CORTE DI CASSAZIONE
XXXXX XX XXXXXXXXXX
00 aprile 2017, n. 10506 – sez. III
Pres. TRAVAGLINO – Est. XXXXXXXX – P.M. DE MASELLIS (conf.)
Conferma App. Milano, 12 luglio 2012 (ma corregge la motivazione)
Contratto di assicurazione – Responsabilità civile delle strutture sanitarie – Clausole claims made – Meritevolezza -‐‑ Richieste postume – Esclusione. (Codice civile, art. 1917)
La clausola c.d. claim'ʹs made [recte: claims made], inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un 'ʹazienda ospedaliera, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall'ʹassicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell'ʹassicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ai sensi dell'ʹart. 1322, xxxxx secondo, c.c., in quanto realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell'ʹassicuratore, e pone l'ʹassicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione (1).
Massima ufficiale
FATTI DI CAUSA. – 1. Il sig. Xxxxx Xxxxxxxxx xxxxxxxx (in data che né le parti, né la sentenza impugnata indicano) dinanzi al Tribunale di Milano l'ʹAzienda Ospedaliera "ʺFatebenefratelli e Oftalmico"ʺ di Milano (che in seguitò sarà trasformata in "ʺAzienda Socio Sanitaria Territoriale Fatebenefratelli Sacco"ʺ; d'ʹora innanzi, per brevità, "ʺl'ʹAzienda"ʺ).
L'ʹattore chiese la condanna dell'ʹAzienda convenuta al risarcimento dei danni patiti in conseguenza di un intervento chirurgico che assumeva imperitamente eseguito.
L'ʹAzienda si costituì e, oltre a chiedere il rigetto della domanda, chiamò in causa il proprio assicuratore della responsabilità civile, la Fondiaria-‐‑SAI s.p.a. (che in seguito muterà ragione sociale in UnipoiSai s.p.a.; d'ʹora innanzi, per brevità, "ʺla UnipoiSai"ʺ).
La UnipoiSai si costituì e negò di essere tenuta al pagamento dell'ʹindennizzo. Dedusse che il contratto escludeva la garanzia per i fatti illeciti commessi dall'ʹassicurato, anche durante la vigenza del contratto, se la richiesta di risarcimento da parte del terzo fosse pervenuta all'ʹassicurato dopo la scadenza del periodo di assicurazione indicato nella polizza della polizza (c.d. xxxxxxxx claim'ʹs made).
Soggiunse che, nel caso in esame, il terzo danneggiato aveva avanzato per la prima volta la sua richiesta di indennizzo all'ʹospedale dopo la scadenza della polizza, e per effetto della suddetta clausola l'ʹindennizzo non era quindi dovuto.
2. Il Tribunale di Milano, con sentenza 18 marzo 2010 n. 3527, accolse la domanda principale e rigettò quella di garanzia, ritenendo il sinistro escluso dalla copertura.
La sentenza venne appellata, su questo punto, dall'ʹAzienda.
La Corte d'ʹappello di Milano, con sentenza 20 luglio 2012 n. 2655, accolse il gravame dell'ʹAzienda e condannò la UnipoiSai al pagamento dell'ʹindennizzo, ritenendo che:
(-‐‑) la clausola claim'ʹs made, nella sua forma tipica, dovrebbe prevedere una retroattività della copertura assicurativa per i 10 anni precedenti la stipula del contratto;
(-‐‑) nel caso di specie il contratto prevedeva la copertura per i soli fatti illeciti commessi dall'ʹassicurata entro i tre anni precedenti la stipula del contratto;
(-‐‑) ergo, la clausola claim'ʹs made pattuita nel caso in esame era atipica e vessatoria; doveva ritenersi nulla perché non espressamente sottoscritta, e per effetto della nullità si doveva sostituire di diritto con la regola generale di cui al 1° comma dell'ʹart. 1917 c.c..
3. La sentenza d'ʹappello è stata impugnata per cassazione dalla UnipoiSai, con ricorso fondato su un solo motivo.
Ha resistito con controricorso l'ʹAzienda.
Il ricorso, già fissato per la pubblica udienza del 23 febbraio 2016, con ordinanza pronunciata in udienza è stato rinviato a nuovo ruolo, nell'ʹattesa che le Sezioni Unite di questa Corte si pronunciassero su una questione di diritto (la validità della clausola claim'ʹs made) rilevante ai fini della decisione sul ricorso.
Il ricorso è stato quindi nuovamente fissato e discusso all'ʹudienza pubblica del 20 gennaio 2017.
Ambo le parti hanno depositato memoria; l'ʹAzienda ha depositato altresì una seconda memoria prima della discussione fissata per il 20 gennaio 2017.
RAGIONI DELLA DECISIONE. – 1. Questioni preliminari. -‐‑ 1.1. Con ambedue le memorie depositate ai sensi dell'ʹart. 378 c.p.c., e poi nella discussione orale, la difesa dell'ʹAzienda ha invocato la formazione del giudicato esterno sulla questione oggetto del contendere.
A fondamento di tale eccezione ha dedotto che la polizza della cui validità si discute nel presente giudizio, distinta dal n. 704346212, ha formato oggetto di un secondo giudizio tra l'ʹAzienda e la UnipoiSai, relativo ad un diverso fatto colposo per il quale un paziente dell'ʹospedale "ʺFatebenefratelli"ʺ chiese all'ʹAzienda il risarcimento del danno. Ha soggiunto che tale giudizio è stato definitivamente chiuso dalla sentenza di questa Corte n. 22891 del 2015; che con tale sentenza questa Corte, cassando la sentenza impugnata e decidendo nel
merito, ha dichiarato l'ʹinefficacia della stessa clausola contrattuale, la cui validità forma oggetto del presente ricorso.
1.2. L'ʹinvocazione del giudicato esterno da parte della ricorrente è infondata, come correttamente rilevato anche dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni.
Ciò per due ragioni.
La prima ragione è che col proprio ricorso per cassazione la UnipoiSai ha censurato la sentenza impugnata sul presupposto che la Corte d'ʹappello ha escluso la garanzia assicurativa, dopo aver dichiarato vessatoria una clausola del contratto di assicurazione (l'ʹart. 23, comma primo, delle condizioni generali) che non doveva essere applicata al caso di specie, perché disciplinava un caso diverso da quello oggetto del contendere.
Oggetto del presente giudizio è dunque stabilire se la Corte d'ʹappello abbia correttamente individuato i patti contrattuali da applicare al caso concreto.
L'ʹoggetto del giudizio concluso dalla sentenza n. 22891 del 2015 era invece diverso: in quel giudizio si doveva infatti stabilire se la clausola claim'ʹs made contenuta nel contratto di assicurazione fosse vessatoria ai sensi dell'ʹart. 1341 c.c..
La seconda ragione è che, in ogni caso, è onere di chi invoca il giudicato dimostrare la sussistenza degli elementi costitutivi di esso. Nel caso di specie, nella sentenza n. 22891/15 di questa Corte si legge solo (pag. 10, § 6) che le parti controvertevano sulla validità della clausola "ʺdi cui alla polizza stipulata fra le parti"ʺ, ma non è possibile stabilire se tale polizza coincida o meno con quella oggetto del presente giudizio.
2. Il motivo unico del ricorso. -‐‑ 2.1. Con l'ʹunico motivo di ricorso la ricorrente lamenta che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'ʹart. 360, n. 3, c.p.c. (si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 1322, 1341, 1917, 1932 c.c.; 112 c.p.c.); sia dal vizio di illogicità della motivazione, di cui all'ʹart. 360, n. 5, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis al presente giudizio, ovvero quello anteriore alle modifiche di cui all'ʹart. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134).
Deduce, al riguardo, che la Corte d'ʹappello ha accolto la domanda dell'ʹAzienda, reputando vessatoria una clausola che non era rilevante e non doveva essere applicata nel caso di specie.
Spiega che il contratto di assicurazione prevedeva una clausola (l'ʹart. 23 delle condizioni generali) la quale estendeva la copertura alla responsabilità dell'ʹassicurata per i fatti commessi sino a tre anni prima della stipula del contratto, a condizione che la richiesta risarcitoria pervenisse all'ʹassicurata stessa nel periodo di vigenza del contratto; ed escludeva la copertura della responsabilità dell'ʹassicurata per i fatti commessi in costanza di contratto, ma
per i quali la richiesta di risarcimento da parte del terzo danneggiato le fosse pervenuta dopo la scadenza del periodo assicurativo.
La Corte d'ʹappello, reputato che fosse "ʺvessatoria"ʺ la limitazione della copertura pregressa solo ai tre anni precedenti la stipula del contratto, ha dichiarato vessatoria l'ʹintera clausola.
Tuttavia -‐‑ prosegue la UnipoiSai -‐‑ nel caso in esame non era in discussione se l'ʹassicuratore dovesse o non dovesse garantire gli illeciti commessi prima della stipula della polizza, ma se dovesse o non dovesse coprire gli illeciti commessi durante il contratto, ma per i quali l'ʹassicurato fosse stato escusso dopo la scadenza di questo.
La Corte d'ʹappello, pertanto, ha deciso la controversia sulla base d'ʹun patto contrattuale che non doveva essere applicato al caso di specie.
2.2. Il motivo è fondato.
La Corte d'ʹappello ha accolto la domanda dell'ʹAzienda con un sillogismo così riassumibile:
(a) esistono clausole claim'ʹs made "ʺtipiche"ʺ e clausole claim'ʹs made "ʺatipiche"ʺ;
(b) le clausole claim'ʹs made "ʺtipiche"ʺ devono prevedere la copertura della responsabilità dell'ʹassicurato per i fatti colposi commesso fino a dieci anni prima la stipula del contratto;
(c) nel caso di specie era invece prevista la copertura per la responsabilità scaturente da fatti commessi dall'ʹassicurato solo nei tre anni precedenti la stipula della polizza;
(d) questa riduzione costituiva una "ʺriduzione della normale estensione retroattiva della clausola claim'ʹs made"ʺ, ed era perciò vessatoria.
Questa motivazione effettivamente presenta tutti i vizi denunciati dalla ricorrente.
2.3. In primo luogo, essa è illogica, perché la Corte d'ʹappello ha dichiarato nullo il patto "ʺA"ʺ, e di conseguenza accolto la domanda dell'ʹassicurato, in un caso in cui l'ʹassicuratore aveva rifiutato l'ʹindennizzo invocando il patto "ʺB"ʺ.
