POSTE ITALIANE SPA
POSTE ITALIANE SPA
SPEDIZIONE IN A. P. 70% - ROMA
1-2 /2005
AGENZIA PER LA RAPPRESENTANZA
NEGOZIALE DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI GENNAIO/APRILE 2005
REDAZIONE XXX XXX XXXXX 000
00000 XXXX
COMMENTI
A PROPOSITO
DI CONTRATTI PUBBLICI E DI ARAN
OSSERVATORIO UNIONE EUROPEA
ANCORA
SULLA STRATEGIA DI LISBONA: XXXXXXX XXXXXX
IL SUO PUNTO DI VISTA
INSERTO
IL SISTEMA DI CONTRATTAZIONE COLLETTIVA IN FRANCIA:
CENTRALIZZAZIONE, DECENTRAMENTO, GESTIONE
DELLE RISORSE UMANE E TRATTAMENTO
DIRETTORE
Xxxxx Xxxxxxx
DIRETTORE RESPONSABILE
Xxxx Xxxxx Xxxxxxxx
COMITATO TECNICO-SCIENTIFICO
Xxxxxxxx Di Xxxxx Xxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxxxx Xxxxx
Xxxxxxx Xxxxxxxx Xxxxx Xxxx Xxxxxxxx Xxxxxxxx
Xxxxxx Xxxxxx Xxxxx Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxx Xxxxxx Xxxxxxx
SEGRETERIA DI REDAZIONE
Xxxxxxx Xx Xxxxxx
PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE
Xxxxxx Xxxxxxxx
REDAZIONE
Telefono 0000000000
Fax 0000000000
e-mail: xxxxxxxx@xxxxxxxxxxx.xx
STAMPA
Aut. Tribunale di Roma n. 630 del 27.12.95
Sped. In Abb. post. L. 662/96 art. 2 C. 20/c
ANNO X N. 1-2 GENNAIO-APRILE 2005
COMMENTI
numero 1-2 • gennaio/aprile 2005
A proposito di contratti pubblici e di ARAN
di Xxxxx Xxxxxxx 2
OSSERVATORIO UNIONE EUROPEA
Ancora sulla strategia di Lisbona:
Xxxxxxx espone il suo punto di vista
a cura di Xxxxxx Xxxxxx 4
FLASH NOTIZIE
a cura di Xxxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxx
Attività svolta dall’Aran 10
LEGISLAZIONE
Provvedimenti pubblicati ed attività parlamentare
di Xxxxxxx Xx Xxxxxx e Xxxxxxx Xxxxxxxxx 15
PROBLEMI APPLICATIVI
Osservatorio ARAN di giurisprudenza
a cura del Servizio Studi Aran 22
INSERTO
Il sistema di contrattazione collettiva in Francia: centralizzazione, decentramento,
gestione delle risorse umane e trattamento
numero 1-2 • gennaio/aprile 2005
arannewsletter
A PROPOSITO
DI CONTRATTI PUBBLICI E DI ARAN
Riteniamo opportuno pubblicare quanto il presidente dell’ARAN, Xxxxx Xxxxxxx, ha scritto per il sito web xxx.xxxxxx.xxxx sulla tematica indicata nel titolo
Poiché nel nostro paese le relazioni sociali attraversano una fase assai critica, era comprensibile che durante il periodo elettorale, dal quale siamo appena usciti, tenesse banco
la questione del “contratto degli statali”. Ricordo, incidentalmente, che in realtà il “contratto degli statali” non esiste, esistono invece molti contratti collettivi (più di 18) che riguardano i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni
(circa 3 milioni).
Insieme a quei contratti sono tornati in discussione ruolo e funzioni dell’ARAN, che è l’Agenzia che ha
la rappresentanza negoziale di tutte le Pubbliche Amministrazioni.
Per la storia, vorrei anche ricordare
che l’ARAN fu “inventata” negli anni ’90 all’interno di un disegno assai audace e profondamente innovativo,
per tentare di risolvere i problemi esplosi negli anni ’80 nel pubblico impiego, attraverso la cosiddetta privatizzazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici.
Nessuno si poteva, peraltro, fare alcuna illusione circa il fatto che l’utilizzazione
mimetica degli istituti del diritto del lavoro e sindacale del sistema privato avesse di per sé una valenza salvifica, ma poteva soltanto servire a riprodurre schemi di rapporti più
funzionali, trasparenti e (perché no?) democratici.
Non poteva invece risolvere due problemi assolutamente centrali: la determinazione delle risorse
economiche da destinare ai contratti e la mancanza strutturale del mercato nel sistema della Pubblica Amministrazione.
Chi ha dimestichezza con il mondo delle relazioni industriali sa perfettamente che la rappresentanza degli interessi al tavolo negoziale
si realizza attraverso l’istituto
del mandato. Il quale mandato (almeno per la parte datoriale) è sempre
in mano a chi ha la responsabilità finale delle scelte economiche dell’impresa
o dell’Ente.
Se questo è naturale – e io credo che lo sia – ne deriva che nel sistema pubblico le decisioni sull’entità
e la distribuzione delle risorse
da mettere a disposizione per i rinnovi contrattuali non possano che essere demandate alle responsabilità
del Governo o degli altri soggetti (Regioni, Comuni, ecc;) che materialmente impegnano le risorse
e che ne rispondono prima all’opinione pubblica e poi al corpo elettorale.
Non c’è spazio, in altre parole,
per soggetti terzi più o meno neutrali
o tecnocratici (Autorithies), tanto più quando le cifre in ballo sono enormi
numero 1-2 • gennaio/aprile 2005
e condizionano le stesse scelte politiche generali; l’esempio dell’ultima Legge Finanziaria è lampante
in questo senso.
Per questi motivi, almeno a me, non fa scandalo che, prima di determinare le quantità economiche, ci siano momenti di consultazione più o meno informali tra Governo, Regioni, ANCI, ecc. e Sindacati.
Queste fasi ci sono sempre state, sia nel sistema privato che in quello pubblico e servono a predisporre le condizioni per la trattativa
vera e propria.
Quello che invece, almeno a me,
fa scandalo è che, esaurita quella fase, il mandato sia reso pubblico e, almeno per i contratti relativi ai dipendenti dello Stato, addirittura consacrato nella Legge Finanziaria, con quali conseguenze sull’equilibrio
del negoziato è facile immaginare.
E’ per questo che, a tutti i Ministri della Funzione pubblica che in questi anni si sono succeduti, l’ARAN
ha chiesto – con scarso successo – la revisione urgente ed integrale delle normative che regolano
le procedure di contrattazione, fornendo anche suggerimenti
ed ipotesi di soluzione che valessero a superare un sistema barocco e che, nei fatti, dilata i tempi in misura insopportabile.
Peraltro, vorrei qui ricordare che
i contratti collettivi non sono fatti solo di clausole economiche e che
un compito non secondario svolto dall’ARAN, in questi ultimi anni, è stato quello di sostituire, alle mille leggi
e leggine che regolavano i rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici,
un’unica normativa avente la sua fonte nel contratto collettivo. Tutto ciò mentre i Parlamenti continuavano
a sfornare provvedimenti che, in barba al disegno originario, tentavano
di mettere becco sul trattamento degli stessi dipendenti pubblici.
L’altra questione che ho evocato è,
se possibile, ancora più delicata: quali sono i meccanismi che, al di là
delle belle parole e delle dichiarazioni
d’intenti, possono sostituire il mercato nel perseguimento dell’efficacia
e dell’efficienza della P.A,?
Per quel che ho compreso del sistema pubblico, anche se lo frequento
da non molto tempo, ritengo che
il problema sia soprattutto culturale. L’idea che un servizio pubblico abbia un costo, che quel costo sia misurabile e che un dipendente, a qualunque livello, debba essere valutato
e retribuito sulla base del suo contributo individuale e/o collettivo al raggiungimento di un risultato predeterminato non è ancora molto popolare all’interno delle P.A.,
e lo è tanto meno quanto più si sale nella scala gerarchica.
Cosicché esistono ancora formidabili forze che sostanzialmente sognano
il ritorno ai tempi antichi e agli splendori del “sistema pubblicistico”. Per rendersi conto dell’azione di quelle forze basterebbe fermarsi un istante
a riflettere su quello che sta accadendo nel cosiddetto processo del lavoro pubblico e nella strisciante ripresa
di possesso – contro lo spirito e la volontà della legge –
della competenza sui delicatissimi problemi delle qualifiche professionali e delle carriere da parte
della magistratura amministrativa.
Mi è sembrato opportuno offrire qualche spunto di riflessione perché, al di là delle naturali divergenze
di opinioni, ritengo importante che finalmente la “comunità scientifica” torni a discutere su un tema, come quello del lavoro pubblico, che tanto interesse e tante xxxxx riformatrici aveva suscitato fino a pochi anni fa
e che sembra improvvisamente passato di moda.
Xxxxx Xxxxxxx
Presidente ARAN
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arannewsletter
ANCORA SULLA STRATEGIA DI LISBONA:
BARROSO ESPONE
IL SUO PUNTO DI VISTA
Nell’ultimo numero di Arannewsletter, nel pubblicare una sintesi del secondo rapporto Xxxxxx e nel presentare
il lavoro del prof. Xxxxxx, autore della traduzione e della sintesi del rapporto stesso, avevo evidenziato come,
sia pure tra le ricordate difficoltà del momento, l’imperativo restava quello di accettare la sfida e di cercare di dare attuazione alla strategia di Lisbona.
Il 2 febbraio il Presidente Xxxxxxx ha esposto al Parlamento europeo la sua “ricetta” per una revisione/rilancio della richiamata strategia.
A tale proposito, nel riportare in calce il testo integrale della introduzione
alla comunicazione al Consiglio europeo, si indicano in sintesi gli argomenti che hanno destato maggiore interesse.
Nodo centrale della relazione è stato la revisione della strategia di Lisbona,
che dovrà essere perfezionata nei punti dove non ha prodotto risultati in linea con le aspettative e cioè la crescita dell’economia e la creazione di nuovi posti di lavoro. A tal proposito, Xxxxxxx ha sottolineato i progressi che sono stati fatti, ma ha ricordato che bisogna fare ancora molto: “Sappiamo che
i progressi compiuti non sono sufficienti, e talvolta alcuni puntano i piedi. Purtroppo i cittadini ancora
non percepiscono gli effetti del fattore Lisbona sulle loro vite quotidiane”.
Proprio per garantire la fattiva collaborazione di tutti gli Stati Membri,
Xxxxxxx ha proposto l’istituzione
di un coordinamento nazionale per l’attuazione della strategia di crescita. La Commissione europea ha dunque individuato 10 priorità politiche
da perseguire, cioè aree in cui saranno chiamate ad intervenire sia le Istituzioni dell’UE che quelle nazionali.
In particolare, si richiede di:
• migliorare l’integrazione dei mercati interni
• migliorare la competitività del mercato interno ed esterno dell’UE
• perfezionare la regolamentazione europea e nazionale
• dare una spinta propulsiva alle infrastrutture europee,
realizzando le reti transeuropee
• incentivare la ricerca e lo sviluppo
• incentivare l’innovazione e l’uso delle nuove tecnologie della comunicazione
• rafforzare l’industria
• attrarre più persone nel mondo del lavoro e modernizzare i sistemi di protezione sociale
• adeguare le condizioni del mercato del lavoro alle nuove esigenze
• promuovere il capitale umano, soprattutto attraverso l’istruzione e la formazione.
