Contract
I contratti di coltivazione, allevamento e fornitura
Xxxxx Xxxxxxx
1.- I contratti di coltivazione allevamento e fornitura, tra il concetto di economia contrattuale e l’ambito di applicazione della normativa italiana
Con l’espressione “contratti di coltivazione allevamento e fornitura” si indicano i contratti disciplinati dal d. lgs. n. 102 del 2005, e dei quali si trova traccia già nella legge n. 88 del 1988 che si riferiva ai “contratti di coltivazione e vendita”. L’elemento che ne caratterizza la disciplina giuridica, nell’esperienza italiana, è l’inquadramento nell’ambito della contrattazione collettiva di filiera: infatti, entrambi i testi normativi hanno preso in considerazione tali contratti esclusivamente come frutto degli accordi raggiunti in sede di contrattazione collettiva, dalle organizzazioni rappresentative dei produttori agricoli con la controparte appartenente ai settori dell’industria o della distribuzione.
A seconda delle caratteristiche del prodotto finale destinato al consumatore, e del ruolo dell’impresa acquirente nella filiera, la produzione primaria è assoggettata a regole contrattuali che impongono il rispetto di una pluralità di obblighi, che non si limitano alla semplice consegna del prodotto (e alla verifica della conformità dello stesso alle caratteristiche qualitative in relazione al prezzo), ma si coniugano con obblighi di fare correlati alla produzione (programmazione delle varietà da coltivare, rispetto di disciplinari per la coltivazione o l’allevamento, assoggettamento a
(1) Sulla collocazione giuridica dei contratti agroindustriali, alla luce della legislazione italiana e dei modelli elaborati in altre esperienze normative, x. Xxxxxxxxxx, Le relazioni contrattuali nella filiera agro- alimentare, in Profili giuridici del sistema agroalimentare tra ascesa e crisi della globalizzazione, Bari, 2011, p. 161 ss; Xxxxxxxxxx, I contratti dall’impresa agricola all’industria di trasformazione. Problemi e prospettive dell’esperienza italiana, in q. Riv., xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, n. 2-2008, 5.
controlli), prevedendosi in alcuni casi anche clausole di esclusiva a carico dell’impresa di produzione primaria. In talune fattispecie – in particolare ciò si verifica nelle produzioni avicole – il contratto consiste nell’attività di accrescimento degli animali che restano di proprietà dell’impresa integrante, con la conseguenza di limitare l’attività dell’impresa agricola al solo profilo dello svolgimento dell’attività di ingrasso e il contratto, avente ad oggetto i soli obblighi di fare, non si configura come vendita, ma come prestazione d’opera.
L’integrazione dell’attività dell’impresa agricola, assume dunque un contenuto differenziato a seconda delle esigenze della produzione industriale, ma è indubbiamente caratterizzata dalla riduzione del potere imprenditoriale dell’impresa agricola a fronte di un vantaggio rappresentato dalla continuità delle consegne.
Invero, nonostante l’ampia diffusione nella prassi delle tipologie contrattuali dei contratti agroindustriali, la legislazione italiana ai suoi esordi - che pure, come si è anticipato, ha limitato l’intervento disciplinare ai soli contratti inquadrati nell’ambito degli accordi interprofessionali - è stata scarna di contenuti disciplinari di natura privatistica: alla mera definizione di tali contratti non è seguita per lungo tempo alcuna normativa specifica diretta a regolare lo squilibrio contrattuale tra la parte agricola e la controparte industriale.
D’altronde, è possibile individuare, anche sulla scorta delle esperienze sviluppatesi in altri Stati membri, gli strumenti giuridici utili a fronteggiare lo squilibrio economico proprio dei contratti di fornitura di prodotti agricoli, caratterizzati dall’integrazione economica dell’impresa agricola.
Sul piano microeconomico, il meccanismo giuridico di natura privatistica individuato per ridurre la mancanza di informazioni dell’imprenditore agricolo e nel contempo definire a monte il contenuto anche economico del rapporto contrattuale, è rappresentato dalla regolazione del contenuto essenziale del contratto. Ad esempio, nel modello adottato dalla legge francese del 1964, che ha costituito il primo intervento normativo strutturato nell’esperienza europea - la previsione della forma scritta, diretta ad assicurare la trasparenza delle obbligazioni assunte dalla parte debole, si lega alla definizione del contenuto obbligatorio del rapporto contrattuale; mentre il rimedio per la violazione dell’accordo è dato dalla nullità del contratto (come previsto nella prima applicazione della normativa francese che, però, come rilevato già nelle prime applicazioni giurisprudenziali presenta il rischio che possa essere richiamata dalla stessa impresa integrante, non più interessata alla fornitura del bene) ovvero, (come accade nelle modifiche apportate alla legislazione francese
nel 1980) dall’obbligo di integrazione ex lege del contenuto del contratto sulla base degli accordi omologati2.
Sul piano macroeconomico, invece, l’intervento diretto a limitare lo squilibrio contrattuale comporta l’adozione di misure di regolazione del mercato e della filiera, come avviene attraverso la predisposizione di strumenti per il controllo pubblicistico delle ipotesi di abuso di dipendenza (affidati a interventi di autorità pubbliche di controllo per la regolazione della concorrenza).