L'ʹAzienda, infatti, chiese alla UnipoiSai di essere tenuta indenne per un illecito colposo commesso durante la vigenza del contratto, e non già per un fatto commesso prima della stipula di esso. Pertanto che il contratto prevedesse una retroattività di uno, tre o dieci anni era circostanza irrilevante ai fini del decidere.
La sentenza impugnata presenta dunque una evidenza incoerenza logica tra la premessa del ragionamento (la domanda invoca la nullità della clausola "ʺA"ʺ) e la conclusione di esso (la domanda è fondata perché è nulla la clausola "ʺB"ʺ).
2.3. In secondo luogo, e ad abundantiam, sussiste anche la violazione dell'ʹart. 1341 c.c..
Tale norma prevede la nullità della clausole, unilateralmente predisposte e non espressamente approvate per iscritto, che prevedano "ʺlimitazioni di responsabilità"ʺ del predisponente.
La "ʺlimitazione di responsabilità"ʺ del predisponente sussiste quando il patto contrattuale riduce gli obblighi posti a carico di quello o dalla legge, o da altre clausole contrattuali.
Nel caso in esame la Corte d'xxxxxxxx ha dichiarato vessatoria una clausola contrattuale, perché restrittiva non già responsabilità addossata all'ʹassicuratore dalla legge o da altri patti contrattuali, ma perché restrittiva rispetto alle previsioni di una "ʺclausola claim'ʹs made tipica"ʺ.
In buona sostanza, la Corte d'ʹappello ha ritenuto che, dato un patto atipico diffuso, sarebbe vessatoria la clausola che vi deroga. Ma tale affermazione è manifestamente erronea: sia perché non esiste una clausola "ʺclaim'ʹs made tipica"ʺ, se non sul piano della c.d. tipicità commerciale; sia perché il parametro di valutazione delle vessatorietà d'ʹuna clausola riduttiva della responsabilità del predisponente può essere solo la legge o un patto contrattuale concreto e contenuto nel medesimo contratto.
3. La ritenuta fondatezza del ricorso, tuttavia, non impone la cassazione della sentenza impugnata, poiché la statuizione di accoglimento della domanda di garanzia proposta dall'ʹAzienda è comunque conforme a diritto. Sarà dunque sufficiente, in questa sede, provvedere alla sola correzione della motivazione, per le ragioni che seguono.
3.1. L'ʹAzienda e la UnipoiSai hanno stipulato un contratto di assicurazione della responsabilità civile.
Tale contratto prevedeva, all'ʹart. 23, che "ʺla garanzia esplica la sua operatività per tutte le richieste di risarcimento presentate all'ʹassicurato per la prima volta durante il periodo di efficacia della presente assicurazione"ʺ.
Della validità di questo tipo di clausole, comunemente dette claim'ʹs made, si sono occupate le Sezioni Unite di questa corte con la sentenza n. 9140 del 6 maggio 2016.
Con questa decisione le Sezioni Unite hanno stabilito che:
(a) la clausola claim'ʹs made, nella parte in cui consente la copertura di fatti commessi dall'ʹassicurato prima della stipula del contratto, non è nulla, e non rende nullo il contratto di assicurazione per inesistenza del rischio, ai sensi dell'ʹart. 1895 c.c.;
(b) la clausola claim'ʹs made, nella parte in cui subordina l'ʹindennizzabilità del sinistro alla circostanza che il terzo danneggiato abbia chiesto all'ʹassicurato il risarcimento entro i termini di vigenza del contratto, delimita l'ʹoggetto di questo, e non la responsabilità dell'ʹassicuratore, e di conseguenza non è vessatoria;
(c) la clausola claim'ʹs made, pur non essendo vessatoria, potrebbe tuttavia risultare in singoli casi specifici non diretta a "ʺrealizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ʹordinamento giuridico"ʺ, ai sensi dell'ʹart. 1322 c.c.. Quest'ʹultima valutazione tuttavia va compiuta in concreto e non in astratto, valutando:
(c'ʹ) se la clausola subordini l'ʹindennizzo alla circostanza che sia il danno, sia la richiesta di risarcimento da parte del terzo avvengano nella vigenza del contratto;
(c"ʺ) la qualità delle parti;
(c"ʺ'ʹ) la circostanza che la clausola possa esporre l'ʹassicurato a "ʺbuchi di garanzia"ʺ.
Per effetto dell'ʹintervento delle Sezioni Unite, resta dunque definitivamente stabilito che la clausola claim'ʹs made non rende il contratto privo di rischio, e non ne comporta la nullità ex art. 1895 c.c.; e che la suddetta clausola non è vessatoria ai sensi dell'ʹart. 1341 c.c..
Resta, invece, da stabilire caso per caso se quella clausola possa dirsi anche "ʺdiretta a realizzare interessi meritevoli di tutela"ʺ, ai sensi dell'ʹart. 1322 c.c., in particolare quando, come nel caso di specie, escluda il diritto all'ʹindennizzo per i danni causati dall'ʹassicurato in costanza di contratto, ma dei quali il terzo danneggiato abbia chiesto il pagamento dopo la scadenza del contratto (d'ʹora innanzi, per brevità, "ʺle richieste postume"ʺ).
Ritiene questa Corte che la clausola in esame non superi il vaglio di meritevolezza richiesto dall'ʹart. 1322 c.c., e che pertanto corretto sia il dispositivo della sentenza impugnata, nella parte in cui ne ha escluso la validità.
3.2. La clausola claim'ʹs made è un patto atipico, sorto in un ordinamento giuridico il cui diritto assicurativo è stato in passato, e resta ancor oggi, molto distante da quello italiano: per genesi, sviluppo e contenuto. In quanto patto atipico, alle parti è consentito adottarla solo se intesa a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo il nostro ordinamento giuridico.
La "ʺmeritevolezza"ʺ di cui all'ʹart. 1322, comma secondo, c.c., non si esaurisce nella liceità del contratto, del suo oggetto o della sua causa. Secondo la Relazione al Codice civile, la meritevolezza è un giudizio (non un requisito del contratto, come erroneamente sostenuto da parte della dottrina), e deve investire non il contratto in sé, ma il risultato con esso perseguito.
Tale risultato dovrà dirsi immeritevole quando sia contrario alla coscienza civile, all'ʹeconomia, al buon costume od all'ʹordine pubblico (così la Relazione al Codice, § 603, II capoverso). Principio che, se pur anteriore alla promulgazione della Carta costituzionale, è stato da questa ripreso e consacrato negli artt. 2, secondo periodo; 4, secondo xxxxx, e 41, secondo xxxxx, cost..
Affinché dunque un patto atipico possa dirsi "ʺimmeritevole"ʺ, ai sensi dell'ʹart. 1322 c.c., non è necessario che contrasti con norme positive: in tale ipotesi sarebbe infatti di per sé nullo ai sensi dell'ʹart. 1418 c.c..
L'ʹimmeritevolezza discenderà invece dalla contrarietà (non del patto, ma) del risultato che il patto atipico intende perseguire con i princìpi di solidarietà, parità e non prevaricazione che il nostro ordinamento pone a fondamento dei rapporti privati. Il giudizio di immeritevolezza, in definitiva, non costituisce che una parafrasi moderna del secolare ammonimento di Xxxxx nei Libri LXII ad edictum, ovvero non omne quod licet, honestum est (Dig., 50, XVII, 144).
3.3. Questa Corte, pur evitando definizioni generali della nozione di "ʺimmeritevolezza"ʺ, in passato ha più volte implicitamente affermato i princìpi appena esposti.
E'ʹ stata ritenuta "ʺimmeritevole"ʺ la clausola, inserita in una concessione di derivazione di acque pubbliche, che imponeva al concessionario il pagamento del canone anche nel caso di mancata fruizione della derivazione per fatto imputabile alla p.a. concedente, per contrarietà al principio di cui all'ʹart. 41, comma secondo, cost. (Sez. U, Sentenza n. 4222 del 17/02/2017).
Immeritevole è stato ritenuto il contratto finanziario che addossava alla banca vantaggi certi e garantiti, ed al risparmiatore non garantiva alcuna certa prospettiva di lucro (è la nota vicenda del contratto "ʺMyway"ʺ, che prevedeva l'ʹacquisto di prodotti finanziari, emessi da una banca, mediante un mutuo erogato dalla stessa banca, e poi costituiti in pegno a garanzia del mancato rimborso del finanziamento: ex aliis, in tal senso, Sez. l, Sentenza n. 22950 del 10/11/2015; per una vicenda analoga ed una analoga statuizione, relativa al contratto finanziario denominato "ʺ4You"ʺ, si veda altresì Sez. 6-‐‑ 3, Ordinanza n. 19559 del 30/09/2015).
Immeritevole, altresì, è stato ritenuto il contratto atipico stipulato tra farmacisti, in virtù del quale gli aderenti si obbligavano a non aprire al pubblico il proprio esercizio commerciale nel giorno di sabato, in quanto contrastante con la "ʺeffettiva realizzazione di un assetto concorrenziale del mercato"ʺ (Sez. 3, Sentenza n. 3080 del 08/02/2013).
Immeritevole, ancora, è stata ritenuta la clausola, inserita in un mutuo di scopo per l'ʹacquisto d'ʹun bene materiale, che obbligava il mutuante al pagamento delle rate persino nel caso di mancata consegna del bene da parte del venditore (Sez. 3, Sentenza n. 12454 del 19/07/2012).
Immeritevole, poi, è stata ritenuta la clausola contrattuale che vietava al conduttore di ospitare stabilmente persone non appartenenti al suo nucleo familiare, in quanto contrastante coi doveri di solidarietà (Sez. 3, Sentenza n. 14343 del 19/06/2009).
Immeritevole, altresì, è stato ritenuto il contratto fiduciario in virtù del quale ad una banca, presso cui il cliente aveva depositato somme di denaro su un libretto
di risparmio ed aperto un conto corrente, di compensare l'ʹattivo del primo con il passivo del secondo (Xxx. 1, Sentenza n. 1898 del 19/02/2000).
Immeritevole, ancora, è stato ritenuto il patto parasociale in virtù del quale i soci firmatari si obbligavano, in occasione delle deliberazioni assembleari di nomina degli amministratori e dei sindaci, a votare in conformità alle indicazioni formulate da uno di essi (Sez. 1, Sentenza n. 9975 del 20/09/1995).
Né può tacersi, infine, un richiamo alla importante decisione pronunciata dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di esercizio officioso, da parte del giudice, del potere di ridurre la clausola penale manifestamente eccessiva (Sez. U, Sentenza n. 18128 del 13/09/2005). Nella motivazione di tale sentenza, infatti, in piena sintonia col § 603 della Relazione al Codice civile sopra ricordato, si ribadisce che l'ʹautonomia negoziale delle parti non è sconfinata, ma è circoscritta entro il limite della meritevolezza, travalicato il quale l'ʹordinamento cessa di apprestarle tutela.
