OSSERVAZIONI DI ANCI LOMBARDIA (DIPARTIMENTO SERVIZI PUBBLICI LOCALI, AMBIENTE, POLITICHE AGRICOLE E GREEN ECONOMY) SUL DOCUMENTO DI SCOPING NELL’AMBITO DELLA PROCEDURA DI AGGIORNAMENTO DEL PROGRAMMA REGIONALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI COMPRENSIVO DEL...
OSSERVAZIONI DI ANCI LOMBARDIA (DIPARTIMENTO SERVIZI PUBBLICI LOCALI, AMBIENTE, POLITICHE AGRICOLE E GREEN ECONOMY) SUL DOCUMENTO DI SCOPING NELL’AMBITO DELLA PROCEDURA DI AGGIORNAMENTO DEL PROGRAMMA REGIONALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI COMPRENSIVO DEL PROGRAMMA REGIONALE DI BONIFICA DELLE AREE INQUINATE
Premesse
La costruzione di un modello di sviluppo imperniato sull’economia circolare coinvolge l’intera società e comporta l’attribuzione di un ruolo fondamentale alle comunità locali nell’attuazione dei principi inerenti l’uso consapevole delle risorse disponibili. Sulla base di queste considerazioni, ANCI Lombardia partecipa all’aggiornamento del programma regionale di gestione dei rifiuti (PRGR) attraverso il presente documento che costituisce l’evoluzione del contributo presentato il 9 ottobre 2019 in sede di audizione presso la Commissione Consiliare Ambiente di Regione Lombardia.
Il ruolo dei Comuni nel conseguimento dei risultati del sistema lombardo
Il giudizio di ANCI Lombardia sui risultati della gestione dei rifiuti urbani in Lombardia è positivo; l’assetto definito dalla legislazione regionale e dal PRGR 2014 ha consentito di raggiungere i target fissati in anticipo rispetto ai tempi stabiliti dal D. Lgs. 152/2006.
I dati ISPRA del 2018 attestano valori di raccolta differenziata al 70,71% e una produzione di rifiuti pro-capite pari a 478,20 kg/ab anno (la più bassa del Nord Italia), cui si associano elevati valori di recupero di materia ed energia (85,2% nel 2017) e dati sul conferimento diretto in discarica dei rifiuti urbani inferiori allo 0,3% del totale.
Il ruolo dei Comuni nel conseguimento di questi risultati è stato determinante nella strutturazione della raccolta differenziata, anche grazie agli accordi intercorsi tra l’Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia e il Consorzio produttori e utilizzatori di imballaggi (CONAI).
La scelta di Regione Lombardia di avvalersi di un sistema di gestione dei rifiuti alternativo al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali (ATO) previsto dal D. Lgs. 152/2006 ha attribuito grande responsabilità ai Comuni, che hanno svolto il proprio compito con grande impegno, coinvolgendo la cittadinanza sugli obiettivi da raggiungere.
Non si può infine dimenticare che l’autosufficienza regionale nel campo dei rifiuti dipende anche dalla disponibilità delle comunità locali ad ospitare impianti di trattamento rifiuti e a sopportarne gli impatti in termini ambientali.
Le criticità emergenti
Di fronte a questi risultati la tentazione è di considerare l’aggiornamento del PRGR un mero adeguamento degli obiettivi, che non può intaccare lo schema generale del sistema di governance. La stessa ANCI Lombardia, nell’audizione di ottobre 2019, ha sostenuto questa soluzione.
Ma lo scenario economico che si sta consolidando obbliga a chiedersi se questo sistema possa conseguire i risultati che i cittadini e le istituzioni sovraordinate si attendono nel futuro; il contesto legislativo e regolamentare si è arricchito di numerose novità di cui si deve tener conto. ANCI Lombardia ritiene che sia compito della politica prevedere l’evoluzione futura del contesto socio-economico e attrezzare le istituzioni per farvi fronte in modo adeguato; per
questo ha approfondito la tematica con diverse interlocuzioni con i Comuni associati ed altri soggetti operanti nel settore, giungendo ad una parziale rivisitazione della propria posizione.
Verranno descritte di seguito le problematiche analizzate e le proposte formulate da ANCI Lombardia riferite ai quattro temi di interesse comunale: rifiuti urbani, rifiuti speciali, fanghi di depurazione e bonifiche.
