DOCUMENTO BASE
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Problematiche relative alla disciplina applicabile all’esecuzione del contratto di concessione di lavori pubblici
Premessa
E’ stato chiesto all’Autorità di esprimersi circa una problematica concernente la disciplina applicabile all’esecuzione delle opere previste nel contratto di concessione di lavori pubblici e, in particolare, sull’applicazione delle disposizioni in materia di contabilità previste dal D.P.R. n. 554/1999 (nel seguito “Regolamento”).
L’Autorità, data la complessità e novità della questione prospettata, ha predisposto il presente documento riassuntivo delle problematiche emerse, con la finalità di svolgere una consultazione degli operatori del settore e delle amministrazioni interessate, per valutare la necessità di adottare un atto a carattere generale che offra indicazioni operative.
Si sottopongono, pertanto, all’attenzione dei soggetti invitati all’audizione le problematiche di seguito evidenziate sulle quali si chiede di formulare osservazioni, nonché di segnalare eventuali ulteriori difficoltà applicative in materia di esecuzione del contratto di concessione di lavori pubblici.
1. La natura giuridica della concessione di lavori pubblici
Il D.Lgs n. 163/2006 (d’ora innanzi “Codice”) definisce (art. 3, comma 11) le concessioni come contratti a titolo oneroso aventi ad oggetto la progettazione e l’esecuzione dei lavori, nonché la loro gestione funzionale ed economica, che “presentano le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di lavori, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo” (in sostanziale continuità con la previgente legge n. 109/1994, ove all’art.19 comma 2, era stabilito che “la controprestazione a favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati”, ammettendo la possibilità di riconoscere un prezzo, fissato in sede di gara, solo qualora necessario al fine di garantire l’equilibrio economico- finanziario dell’investimento in relazione alla qualità del servizio). Dunque, mentre nel contratto
di appalto l’imprenditore esegue l’opera, di regola, già progettata dal committente [salvo il caso di cui all’articolo 53, comma 2, lettere b) e c)], ed ottiene in corrispettivo un prezzo, nella concessione di lavori pubblici l’imprenditore, di regola, progetta ed esegue l’opera, ed ottiene, in cambio, il diritto di gestione al fine di ricavarne proventi, eventualmente accompagnato da un prezzo.
Caratteristica dell’istituto concessorio è che l’opera realizzata deve essere in grado, tendenzialmente, di autofinanziarsi, ossia di generare un flusso di cassa derivante dalla gestione che consenta di remunerare l’investimento effettuato.
In assenza di alea correlata alla gestione, non si configura la concessione bensì l’appalto, nel quale non vi è il rischio imprenditoriale della gestione, ma soltanto quello della costruzione. Nella concessione, al rischio proprio dell’appalto – e, cioè, alla errata valutazione dei costi di costruzione rispetto al corrispettivo che si percepirà - si aggiunge il rischio di mercato dei servizi cui è strumentale l’opera realizzata.
Tale impostazione è quella adottata dalla Commissione europea nella Comunicazione del 12 aprile 2000, che delinea i criteri distintivi tra concessione e appalto. In base alla menzionata Comunicazione interpretativa, infatti, il tratto peculiare delle concessioni di lavori pubblici consiste nel conferimento di un diritto di gestione dell'opera che permette al concessionario di percepire proventi dall'utente a titolo di controprestazione della costruzione dell'opera (ad esempio, in forma di pedaggio o di canone) per un determinato periodo di tempo. Il diritto di gestione implica anche il trasferimento della responsabilità di gestione che investe gli aspetti tecnici, finanziari e gestionali dell'opera. Al contrario, si è in presenza di un appalto pubblico di lavori quando il costo dell'opera grava sostanzialmente sull'autorità aggiudicatrice ed il contraente non si remunera attraverso i proventi riscossi dagli utenti.
