banking (Caritro), gestore corporate senior (Banca popolare di Verona e Banco San Geminiano), responsabile di mercato (Comit), responsabile commerciale di rete o amministrativo di area ( Banca Popolare Antoniana Veneta);
5. anche a livello di direzione la quasi totalità delle posizioni è di tipo gerarchico e coincide con il respon- sabile delle varie articolazioni, quali unità organizzative (Rolo Banca) funzioni (Caritro, Banca Popolare di Verona e Banco Bs), servizi (Rolo Banca Banca Carime) settore (Ambroveneto), centri (imprese: Ambroveneto e Carime); private ( Carime, Cariplo, Ambroveneto e Comit).
Solo in 2 casi (Banco Brescia e Banca Lombarda) sono previste, come già accennato, anche delle figure – elencate in via esemplificativa – espressamente qualificate come professionals.
2.8. IL TRATTAMENTO ECONOMICO DEI RUOLI CHIAVE.
2.8.1. I VALORI DELL’INDENNITA’ DI FUNZIONE: IL CONFRONTO VER- TICALE (tra le 18 banche del campione).
In tutte le 17 banche di cui si hanno i dati retributivi è prevista, come per i CCNL SANITA’ e MINISTERI, una indennità di funzione.
Il primo confronto può avvenire per fasce di valore dell’indennità. Il riepilogo è contenuto nella tabella 10 che segue:
VALORI DELL’INDENNITA’ DI FUNZIONE PER FASCE ANNUE (in milioni)
Tabella 10
Livelo del ruo- lo chia- ve | 2,5 ? 3,4 | 5 ? 6 | 8 ? 10 | 11,4 ? 14 | 15 ? 18 | |||||||
n.casi | % casi | n.casi | % xxxx | x.xxxx | % xxxx | x. xxxx | % xxxx | x.xxxx | % casi | Tot. Casi | Valore Medio | |
1 | 8 | 47% | 8 | 47% | 1 | 6,0% | ---- | ---- | ---- | ---- | 17 | 4,6 |
2 | ---- | ---- | 2 | 12,5% | 7 | 43,8% | 7 | 43,8% | ---- | ---- | 16 | 10 |
3 | ---- | ---- | ---- | ---- | 2 | 18,2% | 1 | 9,1% | 8 | 72,7% | 11 | 15,3 |
4 | ---- | ---- | ---- | ---- | ---- | ---- | ---- | ---- | 2 | 100% | 2 | 15 |
Al riguardo si possono formulare le seguenti principali osservazioni:
1. il valore medio dell’indennità cresce rapidamente dal primo (4,6 mln.) al terzo livello (15,3 mln.), mentre il quarto è leggermente inferiore al terzo (15 mln.). Si tratta di una anomalia solo apparente in quanto l’unica banca (Banco BS) che lo ha introdotto presenta i valori più bassi dell’intero campione;
2. ciò nonostante ci sono, però, alcuni casi di sovrapposizione di 2 od addirittura 3 livelli diversi all’interno di una stessa fascia. Ciò dipende dal fatto che i valori massimi dei livelli precedenti sono molto vicini o coincidono con quelli minimi o intermedi dei successivi;
3. quanto al numero dei livelli, quasi i 2/3 delle banche (11 su 17) ne hanno introdotti 3, poco meno di 1/3 (6 su 17) 2 e il 6% (1 su 17) 4. Nessuna azienda ha, quindi, introdotto 1 solo livello;
4. l’escursione dei valori in ognuno dei 3 livelli è molto ampia, decrescente al crescere dei livelli e corri- spondente all’ampiezza 100-320 (2,5-8 mln.) per il 1° livello, a quella 100-250 (5-14 mln.) per il 2° e a quella 100-180 (10-18 mln.) per il 3°. Non esiste, invece, alcuna escursione per il 4° livello in quanto le misure relative coincidono (15 mln.) nei soli 2 casi in cui è previsto;
5. i valori annui prevalenti sono rappresentati, per il 1° livello, dalle fasce 2-5 mln. e 5-6 mln. (47% a testa), che costituiscono complessivamente il 94% dei casi; per il secondo da quelle 8-10 mln. e11,4-14 mln. (43,8%), pari complessivamente a quasi il 90% dei casi e, per il terzo livello, da quella 15-18 mln. (72,7%).
2.8.2. I VALORI DELL’INDENNITA’ DI FUNZIONE: IL CONFRONTO ORIZ- ZONTALE (a livello di singola banca).
Fino a questo punto si è compiuta un analisi verticale (tra le varie banche) dei valori dell’indennità. Risultati ugualmente interessanti emergono dal loro confronto orizzontale (tra i diversi livelli di una stessa banca).
Anche in questo caso si è in presenza di una elevata escursione passando da un livello precedente a quello immediatamente seguente, come emerge dalla sotto riportata tabella 11
ESCURSIONE ORIZZONTALE DEI VALORI DELL’INDENNITA’ DI FUNZIONE
Tabella 11
LIVELLO INIZIALE E FINALE DI OGNI PASSAGGIO | ? % | 38% | 50% | 62% | 85% | 100% | 111% | 133% | 176% | Num. Compl. CASI | |||||||||
N | % | N | % | N | % | N | % | N | % | N | % | N | % | N | % | N | % | ||
1? 2 | = | = | = | = | = | = | 1 | 6.2 | = | = | 4 | 25 | 4 | 25 | 1 | 6.2 | 6 | 38 | 16 |
2? 3 | 1 | 9.1 | 1 | 9.1 | 1 | 9.1 | = | = | 6 | 54.5 | 2 | 27.3 | = | = | = | = | = | = | 11 |
3? 4 | 2 | = | = | = | 2 | 100 | = | = | = | = | = | = | = | = | = | = | = | = | 2 |
I dati si riferiscono al passaggio da ogni singolo livello precedente (1°-2°-3°) a quello successivo (rispettiva- mente: 2°-3°-4°).
L’incremento dei valori nel passaggio dal 1° al 2° livello è ricompreso tra il 100% e il 176% in ben 14 casi su 16 (88%). In oltre la metà del campione (6 casi su 11, pari al 54,5%) esso, per il passaggio dal 2° al 3° livel- lo, corrisponde all’85%.
Negli unici due casi di passaggio dal 3° al 4° livello tale aumento corrisponde al 50%.
E’, infine, possibile calcolare (vedi tab. 12) l’escursione minima e massima tra il 1° livello e i 3 successivi.
