RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO E PROCEDURA CIVILE
ISSN 0391-1896
RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO E PROCEDURA CIVILE
Anno LXXV Fasc. 4 - 2021
Xxxxxxx Xxxxxxxx
L'AFFIDAMENTO FIDUCIARIO TRA CONTRATTO E VINCOLO DI DESTINAZIONE
Estratto
D O T T R I N A
Xxxxxxx Xxxxxxxx
Notaio
L’affidamento fiduciario tra contratto e vincolo di destinazione
SOMMARIO: 1. Cenni storici sul fenomeno fiduciario. Fiducia testamentaria e negozio fiduciario. — 2. La proposta dottrinale del contratto di affidamento fiduciario. —
3. La configurazione contrattuale dell’affidamento fiduciario e i suoi limiti. — 4. Il rapporto con i vincoli di destinazione e i limiti inderogabili dell’affidamento fiduciario. — 5. Il collegamento negoziale tra atto di destinazione e contratto di affidamento fiduciario. La disciplina applicabile. — 6. Conclusioni sul raffronto tra affidamento fiduciario e negozio fiduciario classico.
1. — Quella dell’« affidamento fiduciario » è una categoria giu- ridica recente (1), nonostante il fenomeno della fiducia sia antico,
(1) L’elaborazione della figura dell’affidamento fiduciario si deve a XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, Milano, 2014, passim. Del medesimo a., si v. anche XXXXX, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2010, p. 221 ss.; ID., Le ragioni della proposta dottrinale del contratto di affidamento fiduciario, in Contr. e impr., 2017, p. 734.
Cfr. inoltre XXXXXX, Il trust interno e il contratto di affidamento fiduciario ad oggetto immobiliare, in Trattato di diritto immobiliare, I, 2, diretto da Xxxxxxxxx, Padova, 2013, p. 1179; AA.VV., Fiducia, trusts, affidamenti. Un percorso storico comparatistico, in Studi urbinati, LXXXIII, Urbino 2015; CERRI, Trust, affidamento fiduciario e fiducie. Tre modi di declinare la fiducia nel quadro del diritto europeo, Milano, 2015; AA.VV., Contratti di convivenza e contratti di affidamento fiduciario quali espressioni di un diritto civile postmoderno, a cura della Fondazione italiana del Notariato, Milano, 2017; AA.VV., Il contratto di affidamento fiduciario: teoria e pratica, a cura della Fondazione italiana del Notariato, Roma, 2017; VENTURO, Il contratto di affidamento fiduciario. Rilievi notarili, in Vita not., 2015, p. 1451; XXXXXXXXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario: una figura da costruire, in Il trust: criticità, correzioni, sviluppi, a cura di Bassetti, Torino, 2017, p. 209; TENELLA SILLANI, Appunti sul contratto di affidamento fiduciario nella legge n. 112/2016, in Un giurista di successo. Studi in onore di Xxxxxxx Xxxxxxx, II, Milano, 2017, p. 1249; VICARI, L’affidamento fiduciario quale contratto nominato: un’analisi realistica, in Contratti, 2018, p. 357; PIAIA, Il contratto di affida-
affondando esso le proprie radici nel diritto romano (2). La fiducia, dal canto suo, è realtà polivalente: autorevole dottrina ne ha indivi- duato ben dodici accezioni nel vigente ordinamento (3). L’impor- tanza del fenomeno è evidenziata anche dalla circostanza che in diritto anglosassone esiste un intero àmbito del diritto delle obbli- gazioni, noto come « fiduciary law », ricomprendente in sé fattispe- cie eterogenee (dal trust all’agency, agli obblighi dei directors di corporations, dei lawyers, dei consulenti finanziari, e oltre (4)). In tale ambiente, la fiduciarietà — che è un connotato di fonte legale e non contrattuale — esprime oggi un accentuato dovere di lealtà e di onestà del soggetto obbligato (obbligo di utmost good faith), ricol- legandosi anche alla speciale dottrina della fraud on a power (5): caratteri, questi, evidentemente estranei al nostro diritto. In origine
— in diritto romano come in diritto inglese — la fiduciarietà indicava invece la rispondenza di determinati comportamenti a doveri di coscienza, quindi metagiuridici: da questa peculiare di- mensione nacque un’autonoma giurisdizione, nonché branca del- l’ordinamento inglese, l’equity (6). La giuridicizzazione delle conse-
mento fiduciario: esigenze concrete e profili teorici, in Vita not., 2018, pp. 597 e 1113; DI XXXXX, Xxxxxxx, trust e contratto di affidamento fiduciario tra San Marino e Italia, in Riv. dir. priv., 2019, p. 605; PARDOLESI, Trust, fiducie e contratto di affidamento fiduciario: omologazione contrattuale?, in Trusts, 2020, p. 503; XXXXXXX, Dalla dona- zione con riserva di disporre all’affidamento fiduciario (ovvero come rivive una norma del codice civile), in Riv. not., 2020, p. 249; XXXXXX, Programma e attività nell’affida- mento fiduciario e nel trust, in Trusts, 2021, p. 5.
(2) Cfr. al riguardo, tra gli altri, XXXXXXXX, La struttura del negozio della fiducia nell’epoca repubblicana, I. Le nuncupationes, Napoli, 1979; ID., La struttura della fiducia, II. Riflessioni intorno alla forma del negozio dall’epoca arcaica all’epoca classica del diritto romano, Napoli, 1983; BERTOLDI, Il negozio fiduciario nel diritto romano classico, Modena, 2012; XXXXX, Fiduciae causa, Padova, 2018; BURDESE, voce Fiducia (dir. romano), in Noviss. dig. it., VII, Torino, 1961, p. 294; GROSSO, voce Fiducia (dir. romano), in Enc. dir., XVII, Milano, 1968, p. 384.
(3) XXXXXXX, La fiducia: tipi, problemi (e una proposta di soluzione), in La fiducia e i rapporti fiduciari, a cura di Ginevra, Milano, 2012, p. 42 ss.
(4) Cfr. al riguardo XXXXXXX, Fiduciary relationships in the common law, in La fiducia e i rapporti fiduciari, cit., p. 145; XXXXXXXXX, Xxxxxxxxx and contractual accounta- bility, xxx, p. 171. Più di recente, v. i saggi raccolti in AA.VV.., Philosophical Founda- tions of Fiduciary Law, a cura di Xxxx e Xxxxxx, New York 2014; AA.VV., Contract, Status and Fiduciary Law, a cura di Xxxx e Xxxxxx, New York 2016; AA.VV., Fiduciaries and Trust, a cura di Xxxxxx e Xxxxxxx, Cambridge 2020.
(5) Cfr. LUPOI, Trusts, Milano, 2001, pp. 69 ss., 346 ss.
(6) Sulle origini e i caratteri dell’equity, cfr. MOCCIA, voce Equity, in Dig., disc. priv., sez. civ., VII, Torino 1991, p. 498; MAITLAND, L’equità, Milano 1979; XXXXXX, Il
guenze della fiducia ne ha determinato l’inevitabile trasformazione, inducendo taluno a parlare di « fiducia legale », quale negazione in termini del concetto stesso di fiducia (7).
Nel diritto italiano vigente, l’art. 627 c.c. — in tema di fiducia testamentaria — presuppone un dovere di coscienza, quindi non coercibile, seppure produttivo di (limitati) effetti giuridici (la soluti retentio) (8). Ma non è sempre stato così: come hanno dimostrato attenti studiosi, in diritto comune gli effetti delle fiducie testamen- tarie furono, per secoli, ben più incisivi (9). Solo con gli interpreti del code Xxxxxxxx subentrò l’ostracismo, in ragione del rilievo centrale attribuito al formalismo testamentario, e al divieto di rinvio all’arbitrio altrui per la determinazione del contenuto del testa-
modello di common law, Torino 2018, p. 12 ss.; XXXXXXXX, Ius honorarium a Roma ed
« equity » nei sistemi di « common law », in questa rivista, 1988, p. 1105.
(7) XXXXXXXXX, Del negozio fiduciario e della sua ammissibilità nel nostro ordina- mento giuridico, in Riv. dir. comm., 1936, I, p. 355 nota 4; ID., Trust anglosassone, proprietà fiduciaria e negozio fiduciario, in Riv. dir. comm., 1936, I, p. 552; XXXXXXXXX, Fiducia e rappresentanza indiretta, in Diritto civile - Metodo, teoria, pratica, Milano, 1951, pp. 248 e 318; LIPARI, Il negozio fiduciario, Milano, 1964, p. 82 e nota 29; XXXXXXXXX, voce Negozio fiduciario, in Enc. dir., XXVIII, Milano, 1978, p. 45 ss.
(8) Sulla disciplina dettata dall’art. 627 c.c., cfr. XXXXXXX, voce Fiducia testa- mentaria, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968, p. 427; XXXXXXXXX, Le disposizioni fiduciarie nell’art. 627 c.c. (contributo allo studio dell’interposizione di persona), in questa rivista, 1955, p. 1057; XXXXXXXXX XXXX, Appunti in tema di simulazione del testamento, in Rapporti giuridici e dinamiche sociali, Milano, 1998, p. 706; XXXX, Disposizione fiduciaria e simulazione testamentaria, in Riv. not., 2010, p. 335; XXXXX, La fiducia testamentaria, in I contratti di destinazione patrimoniale, a cura di Xxxxx e Ciatti, Torino, 2014, p. 303; PALAZZO, Fiducia testamentaria segreta e semisegreta, in Dir. succ. e famiglia, 2015, 2, p. 419. Sul significato del divieto di fiducia testamentaria (segreta o semisegreta), cfr. soprattutto AMBROSINI, Disposizioni di ultima volontà fiduciarie nel diritto civile moderno, III, Xxxx, 0000.
(9) Cfr. in particolare XXXXXXXXX, Disposizioni di ultima volontà fiduciarie, in Annali del Seminario giuridico della R. Università di Palermo, II, Roma, 1916, p. 117; XXXXXXXXX, Minister ultimae voluntatis. Esegesi e sistema nella formazione del testa- mento fiduciario, I - Le premesse romane e l’età del diritto comune, Napoli, 2002; LUPOI, I trust nel diritto civile, Torino, 2004; XXXXXXXXX, The Development of Fiducia in Italian and French Law from the 14th Century to the End of the Ancien Régime, in Itinera Fiduciae. Trust and Treuhand in Historical Perspective, a cura di Xxxxxxxx e Zimmer- xxxx, Berlin 1998, p. 327; XXXXXXXX, Trust and Trust-like Devices in Roman Law, ivi,
p. 45; XXXXXXXXX, Fiducialitas. Xxxxxxxx e tutele della fiducia nel diritto intermedio, in Le situazioni affidanti, a cura di Xxxxx, Torino, 2006, p. 45; ID., La fiducia testamentaria prima dei codici, in Fiducia, Trusts, affidamenti. Un percorso storico comparatistico, a cura di Biccari, Studi urbinati, LXXXIII, Urbino 2015, p. 261; XXXXX, Xxxxx considera- zioni sull’origine romanistica della struttura negoziale del trust, ivi, p. 51.
mento; perciò gli stessi interpreti francesi affermarono senza riserve la validità della fiducia palese, purché dal testamento risultassero sia l’incarico fiduciario che la persona del beneficiario (10). In sostanza, per tutta l’età intermedia e anche oltre il fenomeno fiduciario fu vivo e vitale e — pur prevalentemente confinato nelle disposizioni a causa di morte — costituì nel diritto continentale il contraltare di quanto ha rappresentato e rappresenta, nel mondo di common law, il trust (11).