Xxxxxxx ha anche difeso l’importanza di due direttive molto contestate:
la cd direttiva Bolkenstein, che armonizza il mercato europeo dei servizi, e la direttiva REACH,
sull’utilizzo dei prodotti chimici, che
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arannewsletter
dovrebbe avere un impatto favorevole sia sull’innovazione che sulla protezione dell’ambiente.
Soffermandosi sul tema dell’innovazione e della ricerca, il Presidente della Commissione ha poi ribadito l’importanza di sviluppare queste aree e ha suggerito la creazione di “poli dell’innovazione” e di un Istituto Europeo per la Tecnologia. Infine, si é augurato che gli Stati Membri dell’UE aumentino le risorse devolute per la ricerca, da lui ritenute finora insufficienti, che a suo parere dovrebbero essere pari al 3% del bilancio annuo.
Per quanto riguarda il profilo sociale, Xxxxxxx si é soffermato in particolar modo sull’invecchiamento della popolazione, problema al quale la Commissione ha intenzione di dedicare un Libro Verde. Inoltre, ha invitato
le parti sociali ad individuare azioni concrete a favore del “lavoro di qualità”. Dopo questo rapido excursus, come sopra anticipato, ecco il testo integrale della introduzione Xxxxxxx.
“Pensate un istante a ciò che potrebbe diventare l’Europa. Considerate i punti di forza connaturati all’Unione allargata, riflettete sul suo potenziale inutilizzato in grado di creare prosperità e di offrire opportunità
e giustizia a tutti i suoi cittadini. L’Europa può divenire per il resto del mondo un luminoso esempio di progresso sociale, economico e ambientale.
È in tale spirito di realismo ottimista che la nuova Commissione europea ha elaborato le raccomandazioni politiche per la revisione intermedia della strategia di Lisbona, l’ambizioso programma di riforme avviato dal Consiglio europeo nel marzo del 2000.
I cittadini europei hanno tutti i motivi di ottimismo quanto alle potenzialità dell’Europa in campo economico.
I successi conseguiti nella seconda metà del XX secolo costituiscono un’eredità cospicua: dopo mezzo secolo di pace possiamo vantare
il connubio di una delle economie più sviluppate del pianeta e del modello
ineguagliato di un’Unione politica di Stati membri stabili e democratici.
Questa Unione ha realizzato un mercato unico sostenuto, per gli Stati membri che l’hanno adottata, da una moneta unica che rafforza la stabilità della sua economia e approfondisce le sue potenzialità di integrazione economica. Abbiamo messo a punto e consolidato un modello sociale di tipo partecipativo unico al mondo. Il livello di istruzione di base in Europa è elevato e la base scientifica è tradizionalmente solida
e ben sviluppata. Le imprese europee sono dinamiche e innovative, dotate
di uno straordinario potere competitivo e in grado di dimostrare, al loro meglio, notevoli capacità di rinnovamento.
L’UE ha compiuto maggiori passi
in avanti verso l’obiettivo di uno sviluppo sostenibile rispetto a ogni altra regione del mondo.
Tutto questo è stato realizzato grazie a un’azione di partenariato:
le istituzioni europee, i governi
e le amministrazioni a livello nazionale, regionale e locale, le parti sociali,
la società civile hanno agito ciascuno di concerto con tutti gli altri perseguendo un obiettivo comune.
Quest’eredità costituisce una garanzia sostanziale lungo il cammino verso
la visione che ci accomuna tutti;
tale visione, sancita nella Costituzione, consiste nell’assicurare “lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato
su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira
alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente”.
Nel corso degli ultimi cinquant’anni sono stati realizzati straordinari progressi: eppure, in un mondo
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in continuo divenire, l’Europa non può limitarsi a segnare il passo.
Per questo motivo cinque anni fa i capi di Stato e di governo hanno sottoscritto un ambizioso programma per
il cambiamento, impegnandosi a trasformare l’Unione europea
nell’economia fondata sulla conoscenza più dinamica e competitiva del mondo, in grado di conseguire una crescita economica sostenibile con nuovi
e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale, nel rispetto dell’ambiente.
Oggi si deve constatare che i progressi compiuti fino ad oggi appaiono diseguali. Benché gran parte delle condizioni fondamentali per il rilancio dell’Europa siano già presenti, quel che ha fatto difetto è stata soltanto un’attuazione sufficientemente efficiente a livello sia comunitario
che nazionale. Questo non è dovuto unicamente alla difficile congiuntura economica che l’Europa ha dovuto affrontare da quando è stata lanciata la strategia di Lisbona, ma è anche
il risultato di un’agenda politica ormai troppo fitta di impegni, della mancanza di coordinamento e, talvolta, di priorità incompatibili tra di loro.
Secondo alcuni, ciò dovrebbe indurci ad abbandonare l’ambizioso programma avviato cinque anni fa.
La Commissione non è d’accordo.
Le sfide da superare appaiono ancora più urgenti di fronte al fenomeno dell’invecchiamento della popolazione e alla concorrenza su scala mondiale. Se non ribadiremo con forza il nostro impegno a superare tali ostacoli,
con rinnovato slancio e azioni maggiormente mirate, il nostro modello di società europea, le nostre pensioni, la nostra qualità di vita saranno
ben presto rimessi in discussione. La relazione del novembre del 2004
del gruppo ad alto livello presieduto da Xxx Xxx conferma la necessità
di agire con urgenza e mette l’accento su una sfida di enorme portata.
Secondo Xxx, “Il crescente divario
in termini di crescita rispetto all’America settentrionale e all’Asia, che si aggiunge alla bassa natalità e all’invecchiamento della popolazione in Europa, impone
di applicare con urgenza ed efficacia la strategia di Lisbona al fine
di recuperare il tempo perduto, senza ulteriori ritardi o compiacimenti ingiustificati”.
La risposta a tale sfida deve consistere per l’Europa nel migliorare la sua produttività e nell’aumentare il numero di occupati.
Se verranno confermati gli andamenti attuali, la crescita potenziale dell’economia europea sarà dimezzata nel corso dei prossimi decenni, arrivando a registrare un tasso di poco superiore all’1% annuo.
Si è venuto a creare un divario
tra i risultati conseguiti dall’Europa
e quelli dei nostri concorrenti di altre regioni del mondo, i quali hanno realizzato maggiori investimenti
in ricerca e sviluppo e ottenuto un più rapido aumento della produttività.
Non abbiamo ancora provveduto a mettere in funzione le strutture indispensabili per una migliore
previsione e gestione dei cambiamenti sul piano economico e sociale.
Non solo, ma a tutt’oggi non disponiamo di una visione della società che ci consenta di integrare tanto
i giovani come la popolazione più anziana, con particolare riguardo allo sviluppo e alla formazione della nostra manodopera, mentre le dinamiche attuali rischiano
di compromettere al tempo stesso
le possibilità di crescita a lungo termine e di coesione sociale.
La Commissione ha raccolto questa sfida presentando le sue proposte sugli obiettivi strategici che deve perseguire l’Unione: “La ripresa
della crescita è vitale per la prosperità. Essa può riportare la piena occupazione
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e costituisce la base della giustizia sociale e della creazione di opportunità per tutti. La ripresa della crescita inoltre è fondamentale per la posizione dell’Europa nel mondo e per la capacità dell’Europa di mobilitare le risorse necessarie per affrontare molteplici sfide a livello mondiale”.
Abbiamo bisogno di un’economia dinamica per nutrire le nostre più vaste ambizioni in campo sociale
e ambientale, ed è per questo che la strategia di Lisbona rinnovata
è incentrata sulla crescita e l’occupazione. Per conseguire tale obiettivo, è necessario adoperarsi per realizzare quanto segue:
- Rendere l’Europa più capace
di attrarre investimenti e lavoro
- Conoscenza e innovazione devono rappresentare il fulcro della crescita europea
- Elaborare politiche che consentano alle imprese europee di creare nuovi e migliori posti di lavoro
Considerare la crescita e l’occupazione come il traguardo immediato va di pari passo con la promozione di obiettivi sociali e ambientali.
La strategia di Lisbona è una componente essenziale dell’obiettivo più vasto
dello sviluppo sostenibile sancito nel trattato, vale a dire una migliore protezione sociale e un più elevato tenore di vita per le generazioni presenti e future.
Sia la strategia di Lisbona sia la strategia di sviluppo sostenibile contribuiscono al conseguimento di tale obiettivo: rafforzandosi reciprocamente, esse mirano a realizzare iniziative complementari, si servono di strumenti differenti e producono i rispettivi risultati in tempi diversi.
La Commissione si è pienamente impegnata a garantire uno sviluppo sostenibile, come pure nell’opera
di modernizzazione e di promozione del modello sociale europeo – obiettivi impossibili da raggiungere senza maggiore crescita e occupazione.
Oggi la strategia di sviluppo sostenibile e il programma sociale dell’UE sono
in fase di revisione e nelle prossime settimane verrà presentata una serie di proposte in vista del Consiglio europeo di primavera.
Poiché, inoltre, promuovere la crescita va a vantaggio tanto dell’Unione come dei nostri partner internazionali,
è necessario continuare a collaborare con loro per affrontare il problema degli squilibri macroeconomici globali. La questione della strategia di Lisbona richiede pertanto un’azione nell’immediato e vi sono ottimi motivi per agire di concerto in Europa.
I costi della mancanza di iniziative sono elevati e quantificabili. Il “costo
della non Europa” è stato dimostrato da studi scientifici corredati
da un’ampia quantità di dati.
Benché le opinioni sull’interpretazione delle cifre possano divergere, l’eventuale fallimento della strategia
di Lisbona ha effettivamente un costo: per convincersene basta considerare, in primo luogo, il divario sempre maggiore tra le potenzialità di crescita dell’Europa e quelle di altri partner economici. Tuttavia, anche i vantaggi potenziali derivanti da una più ampia e profonda integrazione economica in un’Europa allargata appaiono rilevantissimi.
La revisione intermedia della strategia serve a definire il metodo per aiutare l’Europa a superare le sfide
della crescita e dell’occupazione.
Ne emerge la proposta di un partenariato per la crescita e l’occupazione, sostenuto da un programma d’azione dell’Unione e da programmi d’azione nazionali che comportano impegni ben precisi. La revisione è imperniata
su tre principi fondamentali:
- Anzitutto, le iniziative europee devono risultare maggiormente mirate.
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È necessario concentrare tutti i nostri sforzi nell’effettiva attuazione
di politiche capaci di avere la maggiore incidenza possibile sul territorio.
Questo significa mantenere gli impegni presi, elaborare iniziative a partire
dalle riforme già in corso in ciascuno Stato membro e avviare nuove azioni, quando si renda necessario, in funzione del conseguimento dell’obiettivo prefisso. Occorre una rigorosa
selezione delle priorità da parte della Commissione e tale processo deve ricevere un deciso sostegno da parte del Consiglio europeo
e del Parlamento europeo.
- In secondo luogo, dobbiamo suscitare il sostegno al cambiamento. Creare
una vasta ed efficace partecipazione e condivisione degli obiettivi
della strategia di Lisbona è il modo migliore per far sì che le dichiarazioni d’intenti si trasformino in risultati.
Tutte le parti interessate, a ogni livello, al successo della strategia devono essere implicate nell’attuazione
delle riforme, le quali devono diventare un argomento di discussione
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nel dibattito politico dei singoli Stati membri.