ESCURSIONE MINIMA E MASSIMA TRA IL 1° LIVELLO E I 3 SUCCESSIVI
(in mln. di lire) Tabella 12
LIVELLO INIZIALE SU CUI E’ CALCALATA L’ESCURSIONE | ESCURSIONE MINIMA | ESCURSIONE MASSIMA | |||
VALORI MINIMI DEI 2 LIVELLI CONSIDERATI | % DI INCREMENTO | VALORI MINIMI DEL 1° LIV. E MASSIMI DEGLI ALTRI 3 | % DI INCREMENTO | ||
1? | 2 | 2,5-5 | 100% | 2,5-14 | 460% |
1? | 3 | 2,5-10 | 300% | 2,5-18 | 620% |
1? | 4 | 2,5-15 | 500% | 2,5-15 | 500% |
Gli incrementi minimi nei 3 passaggi di livello risultano assai elevati in quanto variano da un minimo del 100% (passaggio dal 1° al 2° livello) a un massimo del 500% (passaggio dal 1° al 4° livello), con un valore intermedio certamente cospicuo (300% passando dal 1° al 3° livello ).
Tali aumenti sarebbero molto superiori se si depurasse il campione dai 2 soli casi (Banco di BS e Banca Lombarda) in cui sono stati individuati 4 livelli. Essi hanno portato, per quello che qui ci interessa, a indivi- duare delle misure dell’indennità più contenute in ognuno dei 3 livelli iniziali rispetto ai minimi dell’intero campione. Ciò è così vero che l’ammontare del loro 4° livello (15 mln.) risulta addirittura coincidere con quel- lo minimo del 3° livello delle altre banche. L’introduzione (pur condivisibile) di un livello aggiuntivo (il 4°) si è, così, tradotta in una compressione e non in un incremento dei trattamenti di tutti e 4 i livelli.
Per queste ragioni i valori minimi di tutti i livelli (v. col. 2) sono proprio delle due banche in questione.
Le escursioni massime sono ricomprese tra un minimo del 460% (passaggio dal 1° al 2° livello) e un massi- mo del 620% (passaggio dal 1° al 3° livello). Ciò significa che il passaggio più ampio (dal 1° al 4° livello) ri- sulta di valore intermedio rispetto agli altri 2 (500%).
Anche questa anormalità è spiegabile in base al fatto che la misura dei 2 quarti livelli (15 mln.) è addirittura coincidente con quella più bassa delle altre banche e quindi, inferiore rispetto a quella più elevata (18 mln.) delle stesse.
Se si escludono i dati relativi ai due istituti in questione, le escursioni minime e massime sarebbero, rispetti- vamente, le seguenti: 176% e 312% passando dal 1° al 2° livello e 312% e 430% passando dal 1° al 3° livel- lo.
3. OSSERVAZIONI FINALI SUI RUOLI CHIAVE.
3.1. IN GENERALE.
3.1.1. LORO INTRODUZIONE RECENTE.
Solo con la tornata dei rinnovi del 1999 si assiste alla introduzione aggiuntiva – rispetto ai profili – di partico- lari e qualificate figure professionali: i ruoli chiave, in 3 degli 11 CCNL esaminati (Sanità, Ministeri e Abi).
Si è già visto come essi siano presenti nei soli settori maggiormente impegnati ad adeguare la conduzione delle aziende e i contenuti dei patti di lavoro alla innovazione imposta dalla sottostante e dinamica realtà so- cio-economica.
Realtà che è, per la verità, analoga anche in altri comparti del terziario, dei servizi e della stessa industria, dove le posizioni organizzative sono però del tutto ancora assenti.
E’ da ritenere, pertanto, che questo ritardo rispetto alle condizioni ambientali esterne possa essere progres- sivamente colmato nelle prossime occasioni utili.
Si è, quindi, in presenza di una novità assoluta, che si sta concretizzando in questi mesi (comparti Sanità e Ministeri) o che ha già avuto una prima e alquanto diffusa attuazione (settore Abi) a livello decentrato.
Per questa ragione ogni giudizio relativo ai 2 comparti pubblici potrà essere formulato solo dopo che l’osservatorio istituito ad hoc a livello di funzione pubblica avrà divulgato i dati raccolti nel frattempo.
Qualche osservazione sul settore Abi sarà invece espressa nel prossimo paragrafo.
3.1.2. GLI UNIVERSI DI RIFERIMENTO.
Gli universi di riferimento entro cui ritagliare i ruoli chiave presentano radicali diversità tra comparti pubblici e il settore del credito.
Nei primi, tale universo, è rappresentato dall’intera categoria dei quadri, indipendentemente dal livello eco- nomico (D o D Super per la Sanità) o dalla posizione economica (C1, C2 o C3 per i Ministeri) di appartenen- za. Xxxx, per il comparto Sanità tale universo ricomprende anche una quota, seppur ristretta, di dipendenti collocati nella categoria immediatamente inferiore C.
Il CCNL Abi nulla prevede in materia. Tuttavia in 17 casi su 18 l’individuazione delle posizioni organizzative è avvenuta all’interno dell’ultimo e più elevato livello economico (il 4°). Nell’unico rimanente caso è stato con- siderato anche il livello immediatamente inferiore.
Questa limitazione, peraltro né prevista né imposta dal CCNL di riferimento, ha così determinato l’esclusione aprioristica della maggioranza dei quadri direttivi, vale a dire della pressoché totalità degli ex quadri e di una percentuale, comunque consistente, dei funzionari collocati nel 3° livello economico.
Una applicazione così riduttiva non sembra trovare fondamento nella particolare situazione organizzativa delle banche.
3.1.3. GLI ASPETTI RETRIBUTIVI.
Le fasce dei valori annui delle indennità di funzione nei due comparti pubblici sono molto diverse; quelle del- la Sanità presentano, infatti, un minimo che è esattamente il triplo (6 milioni) di quello dei Ministeri (2 milioni) e un massimo che ne è addirittura superiore (18 milioni contro 5). E’ anche vero, però, che solo per la Sanità si applicano le 3 regole richiamate nel precedente paragrafo 1.3, con la conseguenza che le 2 realtà diven- tano non omogenee. Purtuttavia la loro incidenza concreta non dovrebbe essere così elevata da rendere le differenze tra i valori dei due contratti o poco consistenti o nulle. Comunque va da sé che valutazioni più pre- cise potranno essere effettuate solo dopo la conoscenza dei dati sulla prima applicazione concreta. Ciò vale soprattutto in riferimento alla durata media dell’orario aggiuntivo a quello delle 36 ore settimanali, che non sarà più considerato come lavoro straordinario e, quindi, non più retribuito.
I valori delle indennità del settore Abi risultano, come si vedrà nel prossimo paragrafo, mediamente molto più vicini a quelli del comparto Sanità.