Nell’ordinamento giuridico italiano, il concetto di fiducia ri- chiama d’altra parte alla mente il « negozio fiduciario », figura il cui substrato si caratterizza sul piano fenomenologico — quantomeno nella prospettazione dottrinaria classica (12) — per alcuni connotati ben delineati: la mancata verbalizzazione iniziale dell’elemento fi- duciario e dei conseguenti obblighi di comportamento nella fase costitutiva della fattispecie; l’eventuale — seppur non costante — ricognizione unilaterale successiva dell’obbligo di ritrasferimento del bene o diritto; soprattutto, la segretezza, o riservatezza, dell’in- carico fiduciario (13). La ricostruzione dogmatica del negozio fidu- ciario (fiduziarisches Geschäft) risale alla pandettistica tedesca (a partire da un saggio di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxxxx del 1880 (14)), alla
(10) Si tratta del c.d. fedecommesso puro, diverso dalla sostituzione fedecommis- saria sia per il fatto di non ricollegare l’obbligo di ritrasferimento al momento della morte dell’istituito, sia perché l’istituito è un nudus minister, incaricato di trasferire i beni al beneficiario senza poterne godere personalmente: cfr. per tutti TROPLONG, Des donations entre-vifs et des testaments, I, Paris, 1862, p. 130 ss., spec. p. 138 ss.
(11) Cfr. gli aa. citati supra, alla nota 9.
(12) Sulla categoria del negozio fiduciario, v. tra gli altri FERRARA, I negozi fiduciari, in Studi di diritto romano, di diritto moderno e di storia del diritto, in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxxx, II, Milano, 1905, p. 743; MESSINA, Negozi fiduciari, Macerata, 1910, ora in Scritti giuridici, I, Milano, 1948; XXXXXXX FERRARA, I negozi fiduciari, Padova, 1936; LIPARI, Il negozio fiduciario, Milano, 1964; XXXXXXX, Il negozio fiduciario, Torino, 2002; XXXXXXXXX, Negozio fiduciario, cit., p. 32; XXXXXXXXX, voce Negozio fiduciario, in Enc. giur. Treccani, XX, Roma 1990; PUTTI, voce Negozio fiduciario, in Dig., disc. priv., sez. civ., Aggiornamento, II, Torino, 2003, p. 911.
(13) Per l’essenzialità dell’elemento della segretezza nel negozio fiduciario (e nella fiducia testamentaria), cfr. XXXXXXXXX, Disposizioni di ultima volontà fiduciarie nel diritto civile moderno, III, Roma, 1917. XXXXXXXXX, Xxxxxxx fiduciario, cit., p. 50 nota 134, indica la segretezza come carattere normale del fenomeno fiduciario.
(14) XXXXXXXXXXXX, Zwei Beiträge zur Lehre von der Cession, in Archiv für die civilistische Praxis, 63, 1880, p. 157 ss. Cfr. anche LANG, Die Wirkungen der fiduzia- rischen Geschäfte, in Archiv für die civilistische Praxis, 83, 1894, p. 336; XXXXX, Das fiduziarische Rechtsgeschäft, Xxxxxxx, 0000.
quale va ricondotta la teorizzazione della duplicità di negozi. Il primo dei quali con effetti reali, traslativo del diritto dal fiduciante al fiduciario; negozio astratto sia in diritto romano (mancipatio) che in diritto tedesco (Auflassung) (15). Il secondo negozio ha invece natura obbligatoria: con esso si limitano — nei soli rapporti inter partes — le facoltà dominicali del fiduciario (16). Da ciò la comune individuazione dei profili caratterizzanti la fattispecie: la c.d. ecce- denza del mezzo rispetto allo scopo, e la potestà di abuso del fiduciario (17).
In diritto italiano, improntato al contrario dei diritti romano e germanico al principio di causalità, la recezione della costruzione pandettistica ha dato tuttavia luogo a problemi dogmatici di note- vole momento, nei quali la dottrina si è avviluppata senza mai riuscire a scioglierli completamente (18). La teoria dei due negozi collegati ma indipendenti non è mai riuscita a giustificare compiu- tamente la causalità del negozio di trasferimento: il quale inoltre, a causa della segretezza dell’elemento fiduciario, esplicita comune- mente nella prassi una causa tipica (generalmente quella della compravendita), incompatibile con la causa fiduciaria. Per le sud- dette ragioni, il negozio fiduciario si è sempre posto al crocevia tra fenomeni diversi — e discussi — come il negozio indiretto e la simulazione. D’altro lato, l’impostazione dottrinale alternativa — che vi ravvisa un unico negozio caratterizzato da causa fiduciae (19)
(15) Sulla fiducia nel vigente ordinamento germanico, cfr. tra gli altri KÖTZ, Trust und Treuhand, Göttingen 1963; COING, Die Treuhand kraft privaten Rechtsgeschäfts, Xxxxxxx, 0000; GERNHUBER, Die fiduziarische Treuhand, in Xxxxxxxxxxx Xxxxxxxx, 0000,
p. 355; XXXXXXXX, Treuhandgeschäft - Dogmatik und Wirklichkeit, in Archiv für die civilistische Praxis, 1996, p. 37; XXXXXX, Der Treuhandmissbrauch: Zur dogmatischen Rechtfertigung eines Verfügungsschutzes des Treugebers, in Archiv für die civilistische Praxis, 2002, p. 435.
(16) La ricostruzione, nei termini indicati nel testo, è fatta propria dalla giuri- sprudenza prevalente: v. riferimenti in GAMBINI, Il negozio fiduciario negli orientamenti della giurisprudenza, in Xxxx. xxx. xxx., 0000, x. 000. Xx xxxxxx, xxx. Xxxx., sez. un., 6 marzo 2020, n. 6459, in Corr. giur., 2020, p. 589; in Contratti, 2020, p. 257; in Foro it., 2020, I, c. 1951; in Nuova giur. civ. comm., 2020, p. 859, e in Riv. not., 2020, p. 930.
(17) XXXXXXXXX, Negozio fiduciario, cit., p. 36 ss.
(18) Una breve ma esaustiva panoramica delle diverse ricostruzioni dottrinali in tema di negozio fiduciario si rinviene nella motivazione della citata Xxxx., sez. un., 6 marzo 2020, n. 6459.
(19) Si tratta della tesi di XXXXXXXXX, Del negozio fiduciario e della sua ammissi- bilità nel nostro ordinamento giuridico, loc. cit.
— si è per lungo tempo scontrata con l’ostacolo del numerus clausus dei diritti reali, e con l’assunta insufficienza della causa fiduciae a giustificare il trasferimento della proprietà (20). Solo di recente la dottrina è riuscita a fare passi importanti, distinguendo tra tipicità dei diritti reali e (a)tipicità dei relativi titoli di acquisto, e dimo- strando come la causa fiduciae sia sufficiente a fondare la validità dei negozi traslativi e di quelli destinatori (21). L’improba fatica degli interpreti non è stata, comunque, sufficiente ad assicurare vitalità alla figura del negozio fiduciario: la cui segretezza/ riservatezza si pone, tra l’altro, oggi in patente contrasto con im- portanti discipline di ordine pubblico in materia tributaria (22) e antiriciclaggio (23).
D’altra parte, la teoria classica del negozio fiduciario lascia il fiduciante privo di efficienti rimedi a fronte dell’inadempimento del fiduciario, segnatamente in caso di alienazione del bene affidato: infatti, la segretezza (o riservatezza) del pactum fiduciae rende quest’ultimo sempre inopponibile ai terzi aventi causa dal fiduciario e ai suoi creditori. Il dato è di tutta evidenza con riferimento ai beni soggetti a pubblicità legale, difettando ovviamente il titolo autentico sulla base del quale eseguire le relative formalità; ma vale anche per i beni mobili, i crediti, le universalità di mobili e altri diritti non soggetti a pubblicità, in quanto l’ipotetico vincolo non risulta nor- malmente da atto avente data certa (art. 2704 c.c.), presupposto questo indispensabile per la relativa opponibilità (arg. ex artt. 2914,
n. 4, 2915, comma 1°, 1706 e 1707 c.c.). Perciò, ancorché i beni non
« appartengano » (nell’accezione dell’art. 2740 c.c.) al fiduciario al quale sono stati trasferiti, la fiducia « segreta » e non verbalizzata risulta priva degli indici formali esterni, indispensabili per poter opporre ai terzi, e in particolare ai creditori del fiduciario, la destinazione a beneficio del fiduciante o di altri beneficiari. È probabilmente questa — al di là delle concettualizzazioni dogmati- che storicamente susseguitesi — la vera ragione che ha impedito nel
(20) Cfr. soprattutto PUGLIATTI, Fiducia e rappresentanza indiretta, cit., p. 267 ss.
(21) Si segnala, in particolare, LA PORTA, Destinazione di beni allo scopo e causa negoziale, Napoli, 1994, p. 60 ss.
(22) Cfr., sui riflessi fiscali dell’interposizione di persona, l’art. 37, comma 3°,
d.p.r. 29 settembre 1973, n. 600, e l’art. 3 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
(23) Cfr. gli obblighi di indicazione del titolare effettivo, sanciti dall’art. 22 d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231.
tempo di giovarsi delle disposizioni degli artt. 1706 e 1707 c.c. per opporre a terzi e creditori il vincolo nascente dal pactum fiduciae. Se poi si guarda al formante giurisprudenziale, può constatarsi
— al di là di quanto declamato nelle massime — come la realtà fenomenologica inquadrata nella categoria del negozio fiduciario, nel suo teorico atteggiarsi come duplicità di negozi, rispettivamente traslativo e obbligatorio, sia sostanzialmente assente dalla vita giu- ridica (24). Questa constatazione ha indotto, condivisibilmente, la dottrina a parlare di « consunzione » del negozio fiduciario clas- sico (25); e ha evidenziato la necessità di un rinnovato approccio al fenomeno, avvalendosi a tal fine anche dell’esperienza comparati- stica e in particolare di quella relativa ai trust.
2. — La « fiducia verbalizzata » — in particolare l’affidamento fiduciario espresso e palese, accompagnato dalla previsione di ob- blighi gestionali anche dinamici in capo all’affidatario, con adeguata formalizzazione e correlata opponibilità ai terzi e ai creditori — è rimasta per lungo tempo estranea all’esperienza giuridica italiana. Riflesso, questo, di una diffusa ritrosia sul piano culturale, prima che di ostacoli giuridici. La questione centrale dell’opponibilità ai terzi del fenomeno fiduciario è così rimasta in ombra: schiacciata tra le declamazioni dottrinali e giurisprudenziali della natura soltanto obbligatoria del pactum fiduciae, l’affermazione normativa dell’as- senza di effetti giuridici della fiducia testamentaria, e l’incerta e controversa riconducibilità della fiducia alla disciplina del mandato senza rappresentanza (26). Anche perché le costruzioni dogmatiche prevalenti riguardo agli effetti del mandato senza rappresentanza
(24) Il rilievo — a séguito di un’attento scrutinio delle motivazioni delle sentenze della suprema Corte a partire dal 1937 — si deve a LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., pp. 23 ss., 139 ss.
(25) XXXXX, La consunzione del negozio fiduciario, in Trusts, 2010, p. 128.
(26) Sul rapporto tra fiducia e mandato senza rappresentanza, cfr. XXXXXXXXX, Proprietà fiduciaria, e proprietà del mandatario, in Quadrimestre, 1990, p. 1; GRON- DONA, Agency e trust; mandato e fiducia: istituti a confronto, in Trusts, 2000, p. 347; XXXXXXXX, « Pactum fiduciae » e mandato senza rappresentanza: due figure giuridiche a confronto, in Giur. it., 2000, p. 2258; XXXXXX, Xxxxxxx e fiducia, in I patrimoni separati fra tradizione e innovazione, a cura di Xxxxx, Torino, 2007, p. 81; LUMINOSO, Intesta- zione di quota societaria: negozio fiduciario e mandato a confronto, in Riv. giur. sarda, 2011, p. 518. In giurisprudenza, x. Xxxx., 00 marzo 1997, n. 2756, in Corr. giur., 1997,
p. 1080; Trib. Cagliari, 10 dicembre 1999, in Riv. giur. sarda, 2001, p. 661; Trib.