2.- I contratti di coltivazione e vendita nella legge 88/1988
A distanza di 24 anni dal primo intervento normativo riferito ai contratti di coltivazione e vendita, ex art 8 L 88/88 è possibile analizzare, per grandi linee, il percorso seguito dalla legislazione italiana.
Nella prassi, questa soluzione per quanto riguarda i contratti di coltivazione e vendita, si è rilevata assolutamente inefficace a soddisfare le aspettative di un riequilibrio dei rapporti contrattuali tra gli operatori economici coinvolti. Infatti, sullo sfondo della regolamentazione degli accordi interprofessionali, rimaneva di fatto priva di disciplina giuridica la fattispecie contrattuale, traducendosi in una normativa diretta a fornire il supporto normativo per graduare l’attribuzione di misure incentivanti della produzione agricola.
Infatti l’art. 8, dedicato ai contratti di coltivazione e vendita, da un lato si limitava a definirne l’oggetto del contratto, rinviando per i contenuti concordati agli accordi
(2) Il riferimento è all’art.18 bis della legge 6 luglio 1964, introdotto dall’ introdotta dall’art 8 della legge 4 luglio 1980, per effetto del quale i contratti tipo omologati dal Ministero dell’Agricoltura definiscono clausole immediatamente applicative che vanno a sostituire quelle inserite in contratti individuali ma contrarie alle disposizioni di legge: cfr. Lorvellec, Les contrats types d’intégration homologués, in Rev. Dr. Rural 1984, p. 245, poi in Ecrits de droit rural et agroalimentaire, Dalloz, 2002, 292 ss. Sull’esperienza francese dei contratti di integrazione, v. anche le riflessioni di Xxxxxxxxxx, Disciplina legale e prassi applicativa nei contratti di integrazione in agricoltura: l’esperienza francese, in Riv. Dir. Agr., 1981, I, 327 ss.
(3) Per una approfondita analisi dell’esperienza legislativa della legge 88/88, si rinvia a Paoloni, Gli accordi interprofessionali in agricoltura, Padova, Cedam, 2000.
interprofessionali, senza individuare alcuna conseguenza di carattere disciplinare per la violazione dell’accordo; dall’altro ne effettuava un riconoscimento giuridico solo alla condizione che tali contratti fossero stipulati nel rispetto degli accordi interprofessionali. La legge, inoltre (art. 12) collegava la rilevanza attribuita al riconoscimento giuridico con la possibilità di fruire in via preferenziale di finanziamenti pubblici alle imprese, previsione che ha rappresentato la principale ratio applicativa di tali contratti.
Sul piano della disciplina privatistica del contratto, di conseguenza, come si evidenziò già nei primi commenti alla legge4, non si giunse ad una effettiva regolazione dei contratti: l’assetto disciplinare restava oggetto esclusivo dell’autonomia privata, sia pure attraverso il filtro degli organismi di rappresentanza di categoria; inoltre restavano comunque esclusi i contratti stipulati al di fuori dell’ambito degli accordi interprofessionali.
La prospettiva che è mancata alla legislazione nazionale per lungo tempo - sull’utopistico presupposto che la contrattazione interprofessionale fosse di per sé sufficiente a supplire all’assenza di una disciplina di natura privatistica - è stata dunque la considerazione dell’impresa agricola come soggetto contraente, che nel rapporto giuridico avente ad oggetto la cessione dei prodotti si trova in una posizione di debolezza rispetto ai soggetti economici in grado di orientarne l’attività e definire le condizioni dello scambio.
La rinuncia a definire una regolamentazione dell’economia contrattuale nel settore agricolo sul piano della disciplina privatistica è ancora più evidente in un contesto normativo in cui la legislazione si attrezzava (come è avvenuto a partire dagli anni ‘90), anche sulla spinta del diritto europeo, a rafforzare la tutela dei consumatori nella contrattazione con le imprese e a disciplinare i rapporti di subfornitura industriale, in considerazione della criticità della posizione delle imprese integrate nel processo produttivo industriale.
(4) Cfr. la discussione sul tema condotta nei saggi raccolti nel volume: Accordi interprofessionali e contratti agroindustriali, Pisa, 1990, cit.; Paoloni, Gli accordi interprofessionali in agricoltura, cit., p. 193 ss.
(5) Sul punto, in particolare sulle differenze disciplinari rispetto alle regole contrattuali dell’agricoltura, definite nella legge del 1988, v. Tamponi, Contratto di subfornitura e contratti agroindustriali: due leggi a confronto, in Agricoltura e diritto. Scritti in onore di E. Romagnoli, Milano, Xxxxxxx, 2000, vol. II, p.1303.
D’altro canto, l’evidenza della posizione dell’impresa agricola quale soggetto integrato nella filiera di produzione agroalimentare emerge con chiarezza dalla stessa formula adottata nel 2001 per definire l’imprenditore agricolo nel nuovo testo dell’art. 2135 c.c., dove l’attività agricola è per definizione diretta alla cura “anche solo di una parte del ciclo biologico di vita della pianta o dell’animale” – definizione a seguito della quale sarebbe stato naturale prevedere, nella legge di orientamento agricolo, anche una contestuale regolamentazione dei rapporti contrattuali che coinvolgono quelle imprese agricole che operano come soggetti integrati nella filiera di produzione, limitatamente a un solo segmento della fase produttiva.