In entrambi i comparti pubblici l’attribuzione dell’indennità è espressamente correlata alla durata dell’incarico (v. par. 1.3) cui è funzionalmente collegata, con la conseguenza che la stessa non viene più riconosciuta al momento della sua cessazione.
Il CCNL Abi, invece, tace sul punto.
A livello aziendale la situazione è duplice: in alcuni casi non vi è alcuna previsione espressa, in altri vi è, al contrario, una disposizione di collegamento funzionale col ruolo chiave analoga a quelle, or ora richiamate, dei 2 comparti pubblici.
Clausole di questo tenore debbono essere valutate con attenzione e coordinate con l’indubbia natura pro- fessionale dell’elemento (attribuzione di un ruolo chiave) cui l’indennità è funzionalmente collegata e con la giurisprudenza consolidata in materia di assorbibilità dei c.d. “ad personam” intuitu personae (cioè ricono- sciuti in base ad un contributo professionale differenziato del lavoratore) e di mobilità interna orizzontale.
Non è possibile, per ragioni di spazio, approfondire la questione in questa sede.
3.1.4. LA PROCEDURA DI INDIVIDUAZIONE DEI RUOLI CHIAVE.
Quanto alla procedura di determinazione delle posizioni organizzative, tutti e 3 i CCNL fanno espresso (e doveroso) rinvio alla sede decentrata.
Nei 2 comparti pubblici l’istituto in questione è inserito tra le materie di competenza della contrattazione inte- grativa a livello di singola amministrazione o azienda e, come visto, ha la stessa durata di quella di settore (4 anni) (v. cap. 5°, par. 5.6). La relativa disciplina risulta, pertanto, ugualmente statica, mentre anche i ruoli chiave sono sempre più dinamici al pari dei profili professionali, di cui costituiscono nient’altro che una spe- cie.
Per queste ragioni si intende ripresentare anche per le posizioni organizzative la soluzione flessibile propo- sta per i profili professionali emergenti (ibidem).
La procedura contenuta nel CCNL ABI è, invece, flessibile, in quanto consente all’azienda di ricorrervi ogni volta che ritenesse di apportare successive modificazioni all’atto di introduzione delle figure di cui si tratta (cap. II, 1, u.c.).
La dinamicità così garantita risulta pienamente soddisfacente, in quanto consente di integrare in ogni mo- mento la disciplina di base.
Essa dovrebbe, però, essere almeno trasformata da unilaterale (iniziativa della sola parte datoriale) a bilate- rale (iniziativa anche del sindacato aziendale).
Almeno, in quanto in base a ragioni di intuibile coerenza interna, la specie ruoli chiave dovrebbe essere di- sciplinata, e per le stesse ragioni, in maniera analoga rispetto ai profili professionali emergenti, vale a dire ricorrendo – in base a quanto da noi suggerito – ad una regolamentazione decentrata altrettanto flessibile e negoziata.
3.2. IL SETTORE ABI.
3.2.1. PRIMA APPLICAZIONE SOSTANZIALMENTE LIMITATA AL SOLO LIVELLO ECONOMICO PIU’ ELEVATO.
Nel paragrafo precedente si è già accennato al fatto che in sede decentrata ci sia stata una individuazione dei ruoli chiave molto riduttiva, in quanto sostanzialmente limitata al solo livello economico più elevato, e non giustificata sul piano organizzativo.
Sembra, pertanto, opportuno che le parti sociali prendano atto di ciò e cerchino di completare la fase di pri- ma attuazione di una materia sicuramente nuova e complessa, impegnandosi ad individuare anche le non poche figure professionalmente cruciali presenti anche negli altri tre livelli economici.
3.2.2. SITUAZIONI ETEROGENEE CIRCA I NUMERI E LA DISTRIBUZIONE DEI RUOLI CHIAVE.
I dati raccolti in merito al numero dei lavoratori ai quali sono già stati assegnati dei ruoli chiave mettono in evidenza – nonostante la limitatezza delle aziende (4) su cui si è potuto effettuare il confronto – l’esistenza di situazioni addirittura agli antipodi che, anche in questo caso, non sembrano essere affatto giustificati da sot- tostanti e altrettanto radicali diversità a livello di dati di tipicità ambientale.
Questo elemento non è, infatti, in grado di incidere in maniera così significativa sulle relative percentuali, che variano addirittura – in rapporto al totale dei quadri direttivi – dal 2%-6% al 38%-39%. Una dimensione di 7- 20 volte inferiore non può certo essere correlata a presunte ragioni di tipo organizzativo, bensì a ben più fondati motivi di natura ideologico-sindacale: la volontà di ridimensionare al minimo un capitolo del rinnovo contrattuale che invece avrebbe dovuto essere valorizzato al massimo nell’interesse convergente delle 3 parti in gioco: lavoratori, sindacati e imprese bancarie.
Le varie posizioni organizzative sono, poi, state distribuite in maniera non sufficientemente omogenea, con una assoluta e generale prevalenza delle figure di tipo gerarchico e con una corrispondente marginalità (an- che in termini di livello) di quelle tecniche. Sembra opportuno un intervento di riequilibrio volto ad attribuire un più equo riconoscimento ai contributi specialistici.
Circa la loro collocazione spaziale all’interno dell’azienda, vi è una intuibile prevalenza dei ruoli chiave nella rete ed una loro ampia articolazione in termini di unità organizzative e di singoli settori di attività.
3.2.3. IL TRATTAMENTO ECONOMICO E I LIVELLI DEI RUOLI CHIAVE.
Per quanto riguarda il trattamento economico, la situazione è piuttosto diversificata a livello di singola banca, ma, nel suo complesso, è alquanto omogenea, circa i valori minimi e massimi, rispetto a quelle del CCNL Sanità.
I massimi, infatti, sono sostanzialmente allineati: 15 xxx.xx oltre la metà dei casi ABI e 18 mln. nel settore Sanità.
Altrettanto è, in 10 casi su 17 (59%), per i valori minimi: 5 mln. nel settore Abi e 6 mln. nel settore Sanità.
Tuttavia occorre tenere conto del fatto che nel credito la percentuale dei dirigenti (1% circa) è grosso modo corrispondente a 1/20 di quella del comparto Sanità (19%) e che, quindi, è ragionevole ritenere che una quo- ta rilevante dei quadri direttivi (soprattutto del 4° e del 3° livello retributivo) occupi dei ruoli di valore profes- sionale analogo a quelli attribuiti ai dirigenti minori o addirittura agli pseudodirigenti dell’altro settore.
