La recettizieta` della disdetta nel contratto di locazione
» Lo ca zio ne
La recettizieta` della disdetta nel contratto di locazione
Xxxxx Xxxxxxxx
Ricercatore di Diritto privato
SINTESI
a) La decisione della Cassazione
La Suprema Corte ribadisce la natura di atto recettizio della disdetta di un contratto di locazione, affermando, tuttavia, che le parti possono pattuire diversamente.
b) La disdetta e le figure affini
La disdetta puo` definirsi come un negozio unilaterale recettizio, che produce l’effetto di impedire la c.d. rinnovazione tacita del contratto, rendendo operante il termine finale del rapporto previsto dalla legge. Essa presenta notevoli somiglianze con la licenza, che designa un’in- timazione formale con la quale il locatore comunica al conduttore di considerare operativo il termine finale del rapporto (gia` maturato o prossimo a scadere) e che intende ottenere il rilascio della cosa locata, differenziandosi dal recesso che provoca la ‘‘anticipata’’ cessazione del rapporto rispetto alla sua naturale scadenza, determinando un effetto estintivo tout court e non, piu` propriamente, ‘‘impeditivo’’ (come in- vece e` per la disdetta).
c) Il patto contrario alla recettizieta` della disdetta
La Cassazione rileva che la ‘‘naturale’’ recettizieta` della disdetta possa
essere derogata da un patto contrario, vertendosi in materia di diritti disponibili, ma non specifica in che cosa dovrebbe consistere tale accordo derogatorio.
Cio` va valutato alla luce della circostanza che, nel caso sottoposto al vaglio del supremo consesso, le parti avevano previsto lo «invio» della disdetta entro un termine stabilito.
d) La recettizieta`: forza «dirimente» e «unificante» di una cate-
goria
La pronuncia oggetto di commento sembra far emergere la forza
«dirimente» ed «unificante» della categoria della recettizieta`. Va infatti osservato che: 1) la Suprema Corte pare abbia deciso, piutto- sto che dall’interpretazione – invero equivoca – della clausola rela- tiva alle modalita` di esercizio della disdetta, proprio in base alla natura recettizia dell’atto in questione; 2) in materia locatizia, figu- re come disdetta, recesso, licenza – che possono creare problemi di distinzioni e delimitazioni reciproche – paiono trovare nella recetti- zieta` un concetto in grado di comprenderle sotto un minimo comu- ne denominatore.
Cassazione civile, sezione III, 2 aprile 2009, n. 8006
Pres. Xxxxxxx – Rel. Uccella – P.M. Destro – Cave del Po s.r.l. c. Nuova Cava Buffa s.r.l.
Locazione di cose – Disdetta – Natura – Atto recettizio – Conseguenze – Ricezione oltre il termine contrattualmente pattuito – Xxxxxxxxx` La disdetta di un contratto di locazione (nella specie, relativo ad immobile adibito ad uso diverso da quello di abitazione) e` un atto recettizio, che produce i propri effetti (consistenti nell’impedire il rinnovo del contratto, e non gia` nello sciogliere il contratto in corso) solo dal momento in cui perviene al destinatario, salva una diversa pattuizione delle parti. E` pertanto tardiva la disdetta spedita prima del
termine contrattualmente previsto per l’esercizio della relativa facolta`, ma pervenuta al destinatario successivamente a tale data.
» SOMMARIO
1. La decisione della Cassazione – 2. Sulla disciplina della disdetta di un contratto di locazione – 3. La disdetta: definizione, effetti, differenze con figure affini – 4. La natura recettizia della disdetta – 5. Osservazioni sulla pronuncia oggetto di commento – 6. Il patto contrario alla recettizieta` della disdetta
– 7. La recettizieta`: forza «dirimente» e «unificante» di una categoria
Il fatto
1. Con ricorso notificato alla Nuova Cava Buffa s.r.l. il 7.10.2005 la Cave Del Po s.r.l. (d’ora in avanti la Cave) impugna per cassazione la sentenza emessa inter partes dalla Corte d’Appello di Torino il 26.5.2005 e noti- ficata l’8.9.2005.
2. In punto di fatto, con citazione del 10.1.2002 la Cave proponeva op- posizione avanti al Tribunale di Vercelli al decreto ingiuntivo notifica- tole dalla Nuova Cave Buffa s.r.l. per un importo di lire 30.492.000 e
relativo al pagamento di canoni asseritamente dovuti per l’affitto di un’area sita nel Comune di..., destinata a deposito di sabbia e ghiaia. L’opposizione si fondava sull’asserito tempestivo recesso da parte del- l’opponente, cos`ı come contrattualmente previsto, realizzato a mezzo di lettera raccomandata del... Infatti, nel contratto era prevista una clau- sola relativa alle modalita` di esercizio del diritto di recesso dal seguente tenore: «la locataria potra` recedere dal contratto solo alla data del... (termine di rinnovo del contratto principale) mediante invio di lettera
raccomandata con anticipo di un anno. In caso di mancato esercizio del diritto di recesso alla data del..., la locataria rinuncia espressamente a recedere dal contratto fino alla scadenza dei sei anni successivi». Il Tribunale di Vercelli accoglieva l’opposizione, in quanto la disdetta, datata..., era ritenuta tempestiva ed, in omaggio alla disposizione pat- tizia, privilegiava l’atto di invio rispetto al ricevimento della raccoman- data. Avverso tale decisione proponeva appello La Nuova Cava Buffa
s.r.l. Con la sentenza, ora impugnata, la Corte d’Appello di Torino rifor- mava la decisione di primo grado, confermava il decreto ingiuntivo e rigettava l’opposizione.
3. Per quel che interessa in questa sede, il giudice di appello argomen- tava che andava privilegiato nell’interpretazione di quella clausola il criterio letterale, per cui il termine invio equivale a comunicazione; che detta comunicazione si connatura come un atto recettizio unilate- rale, che produce i suoi effetti solo al momento in cui giunge a cono- scenza del destinatario; che, e ad abundantiam, non si puo` tralasciare, allorche´ si interpreta un contratto o una sua clausola, il criterio della buona fede, per cui certamente va tenuta presente la buona fede del destinatario-locatore «che visto inutilmente trascorrere il termine di disdetta, a ragione poteva contare sulla intervenuta rinnovazione del contratto» (p. 9 sentenza impugnata).
4. Avverso questa decisione insorge la Cave con il presente ricorso, affidato a 5 motivi, di cui il primo spiega le ragioni della sua ammissi- bilita`; il secondo, che presenta due profili, puo` ritenersi un ricorso per errores in judicando; il terzo censura la sentenza per contraddittorieta` di motivazione; il quarto per errore sull’applicazione delle norme di diritto ed in specie degli artt. 1334 e 1335 c.c.; il quinto (a sua volta specificato in tre profili) per violazione dell’art. 360, n. 3, c.p.c., omessa od erronea applicazione degli artt. 1362 e 1371 x.x., x xxx. 000, x. 0, x.x.x., xxxxxx motivazione. Resiste con controricorso la Nuova Cava Buffa s.r.l., che ha pure presentato memoria.
La motivazione
1. Ritiene il Collegio che il presente ricorso vada respinto per le argo- mentazioni di seguito specificate.
2. Malgrado, e come evidenziato, la presenza di cinque motivi di ricorso, alcuni dei quali variamente articolati, il punto centrale del ricorso e` dato dall’interpretazione della clausola contrattuale, su cui, come detto, dal- la sentenza impugnata si evincono due rationes decidendi.
Una prima, dirimente, fondata sul dato letterale della clausola e il suo stretto collegamento con l’istituto giuridico del recesso; l’altra, ma piu` ad abundantiam che ad substantiam, e, comunque, ad integrazione della precedente, fondata sulla tutela della buona fede per il contraente destinatario della disdetta. In tal senso sintetizzati i cinque motivi va precisato quanto segue.