- In terzo luogo, occorre semplificare e razionalizzare la strategia di Lisbona: occorre cioè definire con chiarezza
i diversi livelli di responsabilità, semplificare le modalità di elaborazione e di presentazione delle relazioni
e dare sostegno a un’attuazione efficiente della strategia mediante il programma d’azione dell’Unione e i programmi d’azione nazionali. L’azione di ciascuno Stato membro dovrebbe essere inquadrata
da una serie integrata di “orientamenti” per la strategia di Lisbona, mentre, quale misura d’accompagnamento, sarebbero previste una sola relazione
a livello dell’UE e un’altra relazione
a livello nazionale per illustrare i progressi realizzati. L’onere di elaborazione
e presentazione delle relazioni che grava sui singoli Stati membri verrebbe così ad essere considerevolmente ridotto.
I tre punti sollevati vanno considerati sullo sfondo di riforme di più ampio respiro; al nostro ambizioso programma per il cambiamento devono corrispondere le necessarie risorse sia a livello dell’Unione che a livello nazionale.
Condizioni macroeconomiche stabili costituiscono il presupposto indispensabile per uno sforzo credibile volto ad incrementare la crescita potenziale e a creare occupazione.
La proposta di modifiche da apportare al patto di stabilità e di crescita – cioè alle norme stabilite a livello comunitario che disciplinano le politiche nazionali di bilancio – dovrebbero contribuire
a stabilizzare ulteriormente l’economia europea, garantendo al tempo stesso che i singoli Stati membri possano svolgere pienamente il loro ruolo
nel rilanciare la crescita a lungo termine.
A livello comunitario, è necessario che la discussione sul futuro quadro finanziario dell’Unione fino al 2013 (“le prospettive finanziarie”) tragga
le debite conseguenze dalle ambizioni
sottese alla strategia di Lisbona, dando spazio nel futuro bilancio comunitario agli obiettivi prioritari definiti da tale strategia.
Xxxxxxxx offrire il sostegno
e gli investimenti indispensabili a un’economia moderna e basata
sulla conoscenza, impiegare le nostre risorse con metodi che ci consentano di adattarci più facilmente
a una situazione economica e sociale in via di trasformazione, e gestire programmi che prevedano incentivi adeguati a ogni Stato membro affinché collochi gli obiettivi della strategia
di Lisbona al centro della sua politica di spesa pubblica.
Le proposte avanzate dalla Commissione per le prospettive finanziarie rispecchiano queste priorità.
Se saremo capaci di coniugare ambizioni, risorse e idee valide; se saremo in grado di tradurle entro
la fine del decennio in un cambiamento concreto e duraturo sul piano
delle diverse realtà interessate; e se, infine, saremo capaci di offrire sostegno alla strategia di Lisbona colmando il divario di investimenti della nostra economia e imprimendo un nuovo impulso ai fini di una maggiore coesione dell’intero continente, allora potremo tornare
a vedere all’orizzonte gli obiettivi della strategia di Lisbona.
È questo il rilancio di cui l’Europa ha bisogno”.
Queste notizie sono state tratte dalle agenzie ufficiali dell’Unione Europea; i lettori possono ampliare
la conoscenza, verificando anche i testi completi della Relazione Xxxxxxx,
A cura di Xxxxxx Xxxxxx
Esperto ARAN
EVENTO | CONTENUTO/NOTE |
12 gennaio 2005 | Tale protocollo dà attuazione all'art. 43, comma 8, |
Accordo quadro | del D.Lgs. n. 165/2001, relativo alla istituzione |
Tutto il personale | del Comitato paritetico per la certificazione dei dati |
Protocollo d’intesa | elettorali ed associativi delle Organizzazioni |
per la costituzione | Sindacali ai fini dell'accertamento |
e il funzionamento | della rappresentatività. |
del comitato paritetico | In tale protocollo viene stabilita la natura |
di cui all'art. 43 | e la composizione del Comitato, il suo |
del D.Lgs. n. 165/2001 | funzionamento ed infine la sua durata in carica. |
13 gennaio 2005 Comparto Università Interpretazione autentica degli artt. 59, c.1, e 56 del CCNL 1998/2001 del personale non dirigente sottoscritto in data 9/8/2000 | Il giudice del lavoro del Tribunale di Potenza ha richiesto alle parti negoziali l’interpretazione autentica degli articoli contrattuali a margine citati. In particolare: - se sia o no perentorio il termine previsto nel contratto per espletare la contrattazione integrativa dove vengono individuati i criteri generali per la selezione per le progressioni economiche all’interno di ciascuna categoria; |
- se ai sensi degli articoli in oggetto sia consentito alla contrattazione integrativa di escludere, dalla partecipazione alla selezione, categorie di personale anche se abbiano maturato il requisito dei tre anni di servizio nella posizione economica immediatamente inferiore. | |
Le parti negoziali firmatarie del contratto nazionale sono state concordi nello stabilire che: - il termine previsto nell’articolato sia da considerarsi residuale e comunque strumentale all’ipotesi del persistere di un mancato accordo. Se questo sia raggiunto, anche oltre i termini stabiliti, sia comunque da considerarsi preferibile rispetto ai criteri generali fissati nel contratto. | |
- la contrattazione integrativa possa legittimamente escludere dalla tornata di progressione orizzontale chi abbia già usufruito, nella prima applicazione transitoria, del nuovo sistema di classificazione, del beneficio di una progressione verticale e sia data la precedenza a chi non abbia già fruito, in sede di prima attuazione del contratto di lavoro, di altro e ben più congruo beneficio. | |
27 gennaio 2005 | Il CCNL interessa circa 58.000 lavoratori |
Comparto Università | dell'Università. |
CCNL relativo al | Tra gli argomenti di maggior rilievo del contratto |
personale non dirigente | segnaliamo la definizione del trattamento |
per il quadriennio | economico specifico per il personale dipendente |
normativo 2002 - 2005 | dalle Aziende Ospedaliere Universitarie - AOU - |
e il biennio economico | e la valorizzazione del personale inquadrato |
2002 - 2003 | nella categoria Elevate Professionalità - EP - che |
costituisce una risorsa fondamentale per il |
numero 1-2 • gennaio/aprile 2005
EVENTO CONTENUTO/NOTE |
perseguimento degli obiettivi delle Amministrazioni e al quale è dedicata un'apposita sezione. Per questi lavoratori l'aumento medio complessivo a regime è di circa 104 euro mensili per tredici mensilità. Sono previste due tranches di aumento stipendiale al 1° gennaio 2002 e al 1° gennaio 2003 per complessivi 78,40 euro. La restante quota è finalizzata all'aumento dell'indennità di ateneo (3,50 euro pro capite al mese) e al salario variabile definito in contrattazione integrativa (9,40 euro al mese). L'indennità integrativa speciale è stata conglobata nella voce stipendio. Il costo di questa operazione è di circa 9 euro mensili. Inoltre sono state finanziate le progressioni verticali con 3,70 euro mensili. |
9 febbraio 2005 L’interpretazione autentica è stato richiesta, ai sensi Comparto Regioni dell’art. 64 del D.Lgs. n. 165/2001, dal Tribunale ed Autonomie locali ordinario di Palermo, per accertare se, ai fini Segretari comunali della determinazione delle fasce professionali, e provinciali alle quali viene collegata la definizione Ipotesi di accordo del trattamento economico del segretario, sull'interpretazione la clausola contrattuale, oggetto della richiesta autentica dell'articolo interpretazione autentica, attribuisca rilievo 31 del CCNL dei segretari esclusivamente alla mera consistenza anagrafica comunali e provinciali della popolazione, a prescindere dall'adozione del 16/5/2001 di un formale provvedimento di riclassificazione del comune, oppure se sia necessario, a tal fine, la preventiva adozione, da parte dell'Agenzia per la gestione dell'Albo dei Segretari comunali e provinciali, di tale provvedimento. Le parti concordano nel ritenere che ai fini dell'applicazione della disciplina dell'art.31 del CCNL dei Segretari comunali e provinciali del 16.5.2001, continuano a trovare applicazione le precedenti disposizioni in materia di classificazione delle segreterie comunali e provinciali contenute nel DPR n. 465/97 e negli atti regolamentari adottati, nell'ambito della propria competenza istituzionale, dall'Agenzia autonoma per la gestione dell'Albo dei Segretari comunali e provinciali. |
9 febbraio 2005 L’interpretazione autentica è stata richiesta, ai sensi Comparto Regioni dell’art. 64 del D.Lgs. n. 165/2001, dal Tribunale ed Autonomie locali ordinario di Palermo, per verificare se la clausola Segretari comunali contrattuale, oggetto della richiesta interpretazione e provinciali autentica: Ipotesi di accordo a) si riferisca a tutto il personale comunque sull'interpretazione inquadrato in profili con trattamento tabellare autentica dell'articolo 12, iniziale in B1 o D1, anche se effettivamente comma 3, del CCNL collocato, in sede di applicazione del nuovo sistema |
numero 1-2 • gennaio/aprile 2005
EVENTO CONTENUTO/NOTE |
del 31/3/1999 Comparto di classificazione, nelle posizioni economiche B2 Regioni ed Autonomie e D2, in quanto titolare di LED nel precedente locali ordinamento; b) oppure escluda dalla sua portata quei dipendenti che, proprio perché nel precedente ordinamento erano titolari di LED, nel momento del passaggio al nuovo sistema di classificazione, sono stati inquadrati rispettivamente in B2 e D2; Le parti concordano nel ritenere che il riferimento ai "profili con trattamento tabellare iniziale corrispondente alle posizioni economiche B1 e D1", contenuto nell'art.12, comma 3, del CCNL del 31.3.1999 del personale del Comparto delle Regioni e delle Autonomie locali, deve essere interpretato nel senso che la disciplina prevista in tale articolo trova applicazione nei confronti di tutto il personale inquadrato, in sede di prima applicazione del nuovo sistema di classificazione, in profili con trattamento tabellare iniziale corrispondente alle posizioni economiche B1 e D1 ed anche nei confronti di quello che, pur appartenendo ai suddetti profili, in quanto titolare di LED nel precedente ordinamento professionale, sempre in sede di prima applicazione del nuovo sistema di classificazione è stato inserito nelle categorie B e D, ma nelle posizioni economiche B2 e D2. |
15 febbraio 2005 L’interpretazione autentica è stata richiesta, ai sensi Comparto Scuola dell’art. 64 del D.Lgs. n. 165/2001, dal Tribunale civile Personale dei livelli di Padova - Sezione lavoro, per accertare se Interpretazione autentica la definizione di orario di lavoro notturno festivo chiesta dal Giudice dalle ore 22 del giorno festivo alle ore 6 del giorno del lavoro di Padova successivo, dettata per il personale ATA, dott.ssa Balletti nella sia applicabile anche al personale educativo causa di lavoro 1222/2003 al fine del riconoscimento dell'indennità di lavoro – Xxxxxxx Xxxxxxxx notturno festivo di cui alla tabella retributiva D2. c/ Convitto statale Le Parti rilevano che il predetto art. 52 del CCNL trae "Magarotto" -ud. 16.09/05 a sua volta legittimazione e fondamento dalla previsione di cui all'art. 33 del CCNL 26 maggio 1999 e unanimemente concordano che la disciplina in esso prevista, in via generale e demandata in dettaglio al successivo CCNL (l'art. 52 in questione), concerne tanto il personale ATA delle Istituzioni scolastiche che il personale educativo dei Convitti. A quanto sopra le parti aggiungono un'ulteriore considerazione. La presenza di personale ATA impegnato in turni di notte trova giustificazione proprio dalla presenza di alunni che dormono nel Convitto, alunni alla cui sorveglianza e assistenza è preposto appunto il personale educativo. Non avrebbe, pertanto, senso |
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
riconoscere l'indennità di turnazione notturna e festiva al solo personale ATA che, nella fattispecie, svolge un ruolo di supporto all'attività convittuale notturna in cui è impegnato anche il personale educativo. Infine, le parti concordano che debba essere considerato turno notturno festivo anche quello che decorre dalle ore 22 della domenica alle ore 6 del successivo lunedì, come esplicitamente indicato dall'art. 52, comma 1, lettera c), ultimo punto, del CCNL 24.07.2003. |