1. Rifiuti urbani
La crescita dei costi di smaltimento dei rifiuti urbani
Un primo fattore di criticità è costituito dal D.L. 133/2014 (cd. Sbloccaitalia) che, di fatto, ha scavalcato l’ambito regionale per realizzare un sistema di gestione dei rifiuti urbani su scala nazionale. La principale conseguenza di questa disposizione è stata l’accesso di rifiuti provenienti da altre Regioni agli impianti di trattamento rifiuti lombardi. Il consistente aumento della domanda di trattamento rifiuti a fronte di un’offerta molto rigida ha fatto lievitare i costi sostenuti dai Comuni lombardi per lo smaltimento della frazione indifferenziata presso i termovalorizzatori.
Si deve altresì considerare che, dei tredici impianti di termovalorizzazione lombardi, più della metà fanno riferimento al medesimo gruppo industriale, che smaltisce circa i tre quarti dei rifiuti urbani lombardi destinati all’incenerimento; questa situazione di “quasi monopolio” determina che le procedure di gara esperite dai Comuni per l’individuazione del soggetto smaltitore vadano spesso deserte, con notevoli difficoltà nel garantire la continuità del servizio. Solo i Comuni che hanno mantenuto una presenza all’interno delle società pubbliche che possiedono inceneritori possono avvantaggiarsi di tariffe inferiori a quelle stabilite dal mercato: per la stragrande maggioranza dei Comuni lombardi il rilevante dimensionamento impiantistico regionale non si traduce in un vantaggio trasformabile in minore tassazione su cittadini e imprese ma solo in aumento delle emissioni atmosferiche climalteranti ed inquinanti.
In concomitanza, il tracollo dei valori di mercato della materia recuperata (soprattutto carta e plastica) ha posto le amministrazioni comunali nelle condizioni di avere contemporaneamente aumenti di uscite e diminuzioni di entrate con conseguenti effetti sulla Tassa Rifiuti (TaRi). Ai cittadini lombardi per anni è stato detto che la raccolta differenziata avrebbe portato ad una diminuzione delle tariffe ma le bollette attuali dicono il contrario. In tale contesto, chiedere a Xxxxxx e cittadini un ulteriore sforzo per avviare le nuove raccolte differenziate che la normativa sull’economia circolare prevede (tessuti, PET, ecc.) appare alquanto problematico.
La regolamentazione ARERA
Con la delibera 443 dell’ottobre 2019, l’Autorità di Regolazione dell’Energia delle Reti e dell’Ambiente (ARERA) ha avviato la prima fase di regolamentazione del servizio di gestione rifiuti, come già fatto in passato nei settori idrico ed energetico. La delibera, che verteva esclusivamente sulle modalità di determinazione dei costi del servizio e quindi su una porzione limitata della regolamentazione complessiva del settore, ha creato enormi problemi applicativi in Lombardia poiché essa, partendo dalla normativa nazionale, si è riferisce ad un’organizzazione-tipo del servizio articolata in Ambiti Territoriali Ottimali (ATO). La loro assenza in Lombardia ha generato una notevole confusione sulle modalità di validazione dei piani economico-finanziari del servizio rifiuti in quanto questa funzione è ricaduta sui 1506
Comuni lombardi, che, malgrado gli sforzi profusi da ANCI Lombardia, in assenza di una linea di indirizzo regionale, hanno adottato soluzioni estremamente variegate. Difficilmente questo stato di cose potrà continuare quando ARERA adotterà nuove e più stringenti forme di regolamentazione del settore, sempre avendo a riferimento l’organizzazione in ATO.
Il recepimento delle direttive comunitarie sull’economia circolare
Il D. Lgs. 116/2020 che ha recepito in Italia le direttive UE sull’economia circolare ha introdotto numerosi fattori di novità sull’attività dei Comuni nel campo dei rifiuti.