L’osservazione mantiene la sua validità sostanziale anche quando, a breve, la situazione dovrebbe andare a regime e i dirigenti bancari si attesteranno intorno all’1,5%-2,5%, come previsto dal rinnovo del 1999.
In altri termini, questo importante dato strutturale e funzionale (percentuale ridotta di dirigenti) dovrebbe inci- dere positivamente, elevandoli, sui valori dei ruoli chiave delle banche.
Il che dovrebbe valere anche per il numero dei livelli , che pur in astratto potrebbe essere ritenuto sufficien- temente articolato, dal momento che in quasi i 2/3 del campione (11 casi su 18) ne sono previsti almeno 3 e nei rimanenti – tranne un’unica eccezione – 2.
Anche a questo proposito deve, però, essere tenuto nella dovuta considerazione il fatto che i quadri direttivi di questo settore ammontano complessivamente al 30% circa dell’intera popolazione bancaria.
Fatte queste precisazioni, si può ritenere sostanzialmente equilibrata l’ampia escursione media dei valori tra i diversi livelli di una stessa impresa.
3.2.4. LA PROCEDURA DI FATTO SEGUITA E LA POSIZIONE DELLE BANCHE.
Come si è gia visto in questo capitolo (par. 1.4.2)), la procedura introdotta dal rinnovo del 1999 determina un coinvolgimento sindacale forte, in quanto circoscrive notevolmente la discrezionalità aziendale in materia ( vedi cap. settimo,par. 1.4.2 ).
Il comportamento tenuto dalle banche in proposito non è, però, stato complessivamente coerente al momen- to della sua prima applicazione concreta.
Ci sono certamente stati non pochi casi in cui il confronto col sindacato è stato condotto nel pieno e leale ri- spetto degli obblighi di correttezza e di buona fede e cercando, come dovuto, di fare di tutto per realizzare l’obiettivo contrattuale che dovrebbe sempre accomunare, nel loro reciproco e convergente interesse, le due parti sociali: quello di ricercare e di trovare soluzioni condivise.
Sono però risultate perlomeno altrettanto diffuse le situazioni di evidente volontà datoriale di rispettare solo formalmente le clausole contrattuali. Conseguentemente le imprese si sono presentate ai relativi confronti con uno spirito non sufficientemente costruttivo e senza tenere, di regola, nella dovuta considerazione le proposte integrative degli interlocutori, che accoglievano – dopo averle opportunamente filtrate – diffuse e argomentate richieste dei lavoratori interessati. Lavoratori che spesso si sono sentiti del tutto mortificati nella loro dignità a causa della mancata valorizzazione, economica e di ruolo, della loro indubbia professionalità.
Quanto ora affermato è anche avvalorato dal fatto che la procedura ha conseguito il suo obiettivo: realizzare intese condivise, solo in 3 dei 18 casi esaminati.
Tutto ciò, evidentemente, ha inciso, e tuttora incide, non positivamente a livello di risposta quando le varie dirigenze hanno sollecitato e continuano a sollecitare i lavoratori ad operare con maggiore impegno, dispo- nibilità, coinvolgimento e collaborazione.
A questo proposito non basta affermare in continuazione che le risorse umane (in particolare quelle più qua- lificate) sono un fattore critico di successo per le imprese bancarie. Occorre anche far seguire comportamen- ti concreti e conseguenti nell’offrire oltre che nel richiedere.
Pare che alla base di tutto ci siano, in questa situazione, 3 cose: la volontà solo declamata di voler innovare, l’utilizzo di una categoria di approccio (la quantità) non coerente con la natura (qualitativa) del problema e una non condivisibile valutazione in termini di costi e non di investimento delle spese relative ai dipendenti.
Ci si augura che anche queste aziende rivedano presto le loro posizioni in merito, accogliendo il corretto ed apprezzabile auspicio della loro associazione datoriale a fare in modo che “… il confronto in parola abbia esi- to positivo …”.
CAPITOLO OTTAVO
1. NON EFFETTUAZIONE DI UNA ANALISI COMPLETA.
Un’analisi completa della professionalità, soprattutto dinamica, dei dipendenti richiede ne- cessariamente di affrontare anche gli aspetti economici. Ciò in quanto lo scambio più im- portante che avviene a livello di singolo rapporto di lavoro è quello tra prestazione e retri- buzione.
Si è, però, ritenuto di non prenderli in esame fondamentalmente per due ragioni di metodo.
In primo luogo si sarebbe dovuto ricorrere a delle comparazioni a livello delle retribuzioni globali di fatto medie, prendendo in considerazione anche tutti gli ulteriori elementi di natu- ra individuale e/o collettiva riconosciuti in sede decentrata. Questo perché l’esperienza concreta evidenzia la loro sensibile incidenza, come si è potuto del resto verificare rego- larmente nel nostro settore al momento della prima applicazione dei CCNL del credito alle società del parabancario. Escluderli avrebbe,portato a delle ricostruzioni non corrette e di- storsive in sede di confronto intercategoriale. D’altra parte, considerarli avrebbe richiesto uno sforzo complessivo ben superiore rispetto alle risorse a nostra disposizione e, tutto sommato, sproporzionato rispetto ai nostri scopi.
In secondo luogo anche una ricerca completa avrebbe comunque contenuto un non se- condario elemento di disomogeneità strutturale e funzionale, che avrebbe limitato signifi- cativamente il valore delle comparazioni: il fatto, cioè, che la percentuale complessiva dei dirigenti è molto diversa negli 11 CCNL, variando dall’1% circa (Credito) a quasi il 20% (Sanità).
A questo proposito, è infatti ragionevole ritenere che una quota dei quadri dei settori con presenza ridotta di dirigenti occupi dei ruoli di valore professionale analogo a quelli attribui- ti ai dirigenti minori o agli pseudodirigenti degli altri comparti. Tale aspetto avrebbe inevita- bilmente determinato la sostanziale inattendibilità delle varie comparazioni.
2. IL SISTEMA INCENTIVANTE NEL SETTORE DEL CREDITO.
Si è, però, ritenuto di fare un’eccezione – limitatamente al nostro settore – per l’istituto dei sistemi incentivanti in quanto nuovo (è stato introdotto solo nel 1999, vedi cap. VIII) ed in- teressante per i suoi contenuti e per il particolare coinvolgimento sindacale.
Saranno presi in esame, senza alcuna pretesa di completezza, i principali aspetti di inqua- dramento, giuridici, sindacali, relazionali ed organizzativi. Non saranno, invece, analizzati quelli tecnici ed economici in quanto non strettamente collegati all’oggetto del presente studio.