16 febbraio 2005 Sono circa 8.700 tra docenti - circa 7.000 - Comparto Accademie e personale tecnico e amministrativo - circa 1.700 - e Conservatori i lavoratori che provengono dalla scissione Personale dei livelli del Comparto Scuola. CCNL relativo Il CCNL realizza il Testo Unico delle norme al personale del Comparto di Comparto, modifica quelle che hanno origine delle Istituzioni di Alta dal contratto scuola, le rende compatibili Formazione e e rispondenti ai nuovi assetti istituzionali, Specializzazione Artistica le armonizza nel rispetto dell’autonomia delle e Musicale per il Istituzioni e del loro livello universitario in coerenza quadriennio normativo col titolo di studio che queste rilasciano. 2002/2005 e il biennio Colloca il personale docente in due fasce con pari economico 2002/2003 dignità didattica e professionale, secondo gli ex livelli di provenienza dal Comparto Scuola - ex livello VIII ed ex VII e VI bis -. Prevede la verifica della produzione didattica ed artistica per i professori che, ogni tre anni, dovranno presentare una relazione, sul lavoro svolto, al Consiglio accademico dell’Istituzione, il quale riferirà al Dipartimento del MIUR. Divide il personale tecnico e amministrativo in quattro aree comprendenti ciascuna uno o più profili professionali, secondo criteri di flessibilità correlati alle innovazioni organizzative. Il sistema classificatorio del personale del Comparto determina uno degli elementi di maggiore novità di questo testo. Il beneficio economico medio pro capite di Comparto è di circa 155 euro mensili a regime. |
8 marzo 2005 L’ipotesi modifica il CCNQ 3 agosto 2004 per Accordi quadro i comparti e consegue alla modifica del CCNQ 23 Personale dei livelli settembre 2004 di definizione delle aree dirigenziali. Ipotesi di CCNQ per Nell’accordo di settembre 2004, i ricercatori la modifica del CCNQ e i tecnologi delle Istituzione e degli Enti di ricerca del 3 agosto 2004 per erano stato collocati in apposite separate sezioni la ripartizione delle rispettive aree dirigenziali per effetto dei distacchi e permessi della Legge n. 145/2002 il cui art. 7 modificava alle organizzazioni l’art. 40 del D.Lgs. n. 165/2001. sindacali rappresentative La Finanziaria del 2005 (Legge n. 311/2004) |
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EVENTO CONTENUTO/NOTE |
nei comparti nel biennio ha disposto l’eliminazione, dall’art. 40 sopra citato, 2004 - 2005 del solo inciso relativo ai ricercatori e tecnologi. Nel testo dell’ipotesi di modifica, sottoscritto prendendo atto di tale eliminazione, le parti negoziali hanno: - soppresso il riferimento alle predette figure, che sono state riassegnate al personale del relativo comparto; - preso atto del nuovo contingente; - ricalcolato il contingente dei distacchi sindacali ed operato una diversa distribuzione dei permessi distribuiti. |
8 marzo 2005 Le parti negoziali hanno preso atto della disposizione Accordi quadro contenuta nella Legge finanziaria 2005 (L. n. 311/2004) Dirigenza relativa ai ricercatori ed ai tecnologi degli Enti Ipotesi di accordo di Ricerca e Sperimentazione ed hanno concordato collettivo quadro per di sottoscrivere l’ipotesi di cui a margine che la modifica dell'accordo modifica il precedente CCNQ. quadro del 23 settembre La modifica consiste nella soppressione delle parole 2004 relativo relative a questa categoria di personale che viene alla definizione riassegnata al relativo comparto. delle autonome aree Questo personale era stato incluso, per effetto di contrattazione del D.Lgs. n. 165/2001, in una separata sezione della dirigenza per il della relativa area di contrattazione della dirigenza. quadriennio 2002 - 2005 |
15 marzo 2005 L’accordo nazionale quadro distribuisce Accordi quadro le prerogative sindacali nelle Aree della dirigenza Dirigenza e ne individua le Organizzazioni sindacali Ipotesi di CCNQ per rappresentative per il biennio 2004-2005. la ripartizione dei distacchi e permessi alle Organizzazioni sindacali rappresentative nelle aree della dirigenza nel biennio 2004 - 2005 |
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PROVVEDIMENTI PUBBLICATI
PERIODO ESAMINATO: 20 GENNAIO – 16 APRILE
Decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 2004 “Autorizzazione all’assunzione di personale presso le università” (G.U. 24 gennaio 2005 n. 18)
Ripubblicazione del testo della legge 30 dicembre 2004, n. 311, recante:
“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005), corredato delle relative note”.
(G.U. 27 gennaio 2005 n. 21, S.O. n. 9)
Ministero della giustizia:
Mancata conversione del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 280, recante
“Interventi urgenti per fronteggiare la crisi di settori economici
e per assicurare la funzionalità di taluni settori della pubblica amministrazione”.
(G.U. 29 gennaio 2005 n. 23)
Decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7
“Disposizioni urgenti per l’università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, nonché per semplificare gli adempimenti relative a imposte
di bollo e tasse di concessione”.
(G.U. 31 gennaio 2005 n. 24)
ARAN Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
“Interpretazione autentica degli articoli 59, comma1, e 56 del Contratto collettivo nazionale di lavoro 1998-2001 del personale non dirigente del comparto università, sottoscritto in data 9 agosto 2000”.
(G.U. 2 febbraio 2005 n. 26)
Comunicato relativo al decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7 recante:
“Disposizioni urgenti per l’università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità
dei pubblici dipendenti, nonché per semplificare
gli adempimenti relative a imposte di bollo e tasse di concessione”.
(G.U. 2 febbraio 2005 n. 26)
Circolare 3 febbraio 2005, n. 4/05 (Ministero del lavoro e delle politiche sociali)
“Lavoro intermittente, articoli 33 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276,. Chiarimenti e indicazioni operative”.
(G.U. 10 febbraio 2005 n. 33)
Direttiva 4 gennaio 2005 (Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie)
“Linee guida in materia di digitalizzazione dell’amministrazione”.
(G.U. 12 febbraio 2005 n. 35)
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ARAN Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
“Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto università per il quadriennio normativo 2002-2005 e il biennio economico 2002-2003”.
(G.U. 14 febbraio 2005 n. 36, S.O. n. 20)
ARAN Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
“Sequenza contrattuale relativa all’articolo 142, comma 4, del CCNL 24 luglio 2003, relativo al personale del comparto scuola”.
(G.U. 16 febbraio 2005 n. 38)
Decreto 29 novembre 2004 (Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca)
“Ripartizione del Fondo agevolazioni ricerca per l’anno 2004”.
(G.U. 24 febbraio 2005 n. 45)
Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 2004
“Autorizzazione all’assunzione di personale presso il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca”.
(G.U. 1° marzo 2005 n. 49)
Decreto 15 dicembre 2004 (Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca)
“Equipollenza delle lauree in scienze economiche statistiche e sociali e economia per le arti, la cultura e la comunicazione alla laurea
in economia e commercio, ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi”.
(G.U. 8 marzo 2005 n. 55)
Decreto 15 dicembre 2004 (Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca)
“Integrazione del decreto interministeriale 5 maggio 2004, concernente l’equiparazione del corso di laurea in economia per le arti, la cultura
e la comunicazione vecchio ordinamento alla classe 84/S delle lauree specialistiche (LS), ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi”.
(G.U. 8 marzo 2005 n. 55)
ARAN Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni
Contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto delle Istituzioni di Alta Formazione e Specializzazione Artistica e Musicale per il quadriennio normativo 2002-2005 e il biennio economico 2002-2003”.
(G.U. 8 marzo 2005 n. 55, S.O. n. 30)
Circolare 22 febbraio 2005, n. 7/05 (Ministero del lavoro e delle politiche sociali)
“Disciplina della somministrazione di lavoro”.
(G.U. 14 marzo 2005 n. 60)
Decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35
“Disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”.
(G.U. 16 marzo 2005 n. 62)
Decreto Legislativo 28 febbraio 2005, n. 42
“Istituzione del sistema pubblico di connettività e della rete internazionale della pubblica amministrazione,
a norma dell’articolo 10, della legge 29 luglio 2003, n. 229”.
(G.U. 30 marzo 2005 n. 73)
Legge 31 marzo 2005, n. 43
“Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 2005,
n. 7, recante disposizioni urgenti per l’università e la ricerca, per i beni e le attività
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culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, nonché per semplificare gli adempimenti
relativi a imposte di bollo e tasse di concessione.
Sanatoria degli effetti dell’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 280”.
(G.U. 1 aprile 2005 n. 75)
Decreto-legge 31 marzo 2005, n. 45
“Disposizioni urgenti per la funzionalità dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”.
(G.U. 1 aprile 2005 n. 75)
Testo del decreto-legge 31 gennaio 2005, n. 7, coordinato con la legge di conversione 31 marzo 2005, n. 43, recante:
“Disposizioni urgenti per l’università e la ricerca, per i beni e le attività culturali, per il completamento di grandi opere strategiche, per la mobilità dei pubblici dipendenti, e per semplificare gli adempimenti relativi a imposte di bollo e tasse di concessione, nonché altre misure urgenti. Sanatoria degli effetti
dell’articolo 4, comma 1, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 280”.
(G.U. 1 aprile 2005 n. 75)
Decreto 31 marzo 2005 (Istituto superiore di sanità)
“Modifica del decreto 3 ottobre 2002, concernente il regolamento recante norme per il reclutamento del personale dell’Istituto superiore di sanità
e sulle modalità di conferimento degli incarichi e delle borse di studio”.
(G.U. 9 aprile 2005 n. 82)
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ATTIVITÀ PARLAMENTARE
SITUAZIONE AL 18 APRILE
Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale
(A.C. 5736)
Assegnato alle Commissioni Riunite Affari costituzionali (I), Bilancio, Tesoro e Programmazione (V) in sede referente non ancora in esame
Disposizioni in materia di contratti di formazione lavoro per i medici specializzandi
(A.C. 5659)
Assegnato alla Commissione Affari sociali (XII) in sede referente non ancora in esame
Delega al Governo per il riordino della normativa
in tema di tutela dei rischi da lavoro e per l’emanazione del testo unico delle disposizioni per la tutela sociale dei lavoratori
contro infortuni e malattie professionali
(A.C. 5611)
Assegnato alla Commissione Lavoro pubblico e privato (XI) in sede referente non ancora in esame
Modifica all’articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, in materia di partecipazione agli organi universitari
dei professori collocati in aspettativa
(A.C. 5607)
Assegnato alla Commissione Cultura, Scienza e Istruzione (VII) in sede referente non ancora in esame
Disposizioni in materia di diritto al lavoro dei disabili e di assegnazione delle supplenze
(A.C. 5604)
Assegnato alla Commissione Lavoro pubblico e privato (XI) in sede referente non ancora in esame
Concessione di benefici previdenziali al personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco esposto all’amianto
(A.C. 5596)
Assegnato alla Commissione Lavoro pubblico e privato (XI) in sede referente non ancora in esame
Modifica all’articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, in materia di assunzioni obbligatorie
(A.C. 5554)
Assegnato alla Commissione Lavoro pubblico e privato (XI) in sede referente non ancora in esame
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Disposizioni per l’inquadramento nel ruolo della carriera dirigenziale del personale in servizio nelle università con qualifica
di direttore amministrativo del ruolo ad esaurimento o equiparata
(A.C. 5536)
Assegnato ala Commissione Affari costituzionali (I) in sede referente non ancora in esame
Disposizioni per garantire l’autonomia professionale della dirigenza scolastica
(A.C. 5502)
Assegnato ala Commissione Affari costituzionali (I) in sede referente non ancora in esame
Istituzione dei Servizi dipartimentali di psicologia nelle aziende sanitarie locali e ospedaliere
(A.C. 5473)
Assegnato alla Commissione Affari sociali (XII) in sede referente non ancora in esame
Modifiche all’articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro
e le malattie professionali
(A.C. 5472)
Assegnato alla Commissione Lavoro pubblico e privato (XI) in sede referente non ancora in esame
Modifiche alla disciplina della contribuzione obbligatoria
per i medici, i farmacisti e i veterinari con rapporto di lavoro dipendente, che non esercitano la professione.