3.- I contratti di coltivazione allevamento e fornitura nel decreto legislativo 102/2005
In Italia bisogna invece aspettare il 2005 perché alla regolazione macroeconomica affidata agli accordi interprofessionali si aggiunga una regolazione della struttura del contratto stipulato tra le imprese agroindustriali e le imprese agricole.
L’intervento normativo del 2005, tuttavia, non perde la caratteristica fondamentale della legislazione precedente, consistente nell’affidare alla mediazione della contrattazione collettiva la regolamentazione dei contenuti del contratto.
D’altronde, anche nel testo del 2005, l’assetto normativo generale pare rispondere principalmente ad esigenze di governo dell’economia piuttosto che di regolazione della disciplina privatistica.
L’impostazione legislativa continua infatti a considerare la stipula dei contratti individuali inseriti nella (rinnovata) contrattazione collettiva, così come accadeva ai sensi dell’art 12 della L. 88/88, ancora come un “criterio di preferenza per attribuire contributi statali” (art 14). Questa logica ha un suo pregio nella misura in cui interviene, compatibilmente con i principi del diritto europeo, a indirizzare le produzioni nell’interesse dello sviluppo economico. Si pensi ad esempio alle misure per lo sviluppo della filiera bioenergetica, definite all’art 2 quater, c. 6 legge n. 81 del 2006, che, in applicazione delle intese di filiera di cui al d. lgs. 102/2005 indica “la sottoscrizione di un contratto di coltivazione o fornitura o contratti ad essi equiparati” quale titolo preferenziale “nei bandi pubblici per i finanziamenti delle iniziative e dei progetti nel settore della promozione delle energie rinnovabili e dell’impiego dei biocarburanti e nei contratti di fornitura di biocarburanti per il trasporto e il riscaldamento pubblici”6.
(6) Sulla rilevanza della strutturazione di filiera nel comparto agroenergetica, anche in relazione alle misure di sostegno, x. Xxxxxxxx, Agricoltura ed energia. L’impresa agricola nella filiera agroenergetica, Macerata, 2008,p. 153 ss.
Si tratta però, come è evidente, di un profilo riduttivo in cui la definizione del contratto (come è accaduto in passato) rischia di rimanere ancillare rispetto agli aspetti macroeconomici di regolazione della filiera e di erogazione di misure di sostegno, a fronte delle potenzialità di una compiuta disciplina contrattuale.
Invero, il d. lgs 102/2005, ha inserito i contratti di coltivazione allevamento e fornitura in una logica di regolazione del mercato e di programmazione delle attività agricole, dove il livello della contrattazione individuale resta subordinato alla stipula degli accordi interprofessionali, in un assetto piramidale che vede al vertice l’intesa di filiera, concordata tra organizzazioni rappresentative di produttori e di industriali, redatta a lungo termine per rispondere alle esigenze della filiera di produzione; successivamente si colloca la definizione di contratti quadro, il cui obiettivo è l’attuazione delle finalità dell’intesa attraverso contenuti contrattuali finalizzati all’orientamento della produzione, al miglioramento della qualità, ecc.; ed infine la definizione di modelli contrattuali (contratti tipo) che richiamano i contenuti concordati tra le organizzazioni rappresentative degli operatori, e che costituiscono lo schema contrattuale da utilizzare per la conclusione dei contratti individuali di fornitura.
Nel suo complesso, la normativa di rilevanza civilistica prevista dagli articoli 11, 12 e
13 del decreto legislativo 102/2005 continua a presentare limiti significativi nella prospettiva della regolazione dei rapporti individuali tra i contraenti.
Essa infatti, da un lato, non fornisce una compiuta disciplina contrattuale di stampo privatistico: al di là di quanto espressamente previsto dalle disposizioni sopra richiamate, alla disciplina dei contratti individuali, continuano a trovare applicazione le disposizioni del codice civile compatibili con i contenuti del contratto, in particolare la vendita (di cosa futura) e l’appalto, come indicato dalla dottrina già in relazione all’esperienza legislativa precedente8. Dall’altro, le stesse disposizioni privatistiche che integrano la disciplina generale del contratto previste nel 2005, finiscono per privilegiare una visione macroeconomica del rapporto contrattuale, principalmente allo scopo di garantire la continuità delle forniture, mentre altri aspetti sono affidati
(7) Sulle criticità nell’applicazione di tali disposizioni, x. Xxxxxx, Agricoltori, accordi interprofessionali e contratti, in q. Riv., xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, n. 2-2008, 13.