3. Sulla formulazione della clausola non vi e` contestazione tra le parti, le quali discutono, invece, sulla sufficienza o meno del dato testuale. Ad avviso della ricorrente la clausola imponeva un solo adempimento, «l’invio della disdetta entro il...»: il che puntualmente e` stato fatto. Tuttavia, non si accorge la ricorrente che, come si evince dalla previsione dell’art. 1334 c.c., essendo la disdetta un atto unilaterale recettizio, la stessa per avere effetto deve essere portata a conoscenza o alla conoscibilita` del destinatario (art. 1335 c.c.). Per derogare a questa previsione e` possibile una diversa pattuizione tra le parti, che, nella specie, non si rinviene – per quanto accertato dal giudice di appello – e, peraltro, nemmeno la ricorrente accenna alla presenza di tale accordo derogatorio. Ne consegue che correttamente la Corte del merito, preso atto (ed e` incontroverso tra le parti) che la raccomandata giunse al destinatario-locatore il... (v. p. 8 sentenza impugnata) non poteva non statuire per l’inefficacia della disdetta, perche´ pervenuta oltre il... Infatti, e` principio costante di questa Corte che la disdetta di un rapporto di locazione relativo ad un immobile non abitativo si inquadra nella figura giuridica degli atti unilaterali recettizi, che per legge sono subordinati alla recezione da parte del destinatario, senza che siano rilevanti le modalita` di eser- cizio (v. per quanto valga S.U., n. 84/2000, richiamata anche nella sentenza impugnata a p. 8). In sostanza, la disdetta ha la funzione di
impedire la rinnovazione, ma non di determinare la cessazione del rapporto prima della scadenza, sicche´ se pervenuta fuori termine, come nella specie, essa puo` valere solo per il termine successivo (Cass. n. 2076/1989). Nel caso in esame, poiche´ la disdetta, in man- canza di patto contrario, doveva pervenire al destinatario entro il..., mentre e` giunta a sua conoscenza il..., il contratto si intende rinno- vato per altri sei anni e, quindi, le somme richieste dalla Nuova Cava Buffa s.r.l. andavano, cos`ı come ha stabilito il giudice del merito, corrisposte.
4. Ed, inoltre, quando il giudice di appello afferma che il problema della decorrenza di efficacia della disdetta, che e` sempre quello del termine ultimo per effettuarla, nulla ha a che vedere con l’efficacia dell’atto negoziale in cui essa consiste, per il quale non sussiste ragione di sorta per derogare al principio generale (p. 8 della sentenza impugnata), intende solo affermare che la disdetta diventa efficace allorche´, comun- que, sia conosciuta o conoscibile effettivamente dal destinatario entro il termine pattuito. Xxxx, la sentenza impugnata esprime proprio il con- cetto che si rinviene trascritto nel ricorso (p. 9 ultime righe del ricorso) secondo il quale «e` ben possibile inviare la dichiarazione di recesso mesi prima della scadenza indicata pattiziamente quale termine di decaden- za, senza che cio` comporti alcun mutamento della data di cessazione degli effetti del contratto», purche´ quel termine venga rispettato, aven- do presente il momento di conoscenza del destinatario (p. 8 sentenza impugnata).
5. Ne consegue che l’ulteriore censura, secondo cui il giudice di appello avrebbe dovuto fare applicazione, nello svolgimento del suo iter logico- argomentativo, dei principi di cui agli artt. 1362-1371 c.c. (p. 11 ricorso), oltre che genericamente indicata, risulta contraddetta dal fatto che quel giudice ha adottato il criterio-principe che, in casi del genere, sottende ad ogni contratto e alle clausole in esso contenute, quale il criterio letterale, voluto ed accettato, senza espressione di diversa vo- lonta`, come si e` puntualmente verificato nella specie. Peraltro, la ricor- rente non poteva ignorare il regime giuridico cui e` sottoposta la disdet- ta, in quanto atto unilaterale recettizio. Cos`ı come non risponde al vero che il giudice a quo abbia interpretato il termine «invio» come «ricevi- mento» (p. 12 ricorso), in quanto, puntualmente applicando il disposto di cui all’art. 1334 c.c., quel giudice ha solo evidenziato che non e` suffi- ciente l’invio della disdetta, ma questa per avere effetto ha bisogno di essere divenuta conoscibile o conosciuta dal destinatario, pena la su- perfluita` della disposizione codicistica citata. In sintesi, la disdetta, al- lorche´, inserita in una clausola contrattuale, viene sottoposta nel suo invio ad un determinato termine, puo` ritenersi efficace solo se in quel termine giunge a conoscenza del destinatario. Ogni diversa interpreta- zione urta contro la trasparenza e la correttezza dei rapporti giuridici, salvo che vi sia un patto contrario, essendo la materia relativa a diritti disponibili.
6. Alla luce delle precedenti considerazioni nessuna contraddizione si rinviene nella sentenza impugnata, allorche´ essa si sofferma anche sul criterio della buona fede, perche´ si tratta di ulteriori precisazioni
che il giudice di appello fa per corroborare ulteriormente la interpre- tazione data. E` ovvio, infatti, che la conoscibilita` o la conoscenza effettiva della disdetta avvalorano, dal punto di vista normativo, la
rilevanza che l’ordinamento accorda alla buona fede come criterio ermeneutico del comportamento delle parti. E non vi e` chi non veda che in un caso, come quello in esame, certamente il destinatario locatore si sarebbe atteso la conoscenza della disdetta entro il 31.12.1998, tenuto conto che, come argomenta logicamente la Corte territoriale, «e` notorio che una raccomandata non puo` giungere a destinazione immediatamente». In realta`, la locataria non e` stata prudente, non si e` «anticipata nell’invio», come avrebbe dovuto sug- gerirle il combinato disposto di cui agli artt. 1334 e 1335 c.c. In questi termini, tutti gli altri motivi e i connessi profili ivi contenuti appaio- no superati. Il ricorso va respinto ma le spese vanno compensate ricorrendovi giusti motivi, dati dalla vicenda processuale.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Omissis.
1. La decisione della Cassazione
La vicenda giudiziaria che ha costituito oggetto di pronuncia della Cassazione si e` svolta nei seguenti termini.
Tra le societa` Alfa e Beta intercorreva un contratto di locazione(1) di un’area destinata a deposito di sabbia e ghiaia.
La societa` Alfa, locatrice dell’area, notificava, alla societa` Beta, un decreto ingiuntivo per il pagamento di canoni di locazione asse- ritamente dovuti dalla conduttrice, che proponeva rituale oppo- sizione al decreto ingiuntivo.
L’opposizione si fondava sul tempestivo invio del «recesso» (cos`ı nella parte narrativa della sentenza) da parte della locatrice Xxxx, intervenuto a mezzo di lettera raccomandata come contrattual- mente previsto.
Il contratto di locazione, infatti, recava una clausola sulle moda- lita` di esercizio del diritto di recesso dal seguente tenore: «la locataria potra` recedere dal contratto solo alla data del...» (termi- ne di rinnovo del contratto principale) «mediante invio di lettera raccomandata con anticipo di un anno. In caso di mancato eser- cizio del diritto di recesso alla data del..., la locataria rinuncia espressamente a recedere dal contratto sino alla scadenza dei sei anni successivi».
Il Tribunale accoglieva l’opposizione, ritenendo tempestiva la disdetta, inviata in tempo utile, ma giunta tardivamente al desti- xxxxxxx, privilegiando, in omaggio alla disposizione pattizia, l’in- vio rispetto al ricevimento della raccomandata.
La Corte d’Xxxxxxx, adita dalla locatrice, riformava la decisione di primo grado, sulla base delle seguenti argomentazioni: a) nell’in- terpretazione della clausola andava privilegiato il criterio lettera- le, per cui il termine invio equivaleva a comunicazione; b) la comunicazione ha natura di atto recettizio unilaterale, che pro- duce i suoi effetti solo al momento in cui giunge a conoscenza del destinatario; c) ad abundantiam, non poteva tralasciarsi di considerare il criterio ermeneutico della buona fede, che, nella specie, andava apprezzato con riguardo al soggetto locatore, il quale, dopo il decorso del termine utile per la disdetta, poteva ragionevolmente contare sull’intervenuta rinnovazione del con- tratto.
La questione giunge quindi al vaglio della Suprema Corte, la quale rigetta il ricorso promosso dalla conduttrice.
La Cassazione, dopo aver premesso che il punto centrale della questione concerneva l’interpretazione della clausola contrattua- le regolante le modalita` di esercizio del diritto di disdetta, risolve la problematica attraverso l’inquadramento della disdetta (di un contratto di locazione relativo ad immobile per uso diverso da quello abitativo) nella categoria degli atti unilaterali recettizi.
Difatti, ascrivendo la disdetta al paradigma della recettizieta`, la Suprema Corte dirime, ab imis, il problema ermeneutico concer- nente la clausola del contratto di locazione intervenuto tra le
parti in causa, atteso che, dalla recettizieta` dell’atto di disdetta, discendeva come risultasse priva di pregio l’affermazione della conduttrice ricorrente sulla sufficienza – a tenore della clausola – del solo invio della lettera raccomandata di disdetta, essendo invece necessario che la stessa, per produrre gli effetti suoi pro- pri, fosse portata alla conoscenza o alla conoscibilita` della desti- nataria locatrice, ai sensi degli artt. 1334 e 1335 c.c.
In sintesi – afferma la Cassazione – «la disdetta, allorche´, inserita
in una clausola contrattuale, viene sottoposta nel suo invio ad un determinato termine, puo` ritenersi efficace solo se in quel termi- ne giunge a conoscenza del destinatario. Ogni diversa interpre- tazione urta contro la trasparenza e la correttezza dei rapporti giuridici, salvo che vi sia un patto contrario, essendo la materia relativa a diritti disponibili».
