PARTE PRIMA
Scheda n. 8
Il NAFTA
PARTE PRIMA
1.1. Genesi del Nafta
Il 12 agosto 1992, dopo quattordici mesi di intense trattative, Stati Uniti, Canada e Messico hanno definito un Accordo che prevede l’istituzione di un’area di libero scam- bio, attraverso l’implementazione di un regolamento che stabilisce la graduale rimozio- ne delle barriere all’importazione, fornisce nuovi stimoli alle possibilità d’investimento, regola la protezione della proprietà intellettuale e rilancia la cooperazione all’interno della regione.
Il NAFTA (acronimo che sta in luogo di North American Free Trade Agreement) è stato firmato il 17 dicembre 1992 ed è entrato in vigore il 1° gennaio 1994, in seguito a ratifica da parte del Parlamento canadese (giugno ’93), del Congresso degli Stati Uniti (novembre ’93) e del Senato messicano (dicembre ’93).
Notevoli sono state le resistenze che hanno ostacolato l’avvio dei negoziati commer- ciali nell’area nordamericana, come pure lo svolgimento degli stessi. Le difficoltà ini- ziali erano da imputare essenzialmente alle enormi differenze esistenti fra i tre Paesi nordamericani, sia in termini di dimensione e spessore dei mercati sia in termini di svi- luppo economico e orientamento verso gli scambi commerciali.
Canada e Messico non nascondevano legittimi timori di fronte all’eventualità di un processo d’integrazione regionale nell’area del Nord America che avrebbe chiaramente implicato l’instaurazione di nuovi rapporti con Washington.
Gli oppositori canadesi e messicani del NAFTA avanzavano preoccupazioni rela tive al rafforzamento dell’egemonia statunitense sia in campo economico sia in campo cultu- rale con inevitabili ripercussioni sull’esercizio pieno ed esclusivo della sovranità nazio- nale nei rispettivi Paesi.
Un altro ostacolo all’avvio delle trattative è stata la dipendenza asimmetrica dei due Paesi dagli Stati Uniti. Mentre infatti le economie canadese e messicana risultano essere fortemente dipendenti dagli Stati Uniti, sia dal lato delle importazioni sia da quello delle esportazioni, sicuramente non esiste lo stesso grado di dipendenza in senso inverso.
Il superiore livello di competitività dimostrato dall’economia statunitense nella pro- duzione di una vasta gamma di beni, ha spesso costretto le amministrazioni canadese e messicana a ricorrere alle barriere tariffarie per colmare il gap competitivo. È chiaro che l’adesione al progetto NAFTA avrebbe implicato l’abbandono di questo tipo di mano- vre, a favore dell’alternativa rappresentata da diffuse politiche di ristrutturazione e di specializzazione in campo industriale che avrebbero consentito soltanto alle imprese più efficienti di restare sul mercato.
Opposizioni al NAFTA non sono mancate nemmeno sul fronte statunitense. Nell’esercito di coloro che assumevano un atteggiamento di rigetto figuravano le lobby legate ai settori industriali beneficiari di un trattamento protezionistico favorevole in campo commerciale, i sindacati (in testa l’AFL-CIO 🡪 American Federation of Labor
– Congress of Industrial Organizations, con 14 milioni di iscritti), che temevano potes- se verificarsi un massiccio deflusso di investimenti verso il Messico, con un consegue n- te declino dei posti di lavoro e delle retribuzioni interne, i gruppi ambientalisti (Friend of the Earth, Sierra Club, Humane Society of the US, Greenpeace), preoccupati dal pos- sibile decadimento degli standard di protezione ambientale incentivato dalla concorren- za col sistema produttivo messicano.
1.2. Il mercato nordamericano
NAFTA | Unione Europea | |
Geografia | ||
Superficie (Km 2) | 20.310.610 | 3.212.839 |
Percentuale riferita al NAFTA | 100,0 | 15,8 |
Demografia | ||
Popolazione (migliaia di persone), luglio 1996 | 391.068 | 371.300 |
Percentuale riferita al NAFTA | 100,0 | 94,9 |
Forza lavoro (migliaia di persone), 1994 | 179.242 | 165.924 |
Percentuale riferita al NAFTA | 100,0 | 92,6 |
Economia | ||
PIL a prezzi correnti (miliardi di $US): | ||
Su base del tasso di cambio, 1996 | 8.156,4 | 8.574 |
Su base del tasso di cambio, 1995 | 7.794,1 | 8.417 |
Su base della PPA, 1996 | 8.651,1 | 9.092 |
Su base della PPA, 1995 | 8.282,7 | 9.051 |
Tasso di crescita % 1995-96, su base PPA | 4,45 | 0,46 |
Percentuale riferita al NAFTA (1996, PPA) | 100,0 | 92,6 |
PIL pro capite a prezzi correnti ($US), 1996: | ||
Su base del tasso di cambio | 20.857 | 21.366 |
Su base della PPA | 22.122 | 22.658 |
Esportazioni (miliardi di $US) | 843,0 | 512,0 |
Importazioni (miliardi di $US) | 989,7 | 812,0 |
L’area di libero scambio tra Canada, Stati Uniti e Messico è una delle più estese a li- vello mondiale, con 20 milioni di km2, 391 milioni di consumatori, ed un PIL congiunto di oltre 8.000 miliardi di $US. Questo grosso mercato è dominato dagli Stati Uniti; la loro posizione centrale e l’agilità dei collegamenti rappresentano già di per sé un impor- tante vantaggio. In più, in questo Paese si concentra il 68% della popolazione nordame- ricana, l’84% del PIL, il 73% della forza lavoro e il 49% del commercio di beni. Gli
Stati Uniti detengono ancora il più alto PIL pro capite e il più alto rapporto occupazio- ne/popolazione. Messico e Canada producono rispettivamente il 9 e l’8% del PIL tota- le1.
Il mercato nordamericano è inoltre uno dei mercati più evoluti ed esigenti e costitui- sce un’eccellente base per lo sviluppo e il lancio di nuovi prodotti. Pur nella sua sempre più spiccata unicità, tale mercato è scomponibile in una pluralità di mercati che possono essere considerati alla luce di diversi criteri.
Quello messicano è un mercato giovane: oltre il 50% della popolazione ha meno di 25 anni. Si tratta di un mercato che offre molte opportunità per lo sviluppo di attività imprenditoriali, connotato da profonde disparità nel livello dei redditi, in cui risalta la presenza di una classe media sempre più numerosa e con un crescente livello di istru- zione ed in cui la domanda di beni infrastrutturali essenziali è pari a quella di prodotti industriali e di consumo più sofisticati. Gli investimenti ed il commercio internazionale sono le forze trainanti della crescita del Messico odierno.
Particolarmente diffuso nell’area situata a confine tra Messico e Stati Uniti è il feno- meno della produzione in comune che alimenta consistenti volumi di movimenti intra- firm (cioè scambi di merci tra aziende che fanno capo ad una stessa società); questo av- viene grazie alle imprese maquiladoras, le “fabbriche cacciavite” che hanno rappresen- tato il primo, vero boom industriale del Messico, creando posti di lavoro e diffondendo know how. Prima che il NAFTA stabilisse la graduale rimozione delle barriere doganali questi stabilimenti erano autorizzati, mediante un programma specifico approvato dal Segretariato messicano per il Commercio e lo Sviluppo Industriale, ad accogliere capita- li stranieri e ad importare in regime di esenzione tariffaria macchinari, materie prime, componenti, semilavorati ed attrezzature per l’ufficio alla condizione che il loro servizio venisse incorporato in beni destinati all’esportazione. La maggior parte delle società maquiladoras esportava i beni prodotti verso gli Stati Uniti; lo schema tariffario statuni- tense limitava poi l’applicazione dei dazi unicamente sul valore aggiunto dalle fasi pro- duttive e di assemblaggio decentrate in Messico, sicché il valore dei componenti di pro- venienza statunitense contenuti dal bene finale non era tassabile al rientro negli Stati Uniti. Con questo meccanismo il Messico si è dotato di un vero e proprio tessuto ind u- striale, responsabile dell’esecuzione di diverse fasi di processi industriali finanziati dal capitale statunitense. Il concetto di impresa maquiladora attualmente è stato esteso an- che alle attività dei servizi e non impone più che la compagnia esporti la totalità della produzione, potendo essa vendere pure sul mercato interno.
1 Dati riferiti al 1996.
I Paesi del NAFTA | Canada | Stati Uniti | Messico |
Tipo di governo | Confederazione con democrazia parlamentare | Repubblica Federale con forte tradizione democratica | Repubblica federale operante sotto un governo centralizzato |
Popolazione 1997 (milioni) | 30 | 268 | 95 |
0-14 anni 15-64 anni 65 anni e oltre | 20% 68% 12% | 22% 65% 13% | 36% 60% 4% |
Tasso di crescita medio 1990-1997 | 1,2 | 1,0 | 1,8 |
Forza lavoro 1996 (migliaia) | 15.145 | 133.943 | 36.300 |
Tasso di disoccu- pazione 1996 | 9,7% | 5,4% | 10%a |
PIL 1997 (milioni di $US) | 603.085 | 7.745.705 | 334.766 |
Tasso di crescita medio 1990-1997 | 2,1 | 2,5 | 1,8 |
PNL pro capite 1997 ($US) | 19.290 | 28.740 | 3.680 |
PNL pro capite 1997 ($US) misurato alla PPAb | 21.860 (posizione: 10) | 28.740 (posizione: 2) | 8.120 (posizione: 35) |
Esportazioni di beni e servizi 1996 (milioni di $US) | 234.311 | 848.664 | 106.900 |
Importazioni di beni e servizi 1996 (milioni di $US) | 211.509 | 956.004 | 100.288 |
Commercio % su PIL (1996) | 73 | 24 | 42 |
Scheda OTTO
a. Senza considerare il fenomeno della sottooccupazione b. Parità del Potere d’Acquisto
Fonte: World Development Report 1998/99, World Development Indicators, WORLD BANK
Fra le tendenze che stanno contribuendo in maniera decisiva a definire i contorni del mercato canadese dei consumatori emergono la diversità etnica e il carattere multicoltu- rale della popolazione, la continua espansione del settore dei servizi, una sempre più diffusa coscienza del valore dell’ambiente, la tendenza a differenziare, segmentare e
specializzare i diversi mercati. La maggioranza dei canadesi vive in centri urbani situati in un raggio di 100 km dal confine con gli Stati Uniti. Questa circostanza determina la fortissima integrazione esistente tra il mercato canadese e quello statunitense che è il più ricco, vario e completo esistente al mondo. Nel 1994 l’81% delle esportazioni canadesi (che nel loro insieme rappresentavano il 30% PIL) aveva come destinazione il vicino di casa2. Il valore del dollaro canadese è da sempre condizionato da quello americano e dalle esportazioni negli Stati Uniti.
Il mercato del Nord America è grande e al tempo stesso diversificato, fatto che au- menta la competitività della regione nel suo insieme. Il NAFTA consente alle piccole e medie imprese di trarre vantaggio dalle economie specializzate in un’ampia gamma di richieste specifiche del consumatore e alle imprese in generale di avvalersi di immense possibilità nella scelta della tecnologia più adeguata. Nell’area aumenterà il numero e la varietà delle aperture di mercato basate sulla differenza di reddito, modelli di spesa, gu- sto e cultura.
Il NAFTA ridurrà i costi di trasporto, telecomunicazioni ed altri servizi essenziali. In tutta l’America Settentrionale i servizi saranno aperti ad una crescente concorrenza, ri- sultando questi di maggiore qualità e prezzo inferiore.