3.4. Riducendo a "ʺsistema"ʺ le motivazioni dei precedenti appena ricordati, se ne ricava che sono stati ritenuti immeritevoli, ai sensi dell'ʹart. 1322, comma secondo, c.c., contratti o patti contrattuali che, pur formalmente rispettosi della legge, avevano per scopo o per effetto di:
(a) attribuire ad una delle parti un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita per l'ʹaltra (sentenze 22950/15, cit.; 19559/15, cit.);
(b) porre una delle parti in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all'ʹaltra (sentenze 4222/17; 3080/13; 12454/09; 1898/00; 9975/95, citt.);
(c) costringere una delle parti a tenere condotte contrastanti coi superiori doveri di solidarietà costituzionalmente imposti (sentenza 14343/09, cit.).
E'ʹ alla luce di questi criteri che va valutata, nel caso di specie, la meritevolezza della clausola claim'ʹs made inserita nel contratto di assicurazione stipulato tra l'ʹAzienda e la UnipoiSai.
E'ʹ incontroverso che quel contratto copriva il rischio di responsabilità civile, cui l'ʹAzienda fosse rimasta esposta nell'ʹesercizio della propria attività, ovvero lo svolgimento di prestazioni sanitarie. Come già detto, essa escludeva l'ʹindennizzabilità delle richieste postume. E'ʹ, infine, incontroverso che sanitari dipendenti dell'ʹAzienda causarono danno ad un paziente nel 2003; che il contratto di assicurazione scadde il 31 dicembre 2003; che il terzo danneggiato rivolse la sua richiesta di risarcimento all'ʹAzienda nel 2005.
Una clausola di questo tipo, inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulata da un soggetto esercente la professione sanitaria, ed a copertura dei rischi propri di questa, non appare destinata a perseguire interessi meritevoli di tutela, sotto nessuno dei tre aspetti enucleati poc'ʹanzi, nell'ʹesordio del presente paragrafo.
3.4.1. In primo luogo, la clausola claim'ʹs made che escluda le richieste postume appare immeritevole di tutela, in quanto attribuisce all'ʹassicuratore un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita.
La clausola claim'ʹs con esclusione delle richieste postume riduce infatti il periodo effettivo di copertura assicurativa, dal quale resteranno verosimilmente esclusi tutti i danni causati dall'ʹassicurato nella prossimità della scadenza del contratto. E'ʹ infatti praticamente impossibile che la vittima d'xxx danno abbia la prontezza e il cinismo di chiederne il risarcimento illico et immediate al responsabile.
Ciò determina uno iato tra il tempo per il quale è stipulata l'ʹassicurazione (e verosimilmente pagato il premio), e il tempo nel quale può avverarsi il rischio. E'ʹ vero che tale iato ricorre anche in alcuni tipi assicurativi (ad es., nei trasporti marittimi, nei quali la copertura inizia al momento della caricazione anche se il contratto è stato stipulato prima di tale momento), ma è altresì vero che in quei contratti prima dell'ʹinizio della copertura, o dopo la sua fine, non è possibile l'ʹavveramento del rischio (la merce non può essere perduta dal vettore prima della caricazione o dopo la scaricazione), mentre nell'ʹassicurazione della responsabilità civile sanitaria è ovviamente possibile che l'ʹassicurato causi danni a terzi anche negli ultimi mesi, o giorni, od ore precedenti la scadenza del contratto.
Questo iato temporale, è inconciliabile con il tipo di responsabilità professionale cui può andare incontro il medico, la cui opera può talora produrre effetti dannosi a decorso occulto, che si manifestano a distanza anche di molto tempo dal momento in cui venne tenuta la condotta colposa fonte di danno.
3.4.2. In secondo luogo, la clausola claim'ʹs made che escluda le richieste postume appare immeritevole di tutela, in quanto pone l'ʹassicurato in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all'ʹaltra.
La clausola claim'ʹs made, infatti, fa dipendere la prestazione dell'ʹassicuratore della responsabilità civile non solo da un evento futuro ed incerto ascrivibile a colpa dell'ʹassicurato, ma altresì da un ulteriore evento futuro ed incerto dipendente dalla volontà del terzo danneggiato: la richiesta di risarcimento.
L'ʹavveramento di tale condizione, tuttavia, esula del tutto dalla sfera di dominio, dalla volontà e dall'ʹorganizzazione dell'ʹassicurato, che non ha su essa ha alcun potere di controllo. Ciò determina conseguenze paradossali, che l'ʹordinamento non può, ai sensi dell'ʹart. 1322, c.c., avallare.
La prima è che la clausola in esame fa sorgere nell'ʹassicurato l'ʹinteresse a ricevere prontamente la richiesta di risarcimento, in aperto contrasto col principio secolare (desumibile dall'ʹart. 1904 c.c.) secondo cui il rischio assicurato deve essere un evento futuro, incerto e non voluto.
La seconda conseguenza paradossale è che la clausola claim'ʹs made con esclusione delle richieste postume pone l'ʹassicurato nella seguente aporia:
sapendo di avere causato un danno, se tace e aspetta che sia il danneggiato a chiedergli il risarcimento, perde la copertura; se sollecita il danneggiato a chiedergli il risarcimento, viola l'ʹobbligo di salvataggio di cui all'ʹart. 1915 c.c ..
3.4.3. In terzo luogo, la clausola claim'ʹs made che escluda le richieste postume appare immeritevole di tutela, in quanto può costringere l'ʹassicurato a tenere condotte contrastanti coi superiori doveri di solidarietà costituzionalmente imposti.
La clausola in esame infatti, elevando la richiesta del terzo a "ʺcondizione"ʺ per il pagamento dell'ʹindennizzo, legittima l'ʹassicuratore a sottrarsi alle proprie obbligazioni ove quella richiesta sia mancata: con la conseguenza che se l'ʹassicurato adempia spontaneamente la propria obbligazione risarcitoria prima ancora che il terzo glielo richieda (come correttezza e buona fede gli imporrebbero), l'ʹassicuratore potrebbe rifiutare l'ʹindennizzo assumendo che mai nessuna richiesta del terzo è stata rivolta all'ʹassicurato, sicché è mancata la condicio iuris cui il contratto subordina la prestazione dell'ʹassicuratore (si veda, al riguardo, la fattispecie concreta già decisa da Sez. 3, Sentenza n. 5791 del 13/03/2014). Esito, si diceva, paradossale, posto che quanto più l'ʹassicurato è zelante e rispettoso dei propri doveri di solidarietà sociale, tanto meno sarà garantito dall'ʹassicuratore.
3.5. Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere rigettato, previa correzione della motivazione nei termini che precedono, in virtù del seguente principio di diritto:
La clausola c.d. claim 'ʹs made, inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un 'ʹazienda ospedaliera, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall'ʹassicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell'ʹassicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ai sensi dell'ʹart. 1322, comma secondo, c.c., in quanto realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell'ʹassicuratore, e pone l'ʹassicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione.
4. Le spese.
4.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno compensate integramente tra le parti, in considerazione della novità e controvertibilità della questione.
4.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'ʹimpugnazione, ai sensi dell'ʹart. 13, comma l
xxxxxx, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall'ʹart. l, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
(1) Richieste postume e immeritevolezza delle claims made. Nomofilachia o disorientamento? (*)
Sommario: 1. La pronuncia e i suoi precedenti. – 2. Analisi critica della pronuncia. – 2.1. Confronto con i precedenti delle Sezioni Unite. – 2.2. Infondatezza del giudizio di immeritevolezza. -‐‑ 3. La nuova disciplina in materia di assicurazione dei rischi in ambito sanitario e in ambito professionale.
1. Nel 2005 la Cassazione si occupava per la prima volta delle clausole claims made, reputandole atipiche – rispetto al modello dell’art. 1917 c.c. – ma in linea di principio valide perché dirette a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico, a norma dell’art. 1322 c.c. 1 . La Corte affermava tuttavia che, poiché limita la responsabilità a carico dell’assicuratore predisponente, risolvendosi nella mancata copertura di rischi per i quali solitamente ci si assicura, la clausola claims made è vessatoria, sicché per la sua efficacia è necessaria la specifica sottoscrizione da parte dell’assicurato.
Xxxxx Xxxxxxxx, allora giudice del Tribunale di Roma, commentava la pronuncia del Supremo Collegio con una nota dal titolo: La claims made è vessatoria? No, è nulla. Come chiarito nel suo scritto più recente e conosciuto 2, la clausola claims made sarebbe nulla per quattro ragioni:
1) perché ne risulterebbero assicurati rischi già concretizzatisi prima della stipula del contratto, in violazione del divieto di assicurazione retroattiva di cui all’art. 1895 c.c.;
* La presente nota di commento è destinata alla pubblicazione su Banca, borsa e titoli di credito. I diritti di autore di questa versione provvisoria appartengono al suo Autore e sono riservati. L’opera è messa a disposizione dei visitatori del sito xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx in anteprima per gli usi consentiti dalla legge, con il vincolo di riferirsi ad essa citandola come segue: DE XXXX, Richieste postume e immeritevolezza delle claims made. Nomofilachia o disorientamento?, destinato a Banca, borsa, tit. cred., reperibile in xxx.xxxxxxxxxxxxxxxxxxx.xxx (versione del 7 giugno 2017).
1 Cass. civ., sez. III, 15 marzo 2005, n. 5624, in Assicurazioni, 2006, II, 2, 4, con nota critica di XXXXXXX,
La clausola claims made è vessatoria?; in Danno e resp., 2005, 1071, con note di XXXXXX, Assicurazione claims made, sinistro (latente) e dilatazione (temporale) della responsabilità civile, e di LANZANI, Xxxxxxxx claims made: legittime, ma vessatorie; in Nuova giur. civ., 2006, I, 153, con articolata nota critica di XXXXXXXXX, Xxxxxx e norma nel contratto di assicurazione: la clausola claims made; nonché in Diritto & Giustizia, 2005, fasc. 37, 20, con nota di XXXXXXXX, La claims made è vessatoria? No, è nulla. La massima così recita: «nel contratto di assicurazione della responsabilità civile il sinistro, in base al quale sorge l’obbligo per l’assicuratore di tenere indenne l’assicurato di quanto da lui dovuto al danneggiato, si identifica con il fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione e non nella richiesta da parte del danneggiato, sicché la clausola c.d. claims made, atta a limitare la copertura ai sinistri denunciati nel corso della vigenza contrattuale, non rientra nella fattispecie tipizzata dal legislatore, ma integra un contratto atipico pienamente lecito».