La pratica dimostra che, in certi casi, il concedente interviene parzialmente nel rischio economico assunto dal concessionario. Accade, così, che lo Stato sostenga in parte il costo di gestione della concessione al fine di contenere il corrispettivo delle prestazioni a carico dell’utente finale. Tale intervento può avvenire secondo diverse modalità (somma forfettaria garantita, somma fissa ma versata in funzione del numero di utenti, ecc.) e non conduce necessariamente alla modifica della natura del contratto. Sempre secondo la Commissione, se il prezzo versato copre solo parzialmente il costo dell'opera, il concessionario dovrà sempre assumere una parte significativa dei rischi connessi alla gestione. Allo stesso modo, se il concessionario deve, per ragioni attinenti all'interesse generale, praticare "prezzi sociali" e riceve a questo titolo una compensazione da
parte dello Stato, in un unico versamento o in più versamenti scaglionati nel tempo, siffatta partecipazione dello Stato al costo di funzionamento non solleva il concessionario da una parte significativa del rischio di gestione. Per contro, la situazione è diversa quando l'amministrazione aggiudicatrice assume in proprio l'onere del rischio inerente alla gestione: in tal caso, come osservato, si tratta di appalto pubblico.
Elemento imprescindibile della concessione di lavori pubblici è, quindi, l’attitudine dell’opera oggetto della stessa a realizzare un flusso di cassa che consenta di ripagare l’investimento e remunerare il capitale di rischio. Proprio in relazione a questa attitudine, si usa classificare le opere in tre tipologie: opere calde, fredde e tiepide.
Calde sono quelle opere dotate di un’intrinseca capacità di generare reddito attraverso ricavi da utenza, in misura tale da ripagare i costi di investimento e remunerare adeguatamente il capitale azionario coinvolto nell’arco della vita della concessione; fredde sono, invece, le opere per le quali il privato che le realizza e gestisce fornisce direttamente servizi alla Pubblica Amministrazione e trae la propria remunerazione da pagamenti effettuati dalla stessa. A tali opere fa rifermento l’articolo 143, comma 9 del Codice.
Tra queste due tipologie di opere, si pongono in posizione mediana quelle i cui ricavi da utenza non sono sufficienti a ripagare interamente le risorse impiegate per la loro realizzazione, rendendo necessario, per consentirne la fattibilità finanziaria, un contributo pubblico (c.d. opere tiepide).
La concessione di lavori pubblici, come è stato definitivamente chiarito all’articolo 3, comma 15 ter, introdotto nel Codice dal terzo decreto correttivo ricade tra i contratti di partenariato pubblico privato (nel seguito “PPP”).
Per chiarire meglio la natura giuridica dell’istituto della concessione, è utile richiamare la decisione di Eurostat 11 febbraio2004, alla quale fa riferimento il citato articolo 3, comma 15 ter.
La decisione si applica solo qualora lo Stato sia il principale acquisitore dei beni e servizi forniti dall’infrastruttura, sia che la domanda venga originata dalla stessa parte pubblica che da terze parti. E’ questo il caso, ad esempio, di servizi pubblici, come la sanità o l’istruzione, nei quali, per un meccanismo di sostituzione, le prestazioni erogate ai cittadini sono pagate dalla Pubblica Amministrazione o di infrastrutture stradali, i cui pedaggi sono pagati dalla parte pubblica attraverso sistemi di shadow tolls (c.d. pedaggi ombra).
Eurostat ha stabilito, nella decisione citata, le condizioni in base alle quali la realizzazione di un’opera è da intendersi a carico del bilancio pubblico o del settore privato. A questo fine,
l’Istituto individua tre principali forme di rischio nei rapporti di PPP per individuare se un’opera incida o meno sul bilancio pubblico:
1) rischio di costruzione (è il rischio legato ai ritardi nella consegna, ai costi addizionali, a
standard inadeguati);
2) rischio di disponibilità (è il rischio legato alla performance dei servizi che il partner privato deve rendere);
3) rischio di domanda (è il rischio legato ai diversi volumi di domanda del servizio che il
partner privato deve soddisfare).
In particolare, nella decisione summenzionata, un’opera realizzata con il PPP non inciderà sui bilanci pubblici solo se il partner privato sostiene il rischio di costruzione ed almeno uno degli altri due rischi (rischio di disponibilità o rischio di domanda). Il rischio di disponibilità è tipico delle opere cosiddette fredde cui fa riferimento l’articolo 143, comma 9, del Codice. Diversamente, le opere realizzate con il PPP ricadono sui bilanci pubblici con ovvie conseguenze in termini di definizione del deficit.