1.3. Il NAFTA: profilo storico e motivazionale
L’aspetto più originale del NAFTA è quello di aggregare due Paesi industrializzati (Stati Uniti e Canada), membri del G7, e un Paese in via di sviluppo (Messico).
Le disparità economiche tra Messico e gli altri due membri del NAFTA sono più ampie rispetto a quelle esistenti in seno all’Unione Europea tra il Paese a più alto reddi- to (Lussemburgo con un PNL nel 1997 di 34.460 $US pro capite misurato alla PPA) e quello a più basso reddito (Grecia con 13.080 $US pro capite).
Nel momento in cui l’Accordo è entrato in funzione le tre economie erano già suffi- cientemente integrate e potenzialmente molto complementari tra loro.
Dall’analisi del profilo storico e dell’aspetto motivazionale del NAFTA emerge co- me l’Accordo di libero scambio fra i tre Paesi può essere annoverato nel cosiddetto “modello gravitazionale” dei rapporti economici internazionali, ossia quel modello che assegna alla prossimità geografica la variabile determinante dell’assetto degli scambi.
Tuttavia, ad un’indagine più approfondita è possibile rinvenire l’esistenza di altri fa t- tori, oltre a quello geografico, che hanno pesato nella conclusione di quest’Accordo.
Ogni Paese aderente al NAFTA ha seguito un percorso storico originale e unico, ca- ratterizzato da un complesso intreccio di variabili economiche e politiche: di questo per- corso sono riportati i tratti salienti per ciascun Paese.
Messico. L’economia messicana ha sempre presentato fasi di rapida crescita econo- mica, accompagnate da forti diseguaglianze sociali.
La Rivoluzione, scoppiata nel 1910 e protrattasi per un decennio, trasformò il Messi- co in un Paese monopartitico e sinistroide; fu nazionalizzata la proprietà stranierà e si andò verso un’economia gestita dallo Stato, fortemente protetta.
2 Gli Stati Uniti, da parte loro, realizzavano in Canada il 21,5% delle loro esportazioni.
La politica estera messicana, ispirata da un radicato nazionalismo e da un diffuso sentimento antiamericano, era dichiaratamente ostile alla cooperazione e volta a conte- nere l’estensione del potere e dell’influenza statunitensi a tutto l’Emisfero Occidentale.
Ma, in pratica, il Messico acquistava i prodotti americani e le imprese americane o- peravano là con profitto, a dispetto delle numerose costrizioni e regole esistenti.
Fu così che la cooperazione tra i due governi cominciò ad essere istituzionalizzata.
Nei tardi anni ’70 il sistema introdotto dalla Rivoluzione Messicana versava in uno stato di completa crisi. Le politiche statali dell’import-substitution e della protezione del nascente tessuto industriale dalla concorrenza internazionale non erano più adeguate a garantire quel tenore di crescita necessario per venire incontro alle sempre più dilatate aspirazioni della società messicana.
Le numerose limitazioni imposte agli investimenti diretti esteri dovettero essere ab- bandonate a favore di una più costruttiva e vantaggiosa politica di integrazione con gli Stati Uniti.
La liberalizzazione commerciale è stata promossa in Messico a partire dal 1985, sotto il Presidente Xxxxxx xx xx Xxxxxx (1982-1988). Essa faceva parte di una più complessa strategia economica che mirava a raggiungere la stabilità delle principali variabili ma- croeconomiche e a foraggiare la crescita; i pilastri di questa strategia erano rappresentati dall’ancoraggio del tasso di cambio nominale a valori predeterminati – sostenuti da po- litiche fiscali e monetarie restrittive – per ammorbidire l’inflazione (nel 1985 l’indice dei prezzi al consumo superava il 57%) e da un energico programma di riforme struttu- rali – comprendenti la liberalizzazione dei prezzi e del commercio, le privatizzazioni, la liberalizzazione del settore finanziario, la deregolamentazione e la riforma del sistema fiscale – con l’obiettivo di garantire una maggiore quantità, oltre che qualità (sotto il profilo dell’efficienza), di investimenti privati, rendendo più appetibili anche quelli pro- venienti dall’estero.
Dal momento in cui il Messico ha intrapreso questo cammino, illuminato da politiche neoliberiste, più del 70% del suo commercio internazionale è stato regolarmente tenuto con gli Stati Uniti. La questione di un accesso preferenziale al ricco mercato del suo vi- cino settentrionale è diventata sempre più di vitale importanza.
Fu il Presidente Xxxxxx Xxxxxxx xx Xxxxxxx (1988-1994) a rendere irreversibile questo processo assecondando con ferma volontà la soluzione dell’accordo di libero scambio con gli USA già dal 1990, dopo che il crollo dei prezzi del petrolio e la conseguente cri- si debitoria degli anni ’80 avevano messo in estrema difficoltà il modello di sviluppo messicano, basato essenzialmente su un mercato chiuso, su un consistente intervento pubblico nell’economia e sullo sviluppo di produzioni che sostituissero le importazioni. Alla base di questa decisione stava pure la convinzione del Presidente Xxxxxx Xxxxxxx xx Xxxxxxx che il Messico poteva verosimilmente attendersi pochi investimenti diretti esteri da parte dell’Europa e che l’Europa era poco propensa a diventare una meta preferenzia- le per l’esportazione di manufatti messicani entro un ragionevole periodo di tempo.
Le riforme sollecitate da de la Madrid e ancora di più quelle sottoscritte dal Presiden- te Xxxxxxx hanno impresso una dinamica virtuosa al sistema economico messicano, che ha assunto comportamenti più confacenti alle leggi del libero mercato. Iniziative che sa- rebbero sembrate sconvenienti o addirittura inconcepibili fino ad una manciata di anni
prima, come l’adesione al GATT (avvenuta nel 1986), l’adozione di misure di austerità col beneplacito del sistema bancario privato e del Fondo Monetario Internazionale, il massiccio ricorso alla privatizzazione (di 1.155 aziende pubbliche nel 1982 ne sono sta- te privatizzate, a fine ’93, 930) e alla deregolamentazione, la completa riorganizzazione della politica agricola messicana, l’unilaterale riduzione di tariffe e di altre barriere pro- tezionistiche, una più moderna normativa che assicura la liberalizzazione degli investi- menti provenienti dall’estero, l’ingresso nell’APEC (Cooperazione Economica Asia- Pacifico) nel novembre 1993, il concertato tentativo di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti e il mondo industrializzato in genere e da ultimo, a coronamento dell’intero processo, il NAFTA, sono finalmente diventate realtà.
Stati Uniti. La motivazione statunitense verso la liberalizzazione degli scambi in un contesto regionale è stata corroborata da un duplice ordine di fattori.
In primo luogo è stata determinante l’insoddisfazione in merito al progresso della li- beralizzazione commerciale promossa dalle negoziazioni all’interno del GATT (Gene- ral Agreement on Tariffs and Trade). Questo vale specialmente per quelle aree in cui il GATT non ha seguito una vera e propria traccia, come il commercio nel settore dei ser- vizi, la protezione della proprietà intellettuale ed i problemi relativi agli investimenti, e per quei settori in cui il GATT è stato sorprendentemente inefficace, come la liberaliz- zazione del commercio in agricoltura (tutto ciò prima della conclusione dell’Uruguay Round con cui nasce la WTO). Si è quindi diffusa la sensazione che gli interessi statuni- tensi potessero essere soddisfatti maggiormente sul fronte delle negoziazioni a carattere regionale che all’interno di una struttura multilaterale.
Un secondo elemento di supporto all’adozione del regionalismo è rappresentato dall’esistenza dell’allora Comunità Europea (oggi Unione), in via di espansione. Stava diventando sempre più difficile convincere il Congresso degli Stati Uniti del fatto che gli USA non avrebbero dovuto aderire ad accordi commerciali regionali a causa della loro intrinseca discriminazione verso i Paesi non membri come risposta alla discrimina- zione che gli esportatori degli Stati Uniti si trovavano a fronteggiare in Europa Occiden- tale.
Il Canada era il Paese più adatto ad accompagnare il significativo cambiamento della politica commerciale statunitense. Il Canada, in quanto destinatario di circa il 20% delle esportazioni di merci dagli Stati Uniti, è di gran lunga il più consistente partner com- merciale degli USA. Oltre a ciò, i due Paesi godono di una forte integrazione sul piano degli investimenti e della struttura produttiva: gli investimenti diretti all’estero dagli USA (termine con cui si designano non i semplici impieghi finanziari, ma gli acquisiti di impianti, e quindi gli investimenti produttivi) sono più corposi in Canada che in qua l- siasi altro Paese (81,4 miliardi di $US nel 1995, con un incremento dell’8,5% rispetto al livello del 1994), escluso il Regno Unito, in cui l’alto livello è il risultato di notevoli impieghi nel settore bancario e finanziario.
Il dibattito relativo all’incorporazione del Messico all’interno del NAFTA è stato condotto sotto un profilo ampiamente economico – in particolare il potenziale impatto sull’economia interna degli USA con riguardo al commercio, agli investimenti, alla competitività e soprattutto all’occupazione.
Il temibilissimo apparato bellico statunitense, anche se rimane in certo qual modo importante, non ha più lo stesso significato di quando rappresentava il principale ba- luardo contro l’espansione del comunismo. Attualmente sono più fattori di carattere e- conomico ad avere la priorità sul palcoscenico mondiale e il primato economico degli Stati Uniti non è assicurato come nel passato; le sue preoccupazioni si concentrano oggi sul piano della competitività, specialmente nei confronti delle moderne potenze imper- sonate dall’Unione Europea, dal Giappone e da altre nazioni asiatiche.
L’accettazione o il rigetto della nuova tipologia di relazioni insita nel Trattato, aveva anche significative implicazioni in termini politici e di sicurezza. Il NAFTA ha rilancia- to la cooperazione tra i governi statunitense e messicano da sempre impegnati nel tenta- tivo di tenere sotto controllo i perversi fenomeni di frontiera che rappresentano l’inevitabile retaggio della problematica convivenza di due economie che si muovono a diverse velocità e che presentano forti discrepanze sul piano della ricchezza. I trend sfa- vorevoli che si originano oltre i confini – come la massiccia immigrazione illegale, il traffico di sostanze stupefacenti gestito dalle organizzazioni criminali internazionali e il decadimento ambientale indotto dalla pesante attività industriale – possono avere impat- ti deleteri (e non controllabili unilateralmente) sul tessuto sociale degli Stati Uniti.
L’elezione presidenziale del 1992 ha evidenziato il desiderio dell’elettorato di solle- citi interventi nei campi dell’economia nazionale e del sociale. Nel nuovo ordine delle cose, l’intero Emisfero Occidentale (espressione con cui si identificano le due Ameri- che) ha assunto un ruolo di cruciale importanza per la strategia sia interna, sia interna- zionale degli Stati Uniti: si tratta dell’area del globo che esercita il più immediato in- flusso sulla vita quotidiana dell’americano medio. Gli Stati Uniti sono diventati in modo ufficioso il quinto Paese “latino-americano” in ordine di grandezza in termini di popola- zione ispanica; ci si può ragionevolmente attendere che in futuro le comunità latine e ca- raibiche eserciteranno progressivamente un’influenza sempre più rilevante sulla politica degli USA. Di recente molti dei Paesi latino americani hanno compiuto decisivi passi avanti nella diffusione di un ambiente di vivibile democrazia; nonostante alcune signifi- cative eccezioni, un clima relativo ma diffuso di pace, anche a livello internazionale, ha prevalso durante questo periodo di democratizzazione. Si sono così create le condizioni ideali per una nuova ondata di riforme economiche che vanno nella direzione del libero mercato con l’obiettivo di intensificare la crescita della ricchezza e di stimolare le op- portunità d’investimento. In questo contesto l’anacronistico mantenimento di un atteg- giamento avverso alla cooperazione con Washington ha ceduto il passo ad un più oppor- tuno desiderio di proficua collaborazione tra le popolazioni dei due continenti america- ni.