2 ROSSETTI, Il diritto delle assicurazioni. Vol. III: Le assicurazioni di responsabilità civile - Le assicurazioni sulla vita - La riassicurazione - Assicurazione e prescrizione - Assicurazione e processo, Cedam, Padova, 2013, 37 s.
2) perché si farebbe dipendere l’efficacia della copertura assicurativa dalla scelta del tutto imponderabile e imprevedibile del terzo danneggiato;
3) perché il contratto sarebbe privo di causa, in quanto non sarebbe possibile derogare allo schema dell’art. 1917 c.c.;
4) perché la clausola claims made costituirebbe una coazione indiretta dell’assicurato a sollecitare il danneggiato ad una tempestiva richiesta risarcitoria, creando nell’assicurato un interesse alla verificazione del rischio, in contrasto con la causa dell’assicurazione.
Ciononostante, Xxxxxxxx riteneva che «nella parte in cui non consente l’indennizzabilità di rischi verificatisi in costanza di contratto quando la richiesta risarcitoria pervenga all’assicurato dopo la scadenza del contratto, la clausola claim’s made [recte: claims made] pone una decadenza a carico dell’assicurato, che in quanto tale deve essere approvata per iscritto, ex art. 1341» 3.
La tesi della nullità delle clausole claims made veniva seguita soprattutto da provvedimenti del Tribunale di Roma (di cui è xxxxxxxxx Xxxxxxxx) 4 e da altra parte della giurisprudenza di merito 5.
Nonostante il forte contrasto tra le corti di merito 6, per quasi un decennio la Cassazione non è tornata sul tema e, quando lo ha fatto, nel 2013, ha meramente
3 ROSSETTI (nt. 2), 39. L’espressione “claim’s made”, utilizzata anche nella sentenza in epigrafe, non è corretta in lingua inglese, giacché il participio passato “made” non è retto dall’ausiliare “is” (né vi è un genitivo sassone), ma è aggettivato e concorda con “claims” o “claim”. La formula corretta infatti è “claims made”, cioè a richieste fatte, o “first claim made”, cioè a prima richiesta fatta. Può essere sufficiente il riferimento al Dictionary of insurance terms, Xxxxxx’x Educational Series, Hauppauge (NY), 2000, voce claims made e claims made basis liability coverage.
4 E v., Trib. Roma, 12 gennaio 2006, A.P. c. Società Cattolica assicurazioni; Trib. Roma, 1° marzo 2006,
E.B. c. Fondiaria Sai, entrambe in xxx.xxxxxxxxxxx.xx, nonché, analogamente, Trib. Roma, 1° agosto 2006, Xxxxxxx c. Assitalia, in Dir. ed economia assicuraz., 2007, 171, con nota critica di DE XXXXXXX, Claims made e rischio putativo; Trib. Roma, 5 gennaio 2007, in Contratti, 2007, 352.
5 Trib. Roma, 10 aprile 2013, in Corriere merito, 2013, 1162, con nota contraria di XXXXX, Gli incerti limiti della clausola claims made nei contratti per la responsabilità civile; in senso analogo si pongono, Trib. Genova, 8 aprile 2008, in Danno e resp., 2009, 103, con nota (adesiva) di I. CARASSALE, La nullità della clausola claims made nel contratto di assicurazione della responsabilità civile, nonché in Dir. ed economia assicuraz., 2010, 3, 774, con nota di XXXXXXXXXXX, Ancora in tema di clausola claims made: due pronunce a confronto; Trib. Bologna, 2 ottobre 2002, in Dir. ed economia assicuraz., 2005, 711; App. Napoli, 28 febbraio 2001, in Dir. ed economia assicuraz., 2005, 711, con nota critica di XXXXX, In tema di liceità della clausola claims made nel contratto di assicurazione della responsabilità civile; Trib. Casale Monferrato, 25 febbraio 1997, in Arch. civ., 1997, 647.
6 Oltre alla tesi accolta dalla Cassazione e a quella seguita dalla giurisprudenza di merito di cui alla nt. 4, si aggiunge un terzo orientamento il quale, ritenendo sempre valide ed efficaci le clausole claims made
c.d. «pure», reputa invece vessatorie quelle «miste», ossia quelle che limitano a ritroso il periodo temporale entro il quale deve essere stato tenuto il comportamento foriero di danni (Trib. Milano, 18 marzo 2010, in Nuova giur. civ., 2010, I, 857, con nota di XXXXXXX, La travagliata storia delle clausole claims made: le incertezze continuano; nonché in Corriere merito, 2010, 1054, con nota adesiva di LUBERTI, Xxxxxxxx claims made: un minoritario (e condivisibile) indirizzo giurisprudenziale; analogamente, Trib. Bari, 12 luglio 2012, in Giur. it., 2012, 2558, con nota di XXXXXXXXXXXX, Xxxxxxxx claims made e responsabilità dell’assicuratore: quando ricorre il carattere della vessatorietà; Trib. Rovigo-Adria, 17 agosto 2011, giud. Xxxxxxxxxx, X.X. x. Ras assicurazioni e Fondiaria Sai assicurazioni, in xxx.xxxxxxxxxxx.xx; nonché, Trib. Crotone, 8 novembre 2004, in Assicurazioni, 2004, II, 2, 260):
confermato la pronuncia del 2005 7. La stessa linea è stata sostanzialmente mantenuta anche da due successive sentenze del 2015 8.
Nel 2014, invece, si sono registrate due pronunce innovative che, peraltro, ad una attenta lettura, si rivelano tra loro in contrasto 9. Con la prima pronuncia, riferibile alla redazione del consigliere Xxxxxxxxx Xxxxxxxx, la Cassazione prendeva posizione sulla tesi dell’inesistenza del rischio e della nullità per difetto di causa, reputandole infondate. Si sosteneva infatti che, nella parte in cui garantisce l’assicurato per i comportamenti tenuti prima della sottoscrizione, se denunciati durante la vigenza del contratto di assicurazione, la clausola claims made è valida ed efficace e non può ritenersi che sia nulla per inesistenza del rischio, in quanto l’alea riguarda i comportamenti passati non nella loro materialità, ma nella consapevolezza, da parte dell’assicurato, che si ha solo al momento della richiesta risarcitoria. Del resto, l’art. 1917 c.c. è norma derogabile in ogni sua parte, inclusi i commi terzo e quarto purché – a norma dell’art. 1932 c.c. – a favore dell’assicurato. Con la seconda pronuncia, riferibile alla redazione del consigliere Xxxxxxxx -‐‑ nel frattempo approdato al Supremo Collegio – la Cassazione affermava il principio secondo cui, quando un contratto di assicurazione della responsabilità civile non contenga la clausola claims made, lo stesso fa riferimento al modello legale di cui all’art. 1917 c.c. che
quest’ultimo orientamento afferma la compatibilità delle clausole claims made con il tipo “assicurazione della responsabilità civile”, non venendo meno il rischio e non mutando l’oggetto del contratto. Sempre per la validità sono Trib. Catanzaro, 1° aprile 2011, in La responsabilità civile, 2012, 774, con nota di XXXXXXX, Uno sguardo di sintesi e nuove prospettive sulle clausole claims made; Trib. Novara 13 giugno 2011, n. 209, giud. Xxxxxxx, B.M. e R.S. c. Navale assicurazioni, in xxx.XxxxxxXXX.xx, 2012; Trib. Milano, 10 gennaio 2012, Resp. civ. e prev., 2012, 916, con nota di BUGIOLACCHI, I mobili confini del tipo assicurativo: considerazioni in tema di assicurazione della r.c. con clausola claims made; Trib. Genova, 23 gennaio 2012, in Assicurazioni, 2012, 372. V. infine anche App. Roma, 22 marzo 2011, in
Obbligazioni e contratti, 2011, 545.
7 Cass. civ., sez. III, 22 marzo 2013, n. 7273, in Resp. civ. prev., 2013, 1668, nonché in Assicurazioni, 2013, II, 120, secondo cui: «La clausola c.d. claims made inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile è valida ed efficace, mentre spetta al giudice di merito stabilire caso per caso, con valutazione di merito, se quella clausola abbia o meno natura vessatoria ai sensi dell’art. 1341 c.c.».
8 Cass. civ., sez. III, 13 febbraio 2015, n. 2872, in Danno e resp., 2016, 186, con nota di XXXXXXX e NARDO, Le clausole claims made di nuovo in cassazione: atto quarto o semplice bis?. Questa pronuncia, pur confermando che è possibile una valutazione in concreto a norma dell’art. 1341 c.c., chiarisce tuttavia che la clausola «non pone limitazioni di responsabilità in astratto, ma definisce l’oggetto della copertura assicurativa, stabilendo quali siano i sinistri indennizzabili». Successivamente, Cass. civ., sez. III, 10 novembre 2015, n. 22891, tra l’altro in Nuova giur. civ., 2016, 361, con nota di FERMEGLIA, Quando la clausola claims made è vessatoria? Finalmente una risposta della cassazione, e in Resp. civ., 2016, 528 (m), con nota di XXXXXXXXX, Xxxxxxxx claims made e giudizio di vessatorietà, ha affermato che «al fine della valutazione sulla vessatorietà o meno di una clausola claims made, il giudice non può decidere (aprioristicamente) per la vessatorietà in virtù della contrarietà della clausola alla fattispecie legale prevista dall’art. 1917 c.c., ma deve sempre valutare, caso per caso, le varie clausole contrattuali onde verificare se si configuri una reale limitazione della responsabilità».
9 Cass. civ., sez. III, 13 marzo 2014, n. 5791 (Rel. Xxxxxxxx); Cass. civ., sez. III, 17 febbraio 2014, n. 3622 (Rel. Xxxxxxxx), in questa Rivista, 2015, II, 712; nonché in Assicurazioni, 2016, 75, con nota di DE LUCA, Act committed, loss occurrence e claims made nelle assicurazioni dei rischi professionali. Anche la cassazione è giudice monocratico?.
adotta la formula c.d. loss occurrence. Più precisamente, la Corte riteneva che per fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione debba intendersi la materiale condotta che dà corso all’illecito (act committed), non l’insorgenza del danno (loss occurrence). Pronuncia questa da condividersi integralmente 10, se non fosse che, nel caso di specie, il contratto conteneva una clausola claims made che la Corte sembrava riluttante ad applicare, come se la giudicasse illegittima.