(nei rapporti tra mandante e mandatario) hanno portato a occultare il reale significato di norme come gli artt. 1706-1707 c.c. (relative invece ai rapporti con aventi causa e creditori del mandatario), che la civilistica italiana — forse per l’assenza di un modello analogo nei diritti continentali (specie in Francia e Germania), e per l’incom- prensione delle basi fondamentali del trust anglosassone — ha per lungo tempo frainteso (27). Ciò anche dopo che nel 1968 Xxxx Xxxxxx Xxxxxx, nella sua brillante monografia sulla separazione del patrimo- nio fiduciario nel fallimento, ne ha finalmente dato una lettura rispondente al loro reale significato (28).
Il punto di svolta si è avuto con l’elaborazione della proposta dottrinale dell’affidamento fiduciario ad opera di Xxxxxxxx Xxxxx, contenuta nella prima edizione (del 2008) delle sue « Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari » (successivamente perfezionata nel suo « Il contratto di affidamento fiduciario » del 2014). Con essa l’illustre autore — proponendosi di svincolare le sorti del fenomeno fiduciario dalle secche in cui si era arenato il dibattito sul negozio fiduciario classico, e da una realtà fenomeno- logica solo declamata e assente nelle motivazioni delle numerose sentenze emanate in quasi un secolo — ha ravvisato la possibilità di individuare nelle pieghe dell’ordinamento italiano uno strumento
Milano, 3 ottobre 2006, in Società, 2007, p. 991; Cass., 10 maggio 2010, n. 11314, in
Contratti, 2010, p. 989.
(27) Secondo l’impostazione tradizionale e finora prevalente, la proprietà dei beni mobili verrebbe acquistata automaticamente dal mandante (da ciò deriverebbe l’impos- sibilità per i creditori del mandatario di aggredirli esecutivamente); quanto alla proprietà dei beni immobili, spettando essa al mandatario in linea di principio i di lui creditori potrebbero agire esecutivamente su di essa, salva l’applicazione delle norme sulla trascrizione. Ancora di recente, le sezioni unite della suprema Corte (Cass., sez. un., 8 ottobre 2008, n. 24772, in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, p. 368; in Corr. giur., 2009,
p. 691; in Riv. not., 2009, p. 1023, e in Giust. civ., 2010, I, p. 441) hanno affermato la natura eccezionale di disposizioni come l’art. 1706, comma 1°, o l’art. 1707, parte prima, c.c., nella misura in cui esse costituirebbero deroga al principio generale xxxxxxx dall’art. 1705 (secondo cui i contratti stipulati dal mandatario non producono effetti diretti nella sfera del mandante, e quest’ultimo non ha rapporti con i terzi).
(28) XXXXXX, La separazione del patrimonio fiduciario nel fallimento, Milano, 1968, spec. p. 323 ss. Va segnalata, al riguardo, anche l’ampia e condivisibile indagine di LUMINOSO, Mandato, commissione, spedizione, Milano, 1984, p. 188 ss.: nella quale si evidenzia correttamente come la disciplina dei rapporti con i terzi e i creditori, contenuta negli artt. 1706-1707 c.c., debba essere sganciata dalle costruzioni dogmati- che impostate sugli effetti del mandato senza rappresentanza tra mandante e mandata- rio.
giuridico realmente competitivo rispetto al trust. La cui recezione in Italia — ormai compiuta, dopo quasi trent’anni dall’entrata in vigore della convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985 — si scontra ancora con alcuni ostacoli di non poco momento: in primis, la necessità di applicare un diritto straniero, e le incomprensioni anche giurispru- denziali che ancora ne caratterizzano alcuni aspetti di disciplina (basti pensare al trust autodichiarato, o ai rapporti con le norme imperative italiane) (29).
Nella ricostruzione di Xxxxx, la matrice dell’affidamento fidu- ciario è esclusivamente contrattuale: un contratto unico — anziché un collegamento tra due negozi come nella teoria classica — con il quale l’affidante trasferisce all’affidatario la proprietà dei beni, affinché essi vengano impiegati solamente per l’attuazione del pro- gramma destinatorio a favore di uno o più beneficiari (terzi o parti del medesimo contratto). Profilo caratterizzante di questo contratto sarebbe la tendenziale stabilità: il programma, e con esso la necessità della sua attuazione, permane nel tempo nonostante il possibile mutamento della persona dell’affidatario, la cui titolarità dei beni affidati è ontologicamente temporanea e risolubile (30). La cessione del contratto — previamente autorizzata dalle parti — è, secondo l’autore, il congegno in grado di garantire la suddetta stabilità nonché la continuità del programma in caso di morte, dimissioni o revoca dell’affidatario (31). Un ruolo centrale compete poi ai mec- canismi di c.d. autotutela (32), rimessi all’autonomia contrattuale: in particolare, l’autorizzazione a disporre (33) e l’attribuzione di poteri
(29) Cfr. sul tema XXXXXXXX, Trust interno, art. 2645-ter e « trust italiano », già in Xxx. xxx. xxx., 0000, x. 000 xx., x xxx in ID., Destinazioni patrimoniali e trust, cit., p. 89 ss. (da cui si cita nel prosieguo); LUPOI, Trust e vincoli di destinazione: qualcosa in comune?, in Trusts, 2019, p. 237 ss.; ID., Si fa presto a dire « trust », in questa rivista, 2017, p. 669 ss.; XXXXXXXXX, Lo sham trust nell’ordinamento giuridico italiano. Merite- volezza degli interessi e tecniche di tutela, Napoli, 2017, p. 246 ss.
(30) XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., pp. 313 ss., 353 ss.
(31) XXXXX, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, cit., p. 324 ss.; XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 381 ss.
(32) Sull’accezione in cui è impiegato questo concetto, x. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 324 ss. Sull’autotutela cfr., di recente, anche LEPORE, Autotutela e autonomia negoziale, Napoli, 2019.
(33) XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 320 ss.; ID., Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, cit., p. 291 ss. V. anche XXXXXXX, Gestione fiduciaria e disposizione del diritto, Milano, 1991, p. 203 ss.
fiduciari (34) a soggetti diversi dall’affidatario, che consentono di privare quest’ultimo della proprietà dei beni quando le necessità dell’affidamento lo richiedano, e di subordinare l’esercizio delle facoltà dominicali a pareri e consensi, assicurando che il fiduciario impieghi i beni affidatigli esclusivamente per l’attuazione del pro- gramma. L’appartenenza, sul piano economico, delle utilità di tali beni ai beneficiari ne determinerebbe l’inespropriabilità da parte dei creditori dell’affidatario: anche perché il carattere temporaneo della relativa titolarità renderebbe i medesimi beni del tutto inidonei a integrare la garanzia patrimoniale generica, rendendo l’espropria- zione forzata economicamente non conveniente. L’opponibilità ai terzi e ai creditori sarebbe garantita dalla data certa del contratto di affidamento fiduciario, e — per quanto riguarda i beni immobili — dalla menzione, nella nota di trascrizione del trasferimento dei beni all’affidatario, della condizione risolutiva cui l’effetto traslativo sa- rebbe subordinato. Non vi sarebbe, invece, un vincolo di destina- zione sui beni, poiché a essere vincolata sarebbe, secondo Xxxxx, soltanto l’attività del fiduciario per mezzo dei medesimi beni: i quali costituirebbero nel loro insieme un patrimonio, suscettibile di mo- difiche nel corso della durata dell’affidamento. Perciò, le limitazioni previste dall’art. 2645-ter c.c. (limite di durata; speciale meritevo- lezza degli interessi; forma pubblica dell’atto di destinazione) non troverebbero applicazione al contratto di affidamento fiducia- rio (35).
Quelli suddescritti sono, a grandi linee, i pilastri portanti della costruzione dell’affidamento fiduciario nella visione di Xxxxx. Le importanti intuizioni che stanno alla base di essa hanno avuto l’innegabile merito di porre all’attenzione degli studiosi, e della prassi negoziale — avvalendosi ampiamente dell’esperienza matu- rata in Italia nell’ultimo ventennio in relazione all’istituto del trust
— alcune soluzioni potenzialmente efficienti, e funzionali al perse- guimento degli obiettivi dichiarati. Grazie, soprattutto, al rilievo attribuito ai profili organizzativi, e in particolare a meccanismi ricavati dalla comparazione giuridica (primi fra tutti l’Ermächtigung
(34) XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 329 ss.; ID., Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, cit., p. 293 ss.
(35) XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 384 ss., 388 ss., 430 ss. Cfr. anche, con maggiori aperture, LUPOI, Istituzioni del diritto dei trust e degli affida- menti fiduciari, cit., p. 265 ss., spec. p. 271.
della tradizione germanica e i fiduciary powers dell’ambiente giuri- dico anglosassone), in una con le caratteristiche di stabilità nel tempo, opponibilità a terzi e creditori (asset partitioning), flessibi- lità e polivalenza propri del trust. Chi scrive, pur condividendo buona parte delle soluzioni suggerite, ritiene peraltro che la propo- sta necessiti per varie ragioni di essere arricchita, e perfezionata, con l’innesto del contratto di affidamento fiduciario all’interno di un congegno di vera e propria destinazione patrimoniale. Le riflessioni che seguono cercheranno di delineare un percorso, attraverso il quale i conclamati obiettivi possano essere compiutamente conse- guiti.
3. — Una prima osservazione, di ordine metodologico, si im- pone. Nella definizione dei caratteri strutturali e funzionali dell’af- fidamento fiduciario, l’innegabile rilevanza dei dati provenienti dalla realtà (quindi dalla prassi contrattuale, non meno che dall’espe- rienza comparatistica) non può travalicare il ruolo che ad essi è attribuibile nell’interpretazione di qualsiasi fenomeno giuridico. Il quale deve essere innanzitutto considerato — quando si passa dalla comparazione all’esame di un determinato ordinamento giuridico — alla luce del diritto positivo, ossia del dover essere rappresentato dalle norme giuridiche vigenti. Occorre, in altri termini, fare tesoro della c.d. legge di Xxxx, che vieta di argomentare dal discorso descrittivo per farne derivare conseguenze sul piano prescrit- tivo (36). L’osservazione, che può apparire banale, assume una peculiare importanza nello specifico àmbito in esame: poiché l’affi- damento fiduciario non costituisce oggetto di una specifica disci- plina positiva, è forte la tentazione di ricavare le norme applicabili dall’osservazione della realtà, in particolare dalle prassi contrattuali ricorrenti (magari misurando l’efficienza delle singole soluzioni adottate). Prassi che peraltro — seppure ritenute lecite — potreb-
(36) Cfr., in particolare, CARCATERRA, Il problema della fallacia naturalistica, Milano, 1969; BOBBIO, Essere e dover essere nella scienza giuridica, in Studi per una teoria generale del diritto, Torino, 1970, p. 139; CELANO, Dialettica della giustificazione pratica. Saggio sulla legge di Xxxx, Torino, 1994; SINISCALCHI, La fallacia del normale. Passaggi sulla Is-Ought Question, in Ontologia e analisi del diritto. Scritti per Xxxxxxx Xxxxxxxxxx, II, a cura di Xxxxxxx e Righi, Milano, 2012, p. 1353; BARTOLI, Il diritto tra essere e dover essere. Per un superamento della Great Division, ivi, p. 151; ARTOSI, I fatti in un mondo di valori, ivi, p. 57.
bero fotografare solo una delle possibili alternative rimesse all’au- tonomia privata, anziché la soluzione desumibile dalle norme. L’ap- proccio corretto sul piano metodologico, in assenza di una tipizza- zione legale della fattispecie, è un altro: se l’obiettivo è quello di assicurare l’attuazione del programma destinatorio dei beni affidati, e con esso la stabilità del rapporto e la relativa opponibilità ai terzi e ai creditori, occorre chiedersi quale tipo di struttura possa essere legittimamente predisposta dall’autonomia privata al fine di conse- guirlo con la maggior pienezza di effetti.