Oramai in ogni settore del lavoro la retribuzione variabile ha assunto, da non pochi anni, un’importanza sempre crescente al fine di ottenere un maggior coinvolgimento dei lavora- tori rispetto agli obiettivi delle imprese e di stimolare il sorgere di una cultura aziendale più orientata al risultato.
Anche il comparto creditizio, in correlazione con l’evoluzione dello scenario esterno di rife- rimento, si è orientato da tempo in questa direzione.
Ne è derivata una applicazione diffusa di modelli spesso o frequentemente unilaterali, di- screzionali ed escludenti.
Il sindacato con l’ultimo rinnovo è riuscito ad ottenere l’inserimento di una serie di clausole importanti e qualificanti volte, essenzialmente, a realizzare tre obiettivi: 1) limitare l’assoluta discrezionalità aziendale; 2) rendere il sistema trasparente ed obiettivo; 3) otte- nere un coinvolgimento preventivo di tipo partecipato allo scopo di rappresentare e tutela- re al meglio gli interessi dei lavoratori.
Si tratta del primo caso in assoluto in cui un contratto collettivo regolamenta questo sem- pre più importante istituto, introducendo delle precise ed esigibili previsioni di ridimensio- namento di un tradizione potere privato dell’imprenditore che le aziende hanno da sempre cercato di difendere con la massima fermezza da ogni possibile disciplina/limitazione pat- tizia.
2.1. LA SUA INTRODUZIONE E’ UNA FACOLTA’ AZIENDALE.
L’introduzione di sistemi incentivanti è una semplice facoltà (… può prevedere l’istituzione…) e non un obbligo per le aziende. Conseguentemente esse rimangono anco- ra del tutto libere circa l’ “ an “,cioè il “ se “ ricorrervi o meno. Tuttavia, in caso di decisione positiva non dovrebbero essere più altrettanto libere circa il “quomodo “, cioè il modo, le modalità, sia di merito che di metodo. Questo perché il contratto collettivo ha introdotto delle regole vincolanti che dovrebbero essere rispettate dalle imprese in ogni caso di ricor- so ad esso.
In particolare ciò vale per la previsione espressa secondo cui il sistema incentivante si de- ve riferire a “gruppi omogenei di posizione lavorative”. (1° c.).
Conseguentemente la banca non potrebbe mantenere o introdurre modelli di tipo indivi- duale.
Sotto questo profilo le banche si trovano in una situazione di discrezionalità vincolata, si- mile a quella classica relativa alle promozioni per merito.
2.2. E’ UN ISTITUTO DIVERSO RISPETTO AL PREMIO AZIENDALE.
Si tratta di un elemento pacificamente variabile della retribuzione in quanto il diritto a per- cepire i premi incentivanti è condizionato al raggiungimento degli “ specifici obiettivi “ indi- viduati dall’azienda.
A questo proposito il contratto prevede opportunamente che essi debbano essere diversi da quelli individuati per il premio aziendale, che rappresenta un ulteriore elemento della re- tribuzione variabile, previsto da oltre un decennio e unico per tutto il personale. Il premio incentivante risulta, così, aggiuntivo e non sostitutivo rispetto all’altro, che risponde a logi- che e a scopi ben differenti. Non sono, quindi, ammessi scambi impropri tra il primo ed il
secondo. Il premio aziendale deve, per queste ragioni, essere difeso , consolidato e, semmai, incrementato nei suoi valori in conseguenza del generale miglioramento dei pa- rametri di produttività e di redditività delle imprese bancarie.
Le forme di erogazione sono del tutto libere; il testo contiene solo delle indicazioni di natu- ra esemplificativa (stock option e stock granting, cioè opzioni da esercitare entro un certo termine e a un certo prezzo ed assegnazioni di azioni a prezzi vantaggiosi o addirittura a titolo gratuito).
2.3. OGGETTIVITA’ E TRASPARENZA DEGLI ELEMENTI.
Circa i contenuti, tre sono le clausole più importanti.
In base alla prima gli elementi del sistema richiamati nel testo (ammontare globale, criteri di attribuzione, tempi di corresponsione, tener conto anche del personale che offre contri- buti indiretti) debbono risultare “ oggettivi e trasparenti “. Ciò è quanto mai importante per evitare il ripetersi di regole non eque e per ottenere la loro sostituzione con clausole basa- te sui principi della non discriminazione e delle pari opportunità per tutti i lavoratori;
2.4. CONSIDERA ANCHE I CONTRIBUTI INDIRETTI.
Circa la seconda occorre, come appena visto, tener conto anche del personale che forni- sce dei contributi indiretti al raggiungimento degli obiettivi specifici assegnati. La qualcosa significa che i sistemi incentivanti non possono essere applicati al solo personale della re- te; essi devono, al contrario, essere estesi ai dipendenti degli uffici interni che partecipino di fatto alla realizzazione dei relativi obiettivi.
Xxxx, sono sempre più diffuse le tesi che sostengono l’opportunità indiscutibile per le a- ziende di coinvolgervi tutti indistintamente i lavoratori. Di particolare importanza euristica appaiono, al riguardo, le condivisibili considerazioni formulate in una recente indagine sul sistema incentivante delle banche condotta da Prometeia, cioè da un istituto scientifico specializzato, di indiscusso prestigio e noto per l’equilibrio delle proprie interpretazioni e valutazioni: “L’utilizzo di forme di incentivazione solo per il personale di rete è un elemento di criticità, non solo perché in tal modo non si stimolano la partecipazione e il senso di ap- partenenza ad un gruppo, ma anche perché è importante riconoscere il ruolo delle perso- ne che si occupano del< funzionamento della macchina.>. Sono infatti ugualmente deter- minanti nel miglioramento dell’efficienza e, quindi, della possibilità di servire il cliente con quelle caratteristiche di qualità che diventano sempre più importanti.“2.
Cruciale risulta, in particolare, il riconoscimento dell’importanza dei contributi di tutti i di- pendenti non appartenenti alla rete in riferimento al livello di qualità dei servizi forniti alla clientela, cioè all’elemento topico della concorrenza e della competitività delle imprese bancarie orientate al cliente.
Vi è, poi, un ulteriore e importante vantaggio di tipo relazionale: l’estensione generalizzata contribuisce in misura elevata a realizzare un clima aziendale positivo, cioè improntato alla
2 Di Felice e Rigon, 2000, pagg. 40 e 41
collaborazione. La soluzione opposta provocherebbe, al contrario, indiscutibili effetti nega- tivi, facendo sorgere sentimenti di gelosia e di rivalità.
