DELIBERA N. 56/10/CIR
DELIBERA N. 56/10/CIR
Definizione della controversia Xxxxx/ H3G S.p.A.
L’AUTORITA’,
NELLE riunioni della Commissione per le infrastrutture e le reti del 22 luglio
2010;
VISTA la legge 31 luglio 1997, n. 249, “Istituzione dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo”, in particolare l’articolo 1, comma 6, lettera a), n.14;
VISTA la legge 14 novembre 1995, n. 481, “Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità”;
VISTO l’articolo 84 del decreto legislativo del 1° agosto 2003, n. 259, recante “Codice delle comunicazioni elettroniche”;
VISTA la delibera n.173/07/CONS “Adozione del regolamento per la risoluzione delle controversie insorte nei rapporti tra organismi di telecomunicazioni e utenti” e successive modificazioni e integrazioni;
VISTO il regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, approvato con delibera n. 316/02/CONS del 9 ottobre 2002, e successive modifiche ed integrazioni;
VISTA l’istanza del 21 maggio 2008 (Prot. n. 30177), con la quale il sig. Xxxxx ha chiesto l’intervento dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per la definizione della controversia in essere con la società H3G S.p.A. (qui di seguito “H3G”);
VISTA la nota del 5 giugno 2008 (Prot. n. 33632), con la quale la Direzione Tutela dei Consumatori ha comunicato alle parti, ai sensi dell’articolo 15 del regolamento allegato alla delibera n. 173/07/CONS, l’avvio di un procedimento istruttorio finalizzato alla definizione della deferita controversia, invitando le parti stesse a presentarsi all’udienza per la discussione della questione in data 21 luglio 2008, successivamente rinviata al 19 settembre 2008;
UDITE entrambe le parti nell’udienza del 19 settembre 2008;
VISTI gli atti del procedimento e la documentazione acquisita nel corso dell’istruttoria;
CONSIDERATO quanto segue:
I. Oggetto della controversia e svolgimento istruttorio
Il sig. Xxxxx, titolare di un contratto di telefonia mobile con l’operatore H3G avente ad oggetto l’utenza n. xxxx aderiva ad un piano tariffario (Super Tua Più) che consentiva l’accumulo di credito da autoricarica senza limiti temporali di utilizzazione o di accumulo del credito, ed era altresì privo di qualsivoglia tetto massimo relativamente agli importi potenzialmente accantonabili dai clienti.
L’operatore, con un sms del 5 ottobre 2007, comunicava a parte della clientela aderente al summenzionato piano tariffario – incluso il sig. Xxxxx - che il credito maturato mediante autoricarica sarebbe scaduto il 31 dicembre dello stesso anno. Questo è il tenore letterale del messaggio: “Il credito accumulato entro il 31.12.2006 con autoricariche, bonus e ricariche omaggio sarà utilizzabile fino al 31.12.2007. Per info chiami il 4940” .
A fronte di tale messaggio, l’utente, in data 24 ottobre 2007, provvedeva ad inviare formale reclamo tramite e-mail, ingiungendo al gestore telefonico di restituire l’intero ammontare del credito posto in scadenza. L’operatore riscontrava predetto reclamo, con e-mail del 26 ottobre 2007, ricostruendo puntualmente la vicenda e motivando il non accoglimento della doglianza dovuta alle innovazioni apportate al quadro normativo e regolamentare dalla “Legge Bersani”. Non soddisfatto dei riscontri ottenuti, il sig. Xxxxx inviava nuovo reclamo tramite raccomandata A/R, ricevuto da H3G in data 30 ottobre 2007.
Tale ultima segnalazione è rimasta priva di riscontro e, pertanto, l’istante, all’esito di un tentativo di conciliazione non andato a buon fine, si è rivolto a questa Autorità lamentando il mancato rispetto della normativa di settore da parte dell’operatore e l’errata interpretazione da parte della H3G della “Legge Bersani”. Xxxxxxxx Xxxxx, a detta dell’istante, non ha introdotto nessuna distinzione tra credito telefonico acquistato e credito telefonico frutto di bonus maturati dal cliente, né, come nel caso di specie, può avere effetti retroattivi per piani tariffari sottoscritti prima della sua entrata in vigore. All’atto della sottoscrizione contrattuale nel 2005, di fatto, le condizioni contrattuali non prevedevano alcuna differenza tra credito acquistato e credito proveniente da autoricarica considerando
quest’ultimo come credito effettivo avente natura monetaria e come tale accreditato al cliente a fronte del traffico ricevuto.