Tutti i fattori citati – la mutata posizione degli Stati Uniti nel panorama degli affari
mondiali, la crescente importanza del resto dell’Emisfero Occidentale per la società a- mericana, le sostanziali trasformazioni che si sono verificate (e che sono ancora in cor- so) nella regione latino americana-caraibica – devono essere tenuti in considerazione se si vuole fornire un giudizio esaustivo e rigoroso del NAFTA.
Il nuovo percorso intrapreso dalla politica commerciale americana, che si sostanzia in un rinnovato interesse verso la conclusione di accordi di carattere regionale, non è fi- ne a sé stesso, ma, in realtà, è parte integrante di un disegno più ambizioso e lungimi-
rante dell’Amministrazione americana; già nel giugno 1990 il Presidente americano Ge- orge Xxxx parlava di libero commercio “dall’Alaska alla Terra del Fuoco”, profetizzan- do che il futuro NAFTA, al tempo in fase di negoziazione, sarebbe stato il primo passo in questa direzione. I Paesi dell’America Latina e dei Caraibi hanno il massimo interes- se ad abbracciare le invitanti possibilità di investimento e di accesso al mercato che un’area di libero scambio delle Americhe (FTAA 🡪 Free Trade Area of the Americas) potrebbe loro garantire. Progressi in questo senso potrebbero servire ad istituzionalizza- re e rendere quindi inossidabili le riforme economiche regionali che Washington ha a lungo auspicato: la prosperità che ne deriverebbe potrebbe solidificare le prospettive di sopravvivenza delle giovani istituzioni democratiche della regione e imbrigliare i pro- blemi sociali e relativi alla sicurezza. Il piano d’azione stabilisce infatti interventi molto delicati e complessi che prevedono oltre al rafforzamento della democrazia, la promo- zione e la protezione dei diritti umani, la diffusione di uno spirito di partecipazione alla società e di adesione alla comunità, la tutela dei valori culturali, la lotta alla corruzione, alla droga e ai relativi crimini, l’incremento della prosperità attraverso l’integrazione economica ed un commercio privo di barriere, la garanzia di uno sviluppo sostenibile e la conservazione dell’ambiente naturale per le future generazioni.
Canada. Il Canada è tra i Paesi industrializzati uno di quelli che più ha ritardato la li- beralizzazione del regime delle importazioni. Un significativo passo avanti è stato com- piuto in sede GATT soltanto a partire dal Tokyo Round, che si è concluso nel 1979; ma ancora nel 1997 le tariffe canadesi si aggiravano in media tra l’8 e il 9%, ossia il doppio di quelle statunitensi.
In più il Canada non è riuscito a diversificare i suoi mercati di esportazione. Nei pri- mi anni ’70 questo Paese adottò una politica detta “third option” che era essenzialmente un progetto di diversificazione dei mercati di sbocco. Da allora la dipendenza dagli Stati Uniti per quanto riguarda le esportazioni è cresciuta da circa il 70% del totale a più dell’80% di oggi.
Quando nel corso degli anni ’80 si avvertirono le prime avvisaglie di una svolta in senso protezionistico della politica commerciale statunitense, le autorità canadesi, con- sapevoli dei notevoli affari ed interessi coinvolti negli Stati Uniti, si adoperarono per immunizzare le esportazioni canadesi verso gli USA da un inasprimento delle barriere tariffarie: quale migliore soluzione di un accordo di libero scambio?
Fu così che il 1° gennaio 1989 entrò in vigore l’accordo bilaterale Canada-USA, si- glato CUSFTA, che si poneva come obiettivo l’eliminazione, nell’arco di dieci anni, di tutte le barriere tariffarie e non-tariffarie che incidevano sui beni prodotti in Canada e USA (vedi riquadro per maggiori dettagli).
Nel momento in cui gli USA hanno manifestato l’intenzione di avviare le trattative con il Messico per la costituzione di un’area di libero scambio, il Canada si trovò a do- ver affrontare una decisione di notevole peso e affatto scontata. Le argomentazioni con- trarie alla sua adesione alle negoziazioni erano analoghe a quelle avanzate dagli opposi- tori statunitensi, vale a dire preoccupazioni che derivavano dalla presenza all’interno dell’area di un Paese in via di sviluppo, il Messico, i cui salari erano in media un setti- mo di quelli canadesi. Il Canada, in più, intratteneva relazioni commerciali veramente
contenute col Messico (nel corso degli anni ’80 le esportazioni canadesi verso il Messi- co rappresentavano soltanto lo 0,5% del totale, così come le importazioni provenienti dal Messico).
Se comunque Stati Uniti e Messico avessero siglato l’Accordo senza la partecipazio- ne del Canada, sarebbe risultata una situazione in cui gli USA sarebbero stati il fulcro e Canada e Messico i raggi dei flussi commerciali che interessano l’America del Nord. È così che il Canada è intervenuto, seppure in qualità di partner “riluttante”, alle negozia- zioni trilaterali.
Il CUSFTA (Canada-United States Free Trade Agreement)
Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli scambi commerciali tra Canada e Stati Uniti sono cre- sciuti in maniera costante, fino a diventare la più ampia relazione commerciale bilaterale del mondo. Uno degli sviluppi più importanti nella storia dei commerci fra i due Paesi è stato registrato nel 1965, con la firma dell’accordo denominato Auto Pact, che ha introdotto il commercio in regime d’esenzione tariffaria doganale per gli autoveicoli e per le loro parti. Gli scambi commerciali in questo settore sono rimasti uno dei cardini dell’attività commerciale globale che si svolge fra i due Paesi, e ciò è stato, in primo luogo, un effetto di questa intesa.
Il Free Trade Agreement siglato da Canada e Stati Uniti ha fissato su nuovi livelli la cooperazione e- conomica tra i due Paesi. L’Accordo è entrato in vigore il 1° gennaio 1989 e, in base alle sue norme, le imposte doganali sui beni prodotti in Canada e negli USA conformi ai requisiti fissati dalle “regole sull’origine”, sono state gradualmente abolite nell’arco di dieci anni.
Il CUSFTA ha garantito, inoltre, il “trattamento nazionale” dei prodotti canadesi per la maggior parte delle transazioni effettuate con i dipartimenti del governo statunitense, e ha dato eguale accesso alle in- formazioni sulla presentazione di offerte e sulle gare d’appalto ai potenziali investitori. Nell’Accordo so- no state poi incluse una serie di disposizioni settoriali e istituzionali che hanno l’obiettivo di facilitare gli scambi commerciali, di identificare le eccezioni e rendere più chiari altri aspetti delle relazioni comme r- ciali.
Oltre a definire le norme del CUSFTA, il Canada e gli Stati Uniti si sono impegnati nella armonizza- zione dei propri standard e delle procedure di analisi e certificazione dei prodotti.
Prima di firmare il CUSFTA, la maggior parte degli scambi commerciali fra Canada e USA si svolge- vano in regime di esenzione da tariffe doganali in base alle norme dell’Accordo GATT. Ciononostante, il CUSFTA ha avuto un impatto formidabile sul volume degli scambi commerciali fra Canada e Stati Uniti.
Nei settori liberalizzati dal CUSFTA fra il 1988 e il 1992 le esportazioni di prodotti canadesi sono aumentate del 33% in valore. Nel periodo 1988-93, l’interscambio complessivo di beni fra i due Paesi è aumentato del 35% (da 158,9 a 214,5 miliardi di $US), con le esportazioni canadesi di beni salite da circa 84,6 a 113,3 miliardi di $US. La performance è ragguardevole se si considera che è maturata a dispetto della fase di recessione economica che si è verificata nella fase centrale di questo periodo.
Il CUSFTA aveva diffuso all’inizio più inquietudine che speranza in molti settori, ma i maggiori timo- ri si sono dimostrati infondati, ed invece l’economia canadese è diventata più produttiva e più concorren- ziale. Nel settore delle automobili, il più importante settore produttivo del Canada, la bilancia commercia- le positiva con gli Stati Uniti per quanto riguarda auto, camion, motori e parti di ricambio, ha registrato un incremento da 6,25 miliardi di $US nel 1988 a 9,27 miliardi di $US nel 1993.
Molte delle industrie che sono state avvantaggiate dal libero scambio sono all’avanguardia della tec- nologia, come telecomunicazioni, software, rilevamento a distanza, biomedica e biotecnologia, consulen- za. Si tratta di industrie relativamente pulite, che pagano alti salari. Il periodo 1989-92 ha assistito ad un’esplosione delle esportazioni di servizi canadesi specializzati superiore al 30%, inclusi ricerca e svi- luppo, servizi computerizzati, noleggio di apparecchiature, assicurazioni e comunicazioni. Le esportazioni di articoli d’abbigliamento hanno segnato un aumento del 60%; le esportazioni di filati sono più che rad- doppiate, mentre le esportazioni di fibre sono cresciute del 50%.
Dal 1998 le esportazioni canadesi entrano negli Stati Uniti senza subire l’imposizione di alcun dazio doganale e viceversa. Il commercio di beni e servizi in entrambe le direzioni ha raggiunto il ragguardevo- le valore di 368,9 miliardi di $US, equivalente ad oltre 1 miliardo di $US al giorno: dalla data di imple- mentazione del CUSFTA l’interscambio complessivo è più che raddoppiato.
PARTE SECONDA
2.1. Obiettivi dell’Accordo
L’Accordo Nord Americano di Libero Scambio è contenuto in due volumi per un ammontare complessivo di circa 1.200 pagine, a cui devono essere aggiunti oltre 2.000 pagine di annessi e materiale tecnico, più i testi di tre accordi collaterali voluti dall’Amministrazione Xxxxxxx per meglio disciplinare la tutela dell’ambiente, il lavoro e le eccessive oscillazioni nelle importazioni (import surges). Il corpo centrale è suddivi- so in otto Parti (Disposizioni generali, Commercio dei beni, Barriere tecniche al com- mercio, Acquisti del settore pubblico, Investimenti, servizi e questioni relative, Proprie- tà intellettuale, Disposizioni amministrative e istituzionali, Altre disposizioni) per un to- tale di 22 Capitoli.
Nella sua essenza il NAFTA è una versione nuova, migliorata ed ampliata dell’accordo di libero scambio concluso nel 1988 tra Canada e Stati Uniti (CUSFTA); il nuovo accordo è entrato in funzione in un contesto in cui gli scambi commerciali fra Canada e USA erano ormai in larghissima parte condotti in regime di esenzione da im- poste doganali.
In gran parte della sua estensione, l’Accordo comporta l’impegno da parte del Messi- co di implementare il livello di liberalizzazione del commercio e degli investimenti pro- grammato dai suoi due partner industrializzati nel 1988. Tuttavia, il NAFTA si spinge oltre nell’indirizzare gli affari rimasti in sospeso col CUSFTA, includendo la protezione totale dei diritti di proprietà intellettuale, assicurando ulteriori regole contro le distor- sioni degli investimenti, regolando la copertura dei servizi di trasporto.
In sintesi, gli obiettivi primari dell’Accordo sono:
✓ eliminazione delle tariffe d’importazione;
✓ riduzione dei controlli doganali tra i Paesi membri;
✓ promozione delle condizioni per una concorrenza leale;
✓ stimolo alle possibilità d’investimento;
✓ protezione dei diritti di proprietà intellettuale;
✓ creazione di procedimenti efficaci per l’applicazione dell’accordo e per la solu- zione delle controversie;
✓ sviluppo della cooperazione trilaterale, regionale e multilaterale.