In generale, le direttive comunitarie fissano obiettivi molto elevati, stabiliti in termini di riciclo e riuso della materia e non più di raccolta differenziata. Il ruolo dei Comuni singoli non può che rimanere tendenzialmente confinato alla sola raccolta per l’impossibilità di mettere in campo azioni a valle della raccolta stessa. Ai Comuni viene chiesto molto in termini di miglioramento della raccolta differenziata (aumento della quota di RD, nuovi materiali da raccogliere, migliore qualità dei rifiuti per consentirne il riciclo) ma essi controlleranno solo un parte limitatissima della filiera e dipenderanno da altri soggetti per quanto accade sia a monte che a valle del loro campo d’azione. Su taluni materiali per i quali è prevista la raccolta differenziata, il singolo Comune potrebbe non disporre della massa critica per attivare il servizio o i punti di recapito del materiale potrebbero essere molto lontani così da richiedere costi di trasporto (e annesso inquinamento) superiori al valore stesso dei materiali: il caso della provincia di Sondrio che non procede alla raccolta differenziata dell’umido perché non dispone di impianti sufficientemente vicini potrebbe estendersi anche ad altre tipologie di materiali e ad altre realtà territoriali. Il livello di competenza tecnica richiesto dall’attuazione delle indicazioni europee potrebbe non rientrare tra le professionalità disponibili presso i Comuni, e non solo presso i più piccoli.
La normativa di recepimento rende ancora più difficoltoso il lavoro dei Comuni a causa
dell’eliminazione dell’obbligo di conferimento al servizio dei rifiuti urbani prodotti da attività non domestiche (negozi e uffici) e la cancellazione del concetto di rifiuto assimilato. Le implicazioni di queste novità potrebbero determinare pesanti ripercussioni sull’organizzazione del servizio come è stato finora concepito e sui costi della Ta.Ri.; esso presuppone funzioni di controllo che i Comuni difficilmente sono in grado di attuare. Rifiuti finora classificati come urbani, e soggetti perciò al regime di privativa comunale, potranno essere smaltiti in modo autonomo e, se i Comuni non sapranno garantire all’utenza un servizio conveniente, si potrebbero registrare le inquietanti interferenze di aziende poco attrezzate, quando non addirittura legate a fenomeni malavitosi, che interessano il settore dei rifiuti speciali ed industriali.
Infine la previsione di un Piano Nazionale Gestione Rifiuti fa sorgere alcune preoccupazioni sulla possibilità per la Regione Lombardia di regolamentare autonomamente il settore dei rifiuti, accentuando gli effetti negativi del decreto Sbloccaitalia.
L’aumento della produzione dei rifiuti
Altro fattore di preoccupazione è il costante aumento della produzione di rifiuti pro-capite. Il disaccoppiamento con l’andamento della spesa rilevato dal documento di scoping non è un dato consolidato e l’aumento della quantità conferita nel 2018 lo testimonia. Non è poi da sottovalutare l’impatto dell’epidemia di CoViD 19 sulla produzione dei rifiuti indifferenziati, a causa delle disposizioni che hanno ricollocato nell’indifferenziato alcune frazioni prima
riconducibili all’umido, dei nuovi materiali di consumo (mascherine, liquidi per la sanificazione, ecc) e della propensione ad eliminare materiali ritenuti potenzialmente contaminati.
Il ritardo in alcuni territori
Il mancato raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata in due province, come Sondrio e Pavia, caratterizzate da una diffusa presenza di piccoli Comuni collocati in zone marginali (insieme a Cremona, sono le province con la maggiore incidenza di Comuni sotto i 5000 abitanti, rispettivamente il 92 e l’87%), suona come un campanello d’allarme rispetto alla capacità dei Comuni più piccoli di conseguire gli obiettivi ben più complessi del pacchetto sull’economia circolare, soprattutto laddove l’impiantistica non sia presente sui territori.
Rifiuti urbani: le proposte di ANCI Lombardia
In relazione alle problematiche sopra esposte, ANCI Lombardia propone alcuni spunti di riflessione per la stesura del Piano Regionale Gestione Rifiuti nella parte riferita ai rifiuti urbani.
Gli Ambiti Territoriali Ottimali
ANCI Lombardia propone che Regione Lombardia costituisca un tavolo di lavoro che, attraverso le loro forme associative, coinvolga i Comuni, le Province e le aziende pubbliche operanti sul territorio lombardo per valutare se vi siano le condizioni per adottare un modello di gestione della gestione dei rifiuti urbani che si avvalga degli Ambiti Territoriali Ottimali.