Alla luce di queste considerazioni, risulta chiara la differenza sostanziale tra un contratto di appalto di lavori pubblici ed un contratto di concessione di lavori pubblici.
Il concessionario-impresa è considerato soggetto privato che assume, mediante un contratto, un’obbligazione di risultato centrata nella esecuzione e gestione di un lavoro pubblico in regime di totale o parziale autofinanziamento. E’ utile, al riguardo, rammentare che, secondo la disciplina del Codice, l’atto attorno al quale ruota il rapporto concessorio è il contratto tra concedente e concessionario, come è ricavabile dalla definizione stessa di concessione sopra citata, dall’articolo 86 del Regolamento e dalla ricostruzione dell’istituto della concessione come complesso di diritti ed obblighi delle parti che si ricava dal comma 1 dell’articolo 143.
2. La disciplina della concessione prevista dal Codice e dal Regolamento
L’affidamento della concessione di lavori pubblici può avvenire secondo due modalità: quella prevista dall’articolo 144 e ss. e quella prevista dall’articolo 153 (c.d. finanza di progetto).
A prescindere dalle modalità di affidamento della concessione, il concessionario può eseguire i lavori direttamente ovvero affidarli a terzi; il concedente può imporre che almeno il 30% dei lavori
siano affidati a terzi ovvero chiedere che, in sede di offerta, il concessionario indichi il valore dei lavori che intende appaltare a terzi (cfr. art. 146 del Codice).
Meno chiara appare la disciplina della fase di esecuzione dei lavori e, in particolare, si pone la questione dell’applicabilità della normativa sulla contabilità prevista nel Regolamento ai rapporti tra concedente e concessionario sia nel caso vi sia un contributo pubblico che in assenza di questo. Si ricostruisce di seguito il dato normativo vigente.
L’articolo 142 del Codice prevede, in linea generale, che alle concessioni ed agli appalti di lavori pubblici affidati dai concessionari che siano amministrazioni aggiudicatrici si applichino le disposizioni del Codice che non sono derogate dal Capo II del Titolo III (Parte II) e, quindi, anche quelle relative ai lavori pubblici.
Il comma 4 del medesimo articolo 142, tuttavia, prevede che i concessionari che non sono amministrazioni aggiudicatrici sono tenuti ad applicare per gli appalti affidati a terzi gli articoli 149- 151 e in quanto compatibili e non specificatamente derogati da tali articoli:
− Articoli 1-27 (principi e disposizioni comuni e contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del Codice);
− Articoli 239- 246 (contenzioso);
− Articoli 247- 257 (disposizioni di coordinamento, finali e transitorie e abrogazioni);
− Articolo 70 (pubblicità e termini);
− Articolo 38 (requisiti generali);
− Articolo 40 (qualificazione degli operatori economici);
− Articolo 118 (subappalto);
− Articolo 90 (progettazione);
− Articolo 141 (collaudo);
− Articolo 131 (piani di sicurezza).
Quindi, per l’esecuzione dei lavori affidati a terzi, il Codice prevede espressamente la sola applicazione della normativa sul subappalto, collaudo e sicurezza.
Non è prevista espressamente l’applicazione della normativa sulla direzione dei lavori (art. 130 del Codice), cioè non pare essere prevista la nomina da parte del concessionario di un ufficio di direzione dei lavori la cui finalità, ai sensi dell’articolo 123 del Regolamento, è quella del coordinamento della direzione e del controllo tecnico contabile dell’esecuzione dei lavori; tuttavia, come previsto dall’articolo 3, comma 2, della Legge n. 1086/1971 ed in aderenza alle norme tecniche di cui all’articolo 21 della stessa Xxxxx (art. 124, comma 3, del Regolamento), il
concessionario pare comunque tenuto alla nomina di un direttore/responsabile tecnico dei lavori che abbia la responsabilità dell’accettazione dei materiali, sulla base anche del controllo quantitativo e qualitativo degli accertamenti ufficiali delle relative caratteristiche meccaniche. In ogni caso, l’articolo 130 del Codice prevede l’obbligo di designare un direttore dei lavori per l’esecuzione di lavori pubblici oggetto del Codice stesso, quali sono anche i lavori appaltati a terzi da parte del concessionario.