I Paesi si sono impegnati a ratificare l’Accordo alla luce degli altri accordi commer- ciali di cui facevano parte (come il GATT).
L’Accordo NAFTA garantisce il cosiddetto trattamento nazionale, la tutela dello sta- tus di nazione favorita e stabilisce requisiti che impediscono l’attuazione di pratiche di distorsione del commercio. Canada, USA e Messico sono quindi obbligati alla recipro- cità nel trattamento di merci, servizi e investimenti, considerandoli ogni volta come cosa propria. Quando beni, servizi e investimenti passano da una nazione all’altra, non pos- sono essere oggetto di discriminazioni basate sulla loro origine. Gli investitori interna- zionali che effettuano investimenti in Canada possono avvalersi dei regolamenti del NAFTA se si servono del Canada come “casa base” (termine mutuato dal gergo sporti- vo per indicare la sede) per le operazioni negli USA e in Messico.
2.2. Liberalizzazione del commercio
Il NAFTA prevede la graduale eliminazione delle tariffe e della maggior parte delle barriere non tariffarie entro un termine compreso fra i cinque e i dieci anni; per i beni più sensibili alle importazioni il periodo entro il quale saranno rimossi i diritti doganali è esteso a quindici anni. Si tratta certamente di un’impresa non tanto agevole se si con- sidera che le tariffe doganali presenti fra i tre Paesi del Nord America nel momento in cui l’Accordo è diventato operativo erano oltre 20.000, senza tenere conto poi delle nu- merosissime barriere non tariffarie.
Si prevede pure una liberalizzazione totale dell’agricoltura, ad eccezione del Canada che così “protegge” le sue industrie avicole e dell’allevamento del bestiame.
Con l’entrata in vigore del NAFTA, gli Stati Uniti hanno eliminato l’80% delle tarif- fe doganali sulle esportazioni messicane non petrolifere, mentre il Canada ha abolito il 78% di tali tariffe. Il Messico ha immediatamente eliminato le tariffe doga nali dal 43% dei prodotti esportati dagli Stati Uniti e dal 41% dei prodotti esportati dal Canada. Nel quinto anno di operatività del NAFTA (1998), Stati Uniti e Canada hanno portato a compimento l’abolizione delle tariffe su di un successivo 8% delle esportazioni non pe- trolifere ed il Messico ha fatto altrettanto su di un ulteriore 18% delle esportazioni pro- venienti dagli Stati Uniti ed il 19% di quelle provenienti dal Canada. Al decimo anno (2003) gli Stati Uniti avranno completato l’eliminazione delle tariffe doganali su di un altro 7% delle esportazioni non petrolifere del Messico, mentre il Canada avrà abolito le tariffe su di un ulteriore 12%; il Messico procederà ad abolire un 39% in più sulle e- sportazioni provenienti da Canada e Stati Uniti. Tutte le restanti tariffe verranno elimi- nate al 15° anno. Per ogni Paese è previsto un prospetto (NAFTA Tariff Schedule) che descrive le scadenze tariffarie per tipologia di prodotto.
In conformità con il GATT, tutti i suoi membri (tra cui i Paesi del NAFTA), sono au- torizzati ad aumentare le tariffe doganali o ad imporre restrizioni alle importazioni nel grave caso in cui tali importazioni causino o minaccino di causare danni all’industria nazionale. Le limitazioni alle importazioni devono essere applicate alle importazioni provenienti da qualsiasi nazione ed i Paesi che prendono tale misura protezionistica de- vono risarcire i Paesi colpiti.
Il Capitolo 8 del NAFTA si spinge oltre il sistema delineato dal GATT, stabilendo un meccanismo per intraprendere misure di protezione su base bilaterale se, durante il pe- riodo di transizione (15 anni), viene causato o minacciato un serio danno e, soprattutto, se a causarlo è stata una riduzione tariffaria voluta dall’Accordo. Al Paese che applica la protezione bilaterale è concesso di aumentare le proprie tariffe doganali sulle importa- zioni del prodotto minacciato o colpito al livello a cui sarebbero state in assenza del NAFTA. Il Paese che assume tale misura di protezione, risarcisce il Paese esportatore coinvolto o accetta che tale Paese revochi le sue concessioni per un equivalente valore.
Regole d’origine. L’eliminazione delle tariffe doganali viene applicata esclusivamen- te ai prodotti conformi alle regole d’origine fissate nel regolamento del NAFTA. Solo le merci totalmente prodotte nel Nord America o che subiscono una sostanziale trasforma- zione in tale regione, usufruiscono della riduzione o dell’eliminazione delle tariffe do- ganali. Quando una merce è interamente prodotta in uno degli Stati del NAFTA e con materiali prodotti in quello Stato, è facile determinare il Paese d’origine. L’analisi di-
venta più complessa quando un prodotto subisce lavorazioni in più di uno Stato e con componenti provenienti da più di un Paese. Le regole d’origine del NAFTA servono a determinare se un prodotto ha subito sufficienti lavorazioni all’interno del
Formule per la determinazione dei livelli di "contenuto" nordamericano | |
Qualora la determinazione del "contenuto" nordamericano rappresenti un problema, gli esportatori o i produttori possono scegliere fra due formule: | |
Metodo del valore della transazione (non meno del 60%) RVC = (TV − VNM) ×100 TV | Metodo del costo netto (non meno del 50%) RVC = (NC − VNM) × 100 NC |
RVC = regional value content : contenuto del valore regionale (in percentuale) NC = net cost : costo netto di un bene TV = transaction value : valore della transazione, calcolato su base franco bordo VNM = value of non-originating materials : valore delle materie prime non derivate impiegate nella produzione di un bene |
Messico, degli Stati Uniti o del Canada e se una sufficiente quantità di materiale pro- viene dai suddetti Paesi, in modo tale da qualificare il prodotto in questione come origi- nario della regione del NAFTA e quindi selezionabile per le preferenze tariffarie del NAFTA. Se un materiale o un componente del prodotto finito è importato da un Paese non appartenente al NAFTA, tale prodotto deve subire un certo numero di lavorazioni tali entro qualche Paese dal NAFTA che la sua classificazione tariffaria venga modifica- ta sino al grado specificato nella regolamentazione d’origine per il prodotto finito.
Le classi tariffarie sono quelle definite dal GATT nell’Harmonized Tariff Schedule (HTS) e si suddividono in sezioni, capitoli, voci e sottovoci. Tale sistema è molto prati- co ma il suo livello di semplificazione non è funzionale agli obiettivi del NAFTA, in quanto l’HTS non tiene in sufficiente considerazione le caratteristiche tecnologiche dei prodotti; per esempio esso non contempla una classificazione dei beni sulla base dello stadio di produzione, non attua distinzioni tra prodotti finali e relativi componenti, non distingue le operazioni di assemblaggio in complesse e a basso valore aggiunto.
Per appianare queste carenze il NAFTA affianca ai principi di base dei requisiti mi- nimi di valore aggiunto. Secondo la regola generale agli esportatori è riservata la facoltà di calcolare la percentuale di contenuto locale, o sul valore di mercato del bene, o sul suo costo netto di produzione (vedi tabella).
Nella prima situazione la differenza tra il prezzo di vendita e il valore dei fattori pro- duttivi di origine esterna non può essere inferiore al 60% dello stesso prezzo di vendita.
Nella seconda ipotesi almeno il 50% del costo netto di produzione deve essere soste- nuto all’interno dell’area (il costo netto di produzione non comprende spese di promo- zione, di confezionamento e di spedizione, royalty).
Le regole d’origine per ciascun articolo sono riportate nell’Appendice 401 dell’Accordo.
Nel settore automobilistico l’unico criterio applicabile per ricevere il trattamento pre- ferenziale è il “costo netto” e la percentuale di contenuto nordamericano sale al 62,5% per le auto, i veicoli commerciali leggeri, i motori e gli organi di trasmissione, mentre si ferma al 60% per gli altri veicoli e i pezzi di ricambio.
Nel settore del tessile-abbigliamento per accedere al medesimo trattamento bisogna superare il cosiddetto test di “tripla trasformazione”: in sintesi questo significa che i be- ni finali devono essere prodotti negli stabilimenti del Nord America, utilizzando tessuti di provenienza nordamericana che, a loro volta, contengano fibre naturali o artificiali prodotte in Nord America.
Anche nel settore delle calzature è ammesso esclusivamente il criterio del “costo ne t- to” e il contenuto locale non può scendere al di sotto del 55%.
Amministrazione doganale. Per assicurare il rispetto delle regole d’origine e per age- volare l’attività di produttori e importatori/esportatori, l’Accordo stabilisce le seguenti regole doganali:
✓ regolamentazioni uniformi per garantire l’applicazione, l’amministrazione e l’interpretazione univoca delle norme;
✓ omogeneizzazione di certificati di origine e pratiche per ottenerli, sistemi di con- tabilità delle merci, norme per la verifica dell’origine delle merci, procedure di ricorso;
✓ istituzione di un comitato trilaterale per ulteriori modificazioni relative alle rego- le d’origine ed alla loro applicazione.
Standard tecnici e barriere non doganali. Si è convenuto tra le Parti aderenti al NAFTA che gli standard tecnici, le norme tecniche e le procedure di valutazione della conformità non possono essere determinati con il fine di diventare ostacoli non necessa- ri al commercio.
Ciascuno dei Paesi del NAFTA può stabilire un proprio livello di salvaguardia per la salute e la sicurezza delle rispettive popolazioni, delle piante e degli animali e per la di- fesa dell’ambiente e dei suoi consumatori. Ciascuna delle Parti può stabilire tali stan- dard ed altre misure del tipo per il raggiungimento di tale livello di protezione. Tutti i Paesi del NAFTA si stanno adoperando affinché i loro standard diventino compatibili senza minacciare il grado di protezione già raggiunto in ambito nazionale.
2.3. Liberalizzazione di altre aree
Investimenti. Le disposizioni previste dal NAFTA in materia di investimenti risultano di gran lunga più liberiste di quelle in materia di scambi commerciali.
Ogni Stato parte accorderà agli investitori di un altro Stato parte un “trattamento non meno favorevole” di quello che concede, in circostanze analoghe, ai propri investitori per quanto riguarda lo stabilimento, l’acquisto, l’amministrazione, la conduzione, la vendita o altra disposizione sugli investimenti (trattamento nazionale).
L’Accordo definisce “trattamento della nazione più favorita” un trattamento simile a quello già disposto per il “trattamento nazionale”, ma in questo caso, invece di assimi- larlo a quello riservato agli investitori nazionali, lo si assimila a quello più favorevole precedentemente accordato a un altro Stato parte o a uno Stato terzo.
Si dispone così che: “Ogni Stato parte accorderà agli investitori di un altro Stato par- te, un trattamento non meno favorevole di quello concesso, in circostanze analoghe, agli
investitori di quals iasi Stato parte (in base ad altri accordi che non siano il NAFTA) o di un Paese che non sia Stato parte, per quanto riguarda lo stabilimento, l’acquisto, l’amministrazione, la vendita o altra disposizione sugli investimenti”.
Nel campo degli investimenti esteri il NAFTA rimuove in maniera sostanziale ogni tipo di barriera esistente, assicurando al tempo stesso una più valida protezione degli in- vestitori; oltre a promuovere la liberalizzazione settoriale, il NAFTA offre agli investi- tori del Nord America diversi vantaggi, quali l’eliminazione dei requisiti di performan- ce, il trasferimento senza restrizioni da un Paese del NAFTA all’altro, un indennizzo in caso di esproprio e dei meccanismi di soluzione delle controversie fra imprenditore e Stato.
La Legge Messicana sugli Investimenti Esteri, approvata nel dicembre 1993, estende la liberalizzazione settoriale in Messico agli investitori di ogni Paese.