Nel 2016 la questione della validità o efficacia delle clausole claims made veniva rimessa per due volte alle Sezioni Unite 11. Con una prima pronuncia riferibile alla redazione del consigliere Xxxxxxxx Xxxxxxxx, seguita anche dalla seconda con relatore Xxxxxx Xx Xxxxxxx, le Sezioni Unite hanno confermato il principio di diritto formulato nella pronuncia redatta dal consigliere Xxxxxxxx, escludendo dunque che la clausola claims made possa reputarsi nulla per inesistenza del rischio o per mancanza di causa. Inoltre, sovvertendo il precedente indirizzo delle sentenze del 2005, 2013 e 2015, hanno chiarito che la clausola claims made, inserita nelle condizioni generali di contratto predisposte dall’assicuratore, non limita la sua responsabilità ai sensi dell’art. 1341, comma 0, x.x., x xxxx non è vessatoria, perché definisce l’oggetto del contratto. Le Sezioni Unite hanno tuttavia aperto un nuovo filone interpretativo, secondo il quale, data l’atipicità della pattuizione rispetto al modello legale, il giudice del merito potrebbe in concreto giudicare la clausola inidonea a soddisfare interessi meritevoli di tutela, e dunque nulla a norma dell’art. 1322, comma 2, c.c. Secondo le Sezioni Unite, infatti, non è vessatoria, ai sensi dell’art. 1341 x.x., xx xxxxxxxx xxx xxxxxxxxx x’xxxxxxxxxxx xxxxx xxxxxxxxx alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro periodi di tempo preventivamente individuati (c.d. clausola claims made mista o impura); tuttavia, in presenza di determinate condizioni, il giudice di merito, con valutazione incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata, può dichiarare la nullità di tale clausola per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina dettata dal codice del consumo, per il fatto di determinare, a carico
10 Come osservato in altra sede (DE LUCA, L’attuazione del rapporto assicurativo, in Responsabilità e assicurazione, a cura di Xxxxxxx Xxxxxx, II ed., Xxxxxxx, Milano, 2007, 105) ove le parti nulla abbiano convenuto, è da ritenersi che l’assicuratore sia obbligato a corrispondere, all’assicurato che ne faccia richiesta, le indennità relative a qualsiasi fatto, generatore per quest’ultimo di responsabilità civile, secondo le deduzioni contrattuali e nei limiti del massimale pattuito, indipendentemente da quando le conseguenze dannose del fatto illecito si manifestino ed indipendentemente da quando la richiesta di risarcimento del terzo intervenga, purché naturalmente il relativo diritto non sia prescritto.
11 Cass. civ., Sez. Un., 6 maggio 2016, n. 9140 (m) e Cass. Civ., Sez. Un., 2 dicembre 2016, n. 24645, in Assicurazioni, 2016, 477, con nota di D’XXXXXX, Il controllo di meritevolezza delle clausole claims made nell’assicurazione della responsabilità civile (la prima delle due pronunce a Sezioni Unite è stata oggetto di molti commenti, tra i quali si segnalano: PARDOLESI, Le sezioni unite sulla clausola claims made: a capofitto nella tempesta perfetta, in Foro it., 2016, I, 2014; XXXXXXX, La clausola claims made al vaglio delle sezioni unite: un’analisi a tutto campo, in questa Rivista, 2016, II, 643).
del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto.
Nel 2017 la Cassazione, con pronuncia ancora riferibile alla redazione del consigliere Xxxxxxxx e qui annotata, ha chiarito che la clausola c.d. claim'ʹs made [recte: claims made], inserita in un contratto di assicurazione della responsabilità civile stipulato da un'ʹazienda ospedaliera, per effetto della quale la copertura esclusiva è prestata solo se tanto il danno causato dall'ʹassicurato, quanto la richiesta di risarcimento formulata dal terzo, avvengano nel periodo di durata dell'ʹassicurazione, è un patto atipico immeritevole di tutela ai sensi dell'ʹart. 1322, comma 2, c.c., in quanto realizza un ingiusto e sproporzionato vantaggio dell'ʹassicuratore, e pone l'ʹassicurato in una condizione di indeterminata e non controllabile soggezione.
2. La sentenza annotata rigetta il ricorso con conferma perciò della sentenza gravata, di cui tuttavia corregge la motivazione, a norma dell’art. 384 c.p.c..
La Corte di Appello di Milano aveva condannato la compagnia di assicurazione al pagamento dell’indennità sulla base di questa motivazione (così sintetizzata dalla sentenza in epigrafe):
a) la clausola claims made, nella sua forma tipica, dovrebbe prevedere una retroattività della copertura assicurativa per i dieci anni precedenti la stipula del contratto;
b) nel caso di specie il contratto prevedeva la copertura per i soli fatti illeciti commessi dall'ʹassicurata entro i tre anni precedenti la stipula del contratto;
c) ergo, la clausola claims made pattuita nel caso in esame era atipica e vessatoria; doveva ritenersi nulla perché non espressamente sottoscritta, e per effetto della nullità si doveva sostituire di diritto con la regola generale di cui al primo comma dell'ʹart. 1917 c.c..
La Suprema Corte reputa illogica detta motivazione, perché non può giudicarsi della vessatorietà di una clausola con riferimento alla sua solita formulazione negoziale, dovendosi avere riguardo alla fattispecie legale. La medesima ritiene peraltro che, poiché il fatto generatore di danno si era verificato in costanza di polizza, la motivazione della sentenza era incongruente, giacché la vessatorietà non sarebbe potuta dipendere dalla limitazione della retroattività.
La sentenza in epigrafe si chiede a questo punto se l’astratto accoglimento del ricorso, per illogicità della motivazione, conduca ad un diverso risultato. Lo nega sostenendo, in estrema sintesi, che:
a) la Corte di Xxxxxxx avrebbe dovuto esaminare la clausola claims made nella parte in cui prevedeva che, per poter risultare coperto l’evento causa del danno occorso in costanza di polizza, anche la richiesta di risarcimento deve pervenire entro la scadenza della polizza;
b) nel compiere tale valutazione si deve considerare l’orientamento delle Sezioni Unite e dunque ragionare non in termini di vessatorietà, bensì di meritevolezza;
c) così ragionando, la clausola claims made che esige che tanto l’evento di danno, quanto la richiesta risarcitoria debbano pervenire entro il medesimo periodo (esclusione della c.d. richiesta postuma) non è meritevole, e perciò è nulla come ritenuto dalla Corte di Appello, seppur con motivazione illogica.
Va infatti negata la meritevolezza della clausola claims made che escluda la copertura delle richieste postume in quanto:
a) attribuisce all'ʹassicuratore un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita;
b) pone l'ʹassicurato in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all'ʹaltra parte;
c) può costringere l'ʹassicurato a tenere condotte contrastanti coi superiori doveri di solidarietà costituzionalmente imposti.
Nonostante molti passaggi della sentenza abbiano una propria coerenza, tali conclusioni non appaiono convincenti. Non può peraltro farsi a meno di notare come la stessa pronuncia finisca per tradire la funzione nomofilattica che la Suprema Corte deve assicurare non solo quando decide a Sezioni Unite. Di qui le note critiche che seguono.
2.1. Occorre preliminarmente fare riferimento all’antecedente logico della pronuncia in commento, e cioè a quella delle Sezioni Unite del 2016 (Rel. Xxxxxxxx). Le Sezioni Unite hanno sostenuto che «la clausola che subordina l’operatività della copertura alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro periodi di tempo preventivamente individuati (c.d. clausola claims made mista o impura) non è vessatoria; tuttavia, in presenza di determinate condizioni, il giudice di merito, con valutazione incensurabile in sede di legittimità, ove congruamente motivata, può dichiarare la nullità di tale clausola per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina dettata dal codice del consumo, per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto». La massima è ufficiale e contenuta anche nel corpo della sentenza.
Con riferimento alla seconda parte della massima, si nota agevolmente che la sentenza in epigrafe non avrebbe potuto pronunciare l’immeritevolezza della clausola, giacché la Cassazione non è giudice del merito e non poteva giovarsi degli accertamenti condotti nei gradi precedenti. Ed invero, il giudizio sulla meritevolezza o sullo squilibrio dei diritti ed obblighi derivanti dal contratto è
accertamento diverso da quello di vessatorietà 12 . Lo conferma la stessa pronuncia annotata, sostenendo che oggetto del giudizio di meritevolezza è l’accertamento della contrarietà non del patto, ma del risultato che il patto atipico intende perseguire «con i princìpi di solidarietà, parità e non prevaricazione che il nostro ordinamento pone a fondamento dei rapporti privati».
Con riferimento alla prima parte della massima delle Sezioni Unite, va notata la forzatura dall’annotata sentenza, secondo cui sarebbero state le Sezioni Unite ad esigere il giudizio di meritevolezza in tutti i casi in cui «la clausola subordini l'ʹindennizzo alla circostanza che sia il danno, sia la richiesta di risarcimento da parte del terzo avvengano nella vigenza del contratto». In realtà, le Sezioni Unite non hanno mai fatto riferimento al problema delle richieste postume sul quale si pronuncia la sentenza in commento 13. Al contrario le Sezioni Unite hanno chiaramente sostenuto che, mentre nessun giudizio di meritevolezza va condotto in relazione alle c.d. claims made pure, che non restringono l’operatività dell’assicurazione alle richieste di risarcimento riferibili ad eventi generatori di danno verificatisi entro una certa finestra temporale anteriore (il che già esclude la rilevanza di richieste successive), quello che deve riguardare le clausole impure attiene alla concreta estensione della retroattività in particolare per il professionista “esordiente” 14.
In altri termini, per le Sezioni Unite, la validità del patto che subordina l’operatività della garanzia alle richieste di risarcimento pervenute durante la vigenza della polizza è fuori contestazione, giustificandosi perfettamente con la previsione dell’art. 1905 c.c., a mente del quale l’assicuratore è tenuto a risarcire, nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, il danno sofferto dall’assicurato in conseguenza del sinistro. «E poiché non è seriamente predicabile che l'ʹassicurazione della responsabilità civile sia ontologicamente incompatibile con tale disposizione, il patto claims made è volto in definitiva a stabilire quali siano, rispetto all'ʹarchetipo fissato dall'ʹarticolo 1917 c.c., i sinistri indennizzabili, così venendo a delimitare l'ʹoggetto, piuttosto che la responsabilità» 15.
Perciò, la soluzione data dalla sentenza in epigrafe alla questione delle richieste postume non può reclamare alcun conforto dal precedente delle Sezioni Unite.
