L’AGENTE ED IL PROCACCIATORE D’AFFARI
Contrattualistica Internazionale
L’AGENTE ED IL PROCACCIATORE D’AFFARI
di Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx
La figura dell’agente-distributore
La prassi contrattuale sedimentatasi in materia di contratti della distribuzione commerciale (agenzia, concessione di vendita o distribuzione commerciale strettamente intesa, franchising) ha assecondato l’esigenza, molto diffusa tra gli operatori economici con vocazione all’export, di gestire il rapporto con l’agente straniero in modo flessibile per sviluppare nella maniera più efficace la commercializzazione dei prodotti sul mercato. Un rapporto commerciale sorto originariamente sotto le sembianze dì un contratto di agenzia può subire una mutazione genetica definitiva oppure soltanto parziale.
• Si pensi all’agente che, da mero promotore delle vendite del preponente, venga “premiato” per il suo dinamismo commerciale e la sua affidabilità professionale dimostrata nel corso del rapporto (per esempio, nell’attività di assistenza post-vendita verso la clientela), con la promozione a distributore in esclusiva per conto del suo precedente preponente. In questo caso al rapporto di agenzia fa luogo quello di distribuzione commerciale, in forza del quale il “vecchio” agente diventa rivenditore, nell’ambito della stessa zona (o anche in una zona più estesa) dove operava come mero “business promoter”, dei prodotti fabbricati dal “vecchio” preponente, assumendo, pertanto, a suo carico il rischio dell’invenduto in tale zona.
• Altre volte il ruolo di agente non scompare del tutto, ma viene affiancato, in capo allo stesso intermediario, da quello di distributore. La fattispecie può svilupparsi sotto molteplici variabili:
a) l’agente viene incaricato della rivendita dei prodotti del preponente in una zona diversa da quella dove operava come agente o dove operava in esclusiva,
b) l’agente continua a svolgere il suo “mestiere”, fatta eccezione per una specifica tipologia di clienti o una particolare gamma dei prodotti rispetto ai quali, invece, si prospetterà come “nuovo” rivenditore del preponente (fabbricante);
c) l’agente, in base a particolari condizioni commerciali concertate con il preponente, assume un ruolo interscambiabile con quello di distributore.
L’unica accortezza che è necessario seguire in sede contrattuale è quella di delimitare in modo inequivocabile i rispettivi raggi d’azione che l’intermediario è tenuto a coprire talvolta come agente talvolta come distributore, fissando, conseguentemente, in dettaglio come varieranno gli obblighi giuridici e i correlativi oneri economici a seconda che l’intermediario straniero agisca nella qualità di agente o di rivenditore. Assolto un tale “scrupolo” al momento della redazione dell’apposita clausola contrattuale, si potranno scongiurare quegli episodi incresciosi, sempre forieri di oneri non previsti ispirati alla parabola della “moltiplicazione dei pani e dei pesci”, molte volte furbescamente alimentati da agenti particolarmente aggressivi con la richiesta, nei confronti del preponente, di provvigioni supplementari relativamente alle vendite dei prodotti realizzate direttamente dall’agente ma con il ruolo di distributore.
Altro aspetto che molte volte genera alle aziende preponenti sonni molto agitati, è la prossimità della chiusura del rapporto con il loro agente, perché, come oramai stabilito in gran parte delle legislazioni dei Paesi europei non possono sfuggire al pagamento dell’indennità di fine rapporto o di clientela.
La domanda che ci si sente spesso ripetere dalle aziende clienti è quella di come trovare un escamotage, apparentemente lecito, tale da giustificare il rifiuto del preponente di onorare tale debito nei confronti dell’agente.
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di Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx
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Possibili escamotage del preponente per rifiutare
il pagamento delle indennità di fine rapporto o clientela
Una manovra sicuramente “maldestra” destinata a una sicura censura di legittimità è la previsione contrattuale di una rinuncia da parte dell’agente a tale indennità ogniqualvolta la legge del suo Paese o quella del preponente o quella che in concreto risulta applicabile al contratto stabilisce l’inderogabilità della percezione dell’indennità a favore dell’agente.
Una volta, però, verificato (sempre meglio se con l’ausilio di un professionista locale) che la legge che governa il contratto di agenzia non contempla l’istituto dell’indennità o lo recepisce come una disposizione suscettibile di deroga convenzionale, il preponente potrà gettarsi tra le “braccia di Xxxxxx”, guadagnando un sonno più tranquillo: in questo caso risulterà pienamente valida una clausola di esclusione espressa dell’indennità in parola. Non si deve dimenticare che le legislazioni che attribuiscono all’agente l’indennità di fine rapporto ne escludono espressamente l’applicazione di fronte alla risoluzione del contratto invocata dal preponente per grave inadempimento dell’agente.