Nessuno Stato parte potrà quindi condizionare l’investimento sul proprio territorio al soddisfacimento dei seguenti requisiti:
✓ esportare un determinato ammontare di beni o servizi;
✓ raggiungere una determinata percentuale di contenuto nazionale;
✓ acquistare, utilizzare o concedere una qualunque preferenza a beni, prodotti o servizi prestati nel proprio territorio, od acquistare beni o servizi da produttori nel pro- prio territorio;
✓ rapportare in qualsiasi modo il volume o il valore delle importazioni con il vo- lume o valore delle esportazioni, o con l’ammontare delle entrate di valuta associate all’investimento;
✓ restringere le vendite nel proprio territorio dei beni o servizi che tale investimen- to produce x xxxxxx, rapportando in qualsiasi modo dette vendite al volume o valore delle sue esportazioni o a guadagni che si ottengano in valuta;
✓ operare in qualità di fornitore esclusivo di beni o servizi per un mercato specifi- co, regionale o mondiale.
L’eliminazione dei requisiti di performance è stata estesa anche ai Paesi non apparte- nenti all’Accordo: essa avrà compimento entro il limite massimo di 10 anni dall’entrata in vigore dell’Accordo.
La nazionalizzazione, l’esproprio e l’adozione di misure equivalenti sugli investi- menti sono assoggettati a ben precise condizioni:
a) che la misura venga presa per motivi di pubblico interesse;
b) che non sia di carattere discriminatorio;
c) che sia definita nel rispetto della Legge;
d) che venga versato un indennizzo.
L’indennizzo dovrà riflettere il “giusto valore di mercato” alla data dell’esproprio, essere tempestivo e completamente realizzabile, ossia convertibile in denaro.
Il regime degli investimenti esteri, tuttavia, accorda a ciascuno Stato membro il dirit- to di riservarsi determinati settori di attività economica; pertanto, agli Stati terzi può es- sere negata l’opportunità di investire in tali campi di attività riservati. Il Messico, ad e- sempio, si è riservato i seguenti settori:
✓ petrolio e altri idrocarburi e petrolchimica di base;
✓ produzione e distribuzione di elettricità come servizio pubblico;
✓ produzione di energia nucleare e trattamento di minerali radioattivi;
✓ comunicazioni via satellite;
✓ servizi telegrafici, radiotelegrafici e postali;
✓ ferrovie;
✓ emissione e coniazione di moneta;
✓ controllo, ispezione e sorveglianza dei porti.
Appalti pubblici. Le tre nazioni del cartello NAFTA si sono accordate al fine di au- mentare in maniera considerevole l’accesso alle opportunità di forniture per i rispettivi governi non soltanto per la vendita di merci, ma anche per la vendita di servizi, compre- si i servizi per le costruzioni.
Compagnie canadesi possono per esempio partecipare a gare d’appalto per contratti d’affidamento di servizi o perforazioni con la compagnia statale messicana Petroleos Mexicanos (PEMEX).
In caso di appalti irregolari il NAFTA prevede che ciascuna delle parti interessate fornisca con la sua legge interna eque procedure di impugnazione. In caso di violazione le Parti coinvolte possono avviare pratiche di consulto ed eventualmente appellarsi al meccanismo di soluzione delle controversie.
Agevolazioni per i viaggi d’affari. L’introduzione di procedure semplificate ha per- messo di sveltire i tempi necessari per l’effettuazione dei viaggi d’affari. Persone in af- fari selezionabili nell’ambito di oltre 60 rami professionali possono ottenere un visto d’ingresso temporaneo senza bisogno di alcuna procedura di approvazione preventiva.
2.4. Protezione della proprietà intellettuale
Il NAFTA obbliga ciascuna delle Parti a fornire, con le proprie leggi nazionali, la protezione globale di diritti d’autore, registrazioni sonore, segnali via satellite, vettori di programmi, marchi di fabbrica, licenze, progetti di circuiti integrati, segreti commercia- li, indicazioni geografiche, design industriali. Ciascuno dei tre Paesi deve inoltre fornire procedure eque ed efficaci per far rispettare i diritti sulla proprietà intellettuale.
Per quanto riguarda la tutela del copyright come regola generale, ogni Paese firmata- rio accorda a imprese e privati la stessa tutela che garantisce ai propri cittadini: eccezio- ni significative sono i diritti di broadcasting in Messico e le esenzioni per le “industrie culturali” canadesi.
Per quanto concerne i marchi commerciali (trademarks), le legislazioni dei tre Paesi sono sostanzialmente omogenee, stabilendo una copertura iniziale di 10 anni, prorogabi- le per successivi periodi di almeno 10 anni con l’obbligo di utilizzo del marchio per conservarne la tutela.
Un importante traguardo raggiunto dal NAFTA è il miglioramento della tutela dei brevetti in Canada e Messico, con l’imposizione di una tutela minima di 20 anni.
La normativa dei tre Paesi è già stata uniformata con gli impegni del NAFTA. Tale Accordo garantisce che nessun Paese può ridurre il proprio livello di protezione della proprietà intellettuale e stabilisce anche il livello minimo di protezione che deve essere prestato da qualsiasi Paese desideri, in futuro, diventare membro del NAFTA.
Ciascuna delle Parti del NAFTA, nel proprio territorio, sarà obbligata a far rispettare i diritti sulla proprietà intellettuale, attraverso le proprie procedure amministrative e giudiziarie.
2.5. Le istituzioni del NAFTA e il meccanismo di composizione delle dispute
Nella stesura delle disposizioni istituzionali (Capitolo 20), i negoziatori si concentra- rono sulla possibilità di produrre decisioni in modo congiunto e sulla realizzazione di un efficace sistema di soluzione delle controversie. L’obiettivo primario era quello di in- centivare l’imparzialità, la trasparenza e l’esecutorietà, attribuendo ad ogni partner la stessa voce in capitolo nella soluzione dei problemi attraverso l’immediato ricorso a giurie imparziali per la composizione delle dispute e l’interpretazione vincolante dell’Accordo.
La Commissione per il commercio (Free Trade Commission) è l’istituzione fonda- mentale del NAFTA. Essa è composta da rappresentanti a livello di gabinetto (in pratica il Ministro per il Commercio Estero del Canada, l’USTR3 e il Segretariato Messicano per il Commercio e lo Sviluppo Industriale) o da loro designati. La Commissione si riu- nisce regolarmente almeno una volta all’anno. Il lavoro giornaliero della Commissione viene eseguito dai funzionari governativi dei Paesi membri che aderiscono alle varie commissioni speciali e gruppi di esperti incaricati dalla Commissione stessa.
Il NAFTA istituisce pure un Segretariato che assiste la Commissione per il commer- cio e tutte le strutture da essa dipendenti (giurie per la composizione delle dispute, commissioni speciali e gruppi di esperti). In ogni Paese membro è ubicato un ufficio i cui costi sono sostenuti dallo stesso Paese ospitante.
Come il resto dell’Accordo, le disposizioni che riguardano la composizione delle di- spute seguono la traccia di quelle sancite dal GATT e dal precedente accordo di libero scambio, il CUSFTA. Il loro obiettivo è quello di fornire degli strumenti spediti ed effi- caci per evitare o risolvere le dispute. Il NAFTA dà la precedenza ai tentativi di rag- giungere una soluzione amichevole alle controversie, attraverso le consultazioni tra i governi.
Controversie possono sorgere o per questioni legate al commercio (dumping, sussidi, etc.), o comunque all’implementazione dell’Accordo, o per incompatibilità tra la norma- tiva del NAFTA e quella di altri accordi o con una legge nazionale.
3 United States Trade Representative
Meccanismi di composizione delle dispute del NAFTA
Disputa
Lista dei giurati
Commissione speciale d’inchiesta
Consiglio di revi- sione tecnica
Esecuzione da parte della Commissione
Collegio arbitrale
Procedura straordinaria d’impugnazio ne
Commissione
Esame delle decisioni finali a cura di comi- tati bilaterali
Consultazioni
Lista dei giurati
Arbitrato per dispute sorte tra Stato e in- vestitori in materia di investimenti
Capitolo 20 Altre dispute
Capitolo 19 Antidumping e dazi compensativi
Procedure della WTO
Procedure del NAFTA
Messico
Stati Uniti
Canada
Esperti
La determinazione delle soluzioni che riguardano dispute in materia di anti-dumping e dazi compensativi, che coinvolgono due membri del NAFTA, vengono affidate a due collegi arbitrali binazionali indipendenti che possono riesaminare le decisioni prese dal- le autorità competenti (nella fattispecie i tribunali nazionali) dei Paesi firmatari. Ciascu- no dei collegi arbitrali è costituito da cinque componenti qualificati (avvocati e giudici) provenienti dai Paesi implicati.
Per la soluzione delle eventuali controversie derivanti dall’applicazione del Trattato, invece, è stato istituito un meccanismo semplice e trasparente articolato in tre fasi di-
stinte: la consultazione tra i governi, il procedimento davanti alla “Trade Commission” e infine l’arbitraggio.
Vi sono anche dei tempi limite molto severi che stabiliscono la durata di ogni fase at- traverso la quale si passa per garantire la sollecita risoluzione delle controversie.
Se fallisce la fase consultiva, la Commissione per il Commercio ha a disposizione 30-45 giorni (a seconda del tipo di disputa) per giungere a una soluzione, avvalendosi eventualmente del supporto professionale di consiglieri tecnici o gruppi di esperti. A 30 giorni dalla presentazione del caso dinanzi alla Commissione senza il raggiungimento di una soluzione è possibile richiedere l’intervento di un collegio arbitrale (panel). Il com- pito dei collegi arbitrali è quello di stabilire se l’azione difensiva intrapresa da una delle Parti sia coerente con le obbligazioni assunte col NAFTA. Tali collegi sono costituiti solitamente da 5 membri scelti da una lista di persone con esperienza in campo giurid i- co, commerciale o in materie contemplate dall’Accordo. I panel devono produrre un rapporto finale contenente la conclusione a cui sono pervenuti. La conclusione del panel è vincolante e le Parti si impegnano a conformarsi ad essa; tale conclusione può assume- re la forma di provvedimento di invalidazione, di rimozione di una norma non confor- me, oppure prevedere un’indennità.
In caso di contrasti fra investitori e governi del cartello NAFTA, è possibile ricorrere a un arbitrato internazionale.
Se una disputa ricade sia sotto il meccanismo del GATT/WTO, sia sotto quello del NAFTA, spetta al Paese che fa ricorso decidere a quale procedura appellarsi. Se un altro Paese del NAFTA intende far esaminare lo stesso caso da parte dell’altro fo rum, le Parti in causa dovranno consultarsi per raggiungere un accordo su un unico forum. Se l’accordo non dovesse essere raggiunto, la questione deve essere istruita ricorrendo alle procedure NAFTA. La decisione per un forum normalmente esclude l’altro.
Inoltre, i Paesi del NAFTA hanno già riesaminato le loro leggi nazionali in modo da renderle conformi agli obblighi previsti dall’Accordo. Qualora in futuro si dovesse veri- ficare un’incompatibilità tra una legge interna del Paese ed il NAFTA che abbia un’influenza negativa sugli altri membri dell’Accordo, tale Paese dovrà decidere se mo- dificare le proprie legislazioni oggetto di disputa o permettere che gli altri Paesi del NAFTA avviino un processo con la possibilità che revochino al Paese implicato conces- sioni per un equivalente valore.