Sul piano della disciplina applicabile, l’osservazione dei dati positivi evidenzia innanzitutto il recepimento della nozione di « af- fidamento fiduciario » nel contesto della l. 22 giugno 2016, n. 112 (c.d. sul « dopo di noi »): dalla quale si evince — in particolare nell’art. 6, sia pure nell’ottica delle agevolazioni, soprattutto fiscali, previste dalla medesima legge — l’indubbia equivalenza funzionale tra il suddetto affidamento fiduciario, il trust e i vincoli di destina- zione ex art. 2645-ter c.c. (37). Questa disciplina non implica, però, che quello in esame sia divenuto un contratto tipico, e neanche a ben vedere un contratto nominato: i connotati di struttura e di funzione,
(37) Cfr. in argomento DI XXXXXX, Destinazione patrimoniale a tutela dei soggetti deboli, in Treccani. Il libro dell’anno del diritto 2018, Roma, 2018, p. 25; ID., La destinazione patrimoniale a tutela dei soggetti deboli. Riflessioni sulla L. 22 giugno 2016, n. 112, in favore delle persone con disabilità grave, in Nuove leggi civ. comm., 2017, p. 47; AZZARRI, I negozi di destinazione patrimoniale in favore dei soggetti deboli: considerazioni in margine alla l. 22.6.2016, n. 112, in Nuova giur. civ. comm., 2017, II,
p. 120; ATLANTE-CAVALAGLIO, I fondi speciali nel contratto di affidamento fiduciario previsti dalla legge « Dopo di noi »: una nuova ipotesi di patrimonio separato?, in Riv. not., 2017, p. 227; CAMPOSEO, Gli strumenti per l’assistenza ai disabili: note sugli aspetti civilistici della L. n. 112/2016 (c.d. « dopo di noi »), in Notariato, 2017, p. 433; TATARANO, La c.d. legge « dopo di noi »: profili giusprivatistici, in Rass. dir. civ., 2017, p. 1465; XXXXXXX, La legge sul « Dopo di noi » e la fiscalità degli strumenti di destinazione patrimoniale, in Studi e materiali, 2017, 1-2, p. 283; MURITANO, La Legge n. 112/2016 sul « Dopo di noi »: impressioni, proposte, in Studi e materiali, 2017, 1-2, p. 119; AMORE, Criticità sistematiche e rilevanza normativa del trust nella « legge sul dopo di noi », in Nuove leggi civ. comm., 2017, p. 1197; GALLARATI, La protezione del patrimo- nio delle persone deboli, in Il trust: criticità, correzioni, sviluppi, a cura di X. Xxxxxxxx, Torino, 2017, p. 191; ANDRINI, Le situazioni affidanti e la c.d. legge « dopo di noi » (L.
n. 112/2016). Parte prima: il trust e l’art 2645-ter c.c., in Riv. dir. civ., 2018, p. 623; ID., Le situazioni affidanti e la c.d. legge « dopo di noi » (L. n. 112/2016). Parte seconda: i vincoli di destinazione ed il contratto di affidamento fiduciario, in Riv. dir. civ., 2018,
p. 1020; AMORE, Trust, vincoli di destinazione e affidamento fiduciario nella legge del
« dopo di noi », in Stud. jur., 2019, pp. 718 e 895.
previsti nella richiamata legge, sono infatti strumentali all’otteni- mento dei benefici da essa disposti, e non sono perciò sufficienti né a identificarne la disciplina, né a delineare i confini del « tipo » (38). Per di più, così come il trust menzionato dalla l. n. 112 del 2016 può (anzi, deve) essere regolato da una legge straniera, anche l’affida- mento fiduciario in oggetto potrebbe essere — in alternativa a una fattispecie innominata conforme all’ordinamento italiano — rego- lato da una legge straniera (in particolare, dalla legge di San Marino, l’unica che attualmente lo contempli (39)). Si è perciò correttamente affermato che il richiamo contenuto nella legge sul « dopo di noi » non riguarda un tipo determinato di contratto, bensì uno schema generale di operazione economica: i cui elementi identificativi sono unicamente l’affidamento dei beni ad altri e la fiducia, mentre rimane aperto sul piano civilistico il problema dell’individuazione di ogni ulteriore profilo relativo a fattispecie e disciplina (40).
L’ampio ricorso a meccanismi di autotutela, che è stato sugge- rito (41), non può d’altronde soddisfare tutte le esigenze — anche di natura rimediale — che potrebbero presentarsi nel corso del rap- porto di affidamento fiduciario. Nell’individuazione di un tipo con- trattuale, occorre infatti sempre considerare l’eventualità che le parti non disciplinino un determinato aspetto dei loro rapporti: ed è necessario individuare per tale evenienza le norme dispositive, o suppletive, applicabili. Non si possono, pertanto, considerare come essenziali certi tratti della fattispecie — la stabilità, la surrogabilità dell’affidatario, l’opponibilità ai terzi — senza contemporaneamente individuare la disciplina applicabile per l’ipotesi che le parti non regolamentino contrattualmente tali profili. Perché se in difetto di certe previsioni contrattuali i tratti essenziali del tipo svaniscono, è
(38) XXXXXX, L’affidamento fiduciario quale contratto nominato: un’analisi reali- stica, in Contratti, 2018, p. 357 ss.
(39) Cfr. la legge di San Marino 1º marzo 2010, n. 43 (« L’istituto dell’affida- mento fiduciario »), reperibile sul sito xxxx://xxx.xxxxxxxxxx.xx/. Sull’affidamento fidu- ciario disciplinato dalla legge di San Marino, cfr. XXXXX, Note circa la legge sammarinese sull’affidamento fiduciario, in Trusts, 2010, p. 469; ID., The new law of San Marino on the « affidamento fiduciario », in Trusts, 2011, p. 353; VICARI, Il contratto di affidamento fiduciario nella legge di San Marino, in Autonomia privata e affidamenti fiduciari, a cura di X. Xxxxx e X. Xxxxxx, Torino 2012, p. 210.
(40) XXXXXX, L’affidamento fiduciario quale contratto nominato: un’analisi reali- stica, loc. ult. cit.
(41) XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 324 ss.
segno che non esiste quel tipo normativo (42); ovvero, in alternativa, che gli elementi assunti come caratterizzanti del tipo in realtà non sono tali. Per la validità dell’affidamento fiduciario è del resto sufficiente che il trasferimento della proprietà all’affidatario sia funzionalmente qualificato dalla causa fiduciae (ossia, dal pro- gramma dell’affidamento a vantaggio dei beneficiari): a parte ciò, nel contratto potrebbero ben mancare autorizzazioni e attribuzioni di poteri fiduciari, e altri meccanismi convenzionali di autotutela; potrebbe difettare ogni previsione sulla possibile sostituzione del- l’affidatario a séguito di morte, revoca o dimissioni; potrebbe non essere prevista alcuna ulteriore figura di garanzia (come il guar- diano), e quindi non esservi alcun meccanismo di controllo e super- visione. Il contratto opererebbe in tali casi solamente tra le parti originarie (affidante e affidatario), in assenza di qualsiasi elemento organizzativo atto a investire in futuro altri soggetti del ruolo di affidatario. Il carattere della stabilità del rapporto — assunto come tipologicamente essenziale nella ricostruzione in esame — verrebbe così a mancare, e con esso la garanzia di continuità quando venga meno per qualsiasi ragione la persona dell’affidatario. Il mancato inserimento in contratto di una condizione risolutiva impedirebbe, poi, di rendere opponibile — a mezzo della trascrizione — la temporaneità dell’affidamento ai terzi.
Conseguenze analoghe si produrrebbero, poi, nell’eventualità in cui — pur ricorrendo clausole contrattuali attributive di determinati poteri e autorizzazioni — le figure soggettive individuate non pon- gano in essere (per inerzia, inadempimento o impossibilità) i com- portamenti a tal fine richiesti. Difettando in concreto l’atto o il comportamento grazie al quale l’autotutela avrebbe dovuto concre-
(42) Il tipo contrattuale è definito dalle norme giuridiche (imperative e disposi- tive) che dettano la relativa disciplina: cfr. DE NOVA, Il tipo contrattuale, Padova, 1974, passim. Sulla tematica, v. anche XXXXXXXXXX-MAZZAMUTO, I tipi contrattuali, in Manuale di diritto privato europeo, II, Milano, 2007, p. 859; GABRIELLI, voce Tipo contrattuale, in Enc. giur. Xxxxxxxx, XXXX, Xxxx 0000; G.B. FERRI, Contratto e negozio: da un regolamento per categorie generali verso una disciplina per tipi?, in La civilistica italiana dagli anni ‘50 ad oggi, Padova, 1991, p. 329; XXXXXXXXX, Il contratto e le sue classificazioni, in Studi in onore di Xxxxxx Xxxxxxxx, III, Milano, 1998, p. 357; GITTI- DELFINI, Autonomia privata e tipizzazione contrattuale, in Riv. dir. priv., 2007, p. 471; GITTI, La « tenuta » del tipo contrattuale e il giudizio di compatibilità, in Riv. dir. civ., 2008, I, p. 491; XXXXXXXX, Operazioni commerciali in cerca del « tipo » contrattuale, in Rass. dir. civ., 2011, p. 1331.
xxxxxxsi, è necessario poter disporre di una prospettiva rimediale, realizzabile tramite l’intervento dell’autorità giudiziaria: ma la legge, in relazione al delineato contratto atipico di affidamento fiduciario, non contempla alcun intervento del giudice, neanche per revocare o sostituire l’affidatario, o il guardiano, o per fornire loro istruzioni. E in assenza dell’indispensabile supervisione dell’autorità giudiziaria, non appare neanche possibile caratterizzare la posizione di affida- tario in termini di ufficio di diritto privato, come pure è stato proposto (43). Parlare di ufficio in un contesto esclusivamente con- trattuale non appare del resto possibile anche per un’altra fonda- mentale ragione: manca il presupposto della tutela di un interesse di natura oggettiva, esterno rispetto a quello delle parti del contratto, che la dottrina ritiene indispensabile a tal fine (44). Né può conside- rarsi determinante a tal fine l’interesse dei beneficiari nel contratto a favore di terzi: si sarebbe, in quest’ultimo caso, in presenza di un programma di attività nell’interesse altrui, non già di un’attività funzionale nel senso proprio del termine (45), come richiede l’es- senza dell’ufficio.
Un ulteriore aspetto assume rilievo centrale nella valutazione della teoria in esame. Nella configurazione proposta, il contratto di affidamento fiduciario dovrebbe contenere le norme programmati- che applicabili alla futura attività dell’affidatario e degli altri soggetti titolari di particolari ruoli (ad esempio quello di guardiano, o garante), e anche alle vicende riguardanti i beneficiari. Si è parlato, al riguardo, di « contratto normativo » (46): il quale però si caratte- rizza per regolamentare la futura attività negoziale delle (sole) parti
(43) Per il riferimento, in relazione alla figura dell’affidatario (e a quella del guardiano o garante), al concetto di ufficio, cfr. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., pp. 275, 336, 382, 433.
(44) Sui caratteri identificativi degli uffici di diritto privato, cfr. in generale XXXXXXX, voce Officio, in Noviss. dig. it., XI, Torino, 1965, p. 773; ID., Osservazioni sulla struttura giuridica dell’officio, in Riv. dir. civ., 1964, I, p. 139; XXXXXXX, voce Ufficio (dir. priv.), in Enc. dir., XLV, Milano, 1992, p. 641; SANTARCANGELO, La volontaria giurisdi- zione, I, Milano, 2003, p. 263 ss.
(45) Per la distinzione tra attività nell’interesse altrui e attività funzionale, cfr. DI XXXXX, L’atto di destinazione dell’art. 2645-ter: considerazioni sulla fattispecie, in Atti di destinazione e trust (art. 2645-ter del codice civile), a cura di Xxxxxxx, Padova, 2008,
p. 47; ID., Considerazioni sull’art. 2645-ter cod. civ.: destinazione di patrimoni e categorie dell’iniziativa privata, in Xxxx. xxx. xxx., 0000, x. 000.