Su questa linea, l’utente ha formulato le richieste di seguito riportate: a) la restituzione, mediante accredito sulla propria utenza, del credito residuo maturato con meccanismi di autoricarica pari ad euro 983,00 (importo risultante dai sistemi informativi di H3G e riconosciuto dall’utente in sede d’udienza dinnanzi a questa Autorità), messo in scadenza in data 31.12.2007; b) la corresponsione di un indennizzo per mancata risposta al reclamo inoltrato all’operatore in data 26 ottobre 2007 e ricevuto in data 30 ottobre 2007; c) la corresponsione di un rimborso per le spese di procedura.
La società H3G S.p.A., nel corso dell’udienza del 19 settembre 2008, ha giustificato puntualmente il proprio operato, mettendo in rilievo che l’operazione di scadenza del credito ha riguardato un numero limitato di clienti, i quali avrebbero utilizzato il servizio in modalità non adeguata ad un uso normale dell’utenza telefonica, generando un traffico autoricaricato molto elevato.
In merito al credito da autoricarica, l’operatore ha aggiunto, altresì, che la Legge n. 40 del 2007 ha introdotto la netta distinzione tra credito telefonico, acquistato dal cliente (che non ha scadenza) e credito telefonico non acquistato, frutto di promozioni, bonus o di meccanismi di autoricarica che può, invece, avere scadenza. La definizione consentirebbe, pertanto, di individuare in modo trasparente e non equivoco l’esatto importo di cui il cliente può ottenere il rimborso in caso di recesso/disattivazione o di richiesta di portabilità del numero e cioè il solo credito “acquistato” con esclusione del credito derivante dai meccanismi di autoricarica.
La medesima società, con riferimento alla doglianza per la mancata risposta al reclamo ha dichiarato di contestare e respingere “ogni addebito inveritiero circa la mancata risposta al reclamo presentato con riferimento alla presente tematica; invero, vi sono innumerevoli e-mail provenienti dal sig. Xxxxx cui H3G ha dato risposta, tra cui lo scambio mail con risposta H3G prodotto dall’istante…. Si fa inoltre presente che il dialogo tra il cliente e H3G sulla questione del credito posto a scadenza è stato costante ed è culminato, in data 27.12.2007, con l’espletamento del tentativo di conciliazione…”.
II. Motivi della decisione
Da un’attenta analisi del caso di specie, emerge che la richiesta di parte istante merita un parziale accoglimento, considerato che non sono riscontrabili elementi di scorrettezza nella
condotta del sig. Xxxxx, il quale ha fatto del servizio telefonico un utilizzo conforme al regolamento contrattuale.
Di contro, diversi sono i profili di illegittimità ravvisabili nella condotta tenuta dall’operatore nel corso dell’esecuzione del rapporto contrattuale.
Nel dettaglio, la valutazione della fattispecie che ci occupa è incentrata sulla problematica riguardante la legittimità dell’iniziativa della “messa in scadenza” del credito da autoricarica maturato entro il 31.12.2006.
Su tale questione l’operatore H3G ha evidenziato che, in sostanza, la maturazione di somme notevolmente ingenti da parte dell’utente sembra derivare da un utilizzo improprio dell’utenza telefonica, in contrasto con il divieto contrattuale di uso dei servizi a scopo lucro prescritto dall’art. 12 delle Condizioni generali di abbonamento.
Con riferimento alle argomentazioni addotte dal gestore a supporto della propria posizione, rileva in questa sede evidenziare che, al tempo della costituzione del rapporto contrattuale, nessuna clausola indicava limitazioni circa l’utilizzazione del credito residuo accumulato, né lo differenziava in alcun modo rispetto a quello frutto di versamento diretto di somme di denaro a favore del gestore.
A ciò si aggiunga che la disciplina contrattuale, prevedendo apposite forme di autotutela, avrebbe consentito all’operatore di disporre rimedi quali la sospensione dei servizi ovvero la risoluzione del contratto per usi anomali o a scopo di lucro, conformemente a quanto disposto dall’art. 18 e dall’art. 20 delle Condizioni Generali di contratto. Non può trascurarsi, pertanto, la circostanza che la società H3G S.p.A., pur potendo, non ha attivato quelle clausole che le avrebbero permesso di tutelarsi per tempo senza far sorgere equivoci né aspettative di sorta rispetto ad un comportamento del cliente indubbiamente anomalo, che però era già oggettivamente riscontrabile da tempo.