2.6. Gli accordi collaterali
Poiché l’Accordo avvicina Paesi a diverso grado di sviluppo, una particolare atten- zione è stata dedicata alla tutela dell’ambiente e del fattore lavoro. L’accesso di Xxxxxxx alla carica presidenziale ha stimolato una sessione di trattative tra i partner del NAFTA che ha portato alla conclusione dei tre accordi collaterali siglati nell’agosto del 1993: il North American Agreement on Environmental Cooperation (NAAEC), il North Ameri- can Agreement on Labor Cooperation (NAALC) e il North American Agreement on Import Surges. Quest’ultimo, il meno importante, prevede un meccanismo di monito- raggio del commercio in modo tale che i membri del NAFTA possano eventualmente cautelarsi con congruo anticipo da un’eccessiva e dannosa crescita delle importazioni
provocata dall’implementazione del NAFTA. L’accordo in questione ha ricevuto sinora scarsa considerazione.
L’accordo NAFTA conteneva già alcune disposizioni in tema di protezione ambien- tale, dettate dalla preoccupazione, avanzata in particolare dai negoziatori statunitensi, che la regolamentazione più permissiva nel trattamento dei rifiuti industriali adottata in Messico avrebbe provocato un consistente spostamento di imprese verso il territorio messicano.
È però soltanto nell’Accordo parallelo dell’agosto 1993 che i tre Stati precisano gli obblighi ed i meccanismi di protezione ambientali da realizzare tra essi.
Tre aspetti costituiscono la base di questo Accordo: la garanzia dell’accesso dei sin- goli ai mezzi di ricorso, la creazione di una Commissione di cooperazione ambientale (CEC 🡪 Commission for Environmental Cooperation) e la creazione di un meccanismo di soluzione delle dispute.
La CEC consta di un Segretariato indipendente, con sede a Montreal, un Consiglio di gabinetto, con un’equipollente rappresentanza da parte di ogni Paese del NAFTA, e del Joint Public Advisory Committee (JPAC), costituito da quindici cittadini, cinque per o- gni membro. Il Segretariato esegue l’attività routinaria, mentre il Consiglio si aduna an- nualmente e tiene riunioni straordinarie su richiesta di un membro del NAFTA. Il JPAC fornisce un canale di intervento pubblico nelle deliberazioni del Consiglio e nelle attivi- tà del Segretariato.
La CEC ha fissato un programma di lavoro tripartito, finalizzato al miglioramento delle condizioni ambientali nel Nord America. Nel 1997, il budget complessivo della CEC ammontava a 9,9 milioni di $US: 3 milioni da parte di ogni membro del NAFTA e i restanti 0,9 provenienti da altre fonti. Di questo budget, 2,7 milioni di $US sono stati investiti in progetti di diretto impatto ambientale.
Da parte degli Stati Uniti e del Messico è altresì stabilito un fondo ad hoc per il risa- namento ambientale delle zone di frontiera con una dotazione di oltre un miliardo di dollari.
Nel settore del lavoro l’Accordo parallelo (NAALC) definisce ed amplia quelli che nel preambolo del NAFTA sono semplicemente definiti come “diritti del lavoratore”. Le Parti assumono l’impegno di applicare “in maniera efficace ed uniforme” le leggi na- zionali in materia, mantenendo però l’assoluto rispetto del principio di sovranità. Non sono così passate le tesi che volevano un’omogeneizzazione dei diritti dei lavoratori dei tre Paesi al fine di evitare il fenomeno del cosiddetto dumping sociale che avrebbe potu- to costituire una forma di concorrenza sleale tra i produttori dei tre Paesi.
Le Parti contraenti hanno comunque concordato di migliorare “le condizioni di lavo- ro ed il livello di vita”. A tal fine è stato deciso di stabilire una Commissione del lavoro (CLC 🡪 Commission for Labor Cooperation) e creare un meccanismo di soluzione del- le controversie. Il sistema di risoluzione delle controversie potrà comunque essere invo- cato soltanto allorché sarà denunciata la tendenza persistente di una Parte ad ome ttere di applicare efficacemente le leggi del lavoro per quanto concerne la salute e la sicurezza, il lavoro dei minori ed il salario minimo.
Il NAALC, inoltre, impone a ciascun governo di istituire un National Administrative Office (NAO 🡪 Ufficio Amministrativo Nazionale) dipendente dai rispettivi Ministeri
del Lavoro. Il NAO rappresenta un punto di contatto e di confronto tra le agenzie go- vernative nazionali, i NAO degli altri Paesi del NAFTA ed il Segretariato. Il loro obie t- tivo è quello di rispondere alle domande pubbliche riguardanti questioni attinenti al la- voro negli altri membri del NAFTA e nel fornire un supporto alla Commissione nello svolgimento delle sue attività cooperative. Queste attività si dispiegano nei campi della sicurezza e della protezione della salute sul posto di lavoro, della formazione e della le- gislazione che tutela i diritti dei lavoratori.
Il NAFTA non sembra affrontare adeguatamente il fenomeno dell’immigrazione clandestina che ha portato, nel decennio che ha preceduto l’entrata in funzione dell’Accordo, circa 3 milioni di lavoratori messicani ad entrare illegalmente negli Stati Uniti. I successivi programmi di regolarizzazione hanno fatto emergere una realtà parti- colarmente significativa negli Stati del Sud dell’Unione ove alcune branche economiche dipendono in buona misura da questa manodopera a buon mercato. Sarebbe stato forse più opportuno prevedere nel NAFTA anche la quarta libertà oltre a quella di circolazio- ne delle merci, dei servizi e dei capitali poiché tutte le previsioni attestano che, anche in presenza di un certo aumento del reddito atteso nel Messico, i flussi migratori continue- ranno impetuosi anche nei prossimi anni. Consapevoli della direzione unilaterale di questi flussi, i tre firmatari hanno però rinunciato a prevedere una progressiva liberaliz- zazione per timore di squilibrare i mercati interni del lavoro.
PARTE TERZA
3.1. Impatto del NAFTA sul commercio
Commercio totale. Il più importante impatto del NAFTA si è avuto con l’aumento dei flussi commerciali: nella regione nordamericana il commercio nei primi quattro anni di implementazione dell’Accordo ha segnato un lusinghiero incremento di circa il 65%. Se nel 1993 il commercio trilaterale tra Messico, Stati Uniti e Canada si avvicinava ai 300 miliardi di $US, nel 1997 il flusso commerciale tra i partner del NAFTA ha sfiorato la soglia dei 500 miliardi di $US.
Commercio totale nell’area NAFTA
Anno | Miliardi di $US | % di crescita |
1991 | 244.705 | |
1992 | 268.454 | 9,7 |
1993 | 298.334 | 11,1 |
1994 | 348.434 | 16,8 |
1995 | 388.452 | 11,5 |
1996 | 432.991 | 11,5 |
1997 | 492.013 | 13,6 |
Fonte: INEGI & STATISTICS CANADA
Commercio di beni. Le esportazioni canadesi verso gli Stati Uniti sono cresciute del 9,4% su base annua nel periodo 1993-97, contro il 6% che ha caratterizzato la fase pre- cedente all’implementazione dell’Accordo (1989-1993). Le esportazioni statunitensi
verso il Canada hanno beneficiato di un aumento del 9,8% annuo rispetto al 6,3% dell’analogo periodo pre-NAFTA. Gli Stati Uniti hanno sempre mantenuto una situa- zione di deficit commerciale col Canada: esso è passato da 8 miliardi di $US nel 1992 a circa 16,4 miliardi di $US nel 1997. Senza lo stimolo a produrre per la domanda estera contenuto nel progetto NAFTA, il Canada, facilmente, sarebbe andato incontro ad una fase recessiva; le esportazioni sono state il propellente dell’economia canadese nel corso degli anni ’90. Nel 1996 il commercio tra Stati Uniti e Canada ha dato sostegno a 2,4 milioni di posti di lavoro in Canada, coinvolgendo il 28% del PIL canadese. Secondo l’USDC4 i flussi commerciali tra Stati Uniti e Canada (comprensivi di servizi e introiti da capitale) hanno raggiunto nel 1997 l’impressionante cifra di 387 miliardi di $US (ol- tre un miliardo di $US al giorno).
La parte più corposa del commercio coinvolge il settore dell’auto. Nel solo 1997 i due Paesi si sono scambiati 86 miliardi di $US in veicoli a motore e relativi compone n- ti.
4 U.S. Department of Commerce.
Commercio bilaterale di beni tra i Paesi NAFTA (Milioni di US$)
1989* | 1990 | 1991 | 1992 | 1993 | 1994 | 1995 | 1996 | |
Commercio bilaterale: NAFTA | ||||||||
Esportazioni U.S. verso Canada | 78.809 | 83.674 | 85.150 | 90.594 | 100.444 | 114.439 | 127.226 | 133.668 |
Esportazioni canadesi verso U.S. | 87.953 | 91.380 | 91.064 | 98.630 | 111.216 | 128.406 | 145.349 | 156.506 |
Esportazioni U.S. verso Messico | 24.982 | 28.279 | 33.277 | 40.592 | 41.581 | 50.844 | 46.292 | 56.761 |
Esportazioni messicane verso U.S. | 27.162 | 30.157 | 31.130 | 35.211 | 39.917 | 49.494 | 61.685 | 72.963 |
Esportazioni canadesi verso Messico | 524 | 551 | 492 | 662 | 619 | 772 | 810 | 856 |
Esportazioni messicane verso Canada | 1.442 | 1.498 | 2.251 | 2.294 | 2.876 | 3.313 | 3.898 | 4.394 |
Bilance commerciali all'interno del NAFTA | ||||||||
Canada | 8.225 | 6.759 | 4.155 | 6.404 | 8.515 | 11.427 | 15.035 | 19.300 |
Stati Uniti | -11.324 | -9.584 | -3.767 | -2.655 | -9.108 | -12.617 | -33.516 | -39.040 |
Messico | 3.099 | 2.825 | -388 | -3.749 | 593 | 1.190 | 18.481 | 19.740 |
* I dati delle esportazioni statunitensi verso il Canada del 1989 e degli anni precedenti non sono comparabili con quelli dal 1990 in poi a causa di cambiamenti nel sistema di rilevazione.
Fonte : U.S. Bureau of the Census e Statistics Canada
Crescita del commercio bilaterale di beni prima e dopo il NAFTA (Tasso % di crescita annuale)
Punti % 1989-93 1993-97 di differenza | |||
Esportazioni U.S. verso Canada | 6,25 | 9,82 | 3,56 |
Esportazioni canadesi verso U.S. | 6,04 | 9,43 | 3,39 |
Esportazioni U.S. verso Messico | 13,58 | 13,70 | 0,11 |
Esportazioni messicane verso U.S. | 10,10 | 19,35 | 9,25 |
Esportazioni canadesi verso Messico | 4,27 | 14,04 | 9,77 |
Esportazioni messicane verso Canada | 18,83 | 14,12 | -4,71 |
Fonte : calcolati dai dati commerciali prelevati dall'U.S. Bureau of the Census e da Statistics Canada
Gli USA forniscono al Canada una gamma molto differenziata di beni tra cui prodotti elettronici ad alta tecnologia (14 miliardi di $US nel 1997: di questi 6 miliardi in com- puter e 3 in tubi elettronici e semiconduttori), macchinari agricoli e industriali (13 mi- liardi), gomma sintetica e materiali plastici (5 miliardi).
Le esportazioni canadesi verso gli Stati Uniti ha nno fatto registrare (sempre nel 1997) valori interessanti nel settore energetico (8 miliardi di $US di petrolio greggio, 6 miliardi di gas naturale, 4 miliardi di petrolio raffinato e derivati del carbone) e nel comparto forestale (7 miliardi di $US di le gname non stagionato e 4 miliardi di carta da stampa). Se a dominare la parte alta della classifica delle esportazioni restano ancora i tradizionali prodotti manifatturieri, le più invitanti opportunità e i più esuberanti tassi di crescita, negli ultimi anni, si sono verificati nei campi delle tecnologie
dell’informazione, delle telecomunicazioni, della protezione ambientale, della biotecno- logia, delle industrie culturali e dei servizi commerciali e professionali.