Come pure si legge nella sentenza oggetto di commento, «la lo- cataria non e` stata prudente, non si e` ‘‘anticipata nell’invio’’, come avrebbe dovuto suggerire il combinato disposto di cui agli artt. 1334 e 1335 c.c.» e, pertanto, in applicazione del principio imputet sibi, non poteva certo dogliarsi della sua imprudenza e delle conseguenze che ne erano scaturite.
La sentenza, pur risultando espressione di un principio giuri- sprudenziale costante, offre lo spunto per operare alcune rifles- sioni sulla figura della disdetta, nonche´, piu` in generale, sulla categoria della recettizieta` e sulle concrete ricadute che ha avuto, ai fini della risoluzione della questione in esame, la qualificazio- ne della disdetta come atto unilaterale recettizio.
2. Sulla disciplina della disdetta di un contratto di locazione Nella disciplina codicistica, per individuare il campo di operati- vita` della disdetta, si procede ad una summa divisio tra locazione con durata convenzionale o «per un tempo determinato» (art. 1596, 1º co., c.c.) e locazione «senza determinazione di tempo» (art. 1596, 2º co., c.c.)(2).
Infatti, mentre la locazione con un tempo di durata convenzio- nalmente stabilito cessa automaticamente con lo spirare del ter- mine pattuito, senza che necessiti alcun atto di disdetta (art. 1596, 1º co., c.c.), la locazione priva di un termine di durata determinato ad opera delle parti non puo` sciogliersi se una di esse non comunichi all’altra la disdetta (art. 1596, 2º co., c.c.). Un punto va pero` anzitutto chiarito.
Allorquando il legislatore del 1942, occupandosi della cessazione della locazione e della disdetta, parla di locazione «senza deter- minazione di tempo», utilizza terminologia equivoca e forse im- propria(3), dal momento che, come ci si avvede dalla semplice lettura del 2º co. dell’art. 1596 c.c., anche nella locazione priva di un termine di durata, si registra la presenza di una scadenza del rapporto contrattuale, con la differenza che, in quest’ultimo caso, la durata, invece che essere stabilita autonomamente dalle parti,
(1) Va rilevato che, nella parte narrativa della sentenza, non si parla di
«locazione», ma di «affitto». Nota e` la differenza tra i due tipi contrattuali o, meglio, tra il tipo locazione ed il sottotipo affitto, che si distingue dal primo per essere il bene concesso in godimento costituito da una «cosa produttiva».
(2) In particolare, sulla disciplina della disdetta tra regole generali e regole dettate dalla legislazione speciale, cfr. X. XXXXXXXXX e PADOVINI, La locazione di immobili urbani, 29 ed., Padova, 2005, 562 ss.
(3) Anche sotto il vigore del codice civile del 1865 si e` posto l’accento sull’improprieta` della locuzione «locazione a tempo indeterminato», non potendosi «concepire l’esistenza di un negozio avente per oggetto la con- cessione del godimento temporaneo senza che questo sia stato limitato entro determinati termini» (FUBINI, Il contratto di locazione di cose, I, 29
ed., Milano, 1910, 250). Nello stesso senso anche ABELLO, Trattato della locazione, in Il diritto civile italiano, II, diretto da Xxxxx e continuato da Brugi, 29 ed., Napoli-Torino, 1916, 39 s., il quale cos`ı affermava: «la legge positiva odierna non consente, in omaggio ai principi delle teorie econo- xxxxx Xxxxxxxxx, la locazione perpetua e percio` indeterminata nel senso proprio del vocabolo. Anzi si puo` dire che, a maggior ragione che nel passato, per motivi d’ordine pubblico, in considerazione della necessita` oggi universalmente riconosciuta di svincolare l’uso e la disponibilita` dei beni da troppi vincoli e da vincoli troppo lunghi e gravosi, vale ancora oggi il principio antico: locatio fit ad tempus... la legge patria cos`ı in conside- razione della presunta volonta` dei contraenti che nell’interesse generale della proprieta` ed in vista del fine suo etico-sociale, determina quasi sem- pre, sia direttamente che indirettamente, la durata del contratto».
e` fissata, in via ‘‘eteronoma"(4), dalla legislazione codicistica, con norme dispositive che indicano il termine finale (ai sensi dell’art. 1574 c.c.), o da quella speciale, con disposizioni di carattere co- gente (l. n. 392/1978(5) e l. n. 431/1998), predisposte per la tutela del conduttore(6).
La disdetta, quindi, presuppone un termine di scadenza del rap- porto locatizio.
Ad una conclusione difforme non puo` giungersi, se non a ragione
di una lettura frettolosa delle norme di cui agli artt. 1596 e 1597 c.c., formulate, obiettivamente, in modo poco felice.
Ma non solo.
La disdetta, infatti, anche per il suo efficace esercizio, non e` concepibile senza un termine(7), comunemente detto di «preav- viso», sino allo scadere del quale puo` essere intimata e dal cui mancato rispetto consegue, appunto, la sua inefficacia.
Insomma, l’atto unilaterale che si sta esaminando e` correlato all’esistenza di due termini: un termine di cessazione del rappor- to locatizio; un altro termine ad quem che deve essere rispettato a pena di inefficacia per l’esercizio della disdetta.
E cio`, ancor di piu`, dopo l’entrata in vigore della legge c.d. «dell’equo
canone», che ha stabilito, sul punto, come i contratti di locazione di immobili urbani sono tutti, per legge, a tempo determinato, con durata minima autoritativamente imposta [v. artt. 1 (ora abrogato ex art. 14, 4º co., l. n. 431/1998) e 27, l. n. 392/1978](8).
Cio` posto, bisogna chiedersi quali siano le conseguenze in caso di mancata o intempestiva disdetta.
A questo interrogativo fornisce risposta, in particolare, l’art. 1597
c.c. il quale, continuando a distinguere tra locazione a tempo de- terminato e locazione a tempo indeterminato, prevede che, con riguardo alla seconda, nell’ipotesi di mancata comunicazione della disdetta, la locazione si ha per «tacitamente» rinnovata(9).
Quanto alla locazione di durata convenzionalmente stabilita, in- vece, la stessa norma dispone che la locazione si ha per rinnovata se, una volta spirato il termine pattiziamente previsto, il condut- tore «rimane ed e` lasciato nella detenzione della cosa locata».
E disposizioni dello stesso tenore si rinvengono nella speciale disciplina ‘‘vincolistica’’ applicabile in tema di locazioni urbane [artt. 3 (ora abrogato dall’art. 14, 4º co., l. n. 431/1998) e 28, l. n. 392/1978; artt. 2 e 3, l. n. 431/1998].
Le previsioni concernenti la c.d. rinnovazione tacita del contratto derivano la propria ratio dalla visione di favore con cui il legi- slatore, prima codicistico e poi speciale, ha sempre guardato alla continuazione del rapporto locatizio.
Trattasi, comunque, in entrambi i casi (locazione con durata convenzionale o legale), di comportamenti omissivi del locatore
– ai quali la legge attribuisce valore negoziale – che tengono luogo del consenso diretto a produrre la rinnovazione del con- tratto per un altro periodo di tempo.
Piu` precisamente: per la locazione a termine, ricorre il fatto po- sitivo della permanenza del conduttore nella detenzione della cosa locata dopo la scadenza del termine contrattualmente pre- visto, senza che il locatore manifesti in qualche modo (compor- tamento omissivo) la sua opposizione alla stessa; per la locazione con termine non previsto dalle parti, il ‘‘silenzio’’(10) del locatore che non comunica la disdetta.
3. La disdetta: definizione, effetti, differenze con figure affini La disdetta, in senso proprio, puo` definirsi come un negozio unilaterale recettizio che produce l’effetto di impedire la c.d. rinnovazione tacita del contratto, rendendo operante il termine finale del rapporto previsto dalla legge(11).