L’Autorità, con deliberazione n. 191 del 16/05/2001, ha affermato che è compito esclusivo del concessionario, qualora proceda all’esecuzione dei lavori affidandoli in appalto ad imprese terze, l'adozione di provvedimenti ritenuti opportuni nei confronti dell'appaltatore in relazione alle problematiche che riguardano il rapporto contrattuale con il concessionario stesso, come, ad esempio, l'introduzione di nuovi prezzi, il rispetto dei tempi stabiliti per l'esecuzione, la verifica della corretta esecuzione. Xxxxxx, invece, al concedente la verifica nei confronti del concessionario della rispondenza delle lavorazioni eseguite al progetto approvato, alle normative vigenti ed alle regole di esecuzione.
A tali previsioni si aggiungono, tuttavia, quelle contenute, in relazione alla finanza di progetto, all’articolo 152 secondo cui a tali procedure di affidamento si applicano le seguenti parti del Codice:
− Parte I (principi e disposizioni comuni e contratti esclusi in tutto o in parte dall’ambito di applicazione del Codice );
− Parte II, Titolo III, capo I (programmazione, direzione ed esecuzione dei lavori);
− Parte IV (contenzioso);
− Parte V (diposizioni di coordinamento, finali e transitorie).
Si applicano, inoltre, in quanto compatibili con le previsioni della disciplina della finanza di progetto, le norme di cui al Titolo I ovvero al Titolo II della Parte II (in relazione alla soglia di importo dell’investimento).
Per quanto riguarda i rapporti tra concedente e concessionario, l’articolo 141 del Codice prevede, al comma 8, che, nei casi di affidamento dei lavori in concessione, il responsabile del procedimento (nel seguito “RUP”) esercita anche le funzioni di vigilanza in tutte le fasi di realizzazione dei lavori, verificando il rispetto della convenzione.
Conseguentemente, l’articolo 86 del Regolamento stabilisce che il contratto di concessione debba contemplare i poteri riservati alla amministrazione aggiudicatrice, ivi compresi i criteri di vigilanza dei lavori da parte del RUP. Dunque, nel caso di affidamento della realizzazione dell'opera in
regime di concessione, la normativa vigente non definisce a priori le concrete modalità di svolgimento della funzione di vigilanza da parte del RUP, ma stabilisce che queste, comunque obbligatorie anche nell'ipotesi di affidamento a terzi della realizzazione dei lavori da parte del concessionario, vadano precisate principalmente nell’ambito del contratto, giacché in quest'ultimo documento è possibile identificare maggiori o minori poteri riservati al committente e, pertanto, diverse conseguenti modalità di vigilanza alle quali il RUP deve attenersi.
L'articolo 8, comma 1, lettera r) del Regolamento, tuttora vigente, attribuisce al RUP "la funzione di vigilanza sulla realizzazione dei lavori nella concessione di lavori pubblici, verificando il rispetto delle prescrizioni contrattuali”. Sembra, quindi, che nella concessione sia il RUP a svolgere la funzione del direttore dei lavori per il concedente, intesa dal legislatore, però, come alta vigilanza sul rispetto degli impegni contrattuali in materia di progettazione, di esecuzione dei lavori ed in particolare nei riguardi delle strutture, della qualità dei materiali e degli impianti tecnologici delle opere in corso di realizzazione. In altre parole, il RUP svolge la funzione di direttore dell’esecuzione del contratto e, quindi, non di controllore contabile, quantomeno per i casi nei quali non sia presente un contributo pubblico. Ma anche qualora vi sia un contributo sembra essere il contratto di concessione, come si chiarirà in prosieguo, a dover disciplinare modalità, forma e condizioni per la corresponsione del contributo.
Va anche considerato che, in caso di concessione, è obbligatorio lo svolgimento del collaudo in corso d'opera, ai sensi dell'articolo 141, comma 7, lett. c) del Codice, aspetto che garantisce al concedente un controllo tecnico anche durante l’esecuzione dei lavori.