Anche il commercio tra Stati Uniti e Messico ha fatto registrare un sostanziale in- cremento. Le esportazioni statunitensi verso il Messico sono cresciute annualmente del 13,7%, confermando le performance pre-NAFTA, nonostante l’abbondante deprezza- mento del peso. Le esportazioni messicane verso gli Stati Uniti sono aumentate del 19,4%, un tasso doppio rispetto ai livelli che hanno caratterizzato la fase antecedente all’Accordo. Nel 1992, gli Stati Uniti avevano col Messico un surplus commerciale di quasi 5 miliardi di $US, trasformatosi in un deficit di circa 12 miliardi di $US nel 1997. Le esportazioni statunitensi in Messico sono trainate dal settore dei beni intermedi e da- gli ampi progetti di carattere infrastrutturale. Tra i capitoli più importanti ci sono: gene- ratori di corrente elettrica, componenti elettronici, servizi e attrezzature di telecomuni- cazione, parti di automobili, strumentazioni per il controllo dell’inquinamento, materiali da costruzione, servizi di consulenza manageriale, equipaggiamento per l’attività estrat- tiva. La riduzione tariffaria ha favorito il perfezionamento di vantaggiose sinergie pro- duttive: ciò è particolarmente vero nei settori dell’auto, delle telecomunicazioni, dei prodotti elettronici, dei tessili e dell’abbigliamento. In particolare l’industria messicana dell’auto è riuscita ad acquisire una posizione solida sul mercato mondiale, grazie alla liberalizzazione e alla deregolamentazione incentivate dal NAFTA. Il suo apparato pro- duttivo si è specializzato nell’allestimento di vetture di piccola e media cilindrata e di camion leggeri, oltre che nella realizzazione di pezzi di ricambio e accessori. Le auto- vetture assemblate in Messico hanno un’alta percentuale di contenuto nordamericano. Nel 1998 sono stati sfornati 1,43 milioni di veicoli, 600.000 unità in più rispetto al 1993; le vendite sul mercato a stelle e strisce hanno raggiunto nel 1998 la cifra record di 14 miliardi di $US, equivalente a circa il 15% delle importazioni statunitensi di auto.
Sebbene la percentuale di crescita degli scambi tra Canada e Messico sia stata soste-
nuta, il commercio del Canada col Messico, espresso in valore, è ancora esiguo: nel 1996 esso rappresentava poco più del 2% di quello svoltosi tra Messico e Stati Uniti. Il Messico è attualmente il più importante alleato commerciale del Canada nell’ambito della strategia di penetrazione del vantaggioso mercato sudamericano. Dall’entrata in vigore del NAFTA alla fine del 1997 il commercio totale tra i due Paesi ha fatto segnare un aumento dell’80% (nel 1997 esso ammontava a 5,9 miliardi di $US). Le principali esportazioni canadesi verso il Messico sono rappresentate da prodotti di fabbrica (auto- vetture e relativi accessori, computer, macchinari industriali, strumenti per telecomuni- cazioni); ma anche i prodotti agricoli come l’olio di semi, i cereali e i latticini danno luogo a transazioni di rilievo. Le principali esportazioni messicane verso il Canada con- sistono invece in autoveicoli e parti, macchinari, mobili, carburanti, frutta e ortaggi, prodotti ottici, prodotti chimici organici, ferro e acciaio.
Il commercio del Messico con i partner del NAFTA è stato pesantemente influenzato dalla crisi monetaria, che cominciò nel dicembre del ’94, quando il peso crollò da 3,4 a 5,3 sul dollaro nel giro di appena sette giorni. Il declino della divisa messicana è prose- guito e col valore di 8 pesos per un dollaro alla fine del ’97 si è più che dimezzato il co- sto dei beni messicani per gli importatori statunitensi e canadesi, mentre il costo delle importazioni per i messicani si è più che raddoppiato. Le riduzioni di prezzo risultanti
dall’applicazione delle disposizioni tariffarie sono state esigue a paragone dei tagli nei prezzi che sono scaturiti dai movimenti nei tassi di cambio (anche il dollaro canadese è andato in leggera flessione passando da 0,77$ US nel 1993 a 0,70 $US nel 1997).
Inoltre, il rapporto tra il costo orario (espresso in $US) della manodopera statunitense e quello della manodopera messicana è cresciuto da 6,9 a 1 nel 1993 a 11,8 a 1 nel 1996. Questo fattore non solo ha giovato alla competitività dei beni messicani ma ha anche reso più conveniente lo spostamento della produzione a sud.
3.2. Il NAFTA e la crisi messicana
Il 1° gennaio 1994, il giorno dell’entrata in vigore del NAFTA, esplose in Chiapas la rivolta zapatista. Il governo fu in grado di contenerla, ma apparve chiaro che il Messico aveva un piede in America Centrale e l’altro in Nord America. Non appena questa crisi fu sventata, l’allora candidato presidenziale Xxxx Xxxxxxx Xxxxxxx, membro del PRI (Partido Revolucionario Institutional), fu assassinato (marzo 1994). Il PRI lo sostituì immediatamente con Xxxxxxx Xxxxxxx.
L’instabilità politica e i crescenti deficit commerciali annunciavano già l’imminente svalutazione del peso, ma l’elezione presidenziale non stava producendo i risultati spe- rati per il PRI e il Presidente Xxxxxxx temeva che la svalutazione avrebbe condannato al- la disfatta il PRI. Col trascorrere dell’estate la pressione sul peso stava aumentando e le riserve messicane si stavano rapidamente prosciugando.
A settembre, Xx’x Xxxxxxx, un giovane membro del Congresso e segretario del PRI, fu assassinato a Città del Messico; il gesto fu da subito messo in connessione col cartel- lo della droga di Xxxxxx. A novembre Xxxxxxx fu eletto, ma con uno dei più risicati mar- gini della storia del PRI. Xxxxxxx intraprese il suo mandato in una situazione che vedeva un peso sopravvalutato e una crescente percezione di instabilità da parte della comunità finanziaria internazionale.
Il cuore del programma antinflazionistico messicano era rappresentato dall’aggancio del peso al dollaro statunitense. Si consentiva al cambio di aggiustarsi verso il basso alla massima quantità di 0,0004 pesos al giorno; praticamente un regime di cambio assolu- tamente inflessibile. Un’insurrezione contadina e due assassini politici non fecero altro che esasperare il nervosismo degli investitori. Il peso sopravvisse ad attacchi speculativi sia a marzo, sia a novembre, ma soltanto perché la Banca del Messico aveva largamente intaccato le riserve di valuta estera. Il 21 dicembre 1994, la nuova amministrazione fece la sua mossa. Il peso, che veniva scambiato al rapporto di 3,4 col dollaro, fu svalutato del 15%. La svalutazione era ormai attesa da lungo periodo e approvata dalla maggior parte degli economisti e degli uomini d’affari internazionali. Ma il mercato reagì bru- scamente e con insospettata aggressività. Il risultato fu catastrofico per l’economia mes- sicana e la sua classe dirigente. Improvvisamente nessuno voleva possedere pesos. Svuotati i forzieri della Banca del Messico, la giovane amministrazione fu costretta a far fluttuare il peso, ed in soli sette giorni il suo valore precipitò a 5,3 sul dollaro. Il declino proseguì per tutto il ’95 e a dicembre il peso era valutato a circa 7,5 sul dollaro.
La conseguente recessione fu una delle più acute e profonde nella storia del Messico moderno. I mercati azionario e obbligazionario crollarono, travolgendo i migliaia di in- vestitori che detenevano titoli in pesos. Il governo e le numerose società messicane che
avevano emesso prestiti obbligazionari denominati in dollari si trovarono imprigionate nella morsa del debito. I prezzi dei beni importati si impennarono e la classe media mes- sicana, coi risparmi in pesos, si impoverì. L’attività industriale subì un calo di circa 5,5 punti percentuali nel primo trimestre del 1995.
Cruciale per la soluzione della crisi è stato l’intervento dell’amministrazione statuni- tense, che ha dimostrato quanto l’integrazione tra le economie messicana e statunitense fosse di fatto profonda. Lo stesso NAFTA incoraggia l’approccio sovranazionale nel coordinamento e nella soluzione dei problemi comuni; una crisi prolungata avrebbe o- stacolato le possibilità evolutive del progetto NAFTA e i disegni espansionistici della politica commerciale statunitense.
Il Presidente degli Stati Uniti, Xxxx Xxxxxxx, quando predispose le misure legislative necessarie a fronteggiare le acute conseguenze della crisi, sostanziatesi poi in aiuti cre- ditizi al partner messicano, valutò in 40 miliardi di $US, da imporre ai contribuenti a- mericani, il prezzo dell’integrazione: gli Stati Uniti avrebbero assicurato il pagamento dei debiti contratti dal governo messicano con altre istituzioni in caso di insolvenza. Il Congresso negò l’approvazione di tale piano, sicché il Presidente, assumendo una delle decisioni più rischiose e difficili del suo primo mandato, dovette ricorrere ai poteri spe- ciali. Avrebbe firmato un ordine esecutivo, facendo leva su una prerogativa raramente utilizzata dalla Casa Bianca: per restituire stabilità ai mercati in una situazione eccezio- nale il Dipartimento del Tesoro avrebbe dato fondo a 20 miliardi di dollari delle proprie riserve. Ma, ciò che più conta è che queste garanzie erano il cuore di un più ampio e or- ganico pacchetto multilaterale di aiuti, per un valore complessivo di 50 miliardi di dol- lari, che coinvolgeva anche il Fondo Monetario Internazionale (17,8 miliardi di $US) e la Banca dei Regolamenti Internazionali (10 miliardi di $US), senza contare l’impegno di numerose banche centrali e commerciali di tutto il mondo.
La decisione di agire di concerto con altre importanti nazioni, e senza cercare di im- porre al Governo messicano condizioni che ne avrebbero colpito l’economia e offeso la sovranità, ha conferito ulteriore prestigio alla saggia mossa di politica estera americana, che ha dato al Messico la facoltà di continuare sulla strada della crescita economica a lungo termine, raffo rzando al tempo stesso l’amicizia tra i due Paesi.
L’appartenenza del Messico al NAFTA ha condizionato l’assunzione da parte degli esponenti politici di un atteggiamento favorevole ad interventi di matrice esterna (aiuti da parte di governi stranieri ed istituzioni internazionali). In contrasto con la precedente crisi del 1981-83 che vide un consistente aumento delle tariffe e un massiccio ricorso alle licenze d’importazione, questa volta il Messico ha adottato una strategia outward- looking, proseguendo nell’implementazione del secondo round di tagli tariffari propi- ziato dal NAFTA.
Nel 1995, malgrado i disagi finanziari, i beni statunitensi esportati verso il Messico sono stati, in valore, dell’8,9% in meno rispetto al 1994 (da 50,8 miliardi di $US nel 1994 a 46,3 miliardi di $US nel 1995) ma comunque di 4,7 miliardi di $US in più ri- spetto all’anno che ha preceduto l’entrata in vigore del NAFTA, il 1993; non solo, ma tra il 1993 ed il 1995, la quota di presenza statunitense sul mercato delle importazioni messicane è cresciuta da poco meno del 70% a quasi il 75%, strappando circa cinque punti percentuali alla concorrenza straniera.