Sotto altro profilo interpretativo, poi, si deve aggiungere che l’assenza originaria, nel piano Super Tua Più, di qualsivoglia tetto massimo o limite per l’autoricarica e la recente previsione di tetti di autoricarica che ancora permettono l’accumulo di somme rilevanti, rappresentano un indice della volontà originaria del gestore di consentire accumuli anche ingenti di credito da autoricarica. Tali caratteristiche hanno reso tali piani tariffari particolarmente “appetibili” per una parte di clientela, consentendo al gestore di realizzare una campagna di acquisto clienti evidentemente vantaggiosa.
Si deve, quindi, ritenere che il comportamento tenuto dal gestore, che avrebbe dovuto essere improntato a diligenza e perizia qualificate per evitare il verificarsi di situazioni quali quella in esame, è stato per contro lungamente connotato da inerzia, per poi manifestarsi con una soluzione che appare ingiustificata e sproporzionata, qual è quella del netto rifiuto di restituire l’intero ammontare del credito generato da meccanismi di autoricarica.
Da ciò deriva che l’eccezione del gestore relativa all’uso anomalo rilevato non può trovare integrale accoglimento, poiché la società H3G S.p.A., dopo aver comunque tratto tutto il
possibile vantaggio dallo svolgimento del rapporto, beneficiando del traffico generato dal cliente e lucrando, ovviamente, sotto il profilo dei prezzi di terminazione, con il disconoscimento del credito da autoricarica ha mirato a riservare a sé tutti i vantaggi del contratto e a liberarsi di tutti i correlativi oneri.
Fermo quanto sopra, elemento dirimente ai fini della soluzione del caso che ci occupa è la valutazione della condotta del sig. Xxxxx al fine di stabilire se lo stesso abbia fatto un utilizzo del servizio telefonico pienamente conforme al regolamento contrattuale ed alla causa del contratto di abbonamento telefonico, che dovrebbe identificarsi in uno scambio tra un servizio di comunicazione interpersonale ed un corrispettivo.
Se è vero, infatti, che le decisioni del gestore relative alle soglie di autoricarica, o ad altre offerte che invoglino al consumo, possono essere sindacate per valutare eventuali carenze di trasparenza nelle collegate condizioni sull’utilizzo tecnico/economico dei servizi, non può seriamente ritenersi che la mancanza di un tetto massimo di autoricarica mensile nella prima formula del piano tariffario Super Tua Più equivalesse a legittimare qualsiasi forma di uso (o abuso) dell’utenza telefonica, a prescindere dalla naturale funzione economico- sociale del contratto, che consiste nello scambio tra un servizio di comunicazione interpersonale ed un corrispettivo, e non nell’autoricarica. Una simile affermazione, infatti, negherebbe in radice le regole basilari della società civile, in pratica presupponendo che l’assenza di un idoneo controllo legittimi qualsiasi comportamento.
Da ciò deriva anche l’ulteriore, evidente, considerazione che, in ogni caso, anche la previsione di un tetto in ipotesi elevato, per sua stessa definizione e natura, non implica affatto la necessità del suo costante raggiungimento da parte degli utenti in violazione delle più elementari regole di buona fede nella esecuzione del contratto, in ossequio a quanto prescritto dal combinato disposto degli artt. 1337, 1175 e 1375 del c.c.. L’obbligo di attenersi al rispetto della buona fede, fondato sul dovere di solidarietà di cui all’art. 2 del Costituzione, impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra, anche a prescindere dagli specifici obblighi contrattuali e dal dovere extracontrattuale del neminem laedere. In via generale, secondo un orientamento giurisprudenziale consolidato, “la buona fede nell’esecuzione del contratto si sostanzia in un generale obbligo di solidarietà che impone a ciascuna delle parti di agire in modo da preservare gli interessi dell’altra a prescindere tanto da specifici obblighi contrattuali, quanto dal dovere extracontrattuale del neminem laedere, trovando tale impegno solidaristico il suo limite precipuo unicamente nell’interesse proprio del soggetto, tenuto, pertanto, al compimento di tutti gli atti giuridici e/o materiali che si rendano necessari alla salvaguardia dell’interesse della controparte nella misura in cui essi non comportino un apprezzabile sacrificio a suo carico” (ex pluribus, Xxxx., 15.02.2007 e Cass., 11.01.2006, n. 264).