Tale definizione, peraltro, potrebbe essere ampliata, se si ricom-
(4) Tutto sul filo dell’antitesi tra «autonomia» ed «eteronomia» si svolge il lavoro di X. XXXXXXXX D’ENTRE`VES, Il negozio giuridico, (Torino, 1934) rist. anastatica, Torino, 2006, con prefazione di XXXX, Il negozio giuridico nel pensiero di Xxxxxxxxxx Xxxxxxxx d’Entre`ves. L’A., per risolvere il «problema della costruzione dogmatica del negozio», infatti, muove dalla «qualifica- zione giuridica della norma», che stigmatizza nella seguente alternativa:
«se cioe` l’attributo della giuridicita` ad essa derivi dalla volonta` o dalle volonta` che la pongono in essere, o se viceversa tale attributo sia ad essa derivato da una norma superiore, estranea alla volonta` del soggetto o del
soggetto del negozio», designando la prima costruzione come «sistema dell’autonomia, la seconda come sistema dell’eteronomia della norma» (28 ss.). E dopo aver esaminato le due costruzioni della teoria del negozio giuridico in base all’autonomia ed eteronomia della norma negoziale (31 ss.), profila il superamento dell’antitesi tra autonomia ed eteronomia, allor- quando cos`ı afferma: «il compito della filosofia giuridica e` di render ra- gione della giuridicita` immanente in ogni volizione normativa, ma se d’al- tro canto qualunque soluzione che di tale problema si tenti rimanendo nel campo della normativita`, cioe` del formalismo, ci riporta al dilemma, che e` stato argomento di questo studio, della scelta della norma suprema di qualificazione alla quale soltanto potremo, in ultima istanza, attribuire valore giuridico originario, la via d’uscita potra` essere offerta soltanto da una concezione non piu` normativa, ma sostanzialistica, del principio stes- so di giuridicita`, cioe` del diritto naturale» (124 s.).
(5) Sulla determinazione equitativa del canone introdotta dalla l. n. 392/ 1978, sia consentito il solo rinvio alla voce enciclopedica di Mar. XXXXX, Equo canone I) Profili generali, in Enc. giur., XII, Roma, 1989 ed alla bi- bliografia ivi indicata.
(6) A tal proposito, va sottolineato come, mentre la disdetta del condut- tore avviene ad nutum, quella del locatore esclusivamente per motivi tas- sativamente determinati dalla legge e di cui sia data specifica esplicazione (cfr. art. 3, l. n. 431/1998).
In ordine ai contratti di locazione di immobili urbani, A.M. XXXXXXXX, Transa- zione e rapporti eterodeterminati, Milano, 2000, 136 s., ha rilevato come essi si collochino, nell’ambito della «eterodeterminazione dei contenuti economici de- gli atti negoziali privati», fra quegli interventi del legislatore che hanno creato
«nuovi sottotipi in relazione ai rapporti aventi ad oggetto beni con caratteristi- che particolari».
(7) Il termine per l’utile proposizione della disdetta e` caratterizzato dalla
natura di termine sostanziale di decadenza e dal fatto di dover essere calcolato a ritroso, giacche´ la legge pone come momento iniziale del com- puto il dies ad quem (coincidente con la data di scadenza contrattuale) e come capo finale di esso il dies a quo.
(8) L’art. 79, l. n. 392/1978, che ha sancito la nullita` di «ogni pattuizione
diretta a limitare la durata legale del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge», e` stato abrogato, «limitatamente» alle locazioni abitative, dall’art. 14, 4º co., l. n. 431/1998, che ha cos`ı restituito una parte dei rapporti locatizi per uso abitativo alla ‘‘esclusiva’’ disciplina codicistica e la parte residua ad una ‘‘parziale’’ autonomia privata rispetto alla normativa della l. n. 392/1978 che, per le disposizioni non espressamente abrogate, continua a trovare integrale applicazione qualora le parti contraenti non videroghino espressamente e nei limiti consentiti dalle eventuali norme ritenute di ordine pubblico (ad esem- pio, art. 6, l. n. 392/1978 e art. 1613 c.c.).
(9) Non e` mancato chi, facendo leva sul contrasto esistente tra le formule
del 2º co., art. 1596 c.c. e del 1º co., art. 1597 c.c., ha ritenuto che, anziche´ una rinnovazione, si avrebbe una continuazione del rapporto originario che proseguirebbe, senza cessare (PROVERA, Locazione. Disposizioni gene- rali, in Comm. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1980, 399).
Sulla problematica se la disdetta sia diretta ad impedire la prosecuzione o la rinnovazione del contratto a tempo indeterminato e che si ricollega alla piu` generale questione del contratto a tempo indeterminato, x. XXXXXXXXX, Disdetta, in Enc. dir., XIII, Milano, 1964, 92-94; XXXXXXXXXX, La cessazione dei contratti agrari soggetti alle leggi di proroga, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1955, 337 ss., spec. 342 ss. In tema, anche, SALVESTRONI, Disdetta di affitto agrario da parte di coltivatore diretto, rinuncia alla proroga e frode alla legge, in Riv. dir. civ., 1971, II, 428 ss.
(10) Circa il silenzio come «problema giuridico», cfr. ADDIS, Lettera di conferma e silenzio, Milano, 1999, 255 ss., il quale pone in luce come il silenzio abbia da sempre presentato svariate problematiche, evidenziando che «per gli interpreti il rischio maggiore e` sempre stato di non riuscire a determinare con sufficiente precisione l’ambito della vicenda nella quale in concreto un certo contegno omissivo acquista rilievo per il diritto, ov- vero di ricondurre, cio` che e` ancora piu` grave, a criteri di soluzione unitari questioni affatto diverse» (255 s.).
(11) XXXXXXXXX, La locazione, in Tratt. Xxxxxxxx, XXX, 0, Xxxxxx, 1972, 548 s.
prendesse, tra gli atti tipici cui sia da attribuire la qualifica di disdetta, anche quell’atto che la legge, ora denomina disdetta (art. 1596, 1º co., c.c.), ora licenza (art. 1597, 3º co., c.c.), e con il quale, in una locazione a durata convenzionale, una delle parti comunica all’altra che il rapporto cessera` senz’altro con lo spi- rare del termine contrattualmente previsto(12).
E` evidente che questa seconda tipologia di disdetta, anche
detta licenza, presenta differenze rispetto alla disdetta che in- terviene in un contratto di locazione «senza determinazione di tempo» (rectius, con termine di scadenza previsto ex lege), at- teso che la licenza del contratto a durata convenzionalmente stabilita ‘‘oppone’’ (nel senso di far valere) la scadenza di un termine che opera automaticamente ed in ordine al quale, quindi, la disdetta non costituisce altro che ‘‘una’’ delle moda- lita` di comunicazione dell’intenzione di non volere una rinno- vazione del contratto.
Tant’e` vero che la legge definisce come non necessaria la disdetta
(art. 1596, 1º co., c.c.), proprio perche´ la scadenza del termine previsto contrattualmente opera indipendentemente dall’atto (di disdetta) stesso.
La licenza designerebbe, insomma, un’intimazione formale con la quale il locatore comunica al conduttore di considerare ope- rativo il termine finale del rapporto (gia` maturato o prossimo a scadere) e che intende ottenere il rilascio della cosa locata.
Inoltre, per la licenza non occorre il rispetto di alcun termine di preavviso, come invece e` per la disdetta del contratto di locazio- ne con durata legale, non gravando, dal punto di vista temporale, alcun onere su colui che comunica la licenza.
Pur tuttavia, l’intervenuta comunicazione della disdetta e/o li- cenza di un contratto di locazione per un tempo determinato dalle parti mette capo al medesimo effetto finale, quale quello di impedire la rinnovazione tacita del contratto.
Pertanto, in una prospettiva definitoria, la nozione di disdetta potrebbe estendersi a ricomprendere anche quella seconda ed ulteriore tipologia di disdetta e/o di licenza di cui si fa menzione
con riferimento alla locazione con durata convenzionalmente prevista(13).
In quest’ottica, il termine licenza finisce per essere individuato come una mera ‘‘variante’’ terminologica della disdetta(14).
Ad onor del vero, peraltro, la parola licenza viene utilizzata ‘‘pro- miscuamente’’ dal legislatore, al punto che, come avviene nel- l’art. 1612 c.c., e` associata al recesso.
Nonostante questa associazione, comunque, il termine licenza, nella materia locatizia, puo` dirsi di buon grado ascrivibile, piu` propriamente, all’area della disdetta, sempre che, anche que- st’ultima, non finisca per confondersi con il recesso(15).
Nell’ambito delle locazioni, infatti, si registrano diverse ipotesi di recesso legale (per es.: artt. 4, 2º co. e 27, 8º co., l. n. 392/1978)(16) ed e` ammesso un recesso convenzionale ad nutum con preavviso (artt. 4, 1º co. e 27, 7º co., l. n. 392/1978)(17).
Pare, tuttavia, da escludere un’assimilazione tra le figure del re- cesso e della disdetta.
E il discrimine tra le due sarebbe da ricercare nel profilo ‘‘conte- nutistico’’ degli effetti, dal momento che entrambe partecipereb- bero della stessa natura di negozi unilaterali recettizi.
La disdetta, per quanto si e` tentato di evidenziare, produce un effetto che puo` qualificarsi come squisitamente ‘‘impeditivo’’, atteso che, appunto, impedisce la rinnovazione tacita del con- tratto che, altrimenti, in assenza di disdetta o, comunque, in presenza di una disdetta intempestiva, deriverebbe automatica- mente ope legis.