La riflessione sulle criticità emerse nel corso dell’ultimo anno ha indotto ANCI Lombardia a riconsiderare la posizione espressa nel mese di ottobre 2019 e a ritenere che la creazione di realtà pubbliche specializzate nel settore rifiuti possa costituire uno strumento essenziale perché il territorio lombardo affronti senza affanni le sfide poste dall’evoluzione normativa e dalla necessità di modificare il modello produttivo nella direzione dell’economia circolare.
La ridotta dimensione dei Comuni li rende soggetti deboli in un contesto in cui gli operatori tendono ad assumere dimensioni sempre più ragguardevoli e il mercato tende a concentrarsi verso forme di tipo monopolistico (termovalorizzatori, acquirenti di carta e vetro sono estremamente concentrati), rispetto ai quali si può avere un ruolo solo disponendo di una consistente massa critica di rifiuti ben differenziati. La liberalizzazione sulla gestione dei rifiuti di origine non domestica imposta dalla normativa richiede che il servizio pubblico sia in grado di offrire prezzi competitivi uniti alla garanzia del corretto trattamento dei rifiuti e questo può avvenire solo se il servizio assume una dimensione territoriale più ampia di quella riscontrabile nel singolo Comune.
Si ritiene che una gestione attraverso ATO possa attenuare gli effetti dell’eccesso di domanda presso i termovalorizzatori, anche per il maggiore peso contrattuale che gli ATO avrebbero nei confronti dei gestori degli impianti, senza contare la possibilità di dotarsi di impianti propri, più vicini alle esigenze dei territori, come già avviene in alcuni contesti.
Anche in termini di investimenti, la capacità dei singoli Comuni di attrarre sul territorio lombardo risorse del Green New Deal nel settore rifiuti appare limitata e ciò rischia di ridurre la possibilità di dotarsi di impianti innovativi. Sotto questo profilo appare significativa l’accelerazione degli investimenti che il servizio idrico integrato ha registrato dopo la pur tormentata costituzione degli ATO; e non è un caso che questa svolta, in un settore che in passato ha registrato una notevole difficoltà a mobilitare investimenti, sia avvenuta nel quadro di una attenta regolamentazione stabilita da ARERA e attraverso lo strumento delle società
pubbliche dei Comuni. Non è difficile immaginare che la regolazione del mercato che ARERA valuterà per il settore rifiuti si ispiri al modello vincente del SII e la Lombardia non può farsi trovare sguarnita.
Anche le problematiche derivanti dal D. Lgs. 116/2020 e l’obbligo di conseguire i nuovi obiettivi posti dall’Unione Europa devono trovare interlocutori tecnicamente preparati e gli ATO possono divenire “centri di competenza” dei territori in materia di gestione rifiuti (eventualmente anche per gli spinosi temi delle bonifiche).
Costi gestionali
Qualora non venga ritenuta percorribile l’ipotesi di costituzione degli ATO e in attesa di un dimensionamento degli impianti al solo livello di autosufficienza regionale, ANCI Lombardia ritiene assolutamente prioritario un intervento regionale diretto a stabilire una differenziazione tra le tariffe di conferimento riservate ai Comuni di Lombardia (che dovrebbero avere un tetto massimo) rispetto a quelle praticate per rifiuti provenienti da altri territori.
Le tariffe di conferimento agli impianti di recupero e smaltimento devono essere costantemente monitorate per consentire la migliore definizione della nuova regolazione ARERA sui corrispettivi di accesso agli impianti; essa costituirà un elemento ineludibile per i Comuni e il PRGR dovrà necessariamente valutarne l’impatto sul sistema lombardo.
Riduzione della produzione di rifiuti
ANCI Lombardia ritiene che il tema della differenziazione del rifiuto non sia più sufficiente per rispettare i principi di sostenibilità, e sia necessario sviluppare una capillare azione di prevenzione della produzione dei rifiuti; appare dunque significativo che Regione Lombardia la ponga al primo punto dell’elenco degli indirizzi per la programmazione dei rifiuti urbani.