Nel caso in esame, tra l’altro, l’utente Xxxxx aveva anche aderito ad obblighi contrattuali che ponevano limiti espressi: l’art. 12, comma 3, delle Condizioni Generali applicabili,
infatti, stabiliva che “Il cliente si impegna a non utilizzare o far utilizzare, direttamente o indirettamente, i servizi per scopo di lucro, anche indiretto”, mentre i successivi articoli 18 e 20 implicavano un divieto più generico di “ogni altro caso di uso improprio o illegittimo del servizio”, prevedendo la facoltà del gestore di sospendere o risolvere il contratto.
Pure il messaggio pubblicitario originariamente diffuso, tra l’altro, implicava chiaramente un uso bidirezionale dell’utenza, naturalmente anche solo potenziale. La locuzione “parlare praticamente gratis” utilizzata dal gestore, infatti, presupponeva con tutta evidenza un’attività di traffico in uscita, tant’è che la promessa di gratuità fu giudicata ingannevole dall’Autorità garante per la concorrenza e il mercato (provvedimento n. 16010 del 27 settembre 2006) anche perché vi erano una serie di oneri che riducevano “notevolmente la possibilità per il cliente di riuscire a compensare il costo del traffico in uscita con quello in entrata” (per esempio lo scatto alla risposta).
Non vi è dunque alcuno spazio per ritenere che il piano tariffario, per quanto contraddistinto da un’accattivante logica di autoricarica, potesse essere usato come strumento di accumulo di denaro tramite la sola ricezione ininterrotta di traffico voce o dati.
Alla luce di tali affermazioni, pertanto, ed in applicazione delle norme contrattuali citate, è necessario valutare se nel periodo di riferimento vi siano stati episodi di utilizzo del servizio da parte dell’utente non conforme alla causa dell’accordo sottoscritto, vale a dire alla sua funzione economico-sociale, secondo un’interpretazione di buona fede dell’offerta commerciale nel suo complesso, così come pubblicizzata dal gestore.
Da ciò deriva che l’istante può avere diritto esclusivamente al riconoscimento di un importo di credito che sia compatibile con il regolamento pattizio e con l’economia del relativo contratto, improntati ad un canone di “uso normale” e ragionevole del servizi.
Nella definizione concreta di questo canone, l’Autorità è tenuta peraltro a valutare i peculiari equilibri economici propri dello specifico rapporto in tutta la complessità dei loro risvolti, non circoscrivendoli ai soli elementi formali e tecnici della fattispecie secondo un parametro di giustizia sostanziale del caso concreto.
Rileva, allora, al di là delle abitudini nell’uso dei servizi descritte dall’utente, sopra riassunte, il contegno dell’operatore successivo alla stipula, che – come già illustrato – non ha per lungo tempo azionato le clausole pattizie che gli avrebbero permesso di tutelarsi, lasciando che l’istante accumulasse credito anche ingente (ed anzi prevedendo nei successivi Piani Tariffari limiti di autoricarica mensile decisamente elevati, con ciò evidentemente permettendo l’insorgenza di un’aspettativa per l’utente). Sotto quest’ultimo profilo, inoltre, importa, inoltre, ricordare il canone del Codice civile di cui all’art. 1370, che impone di risolvere a carico del contraente che predispone le Condizioni Generali di Contratto le ambiguità del loro testo, ivi compresa, nel caso specifico, quella connessa al
richiamo del solo generico divieto di perseguire uno scopo di lucro, privo di qualsivoglia riferimento a soglie massime di utilizzazione e a scadenze predeterminate.
Nella specifica vicenda, pertanto, il parametro da applicare ai fini di una concreta ed equa determinazione dell’ammontare del credito da autoricarica da corrispondere all’utente risiede nella valutazione del contratto alla stregua del suo uso normale del servizio da parte del cliente medio residenziale del servizio telefonico, avuto riguardo alla naturale destinazione di quest’ultimo, consistente nella comunicazione interpersonale e non nell’autoricarica.