(46) XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., pp. 384 ss., 419.
di esso (47); mentre nella fattispecie in esame le norme contrattuali dovrebbero riguardare non solo le parti contrattuali, bensì tutti i soggetti presenti e futuri destinati a ricoprire pro tempore determi- nati ruoli o cariche, e quindi anche soggetti terzi. Trattandosi di una dimensione organizzativa che si estende alla disciplina dell’attività da compiersi, in futuro, anche da soggetti diversi dalle parti, e non potendosi — come si dirà tra breve — impiegarsi utilmente per tali fini lo strumento della cessione del contratto, la ricostruzione in termini meramente contrattuali si rivela inadeguata.
È necessario, infine, verificare se nella logica puramente con- trattuale dell’affidamento fiduciario possano essere conseguiti al- meno in parte i risultati divisati, allorché con apposite clausole si disciplini l’avvicendarsi di altre persone nella posizione di affidata- rio, e ci si preoccupi dell’effettività sul piano rimediale e dell’oppo- nibilità ai terzi e ai creditori. Quanto al primo punto, il meccanismo ipotizzato per assicurare la sostituzione nella posizione di affidatario
— la cessione del contratto — si rivela inadeguato. Pur senza considerare in questa sede l’affidamento fiduciario testamentario (nel quale pure occorre assicurare la stabilità del rapporto, pur non essendo ovviamente possibile in tale contesto parlare di cessione di contratto (48)), e tralasciando la questione della cedibilità dei con- tratti diversi da quelli a prestazioni corrispettive (49), sembra molto difficile immaginare una cessione di contratto, sia pure preventiva-
(47) Sulla categoria dei contratti normativi, cfr. ALBANESE-D’ETTORRE, Il contratto normativo, in I rapporti giuridici preparatori, a cura di Xxxxxxxxx, Milano, 1996, p. 163; SIRENA, Effetti e vincolo, in Trattato del contratto, diretto da Xxxxx, III, Milano, 2006,
p. 85; XXXXXXXX, voce Contratto normativo, in Noviss. dig. it., IV, Torino, 1959, p. 663; MESSINEO, voce Contratto normativo e contratto tipo, in Enc. dir., X, Milano, 1962, p. 116; MAIORCA, voce Normativo (contratto), in Dig., disc. priv., sez. civ., XII, Torino, 1995, p. 169; FERCIA, voce Contratto normativo, in Dig., disc. priv., sez. civ., VIII aggiornamento, Torino, 2013, p. 194; SIMEOLI, voce Contratto e potere regolatorio (rapporti tra), in Dig., disc. priv., sez. civ., IX Aggiornamento, Torino, 2014, p. 94; GITTI, Appunti sull’« accordo normativo », in Studi in onore di Xxxxxxxxxxx, II, Milano, 2004,
p. 1323; X’XXXXXXXXX, Il contratto normativo, in Obbl. e contr., 2008, p. 62; MEZZA- NOTTE, Il negozio configurativo: dall’intuizione alla categoria (storia di un pensiero), in Studi in onore di Xxxxxxxx Xxxxxxxxx, II, Napoli, 2008, p. 1155.
(48) Xxxx’affidamento fiduciario testamentario, v. da ultimo X. XXXXX, L’affida- mento fiduciario testamentario, in Rass. dir. civ., 2020, p. 1.
(49) Secondo l’orientamento tradizionale, la cessione del contratto sarebbe am- missibile unicamente nell’àmbito dei contratti a prestazioni corrispettive (cfr. Cass., 18 dicembre 1990, n. 11980, in Rep. Foro it., voce Comodato, n. 2). Contra, per l’esten- sione ai contratti unilaterali, Cass., 2 giugno 2000, n. 7319, in Contratti, 2000, p. 977.
mente autorizzata dall’affidante ed eventualmente anche dall’affida- xxxxx, per il caso di morte di quest’ultimo. La cessione sarebbe poi impossibile in assenza di preventivo consenso dell’affidatario, ove alla revoca o alle dimissioni si accompagnasse il suo rifiuto di cedere la posizione contrattuale.
Desta perplessità, poi, la proposta esclusione dei rimedi della risoluzione per inadempimento o per eccessiva onerosità sopravve- nuta (peraltro applicabili solo nei contratti a prestazioni corrispet- tive) (50). Nella sua assolutezza, l’affermazione dell’irresolubilità del contratto di affidamento fiduciario appare difficilmente condivisibile nell’ipotesi in cui le parti nulla abbiano disposto nel contratto: non potendo ipotizzarsi che i rimedi risolutori siano automaticamente esclusi per la natura del contratto (51). Ma anche sulla clausola che escluda la risoluzione è lecito nutrire dubbi, essendo la relativa legittimità controversa in dottrina e giurisprudenza (52).
Quanto all’opponibilità ai terzi della natura fiduciaria (quindi temporanea) dell’affidamento, l’espediente di sottoporre il trasferi- mento a condizione risolutiva (53) (artt. 1357 e 2659, ult. cpv., c.c.)
Per la sua applicabilità al contratto di affidamento fiduciario, x. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., pp. 358 ss., 381 ss.
(50) XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 358 ss.
(51) Contra LUPOI, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 328 xx. Xx x. x. 00 xxx 0000 xx Xxx Xxxxxx (xxx’art. 1, comma 5°) esclude espressamente la risolubilità per inadempimento o per eccessiva onerosità del contratto di affidamento fiduciario: ma tale soluzione non appare sostenibile in Italia, in mancanza di una previsione normativa di analogo tenore.
(52) L’ha esclusa, in particolare, Cass., sez. un., 14 gennaio 2009, n. 553, in Giur. it., 2009, p. 1119, seguìta di recente da Cass., 22 marzo 2017, n. 7313, in Vita not., 2017, p. 794. Sulla questione v. in dottrina XXXXXXX, Xxxxx note in tema di rinunzia agli effetti della risoluzione, in Riv. crit. dir. priv., 2008, p. 329; SICCHIERO, Indisponibilità dell’effetto risolutivo stragiudiziale del contratto (artt. 1454, 1456 e 1457 c.c.) (nota a Cass. S.U. 14 gennaio 2009, n. 553), in Giur. it., 2009, 5, p. 1119; ID., Nullità della clausola di rinuncia alla risoluzione e massime mentitorie (nota a Xxxx. 9 maggio 2012,
n. 7054), in Giur. it., 2012, p. 2256; GALLARATI, Il contratto irresolubile o quasi. Profili di sostenibilità della clausola « exclusive remedy » nell’economia delle parti, in Contr. e impr., 2016, p. 1022; XXXXXXXXX, Autonomia privata ed esclusione dei rimedi contrattuali (brevi spunti di riflessione sulla clausola di exclusive remedy), in Riv. dir. comm., 2018,
p. 209; XXXXXX, La rinuncia all’effetto risolutivo. Irresoluta quaestio?, in Rass. dir. civ., 2018, p. 1022; XXXXXX, « Rinunciabilità dell’effetto risolutivo ». Un principio da ridi- mensionare, Pisa 2017.
(53) Nella configurazione data da Xxxxx, la condizione risolutiva opererebbe peraltro solo in subordine rispetto alla cessione del contratto, grazie alla quale si garantirebbe la continuità del rapporto contrattuale anche nel mutare delle persone degli
appare quantomeno inefficiente: sebbene non retroattiva, la condi- zione risolutiva determinerebbe necessariamente il rientro — sia pur transitorio — del bene affidato nel patrimonio dell’affidante (o dei suoi eredi); e ciò implicherebbe la confusione dei beni all’interno di tale patrimonio, e l’aggredibilità del bene affidato da parte dei creditori dell’originario proprietario (per tacere dell’eventualità in cui questi, in tale momento, fosse assoggettato a una procedura concorsuale) (54). Inoltre, le usuali modalità della trascrizione del trasferimento risolutivamente condizionato (contro l’affidante e so- lamente a favore (55) dell’affidatario, pur con menzione della con- dizione nella nota) potrebbero rivelarsi nei fatti inadeguate all’obiet- tivo di assicurare l’effettiva conoscibilità legale e quindi l’opponibi- lità — agli aventi causa e ai creditori dell’affidatario — della conformazione del diritto risolubile. Se poi si aderisse all’idea che a essere vincolata è unicamente l’attività dell’affidatario, e quindi che
— a parte il trasferimento della proprietà — il contratto produca esclusivamente effetti di natura obbligatoria in capo al medesimo affidatario, sarebbe impossibile immaginare la trascrivibilità e quindi l’opponibilità ai terzi di limitazioni per definizione efficaci esclusivamente inter partes.
4. — Nella sua impostazione originaria, la dottrina dell’affida- mento fiduciario instaura una contrapposizione radicale rispetto al parallelo fenomeno dei vincoli di destinazione (i quali trovano la loro disciplina soprattutto nell’art. 2645-ter c.c.). L’analisi delle
affidatari, per effetto della relativa sostituzione: cfr. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 417 ss. V. anche XXXXX, Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, cit., pp. 250 ss., 278 ss.
(54) La conseguenza paventata nel testo si produrrebbe anche nell’ipotesi — teorica — in cui il contratto, già ab origine, individuasse la persona dell’eventuale sostituto in veste di fiduciario, e contemplasse pertanto un ulteriore trasferimento sottoposto a condizione sospensiva (in presenza del medesimo evento dedotto nella precedente condizione risolutiva: es., morte, revoca o dimissioni dell’affidatario): anche in tale ipotesi i beni rientrerebbero transitoriamente nel patrimonio dell’affidante, e si realizzerebbe quindi un’ulteriore vicenda traslativa da quest’ultimo al nuovo affidatario (con conseguenti oneri aggiuntivi, anche di natura fiscale).
(55) La trascrizione a favore, a differenza di quella eseguita a carico del soggetto, non appare idonea a rendere legalmente conoscibili i vincoli e, in genere, i mutamenti giuridici sfavorevoli al soggetto medesimo.
argomentazioni addotte per avvalorare tale netta differenziazione, o incompatibilità, ne rivela tuttavia l’infondatezza.
È indimostrata, innanzitutto, l’affermazione dell’assunta « stati- cità » dei vincoli di destinazione, già nella parte in cui si fonda sulla pretesa assenza di attività gestionale, volta all’attuazione degli scopi della destinazione. Al contrario, l’art. 2645-ter menziona espressa- mente l’attività di realizzazione della destinazione, attribuendo agli interessati azione a tal fine, e perciò stesso presupponendo l’obbli- gatorietà di tale attuazione. Inoltre, la menzione dei debiti « con- tratti » per la realizzazione dello scopo di destinazione — oltre a dimostrare come possa esistere anche un passivo accanto all’attivo composto dai beni destinati — evidenzia la sicura configurabilità di un’attività gestoria a « rilievo reale metaindividuale » (56). Di stati- cità si parla, però, anche in una ulteriore accezione, per sottolineare la presunta immutabilità del substrato oggettivo del vincolo. Anche questa affermazione è però destituita di fondamento: non dubitan- dosi da parte della prevalente dottrina dell’alienabilità dei beni destinati (57); ed essendo ammessa in tal caso la surrogazione reale nel vincolo medesimo per effetto dell’alienazione (e sostituzione) dei beni destinati (58). Ma se il vincolo di destinazione può e deve accompagnarsi a un’attività gestoria finalizzata ad attuarne lo scopo, e può trasferirsi anche su altri beni, risulta esclusa la pretesa staticità dello stesso; e conseguentemente viene meno l’esigenza di circoscri- vere il vincolo conseguente all’affidamento fiduciario alla sola atti- vità del fiduciario (anziché imporlo sui beni affidati) (59).
(56) Su tale nozione, x. XXXXX-XXXXX, I contratti associativi, Milano, 1969 (rist. 2001), p. 188 ss.
(57) Cfr. XXXXXXX, Trust e atto di destinazione nel diritto di famiglia e delle persone, Milano, 2011, p. 277 ss.