E per quelli senza rapporto di lavoro in atto
(A.C. 5460)
Assegnato alla Commissione Lavoro pubblico e privato (XI) in sede referente non ancora in esame
Riconoscimento del diritto di cumulo delle indennità integrative speciali per i percettori di più trattamenti pensionistici
(A.C. 5452)
Assegnato alla Commissione Lavoro pubblico e privato (XI) in sede referente non ancora in esame
Delega al Governo per la disciplina dell’ordinamento della carriera dirigenziale penitenziaria
(A.C. 5141)
All’esame dell’Assemblea
Conversione in legge del decreto-legge 31 marzo 2005, n. 45, recante disposizioni urgenti per la funzionalità dell’Amministrazione della pubblica sicurezza, delle Forze di polizia
e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco
(A.S. 3368)
All’esame della Commissione Affari costituzionali (I) in sede referente
Conversione in legge del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale
(A.S. 3344)
All’esame della Commissione Bilancio (V) in sede referente
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Ripristino delle disposizioni riguardanti il tempo pieno
(A.S. 3330)
All’esame della Commissione Istruzione pubblica, Beni culturali (VII) in sede referente
Modifica alla norma sui limiti di età per la partecipazione ai pubblici concorsi
(A.S. 3325)
Assegnato alla Commissione Affari costituzionali (I) in sede referente non ancora in esame
Nuove norme in materia di attività libero-professionale extramuraria del personale dirigente medico
(A.S. 3317)
Assegnato alla Commissione Igiene e Sanità (XII) in sede referente non ancora in esame
Definizione della funzione pubblica internazionale
e tutela dei funzionari italiani dipendenti da organizzazioni internazionali e dalla Unione europea
(A.S. 3286)
Assegnato alla Commissione Affari costituzionali (I) in sede referente non ancora in esame
Istituzione del reddito sociale minimo
(A.S. 3279)
Assegnato alla Commissione Lavoro, Previdenza sociale (XI) in sede referente non ancora in esame
Norme per il pensionamento dei genitori che assistono figli disabili in condizioni di gravità
(A.S. 3272)
Assegnato alla Commissione Lavoro, Previdenza sociale (XI) in sede referente non ancora in esame
Norme interpretative in materia di rideterminazione della pensione per i dipendenti pubblici a seguito di proscioglimento
nei procedimenti penali
(A.S. 3258)
Assegnato alla Commissione Affari costituzionali (I) in sede referente non ancora in esame
Norme per contrastare il fenomeno del mobbing
(A.S. 3255)
All’esame della Commissione Lavoro, Previdenza sociale (XI) in sede referente
Introduzione nel codice penale del reato di violenza morale in ambito lavorativo
(A.S. 3253)
Assegnato alla Commissione Giustizia (II) in sede referente non ancora in esame
Immissione in ruolo dei dirigenti scolastici
(A.S. 3249)
Assegnato alla Commissione Istruzione pubblica, Beni culturali (VII) in sede referente non ancora in esame
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Integrazione del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, recante disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53
(A.S. 3231)
Da assegnare
Nuove disposizioni in materia di controversie di lavoro
(A.S. 3217)
Assegnato alla Commissione Affari costituzionali (I) in sede referente non ancora in esame
Riconoscimento della qualifica di “lavoro usurante” per le categorie infermieristiche
(A.S. 3192)
Assegnato alla Commissione Igiene e Sanità (XII) in sede referente non ancora in esame
Norme in materia di idoneità a professore associato
(A.S. 2827)
Assegnato alla Commissione Istruzione pubblica, Beni culturali (VII) in sede referente non ancora in esame
Interventi urgenti per il raggiungimento entro il 2010 degli obiettivi
della Conferenza di Lisbona in materia di partecipazione al lavoro delle donne, nonché nuove norme per l’attuazione dell’articolo 51 della Costituzione
(A.S. 2778)
Assegnato alla Commissione Lavoro, Previdenza sociale (XI) in sede referente non ancora in esame
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OSSERVATORIO ARAN DI GIURISPRUDENZA
Si rammenta che costituiscono oggetto dell’osservatorio giurisprudenziale tanto le sentenze direttamente attinenti al pubblico impiego, quanto quelle relative al privato nella misura in cui esprimano principi generali del diritto del lavoro.
DEQUALIFICAZIONE
Corte dei Conti, sezione giurisdizionale del Veneto, sentenza n. 1051/2003
Pubblico impiego –
attribuzione di mansioni inferiori
Comporta danno erariale l’applicazione, senza che vi sia alcuna valida motivazione, di un dipendente a mansioni appartenenti ad una qualifica inferiore, pur non essendone stata intaccata la retribuzione per la qualifica posseduta.
L’entità del danno consiste nella differenza tra la retribuzione percepita dal dirigente oggetto della dequalificazione e la retribuzione teoricamente spettante per lo svolgimento dei compiti dequalificanti.
Dopo la pronuncia del Tribunale di Lecce
n. 672/2003, secondo la quale si configura il reato di abuso d’ufficio nel far espletare mansioni inferiori alla qualifica posseduta, la Corte dei conti, con la sentenza
n. 1051/2003 della sezione giurisdizionale per il Veneto, ha affermato che comporta danno erariale l’applicazione, senza alcuna valida motivazione, di un dipendente
a mansioni appartenenti ad una qualifica inferiore, pur continuando a retribuirlo per la qualifica posseduta. Di tale danno devono considerarsi responsabili
gli amministratori di vertice della pubblica amministrazione presso cui è incardinato il dipendente.
L’attore aveva adito il giudice del lavoro di Vicenza al fine di ottenere
un provvedimento cautelare di reintegra nelle funzioni precedentemente svolte.
Il Tribunale di Vicenza ordinava
alla Provincia di reintegrare il ricorrente nelle proprie mansioni o in mansioni equivalenti. Le nuove mansioni affidate - ritenute non equivalenti a quelle stabilite dal contratto di lavoro dell’11 luglio 1997 - determinavano la contestazione
del decreto di assegnazione dei nuovi compiti ed un nuova azione presso
il Tribunale di Vicenza, che, con sentenza
n. 187/2000, accertato il diritto dello stesso a svolgere le mansioni per le quali era stato assunto ovvero altre professionalmente equivalenti, condannava la provincia
di Vicenza a risarcire il danno derivante dall’accertata dequalificazione professionale, danno che veniva liquidato, in via equitativa, in complessive lire 54.500.000, oltre spese di lite.
La vicenda oggetto del giudizio scaturisce dagli atti trasmessi dal Tribunale civile
di Vicenza alla procura contabile requirente, su impulso dell’amministrazione provinciale, ritenendo, quest’ultima,
che le fosse derivato un danno indiretto in considerazione delle somme pagate dall’Amministrazione provinciale
a seguito delle azioni giudiziarie promosse dall’ingegnere, oltre che un danno
da disservizio dell’amministratore
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di vertice per la non corretta utilizzazione del personale. Preliminarmente,
il collegio contabile, nel richiamare
il disposto normativo dell’art. 36, comma 5-ter della Legge n. 142/90, ha acclarato come la definizione degli incarichi
dei dirigenti sia stata riservata dal legislatore all’organo di vertice dell’amministrazione territoriale, ossia nel caso di specie,
al presidente della provincia. Non è, tuttavia, altresì esente da responsabilità amministrativa, avendo operato a titolo di negligenza, anche il dirigente
responsabile dell’area presso cui l’appellante aveva ottenuto dal Tribunale la reintegra.
Negligenza scaturita da una serie
di interventi determinati dalla necessità di trovare una qualificazione al dirigente, piuttosto che dall’intento di assicurare
la puntuale esecuzione dell’ordinanza di reintegra del Tribunale di Vicenza, facendo configurare, sotto tale profilo, una grave violazione del dovere
di adempiere con diligenza ai doveri di servizio.
Atteso che il contenzioso instaurato dal dirigente dequalificato si era risolto
in modo sfavorevole per l’amministrazione, ciò avrebbe dovuto spingere l’organo
di vertice dell’ente provinciale ad una più diligente sorveglianza, accertabile attraverso la puntuale assunzione
di nuove iniziative dirette all’attribuzione delle mansioni appropriate, ovvero
alla costante sollecitazione del dirigente incaricato a provvedere, in modo più adeguato, a quanto richiesto dall’ordinanza di reintegra emessa
dal Tribunale. Per quanto riguarda la condotta del dirigente, incaricato all’esecuzione del provvedimento
di reintegra, il collegio ha riconosciuto in questa palesi elementi di colpa grave, in quanto lo stesso ha attribuito incarichi per nulla equivalenti a quelli riconosciuti in antecedenza, in un contesto
nel quale, secondo un criterio di buona amministrazione, si sarebbe dovuto operare con l’adozione di provvedimenti più meditati e coerenti.
Di conseguenza, tanto il presidente dell’ente provinciale come l’alto dirigente sono stati condannati a rifondere all’erario l’ammontare del danno, in parti uguali, valutando di pari entità il loro
apporto alla produzione del danno,
la differenza tra la retribuzione percepita dal dirigente oggetto della dequalificazione e la retribuzione teoricamente spettante per lo svolgimento dei compiti dequalificanti.
Cassazione Sezione Lavoro n. 8589 del 5 maggio 2004
Comporta dequalificazione la riduzione dei poteri decisionali di un dirigente
e può costituire giusta causa di dimissioni.
Xxxxxxxxx X., dipendente della banca
S.p.A. SanPaolo IMI con qualifica
di dirigente, ha svolto sino all’ottobre 1997 le mansioni di direttore della sede milanese e di direttore centrale preposto all’area di Milano. Successivamente l’azienda lo ha privato dell’incarico
di capo area di Milano assegnandogli le mansioni di vicario del direttore
di un’altra area; egli ha lasciato l’incarico di direttore della sede milanese,
ma con riduzione dei poteri di materia di concessione di crediti. In seguito a ciò egli si è dimesso senza preavviso.
L’azienda gli ha trattenuto, sulle spettanze di fine rapporto, una somma pari all’indennità sostitutiva del preavviso.
Egli ha chiesto al Pretore di Milano di dichiarare illegittima la trattenuta e di condannare la banca a pagargli l’indennità sostitutiva del preavviso, sostenendo di avere subito
una dequalificazione tale da costituire giusta causa di dimissioni, in base
all’art. 2119 cod. civ.. L’azienda ha negato l’esistenza della giusta causa, facendo presente che Xxxxxxxxx X. era rimasto direttore della sede di Milano, incarico corrispondente alla sua qualifica.
Il Pretore ha accolto le domande
in quanto ha ritenuto che i nuovi compiti assegnati al dirigente fossero meno importanti dei precedenti e che i suoi poteri decisionali avessero subito
una riduzione in ampiezza.