(8) Xxxxxxxxxx, Le relazioni contrattuali nella filiera agro-alimentare, cit. , p 169 ss.
alla regolamentazione frutto degli accordi stipulati dalle organizzazioni rappresentative dei produttori. Emblematica, in tal senso, è la previsione dell’art 12, concernente il recesso e la cessione di azienda, che interviene attraverso la previsione dell’obbligo di preavviso di un anno per l’esercizio del recesso (e comunque al completamento di una campagna completa di consegne) e che sancisce l’obbligo di dichiarare nell’atto di cessione dell’azienda, l’esistenza del contratto di coltivazione allevamento e fornitura: obblighi sanzionati ai sensi del successivo c. 3, che prevede il risarcimento del danno in via equitativa in mancanza di esatta determinazione e l’applicazione delle sanzioni e degli indennizzi fissati dai contratti quadro, con obbligo gravante solidalmente su cedente e cessionario ove la violazione si verifichi nella seconda ipotesi.
Ciò è evidente del resto anche dalle disposizioni obbligatorie (A) e facoltative (B) inserite nei contratti quadro.
(A) Infatti, anche le disposizioni di carattere privatistico che per legge devono essere contenute nel contratto quadro (ai sensi del par. 4 art. 11), perseguono lo scopo di ricondurre la risoluzione delle controversie nell’ambito di rimedi predisposti dall’autonomia privata, sotto l’egida delle organizzazioni professionali, nella logica di realizzare gli obiettivi di sviluppo della filiera. Le disposizioni obbligatorie da inserire nel contratto quadro sono infatti limitate alla previsione di un collegio arbitrale per la risoluzione delle controversie (lett. b) e alla previsione di clausole contrattuali per la risoluzione stragiudiziale delle controversie: in particolare si tratta della definizione delle cause di forza maggiore che regolano le ipotesi di risoluzione per impossibilità sopravvenuta e delle sanzioni per le ipotesi previste ai successivi articoli 12 e 13, consistenti nella violazione delle ipotesi di recesso o cessione, sopra esaminate, e nell’obbligo di applicare il contenuto dei contratti quadro.
La presenza di siffatte disposizioni stabilite dalla legge per regolare alcune situazioni di patologia del contratto (art. 12 e 13), così come quelle che costituiscono il contenuto obbligatorio del contratto quadro, non portano di fatto a un riassetto dello squilibrio contrattuale tra le parti.
In questo senso, si deve considerare che “il riconoscimento delle cause di forza maggiore che giustificano il mancato rispetto parziale o totale delle reciproche obbligazioni delle parti nei singoli contratti”, rappresenta una formula che colloca, formalmente, sullo stesso piano i rischi delle imprese agricole e quelli delle imprese acquirenti, poiché si riferisce indistintamente alle cause di impossibilità sopravvenuta suscettibili di colpire le “reciproche obbligazioni”.
Inoltre, sul piano dei rimedi per la violazione del contratto, il testo normativo si limita a qualificare come grave inadempienza ai sensi dell’art 1453 ai fini della risoluzione del contratto ogni violazione degli obblighi previsti nei contratti quadro; disposizione che rileva ai fini della risoluzione del contratto per inadempimento, e che in concreto
costituisce un criterio guida per il collegio arbitrale competente alla risoluzione della controversia.
(B) Altri aspetti dei contratti che realizzano il contenuto fondamentale della prestazione, sono invece individuati solo in conformità ai “principi generali”, cui i contratti quadro devono ispirarsi (c. 2 art 10).
Tra questi ricorre la definizione del valore della prestazione, vale a dire i criteri per la definizione del prezzo di consegna delle merci, aspetto della contrattazione che è preso in considerazione dal decreto 102 del 2005 in termini di “definizione dei criteri per la valutazione delle diversificazioni del prezzo da stabilire in relazione al processo produttivo applicato e alle caratteristiche qualitative dei prodotti considerati per assicurare il raggiungimento delle finalità dell’art 33 del Trattato istitutivo della Comunità Europea”.
L’individuazione dei criteri per stabilire il prezzo di consegna delle forniture – pur rappresentando una delle ragioni della definizione a monte dei rapporti contrattuali con le imprese agroindustriali e una causa di debolezza delle parti agricole – resta affidato alla piena discrezionalità delle parti nella definizione dei contenuti dei contratti quadro.
In alcuni contratti quadro, la scelta di non intervenire nella definizione del contenuto effettivo delle relazioni di scambio, è stata motivata dalla preoccupazione di un contrasto con la normativa europea della concorrenza, volendosi escludere qualsivoglia interferenza derivante dalla definizione del prezzo di cessione dei prodotti, sul piano degli accordi interprofessionali.