(58) La prevalente dottrina si pronuncia affermativamente in ordine all’applica- bilità della surrogazione reale ai beni oggetto di vincolo di destinazione: cfr. XXXXXXXX, La surrogazione reale nei patrimoni destinati a uno scopo, in ID., Destinazioni patrimoniali e trust, cit., p. 373 ss. (ed ivi riferimenti alle note 176, 177 e 178).
(59) XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., pp. 314, 384; ID., Le ragioni della proposta dottrinale del contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 740. Parlare di vincolo dell’attività in relazione al fenomeno dell’affidamento fiduciario significa, so- stanzialmente, circoscriverne gli effetti sul piano obbligatorio. Ciò è, in effetti, quanto avviene nel trust anglosassone; ma in quest’ultimo il peculiare funzionamento dei meccanismi dell’equity consente, grazie ai rimedi del tracing e del following, di seguire i beni — rectius, il relativo valore — anche presso il terzo acquirente (che non sia un bona fide purchaser for value without notice): il quale diviene constructive trustee, come
È inesatto, in secondo luogo, dire che il vincolo ex art. 2645-ter
c.c. potrebbe avere ad oggetto soltanto singoli beni, mentre l’affi- damento fiduciario avrebbe « naturalmente » ad oggetto un patri- monio nelle sue componenti sia attive che passive: si dimentica in tal modo che la richiamata disposizione codicistica è dettata in tema di trascrizione, la quale per definizione non può che essere disciplinata in relazione a beni determinati. Non si può negare, al contrario, che il vincolo di destinazione possa gravare su un patrimonio (separato): la ricomprensione espressa nel vincolo dei frutti dei beni destinati e delle passività inerenti alla destinazione — a cui occorre aggiungere il ricavato dell’eventuale alienazione dei beni — dimostra esatta- mente il contrario.
Così come è errata la convinzione che solo beni immobili e beni mobili iscritti in pubblici registri possano costituire oggetto del vincolo di destinazione, contrariamente all’affidamento fiduciario che sarebbe, invece, idoneo a ricomprendere qualunque tipo di bene o diritto: le analisi dottrinali, anche recenti, hanno dimostrato come possano benissimo darsi vincoli di destinazione aventi ad oggetto sia altri beni soggetti a pubblicità legale o analoghi strumenti di cono- scibilità (tra gli altri, le quote di s.r.l.; i titoli di credito; gli strumenti finanziari), sia — in presenza di affidamento fiduciario — beni mobili, crediti e altri diritti non soggetti a pubblicità, i quali in tal caso costituiscono anch’essi idoneo oggetto di vincolo di destina- zione (60).
Quest’ultimo punto merita di essere approfondito. L’art. 6, comma 3º, lett. e), l. 22 giugno 2016, n. 112, contraddice la pretesa contrapposizione tra affidamento fiduciario e vincolo di destina- zione, nella misura in cui menziona espressamente — accanto (1) al trust e (2) al vincolo (autodichiarato) di destinazione ex art. 2645-ter c.c. — i (3) « fondi speciali, composti di beni sottoposti a vincolo di destinazione e disciplinati con contratto di affidamento fiduciario ». In tali fondi speciali, quindi, vincolo di destinazione e
tale anch’egli obbligato nei confronti dei beneficiari. Nulla del genere può prospettarsi, ovviamente, in relazione a una fattispecie a effetti obbligatori di diritto italiano, se non
— mutatis mutandis — in forza di una disciplina legislativa (come quella dell’art. 2645-ter c.c.) che sancisca l’opponibilità del vincolo (sui beni) a terzi e creditori.
(60) XXXXXXXX, Vincoli di destinazione ex art. 2645-ter e trust, quindici anni dopo, in Riv. not., 2020, spec. p. 1139 ss. Ulteriori riferimenti in BARTOLI, Trust e atto di destinazione nel diritto di famiglia e delle persone, cit., p. 137 ss.
affidamento fiduciario testualmente coesistono nella medesima fat- tispecie negoziale. La separata menzione dell’art. 2645-ter riguarda invece i vincoli c.d. autodichiarati, in relazione ai quali la disposi- zione parla infatti di « gestore », anziché di « fiduciario ». Secondo la medesima disposizione, i suddetti vincoli autodichiarati possono avere ad oggetto solo beni soggetti a pubblicità legale (per l’evidente necessità di assicurare tutela ai terzi (61)); in presenza di affida- mento fiduciario, invece, il vincolo di destinazione può avere ad oggetto beni « di qualsiasi natura », quindi sia mobili che immobili. In definitiva, il vincolo di destinazione avente ad oggetto fondi speciali affidati fiduciariamente non è, ontologicamente, diverso dal vincolo di cui all’art. 2645-ter c.c.: come del resto dimostra l’equi- valenza funzionale delle due ipotesi nella disciplina — identica per entrambe, oltre che per il trust — del « dopo di noi » (62). Ciò che in questa sede maggiormente rileva è che nel contesto della l. n. 112 del 2016, la rilevanza dell’affidamento fiduciario è espressamente subordinata al fatto che i beni affidati siano gravati da vincolo di destinazione: soluzione, questa, da ritenersi espressione di un prin- cipio di carattere generale.
Assodato che anche l’affidamento fiduciario presuppone un
« vincolo sui beni », in ragione della loro destinazione a favore dei beneficiari, sarebbe del tutto irragionevole — e quindi costituzio- nalmente illegittimo — assoggettare la fattispecie a limiti meno stringenti di quelli previsti dall’art. 2645-ter c.c.: sarebbe come assoggettare la fattispecie a una disciplina divergente semplicemente cambiandole il nome. È perciò illegittimo l’affidamento fiduciario di durata superiore a quella stabilita nell’art. 2645-ter c.c.; né si può sottrarlo al vaglio di meritevolezza degli interessi (che comunque non è una super-meritevolezza, come parte della dottrina afferma,
(61) Nei vincoli autodichiarati difetta una fattispecie circolatoria, e mancano indici esterni in grado di mettere sull’avviso i terzi (come avviene con la trasmissione del possesso in caso di alienazione di beni mobili): da ciò l’atteggiamento restrittivo quanto alla componente oggettiva di tali vincoli.
(62) In tal senso XXXXXXXX, Formulario notarile commentato, I, 3, Milano, 2016, p. 765 ss. X. anche MURITANO, La Legge n. 112/2016 sul « Dopo di noi »: impressioni, proposte, in Studi e materiali, 2017, 1-2, a cura del Consiglio nazionale del Notariato, p. 126 ss., spec. p. 132.
pur in assenza di supporto normativo (63)). Risulta, inoltre, impos- sibile trascrivere il vincolo sui beni oggetto di affidamento fiducia- rio, se l’atto non riveste la forma dell’atto pubblico, prescritta dall’art. 2645-ter c.c.
Ragioni sistematiche impongono perciò di concludere — in piena consonanza con quanto dispone la legge sul « dopo di noi » — che l’affidamento fiduciario può essere reso opponibile ai terzi e ai creditori, e quindi realizzare la separazione dei beni che ne costitui- scono oggetto dal restante patrimonio del fiduciario, solo nella misura in cui questi siano assoggettati a un « vincolo di destina- zione », la cui disciplina sostanziale e formale si ricava dall’art. 2645-ter c.c.
5. — Posto che affidamento fiduciario e vincolo di destinazione non sono realtà incompatibili, e anzi il secondo si rivela indispen- sabile ai fini dell’operatività del primo, deve farsi a questo punto un passo ulteriore: chiarendo che la fattispecie in discorso si caratte- rizza in termini di collegamento negoziale tra l’atto unilaterale di destinazione e il contratto di affidamento fiduciario (64).
Il primo dei due negozi individua il programma da attuare e la conseguente destinazione dei beni, istituisce figure di produzione dell’attività giuridica, necessarie o utili per l’attuazione del pro- gramma, ne disciplina i profili organizzativi e detta disposizioni applicabili ai « ruoli » e agli « organi » preposti, chiunque ne sia il titolare pro tempore (65). Con esso vengono perciò disciplinati,
(63) Sul modo di intendere il requisito della meritevolezza degli interessi ex art. 2645-ter c.c., cfr. XXXXXXXX, Vincoli di destinazione ex art. 2645-ter e trust, quindici anni dopo, cit., p. 1114 ss.
(64) V. in tal senso XXXXXXXX, Formulario notarile commentato, I, 3, cit., p. 766 ss. Si è parlato al riguardo, condivisibilmente, di necessaria « ibridazione » del contratto di affidamento fiduciario con il vincolo di destinazione: cfr. XXXXXXX, Autotutela e autoriz- zazioni nell’ambito del contratto di affidamento fiduciario, in Contratti di convivenza e contratti di affidamento fiduciario quali espressioni di un diritto civile postmoderno, cit., pp. 145-146.
(65) È significativa l’assonanza tra la dimensione organizzativa della destinazione patrimoniale e quella caratteristica delle persone giuridiche: cfr., sul ruolo dell’organiz- zazione nelle società di capitali e sul rapporto tra contratto, organizzazione e attività, le riflessioni di FERRO-XXXXX, I contratti associativi, cit., p. 128 ss.; ID., La conformità delle deliberazioni assembleari alla legge ed all’atto costitutivo, Milano, 1993; XXXXXXX, Il principio di correttezza nell’ordinamento delle società per azioni, Milano, 1987, p. 107
programmaticamente, lo « statuto » dei beni destinati e i poteri e obblighi del proprietario fiduciario; vengono dettate le norme orga- nizzative che disciplineranno l’attività del fiduciario e degli altri eventuali soggetti incaricati di attuare la destinazione; vengono individuati i beneficiari e definite le relative situazioni giuridiche soggettive. Il contratto di affidamento fiduciario, invece, trasferisce all’affidatario la proprietà fiduciaria dei beni da impiegare per l’attuazione del programma; e regola i rapporti, per l’appunto con- trattuali, con il singolo affidatario pro tempore (ad esempio, il compenso). A un atto di destinazione possono, perciò, collegarsi più contratti di affidamento fiduciario successivi, ove vi sia un avvicen- damento di affidatari nel tempo.
Mutatis mutandis, tra atto di destinazione e contratto di affida- mento fiduciario corre perciò un rapporto analogo a quello ravvisa- bile tra statuto societario e contratto di amministrazione (con i soggetti che, tempo per tempo, si avvicendano nella titolarità del- l’organo amministrativo). Anche l’atto di destinazione, come lo statuto, detta infatti norme di organizzazione, preordinate all’eser- cizio di una attività con rilevanza esterna: la quale è normalmente finalizzata ad amministrare e gestire i beni per un periodo conside- revole, anche mediante la stipula di contratti e l’assunzione di obbligazioni. La disciplina, sia legale che convenzionale, del vincolo di destinazione è perciò, innanzitutto, disciplina dell’organizzazione e dell’attività con rilevanza esterna (66), funzionali alla realizzazione
ss.; XXXXXXXX, Le basi contrattuali della società per azioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da Xxxxxxx e Portale, 1*, Torino, 2004, p. 101; ID., La società per azioni, I — Principi e problemi, Milano, 2012. Per la rilevanza dei profili organizzativi dell’affidamento fiduciario, v. XXXXXXX, Autotutela e autorizzazioni nell’ambito del contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 145 ss.