L’eccessivo peso dato in passato alla raccolta differenziata da parte di organi di stampa e amministratori ha creato nei consumatori l’erronea percezione che essa possa essere risolutiva dei problemi di gestione dei rifiuti; in questo modo non viene avvertito che il vero elemento di squilibrio ambientale è costituito dalla quantità di rifiuti prodotti. Va invece posta in essere una comunicazione ai cittadini sull’importanza della riduzione della produzione rifiuti alla fonte, ponendola in relazione alla riduzione della tariffa puntuale sui rifiuti (TARIP), che è commisurata alla quantità effettivamente prodotta; particolare accentuazione dev’essere riservata al contenimento dello spreco alimentare. Appare necessario stimolare il settore commerciale, soprattutto quello che si avvale del libero servizio, a ridurre l’enorme quantità di imballaggi e di plastica monouso proposta ai consumatori; sarebbe auspicabile che vengano raccolte le buone pratiche messe in campo dai diversi territori nel campo della riduzione di tutte le forme di rifiuto.
Si propone che tutti i parametri di virtuosità nella gestione dei rifiuti tengano conto, accanto
alle percentuali di raccolta differenziata, della quantità di rifiuti indifferenziati pro-capite prodotta annualmente; eventuali tributi a carico dei Comuni (ecotassa e altre forme di finanziamento) dovranno tenere conto di entrambi i parametri. E’ necessario fissare degli obiettivi di riduzione della produzione di rifiuti che potranno anche essere differenziati in relazione alle caratteristiche dei Comuni (ad es. i poli attrattori di lavoro/studio hanno maggiore difficoltà a contenere la produzione di rifiuti).
Si propone altresì che venga premiata e stimolata l’adozione della tariffa puntuale del servizio di raccolta e gestione dei rifiuti (attuata solo da 147 Comuni lombardi su 1507), che potrebbe
migliorare le prestazioni di raccolta differenziata e contestualmente indurre ad una riduzione della produzione di rifiuti; per superare le molteplici difficoltà applicative, il PRGR dovrebbe trovare forme di sostegno ai Comuni che intendano avviare questo percorso (es. finanziamento degli studi prodromici alla attivazione della TARIP).
Rafforzamento della raccolta differenziata
Gli elevati livelli di raccolta differenziata conseguiti costituiscono una solida base per affrontare le nuove sfide poste dal pacchetto europeo sull’economia circolare ma sussistono situazioni pregresse da risolvere, per cui risulta necessario:
• sostenere il conseguimento degli obiettivi da parte dei territori che oggi non li hanno
raggiunti (province di Pavia e Sondrio, circa un terzo dei Comuni lombardi)
• estendere le tipologie di raccolta differenziata (tessili, oli alimentari e plastiche, in particolare PET) sostenendo l’avvio di sistemi sperimentali presso i Comuni
• valutare i condizionamenti apportati dai nuovi materiali sui processi di recupero (es.
l’inquinamento interfiliera dovuto all’utilizzo improprio della raccolta dell’organico attraverso sacchi in materiale bioplastico ostacola i processi di compostaggio) e trovare opportune soluzioni alternative, quali l’utilizzo, da parte dell’utenza, di sacchetti e in carta riciclata per frazione organico e carta, con cui si aumenterebbe la domanda di carta proveniente da macero e si limiterebbe la presenza di bioplastiche nelle filiere.
Chiusura del ciclo
Il mercato dei prodotti riciclati va adeguatamente promosso ed incentivato anche attraverso interventi normativi sui criteri ambientali minimi (CAM), promuovendo gli acquisti di materiali riciclati (GPP) come pre-condizione alla concessione di fondi e finanziamenti.
ANCI Lombardia ha sempre sostenuto la posizione di Regione Lombardia in materia di cessazione della qualifica di rifiuto, nella quale l’eccessiva centralizzazione degli iter autorizzativi rischia di paralizzare il settore del riuso e compromettere il raggiungimento degli obiettivi comunitari. Peraltro, nei settori in cui sia stata approvata a livello centrale una procedura di End of Waste, appare opportuno stimolare il sorgere di impianti che se ne avvalgano (es. impianti di valorizzazione di Prodotti Assorbenti per la Persona -PAP); si ritiene infine che Regione Lombardia debba sostenere, per quanto possibile, le attività di ricerca e industriali che mirano ad introdurre processi innovativi nel recupero di materiali.