Il coinvolgimento dovrebbe essere, pertanto, generale, vale a dire senza alcuna distinzio- ne di tipo verticale (qualifica) od orizzontale (di ruolo a parità di qualifica).
Va da sé che tali distinzioni dovranno essere invece considerate in riferimento ai criteri e ai pesi da attribuire ai vari dipendenti.
La loro individuazione risulta certamente più difficile e complessa in relazione ai lavoratori degli uffici centrali, ma non rappresenta comunque un ostacolo insormontabile. Come in- segnano addirittura gli enti locali, che hanno progressivamente adottato sistemi premianti già a partire dalla seconda metà degli anni ottanta, coinvolgendo anche il personale non di sportello. Con l’impegno e con il ricorso, ove ritenuto necessario, a esperti esterni, i pro- blemi di misurabilità sono stati in genere superati, ottenendo dei risultati sicuramente signi- ficativi.
La realtà risulta, purtroppo, sensibilmente diversa: nella maggioranza dei casi viene coin- volto esclusivamente il personale di rete.
Su questo punto convergono le esperienze pratiche e i risultati della ricerca empirica.
A proposito di quest’ultima, è risultato che in ben il 60% delle banche analizzate il sistema incentivante ha coinvolto unicamente la rete di vendita, mentre solo nel rimanente 40% dei casi ha riguardato l’intero personale 3.
L’esclusione delle sedi centrali e degli uffici interni risulta, inoltre, incoerente in quanto non coinvolge proprio i settori che presentano le maggiori inefficienze 4, anche se non attribuibi- li ai lavoratori che vi operano, e che potrebbero, pertanto, migliorare sensibilmente le loro prestazioni ove fossero anch’essi inclusi.
Si è in presenza di un limite culturale che dovrebbe essere rapidamente superato. In que- sto modo l’applicazione inclusiva e non più esclusiva sarebbe, per le imprese, l’espressione di una presa di coscienza della sua importanza anche per loro e non, invece, il mero e formale adempimento di un obbligo contrattuale non condiviso nei suoi contenuti;
2.5. IL SISTEMA DEVE ESSERE PER GRUPPI OMOGENEI E NON DI TIPO INDIVIDUALE.
3) il sistema incentivante deve essere per “ … gruppi omogenei di posizioni lavorative … “. Non possono essere, pertanto, introdotti dei modelli di tipo individuale. Il testo è, sotto questo profilo, chiaro ed univoco: in base alla locuzione adottata devono essere soddisfatti contemporaneamente due requisiti: 1) si deve trattare di gruppi; 2); gli stessi debbono, poi, essere, omogenei, cioè affini. Non è, quindi, possibile sostenere che si possa fare riferi- mento anche a dei fantomatici “ gruppi omogenei “ formati da una sola persona.
3 Ibidem, pag. 36
4 Di Monaco, 1993, pag. 79
Questo aspetto è, tra l’altro, imposto dall’evoluzione organizzativa del sistema del credito, dato che “ … l’organizzazione degli istituti bancari è sempre più volta ad un lavoro di squadra e di cooperazione…”5.
Un sistema di gruppo consente, in primo luogo, di conseguire indubbi vantaggi a livello di trasferimento e di socializzazione delle conoscenze dei singoli membri , di collaborazione e di cooperazione tra tutti i componenti, anche di qualifiche diverse6 e di instaurazione di un clima positivo che aiuta a superare gli inevitabili conflitti di natura relazionale.
Sotto quest’ultimo profilo si parla spesso, tra gli esperti di “squadra vincente” o di “effetto moltiplicatore di gruppo”, vale a dire del fatto che il rendimento complessivo risulti netta- mente superiore alla semplice somma algebrica dei contributi individuali. Si può anche parlare di “valore aggiunto di gruppo”.
Esso permette, in secondo luogo, di non subire gli inevitabili e noti effetti negati vi di un si- stema di tipo individuale (rivalità e gelosie diffuse, perdita di produttività, energie spese in maniera non proficua per una continua ed estenuante attività di controllo incrociato, ecc.).
Si può, in definitiva, sostenere che un sistema di tipo individuare rischi, inevitabilmente e al di là delle intenzioni delle aziende, di fondarsi sul principio autopenalizzante “homo homini lupus”, secondo cui l’uomo (il singolo membro del gruppo) è lupo (nemico) all’uomo (ogni altro membro del gruppo).
Esso conduce molto spesso ad un forte individualismo e alla conseguente “… frizione tra le persone dovute alla competitività individuale (37%)…”7. Questo dato particolarmente e- levato e pericoloso è stato individuato in una recente ed approfondita indagine sociologica condotta su un campione rappresentativo di 558 addetti alla rete commerciale impiegati in 11 banche operanti in Piemonte.
Da qui l’opportunità di ribaltare quel principio, sostituendolo con il suo opposto: “homo ho- mini socius”, in base al quale l’”uomo è socio all’uomo”, è, cioè, alleato e non avversario degli altri, coi quali concorre alla realizzazione di un unico obiettivo di squadra che li uni- sce e non li divide. Il che si realizza passando, per l’appunto, a un modello fondato sui gruppi.
Va da sé che esso non significa affatto premi uguali per tutti. Qualunque sia il sistema a- dottato,il riconoscimento ad ogni membro della squadra dovrà necessariamente tener con- to anche del ruolo e del contributo offerto singolarmente. Una sua graduazione è nelle co- se, purché equa ed equilibrata. Sotto questo profilo un eccessivo sventagliamento appari- rebbe, francamente, ben poco comprensibile in termini di giustizia (che vuol dire dare a ciascuno il suo) distributiva. E, questo, uno dei punti critici più delicati; l’assenso preventi- vo dei lavoratori risulta essenziale per il successo dell’intera iniziativa.
5 Ibidem, pag. 44
6 Di Xxxxxx e Rigon, 2000, pag. 43
7 Di Monaco, 1996, pag. 44
In questo modo ci sarebbe un concorso di due componenti: di gruppo ed individuale, stret- tamente interconnesse ed inscindibili: se non realizza il proprio obiettivo, il gruppo, e, quindi, ogni componente, non percepisce alcun incentivo; nel caso contrario il premio è assegnato ad ogni membro della squadra ed ognuno riceverà una quota collegata al pro- prio e diverso contributo personale. In sostanza, la componente individuale scatta solo ne l- la successiva ed eventuale fase distributiva e non anche in quella precedente di realizza- zione dell’obiettivo, che rimane unico e comune a tutti.
2.6. IL COINVOLGIMENTO PARTECIPATIVO DEL SINDACATO.
Il coinvolgimento del sindacato aziendale è previsto in riferimento a tre fasi diverse dell’applicazione del sistema incentivante.