12 Basti considerare che lo squilibrio di diritti ed obblighi ed il giudizio di xxxxxxxxxxxxx, proprio perché non astratto ma concreto, non potrebbero essere condotti se non ponendo in relazione l’entità del premio al rischio effettivo. Potrebbe perciò essere considerato squilibrato il premio molto elevato a fronte di una incidenza statistica del rischio prossima allo zero: accertamento questo che esigerebbe una dimostrazione almeno indiziaria, evidentemente non necessaria, e quindi mancante, ove l’assicurato chieda accertarsi la vessatorietà della clausola.
13 Basta rinviare a Cass. civ., Sez. Un., 6 maggio 2016, n. 9140, al § 17.
14 Al riguardo la questione è mal posta, perché l’esordiente non può assicurarsi contro rischi che non corre; la polizza dunque è nulla, rispetto al passato, ex art. 1895 c.c., e non richiede indagine di meritevolezza. Da condividere è sul punto la considerazione critica di D’XXXXXX (nt. 11), 493.
15 La citazione virgolettata è tratta da Cass. civ., Sez. Un., 6 maggio 2016, n. 9140, al § 15.
2.2. Come anticipato, la sentenza in epigrafe reputa che la clausola claims made che non consenta la copertura delle richieste postume sia nulla secondo il giudizio di xxxxxxxxxxxxx, per tre motivi:
a) attribuisce all'ʹassicuratore un vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita;
b) pone l'ʹassicurato in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all'ʹaltra;
c) può costringere l'ʹassicurato a tenere condotte contrastanti coi superiori doveri di solidarietà costituzionalmente imposti 16.
Per sintesi espositiva, è opportuno avviare l’analisi critica dal secondo argomento, secondo cui l'ʹassicurato sarebbe in una posizione di indeterminata soggezione rispetto all'ʹaltra parte. Questo argomento è il frutto di un equivoco – che connotava anche la tesi dell’inassicurabilità del fatto accaduto prima della conclusione del contratto di assicurazione 17 – tra il presupposto che dà corso alla responsabilità civile e l’oggetto dell’assicurazione, che è la protezione del patrimonio dell’assicurato e non di quello del terzo danneggiato. Sintomatica dell’errore di prospettiva è la seguente affermazione: «la clausola claim'ʹs made [recte: claims made], infatti, fa dipendere la prestazione dell'ʹassicuratore della responsabilità civile non solo da un evento futuro ed incerto ascrivibile a colpa dell'ʹassicurato, ma altresì da un ulteriore evento futuro ed incerto dipendente dalla volontà del terzo danneggiato: la richiesta di risarcimento» 18.
Ma le stesse Sezioni Unite avevano chiarito il punto 19 , osservando che
«nell'ʹambito dell'ʹassicurazione della responsabilità civile, il sinistro delle cui conseguenze patrimoniali l'ʹassicurato intende traslare il rischio sul garante, è collegato non solo alla condotta dell'ʹassicurato danneggiante, ma altresì alla richiesta risarcitoria avanzata dal danneggiato, essendo fin troppo ovvio che ove al comportamento lesivo non faccia seguito alcuna domanda di ristoro,
16 Tuttavia, XXXXXXXX (nt. 2), 39 aveva sostenuto la vessatorietà della clausola in parte qua, e dunque la validità al ricorrere della approvazione specifica.
17 Queste le esatte parole di Xxxx. civ., sez. III, 13 marzo 2014, n. 5791 (Rel. Xxxxxxxx), § 1.5. «ai fini della validità del contratto di assicurazione, tuttavia, quel che ha da essere “futuro” rispetto alla stipula del contratto non è il prodursi del danno civilisticamente parlando, ma l'avverarsi della causa di esso». E v. anche ROSSETTI (nt. 2), 39 secondo cui, sebbene il rischio assicurato nelle assicurazioni di r.c. sia l’impoverimento dell’assicurato, conseguente a fatti illeciti dallo stesso commessi «non v’è dubbio che il “rischio” dedotto nel contratto è rappresentato non dalla richiesta di risarcimento proveniente dal terzo, ma dalla commissione di illeciti colposi da parte dell’assicurato».
18 E v., del tutto analogamente, ROSSETTI (nt. 2), 37, ove si parla di :«scelta del tutto imponderabile ed imprevedibile del terzo danneggiato».
19 E la sentenza in commento dichiara avervi prestato acquiescenza: «per effetto dell'intervento delle Sezioni Unite, resta dunque definitivamente stabilito che la clausola claim's made [recte: claims made] non rende il contratto privo di rischio, e non ne comporta la nullità ex art. 1895 c.c.».
nessun diritto all'ʹindennizzo -‐‑ e specularmente nessun obbligo di manleva -‐‑ insorgeranno a favore e a carico dei soggetti del rapporto assicurativo» 20.
Si deve solo aggiungere che analoga considerazione vale per le polizze con clausola loss occurrence: è infatti evidente che, in assenza di una richiesta di risarcimento del danneggiato, non si ha diminuzione (o minaccia di diminuzione) del patrimonio dell’assicurato, e dunque non si potrà avere alcuna pretesa verso l’assicuratore 21 ; ed infatti è solo dalla richiesta di risarcimento che decorre la prescrizione del diritto assicurativo 22. Diversamente opinando, l’assicurato potrebbe addirittura arricchirsi, ottenendo dall’assicuratore un’indennità che il terzo danneggiato, pur avendo subito un depauperamento patrimoniale, ritiene, per qualunque ragione, di non volere esigere dal danneggiante a titolo di risarcimento.
La critica del secondo argomento consente di affrontare meglio il primo.
Al riguardo, la Cassazione esordisce con una considerazione emotivamente suggestiva, secondo cui la clausola claims con esclusione delle richieste postume riduce il periodo effettivo di copertura assicurativa, dal quale resteranno verosimilmente esclusi tutti i danni causati dall'ʹassicurato nella prossimità della scadenza del contratto. Secondo la Corte «è infatti praticamente impossibile che la vittima d'xxx danno abbia la prontezza e il cinismo di chiederne il risarcimento illico et immediate al responsabile» 23.
Ma, se la considerazione della Cassazione può apparire sulle prime convincente, non lo è tuttavia ad un esame appena più attento. Pur se è “improbabile” – e se si vuole “praticamente impossibile” – che la richiesta di risarcimento intervenga illico et immediate rispetto al fatto produttivo di danno, non può parlarsi di “vantaggio ingiusto e sproporzionato [sc. dell’assicuratore], senza contropartita”, per almeno due ragioni.
Anzitutto, il premio è e deve essere proporzionato al rischio effettivo, che si calcola con l’ausilio delle scienze statistiche ed attuariali e non con valutazioni emotive: se statisticamente è improbabile che per un fatto produttivo di danni a terzi giungano richieste risarcitorie nel medesimo periodo di assicurazione – e cioè, di norma, il medesimo anno o triennio – ciò significa che il premio richiesto sarà più basso di quello che l’assicuratore esigerà in relazione al biennio o triennio antecedente, nel quale la probabilità di richieste risarcitorie è la più elevata. E così via per ciascun anno di retroattività.
20 Queste le esatte parole della Cass. civ., Sez. Un., 6 maggio 2016, n. 9140, al § 14.
21 Sul punto x. XXXXXXX, Le assicurazioni, in Trattato Cicu-Messineo, XXXVI, T. 1, Milano, 1973, 107; VOLPE PUTZOLU, L’assicurazione, in Trattato Xxxxxxxx, V, Torino, 1985, 116; EAD., Le assicurazioni. Produzione e distribuzione, Bologna, 1992, 67. Sia permesso rinvio anche a DE LUCA (nt. 10), 107.
22 A norma dell’art. 2952, comma 3 c.c., nell’assicurazione della responsabilità civile il termine decorre dal giorno in cui il terzo ha richiesto il risarcimento all’assicurato o ha promosso contro di questo l’azione.
23 Analogamente ROSSETTI (nt. 2), 41.
In secondo (e principale) luogo, lo stesso rischio di richiesta di risarcimento avente bassa probabilità di avveramento nel medesimo periodo di assicurazione in cui si è verificato il fatto generatore di responsabilità è assicurabile e ha più elevata probabilità di verificazione negli anni successivi, esigendo dunque un premio più alto. È dunque con la sequenza delle polizze con xxxxxxxx claims made che va in concreto accertata la eventuale sproporzione tra premio e rischio. In questo senso, si dovrà verificare se la somma tra premi versati in un certo intervallo temporale da un assicurato, analiticamente calcolata in ragione dei fatti produttivi di responsabilità per un determinato anno di copertura in vigenza di polizza o in retroattività (ad es., il 2007), equivalgano – o siano superiori od inferiori – rispetto al premio che il medesimo assicuratore avrebbe richiesto con una polizza loss occurrence riferibile al medesimo anno (ad es., il 2007). “Vantaggio ingiusto e sproporzionato, senza contropartita” si potrà avere solo quando sia accertato che l’assicuratore ha “imposto” la formula claims made allo scopo di ottenere una somma di premi nel complesso manifestamente superiore a quella che avrebbe domandato con una polizza loss occurrence. E si tratta di un tipo di giudizio tutt’altro che impraticabile, come dimostrano le previsioni in materia di dichiarazioni inesatte o reticenti e di diminuzione o aggravamento del rischio, le quali consentono anche in sede giudiziale una comparazione tra le condizioni attuali di polizza e quelle che sarebbero state pattuite ove l’assicuratore avesse «conosciuto il vero stato delle cose» (artt. 1892, comma 1; 1893, comma 2, 1897, comma 1; 1898, comma 1, c.c.). In questi casi, la valutazione in concreto dovrebbe portare alla riconduzione del contratto ad equità, non già alla brutale sostituzione della clausola claims made con quella loss occurrence senza adeguamento del premio.
Sul punto sia peraltro permessa una digressione che consente di superare il dubbio – evocato anche nella sentenza in epigrafe – che, attraverso le polizze claims made, si determinano “buchi di copertura” 24 o che si realizzi un’asserita violazione delle regole europee di concorrenza.