(66) A differenza del contratto di affidamento al singolo fiduciario, le clausole dell’atto di destinazione si caratterizzano per il loro contenuto « impersonale », appli- cabile quindi non a persone determinate bensì a precise « qualifiche » o « ruoli », come quelli di fiduciario, gestore, beneficiario, guardiano, disponente (con riguardo alle società di capitali, x. XXXXXXXX, La società per azioni, I - Principi e problemi, cit., p. 258 ss.): con la conseguenza che chiunque subentri in futuro in tali ruoli, accettando l’incarico o il beneficio conferitogli, risulterà per ciò stesso assoggettato alle regole dell’ordinamento privato in cui ha fatto ingresso. Le regole organizzative che discipli- nano l’attività delle persone titolari, nel tempo, dei ruoli di fiduciario, guardiano e simili
— come quelle degli statuti societari — hanno perciò rilievo « reale », operando anche nei confronti di soggetti « terzi » che non hanno contribuito alla loro creazione (ANGELICI, Le basi contrattuali della società per azioni, cit., p. 136). Da ciò l’impossibilità di
dello scopo della destinazione stessa: grazie alle quali il patrimonio destinato si configura come centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici. Tutto ciò avvicina la destinazione patrimoniale (collegata all’affidamento fiduciario) al trust: la cui disciplina è infatti inquadrata dagli studiosi anglosassoni — unitamente a quella delle società e degli enti non profit — all’interno della c.d. organi- zational law (67).
La presenza di negozi distinti (atto di destinazione e contratto di affidamento fiduciario), ancorché collegati, rende possibile conci- liare due esigenze altrimenti difficilmente realizzabili: da un lato la fisiologica mutabilità della persona dell’affidatario; dall’altra, la necessaria « stabilità » e continuità del vincolo di destinazione, indispensabili ai fini dell’attuazione del programma dell’affidamento fiduciario. Questo è possibile grazie all’indipendenza delle sorti del programma rispetto a quelle del singolo affidamento: il quale può venir meno (principalmente a causa di revoca, morte o dimissioni
ricondurle a una logica meramente contrattuale, oltre alla necessità di interpretazione oggettiva, al pari di quanto si ritiene per le clausole statutarie: posto che l’atto di destinazione istituisce un ordinamento relativo ai beni destinati, nell’esercizio di un vero e proprio potere normativo (XXXXXXX, Attività ed effetto nella destinazione dei beni, Napoli, 2010, p. 54 ss.).
D’altra parte, anche le regole organizzative dell’atto di destinazione, come quelle degli statuti societari, risolvono problemi di « imputazione » al patrimonio separato delle attività da compiersi (XXXXXXXX, Le basi contrattuali della società per azioni, cit., p. 128): stabiliscono, cioè, le condizioni alle quali l’attività dei soggetti implicati nella destina- zione (fiduciario, gestore, guardiano, creditori, ecc.), e i relativi effetti, possono essere imputati al patrimonio separato. Perciò, l’atto di disposizione non congruente con lo scopo della destinazione è inefficace, in conseguenza della violazione della regola organizzativa e di imputazione, e della conseguente assenza di legittimazione del fiduciario o gestore all’esercizio del potere. Anche questa, evidentemente, è conseguenza non ricollegabile a una fattispecie meramente contrattuale.
Per finire, la circostanza che gli eventuali inadempimenti del fiduciario non incidono sul valore organizzativo della destinazione, ma solo sulla valutazione del comportamento del soggetto agente in termini di responsabilità (eventualmente anche agli effetti della relativa revoca o rimozione), costituisce — qui come nel contesto degli enti associativi — il fondamento dell’inapplicabilità di discipline come quella della risoluzione del contratto per inadempimento (FERRO-XXXXX, I contratti associativi, cit., p. 328): che invano si cercherebbe, invece, di giustificare in un’ottica solo contrattuale.
(67) Cfr. XXXXXXXX-XXXXXXXX, Il ruolo essenziale dell’organizational law, in Xxx. xxx., 0000, x. 00 xx. X. anche XXXXXXXX-XXXXXX, The Functions of Trust Law: A Comparative Legal and Economic Analysis, in New York University Law Review, 73, 1998, p. 434; XXXXXXXX-XXXXXXXX, Organizational law as asset partitioning, in Euro- pean Economic Review, 44, 2000, p. 807.
dell’affidatario, ma anche ad esempio per effetto dell’eccessiva onerosità sopravvenuta dell’affidamento) prima del termine pro- grammato della destinazione, senza che ciò determini la cessazione di quest’ultima. Trova così soluzione il problema della sostituzione dell’affidatario, senza essere costretti a forzare le norme in tema di cessione del contratto oltre i relativi limiti di elasticità. Neanche la morte dell’affidante e/o dell’affidatario incide sulla permanenza della destinazione, e sulla stabilità del relativo programma (68).
La ricostruzione suggerita consente di risolvere in modo effi- ciente le criticità, che inevitabilmente sorgerebbero ove si acco- gliesse la ricostruzione dell’affidamento fiduciario in chiave esclusi- vamente contrattuale. Primo fra tutti — dato che gli strumenti di autotutela, seppure contrattualmente previsti, non possono per de- finizione essere sufficienti — il problema della competenza dell’au- torità giudiziaria a intervenire durante la destinazione, al fine di risolverne le possibili criticità: in particolare, ai fini della revoca e sostituzione dell’affidatario e del guardiano; e per impartire le istruzioni richieste ai fini del compimento delle attività attuative. L’art. 2645-ter c.c. legittima qualsiasi interessato ad adire l’autorità giudiziaria per l’« attuazione » della destinazione: con una previ- sione di tale ampiezza da includere nel suo àmbito qualunque tipo di provvedimento giudiziale, di natura contenziosa o volontaria (69).
Anche la separazione patrimoniale (70) — e la segregazione nei
(68) In ottica puramente contrattuale sarebbe invece molto difficile giustificare una diversa disciplina rispetto a quella dettata in tema di estinzione del mandato (artt. 1722-1723 c.c.): non va infatti dimenticato che di recente la suprema Corte — sia pure con riferimento al negozio fiduciario classico — ha affermato a sezioni unite l’applica- bilità alla fiducia della disciplina dettata riguardo al mandato senza rappresentanza (Xxxx., sez. un., 6 marzo 2020, n. 6459, cit.).
(69) Sussiste perciò — sulla base dell’art. 2645-ter c.c. — un generale potere-do- vere del giudice di revocare e sostituire l’affidatario fiduciario e l’eventuale guardiano; ma anche di dare direttive sull’amministrazione, e di chiedere informazioni, chiarimenti e notizie, in continuità con le previsioni legislative che prevedono tale potere per altri uffici di diritto privato (arg. ex artt. 371 c.c. e 44 disp. att. c.c.; e art. 171, comma 2°, c.c.).
(70) La separazione dei patrimoni (asset partitioning) è essenziale nei fenomeni di destinazione patrimoniale: grazie a essa, i beni destinati a uno scopo sono sottratti alle vicende del patrimonio personale dell’affidatario (azioni esecutive dei creditori perso- nali, fallimento, successione a causa di morte, regime patrimoniale della famiglia), sono assoggettati a vicende separate (si pensi alla circolazione interna al patrimonio separato, assicurata dalla surrogazione reale), e sono indisponibili da parte del fiduciario per scopi
confronti dei creditori, che ne costituisce conseguenza — trova la propria compiuta disciplina nell’art. 2645-ter c.c., nei limiti ivi indicati. Perché essa possa realizzarsi il disponente deve necessaria- mente dismettere il « controllo » sui beni affidati al fiduciario, pena la riqualificazione del rapporto come mandato (71). Da cui la neces- sità che le clausole dell’atto di destinazione con affidamento fidu- ciario non attribuiscano al disponente-affidante poteri incompatibili con il controllo riservato al fiduciario: conclusione, questa, peraltro non dissimile da quella raggiunta — senza però dati positivi a sostegno — anche adottando la concezione puramente contrattuale dell’affidamento fiduciario (72).
Se i beni affidati fiduciariamente (e non solo l’attività del fiduciario) non fossero gravati da un vincolo di destinazione trascri- vibile, l’effetto segregativo nei confronti dei creditori — come le altre conseguenze della separazione patrimoniale — non potrebbe essere, perciò, conseguito. Se prima del 2006 poteva sostenersi l’idoneità di norme come gli artt. 1706, 1707 e 2915, comma 1°, c.c., ai fini della segregazione dei beni affidati rispetto ai beni dell’affidatario (73), ciò non è più possibile dopo che l’art. 2645-ter
diversi dal fine di destinazione. Non è, perciò, condivisibile — se si vogliono realizzare i suesposti obiettivi — l’affermazione della presunta marginalità della separazione patrimoniale nel contesto dell’affidamento fiduciario (per la quale x. XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 379 ss.; ID., Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, cit., p. 281 ss.).
(71) XXXXXXXX, Vincoli di destinazione ex art. 2645-ter e trust, quindici anni dopo, cit., p. 1110 ss.
(72) XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., pp. 318 ss., 381 ss.
(73) In tal senso x. XXXXX, Aspetti gestori e dominicali, segregazione: « trust » e istituti civilistici (nota a Trib. Lucca 23 settembre 1997), in Foro it., 1998, I, c. 3394; ID., Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, Padova, 2011, p. 274 ss.; GATT, Dal trust al trust, Napoli, 2010, spec. p. 190 ss.
La suggestione — merito di Xxxx Xxxxxx Xxxxxx e Xxxxxxxx Xxxxx — secondo cui i beni affidati non sono beni « propri » del fiduciario, nell’ottica dell’art. 2740 c.c. (XXXXXX, La separazione del patrimonio fiduciario nel fallimento, cit., pp. 324 ss., 363 ss.; XXXXX, Istituzioni del diritto dei trust e dei negozi di affidamento fiduciario, Padova, 2008, p. 234 ss.), è certamente condivisibile. Soprattutto se — come appare corretto — si assuma una nozione di « bene giuridico » improntata all’insegnamento pugliattiano, non coin- cidente cioè con la « cosa » intesa in senso naturalistico, ma piuttosto come sintesi tra tale entità naturalistica e l’interesse, o utilità, che la stessa è idonea a soddisfare. Appare evidente, in tale ottica, come il « bene » rientrante nella sfera giuridica del fiduciario non ricomprenda alcuna utilità (commodum) di cui egli possa godere, essendo ogni utilità destinata ai beneficiari dell’affidamento. E sulla base dell’art. 2740 c.c. solo le utilità
c.c. ha subordinato la segregazione rispetto ai creditori all’osser- vanza dei limiti e prescrizioni, di natura sia formale che sostanziale, disegnati dalla disposizione stessa. Si aggiunga — e non è dettaglio da poco — che, come attenta dottrina ha acutamente messo in evidenza, l’art. 1707 c.c. protegge i beni affidati dai creditori del mandatario ad acquistare, ma non certo dai creditori del mandante- disponente (74) (ciò, si aggiunga, anche nel mandato nell’interesse di terzi). Perciò, in presenza di auto-affidamento (75), ove si volesse prescindere dall’art. 2645-ter c.c. sarebbe ben difficile sostenere che i creditori anteriori del disponente-affidante non possano agire sui beni destinati all’attuazione del programma. I beni, al contrario, sarebbero da tali creditori liberamente aggredibili, senza necessità di esperire azione revocatoria o di agire a norma dell’art. 2929-bis c.c. Anche sottoponendo il contratto di affidamento fiduciario a condi- zione risolutiva, l’aspettativa reale dell’affidante sarebbe espropria- bile, e ciò escluderebbe un effetto segregativo pieno dei beni affidati. Anche la trascrizione dell’affidamento fiduciario (e del vincolo che ne deriva) incontrerebbe, d’altronde, difficoltà insormontabili se si volesse prescindere dall’art. 2645-ter c.c. Ammesso che la con- formazione negoziale del diritto di proprietà per fini « di affida- mento fiduciario » fosse — anteriormente all’introduzione di tale disposizione — ammissibile sulla base degli artt. 2643 e 2645 c.c., non vi è dubbio che dal 2006 non possono più trascriversi vincoli di destinazione prescindendo dai limiti dettati dall’art. 2645-ter. La stessa dottrina che ha proposto la figura dell’affidamento fiduciario ha, del resto, finito per ricorrere all’art. 2645-ter c.c. per agevolarne la trascrizione (76), sia pure in subordine al ricorso alla condizione
appartenenti al debitore/fiduciario formano oggetto della garanzia patrimoniale generica dei suoi creditori personali. Gli artt. 1706 e 1707 c.c. devono essere, quindi, letti in tale ottica, prescindendo dalla ricostruzione dogmatica dei rapporti tra mandante e manda- tario. Senonché, questa impostazione non è più sufficiente — dopo l’introduzione dell’art. 2645-ter, e dell’art. 2929-bis c.c. — al fine di segregare i beni oggetto di affidamento fiduciario nell’interesse di terzi beneficiari, anche nei confronti dei creditori del disponente: dovendo a tal fine tenersi conto dei nuovi limiti introdotti dalla legge.