Ad esempio, il contratto quadro stipulato in data 21 maggio 2012 tra Confagricoltura, Assocarni, Assograssi, Assoelettrica per la cessione dei sottoprodotti di origine animale destinati alla filiera agroenergetica, come integrato dall’addendum del 14 giugno, esclude espressamente l’applicazione del principio in materia di prezzi. In esso si afferma che, a causa dell’omogeneità del processo di produzione sul territorio nazionale e delle caratteristiche qualitative dei prodotti, “si ritiene non possibile definire criteri per la valutazione delle diversificazioni di prezzo, anche in ossequio alla normativa Antitrust” (art. 19). Una lettura dell’intero contenuto del contratto sembra del resto confermare l’approccio generale di un limitato impatto sul piano privatistico del contratto quadro in esame. Le disposizioni del suddetto accordo quadro, infatti, si limitano a rinviare alla futura stipula di contratti tipo di fornitura, creando però in compenso un quadro di riferimento utile a garantire la presenza di intese di filiera o contratti quadro richiesti dalla normativa per accedere
Va ricordato infine - a rimarcare i limiti dell’autosufficienza del sistema interprofessionale, cui si è voluta affidare la regolazione dell’economia contrattuale - che il decreto legislativo 102 non copre la regolamentazione di tutti i contratti di coltivazione allevamento e fornitura, dato che esso si applica solo a quei contratti, definiti alla lett. g dell’art. 1, sottoscritti in esecuzione dei contratti quadro. D’altronde, nel sistema elaborato nel 2005, la previsione facoltativa dell’adesione allo strumento contrattuale predisposto dalle organizzazioni di rappresentanza è solo eventuale, e accanto ad essa sono previsti gli strumenti necessari a reintegrare la posizione degli imprenditori agricoli nel loro rapporto con le organizzazioni professionali, sia pure ex post, attraverso il versamento del contributo per le spese previste dagli accordi.
Ai contratti di fornitura stipulati al di fuori dell’applicazione dei contratti quadro, la disciplina applicabile è - fino al 2012 - solo quella civilistica. A titolo esemplificativo, come precedentemente chiarito, anche la previsione di ipotesi speciali per qualificare la gravità dell’inadempimento (cui potrebbe attribuirsi una sia pure limitata rilevanza di rafforzamento degli strumenti generali di tutela del diritto contrattuale previsti dal codice civile), poiché riferite ai soli obblighi contenuti nei contratti quadro, rimane del tutto estranea all’applicazione dei rimedi in un giudizio relativo a contratti di fornitura slegati dalla contrattazione di filiera.
4.- La normativa sui contratti di cessione dei prodotti agroalimentari e la sua applicabilità ai contratti di coltivazione, allevamento e fornitura
Un nuovo approccio di regolazione economica si denota invece nell’ultimo intervento normativo in materia di contratti di fornitura dei prodotti agroalimentari, di cui all’art
62 d.l. 1/2012, convertito in L. 27/2012, diretto a regolare tutti i rapporti che realizzano una cessione di prodotti agricoli o agroalimentari attraverso un nuovo schema normativo contrattuale. Non si tratta di un intervento mirato nella disciplina dell’economia contrattuale agricola: l’area di intervento non riguarda infatti i soli prodotti agricoli, ma è focalizzata su tutti i contratti di cessione dei prodotti agricoli e
(9) Cfr. in particolare, quanto disposto dalla legge finanziaria per il 2007 (n. 296/2006, art. 1 c. 382 ss, modificata dalla L 222/2007) e il DM Mipaaf di attuazione del 2 marzo 2010.
In ogni caso, la normativa introdotta nel 2012 si sovrappone alla disciplina dei “contratti di coltivazione e vendita” come definiti nel 2005 (senza sostituirla o modificarla espressamente), visto che buona parte dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura ivi previsti comportano la cessione dei prodotti agricoli alle imprese della filiera.
Per effetto dell’introduzione della nuova normativa, sul versante che interessa la disciplina dei contratti di coltivazione allevamento e fornitura, la regolazione del mercato della filiera agroalimentare si muove ora su due piani: quello privatistico, di rilevanza microeconomica, della definizione della disciplina del contratto (che somma alle disposizioni del d. lgs. 102/2005 le nuove regole dell’art. 62) e quello macroeconomico, già affidato alla regolamentazione della filiera da parte delle organizzazioni interprofessionali, e ora anche al controllo della AGCM – attraverso la definizione delle ipotesi di abuso di posizione dominante (individuate dal 4° comma dell’art 62 e precisate dal decreto applicativo) .
La disciplina che ne scaturisce tuttavia risulta ancora poco soddisfacente, in particolare per due ordini di ragioni: (1) sul piano della regolazione degli equilibri economici tra le parti contraenti, perché non tiene conto delle differenze tra il potere contrattuale dei potenziali contraenti nei contratti di fornitura; (2) perché non copre l’intero fenomeno della contrattazione della filiera agroalimentare.
5.- La regolazione degli squilibri contrattuali nei contratti di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari
Sebbene l’esigenza di fondo, perseguita dalla normativa del 2012, sia quella di regolamentare il potere contrattuale della GDO nella definizione dei contenuti contrattuali, attraverso la trasparenza dell’accordo scritto, la stessa normativa si trova a dover regolare in maniera neutra gli accordi in cui i soggetti contraenti possono alternativamente rivestire la posizione di soggetto debole del rapporto contrattuale.
Nel contratto di cessione, può verificarsi che l’acquirente sia un operatore della grande distribuzione e il venditore un’impresa agricola o una piccola impresa
(10) Tra i primi commenti della normativa, con particolare riguardo alla situazione dei contratti stipulati nelle filiere agricole, x. Xxxxxxxxx, Cessione di prodotti agricoli e agroalimentari (o alimentari?): ancora un indefinito movimento, in q. Riv., www.rivistadirittoalimentare n. 2-2012, 33; Germanò, Sul contratto di cessione di prodotti agricoli e alimentari, in Dir. Giur. Agr. Alim. Amb., 2012 p. 379 ss.