La Corte di Appello di Milano ha confermato
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questa decisione e la sua motivazione.
La banca ha proposto ricorso per cassazione censurando la sentenza della Corte
di Appello per falsa applicazione dell’art. 2119 cod. civ. e per difetto di motivazione. La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 8589 del 5 maggio 2004, Pres. Xxxxx,
Rel. Lamorgese) ha rigettato il ricorso. La sentenza impugnata – ha osservato la Corte – ha correttamente affermato
la dequalificazione di Xxxxxxxxx X. in base alla riduzione dei suoi poteri
e al mutamento sostanziale in peius del suo ruolo di dirigente, derivanti
dal passaggio da una posizione di vertice all’incarico di vicario della nuova area
di Milano, con il mantenimento dell’altro incarico di direttore di sede, ma con facoltà ridotte nella concessione dei fidi alla clientela. La Cassazione ha ricordato la sua giurisprudenza secondo cui, nell’accertamento della dequalificazione, deve farsi riferimento all’incidenza
della riduzione delle mansioni sul livello professionale raggiunto dal dipendente e sulla sua collocazione nell’ambito aziendale (Cass. 19 maggio 2001 n. 6856, Cass. 4 agosto n. 10284); per il dirigente – ha affermato la Corte – occorre considerare anche la rilevanza del ruolo,
tenendo conto che determinate mansioni per la loro elevatezza non sono suscettibili di essere svolte da più lavoratori senza scadimento del proprio livello qualitativo.
Cassazione Sezione Lavoro n. 16183 del 18 agosto 2004
Attribuzione di mansioni inferiori. L’attribuzione di nuove mansioni, pur rientranti nella medesima area
contrattuale, può comportare
dequalificazione. Le nuove mansioni possono considerarsi equivalenti
alle ultime effettivamente svolte soltanto ove risulti tutelato il patrimonio professionale del lavoratore, anche nel senso che
la nuova collocazione gli consenta di utilizzare, ed anzi di arricchire,
il patrimonio professionale acquisito con lo svolgimento della precedente attività lavorativa, in una prospettiva dinamica
di valorizzazione della capacità
di arricchimento del proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze.
La fattispecie, in concreto, vede
una dipendente della s.p.a. Poste Italiane, assunta come coadiutore (4^ categoria), la quale ha svolto per alcuni mesi le mansioni, previa frequenza di corsi
di formazione professionale, dal settembre 1993 al maggio 1996, di operatore terminalista e dal 1^ agosto 1996 di addetta allo sportello, con inquadramento
nella sesta categoria. Successivamente, per contratto collettivo, i dipendenti della quarta categoria sono stati collocati
in un’area operativa comprendente anche i lavoratori già appartenenti alla quinta
e sesta categoria con previsione
di intercambiabilità del personale tra i vari settori operativi.
In seguito a ciò, la s.p.a. Poste Italiane ha trasferito la suddetta all’ufficio arrivi, destinandola a mansioni di smistamento della posta. La lavoratrice ha impugnato il provvedimento davanti al Tribunale
di Agrigento sostenendo di avere subito una dequalificazione, perché le nuove mansioni, inadeguate alla sua professionalità, in quanto comportavano attività meramente manuale e avrebbero causato la perdita della capacità professionale acquisita.
L’azienda si è difesa sostenendo di avere correttamente applicato il contratto collettivo, deducendo che l’accorpamento in un’unica area (Area operativa)
delle mansioni proprie delle qualifiche 4^, 5^ e 6^, impediva il riconoscimento
di un inquadramento superiore nell’Ipotesi di espletamento di compiti rientranti all’interno dell’area stessa.
Il Tribunale di Agrigento ha ritenuto fondata la domanda proposta dalla lavoratrice ravvisando, nel provvedimento aziendale, una violazione dell’art. 2103 cod. civ., che tutela la professionalità acquisita dal dipendente.
La s.p.a. Poste Italiane ha proposto ricorso in appello e la Corte di Appello
di Agrigento accoglieva l’appello della
s.p.a. Poste Italiane e rigettava l’originaria
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domanda della dipendente.censurando la decisione del Tribunale per falsa applicazione dell’art. 2103 cod. civ.
La Suprema Corte ha rigettato il ricorso confermando la sua giurisprudenza secondo cui il divieto di modificazione in peius delle mansioni opera anche quando al lavoratore, nella formale equivalenza dei precedenti e dei nuovi compiti, siano assegnate, di fatto,
mansioni sostanzialmente inferiori, sicché nell’indagine circa tale equivalenza non
è sufficiente il riferimento in astratto al livello di categoria ma è necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti alla specifica competenza
del dipendente, salvaguardandone il livello professionale acquisito
e garantendo lo svolgimento
e l’accrescimento delle sue capacità professionali. A tal fine – ha affermato
la Corte – l’indagine del giudice di merito deve essere rivolta a verificare i contenuti concreti dei compiti precedenti e di quelli nuovi onde stabilire se siano assegnate
di fatto mansioni sostanzialmente inferiori, sicché nell’indagine circa tale equivalenza non è sufficiente
il riferimento in astratto al livello
di categoria ma è necessario accertare che le nuove mansioni siano aderenti
alla specifica competenza del dipendente, salvaguardandone il livello professionale acquisito e garantendo lo svolgimento
e l’accrescimento delle sue capacità professionali. L’indagine del giudice
di merito – ha precisato la Corte – deve essere rivolta a verificare i contenuti concreti dei compiti precedenti e di quelli nuovi onde formulare il giudizio
di equivalenza, da fondare sul complesso della contrattazione collettiva
e delle determinazioni aziendali.
Cassazione, sezione lavoro, sentenza del 16 agosto 2004, n. 15955
Per determinare l’ammontare del risarcimento da danno da demansionamento, il giudice può determinarne l’entità in via equitativa, anche presuntiva, in base ad elementi come la durata della dequalificazione
e circostanze attinenti al caso concreto, purché motivandolo.
Di fronte ad un caso di accertato
demansionamento professionale
del lavoratore in violazione dell’art. 2103 cod. civ., il giudice del merito può dedurre l’esistenza del relativo danno, determinandone anche l’entità in via equitativa, con processo logico-giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla durata della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto e con apprezzamento di fatto incensurabile in cassazione
se adeguatamente motivato.
In generale, l’esigenza, poi, di motivazione sull’ammontare del danno, liquidato equitativamente è soddisfatta
da indicazioni di congrue, anche se sommarie, ragioni del processo logico in base al quale si è pervenuto alla sua adozione, come il riferimento all’entità della retribuzione risultante dalle buste paga prodotte in giudizio.
Quel che si richiede, tuttavia, è che
la valutazione sia agganciata ad elementi concreti e che la motivazione
della decisione indichi il processo logico e valutativo seguito. E’ pacifico che
la durata del demansionamento sia
un fattore di aggravamento del danno, sicché essa rientra nel novero di quegli elementi che è ragionevole considerare ai fini della relativa liquidazione.
La professionalità non deve, poi, essere letta solo in funzione statica, ma, soprattutto, in funzione dinamica,
dal momento che, come ci insegna
la Corte di Cassazione, il lavoro non è merce, ma è funzionale alla elevazione morale, professionale ed economica del lavoratore. Se il lavoro non è merce e se, senza esasperare il concetto
di immanenza, si tratta della tutela
della persona, il che significa che bisogna assecondarne il percorso evolutivo professionale.
L’anzianità di servizio, sinonimo, in linea di massima, di esperienza professionale, è anch’essa parametro non irragionevole, perché essendo normalmente
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accompagnata da migliore qualità della prestazione, rende ancora più marcato il divario tra i compiti che sulla base del formale inquadramento il dipendente avrebbe potuto svolgere e quelli concretamente assegnatigli.
A proposito di dequalificazione
L’art. 2103 c.c. prevede che l’equivalenza delle mansioni debba essere accertata attraverso il controllo del relativo sostanziale contenuto professionale.
Oggetto della tutela normativa non è soltanto il livello formale
di inquadramento ma anche
la professionalità, come diritto alla conservazione ed all’accrescimento del corredo di nozioni ed esperienze acquisite dal lavoratore nella pregressa fase del rapporto; la conservazione
ed il miglioramento della professionalità, tuttavia, non si identificano con l’interesse del lavoratore ad esprimere il massimo delle sue capacità lavorative, interesse che rimane estraneo alla lettera ed alle ragioni normative dell’art. 2103 c.c.
(Cass. 11/6/2003 n. 9408, Pres. Xxxxx, Rel. Cuoco, in Lav. nella giur. 2004, 129, con commento di Xxxxxxxxx Xxxxxxx) –
si potrebbe dire, a questo riguardo, che la conservazione e il miglioramento della professionalità è in funzione e deve essere utile anche per le esigenze datoriali e non tanto, o non solo,
in relazione alle aspirazioni singole del lavoratore.
In tema di jus variandi del datore
di lavoro, il divieto di variazioni in peius opera quando al lavoratore, pur restando inalterata la sua collocazione
nella organizzazione gerarchica dell’impresa e la sua retribuzione, siano assegnate di fatto mansioni sostanzialmente inferiori, sicché nell’indagine, circa tale equivalenza, non è sufficiente
il riferimento in astratto all’inquadramento formale, ma è necessario accertare che
le nuove mansioni siano aderenti
alla specifica competenza del dipendente,
salvaguardandone il livello professionale acquisito e garantendo lo svolgimento
e l’accrescimento delle sue capacità professionali, con le conseguenti prospettive di miglioramento professionale.
In conclusione, si può affermare che le nuove mansioni siano equivalenti
alle ultime effettivamente svolte soltanto ove risulti tutelato il patrimonio professionale del lavoratore, anche
nel senso che la nuova collocazione gli consenta di utilizzare, ed anche
di arricchire, il patrimonio professionale precedentemente acquisito, in una prospettiva dinamica di valorizzazione delle capacità di arricchimento
del proprio bagaglio di conoscenze ed esperienze.
Sulla base di tale principio di diritto
è stata cassata la sentenza della Corte
di Appello di Palermo che aveva ritenuto che la lavoratrice addetta allo sportello potesse essere assegnata a compiti
di portalettere, in quanto formalmente inquadrati nello stesso livello contrattuale e pattiziamente dichiarati dagli agenti contrattuali equivalenti.
(Cass. 18/08/2004, n. 16183).
La fonte regolatrice dell’ipotesi di cambiamento di mansioni
di un dipendente pubblico non è, tuttavia, immediatamente riconducibile
all’art. 2103 c.c., bensì all’art. 52, X.Xxx
n. 165/2001 che al primo comma prevede un mutamento di prospettiva rispetto all’art. 2103 c.c., ovvero che il prestatore di lavoro debba essere adibito
alle mansioni per le quali sia stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi. (Trib. Milano 27/3/2002, Est. Xxxxx xxxxx Xxxxx, in Lav. nella giur. 2003, 90).
Xxxxx si ritiene che, in tal modo,
sia protetta più la professionalità tipizzata in un certo inquadramento contrattuale, che quella realmente posseduta
e acquisita dal singolo lavoratore (X.Xxxxxx, Lo ius variandi , in Commentario Carinci D’Xxxxxx, Tomo II, 1551).