La disdetta e` diretta quindi a provocare la ‘‘naturale’’ cessazione del rapporto, attraverso la produzione del particolare effetto, pro- prio della locazione, consistente nell’impedire la rinnovazione del contratto.
Tale effetto rientra nel genus degli effetti estintivi, ma di questo rappresenta una peculiarita`.
Il recesso, invece, determina un effetto estintivo tout court, pro- vocando la ‘‘anticipata’’ cessazione del rapporto che si scioglie prima della sua naturale scadenza(18).
(12) In tal senso, sulle due tipologie di disdetta vera e propria, XXXXXXXXX, op. ult. cit., 550 s.; ID., La disdetta della locazione come atto unilaterale, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1952, 1208 s.
(13) Il ‘‘sottile’’ – ed a volte quasi inesistente – distinguo tra i termini ed i relativi significati di licenza e disdetta emergeva, peraltro, sin dagli scritti che si pongono a cavallo tra il XIX e il XX secolo: in tal senso, ABELLO, op. cit., 46 s. (ove si legge che «la licenza o disdetta o diffida o congedo e` quell’atto per cui uno dei soggetti della locazione dichiara all’altro l’inten- zione di porre fine al contratto», essendo la licenza «l’espressione unilate- rale di volonta` della parte che intende liberarsi da un rapporto locatizio, o non vuole lo si possa considerare come tacitamente rinnovato»); XXXXXX, op. cit., II, Milano, 1917, 732 s. (il quale rileva che «la licenza o disdetta e` un atto unilaterale contenente la manifestazione di volonta` di una parte con- traente di metter fine al rapporto» e che essa «naturalmente non risolve affatto un contratto in corso, mentre in ogni caso impedisce solo, colla manifestazione di volonta` del dichiarante, che un nuovo rapporto abbia a sorgere»).
(14) In ordine alla intimazione di licenza con la contestuale citazione per
la convalida, cfr. MIRABELLI, La locazione, cit., 552 s.
Quanto alla recettizieta` o meno dell’atto di licenza per finita locazione con- tenente la disdetta ed all’applicabilita` del principio sancito in tema di notifica- zione dalla Corte costituzionale nel 2002, poi recepito nel codice di rito con l’aggiunta del 3º co. dell’art. 149 c.p.c., sia consentito rinviare a X. XXXXXXXX, Il perfezionamento del procedimento di notificazione e la recettizieta` degli atti giuridici (Seconda parte), in Studium iuris, 2006, 1252 s.
(15) Nella vasta letteratura sulla figura del recesso (in generale) – omet- tendo di considerare, per ragioni di opportunita` connesse alla limitata ampiezza del presente contributo, i numerosi lavori che hanno riguardato il recesso nell’ambito della legislazione speciale e consumeristica – si se- gnalano, tra gli altri: TABELLINI, Il recesso, Milano, 1962; A. DI MAJO, Recesso unilaterale e principio di esecuzione, in Riv. dir. comm., 1963, II, 110 ss.; X. XXXXXXXXX, Recesso e risoluzione per inadempimento, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1974, 725 ss.; ID., Vincolo contrattuale e recesso unilaterale, Milano,
1985; X. XXXXXXXXX e PADOVINI, Recesso (dir. priv.), in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988, 27 ss.; XXXXXXXXX, Recesso, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991; ZERELLA,
Collegamento contrattuale e recesso, in Rass. dir. civ., 1993, 429 ss.; Recesso e risoluzione dei contratti, a cura di De Nova, Milano, 1994; RIMINI, Fornitura gratuita di energia elettrica e diritto di recesso, in Contr., 1995, 519 ss.; DI GIAMBATTISTA, Funzione risolutoria del recesso per inadempimento, in Giur. di Merito, 1995, 610 ss.; CICOGNA, Recesso e figure affini, in Xxxx padano, 1997, II, 45 ss.; DE NOVA, Recesso, in Digesto civ., XVI, Torino, 1997, 314 ss.; XXXXXXX, Recesso unilaterale per inadempimento e azione di risarcimento dei danni, in Contr., 1998, 590 ss.; XXXXXXXX, Degli effetti del contratto. Efficacia del contratto e recesso unilaterale, in Comm. Xxxxxxxxxxx, Milano, 1998, 308 ss.; PADOVINI, Il recesso, in Trattato dei contratti, diretto da Resci- gno, I contratti in generale, II, a cura di X. Xxxxxxxxx, Torino, 1999, 1233 ss.; XXXXXXX, Il recesso unilaterale dal contratto, Padova, 2000; RAVERA, Il reces- so, Milano, 2004; DELLACASA, Recesso discrezionale e rimedi contrattuali, Torino, 2008; PILIA, Accordo debole e diritto di recesso, Milano, 2008.
(16) Il 2º co., art. 4, l. 27.7.1978, n. 392, cos`ı recita: «Indipendentemente
dalle previsioni contrattuali il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, puo` recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata». E previsione di iden- tico tenore e` contenuta nell’8º co., art. 27 della stessa legge, con riferimen- to alla locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione.
(17) Il 1º co., art. 4, l. 27.7.1978, n. 392, dispone che «e` in facolta` delle
parti consentire contrattualmente che il conduttore possa recedere in qualsiasi momento dal contratto dandone avviso al locatore, con lettera raccomandata, almeno sei mesi prima della data in cui il recesso deve avere esecuzione» e cos`ı prevede pure il 7º co., art. 27 della stessa legge con riguardo alle locazioni di immobili diversi da quello ad uso abitativo.
(18) E` stata evidenziata la distinzione tra la revoca ed il recesso nonche´
tra la revoca e la disdetta. Sul punto, si richiama la voce enciclopedica di X. XXXXX, Revoca (dir. priv.), in Enc. dir., XL, Milano, 1989, 198 ss., il quale, dopo aver fornito la definizione di revoca, si e` soffermato a compararla
E` quindi nella prospettiva degli effetti derivanti dall’esercizio del diritto di disdetta e di quello di recesso che va apprezzata la diversita` tra due figure, comunque, finitime.
4. La natura recettizia della disdetta
Principio costantemente affermato in giurisprudenza e` costituito dalla natura di atto unilaterale recettizio della disdetta(19).
Xxxx, per quanto concerne la disdetta, non sembra porsi nemmeno la questione, lucidamente sollevata da autorevole dottrina(20), circa la valenza di categoria generale della recettizieta`(21), giustificata dalle circostanze che diversi sono gli interessi tutelati dalla legge
con riferimento alle varie dichiarazioni partecipative, nonche´ diffe- renti sono gli strumenti di conoscenza apprestati, al punto che, talvolta, non assume rilevanza la conoscenza data dalla ‘‘recezione necessaria’’, per risultare sufficiente il puntuale adempimento degli atti che integrano il procedimento partecipativo.
Difatti, con la disdetta, si e` di fronte – potrebbe dirsi – ad una
dichiarazione dalla natura ‘‘semplice’’, siccome atto diretto a per- sona determinata, con la conseguenza che l’evocare la nozione di recettizieta`(22) non pare possa ingenerare confusione, quanto meno tra atti diretti ad un destinatario ben individuato ed atti diretti invece ad una potenziale molteplicita` di soggetti.
con il recesso e, successivamente, con la disdetta, rilevando, quanto alle prime due figure, che, da un lato, «la revoca, cos`ı come il recesso, incidono sempre sulle conseguenze giuridiche dell’atto, non sull’atto in se´ conside- rato, che, come accadimento storico, non puo` mai essere cancellato», dall’altro, «operano in settori diversi» (il recesso e` figura limitata al campo del contratto, mentre, quando si parla di revoca in tale settore, si fa un uso atecnico del termine), «ma operano anche in modo diverso. L’idea del pentimento della ritrattazione, insita nella revoca, la si trova anche nel recesso, ma in questo vi e` pure un aspetto non riconducibile a tale idea. Il pentimento non puo` valere che per il pentito; non ci si puo` pentire per un altro, e tuttavia, col recesso, anche la volonta` dell’altro viene – ovvia- mente nei suoi effetti – eliminata»; in ordine, poi, al raffronto fra revoca e disdetta, si sottolinea che «mentre il recesso presenta una particolare affi- nita` con la revoca, la disdetta fuoriesce totalmente dalla nozione e dal concetto di revoca. Con la disdetta non si elimina un atto e non se ne cancellano gli effetti, ma si impedisce la tacita rinnovazione di un rappor- to. La disdetta non ha quindi natura di atto ablativo, ma di atto impeditivo della rinnovazione del contratto... La disdetta inoltre e` sempre immanca- bilmente atto recettizio, la revoca... e` atto recettizio solo in ipotesi parti- colari».