3. Analisi del quesito proposto
Al fine di esaminare la questione prospettata in premessa, si deve anzitutto rammentare, come sopra osservato, che la concessione di lavori pubblici, di regola, non comporta la corresponsione di un contributo da erogarsi da parte dell’amministrazione concedente, ma la controprestazione del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente i lavori realizzati. Nel caso in cui sia previsto un contributo pubblico, lo stesso può finanziare indifferentemente costi di investimento o gestionali e può essere costituito anche da trasferimento di patrimonio immobiliare, oltre che da disponibilità finanziarie liquide. L’articolo 143, comma 4, del Codice prevede che “il soggetto concedente stabilisce in sede di gara anche un
prezzo, qualora al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla remunerazione degli investimenti e alla somma del costo del servizio e dell'ordinario utile di impresa, ovvero qualora sia necessario assicurare al concessionario il perseguimento dell'equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della connessa gestione in relazione alla qualità del servizio da prestare”. Quindi il prezzo-contributo pubblico nella concessione ha la finalità di garantire l’equilibrio economico finanziario degli investimenti e della connessa gestione; il contributo ha una funzione molteplice: incrementare la qualità dei servizi da prestare ai cittadini-utenti attraverso la realizzazione dell’opera pubblica, far decollare i progetti d’investimento (in particolare per le opere tiepide) garantendo la bancabilità e la redditività del progetto, contenere i prezzi dei servizi.
Il contributo può essere erogato sia in fase di costruzione che in fase di gestione. Nel primo caso, lo stesso può essere erogato sia sulla base di stati di avanzamento lavori che a collaudo avvenuto. Inoltre, l’anticipo del contributo in fase di costruzione (come avviene per gli appalti) è garantito ex lege dalla responsabilità solidale dei soci della società di progetto, fino a quando non sia emesso il certificato di collaudo delle opere (cfr. art. 156 del Codice); quindi, sembra che la modalità ordinaria di corresponsione del corrispettivo non sia sulla base di stati di avanzamento lavori come normalmente avviene negli appalti, pur se ammissibile, ma a collaudo avvenuto.
Nel contratto di concessione di lavori pubblici l'incertezza economico-finanziaria legata alla gestione dell'opera resta sostanzialmente a carico del concessionario che, da un lato, ha l'obbligo di costruire con risorse proprie l'opera e, dall'altro, ha il diritto di gestire la stessa durante tutto il periodo della concessione. Diversamente, nel contratto di appalto pubblico, l'appaltatore viene remunerato dalla Pubblica Amministrazione per la prestazione resa senza poi essere coinvolto nella gestione dell'opera realizzata.
Per quanto attiene alla specifica normativa relativa alla disciplina della esecuzione dei lavori (artt. 126 – 141 del Codice), questa è strutturata in relazione alla realizzazione di appalti pubblici di lavori, che viene ritenuta dal legislatore di estrema delicatezza e complessità, così da richiedere un’ingerenza nell’attività dell’appaltatore mediante un puntuale e continuo controllo in fase di esecuzione e particolari poteri approvativi (si pensi alla disciplina delle varianti). Più in dettaglio, l’articolo 130 fa espresso riferimento all’esecuzione dei lavori affidati in regime di appalto e prevede la figura del direttore dei lavori che, oltre ad assicurare la rispondenza dei lavori alle previsioni contrattuali e progettuali, è incaricato del controllo tecnico contabile. Tale ultimo
aspetto è evidentemente connesso al fatto che, in un appalto, elemento centrale è il rapporto tra qualità, dimensioni e caratteristiche dell’opera che si sta realizzando ed il corrispondente prezzo determinato in gara.
Scopo della “contabilità delle opere pubbliche” in senso stretto, è quindi quello di accertare e registrare tutti i fatti che producono spesa per l’esecuzione di un’opera pubblica (art. 155 del Regolamento). Le finalità delle previsioni del Regolamento sono: accertare e misurare i lavori eseguiti; stimare il costo dei lavori eseguiti; liquidare il credito dell’appaltatore; controllare lo sviluppo dei lavori ed impartire tempestivamente le debite disposizioni per la relativa esecuzione entro i limiti delle somme autorizzate; regolare eventuali contestazioni.