ANCI Lombardia ritiene necessario approfondire le problematiche connesse a specifiche categorie di rifiuti (in particolare FORSU, alle plastiche e agli ingombranti) e sottolinea l’opportunità di valorizzare la frazione organica anche in forme alternative al compostaggio (produzione di biogas, utilizzo come substrato per la produzione di sostanze organiche di pregio); il completamento di questa opportunità potrebbe essere dato dall’incentivazione di distributori stradali di biometano.
Capacità degli impianti di trattamento e smaltimento
ANCI Lombardia ritiene che il sistema degli impianti di trattamento dei rifiuti solidi urbani debba essere esclusivamente dimensionato sull’autosufficienza regionale, così da non far ricadere sulla popolazione, sul territorio e sull’ambiente lombardo effetti indotti da decisioni assunte altrove; in un contesto in cui giustamente ci si preoccupa di contenere le emissioni di anidride carbonica per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e la Lombardia è impegnata
a risolvere i problemi di inquinamento dell’aria che hanno portato a due procedure di infrazione, ogni grammo di rifiuto non lombardo trattato negli impianti presenti nel territorio costituisce una vistosa contraddizione.
Se la dotazione impiantistica consente l’autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani in Lombardia, il nuovo PRGR non può prevedere nuovi impianti e anzi, deve definire una strategia di dismissione degli impianti più obsoleti o di conversione finalizzata a coprire altri settori della gestione rifiuti su cui il sistema è carente (rifiuti ospedalieri, fanghi di depurazione, ecc.).
L’impiego di CSS presso i cementifici può costituire una integrazione alla capacità impiantistica regionale ma è necessario equiparare le emissioni di tali impianti a quelle previste per i termovalorizzatori, al fine di garantire ai cittadini dei territori circostante la massima tutela prevista dalle normative.
Si condivide l’affermazione per cui la determinazione della volumetria di discarica deve avvenire sulla base delle effettive necessità di smaltimento di materiali che non trovano destinazione a recupero energetico così come l’orientamento ad evitare l’utilizzo delle discariche per i rifiuti urbani.
Si esprime qualche perplessità sulla possibilità che gli impianti di termovalorizzazione destinati ai rifiuti urbani dispongano di capacità residue da utilizzare per rifiuti speciali; benché venga precisato che tali rifiuti speciali possano provenire dalla sola Lombardia (ma si tratta di una limitazione che non può trovare dimensione giuridica, poiché non prevista dalla normativa nazionale), si ritiene che la commistione tra rifiuti urbani e speciali e il conseguente sovradimensionamento degli impianti per rifiuti urbani possano costituire un elemento di distorsione del mercato.
Si condivide la proposta di ridurre le autorizzazioni di semplice stoccaggio di rifiuti; lo stoccaggio deve essere direttamente collegato ad attività di lavorazione dei materiali per ottenere prodotti da riciclo da immettere sul mercato, così da elevare quantitativamente e qualitativamente il mercato dei prodotti riciclati ed incentivare l’economia circolare.
Localizzazione degli impianti
All’interno di una logica di autosufficienza nel trattamento dei rifiuti urbani lombardi, si condivide il concetto di stimare il fabbisogno impiantistico nel rispetto di principi di prossimità, così da evitare scelte che sembrino penalizzare alcuni territori rispetto ad altri.
Nelle scelte di localizzazione è altresì necessario considerare gli aspetti negativi derivanti dal trasporto dei rifiuti che contribuisce negativamente al tema dell’inquinamento atmosferico. In taluni contesti sarebbe opportuno valutare se il costo ambientale del trasporto del materiale differenziato non sia più ambientalmente impattante di una raccolta indifferenziata seguita da incenerimento.