È affermato ma per nulla dimostrato che la formula claims made conduca “inevitabilmente” a buchi di copertura che, invece, la formula loss occurrence escluderebbe. Si faccia l’esempio di Xxxxx, avvocato, il quale stipula ininterrottamente dal 2003 al 2008 polizze di assicurazione della responsabilità civile professionale con formula loss occurrence. Nel 2009 decide di diventare imprenditore, si cancella dall’albo e cessa la polizza. Nel medesimo anno 2009
24 Dubbio posto da Cass. civ., Sez. Un., 6 maggio 2016, n. 9140, al § 22, in relazione alle polizze professionali («Ciò posto, e rilevato che è stata da più parti segnalata l'incongruenza della previsione di un obbligo per il professionista di assicurarsi, non accompagnata da un corrispondente obbligo a contrarre in capo alle società assicuratrici, quel che in questa sede rileva è che il giudizio di idoneità della polizza difficilmente potrà avere esito positivo in presenza di una clausola claims made, la quale, comunque articolata, espone il garantito a buchi di copertura»), e coltivato anche dalla pronuncia in commento.
ha notizia via pec di una sentenza sfavorevole in relazione ad una causa avviata precedentemente, ma la pec non è stata – colpevolmente – rinnovata e, dunque, l’avvocato divenuto imprenditore non informa il cliente della possibilità di proporre appello (con altro avvocato), facendo sì che la sentenza passi in giudicato. La polizza loss occurrence stipulata durante l’esercizio dell’attività professionale “attiva” non lo copre, perché tanto il fatto generatore connotato da colpa (mancato rinnovo della pec) quanto l’evento dannoso (passaggio in giudicato della sentenza sfavorevole) si sono verificati oltre la scadenza dell’ultima polizza. L’esempio dimostra che eventuali buchi di copertura possono dipendere non dalla formula, claims made o loss occurrence, bensì dalla sussistenza di una polizza di assicurazione nel momento in cui il sinistro, come definito dalla legge o dalla polizza, si verifica 25.
E ciò dipende soprattutto dalla continuità assicurativa, che può essere compromessa da una interruzione ascrivibile all’assicurato – ad es., quando quest’ultimo per un certo periodo smetta di pagare il premio o non rinnovi la polizza a scadenza – ovvero dal cambio di formula, da loss a claims o viceversa, non dal tipo di formula assicurativa. Com’è noto agli specialisti del settore, le variazioni pericolose sono quelle da claims a loss, perché idonee a generare “buchi di copertura” che l’assicurato deve coprire attraverso apposite convenzioni denominate ERP (extended reporting period) o tails 26. Al contrario, le variazioni da loss a claims determinano meramente sovrassicurazione.
A questo proposito si inserisce il tema della asserita violazione delle regole europee di concorrenza. Secondo due isolati precedenti del Tribunale di Roma 27 la clausola claims made opererebbe in contrasto con il principio di libera concorrenza, principio cardine dell’Unione Europea e che costituisce uno dei principi ai quali la libertà negoziale delle parti non può derogare, in quanto viene a determinare un notevole vincolo per il cliente il quale se decide di avvalersi di una diversa compagnia per la garanzia alla scadenza del periodo assicurato, viene a perdere la garanzia stessa per tutto ciò che non sia stato già richiesto.
Questa tesi non va condivisa, anzitutto, per non avere neppure individuato quale sia il principio interno o europeo di libera concorrenza asseritamente
25 Non sembra, peraltro, che la mancata previsione di un obbligo a contrarre degli assicuratori possa essere rilevante solo in relazione alle polizze con formula claims made, come adombrato da Cass. civ., Sez. Un., 6 maggio 2016, n. 9140, al § 22.
26 Generalmente tali convenzioni sono previste sotto forma di opzione a favore dell’assicurato di una polizza con formula claims made.
27 In questi termini, Trib. Roma, 10 aprile 2013, in Corr. Merito, 2013, 1162, con nota contraria di XXXXX, Gli incerti limiti di validità della «clausola» claims made nei contratti di assicurazione per la responsabilità civile; Trib. Roma, 8 marzo 2015, inedita. La provvisoria esecutività della seconda pronuncia è stata prontamente sospesa per il probabile accoglimento dell’appello: e v. App. Roma 11 aprile 2016, inedita.
violato dalla clausola claims made 28 . Ma soprattutto, la stessa contrasta apertamente con il chiarimento della Cassazione (Rel. Xxxxxxxx), poi confermata dalle Sezioni Unite, relativo alla possibilità di assicurare il fatto generatore di danno accaduto prima della stipula della polizza. Con la conseguenza che non è affatto vero che l’assicurato che cambi compagnia al termine di un periodo di assicurazione perde la garanzia per tutto ciò che non sia stato già richiesto 29. Al contrario, non solo lo stesso è libero alla scadenza della polizza di rinnovarla con il medesimo o con altro assicuratore, ma anzi – a ben osservare – è proprio la formula claims made che consente di sopperire ad eventuali buchi di copertura
30.
Si può giungere così all’esame del terzo ed ultimo argomento contro la meritevolezza delle claims made, secondo cui l'ʹassicurato potrebbe essere indotto a tenere condotte contrastanti coi superiori doveri di solidarietà costituzionalmente imposti. Secondo la Cassazione, infatti, la clausola claims made, elevando la richiesta del terzo a "ʺcondizione"ʺ per il pagamento dell'ʹindennizzo, legittimerebbe l'ʹassicuratore a sottrarsi alle proprie obbligazioni ove quella richiesta sia mancata: con la conseguenza che se l'ʹassicurato reputasse di adempiere spontaneamente la propria obbligazione risarcitoria prima ancora che il terzo glielo richieda (come correttezza e buona fede gli imporrebbero), l'ʹassicuratore potrebbe rifiutare l'ʹindennizzo assumendo che mai nessuna richiesta del terzo è stata rivolta all'ʹassicurato, sicché è mancata la condicio iuris cui il contratto subordina la prestazione dell'ʹassicuratore 31.
Anche quest’ultimo argomento si rivela non convincente.
28 E x. XXXXX (nt. 29), 1162. Con uno sforzo di fantasia si potrebbe pensare, quanto al diritto interno, all’art. 41, 3º comma, Cost., all’art. 1, l. 10 ottobre 1990, n. 287 (c.d. Legge Antitrust), al d.l. 4 luglio 2006 n. 223, conv. nella l. 4 agosto 2006 n. 248 (c.d. Legge Bersani), e, quanto al diritto dell’Unione Europea, soprattutto, agli artt. 101 e 102 del TFUE (ma x. xxx xxxx. 00 x 00 xxx Xxxxxxxx XX e artt. 85 e 86 del Trattato di Roma, istitutivo della CEE, cui si riferisce la l. n. 287/1990) nonché, nel loro complesso, ai principi sulla libertà di stabilimento introdotti con le c.d. Prime Direttive in materia di esercizio delle assicurazioni nei settori vita e non-vita e da ultimo espressi nelle c.d. Xxxxx Xxxxxxxxx (Direttiva 92/49/CEE, del 18 giugno 1992; Direttiva 92/96/CEE, del 10 novembre 1992). Probabilmente, il Tribunale di Roma intendeva evocare, ma del tutto a sproposito, la formulazione dell’art. 8 d.l. n. 248/2006, a mente del quale «in conformità al principio comunitario della concorrenza e alle regole sancite dagli articoli 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea, dalla data di entrata in vigore del presente decreto è fatto divieto alle compagnie assicurative e ai loro agenti di vendita di stipulare nuove clausole contrattuali di distribuzione esclusiva e di imposizione di prezzi minimi o di sconti massimi per l'offerta ai consumatori di polizze relative all'assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile auto».
29 Si trova eco di questa tesi anche in ROSSETTI (nt. 2), 41, il quale ritiene che la clausola claims made
limiti la libertà contrattuale dell’assicurato.
30 Si pensi al caso del professionista che per i primi tre anni non abbia stipulato alcuna polizza di assicurazione (in quanto facoltativa) e che al quarto anno assicuri la propria attività, anche per fatti commessi anteriormente, con xxxxxxxx claims made.
31 Sul punto ROSSETTI (nt. 2), 38, sostiene che la clausola claims made farebbe sorgere un interesse dell’assicurato alla verificazione del sinistro.
Anzitutto, non è corretto sostenere che l’assicurato non possa adempiere spontaneamente la propria obbligazione risarcitoria. Contrariamente a quanto la Cassazione lascia intendere, infatti, le clausole claims made diffuse sul mercato non esigono affatto che il terzo eserciti un’azione giudiziaria per fare valere il proprio diritto: la nozione di claim è infatti di norma assai ampia, ricomprendendosi qualunque manifestazione dell’intenzione del terzo di volere ottenere un risarcimento. Al più, per esigenze di certezza, si richiede che la richiesta sia rivolta in forma scritta.
Ciò chiarito, non può essere trascurato che, là dove un soggetto abbia stipulato una polizza di assicurazione, sia essa con formula loss occurrence o claims made, lo stesso non sopporta – se non nei limiti di eventuali franchigie o scoperti – il peso economico del risarcimento, che ha traslato sull’assicuratore. Questa situazione di risk adversion – tipica di tutte le assicurazioni contro i danni – è considerata dall’ordinamento positivo, il quale pone in capo all’assicurato, a salvaguardia dell’interesse dell’assicuratore, l’obbligo di salvataggio: obbligo che, nelle assicurazioni di responsabilità civile, come chiarito dalla giurisprudenza anche della Suprema Corte 32, si specifica come obbligo di resistere non inconsideratamente all’azione del danneggiato, e a monte come obbligo di non assecondare inconsideratamente le richieste dei danneggiati. In questo quadro, si iscrive la frequente prassi negoziale di convenire che a gestire la lite sia non l’assicurato, ma l’assicuratore: il patto di gestione della lite attribuisce all’assicuratore «una situazione giuridica attiva che consiste nel potere di ottenere determinate prestazioni dell’assicurato al fine di conseguire una indiretta, ma non per questo meno efficace, vigilanza sull’attività processuale di quest’ultimo» 33.
Orbene quanto esposto è sufficiente per dimostrare che l’argomentazione della Cassazione non trova in realtà fondamento, a meno di porre in discussione la liceità stessa dei patti di gestione della lite o, ancora più a monte, delle assicurazioni di responsabilità civile: in un passato remoto si temeva infatti che, eliminando la funzione deterrente del peso del risarcimento, le assicurazioni di responsabilità civile potessero avere causa illecita. Ma si tratta di dubbi superati da tempo 34.
32 Cass. civ., 7 novembre 1991, n. 11877, in Arch. civ., 1992, 418, poi costantemente ribadita, e v.: Cass.
civ., sez. III, 8 gennaio 0000, x. 00, xx Xxxxxxxxxxxxx, 0000, XX, 000; Cass. civ., sez. III, 14 giugno 2007, n. 13958; Cass. civ., sez. III, 19 marzo 2015, n. 5479. Da ultimo, si x. xx xxxxxxxxx xxxxxxxxxxxxxxx xxxxxxx xx Xxxx. Xxxxx, 0 febbraio 2017, inedita.