Per quanto concerne la situazione dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura che si collocano nel contesto sopra richiamato, il controllo dei contenuti (anche economici) della contrattazione dovrà affidarsi al ruolo delle organizzazioni rappresentative di categoria e all’intervento sostanziale della contrattazione collettiva, che assume, un (auspicabile) rinnovato ruolo di tutela rispetto ai contraenti dei contratti individuali. In tal senso, per effetto della nuova legislazione, che si aggiunge allo schema normativo definito dal d. lgs. 102/2005, risulta rafforzata la posizione dei contraenti dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura che si inseriscono nel quadro della contrattazione collettiva, a condizione che il contenuto dei contratti quadro disponga effettivamente un contenuto normativo richiamabile nei contratti tipo fruibili nelle contrattazioni individuali.
Infatti, nella misura in cui il contratto individuale di cessione faccia rinvio a quanto previsto dal contratto quadro, saranno i contenuti del contratto quadro che dovranno contenere parametri predefiniti e trasparenti previsti dall’art 62. In questo modo, una applicazione dettagliata della nuova disposizione dell’art 62 nei contratti quadro dovrebbe ridurre i rischi di incertezza e di abuso nella definizione delle condizioni contrattuali della cessione di prodotti agricoli, attraverso la previsione di un contenuto obbligatorio concordato in sede di contrattazione collettiva: infatti, gli elementi contrattuali ora obbligatori nel contratto di cessione - vale a dire, oltre alla forma scritta, la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento - sono in sostanza quei contenuti che il d. lgs. 102/2005 ha affidato alla mera definizione di principio nell’ambito della contrattazione collettiva e che, nell’attuale panorama dei contratti quadro, sono suscettibili di essere omessi o trascurati.
(11) Cfr. Foroni, Art. 62: quanto costerà alla GDO e chi rischierà? in xxx.xxxxxxx.xx, dove si descrive un possibile scenario conseguente alla riduzione dei termini di pagamento, potrebbe influire sulla revisione dei contratti, in particolare quelli stipulati con le PMI, allo scopo di ridurre il peso finanziario gravante sulla distribuzione. L’ulteriore conseguenza prospettata è la possibilità di aggregazione tra imprese della distribuzione per ottenere maggiore liquidità necessaria agli anticipi dei pagamenti.
In questa nuova ottica, dunque, per i contratti di coltivazione, allevamento e fornitura, si realizza indirettamente una forma di integrazione del contratto secondo quanto previsto dagli accordi quadro siglati dalle organizzazioni professionali.
6.- I nuovi contenuti contrattuali per i contratti di coltivazione allevamento e fornitura
Per limitare le considerazioni ai soli profili contrattuali di carattere privatistico, sulla base dell’esperienza della contrattazione collettiva sviluppatasi in applicazione del d. lgs. 102/2005, è possibile individuare alcuni elementi per i quali la disciplina contrattuale dovrà essere oggetto di modifica. L’analisi si limiterà alle innovazioni introdotte dalla legislazione del 2012 rispetto ai contratti di coltivazione allevamento e fornitura previsti nell’ambito degli accordi interprofessionali, ferma restando l’applicazione delle nuove regole anche ai contratti che precedentemente rimanevano soggetti alla sola disciplina codicistica.
La previsione dell’art 62, infatti, obbliga ora a definire il prezzo (insieme agli altri elementi: durata, quantità, caratteristiche, modalità di consegna e pagamento) a pena di nullità. Il decreto interministeriale di attuazione dell’art 62, del 19 ottobre 2012, all’ art. 2 lett i), prende poi espressamente in considerazione anche l’ipotesi di contratti quadro (definiti come quegli accordi “aventi ad oggetto la disciplina dei conseguenti contratti di cessione dei prodotti agricoli e alimentari”) precisando, in riferimento alla fissazione dei prezzi, che “il contratto quadro potrà individuare le modalità di determinazione del prezzo applicabile al momento dell’emissione del singolo ordine”.
(12) Per quanto riguarda i termini di pagamento, ora fissati per legge a 30 gg. per le merci deperibili e a 60 negli altri casi, clausole in tal senso sono già previste in alcuni contratti quadro, per i quali sarà necessario solo un adeguamento ai termini di legge: v. ad esempio l’art. 5 della seconda modifica del modifica Contratto quadro per la cessione delle patate da consumo fresco per il triennio 2010/2012, cit. che fissa il pagamento a 60 gg. dalla data della fattura e stabilisce gli interessi di mora in caso di ritardato pagamento.
Dal testo del decreto di attuazione, emerge la funzione da attribuire ai contratti quadro nella fissazione dei prezzi dei prodotti agricoli: in essi si vanno a determinare i criteri – che dovranno essere oggettivi, perché solo in quanto tali fruibili nella applicazione dei contratti individuali – per il calcolo del prezzo alla consegna. In seconda istanza, il rispetto della forma scritta nella definizione del prezzo alla consegna della singola partita, imposto dall’art. 62, potrà poi risultare dai documenti di accompagnamento, come prevede lo stesso decreto all’art 3 par. 3, “a condizione che questi riportino gli estremi ed il riferimento ai corrispondenti contratti o accordi”. La precisazione del ruolo attribuito ai contratti quadro nella formazione del prezzo non è priva di conseguenze, nell’assetto generale della disciplina. Infatti, sebbene il testo non preveda l’obbligo di intervenire nella definizione del prezzo (“il contratto quadro potrà individuare le modalità di determinazione del prezzo”), la nuova normativa si preoccupa di rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva nella definizione dei costi dell’operazione di fornitura. L’espresso richiamo ai contratti quadro sembra allora segnare un passo avanti rispetto alla genericità delle modalità di controllo sulla commercializzazione che emergono dal testo del decreto legislativo
n. 102 del 2005, precedentemente esaminato.