Il concetto di equivalenza, da solo, riesce a garantire un adeguato livello di flessibilità nella mobilità interna del personale,
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consentendo al datore di lavoro di adibire il dipendente ad altre mansioni nel rispetto della professionalità, ma impedisce tuttavia al giudice di intervenire – come invece può fare nel rapporto di lavoro privato – sul caso concreto per valutare l’omogeneità o meno delle mansioni, indipendentemente da quanto sancito dalla contrattazione collettiva, in tal senso il Tribunale di Taranto (ord.), 11/5/200,
XXX, 0000, 630, in senso contrario
la sentenza del Tribunale di Vicenza del 21/8/2001, Est. Visonà, per la quale rinviare alla contrattazione collettiva l’individuazione delle posizioni professionali equivalenti non significa affermarne l’insindacabilità, nonché
il relativo commento a sentenza di X. Xxxxx, (tutto in Lav. nella giur. N. 4/2002, 356), nel quale si sottolinea che “in effetti, il legislatore rinvia al contratto collettivo non per integrare la nozione legale
di equivalenza, bensì per introdurre
un limite diverso, rispetto all’art. 2103 c.c., ai fini della legittimità dello spostamento orizzontale. Prevedendo la possibilità dell’adibizione non a mansioni equivalenti, ma a mansioni “considerate” tali dal contratto collettivo, il legislatore ha introdotto una vera e propria deroga all’art. 2103 c.c., così da doversi ritenere ammissibile una verifica giudiziale limitata al mero rispetto – da parte del datore
di lavoro – delle previsioni contrattuali, escluso, invece, qualsiasi sindacato esteso al merito di quelle statuizioni.
La conseguente riduzione della discrezionalità giudiziale va considerata, in tal caso, positivamente non solo
per la condivisibile omogeneizzazione di trattamento che essa comporta
nella valutazione di diversi atti di esercizio dello ius variandi nei medesimi settori professionali, ma anche in considerazione del carattere di fonte privilegiata rivestito dal contratto collettivo di categoria”.
Nel procedimento d’urgenza ex art. 700, riguardante il mutamento delle mansioni del dipendente pubblico, il danno grave e irreparabile, che si configura come requisito preliminare per l’adozione
del provvedimento, deve essere valutato in concreto e non già astrattamente
in quanto, altrimenti, il periculum
ricorrerebbe indiscriminatamente in tutti i casi di spostamento ad altro incarico con mutamento delle mansioni;
per quanto riguarda la professionalità, tale periculum sussiste solo qualora si tratti
di mansioni altamente specializzate, che necessitino per loro natura di un continuo aggiornamento, con applicazione pratica a casi concreti e il cui mancato esercizio dia luogo quindi ad una perdita
di professionalità; anche per quanto concerne l’eventuale lesione all’immagine, è necessario individuare in concreto
il periculum poiché, di per sé,
lo spostamento da un incarico ad un altro non implica in alcun modo lesione
della dignità del lavoratore, non potendosi ritenere detto spostamento necessariamente punitivo e significativo di comportamenti riprovevoli.
LE INCOMPATIBILITA’ DEI DIRIGENTI
Consiglio di Stato, V sezione, sentenza n. 1812 del 1° aprile 2004
L’incarico di presidente di una commissione di gara per l’aggiudicazione di un appalto di servizi può essere svolto dal dirigente
o responsabile che ha predisposto gli atti preliminari, che li approva e che xxxxxx
il provvedimento di aggiudicazione finale.
Tale importante principio riforma
il pronunciamento assunto in primo grado dal Tar Puglia, Bari, sezione 1, che con la sentenza n. 394/2003 ha disposto l’annullamento di tutti i relativi atti per la incompatibilità del dirigente
a partecipare alla procedura concorsuale.
Alla base di tale disposto stanno
le previsioni contenute nella Legge
n. 109/94 che, all’articolo 21, comma 5, dispone che i componenti delle commissioni di gara “non debbono aver svolto e non possono svolgere alcuna altra funzione
o incarico tecnico o amministrativo
e non possono far parte di organismi che abbiano funzioni di vigilanza e controllo
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rispetto ai lavori”. Nel caso specifico, il bando di gara per l’affidamento dell’appalto del servizio di raccolta
e di smaltimento dei rifiuti, prevedeva che la nomina della commissione “sarebbe avvenuta in analogia con le disposizioni sui lavori pubblici, se ed in quanto applicabili”. La sentenza evidenzia che le disposizioni della Legge n. 109/94 sono in contrasto con quanto stabilito dal Testo Unico
delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, D.Lgs. n. 267/2000, articolo 107, che “con xxxxx xxxxxx impone ai dirigenti
di presiedere le commissioni di gara
e di concorso assumendo la responsabilità delle relative procedure.
E ancora, lo stesso Testo Unico, all’art. 97, prevede che la responsabilità della fase preparatoria del procedimento e quello della sua conclusione facciano capo allo stesso dirigente”. Così la Legge n. 241/90 quando, in linea generale, statuisce che il dirigente sia anche responsabile
del procedimento. Tali disposizioni disegnano un modello di funzionamento delle pubbliche amministrazioni caratterizzato dalla logica del risultato, valutato in termini di efficienza, rendimento e regolarità amministrativa
e contabile, riducendo i controlli formali da parte di soggetti interni ed esterni.
Sulla base di tale modello si arriva
alla conclusione che “il regime giuridico della loro responsabilità ordinato
sulla valutazione del risultato conseguito e non sulla correttezza dei singoli atti compiuti e, quindi, coerentemente con tale impostazione, essi sono dotati di tutti i poteri che possono direttamente incidere sulla efficienza della loro azione amministrativa”. Esse prevalgono
sulla disposizione di carattere generale prevista nella Legge n. 109/94.
Tale decisione consolida gli orientamenti del Consiglio di Stato, alla luce anche della sentenza 6642 del 29 marzo, laddove si stabilisce la compatibilità, in una gara d’appalto per l’aggiudicazione
di un lavoro pubblico, tra il ruolo di presidente della commissione
aggiudicatrice e l’approvazione dei verbali della stessa. La motivazione essenziale
è costituita dal fatto che l’approvazione degli atti di una gara d’appalto costituisce l’atto finale del procedimento
di aggiudicazione.
Mentre la disposizione della Legge n.109/94 “sanziona la incompatibilità tra
i membri della commissione e coloro che saranno chiamati a far parte degli organismi di vigilanza e controllo sulla procedura
di gara unicamente in relazione
alla successiva fase esecutiva dell’appalto e, segnatamente, alla successiva fase della approvazione del contratto”.
I POTERI ISTRUTTORI DEL GIUDICE DEL LAVORO
Cassazione civile Sentenza, Sez. SS.UU., 17/06/2004, n. 11353
Processo del lavoro; ammissione d’ufficio di mezzi di prova; i poteri istruttori del giudice del lavoro
I poteri d’ufficio del giudice del lavoro possono essere esercitati pur in presenza di già verificatesi decadenze e preclusioni e pur in assenza di una esplicita richiesta delle parti in causa, inoltre, il giudice -
in presenza degli atti sanitari prescritti dall’art. 4 del D.P.R. n. 303/56 e dall’art. 16 del D.Lgs. n. 626/94, alla cui tenuta è obbligato il datore di lavoro, non può respingere la domanda adducendo
il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte dell’attore, ma deve valutare se gli accertamenti compiuti dal datore di lavoro forniscano di per sé la prova della sussistenza degli elementi
richiesti per il beneficio ed, in mancanza, disporre tutte le più opportune indagini di carattere tecnico.
Nella domanda per equo indennizzo,
la “causa di servizio” richiede unicamente
- diversamente da quanto è dato riscontrare in relazione alla rendita da malattia professionale non tabellata - che le infermità dipendano dall’adempimento
degli obblighi di servizio sicché anche un espletamento dell’attività del tutto
normale può comportare il riconoscimento e la corresponsione dell’equo indennizzo.
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Nel rito del lavoro, rispetto al rito ordinario, l’esercizio dei poteri d’ufficio è più accentuato dato il disposto dell’art. 421 comma 2 c.p.c. (il giudice può “disporre d’ufficio in qualsiasi momento l’ammissione di ogni mezzo di prova, anche al di fuori dei limiti stabiliti
dal codice civile”). Per quanto riguarda il concreto esercizio di detti poteri secondo Xxxx. 11353/2004 anche a voler riconoscere ai poteri istruttori carattere discrezionale, essi - proprio perché finalizzati al contemperamento
del principio dispositivo con quello della ricerca della verità materiale - non possono essere esercitati in modo arbitrario. Ne consegue che il giudice, in base a quanto previsto dall’art. 134
c.p.c. e al disposto dell’art. 111 Cost. - deve esplicitare le ragioni per le quali reputa di far ricorso all’uso dei poteri istruttori o, nonostante la specifica richiesta di una delle parti, ritiene, invece, di non farvi ricorso.
Il relativo provvedimento può, così, essere sottoposto al sindacato
di legittimità per vizio di motivazione ai sensi del n. 5 c.p.c. dell’art. 360 c.p.c.,
qualora non sia sorretto da una opportuna e razionale delucidazione in ordine
al negato accoglimento della richiesta di mezzi istruttori relativi ad un punto della controversia che, se istruito
esaurientemente, avrebbe potuto sfociare in una diversa decisione della controversia.
Lo stesso provvedimento è suscettibile di essere censurato anche ex art. 360 n. 3
c.p.c. per violazione di legge, allorquando il giudice del lavoro abbia esercitato
i poteri istruttori sulla base del proprio sapere privato, con riferimento a fatti non prodotti dalle parti e pertanto non acquisiti in modo rituale, che non siano cioè emersi attraverso il contraddittorio
delle parti, ovvero in sede di interrogatorio libero delle parti stesse (Cfr. Cass. 23 maggio 2003 n. 8220); allorquando, superando il principio della legalità
della prova, egli abbia dato via libera alle cosiddette prove atipiche, ammettendo, ad esempio, una prova contro la volontà già espressa in modo chiaro delle parti di non servirsene.
TEMPESTIVITA’
DELLA CONTESTAZIONE E DEL LICENZIAMENTO
Cassazione, sezione lavoro, Sentenza 17/02/2004, n. 3098
Procedimento disciplinare – tempestività del licenziamento in relazione alla contestazione dell’addebito
Viene meno il carattere della tempestività del licenziamento allorquando questo avvenga a distanza di oltre due mesi
dalla contestazione ed il ritardo si giustifichi con la procedura
di accertamento di sicurezza e di idoneità, condizioni già contestate e, pertanto,
non costituenti verosimili scusanti del ritardo nell’adozione del provvedimento.
Se la contestazione disciplinare per essere considerata legittima deve presentare il carattere della “immediatezza”, trovando fondamento nell’art. 7, terzo
e quarto comma, della Legge n. 300/70 che riconosce al lavoratore incolpato il diritto di difesa da garantirsi nella sua effettività al fine di consentirgli l’allestimento
del materiale difensivo (pronto riscontro delle accuse con eventuali testimonianze e documentazione) in tempi
ad immediato ridosso dei fatti contestati ed in modo che lo stesso lavoratore possa contrastare più efficacemente
il contenuto delle accuse xxxxxtegli dal datore di lavoro, con la stessa
immediatezza, alla luce della veridicità delle contestazioni, deve seguire
il licenziamento. È pacifico per cui che l’affidamento legittimo del lavoratore non può venire vanificato da una tardiva contestazione disciplinare né
da un tardivo, rispetto alla contestazione, licenziamento comportando l’esercizio
in tal senso viziato dal potere disciplinare, una preclusione per l’espletamento
di detto potere e, conseguentemente, rendendo invalida la sanzione irrogata in contrasto con il principio dell’immediatezza. L’applicazione in c.d.
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“senso relativo” del principio dell’immediatezza non può svuotare
di efficacia il principio stesso, dovendosi infatti tenere conto di quanto statuito dall’art. 7 cit. e della esigenza di una razionale amministrazione dei rapporti contrattuali secondo “buona fede”.