Riguardo alla figura della revoca si segnala Salv. ROMANO, La revoca degli atti
giuridici privati, Xxxxxx, 0000; ID., Revoca (dir. priv.), in Noviss. Dig. It., XV, Torino, 1968, 808 ss.; LACALAMITA, Revoca degli atti giuridici, in Enc. forense, VI, Milano, 1961, 440 ss.; TALAMANCA, Osservazioni sulla struttura del negozio di revoca, in Riv. dir. civ., 1964, I, 149 ss.; X. XXXXXXX, Revoca degli atti I) Profili generali – dir. civ., in Enc. giur., XXVII, Roma, 1991; COSTANZA, Revoca, in Digesto civ., XVII, Torino, 1998, 443 ss.
Dei chiarimenti sulle figure del recesso, della revoca e della disdetta sono operati da XXXXXXX, Xxxxxxx, revoca, disdetta (chiarimenti sistematici), in Il di- ritto dell’economia, Torino, 1956, 476 ss.
(19) Ex plurimis, segnalano la natura della disdetta come atto negoziale unilaterale recettizio: Cass., 3.7.1979, n. 3763, in Giust. civ., 1979, I, 1835; Cass., 9.5.1991, n. 5164, in Arch. locazioni, 1991, 499; Cass., 23.11.1994, n. 9916, ivi, 1995, 357; in Giur. it., 1995, I, 1, 1508; e in Riv. giur. edil., 1995, I, 809, con nota di DE TILLA, Sui requisiti della disdetta; Cass., 3.10.1997, n. 9666, in Giust. civ. mass., 1997, 1852; Cass., 28.9.1998, n. 9696, in Giur. it., 1999, 1375, con nota di Xxxxxxx; Cass., 21.9.2000, n. 12946, in Riv. giur. edil., 2000, I, 1088; Cass., 19.2.2002, n. 2388, in Giust. civ., 2002, I, 1562; Cass., 14.1.2005, n. 689, in Giust. civ. mass., 2005, 1; Cass., 19.12.2005, n. 27931, ivi, 2005, 12; Cass., 12.1.2006, n. 409, ivi, 2006, 1.
Oltre a quelle appena citate e tra le altre note a sentenza, si occupano speci- ficamente di disdetta: CAPPABIANCA, La disdetta nei contratti di locazione di im- mobili urbani, in Foro it., 1990, I, 1589 ss.; XXXX, La disdetta contestuale al con- tratto di locazione, in Giust. civ., 1995, I, 2382 ss.; DE TILLA, Sulle modalita` della disdetta, in Rass. locazioni e cond., 1999, 596 ss.
(20) Il riferimento e` a X. XXXXXXXXX, Il diritto comune dei contratti e degli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale, 29 ed., Napoli, 1997, 136 ss., spec. 141, il quale sottolinea la problematica riconducibilita` di una dichiarazione, senza alternativa di sorta, nella dicotomia dichiarazione recettizia/non recettizia, evidenziando come la funzione partecipativa, a seconda delle esigenze da realizzare, richiede, a volte, l’effettiva conoscen- za del destinatario, altre volte, la sola spedizione o l’emissione della di- chiarazione con certe modalita` (l’A. cos`ı si esprime: la funzione parteci- pativa «puo` avere varia intensita` a seconda delle esigenze che deve rea- lizzare. La tutela dell’interesse puo` richiedere l’effettiva conoscenza della dichiarazione da parte del destinatario ovvero puo` essere sufficiente l’ar- rivo della dichiarazione all’indirizzo del destinatario o anche il solo invio all’indirizzo (la spedizione) ovvero l’emissione della dichiarazione con certe modalita` (i mezzi idonei di cui parla la legge), che rendono la di- chiarazione agevolmente conoscibile. Ora se variamente graduata si pre- senta nella realta` la funzione partecipativa, non si comprende perche´ mai la legge debba prestare una soluzione unitaria. Questa e` un’esigenza di scuola piu` che l’emersione dei dati dell’esperienza giuridica». L’analisi condotta – ad ampio raggio – sulle varie figure partecipative ha consentito di distinguere le componenti soggettive (relative al soggetto dichiarante ed al destinatario) da quelle oggettive (afferenti ai diversi momenti che scan- discono l’arrivo all’indirizzo del destinatario), nonche´ gli strumenti del fenomeno partecipativo (fra i quali sono da annoverare i mezzi e i soggetti
che fanno da tramite per consentire l’arrivo della dichiarazione al desti- xxxxxxx della stessa). In proposito, XXXXXXXXX, op. ult. cit., 207, ha rilevato che, allontanandosi dal singolo tema della formazione del contratto in cui trovano sede gli artt. 1334 e 1335 c.c., non puo` ritenersi che il legislatore abbia recepito un «sistema di conoscenza» in particolare: si tratta, infatti,
«di diversi criteri di politica legislativa, indicati convenzionalmente e bra- chilogicamente coi termini di emissione, spedizione, recezione, cognizio- ne, cui corrispondono i diversi moduli partecipativi, variamente utilizzati dalla legge, in aderenza alle esigenze del singolo istituto, secondo la valu- tazione di meritevolezza che un certo interesse, in confronto di altro, riceve»; l’A., proseguendo, evidenzia che, nelle diverse specie di procedi- mento che risolvono la funzione partecipativa e nella sua sequenza che «si articola nell’arco che va dall’emissione della dichiarazione da parte del soggetto attivo (dichiarante) alla sua conoscenza da parte del soggetto passivo (destinatario)», e` possibile «isolare, dalle relative componenti sog- gettive, quei fatti o elementi oggettivi che costituiscono i nodi essenziali della partecipazione, come ad esempio l’emissione, la spedizione, l’arrivo all’indirizzo. E dall’altro lato si possono distinguere e analizzare gli stru- menti del fenomeno partecipativo: la dichiarazione, il documento che la incorpora, la pura notificazione, il veicolo della dichiarazione, i mezzi impiegati per la spedizione, l’intervento di un terzo estraneo». Tutto cio` ha portato ad affermare che «si deve riconsiderare da capo il dogma della dichiarazione recettizia, analizzando le varie figure e i moduli partecipa- tivi, alla stregua dei diversi interessi tutelati dalla legge» (ID., Dichiarazioni recettizie e dichiarazioni indirizzate. Postille a un testo giuridico, in Studi in onore di Xxxxxxxxx Xxxxxxx-Xxxxxxxxxx, Napoli, 1972, 264).
Per un’altra critica alla teorizzazione della dichiarazione recettizia come ca- tegoria generalizzante, x. XXXXXXX, Dichiarazione recettizia, in Digesto civ., V, Torino, 1989, 361 s., al quale sembra eccessiva la «eterogeneita`» degli elementi che vengono unificati nello «apportamento a normale percepibilita`»; in partico- lare (se si vuole evitare di sganciarsi disinvoltamente dai dati normativi): «ap- portamento all’indirizzo» e «pubblicazione». Quest’ultima potra` essere conside- rata «qualcosa di piu` della semplice espressione, qualcosa meno della recezio- ne»; concludendo, egli afferma che «la categoria ‘‘dichiarazione recettizia’’ si presenta di scarsa utilita`, ma innocua se intesa come sembra intenderla la Relazione al codice civile; decisamente inopportuna se intesa in senso lato, e cioe` unificante ‘‘dichiarazione a persona determinata’’ e ‘‘dichiarazione al pub- blico’’».
Sul momento della pubblicazione e sul ruolo che essa svolge nell’offerta al
pubblico, quale vero e proprio elemento costitutivo della fattispecie, sia con- sentito il rinvio a X. XXXXXXXX, L’offerta al pubblico ed il suo procedimento mani- festativo, in Ann. Un. Molise, n. 3, Napoli, 2002, 193 ss.
(21) Sul tema: BARASSI, La notificazione necessaria delle dichiarazioni stra- giudiziali, Milano, 1908; GIAMPICCOLO, La dichiarazione recettizia, Milano, 1959; CARRARO, Dichiarazione recettizia, in Nuovo dig., V, Torino, 1960, 597 ss.; XXXXXXXXXXX, Dichiarazione recettizia, in Enc. dir., XII, Milano, 1964, 384 ss.; XXXXXXXXX, Dichiarazioni recettizie e dichiarazioni indirizzate. Postille a un testo giuridico, cit.; FERRERO, "Dichiarazione espressa’’, ‘‘dichiarazione tacita’’ e autonomia privata, Torino, 1974; ID., Dichiarazione recettizia, cit.; BENEDETTI, Il diritto comune dei contratti e degli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale, cit.; BONSIGNORE, Recezione della dichiarazione, in Digesto civ., XVI, Torino, 1997, 321 ss.; X. XXXXXXXX, L’offerta al pubblico ed il suo procedimento manifestativo, cit.; ID., Il perfezionamento del procedi- mento di notificazione e la recettizieta` degli atti giuridici (Prima parte), in Studium iuris, 2006, 1090 ss. e, ivi, (Seconda parte), cit.; XXXXX, Dichiara- zione contrattuale (arrivo e conoscenza della), in Digesto civ., Agg., IV, To- rino, 2009, 173 ss.; ID., Dichiarazione contrattuale (spedizione della), ivi, 193 ss.