Nella normativa del 2005, infatti, la definizione del prezzo del prodotto, nonostante appaia come obiettivo prioritario del contratto quadro (art 10: “ridurre le fluttuazioni di prezzi) resta sfumata nella previsione normativa: come si è già sottolineato, in essa si prevede la definizione di “criteri per la valutazione delle diversificazioni di prezzo” in relazione al “processo produttivo” e alle “caratteristiche qualitative dei prodotti”, ma non si individua un obbligo di prevedere meccanismi unitari per la definizione del prezzo delle forniture.
Se si considera l’opportunità suggerita dalla nuova normativa, di definire a monte il contenuto economico della contrattazione attraverso i contratti quadro, allo scopo di rendere immediatamente fruibili nella conclusione dei contratti individuali il contenuto concordato in sede di contrattazione collettiva, questa circostanza dovrà comportare una variazione nella prassi sinora seguita nella redazione dei contratti collettivi. Inevitabilmente, aumenterà anche il divario tra quella contrattazione priva di un effettivo contenuto e quella invece che risulterà più dettagliata in funzione dell’applicazione dell’art 62 L. 27/2012. Infatti, la presenza di una specifica previsione relativa ai contratti quadro non può che intendersi nel senso di agevolare la trasparenza delle operazioni economiche, con riguardo non solo alla pura e semplice determinazione del prezzo, ma anche delle altre variabili che concorrono a individuare il valore della controprestazione: dalle condizioni per lo stoccaggio delle merci, alle modalità di consegna e di trasporto dei beni. Questo obiettivo può essere raggiunto dunque attraverso la definizione sulla base di criteri oggettivi per la determinazione del prezzo di consegna delle singole forniture, insieme alla
predeterminazione di eventuali costi aggiuntivi dipendenti da altri servizi o prestazioni svolte dall’acquirente.
Per alcune tipologie di prodotti, i contratti quadro rimandano al prezzo praticato nelle borse merci. Tale parametro costituisce un riferimento oggettivo, nonostante il rischio di fluttuazione dei prezzi, purché non sia legato a ulteriori valutazioni effettuate ex post e non specificate nel contratto quadro.
Analogamente, nel contratto quadro per la produzione di biocarburanti (Assitol e Assobiodiesel), la definizione del prezzo è legata alla quotazione della borsa merci (Marché à terme International de France), ma, anche qui, sono fatte salve le correzioni dipendenti dai costi di gestione per la raccolta e il trasporto, non altrimenti individuate nel testo del contratto15.
(13) L’Allegato 3, riferito all’area Nord Italia, del Contratto quadro Pomodoro da industria, Raccolto 2012, stipulato il 20 marzo 2012 tra AINPO, APO CONEPRO APOL POA, APOFRUIT ITALIA, AISPO, CICO, OP Ferrara srl, PEMPACORER, ASPORT e UnionAlimentari CONFAPI, STERILTOM, EMILIANA CONSERVE, attribuisce la valutazione dei parametri ai centri di controllo qualità paritetici che determinano: il grado brix per la determinazione dell’indice di prezzo, la percentuale di difetti maggiori e minori, il peso lordo, netto e il peso a pagamento, cioè al netto dei difetti maggiori.
(14) Seconda Modifica al Contratto quadro per la cessione delle patate da consumo fresco per il triennio 2010/2012 stipulato tra ASSOPA e APPE e FRUITIMPRESE e ASCOM, in data 22 giugno 2012.
(15) Contratto quadro stipulato tra Coldiretti, Confagricoltura, CIA, Copagri, Unione Seminativi e ASSITOL e ASSOBIODIESEL, stipulato in data 18 dicembre 2006, il cui art. 9 dispone: “La determinazione del prezzo avverrà attraverso la trattativa e la stipula dei contratti tra le parti (acquirente e venditore), prendendo a riferimento la quotazione Matif del seme di colza, sia per il
E’ evidente, invece, alla luce delle disposizioni introdotte dall’art. 62 l. 27/2012, che anche le variabili legate alla modalità di consegna (trasporto, stoccaggio) dovranno essere oggetto di adeguata specificazione nel contratto, al fine di una chiara determinazione del prezzo di consegna delle forniture: si tratta infatti di un valore (quello del prezzo pagato alla consegna) composto da una pluralità di elementi, la cui definizione incide sulla determinazione del corrispettivo per la consegna delle merci, alla quale il documento di accompagnamento della fornitura potrà fare riferimento.