33 In questi termini, TOMMASEO, Sulle clausole di gestione della lite nei contratti di assicurazione, in Assicurazioni, 1982, I, 205, richiamato anche da XXXXXXXXXX, La gestione della lite, in Responsabilità e assicurazione, a cura di X. Xxxxxxx Xxxxxx, II ed., Milano, 2007, 174.
34 La questione era dibattuta sotto il codice di commercio e ad essa avevano dato decisivo contributo VIVANTE, Contratto di assicurazione, Torino, 1936, 287 e VITERBO, L’assicurazione della responsabilità civile, Milano, 1936, 41 ss. Un’opera relativamente recente riporta con felice sintesi i termini del problema e le ragioni del superamento di ogni dubbio di liceità: «con l’evolversi poi della tecnologia e con il diffondersi nella società di un costante ed ineliminabile stato di rischio, il bisogno della garanzia
3. Queste note non possono concludersi prima di avere ricordato che la materia sulla quale interviene la sentenza in commento – quella della assicurazione di responsabilità civile in ambito sanitario – è stata recente oggetto di disciplina speciale, la quale ha espressamente riconosciuto la validità delle clausole claims made, seppur con alcuni correttivi.
In estrema sintesi, l’art. 10, l. 8 marzo 2017, n. 24 (in seguito legge Gelli) prescrive l’obbligo per le strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, di essere provviste di copertura assicurativa (o di altre analoghe misure) per la responsabilità civile verso terzi e prestatori di lavoro. Sebbene sia rimesso ai regolamenti di attuazione di prevedere nel dettaglio le caratteristiche di dette polizze, la legge Xxxxx sin d’ora chiarisce che le stesse dovranno essere stipulate con clausola claims made pura o impura, e in questo secondo caso con una retroattività almeno pari a dieci anni. Letteralmente, l’art. 11 legge Xxxxx esige che la garanzia assicurativa abbia un’operatività temporale anche per gli eventi accaduti nei dieci anni antecedenti la conclusione del contratto assicurativo, purché denunciati all’impresa di assicurazione (recte, dal danneggiato all’assicurato) durante la vigenza temporale della polizza 35. Le
della responsabilità civile si è fatto così pressante e moralmente valido, al punto da divenire imposto dalla legge, senza tuttavia mutare nei suoi termini fondamentali. Introdotta l’assicurazione della responsabilità civile, il ricordato limite della garanzia, che scatta nelle ipotesi di colpa grave o dolo per le assicurazioni contro i danni, si è ulteriormente ridotto alla sola fattispecie dolosa (art. 1917 c.c.), in quanto l’assicurazione della responsabilità civile è sostanzialmente assicurazione degli eventi dannosi dovuti ad azioni colpose. Così la posizione iniziale di critica, che parte dalle obiezioni di carattere etico e morale e da quelle di carattere tecnico, risulta, dalle applicazioni pratiche di questa nuova forma assicurativa, totalmente travolta»: in questi termini, DE XXXXXXX, L’assicurazione della responsabilità civile, 4 ed., Milano, 1998, 12.
Invero, in tempi più recenti, un dubbio di liceità si è posto solo per l’assicurazione della responsabilità civile degli amministratori e sindaci di società, nonché per le coperture delle sanzioni tributarie gravanti sull’impresa. Al riguardo, è però del tutto prevalente l’opinione permissiva, sul rilievo che la polizza di assicurazione svolge una importante funzione di garanzia anche degli interessi dei danneggiati, non riducendo significativamente la funzione deterrente del peso del risarcimento: e v. sul punto oltre a A.D. CANDIAN, Responsabilità civile e assicurazione, Milano, 1992, passim, soprattutto, XXXXX, Sul rischio assicurabile degli amministratori di società per azioni, in Riv. dir. impresa, 1991, 31; XXXXXXX, L’assicurazione della responsabilità civile degli amministratori di società per azioni, in questa Rivista, 1999, I, 180, spec. 196; RUSSO, L’assicurazione di responsabilità civile degli amministratori e dei sindaci, in Assicurazioni, 2000, I, 1, 142; e DE LUCA, Tipologie principali di assicurazioni della responsabilità civile, in Responsabilità e assicurazione, a cura di Xxxxxxx Xxxxxx, II ed., Xxxxxxx, Milano, 2007, 422. Sul tema v. anche Responsabilità societarie e assicurazione. Amministratori, sindaci e revisori, a cura di Xxxxxxxxxx, Milano, 2010.
35 La prima parte dell’art. 11 legge Xxxxx è carente nella formulazione letterale perché fa erroneamente riferimento alla denuncia dell’assicurato all’assicuratore. Non è disagevole tuttavia fornire una corretta interpretazione, facendo riferimento alla seconda parte del medesimo articolo 11, ove si chiarisce che deve trattarsi non di una denuncia all’assicuratore ma di una richiesta di risarcimento, perciò rivolta dal danneggiato all’assicurato; e si chiarisce altresì che deve trattarsi di una richiesta presentata per la prima volta (first claim made). Sul punto si rinvia a DE LUCA, D’XXXXXX e SCHIAVOTTIELLO, Le assicurazioni di responsabilità civile in ambito sanitario, di prossima pubblicazione in Nuove leggi civ., 2017, nt. 4.
Sul punto offre una diversa interpretazione HAZAN, Alla vigilia di un cambiamento profondo: la riforma della responsabilità medica e della sua assicurazione (DDL Gelli), in Danno e resp., 2017, 75, ivi a 89,
polizze suddette operano, con premi a carico delle strutture sanitarie e sociosanitarie (art. 10, comma 1, ultima parte), anche per conto degli esercenti la professione sanitaria che non siano legati ai pazienti da apposito contratto di opera professionale: per quest’ultimo caso, infatti, è l’esercente la professione sanitaria a dover stipulare una polizza assicurativa con oneri a proprio carico, dal contenuto analogo a quello previsto per le strutture (art. 10, comma 2). Per i soli esercenti le professioni sanitarie è inoltre imposto che le polizze prevedano una c.d. sunset clause, in base alla quale il professionista che abbia cessato definitivamente la propria attività per qualsiasi causa ha diritto di ottenere copertura ultrattiva per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi, purché riferite a fatti generatori di responsabilità verificatisi nel periodo di efficacia della polizza, incluso il periodo di retroattività (art. 11).
Il legislatore, tipizzandole, afferma dunque la certa meritevolezza delle clausole claims made nei contratti di assicurazione in ambito sanitario che la Cassazione in commento avrebbe invece escluso. La novella appare peraltro importante elemento anche per l’interpretazione delle clausole claims made collocate in polizze di assicurazione diverse da quelle riguardanti le strutture e gli esercenti una professione sanitaria. Sarebbe invero contraddittorio che, da una parte, il legislatore “tipizzasse” le clausole claims made in un determinato ambito, sottraendole così all’atipicità che ne permetteva il giudizio di meritevolezza, mentre, dall’altra parte, restasse fermo il potere dei giudici in altri ambiti di valutare immeritevoli clausole claims made di tenore analogo a quelle previste per legge, sanzionandole con la nullità.
Da una parte, dunque, deve essere escluso che clausole claims made impure con una retroattività almeno pari al decennio possano reputarsi immeritevoli o vessatorie; dall’altra parte, va escluso che il fatto generatore di responsabilità accaduto durante la vigenza della polizza, ma cui non abbia fatto seguito alcuna richiesta di risarcimento nello stesso periodo, possa reputarsi ancora coperto dalla polizza ormai scaduta. A quest’ultimo riguardo appare peraltro opportuno segnalare che, in materia di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile degli avvocati, il regolamento ministeriale di attuazione della legge professionale (l. 31 dicembre 2012, n. 247) 36 esige che le polizze di assicurazione siano stipulate con formula claims made pura, con divieto di recesso unilaterale per l’assicuratore e con sunset clause, per il caso di cessazione della attività professionale in pendenza di polizza, con un extended reporting period di almeno dieci anni. Analoga previsione è in via di approvazione, con
sostenendo che si tratti non di una claims made clause, bensì di una deeming clause, tale da far rientrare in copertura tutti gli eventi che l’assicurato abbia denunziato in corso di copertura.
36 Art. 2, D.M. Giustizia 22 settembre 2016.
legge ordinaria 37 , per tutte le polizze di assicurazione obbligatorie di responsabilità professionale (notai, ingegneri, architetti e così via). La previsione obbligatoria della sunset clause, a livello regolamentare o normativo, si traduce sì in un obbligo a contrarre per l’assicuratore a condizioni predefinite nella polizza, ma al contempo esclude che il premio pagato in relazione alla polizza cessata, nella quale era contenuta la sunset clause, possa risultare di per sé idoneo ad assicurare la copertura anche per i dieci anni successivi. Tutto all’opposto di quanto ritenuto dalla sentenza in epigrafe 38.
Al di là dei rilievi critici mossi alla sentenza in commento, il trend normativo indicato mostra chiaramente la via per eliminare per il futuro ogni residua perplessità sulla validità o sulla efficacia delle clausole claims made: queste sono pienamente legittime e non suscettibili di valutazioni di meritevolezza o di vessatorietà quando coprono tutti gli eventi generatori di danno passati, o almeno quelli degli ultimi dieci anni, e quando consentono all’assicurato – a sua discrezione – di mantenere la copertura assicurativa, con il pagamento dei relativi premi, anche per i fatti verificatisi nel corso della validità temporale delle polizze per i quali non siano state presentate richieste di risarcimento.
Xxxxxx xx Xxxx
37 L’art. 13 del c.d. d.d.l. concorrenza, approvato da ultimo dal Senato il 3 maggio 2017, prevede che
«Alla lettera e) del comma 5 dell’articolo 3 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “In ogni caso, fatta salva la libertà contrattuale delle parti, le condizioni generali delle polizze assicurative di cui al periodo precedente prevedono l’offerta di un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di operatività della copertura. La disposizione di cui al periodo precedente si applica, altresì, alle polizze assicurative in corso di validità alla data di entrata in vigore della presente disposizione. A tal fine, a richiesta del contraente e ferma la libertà contrattuale, le compagnie assicurative propongono la rinegoziazione del contratto al richiedente secondo le nuove condizioni di premio”».
38 Del resto ROSSETTI (nt. 2), 42 ritiene che la sunset clause sia da ritenere vessatoria in quanto farebbe pagare all’assicurato una prestazione che gli spetterebbe per legge quale effetto naturale del contratto.