(22) Nel sottolineare come la recettizieta` della dichiarazione costituisce il primo strumento di protezione della sfera giuridica del terzo interessata in qualche modo dall’attivita` giuridica altrui, X. XXXXXX, Contratto negozio regolamento. Contributo allo studio del negozio unilaterale, Milano, 2008,
269 ss., individua una conferma di tale assunto in alcune tipologie di
«negozi unilaterali a contenuto negativo» (sui quali, ex professo, MONTE- CHIARI, I negozi unilaterali a contenuto negativo, Milano, 1996), fra cui, assieme al recesso, alla revoca, alla rinunzia ai diritti reali limitati, al rifiu- to, alla remissione del debito ed al riscatto, enumera anche la disdetta, della quale rileva la «pacifica» natura recettizia (277).
Peraltro, la Suprema Corte, nelle pronunce succedutesi negli an- ni, con le quali ha contribuito a consolidare il principio giuri- sprudenziale sulla natura di atto recettizio della disdetta, e` giunta a tale conclusione sulla base degli interessi tutelati da tale figura. Emblematico, in tal senso, il passaggio della motivazione della sentenza commentata ove si rileva, con un certo grado di peren- torieta`, come «ogni diversa interpretazione» che tenda a superare l’affermazione per cui la disdetta puo` ritenersi efficace solo se, nel termine stabilito, giunga a conoscenza del destinatario, «urta contro la trasparenza e la correttezza dei rapporti giuridici».
Ebbene, la disdetta, per la Suprema Corte, in quanto atto unila- terale recettizio, per produrre gli effetti suoi propri, ai sensi degli artt. 1334 e 1335 c.c., deve essere portata a conoscenza o nella conoscibilita` del destinatario(23).
Puo` dunque ritenersi che la recettizieta` del negozio unilaterale disdetta stia proprio ad indicare, conformemente alla nozione di recettizieta` comunemente diffusa, la direzione dell’atto ad una persona determinata affinche´ esso possa produrre gli effetti de- siderati.
5. Osservazioni sulla pronuncia oggetto di commento
Nella pronuncia oggetto delle presenti riflessioni, la Cassazione individua il punctum pruriens della vicenda sottoposta al suo esame nell’interpretazione di quella clausola(24) del contratto di locazione che disciplinava le modalita` di esercizio del diritto di disdetta.
E, a tal proposito, all’inizio della motivazione della sentenza, premette come portata decisiva, ai fini della risoluzione della questione, vada attribuita al dato letterale della clausola, nonche´, ad abundantiam, alla tutela della buona fede del contraente de- stinatario della disdetta.
Tuttavia, puo` sollevarsi qualche dubbio sul ruolo svolto, ai fini del decidere, dai due dati che nell’incipit della parte motiva della sentenza fanno ‘‘capolino’’.
Infatti, la clausola contrattuale che viene ad essere oggetto del contendere non sembra certo brillare per chiarezza ‘‘letterale’’. Il riferimento testuale e` allo «invio» della lettera raccomandata entro un termine stabilito.
Se ci si fosse attenuti ad un criterio squisitamente letterale, come
invece lascia intendere la decisione annotata, forse il risultato interpretativo finale non sarebbe stato poi cos`ı scontato.
Il termine «invio», difatti, oltre che sinonimo di «comunicazio- ne», e` anche – e forse piu` propriamente – sinonimo di «spedizio- ne»(25).
Se dunque si fosse effettivamente deciso con il criterio letterale, sarebbe dovuto risultare sufficiente, ai fini dell’efficacia della di- sdetta, il tempestivo invio e/o la tempestiva spedizione della lettera raccomandata, senza necessita` che quest’ultima fosse sta- ta anche ricevuta, entro il termine previsto, dal destinatario della disdetta.
E valga il vero.
La Suprema Corte non utilizza, quale (prima) ratio decidendi, il dato letterale della clausola relativa alle modalita` di esercizio del diritto di disdetta, ma, presupponendo l’insufficienza dello stes- so, afferma come la parte ricorrente in cassazione non si sia accorta che la disdetta si caratterizza per essere un atto unilate- rale recettizio e che, quindi, per avere effetto, abbisogna neces- sariamente di essere portata a conoscenza del destinatario.
In ordine, poi, a quella indicata come ulteriore e ‘‘succedanea’’ ratio decidendi, la Cassazione richiama la rilevanza che l’ordina- mento accorda alla buona fede come criterio ermeneutico del comportamento delle parti, evidenziando come il giudice di ap- pello si sia soffermato su tale criterio «per corroborare ulterior- mente la interpretazione (letterale) data» e giungendo a stigma- tizzare l’imprudenza del comportamento della conduttrice nel- l’invio della lettera raccomandata contenente la disdetta.
La locataria – si legge nella sentenza commentata – «non e` stata prudente, non si e` ‘‘anticipata nell’invio’’, come avrebbe dovuto suggerirle il combinato disposto di cui agli artt. 1334 e 1335 c.c.»(26).
Anche in questo caso, pero`, non pare che sia il criterio ermeneu- tico a risultare determinante, bens`ı il richiamo al combinato di- sposto degli artt. 1334 e 1335 c.c., che rappresentano l’addentel- lato normativo della recettizieta`.
L’impressione e`, pertanto, che la reale ratio decidendi seguita dalla Cassazione, quand’anche non considerata espressamente tale dal Supremo consesso, sia stata proprio il principio di diritto contenuto nella pronuncia, afferente la recettizieta` dell’atto di disdetta.
(23) Nella Relazione al codice civile, n. 606, si legge che «per gli atti unilaterali recettizi doveva solo precisarsi il momento in cui essi produ- cessero il loro effetto giuridico vincolando l’autore della dichiarazione trasmessa e la persona cui la dichiarazione era destinata. L’art. 1334 prov- vede a tale esigenza».
La ratio dell’art. 1334 c.c. e` dunque individuata nel momento di produzione
degli effetti giuridici dell’atto unilaterale recettizio, laddove recettizio sta per diretto ad una persona determinata.
(24) Come rileva XXXXXXX, Xxxxxxxxx e clausola compromissoria, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1987, 427, «la dottrina, ponendo in evidenza la equivocita` del termine clausola, ha evidenziato tre significati che il vocabolo puo` assumere. Per clausola puo` intendersi: 1) ciascuna delle proposizioni che compongono il complesso contrattuale; 2) un precetto negoziale autonomo; 3) un precetto che la legge inserisce nel negozio, ‘‘talora inderogabilmente, talora solo in difetto di diversa o contraria volonta`’’» [il richiamo e` a GRASSETTI, Clausola (del negozio), in Enc. dir., VII, Milano, 1960, 185]. La difficolta` di enucleare una nozione che possa assolvere – a tutti gli effetti – il suo compito, e` inoltre acuita dalla circostanza che il legislatore, pur essendo prodigo nel dare definizioni, non offre alcun riferimento utile per ricavarne il significato, nonostante si tratti di una componente del contratto e di un termine sovente ri- corrente nelle disposizioni codicistiche (SICCHIERO, Studi preliminari sul- la clausola del contratto, in Contratto e impresa, 1999, 1194 s.). Ad ogni modo, sono da ritenere punti fermi due distinzioni: quella tra clausola- proposizione e clausola-precetto (su tale differenziazione: TAMPONI, Contributo all’esegesi dell’art. 1419 c.c., in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1978, 137-140; XXXXXXXXX, op. loc. cit.; XXXXXXXXX, op. cit., 1196); l’altra,
tra clausole principali ed accessorie o secondarie (cfr., al riguardo, TAM- PONI, op. cit., 145-149; SICCHIERO, op. cit., 1243-1250).
E` in tale contesto che XXXXXXX, op. cit., 428, sottolinea il proprium della
clausola compromissoria che, «pur presentando i tratti caratteristici del precetto negoziale autonomo (individualita` ed impossibilita` di ulteriore scomposizione logica, dovuta alla sua natura di imperativo giuridico inscindibile) presenta, pur tuttavia, rispetto alla piu` ampia categoria che la comprende, una differenza specifica ravvisabile nella causa, diversa affatto rispetto a quella contrattuale; cio` che ha indotto molti a definirla come ‘‘clausola-precetto’’ ed a riconoscerle i tratti di una fattispecie completa di tutti gli elementi necessari per la produzione dell’effetto predisposto dall’ordinamento. Essa, in altri termini, andrebbe con- siderata quale ‘‘clausola-negozio’’ perche´, pur inserita in un ampio contesto contrattuale, rivelerebbe una propria individualita` sostanziale ed una causa del tutto diversa rispetto a quella contrattuale».