7.- I contratti non coperti dal combinato disposto dell’art. 62 e del d. lgs. 102/2005
Come si è già accennato, la normativa introdotta dall’art 62 L. 27/2012 contempla unicamente l’ipotesi di contratti di cessione dei prodotti agricoli e alimentari; in proposito il decreto interministeriale applicativo dell’art. 64, all’art. 2 lett. e, precisa che per cessione si intende il “trasferimento della proprietà di prodotti agricoli e/o alimentari, dietro il pagamento del prezzo”.
Le osservazioni ora condotte in merito alle potenzialità di una combinazione tra le disposizioni del 2005 e quelle del 2012, valgono dunque solo per i contratti di coltivazione, allevamento e fornitura aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà dei prodotti agricoli.
Restano esclusi dalle novità in primo luogo i contratti aventi ad oggetto solo obblighi di fare.
Questi ultimi, ove fossero stipulati nel quadro della normativa di cui al d. lgs. 2005, sarebbero soggetti alla relativa disciplina ivi contenuta ed esposta nei paragrafi precedenti; ove si tratti di contratti individuali non collegati alla contrattazione quadro, resterebbe applicabile la sola normativa del codice civile.
La portata di questo segmento di economia contrattuale non è irrilevante e le conseguenze della mancanza di una disciplina compiuta in questo ambito non è senza conseguenze. Infatti, lo schema contrattuale frequentemente adottato nella prassi per regolare le prestazioni d’opera aventi ad oggetto l’attività di allevamento senza trasferimento di proprietà degli animali, soprattutto nel settore avicolo è quello
seme di colza che per il seme di girasole e di girasole alto oleico. Rispetto alla quotazione Matif del seme di colza, rilevata nel periodo di riferimento che verrà concordato, si dovrà tenere conto degli eventuali costi di gestione contratti, centri di raccolta e trasporto per renderla franco fabbrica estrattore. Si dovrà inoltre concordare il coefficiente di riconduzione fra colza e girasole e colza e girasole alto oleico”.
della soccida16. Invero, la dottrina – ma anche la Cassazione, nelle poche decisioni in merito - ha ritenuto inapplicabile la disciplina della soccida ai contratti di integrazione verticale, sia in considerazione dello scopo perseguito dalle parti (che in questo caso non consiste nella conduzione in comune dell'impresa), sia in ragione della natura dei conferimenti delle parti, in quanto il soccidario non conferisce unicamente il lavoro, ma mette a disposizione anche gli impianti per organizzazione materiale, e ha configurato piuttosto la fattispecie in termini di contratto di appalto17.
8.- Conclusioni
Il panorama normativo qui descritto, evidenzia che, nonostante il recente intervento normativo, la normativa italiana continua a rimanere carente di una adeguata tutela dell’impresa agricola, quando essa si colloca quale contraente debole nei rapporti con le imprese agroindustriali, al di fuori della contrattazione collettiva di filiera.
Per quanto riguarda invece la ricaduta della normativa appena approvata rispetto alla regolazione dei contratti che rientrano nel quadro della contrattazione collettiva, la legge è potenzialmente diretta a garantire un effettivo intervento di controllo sui contenuti contrattuali dei contratti quadro, e quindi un vantaggio per gli operatori
(16) Un’ampia raccolta di schemi contrattuali riferiti alla soccida utilizzati per la stipula di contratti per l’allevamento avicolo, dove il potere contrattuale delle imprese agricole è fortemente compresso dalle condizioni imposte dalle aziende del settore, operanti in situazione di oligopolio, è riportata da Xxxxxxxxx, Contratti di integrazione e mercato avicolo, in La filiera avicola del Veneto, Veneto agricoltura, Legnaro, Padova 2004; di cui v. le osservazioni in ordine alla posizione delle imprese nella filiera avicola a p. 126 ss.
(17) Xxxxxxxxxx, Soccida e contratti di integrazione verticale in agricoltura, in Foro It., 1984, I, 271; Romagnoli, Contratti di allevamento tra soccida e appalto di servizi, in XXX, 0000, 73; nello stesso senso, in giurisprudenza, x. Xxxx. n. 6555/1986, e Cass. n. 1540/1982.
(18) Cfr. Lorvellec, Les restitutions après l’annullation d’un contrat d’intégration soumis à la loi du 6 juillet 1964, in Ecrits, cit, p. 271.
agricoli. Questi effetti dipenderanno, tuttavia, in concreto dalla prassi che si andrà affermando ed in particolare saranno legati alla scelta di includere nei contratti quadro elementi sostanziali destinati all’integrazione del contenuto obbligatorio dei contratti individuali.
ABSTRACT
Agricultural supply contracts are regulated in Italy by Decree n. 102/2005, under the frame of collective agreements. Conversely, contracts not included in this legislation are still submitted to general rules of civil law. Recently, for transparency reasons, Art 62 of Law 27/2012 introduced special rules concerning sale of agricultural and food products. As consequence, it is now compulsory to include, in writing contracts, some elements of the transaction: duration of the contract, amount and characteristics of goods, price, way of delivery and payment.
These rules apply also to agricultural supply contracts concluded as enforcement of the framework agreement, regulated by Decree n. 102/2005. Nevertheless, to have an effect on individual contracts, framework agreements have to modify their contents, including all the elements now provided by law.