Innanzitutto esso deve essere informato in via preventiva (3° c.) su tutti gli elementi (am- montare globale, criteri di attribuzione, tempi di corresponsione, gruppi omogenei e contri- buti indiretti) del modello elencati precedentemente nel testo contrattuale e che ne com- prendono gli aspetti più qualificanti.
Questa informativa è strumentalmente collegata alla fase successiva di confronto in qua n- to ha lo scopo evidente di fornire al sindacato tutte le conoscenze necessarie per poter formulare con cognizione di causa le proprie proposte.
Lo stesso sindacato può, infatti, avviare con un proprio atto di iniziativa – e siamo alla se- conda fase – una “procedura di confronto nel corso della quale gli organismi sindacali … formulano considerazioni e proposte.” (3° c.).
La procedura in questione deve esaurirsi entro quindici giorni dall’informativa e dovrebbe avere lo stesso oggetto di quest’ultima in consegue nza del legame funzionale prima evi- denziato tra le due fasi.
Il livello di coinvolgimento partecipativo risulta sicuramente elevato in quanto esso dovreb- be tradursi in un indiscutibile confronto a due vie (esame congiunto), indispensabile per non vanificare il diritto del sindacato di formulare proposte e considerazioni
Come dovrebbe, del resto, ricavarsi anche, sul versante dell’impresa, dal suo obbligo di condurre l’incontro nel rispetto dei fondamentali obblighi di correttezza e di buona fede. Sotto questo profilo essa dovrebbe essere tenuta ad esaminare e a prendere in seria con- siderazione tutte le proposte integrative eventualmente presentate dai rappresentanti dei lavoratori. Non le è, pertanto, consentito di assumere in proposito un atteggiamento no n collaborativo o di chiusura pregiudiziale o di disponibilità solo formale.
Sul piano extragiuridico tale livello di coinvolgimento potrebbe, poi, risultare ben più eleva- to e vincolante qualora il sindacato dovesse preventivamente esaminare tutta la questione con i lavoratori, costruendo assieme a loro le considerazioni e le proposte da sottoporre all’azienda.
Ciò dovrebbe rappresentare una conseguenza del fatto, riconosciuto dalla dottrina specia- listica in maniera consolidata, che ogni sistema incentivante, per essere realmente effica-
ce, deve risultare consentito, cioè condiviso dai suoi destinatari: i lavoratori e dai loro rap- presentanti. Questo aspetto dovrebbe suggerire alle aziende di tenere nella dovuta consi- derazione e di accogliere, nel limite del possibile, quanto prospettato dal sindacato interno.
Il consenso individuale e collettivo rappresenta indubbiamente una variabile critica per o- gni tipo di sistema incentivante introdotto in contesti innovati e orientati alla qualità, come sono da tempo anche gli enti creditizi.
L’intreccio tra i due livelli introdotto dal rinnovo del 1999 rende ancor più importante e indi- visibile la questione.
In riferimento a quello sindacale, il rispetto sostanziale del modello di democrazia ind u- striale qui in esame è fondamentale innanzi tutto perché “… migliora l’accesso del mana- gement all’informazione, che è una risorsa vitale delle imprese moderne.”8
Sotto questo profilo appare essenziale per queste ultime l’utilità di “… valorizzare i canali di ritorno di un altro genere di informazioni relative all’impatto sul personale dell’iniziativa di incentivazione o di innovazione organizzativa, così come a tutte le possibili distorsioni …9 che possono essere presenti in ogni modello concreto.”.
Le r.s.a. costituiscono, a questo proposito, il canale privilegiato di comunicazione fra la di- rigenza e i lavoratori. Esse sono, quindi, in grado di raccogliere e di rappresentare tutta una serie di informazioni importanti per la direzione e che altrimenti rimarrebbero inacces- sibili.
Il loro coinvolgimento dovrebbe anche incidere positivamente sulle decisioni aziendali, in quanto in questo caso esse migliorano (dal momento che devono considerare tutte le al- ternative) e sono più facili da attuare (rispetto a quelle introdotte escludendo il confronto sindacale) 10
Ma c’è di più: la logica partecipativa applicata alla qualità “ … aumenta l’efficienza ind x- xxxxxxx, xxxxxxx x’xxxxxxxxx xxx xxxxxxxx alle performance economiche di lungo periodo dell’impresa. “11. Sembra un paradosso, ma, a ben vedere, esso è solo apparente. Gli inte- ressi dei lavoratori, e, quindi, quelli dei loro organismi di rappresentanza, sono per loro na- tura di tipo strutturale e non congiunturale e possono essere soddisfatti nel modo migliore se l’azienda è capace di conseguire risultati positivi in via tendenzialmente permanente.
Questo aspetto assume ancor maggiore rilevanza in riferimento ai sistemi incentivanti del credito. Qui, infatti, non raramente la loro struttura spinge gli operatori di rete a tenere dei comportamenti volti al soddisfacimento dei propri interessi di breve periodo piuttosto che a quelli duraturi della clientela. Il che avviene soprattutto in relazione alle vendite incentivate di prodotti finanziari.
8 Xxxxxxxxx, 1999, pag. 32
9 Di Monaco, 1993, pag. 85
10 Stanziani, 1999, pag. 33
11 Ibidem, pag. 34
La terza fase di coinvolgimento del sindacato è successiva e si realizza nell’”apposito in- contro” di cui all’ultimo comma.
Il livello di coinvolgimento appare duplice: informativo e partecipativo.
Informativo in quanto l’azienda ha l’obbligo di segnalargli il numero dei premiati e l’ammontare globale dei premi assegnati.
Partecipativo laddove la disposizione prevede che “ criteri di distribuzione e modalità com- plessivamente adottate dall’azienda saranno oggetto a consuntivo di apposito incontro… “.
E’ da ritenere che in questo caso si sia in presenza di un coinvolgimento partecipativo a livello di confronto.