Mentre con la precedente crisi messicana del 1981-83 le esportazioni di merci statu- nitensi a sud del Rio Grande subirono una drastica diminuzione del 50% (da 18 miliardi di $US a 9 miliardi), nel periodo 1993-95 le stesse hanno giovato di un incremento dell’11% a scapito di Giappone e Unione Europea, le cui esportazioni sono risultate maggiormente esposte alle conseguenze della crisi. La performance è degna di riguardo se si considera che è maturata in un periodo in cui l’economia messicana ha sperimenta- to una svalutazione della divisa nazionale, il peso, del 45% in termini reali, un calo del 7% nel PIL e una caduta dei salari reali del 22% nel corso del 1995, e testimonia la bon- tà del progetto NAFTA.
Il futuro del Messico appare legato a un complessivo risanamento di ordine tanto e- conomico quanto politico. Se quest’ultimo risulta forse il più problematico, sia per le re- sistenze dell’apparato istituzionale sia per l’obiettiva inesperienza della classe dirigente di ricambio che si sta affacciando al potere, cambiare volto a un sistema economico che resta largamente tributario dell’intervento statale appare comunque decisamente com- plesso. L’incognita finanziaria resta in tutta la sua incertezza e se alcuni comportamenti virtuosi (come la gestione più oculata che in passato della politica dei cambi) sembrano ingenerare una cauta fiducia, la spirale dell’esposizione debitoria appare lontana da un arresto in termini assoluti. I mercati sono comunque tornati a giudicare positivamente il "rischio Messico".
3.3. Le critiche al NAFTA
I detrattori statunitensi del NAFTA sostenevano che l’Accordo avrebbe comportato una rilevante perdita di posti di lavoro negli Stati Uniti. Le convenienti importazioni la- bor-intensive dal Messico avrebbero fatto concorrenza ai beni statunitensi e gli stabili- menti sarebbero stati attirati dal minor costo del fattore lavoro vigente in Messico. Un indicatore grezzo della disoccupazione ingenerata dal NAFTA è rappresentato dalle cer- tificazioni previste dal NAFTA-TAA (Trade Adjustment Assistance), un programma vo- luto dal Congresso degli Stati Uniti e gestito dal Ministero del Lavoro che fornisce assi- stenza ad aziende e lavoratori privati del posto di lavoro a causa dell’aumento delle im- portazioni dai Paesi del NAFTA. I 1.102 casi certificati alla data del 18 giugno 1997, implicanti 129.450 lavoratori provenienti soprattutto dai settori dell’abbigliamento, dell’elettronica e delle attrezzature da trasporto, non costituiscono certamente una cifra in grado di documentare le drastiche alterazioni degli assetti produttivi paventate dagli oppositori. Anche volendo dare credito alla più pessimistica stima di 260.000 posti di lavoro persi fornita da X. XXXXXXXX XXXXX, professore dell’UCLA5, questa cifra è lorda, in quanto non tiene conto delle nuove occasioni di lavoro procurate dall’aumento delle esportazioni, col risultato che il valore netto potrebbe risultare notevolmente rid i- mensionato o addirittura attestare un lieve guadagno di posti di lavoro; inoltre, tale cifra
5 Dal momento che il sistema NAFTA-TAA si basa su un’autodichiarazione, esso favorisce i lavoratori delle grandi società e dei sindacati più rappresentativi. X. XXXXXXXX XXXXX stima che soltanto la metà delle perdite di posti di lavoro sofferte a causa del NAFTA viene denunciata al NAFTA-TAA; ipotizzan- do che ciò sia corretto è più legittimo credere che circa 260.000 siano i posti di lavoro effettivamente per- si negli USA, direttamente imputabili ai primi quattro anni di implementazione del NAFTA.
rappresenta soltanto lo 0,2% del mercato occupazionale statunitense nel 1996, e meno del 3% della crescita dell’occupazione dal 1994 al 1997, periodo in cui l’economia ame- ricana è stata veramente esuberante, avendo sfornato quasi 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro ogni anno. La realtà è che la creazione di posti di lavoro negli Stati Uniti dipende in modo schiacciante dalle dinamiche e dagli sviluppi delle variabili economiche inter- ne.
In più, i cambiamenti più sostanziali nei fattori che determinano il fondamento del commercio trilaterale – in particolare della relazione Messico-USA – furono stabiliti prima che il NAFTA fosse firmato. Le opportunità per le aziende statunitensi e canadesi di spostare gli impianti a sud, decentrando la maggior parte delle fasi produttive in Mes- sico al prezzo di trascurabili barriere tariffarie, non sono un’invenzione del NAFTA ma erano già previste dal Programma Maquiladora.
Ancora deludenti sono i risultati raggiunti sul fronte della tutela ambientale nell’area di confine tra Stati Uniti e Messico. Dal momento che sia l’attività industriale sia la po- polazione alla frontiera sono cresciute, lo stesso si è verificato per l’inquinamento atmo- sferico provocato dall’apparato industriale, dalla combustione dei carburanti e dal sem- pre più caotico movimento di mezzi di trasporto, sia commerciali sia privati, lungo i collegamenti che attraversano il confine. I cittadini di queste regioni soffrono di un tas- so allarmante di epatite, diarrea cronica e tubercolosi (in Texas e California i tassi per epatite e tubercolosi sono da 2 a 5 volte il valore medio degli Stati Uniti). Queste pato- logie sono strettamente correlate alla contaminazione provocata da rifiuti industriali e prodotti chimici nocivi.
Diverse fonti denunciano un indebolimento di controlli e ispezioni sul rispetto delle norme igienico-sanitarie per la sicurezza e la conservazione degli alimenti (fragole, la t- tuga e carote provenienti dal Messico hanno fatto registrare tassi di violazione del 18,4%, 15,6% e 12,3% rispettivamente, per la presenza di residui di pesticidi no n auto- rizzati). Meno dell’1% degli oltre 3,3 milioni di TIR che entrano negli USA ogni anno sono sottoposti a ispezione; di questi il 50% sono respinti per gravi violazioni di norme di sicurezza.
Le malattie apportate dalle acque malsane rimangono una delle principali cause di decesso per le comunità situate al confine.
La crisi messicana ha congelato la realizzazione dei progetti di recupero e sollievo ambientale, messi in difficoltà da un taglio prossimo al 10% nel budget federale. Il col- lasso del peso ha provocato un brusco aumento del costo delle attrezzature necessarie per lo smaltimento dei rifiuti, il trattamento delle acque e la pulizia ambientale, per la cui fornitura il Messico dipende largamente dall’estero.
Le commissioni create dai partner del NAFTA, la CEC (Commission for Environ- mental Cooperation) e la BECC (Border Environmental Cooperation Commission), so- no state accusate di immobilismo dovuto a conflitti di interesse e mancanza di risorse finanziarie e organizzative; l’accesso ai capitali per le comunità più disagiate è stato spesso reso impraticabile dagli alti tassi di interesse e dagli insostenibili piani di rimbor- so.
La North American Development Bank (NADBANK), l’istituzione finanziaria voluta
dal NAFTA per finanziare progetti di ripristino ambientale, dalla sua fondazione ha i-
struito soltanto pochi prestiti (fino al 1997 solo tre prestiti per un valore complessivo di 2,98 milioni di dollari e garanzie per circa un milione di dollari).
Difficoltà procedurali, finanziarie e d’implementazione non fanno ancora intravedere una soluzione immediata ed efficace ai gravi traumi che l’attività umana indiscriminata sta infliggendo all’ambiente. Tuttavia, soltanto proseguendo lungo la strada della con- certazione a livello sovranazionale e della collaborazione tra governi è possibile fissare un valido programma di intervento; il NAFTA in questo senso ha il merito di aver av- viato delle strutture che consentono di tenere sotto controllo il fenomeno e di pianificare i futuri interventi.
Tra le tante accuse che si rivolgono al NAFTA vi è anche quella di aver indiretta- mente agevolato il traffico di sostanze stupefacenti grazie all’alleggerimento delle ispe- zioni al confine e all’aumento del flusso di mezzi provenienti dal Messico. Il trasporto, la vendita, la detenzione e il consumo di sostanze stupefacenti sono una piaga che af- fligge la società nordamericana, a cui è difficile trovare rimedio. Nessuno è riuscito a valutare con esattezza la dimensione di questo commercio illegale che vede il Messico nel ruolo di produttore/fornitore e Stati Uniti e Canada nel ruolo di consumatori, ma è certo che si tratta di uno dei maggiori business, oltre che uno tra i più redditizi. Se le stime fornite dall’U.S. Justice Department, che ha valutato in 27-30 miliardi di $US il traffico di droghe illegali del Messico con gli Stati Uniti, dovessero essere rozzamente corrette questo business, frutto del malcostume, sarebbe una delle più grosse industrie del Messico; il fenomeno si avverte in modo più blando negli USA, a causa del ne tto predominio della parte sana dell’economia. Per avere un termine di paragone basti pen- sare che le esportazioni totali messicane di beni consentiti dalla legge verso gli USA nel 1996 sono state di 73 miliardi di $US.
3.4. Conclusioni
Un giudizio integrale ed esaustivo del grado in cui il NAFTA ha centrato i suoi obie t- tivi è ancora prematuro da fornire, in un momento in cui l’Accordo ha da poco passato la sua fase adolescenziale (esso raggiungerà la sua completa implementazione entro il 2008).
Il merito maggiore che è possibile riconoscere al NAFTA è quello di aver garantito un biglietto d’ingresso nel sistema commerciale mondiale ad un Paese in via di svilup- po, il Messico.
Il Messico, oggi, non è più un mercato di serie B. Tutti hanno capito che la strategia di creare prodotti sostitutivi delle importazioni, non porta da nessuna parte; porta alla perdita di competitività, alla perdita di posti di lavoro. Solo l’apertura, il presentarsi sui mercati in modo competitivo e l’esportare nei Paesi industrializzati sono la chiave del successo e della crescita.
Il secolo ormai trascorso è stato pieno di fatti drammatici, ma anche di fatti grandio- si. Si fa sempre riferimento alla caduta del muro di Berlino, ma c’è stata un’altra caduta negli ultimi anni, di cui la ge nte parla ancora poco, ma che è importantissima e che de- termina tanti cambiamenti nelle nostre società: è la caduta del muro tra Nord e Sud. Il NAFTA raccoglie pienamente questa sfida, incentivando la liberalizzazione degli scam-
bi, rispettando le specificità dei mercati che lo costituiscono, creando dei meccanismi sovranazionali per la soluzione dei problemi comuni.
Le istituzioni del NAFTA
Scheda OTTO
Parte Seconda Commercio dei beni
Commissione per il commercio
Segretariato
Commiss. sul commercio dei beni
Commiss. sul commercio di vestiario usato
Commiss. sul commercio agricolo
Commiss. sulle misure sanitarie e fitosanitarie
Gruppi di lavoro sulle regole d’origine e sulle procedure doganali
Gruppi di lavo- ro sul comm. agr. US-Mex, Can-Mex
Gruppi di lavo- ro sui sussidi all’agricoltura
Gruppi di lavo- ro sulle dispute private in cam- po agricolo
Parte Terza Barriere tecniche
Commiss. sui prov- vedimenti relativi agli standard
Sottocomm. sui trasporti per terra; Telecomunicazioni;
Etichettatura di tessuti/vestiario; Consiglio sugli standard automob.
Parte Quarta Acquisti del setto- re
pubblico
Commiss. sulle piccole imprese
Parte Quinta Investimenti, servizi, etc.
Commiss. sui servizi finanziari
Gruppo di la- voro sulla concorrenza
Gruppo di la- voro sull’ingresso temporaneo
Parte Settima Disposizioni am- ministrative e istituzionali
Comm. consult. sulle dispute com- merciali private
Procedure del Cap. 19
Procedure del Cap. 20