Nella variegata pratica degli affari si deve menzionare il “vezzo contrattuale”, ispirato più dal terror panico delle aziende preponenti che dal buon senso giuridico, di prevedere clausole di esonero dal pagamento dell’indennità in caso di specifiche mancanze contrattuali da parte dell’agente.
Pattuizioni di tale tipo sono assolutamente superflue ogni qualvolta la legge di riferimento del contratto di agenzia fissa, come principio generale, l’esonero dall’obbligo del pagamento dell’indennità di fronte al grave inadempimento dell’agente sulla base del quale il preponente si sarà poi avvalso della facoltà di “rompere in tronco” il contratto.
Il procacciatore d’affari: “foglia di fico” di un rapporto di agenzia
Nell’accostarsi ad un mercato estero molte volte sconosciuto all’operatore economico di casa nostra, è costume invalso la scelta di un intermediario meno “ingombrante” dell’agente, in modo tale da sciogliere l’impresa dai “lacci e laccioli” (soprattutto quelli derivanti dal rispetto di un termine di preavviso e dall’obbligo di pagamento di un’indennità di fine rapporto) connessi alla disciplina legale del contratto di agenzia. Ecco allora emergere la figura (ben nota nel contesto economico “domestico” e reiteratamente esaminata dalla giurisprudenza italiana) del procacciatore; una specie di nostro agente all’Avana, incaricato di segnalare potenziali occasioni di business all’interno di un determinato territorio, senza che ciò comporti, a carico dell’impresa che gli ha affidato tale incarico, il riconoscimento di una esclusiva o l’obbligo di comunicare l’accettazione o il rifiuto dei relativi affari. Si tratta di un rapporto molto “libero” ed avulso da qualsiasi elemento di stabilità grazie al quale l’impresa può lucrare “ogni tanto” qualche buon affare, riconoscendo, ovviamente, un compenso al procacciatore. Quello che abbiamo delineato è il “modello astratto” del rapporto con il procacciatore e quasi mai si attaglia perfettamente alle fattezze del “corpo” che in concreto andrà a contraddistinguere il contenuto della relazione tra l’impresa committente e il procacciatore. Se il procacciatore, dopo aver iniziato alla “chetichella” la sua attività promozionale, cambia “ritmo” e inizia a lavorare di “buona lena”, riuscendo in questo modo a procurare all’impresa affari di importo considerevole e questo suo dinamismo si è ripetuto nel tempo, è chiaro che in questo caso ci troviamo di fronte qualcosa di estremamente diverso da uno sporadico rapporto di procacciamento di affari. Nell’esempio fatto, quale che sia il “nornen iuris” del contratto perfezionatosi tra le parti, il procacciatore si è trasformato, per un “incantesimo giuridico”, in un agente e, come tale, ha tutti i diritti di questo mondo per reclamare i benefici riconosciuti dalla legge agli agenti commerciali.
Qualche ulteriore considerazione merita di essere svolta circa le modalità di determinazione del compenso a favore del procacciatore. Quest’ultimo viene generalmente remunerato in percentuale sul valore dell’affare procurato, il che rientra nell’assoluta normalità del rapporto.
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L’AGENTE ED IL PROCACCIATORE D’AFFARI
di Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx
Ciò che, invece, crea più di uno scompenso, soprattutto al “portafoglio” dell’impresa committente, è la fissazione di una provvigione-commissione (parametrata percentualmente al volume d’affari realizzato dall’impresa con il cliente procurato dal procacciatore), che deve essere pagata ogni anno allo stesso procacciatore per il buon esito di un singolo affare. Nella sostanza può accadere che il procacciatore abbia procurato un solo cliente e per tale “unico successo” vada a beneficiare negli anni a venire di una sorta di “vitalizio” senza più muovere nemmeno un dito per conto dell’impresa committente. Per cercare di riequilibrare in qualche modo i termini economici del contratto, sarebbe cosa meritoria, in casi come questi, fatte salve le mutevoli circostanze del caso influenzate dal valore dell’affare procurato, trattare il procacciatore come un mero mediatore, tacitandolo una volta per tutte con una unica provvigione e senza reiterare tale pagamento negli anni successivi.
Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx, Avvocato specializzato in diritto commerciale–societario e contrattualistica internazionale. Studio legale Albicini a Bologna.