Pertanto, tra l’interesse del datore
di lavoro ed il diritto del lavoratore ad una pronta ed effettiva difesa, deve prevalere la posizione (ex lege tutelata)
del lavoratore. (Cass. 7/11/2003 n. 16754, Pres. Senese Rel. Balletti, in Dir. e prat. lav. 2004, 721). A seguito della contrattualizzazione del rapporto di lavoro pubblico, l’esercizio del potere disciplinare da parte della pubblica amministrazione datrice
di lavoro è governato dal diritto privato, non più dalle norme previste in tema
di pubblico impiego, né dalle regole che presidiano il procedimento amministrativo. (Cass. 16/5/2003 n. 7704, Pres. Mattone Est. X’Xxxxxxxx, in Foro it. 2003, parte prima, 2675).
L’amministrazione può individuare l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari ai sensi dell’art. 59, 4° comma, D.Lgs. n. 29/93, (ora articolo 55 D.Lgs.
n. 165/01) semplicemente affidando, attraverso un proprio regolamento, la competenza in materia di sanzioni
disciplinari ad un ufficio già esistente, come, nella fattispecie, l’ufficio personale. L’amministrazione, tuttavia, sembra desumersi dalla lettera della sentenza, può anche disporre la rinnovazione
del procedimento disciplinare, sanandone eventuali vizi formali, anche laddove
la questione della validità della sanzione disciplinare sia ancora sub iudice.
Cassazione, sezione lavoro, del 2 settembre 2004, n. 17763 .
Se alla sospensione cautelare del lavoratore non fa seguito il licenziamento, il rapporto di lavoro si ripristina, con diritto
del dipendente alla retribuzione per
il periodo di inattività, comprensiva della rivalutazione monetaria e degli interessi.
Il datore di lavoro può sospendere dal lavoro il dipendente sottoposto
a processo penale, per poi decidere se licenziarlo o meno a seconda dell’esito del giudizio. La sospensione cautelare non può mai assumere carattere sanzionatorio e non può quindi incidere sulle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro ed è destinata a cadere con l’accertamento di merito, che solo può incidere sul rapporto di lavoro.
In caso di esito positivo per il lavoratore, questi avrà diritto di essere sollevato
da tutte le conseguenze dannose derivanti dalla sospensione, in quanto la misura cautelare non può incidere sul rapporto sostanziale ed il rapporto di lavoro riprende il suo corso, a tutti
gli effetti, dal momento in cui fu sospeso.
La misura cautelare della sospensione si pone come una vera e propria condizione sospensiva della risoluzione del rapporto e come tale opera retroattivamente, con l’ulteriore
conseguenza che – in caso di avveramento della condizione – il recesso del datore
di lavoro avrà effetto dalla data
di applicazione della misura cautelare. Nel caso opposto, di mancato avveramento della condizione a seguito dell’insussistenza dei presupposti per la risoluzione del rapporto di lavoro,
il rapporto di lavoro dovrà proseguire regolarmente fin dall’inizio
della sospensione e la maturazione delle retribuzioni dovrà intendersi, con una “fictio iuris”, avvenuta di mese in mese, con le normali scadenze contrattuali. Da questi principi generali si ricava anche il diritto del lavoratore sospeso a percepire, oltre
alla retribuzione arretrata, la rivalutazione e gli interessi dalle singole scadenze
al saldo, applicandosi alla fattispecie la regola di cui all’art. 429 codice
di procedura civile.
Cassazione Sezione Lavoro del 10 agosto 2004, n. 15467.
Ai fini della valutazione dell’immediatezza della contestazione e del tempestivo esercizio dell’azione disciplinare, il ritardo nella contestazione dell’addebito non può essere giustificato dal fatto che i diretti superiori gerarchici del lavoratore abbiano
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omesso di riferire tempestivamente
agli organi titolari del potere disciplinare in ordine all’infrazione posta in essere dal dipendente.
Xxxxx X., dipendente della s.p.a. Poste Italiane, addetta alla cassa di un’agenzia pugliese, in occasione di un’ispezione avvenuta nel novembre 1998 ha riconosciuto, con dichiarazione scritta, di essersi appropriata della somma
di 15 milioni di lire in contanti custodita in cassa e di averla sostituita con suoi assegni bancari privi di copertura.
Ella ha provveduto alla restituzione della somma. Gli ispettori hanno inviato agli organi centrali la loro relazione sull’episodio nel gennaio del 1999.
La sede centrale ha comunicato le sue decisioni alla direzione regionale della Puglia nel luglio 1999.
Nel successivo mese di settembre la direzione regionale ha avviato
il procedimento disciplinare nei confronti della lavoratrice contestandole l’addebito di avere illegittimamente prelevato denaro dalla cassa affidatale. La lavoratrice è stata licenziata nel dicembre del 1999.
Ella ha impugnato il licenziamento davanti al Tribunale di Foggia, sostenendone fra l’altro l’illegittimità per tardiva contestazione dell’addebito.
Il Tribunale ha rigettato la domanda,
ma la sua decisione è stata integralmente riformata dalla Corte di Appello di Bari che ha annullato il licenziamento.
La Corte ha rilevato che sin dal novembre 1998 l’azienda era informata del fatto
e che il ritardo di circa un anno nella contestazione dell’addebito non poteva ritenersi giustificato. La s.p.a. Poste Italiane ha proposto ricorso per Cassazione, censurando la Corte
di Appello di Bari per non avere tenuto conto della complessità della sua organizzazione imprenditoriale,
tale da giustificare il ritardo.
La Suprema Corte (Sezione Lavoro n. 15467 del 10 agosto 2004, Pres. Prestipino, Rel. Maiorano) ha rigettato il ricorso, osservando che la Corte di Appello di Bari ha correttamente rilevato che
la complessità dell’organizzazione aziendale non vale a giustificare
un ritardo di dieci mesi dall’ispezione
e di xxxx dalla trasmissione della relazione ispettiva, per due ragioni: perché manca la prova rigorosa della sussistenza
di specifiche ragioni organizzative impeditive di una più celere definizione della procedura disciplinare e perché
le lungaggini burocratiche non possono che essere ascritte a colpa delle Poste.
Il giudice di merito – ha osservato la Corte
– quindi, ha tenuto conto della complessità dell’azienda ed ha ugualmente espresso un giudizio negativo per non avere
il datore di lavoro “organizzato le proprie strutture in modo da garantire un minimo di efficienza e tempestività, così
da consentire accertamenti in tempi ragionevolmente brevi e la trasmissione
delle relazioni ispettive all’organo deputato alla valutazione della infrazione e all’irrogazione della sanzione in tempi altrettanto ragionevolmente brevi”.
Questa motivazione – ha osservato la Corte – è pienamente conforme al principio di diritto già affermato
dalla giurisprudenza, secondo cui “ai fini della valutazione dell’immediatezza della contestazione e del tempestivo esercizio dell’azione disciplinare,
il ritardo nella contestazione dell’addebito non può essere giustificato dal fatto che
i diretti superiori gerarchici del lavoratore abbiano omesso di riferire tempestivamente agli organi titolari del potere disciplinare in ordine all’infrazione posta in essere dal dipendente”
(Cass. n. 9894 del 6.1.1993).
ASPETTATIVA
Cassazione Sezione Lavoro n. 15135 del 5 agosto 2004
Aspettativa, sindacati, art. 31 St. Lav., pubblico impiego.
Anche i rappresentanti dei sindacati minori di pubblici impiegati hanno diritto all’aspettativa se chiamati a ricoprire cariche provinciali e nazionali ex art. 31 St. Lav..
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Il Sindacato di Base S.D.B.-F.P. Sincobas ha chiesto al Comune di Milano
il riconoscimento del diritto, in base all’art. 31 St. Lav., a periodi di aspettativa non retribuita in favore dei propri rappresentanti chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali. Il Comune non ha accolto la richiesta adducendo che il Sincobas non rientrava fra i sindacati maggiormente rappresentativi a livello nazionale definiti dalla legislazione sul pubblico impiego contrattualizzato (art. 47 D.Lgs. n. 80/98, ora art. 43 D. Lgs. n. 165/2001).
Il Sincobas ha chiesto al Pretore
di Milano, in base all’art. 28 St. Lav., di dichiarare l’antisindacalità
del comportamento tenuto dal Comune di Milano con il rifiuto dei periodi
di aspettativa richiesti.
Il Pretore ha rigettato il ricorso e la sua decisione è stata confermata dal Tribunale di Milano in seguito all’opposizione proposta dal sindacato.
La Corte di Appello di Milano ha invece dichiarato antisindacale il comportamento del Comune per aver disconosciuto
le prerogative di cui all’art. 31 St. Lav.. Il Comune ha proposto, quindi, ricorso per Cassazione, censurando la decisione della Corte di Appello per erronea applicazione dell’art. 31 St. Lav.
La Suprema Corte (Sezione Lavoro
n. 15135 del 5 agosto 2004, Pres. Mattone, Rel. X’Xxxxxxxx) ha rigettato il ricorso. L’art. 31 St. Lav., secondo cui i lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali hanno diritto all’aspettativa non retribuita – ha affermato la Corte – “è norma applicabile a tutti i lavoratori, anche se rappresentanti di sindacati non rientranti fra quelli definiti dall’art. 19 St. Lav. (associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi di lavoro) ed è norma certamente
di carattere imperativo, non derogabile dalla contrattazione collettiva; si tratta infatti di un diritto riconosciuto a tutela della libertà sindacale del lavoratore
e della libera esplicazione delle relative attività, costituzionalmente garantito, non suscettibile di limitazione
o di discriminazione”. In base all’art. 55 D.Lgs. n. 29/93 – ha rilevato la Corte – lo Statuto dei Lavoratori si applica
alle pubbliche amministrazioni
a prescindere dal numero dei dipendenti. Per espresso dettato della legge, dunque, le norme dello statuto dei lavoratori sono di generale applicazione anche
nel rapporto di pubblico impiego, restando così eliminate le limitazioni originariamente poste dall’art. 37 dello stesso statuto e dell’art. 23 della Legge quadro n. 93/83.
La sentenza, come è evidente, ha e può avere un notevole impatto sull’attuale assetto delle relazioni sindacali
e della rappresentatività del pubblico impiego come regolato dal D.Lgs.
n. 165/2001 e dai contratti collettivi relativi ai diritti e alle prerogative sindacali.
Ci si riserva, quindi, di approfondire, in modo più appropriato, il tema
delle aspettative sindacali non retribuite, alla luce di alcune sentenze edite, che riconoscono la tutela in via d’urgenza
ed estendono il riconoscimento anche nei confronti dei lavoratori appartenenti ad un sindacato privo del requisito
della maggiore rappresentatività (Trib. Milano 25 ottobre 1999 (ord.), est. Xxxxxx, in D&L 2000, 117. In senso conforme, x. Xxxx. Xxxxxx 00 dicembre 1999 (ord.), pres. Xxxx, est. Xxxxxxx, in D&L 2000, 117).
Si può solo rilevare, come primissima riflessione, che il riferimento
alla completa applicazione dello Statuto dei Lavoratori nel pubblico impiego
è contenuto nel Titolo IV del D.Lgs.
n. 165/2001, intitolato “Rapporto di lavoro” mentre la parte del precedente Titolo III “ Contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale” permette delle modificazioni
a carattere speciale su quelle previsioni del medesimo statuto dei lavoratori relative non al rapporto di lavoro
ma ai diritti sindacali.
a cura di Xxxxx Xxxxxx
Collaboratore ARAN