Riguardo ai criteri di localizzazione degli impianti, si condivide il fatto che i criteri localizzativi costituiscano uno strumento per garantire la tutela dalla salute, dell’ambiente e del paesaggio e sono funzionali a mantenere l’autosufficienza regionale nel ciclo di gestione dei rifiuti urbani non ostacolando la diffusione di impianti innovativi. Resta tuttavia convinzione di ANCI Lombardia che vadano preservate dalla collocazione di nuovi impianti di qualsiasi genere non solo le aree agricole strategiche (che vengono individuate dai PTCP), ma anche le aree agricole individuate dai PGT comunali e comunque sia da escludere tassativamente la collocazione di
impianti in ambiti di rilevanza ecologica: corridoi ecologici, siti rete “Natura 2000”, aree
regionali protette, aree comunali protette PLIS. È inoltre necessario considerare che l’individuazione di aree esondabili prevista dal Piano di Gestione Rischio Alluvioni (PGRA) preclude l’insediamento di nuovi impianti anche laddove l’iter autorizzatorio sia già in corso.
ANCI Lombardia ritiene altresì che si debba evitare la concentrazione di impianti di trattamento o smaltimento rifiuti in aree compromesse dalla presenza anche di altri impianti di interesse pubblico ma di pesante impatto ambientale, quali cave, discariche, impianti a biogas, eccc.; è necessario considerare i diversi fattori di pressione che gravano sul territorio ed escludere la collocazione di nuovi impianti di conferimento, l’aumento di quelli esistenti o la modifica della tipologia di discarica a categoria superiore in contesti già compromessi da precedenti attività - senza attuare una puntigliosa valutazione dei fattori di pressione.
Mutuando la legge regionale veneta, si propone che in un Comune non sia consentita l’autorizzazione di impianti di trattamento rifiuti o il loro ampliamento se le superfici destinate ad attività estrattiva (e collaterali come impianti di betonaggio e asfaltature) discariche e impianti di trattamento rifiuti superino il 2% dell’area agricola presente in un Comune, escludendo dal conteggio le aree montuose, collinari e boschive.
2. Rifiuti Speciali
Per i rifiuti speciali ANCI Lombardia condivide l’obiettivo di valutare la gestione nell’ottica del rispetto dell’autosufficienza al trattamento, benché non previsto dalla normativa; è quindi auspicabile evitare un sovradimensionamento degli impianti e soprattutto delle discariche destinate ad ospitare rifiuti speciali. In particolare, per quelle riservate allo smaltimento dell’amianto, sarebbe opportuno censire il fabbisogno esistente e dimensionare le capacità di smaltimento sulle sole necessità regionali.
Per l’individuazione delle localizzazioni degli impianti si rimanda a quanto già affermato per i rifiuti urbani sulla determinazione dei fattori di pressione.
Per i rifiuti provenienti da costruzione e demolizione si auspica un’azione diretta a:
• diffondere le conoscenze tra operatori ed enti locali e promuovere progetti diretti a separare dalla massa dei rifiuti C/D le singole componenti riciclabili;
• individuare un ente regionale (potrebbe essere ARPA) che garantisca il rigoroso rispetto
delle procedure di end of waste per il reimpiego di questi materiali (così come delle scorie di fusione);
• evitare che i Comuni, che sono direttamente (nelle opere pubbliche) o indirettamente
(negli interventi urbanistici) il principale “mercato” di questi prodotti, incorrano in “sorprese” riguardo all’impiego di materiali di riciclo: questi non devono avere effetti ambientali di alcun genere, con particolare riguardo alla presenza di inquinanti percolabili nelle acque o tossici per la popolazione umana, animale o vegetale;
• organizzare la formazione dei tecnici comunali in materia di impiego di materiali
derivanti da procedure di end of waste nel campo delle costruzioni;
• proporre l’introduzione nei CAM di quote obbligatorie di materiali riciclati nelle opere pubbliche con precisazione che i materiali devono essere certificati da un ente regionale lombardo. Gli impieghi devono preferire materiali provenienti da attività di costruzione/ demolizione svolte in Lombardia, nella logica dell’autosufficienza.
Analoghe valutazioni possono essere estese all’impiego di scorie di fusione, qualora ne venga definita la procedura EoW.
3. Fanghi da depurazione
ANCI Lombardia considera molto positivo che il tema dello spandimento dei fanghi di depurazione venga fatto rientrare nel campo della gestione dei rifiuti speciali.
ANCI Lombardia ritiene che anche in questo campo debbano essere applicati i concetti di autosufficienza e prossimità e andrebbe quindi andrebbe vietato lo spandimento nelle campagne lombarde di fanghi di depurazione di qualsiasi genere provenienti da altre Regioni.