(74) XXXXX, Contratto di affidamento fiduciario e « valore di garanzia » dei beni, in Riv. not., 2012, p. 1243.
(75) Xxxx’affidamento fiduciario « a se stesso », x. XXXXX, Il contratto di affida- mento fiduciario, cit., p. 378 ss.; ID., Istituzioni del diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari, cit., p. 247 ss.
(76) XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., pp. 387, 424 ss.
risolutiva del trasferimento fiduciario, con relativa menzione nella nota di trascrizione (77): modalità, quest’ultima, che però — come già visto — non si rivela adeguata allo scopo.
Nella disciplina dell’art. 2645-ter c.c. — che ha reso possibile (o secondo parte della dottrina ha confermato) la legittimità della conformazione, con effetti reali, del contenuto del diritto di pro- prietà, destinata a uno scopo (78) — trovano fondamento anche congegni organizzativi di grande rilievo, che non potrebbero invece operare con pienezza di effetti nel contesto di un affidamento fiduciario di natura puramente contrattuale.
Si tratta innanzitutto dei « poteri fiduciari »: situazioni giuridi- che soggettive riconducibili alla più ampia categoria dei poteri privati (79), mutuate dai fiduciary powers del diritto inglese (80), e attribuite ai soggetti individuati nell’atto di destinazione nell’inte- resse esclusivo della categoria dei beneficiari. Il potere, ad esempio, di nominare ulteriori beneficiari, o di revocare alcuni di essi; ovvero il potere di dare pareri e consensi per il compimento di determinati atti di disposizione: essi trovano giustificazione proprio nella legit- tima conformazione negoziale del contenuto della proprietà fiducia- xxx, opponibile ai terzi.
Fondamentali — nell’ottica della c.d. autotutela — sono anche le « autorizzazioni » a disporre nella sfera giuridica altrui (81): grazie a esse, è possibile disciplinare l’ablazione della proprietà dei beni
(77) XXXXX, Il contratto di affidamento fiduciario, cit., p. 417 ss.
(78) Cfr. MEZZANOTTE, La conformazione negoziale delle situazioni di apparte- nenza, Napoli, 2015, spec. p. 96 ss.; XXXXXXXX, Proprietà fiduciaria, art. 2645-ter e condizione, in Rass. dir. civ., 2016, p. 517 ss.
(79) Sui poteri privati, cfr. AA.VV., I poteri privati e il diritto della regolazione, a cura di Xxxxxx e Xxxxxxx, Roma, 2018; BUONCRISTIANO, Profili della tutela civile contro i poteri privati, Padova, 1986; LENER, voce Potere e potestà (dir. priv.), in Enc. dir., XXXIV, Milano, 1985, p. 610; MEZZANOTTE, I poteri privati nell’odierno « diritto dello sviluppo economico », in Pol. dir., 2018, p. 507. Nella dottrina straniera, v. soprattutto XXXXXXXX, Le pouvoir en droit privé, Xxxxx, 0000; AA.VV., Private Macht, a cura di Xxxxxxx, Xxxxxxxx, 0000.
(80) Nella dottrina inglese, v. specialmente MACCLEAN, Trusts and Powers, Lon- don 1989; XXXXXX, Xxxxxx xx Xxxxxx, Xxxxxx, 0000. V anche LUPOI, Trusts, cit., p. 175 ss.
(81) Sull’autorizzazione a disporre, cfr., nella dottrina italiana, XXXXXX, L’autoriz- zazione a disporre in diritto civile, Napoli, 2001; ID., Il c.d. potere di disporre ed il negozio autorizzativo, in Vita not., 1999, p. 536; XXXXXXX, Contributo alla dottrina dell’autorizzazione, in questa rivista, 1947, p. 282; ID.,voce Autorizzazione (dir. civ.), in Noviss. dig. it., I, 2, Torino, 1958, p. 1577; AURICCHIO, voce Autorizzazione (dir. priv.),
destinati prescindendo dalla volontà del titolare fiduciario pro tem- pore (soprattutto in ipotesi di revoca, dimissioni o morte dello stesso). Si può anche conferire al disponente, al guardiano, o ai beneficiari il potere di designare il nuovo affidatario; e si può prevedere nell’atto di destinazione il trasferimento automatico a questi della titolarità dei beni, come riflesso dell’assunzione dell’uf- ficio. La dottrina tradizionale, in assenza nel nostro ordinamento di una disposizione paragonabile al § 185 BGB, ha spesso negato l’ammissibilità dell’autorizzazione a disporre, ritenuta contrastante con il principio di tipicità dei diritti reali (un diritto di proprietà privato del potere di disposizione sarebbe, infatti, un diritto reale atipico) (82). Nel contesto dei patrimoni destinati a uno scopo, tale ostacolo è però superabile grazie alla previsione dell’art. 2645-ter c.c., che configura un peculiare diritto dominicale conformato ed esercitabile solo per i fini della destinazione (83).
Lo stesso dicasi per la figura dell’« ufficio di diritto privato »,
utilmente impiegata anche in altri sistemi di civil law o misti, che conoscono il trust o trust-like institutions (84). Il titolare dell’ufficio
— tale è l’affidatario fiduciario, come pure l’eventuale guardiano — opera nell’interesse oggettivo dell’attuazione del programma desti- natorio, come cristallizzato nell’atto di destinazione, a sua volta da distinguersi dagli interessi soggettivi e variabili dei singoli benefi- ciari e del disponente: i quali, tra l’altro, possono anche essere in
in Enc. dir., IV, Milano, 1959, p. 502; TAMPONI, voce Autorizzazione (dir. civ.), in Enc. giur. Xxxxxxxx, XX, Xxxx, 0000.
(82) PUGLIATTI, Considerazioni sul potere di disposizione (1940), in Diritto civile
- Metodo, teoria, pratica, Milano, 1951, p. 33 ss., ora in Scritti giuridici, II, Milano, 2010, p. 533 ss.; XXXXXXX, Contributo alla dottrina dell’autorizzazione, in questa rivista, 1947, p. 282; XXXXXXXXX, voce Autorizzazione (dir. priv.), cit., p. 506 ss.; XXXXXXX, L’atto non autorizzato nell’amministrazione dei patrimoni altrui, Milano, 1992, p. 15.
(83) In forza dell’autorizzazione rilasciata dal proprietario fiduciario ad altri (guardiano, disponente, beneficiari), il soggetto autorizzato dispone quindi in nome proprio di diritti a lui non appartenenti: sebbene l’ipotesi non sia espressamente contemplata dalle norme in tema di trascrizione, la produzione al conservatore dei registri immobiliari dell’atto autorizzato, unitamente all’atto autorizzativo (contenuto nell’atto di destinazione), costituisce sufficiente giustificazione (ai fini dell’art. 2657 c.c.) della legittimazione di chi ha sottoscritto l’atto (in tal senso FARINA, L’autorizzazione a disporre in diritto civile, cit., p. 323).
(84) Sulla riconducibilità delle funzioni del trustee all’ufficio di diritto privato, cfr. XXXXXXXX, Trust interno, art. 2645-ter e « trust italiano », cit., p. 100 (e ivi riferimenti, anche comparatistici, alla nota 35).
conflitto tra loro. Si tratta di un interesse di natura « istituzionale » che — per riprendere un parallelo già effettuato — potrebbe para- gonarsi allo scopo dell’ente, o all’interesse sociale, distinto e auto- nomo rispetto all’interesse dei singoli soci. Anche il ricorso alla figura dell’ufficio risulta possibile soltanto grazie alla disciplina dettata dall’art. 2645-ter c.c. che — oltre a porre al centro il suddetto fine oggettivo della destinazione — assoggetta l’attività del relativo titolare al sindacato dell’autorità giudiziaria: elementi, que- sti, imprescindibili di ogni ufficio. Anche l’affermata — e necessaria
— indipendenza del fiduciario dall’affidante è evidente nella disci- plina dell’art. 2645-ter: se qualsiasi interessato può agire giudizial- mente anche « contro » la volontà e l’interesse del disponente e di ciascun singolo beneficiario, per l’attuazione del fine di destina- zione, evidentemente nessun interesse individuale può prevalere sugli altri, anche nell’azione del fiduciario.
6. — Appaiono evidenti a questo punto le reali, profonde dif- ferenze tra il negozio fiduciario di matrice pandettistica (85) e l’af- fidamento fiduciario collegato al vincolo di destinazione. Nel primo caso, i beni costituiscono oggetto di una proprietà piena attribuita al fiduciario: la cui attività — regolata contrattualmente senza parti- colari congegni organizzativi e con effetti solamente inter partes — ha luogo nell’interesse esclusivo, o quantomeno prevalente, del fiduciante; quest’ultimo ha perciò la piena disponibilità del rapporto giuridico, può sempre revocare l’incarico e fornire/modificare istru- zioni al fiduciario, secondo la disciplina del mandato. Nel congegno dell’art. 2645-ter c.c., invece, mentre il disponente perde il controllo sui beni destinati — separati dal restante patrimonio del titolare — la relativa proprietà è vincolata con effetti reali e conformata dallo scopo oggettivo della destinazione; in forza delle norme organizza- tive contenute nell’atto di destinazione, opponibili ai terzi e ai creditori, l’affidatario fiduciario agisce, in posizione di indipendenza e autonomia, esclusivamente nell’interesse oggettivo della destina- zione, perciò limitato nelle sue facoltà dominicali e sostituibile senza
(85) Al negozio fiduciario classico può equipararsi, per i soli fini che qui interes- sano, il « mandato » conferito dal cliente alla società fiduciaria (come pure quello conferito al gestore di patrimoni mobiliari): cfr. su di esso DI MAIO, Il problema del
« mandato fiduciario », in Contr. e impr., 2014, p. 138.
che venga meno il vincolo di destinazione. Due realtà, quindi, profondamente diverse: la seconda delle quali costituisce — per le sue caratteristiche — uno strumento indubbiamente competitivo rispetto al trust di matrice anglosassone (86).
(86) Sulla fattispecie della destinazione patrimoniale ex art. 2645-ter c.c. come
trust di diritto italiano, cfr. XXXXXXXX, Trust interno, art. 2645-ter e « trust italiano », cit.,
p. 104 ss. Essa — a parte l’ipotesi del vincolo autodichiarato — si completa nel collegamento con l’affidamento fiduciario a un terzo. In questa direzione, deve essere recuperata — con le precisazioni effettuate nel testo — l’esatta intuizione di XXXXX, Gli
« atti di destinazione » nel nuovo art. 2645-ter cod. civ. quale frammento di trust, in Riv. not., 2006, p. 467 ss., e in Trusts, 2006, p. 169 ss., il quale ha ravvisato nella disciplina dell’art. 2645-ter, fin dal momento della sua introduzione nel codice civile, un « fram- mento di trust » (il restante frammento è rappresentato, appunto, da contratto di affidamento fiduciario, in collegamento negoziale con l’atto di destinazione). Del tutto condivisibile, in questi termini, l’affermazione di Xxxxx, secondo il quale « se si vuole una ragionevole efficienza della sistemazione patrimoniale, l’“atto di destinazione” e il trasferimento del o dei beni a chi si obblighi a perseguire la finalità per la quale il vincolo è stato imposto vanno assieme [...]. Qualora dottrina e prassi concorrano a foggiare un contratto di affidamento, la distanza rispetto alla pienezza del diritto dei trust tenderà a diminuire e nel tempo si affermerà una disciplina italiana che renderà marginale il ricorso al diritto straniero ».