(25) Il vocabolo «spedizione», infatti, significa «invio a destinazione per mezzo di posta o di servizio analogo» (DEVOTO e OLI, Vocabolario illustrato della lingua italiana, 159 rist., Milano, 1980, 1146).
(26) Sul punto, va peraltro considerato che, in materia, vige il favor conduc- toris (come dimostra la circostanzache, mentre ilconduttore puo` recedere dal contratto per gravi motivi – art. 3, 6º co., l. n. 431/1998 – il locatore non puo` recedere prima della scadenza contrattuale). Puo` registrarsi una disparita` e/o ‘‘asimmetria’’ tra i due protagonisti del rapporto, le regole legali essendo ri- volte a proteggere una delle parti del contratto, considerata piu` debole. Tale argomento poteva essere tenuto presente dalla Cassazione, atteso che, nella specie, si trattava proprio di apprestare una tutela poziore al conduttore che, comunque, aveva inviato tempestivamente la disdetta, ma, ciononostante, e` stato penalizzato per la tardiva ricezione della stessa da parte del locatore.
Il rilievo svolto dal profilo ermeneutico e` parso, infatti, piu` ‘‘de- clamato’’, che non decisivo per dipanare la questione concreta.
6. Il patto contrario alla recettizieta` della disdetta
Ma non e` tutto.
Nella sentenza annotata si afferma altres`ı che la «naturale» re- cettizieta` del negozio unilaterale disdetta puo` essere derogata da
«un patto contrario, essendo la materia relativa a diritti disponi- bili».
E fin qui, all’apparenza, nulla di poco chiaro, se non che: a) la giurisprudenza – seppure di merito – ha nel passato evidenziato come la clausola contrattuale che, in deroga alla previsione nor- mativa, disponga come, nel termine previsto, la comunicazione di disdetta debba semplicemente essere consegnata alla posta, sia da considerarsi radicalmente nulla e automaticamente sosti- tuita (ex art. 1339 c.c.) con la disciplina legale(27); b) nella sen- tenza in commento, la Cassazione non specifica in che cosa do- vrebbe consistere tale accordo derogatorio.
Nel caso in esame, la clausola regolante la disdetta prevedeva lo
«invio» della stessa entro il termine ivi stabilito, ma cio`, secondo quanto si evince dalla pronuncia della Suprema Corte, non inte- grerebbe il patto contrario.
A questo punto, in mancanza di ulteriori specificazioni, non resta che pensare come l’accordo contrario alla (naturale) recettizieta` della disdetta debba ‘‘materializzarsi’’ in una clausola ad hoc che preveda, expressis verbis, una deroga al piu` generale ‘‘statuto’’ della recettizieta` della disdetta di un contratto di locazione.
Le parti dovranno pero` aver cura di non utilizzare espressioni equivoche e, semmai, contemplare siffatta deroga come una vera e propria ‘‘rinuncia’’ alla recettizieta` della disdetta.
In mancanza, il loro patto contrario sarebbe valutato inefficace e ritenuto inutiliter datum perche´ contravveniente al principio di recettizieta` che, in questa prospettiva, viene ad assumere quasi il ruolo di ‘‘norma imperativa’’, attese le difficolta` a derogarvi, no- nostante si sia in materia – per quanto evidenziato dalla stessa Cassazione – «relativa a diritti disponibili».
7. La recettizieta`: forza «dirimente» e «unificante» di una categoria
Le – pur brevi – osservazioni svolte possono consentire di racco- gliere qualche considerazione finale che permetta di evidenziare due connotazioni che la categoria della recettizieta` pare assume- re nella prospettiva oggetto di esame.
La prima, che potrebbe dirsi particolare, in quanto specificamen- te relativa alla pronuncia della Cassazione commentata, e la se- conda, piu` generale, se non altro per la piu` ampia valenza che essa attribuisce alla recettizieta`.
In ordine alla prima, dalla rapida disamina della sentenza e` emerso come la soluzione della questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte sia scaturita, sostanzialmente, dalla qualifi- cazione della disdetta di un contratto di locazione quale atto unilaterale recettizio.
Xxxx, come pure si e` sottolineato, la formulazione letterale della clausola del contratto che regolava la disdetta, pur essendo stata richiamata quale fondamentale ratio decidendi, non ha concre- tamente determinato l’esito della pronuncia.
Ai fini della decisione, infatti, di fronte ad un’interpretazione non proprio pacifica della clausola, la Cassazione si e` ‘‘servita’’ della recettizieta` della disdetta.
Puo` sul punto affermarsi che la soluzione data dalla Suprema Corte e` ‘‘figlia’’ della categoria della recettizieta`, in quanto la tar- divita` e conseguente inefficacia della disdetta ha costituito non altro che la logica e giuridica conseguenza della natura recettizia dell’atto in questione.
La disdetta, quale atto recettizio, per produrre gli effetti suoi propri, doveva essere portata tempestivamente a conoscenza o, comunque, nella conoscibilita` del destinatario.
Ma tale dato era indiscusso, dal momento che la societa` locatrice aveva ricevuto la lettera raccomandata di disdetta proveniente dalla conduttrice tardivamente rispetto al termine previsto.
Ebbene, in relazione alla decisione annotata, la recettizieta` sem- bra aver svolto un ruolo «dirimente», rappresentando, forse, l’ef- fettiva ragione che ha permesso di sciogliere il nodo dubitativo che la clausola contrattuale disciplinante la disdetta, oggettiva- mente, in virtu` della sua equivoca formulazione letterale, pone- va.
Peraltro, un’ulteriore riflessione concernente la recettizieta` puo` essere svolta.
Si e` gia` rilevato come – nella materia delle locazioni – disdetta, recesso, licenza possano creare problemi di distinzioni e delimi- tazioni reciproche, che, pero`, paiono trovare nella recettizieta` concetto in grado di comprenderle sotto un minimo comune denominatore.
In questa prospettiva, la recettizieta` assurge al ruolo di vera e propria categoria generale, in quanto capace di accomunare fi- gure che, per altri aspetti, risultano presentare note di peculiarita` che possono condurre a differenziarle.
La recettizieta`, dunque, costituirebbe un esempio emblematico della funzione ‘‘ordinante’’ e di ‘‘sistematizzazione’’ alla quale puo` assolvere un concetto che ascenda al ruolo di categoria ge- nerale(28).
Anche nella piu` moderna concezione del diritto, tesa a liberarsi del ‘‘fardello’’ della categoria, la sentenza oggetto di commento sembrerebbe pertanto dimostrare come le corti giudicanti, al fine di dirimere una questione concreta, continuino a fare uso di categorie dotate di un certo grado di astrattezza.
In fondo, il messaggio piu` ‘‘rivoluzionario’’ (rispetto alla odierna teorica del diritto) che pare provenire dalla decisione annotata potrebbe essere espresso in questi termini: l’interprete non puo` fare a meno di concetti generali.
Riprova sarebbe rappresentata dalla categoria della recettizieta`, della quale, in riferimento alla tematica della disdetta di un con- tratto di locazione, la sentenza qui commentata ha portato ad emersione la forza «dirimente» ed «unificante». &
(27) Cos`ı Trib. Milano, 22.12.1983, in Rep. Foro it., 1984, Locazione, 298; e Pret. Monza, 23.10.1986, in Arch. locazioni, 1986, 693.
(28) In proposito, non puo` omettersi la citazione del classico e mai datato saggio di X. XXXXXXXXX, La categoria generale del contratto, in Riv. dir. civ., 1991, I, 649 ss.; e in Il contratto. Silloge in onore di Xxxxxxx Xxxx, I, Padova, 1992, 51 ss. (il saggio, integrato e arricchito di nuovi paragrafi, puo` leggersi ora anche in ID., Il diritto comune dei contratti e degli atti unilaterali tra
vivi a contenuto patrimoniale, cit., 31 ss.), ove emerge, a tutto tondo, l’importanza «ordinante» di una categoria generale quale il contratto.
Per una riflessione attuale sulla tematica delle categorie generali, cfr. RE- SCIGNO, Sulle categorie generali del diritto privato, in Diritto civile, I, 1, Le fonti e i soggetti, diretto da Lipari e Xxxxxxxx, Milano, 2009, 185 ss.; LIPARI, Prole- gomeni ad uno studio sulle categorie del diritto civile, in Riv. dir. civ., 2009, I, 515 ss.