In questo settore si ritiene opportuno potenziare la capacità di trattamento industriale dei fanghi di depurazione, poiché lo smaltimento in agricoltura tende a sovrapporsi con l’impiego di reflui zootecnici generando condizioni di sovraccarico, soprattutto nelle aree vulnerabili alle problematiche dei nitrati.
L’impiego di fanghi di qualità su terreni agricoli deve essere consentito solo qualora da questa somministrazione il suolo riceva un benefico effetto in termini di fertilità agronomica, nel pieno rispetto delle norme sanitarie ed ambientali; le funzioni di controllo su questo tema vanno affidate ad enti dotati di competenze tecniche, senza demandarle ai Comuni, il cui controllo si ridurrebbe ad un’azione burocratico-formale.
È auspicabile che venga istituito un controllo di filiera sui fanghi distribuiti in agricoltura e si richiede l’adozione di criteri di trasparenza nei confronti dei territori rispetto a queste prassi. Si auspica una progressiva riduzione dei codici ERR autorizzabili e il divieto di miscelazione di codici EER vietati con codici EER autorizzati.
I Comuni richiedono distanze maggiori rispetto ai centri abitati per gli spandimenti di fanghi.
Bonifiche
La l.r. 30/2006 pone in capo ai Sindaci i procedimenti operativi e amministrativi (convocazione conferenza servizi, approvazione caratterizzazione, analisi rischio, bonifica, ecc.), inerenti l’attività di bonifica dei siti contaminati per i quali non sia più individuabile il soggetto responsabile dell’inquinamento o questo non sia più economicamente attivo. Il trasferimento di tale obbligo, che la norma nazionale pone in carico alle Regioni, si somma all’obbligatorietà della bonifica d’ufficio, imposta ai Comuni dall’art.250 del D.Lgs. 152/2006.
ANCI Lombardia ritiene necessario una riflessione su questa scelta legislativa che, se da un lato individua il Comune come l’ente dotato di strumenti giuridici utili ad attivare le procedure di bonifica (potere di ordinanza, capacità di esproprio, ecc.), dall’altro si scontra con l’assoluta assenza di competenza specifica della stragrande maggioranza dei Comuni.
Non è intenzione dei Comuni sottrarsi allo svolgimento del proprio ruolo nel risanamento del territorio, ma è necessario che dispongano di un adeguato supporto sia in termini tecnici che in termini economici. Laddove non si intenda avvalersi degli ATO, è necessario costituire una task force a livello regionale o, se necessario, a livello provinciale, che affianchi i Comuni per individuare le corrette procedure amministrative, le adeguate azioni di tutela legale degli interessi pubblici, i giusti passi nei procedimenti fallimentari, oltre che ovviamente le tecnologie più idonee alla bonifica ambientale. Si potrebbe in questo campo mutuare quanto proposto dall’Assessorato Ambiente e Clima nella proposta di legge sulle cave.
Il tema andrebbe esteso all’abbandono di rifiuti lungo strada o all’interno di strutture private dismesse che comporta pesanti oneri a carico dei Comuni.
Per quel che riguarda il sostegno economico, pur apprezzando lo sforzo di Regione, si ritiene che i Comuni non debbano sostenere oneri a proprio carico per bonifiche di cui sono incolpevoli; le risorse infatti non coprono mai integralmente i costi sostenuti.
Nel complesso Regione Lombardia ha positivamente messo in campo una serie di norme utili a promuovere la bonifica dei territori, ma spesso le risorse individuate sono quelle dei Comuni (scomputo degli oneri di urbanizzazione secondaria) o quelle del territorio (bonus volumetrici); tali risorse sono disponibili solo in contesti appetibili sotto il profilo urbanistico ed il rischio è che siti in zone non destinate a riqualificazione urbanistica vedano rimandare gli interventi per mancanza di fondi. È auspicabile che la Regione metta a disposizione degli Enti interessati da inquinamento in aree non suscettibili di valorizzazione urbanistica fondi adeguati alle necessità di bonifica.
Considerata l’elevata incidenza dei punti vendita carburanti tra i siti contaminati e rilevato l’aumento dei distributori dismessi, è opportuno individuare forme per incentivarne il risanamento.
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