Di conseguenza, il Regolamento, nella parte relativa alla contabilità dei lavori (Titolo XI), si riferisce quasi sempre all’appaltatore (si vedano, ad esempio, gli artt. 157 e 163). Si noti, peraltro, che, in base alla normativa in esame, nei contratti stipulati “a corpo” – tali, di norma, sono le concessioni
di lavori pubblic−i si procede ad una annotazione sul giornale dei lavori delle lavorazioni
effettuate in maniera sintetica (percentuali). Inoltre, alcuni dei documenti contabili previsti dal Regolamento – giornale dei lavori, sommario del registro di contabilità - sono atti interni dell’Amministrazione e vengono redatti con la finalità di registrare gli eventi durante l’esecuzione del contratto o l’avanzamento di ciascuna categoria di cui si compone l’intervento.
Quindi, emerge dal quadro normativo che nel contratto di appalto - poiché il costo dell’opera è a carico del committente e, di norma, viene pagato durante l’esecuzione dei lavori - è prevista la nomina da parte dello stesso di un direttore dei lavori che controlli che l’esecuzione dell’opera sia rispondente al progetto e determini gli importi degli stati di avanzamento dei lavori nella misura prevista nel contratto di appalto ed in base ai quali vengono emessi i certificati di pagamento. Tali aspetti sono appunto disciplinati dal Titolo XI e Titolo XII (contabilità dei lavori e collaudo) del Regolamento.
Per quanto riguarda la concessione di lavori pubblici, invece, l’articolo 86 del Regolamento (schema di contratto di concessione) stabilisce, alla lett. i) del comma 1, che il contratto deve prevedere le modalità di corresponsione dell’eventuale prezzo, che, come osservato sopra, nella concessione è accessorio o integrativo alla gestione, non costituendo un vero e proprio corrispettivo.
Non sembra, pertanto, coerente con l’istituto della concessione né probabilmente utile ad un effettivo controllo di gestione un’applicazione puntuale della normativa pubblicistica in materia di contabilità dei lavori, quantomeno nei casi in cui non vi sia un contributo pubblico. In altri termini, la necessità di introdurre nel contratto di concessione, che costituisce l’elemento centrale di regolamentazione dei rapporti tra concedente e concessionario, apposite clausole volte a consentire al concedente di controllare la realizzazione dell’opera oggetto della concessione - anche attraverso la redazione di una contabilità - non pare dover comportare l’applicazione della normativa sulla contabilizzazione dei lavori pubblici dettata dal legislatore ad altri e diversi fini.
Sul piano operativo, alla luce delle considerazioni sopra svolte, occorre esaminare i seguenti aspetti.
Un primo aspetto riguarda la nomina da parte del concedente di un tecnico dotato di adeguate competenze professionali quale RUP ed i compiti che tale soggetto deve svolgere. In particolare, va affidata al RUP la vigilanza sulla realizzazione dei lavori e, nel caso sia previsto un prezzo, anche l’attività di controllo di natura contabile necessaria per la corresponsione dello stesso. Tali compiti, soprattutto quelli di natura contabile, dovrebbero essere specificati e previsti nel contratto di concessione. In tale contratto, devono essere anche previste, come richiesto dall’articolo 86 del Regolamento, le sanzioni da applicare in caso di mancato rispetto degli impegni contrattuali in materia di qualità progettuale e di specifiche tecniche. Gli impegni di norma devono essere corredati dalla presenza di penali o di specifiche garanzie. Lo stesso contratto di concessione prevede, in assenza degli atti contabili pubblicistici, le modalità di inoltro e di risoluzione di eventuali contestazioni da parte del concessionario nei confronti del concedente, anche facendo riferimento alla normativa degli appalti di lavori pubblici, come l’accordo bonario. Deve essere previsto, inoltre, che qualsiasi variante, da apportare al progetto, necessita di approvazione da parte del concedente.
Un secondo aspetto riguarda la nomina del collaudatore e della commissione di collaudo in corso d’opera, che spetta al concedente.
Un terzo aspetto, infine, concerne la nomina del direttore dei lavori, che pare essere un compito del concessionario, così come la nomina del responsabile della sicurezza nella fase di esecuzione.