Ciò dovrebbe dedursi per le due fondamentali ragioni che seguono: 1) per coerenza e si- stematicità dell’istituto, in analogia a quanto previsto nella seconda fase che precede (pro- cedura di confronto); in questo senso la verifica a posteriori dei risultati appare un oppor- tuno e logico completamento del coinvolgimento delle r.s.a. centrali. Si è, infatti, in presen- za di un aspetto della gestione delle risorse umane che, richiedendo la collaborazione massima dei lavoratori, può essere definitivamente valutato solo in un momento successi- vo. In questo senso l’interpretazione qui formulata appare la più coerente e consente, ol- tretutto, di venire a conoscenza di fatti necessari per poter formulare in maniera meditata le considerazioni e le proposte relativamente al successivo e assai probabile sistema in- centivante. Assai probabile in quanto le banche sembrano ormai definitivamente orientate ad adottarlo in via permanente; 2) per la formula diversa adottata dal contratto nei due ca- si. In riferimento al coinvolgimento solo informativo il termine utilizzato: “segnalare” è sicu- ramente univoco in proposito. Quanto ai criteri di distribuzione e alle modalità complessi- vamente adottate si individua la sede in cui saranno affrontati con una locuzione: “apposito incontro “. Il richiamo generico all’”incontro” dovrebbe consentire di sostenere che si è in presenza di una fase di confronto/esame congiunto.
In base all’ampiezza ed alla omnicomprensività della relativa previsione (“criteri di distribu- zione e modalità complessivamente adottate …”) il suo oggetto dovrebbe coincidere con quello della prima fase.
2.7. L’OBIETTIVO DEVE ESSERE RAGGIUNGIBILE E NON STRES- SANTE.
I testi teorici sottolineano la indiscutibile importanza di questo aspetto, che le banche ra- ramente affrontano con l’attenzione dovuta.
L’obiettivo deve essere raggiungibile soggettivamente ed oggettivamente.
Occorre, cioè, tener contemporaneamente conto delle conoscenze e delle competenze ef- fettivamente possedute dai gruppi omogenei di lavoratori (aspetto soggettivo) e delle con- dizioni reali interne ed esterne delle unità operative in cui sono inseriti (aspetto oggetti vo).
Obiettivi troppo elevati o, addirittura, irraggiungibili creano inevitabilmente demotivazione, frustrazione e crisi di sfiducia nei lavoratori.
A tutto ciò si può anche accompagnare il sorgere di una pericolosa situazione di forte stress negativo, soprattutto quando il sistema premiante è di tipo prevalentemente quanti- tativo. In questi casi l’intensità dello sforzo richiesto può risultare così elevata che provoca a sua volta delle diffuse e serie conseguenze a livello di salute psico-fisica. Con ulteriori effetti negativi a livello di dinamiche di gruppo e di clima complessivo.
Sotto questo profilo non appare ancora superata la tendenza ad affrontare il problema del- la produttività dei lavoratori ricorrendo alla categoria della quantità in luogo di quella della qualità, l’unica coerente con l’evoluzione del sistema ed in grado di diventare il vero fattore strutturale della competitività delle imprese bancarie orientate al mercato ed al cliente.
Non stupisce, allora, che la ricerca empirica confermi i dati dell’esperienza pratica, anche recentissima.
Non rari risultano, infatti, i casi di “management by stress”, vale a dire di forme di esaspe- rata intensificazione del lavoro che provocano uno stress sostanzialmente permanente 12.
Dal richiamato studio sui bancari del Piemonte emerge che “… vada letta tra le righe so- prattutto l’ansia un po’ confusa e scomposta per raggiungere i risultati di sportello, ansia alimentata dalle continue pressioni della direzione 13.
2.8. IL SISTEMA DEVE GARANTIRE UGUALI POSIZIONI DI PAR-
TENZA A TUTTI.
Ogni sistema incentivante deve essere, come intuitivo, anche equo. Questa caratteristica deve essere soddisfatta pure in riferimento ai vari gruppi omogenei in gara.
Ciò significa che occorre valutare con estrema attenzione il contesto interno ed esterno di ognuno di essi ed introdurre, in base ai dati raccolti, dei coefficienti di ponderazione e dei parametri correttivi in grado di riequilibrare le diverse situazioni iniziali.
Si tratta, indubbiamente, di un impegno di non poco conto. Ma è altrettanto indiscutibile che esso risulti necessario per garantire il raggiungimento strutturale degli obiettivi azien- dali.
Anche qui l’esperienza evidenzia ancora diffuse situazioni di disparità non rimosse, che sarebbe utile per tutti eliminare in tempi sufficientemente brevi.
Il che vale, soprattutto ed ancora una volta, per il settore del credito, dove il ricorso a que- sti strumenti di coinvolgimento dei lavoratori risulta sempre più una scelta consapevole di lungo periodo.
12 Xxxxxxxxx, 1996, pagg. 78/82
13 Di Monaco, 1996, pag. 44
Non cercare di porvi rimedio potrebbe, allora, ridurre progressivamente la motivazione dei dipendenti, con inevitabile inefficacia progressiva dei modelli adottati, ancorché validi per gli altri aspetti.
2.9. PREMIARE TUTTI I GRUPPI CHE MIGLIORANO.
Vi è, in generale, la tendenza a premiare solo i singoli (ipotesi ancora frequente, anche se ormai indiscutibilmente illegittima alla luce del rinnovo del 1999) e/o i gruppi omogenei che abbiano realizzato per intero l’obiettivo loro assegnato o che, nel caso delle gare, si siano classificati in una posizione utile allo scopo (es.: nelle prime 50).
In entrambi i casi rimane normalmente esclusa dagli incentivi anche una rilevante percen- tuale di dipendenti e/o di gruppi che hanno profuso un impegno persino aggiuntivo consi- stente e che, in virtù di esso, hanno migliorato significativamente le loro presta zioni.
Simili principi determinano inevitabilmente estesi ed intuibili effetti demotivanti negli inte- ressati, che si sentono, a ragione, discriminati per aver comunque incrementato, grazie alla adesione al sistema incentivante, la loro produttività. Con conseguente e comprensibi- le loro minor coinvolgimento per gli anni successivi. Il che è pure pericoloso per gli interes- si delle imprese, visto che il salario variabile è oramai da esse considerato una leva strut- turale di motivazione e di collaborazione dei dipendenti.
Per queste ragioni occorrerebbe modificare questa regola, prevedendo espressamente che tutti coloro che avranno migliorato le loro performance in misura non trascurabile rice- veranno in ogni caso una ricompensa corrispondente al contributo differenziale offerto.
Va da sé che la sua entità dovrà essere rapportata al livello dell’incremento dei risultati e, pertanto, inferiore a quella dei gruppi che hanno conseguito per intero l’obiettivo o che si sono classificati nelle posizioni utili per ricevere il riconoscimento pattuito. Ciò significa che la soluzione qui proposta incide solo sul numero dei premiandi, mentre non prende in al- cun modo in considerazione i criteri di determinazione delle entità degli incentivi, che sa- ranno, ovviamente, stabiliti in sede aziendale. A quest’ultimo proposito si rinvia a quanto già sostenuto nel precedente paragrafo 2.6.2.5..
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