Si tratta di un criterio che, oltre ad essere usualmente adoperato per valutare la consistenza delle condotte di abuso del diritto (ex multiis, Cass., sez. III, 15.04.2004, N. 7169; 18.6.1991, N. 6896), è suggerito dalle stesse condizioni generali di contratto, le quali, in diverse disposizioni lo considerano quale parametro al quale si ancorano alcune conseguenze contrattuali.
Come già anticipato, inoltre, l’art. 12.3 delle condizioni generali di contratto vieta al cliente di utilizzare il servizio per scopo di lucro, anche indiretto. Non può che ridursi, di conseguenza, l’importo che può essergli riconosciuto, nella misura in cui esso è stato il frutto di una condotta eccedente le soglie compatibili con il regolamento pattizio e con l’economia del relativo contratto.
Nella fattispecie in oggetto, deve rilevarsi che, sulla base di un’attenta valutazione e disamina delle informazioni rese dalle parti, deve escludersi il denunciato utilizzo del servizio “in modalità non adeguata ad un uso normale dell’utenza telefonica”, che avrebbe giustificato, anche nei confronti del sig. Xxxxx, secondo la ricostruzione della Società, l’operazione di “messa in scadenza” del credito autoricaricato. Gli importi di autoricarica accumulati dall’istante, infatti, sono stati maturati in un periodo abbastanza lungo e risultano decisamente non significativi ai fini del preteso uso anomalo dell’utenza, se rapportati alle logiche di autoricarica applicate (0,04 euro per ogni sms ricevuto off net e 0,010 euro per ogni minuto di traffico ricevuto off net), nel senso che gli stessi equivalgono alla ricezione di una quantità di traffico o dati compatibile con un uso normale e ragionevole dell’utenza.
A supporto dell’assunto che si sta sostenendo, si consideri che, nel caso di specie, il criterio dell’uso normale del diritto, conformemente ai parametri già utilizzati da questa Autorità nella Delibera n. 11/09/CIR, può essere individuato, per l’utenza interessata dall’operazione di messa in scadenza del credito, in 6 ore giornaliere di traffico in sola ricezione, pari ad euro 1.080,00 di autoricarica mensile.
Tanto, in considerazione:
- delle caratteristiche specifiche dell’offerta, contraddistinta da una logica di autoricarica molto accattivante per gli utenti che certamente invogliava alla ricezione, pur senza prevedere limiti mensili;
- del fatto che l’utenza in ricezione era una;
- del fatto che, in ogni caso, qualsiasi utente, durante la vita quotidiana, compie attività molteplici ed ulteriori rispetto all’utilizzo dei servizi di comunicazione interpersonale; della ragionevolezza della presunzione di più pause giornaliere nell’uso dei servizi, di cui una notturna di perlomeno 7 ore.
Applicando la soglia di 1.080,00 euro mensili, emerge con palmare evidenza che, nel periodo in contestazione, tale soglia non è mai stata superata dal sig. Xxxxx. Non si ravvisa dunque la prova del lamentato scopo di lucro nell’utilizzo del servizio da parte dell’utente. Alla luce di tali affermazioni, pertanto, ed in applicazione delle norme contrattuali citate, si ritiene che, nel periodo in contestazione, l’utilizzo del servizio sia stato conforme alla causa dell’accordo sottoscritto, vale a dire alla sua funzione economico-sociale, secondo un’interpretazione di buona fede dell’offerta commerciale nel suo complesso, così come pubblicizzata dal gestore.
Da ciò deriva che la domanda di restituzione del credito da autoricarica formulata dall’utente deve trovare pieno accoglimento.
Per quanto concerne, da ultimo, la richiesta dell’istante per la mancata risposta al reclamo ricevuto dall’operatore in data 30 ottobre 2007, deve evidenziarsi che la nota in parola risulta essere una mera reiterazione delle doglianze precedentemente manifestate dall’utente a cui la società H3G S.p.A. ha fornito tutte le dovute risposte tramite lo scambio di e-mail prodotto dallo stesso sig. Xxxxx e presente agli atti.
Pertanto la domanda relativa alla corresponsione di un indennizzo per la mancata risposta al reclamo non può trovare accoglimento.
CONSIDERATO, per quanto precede, che la domanda proposta dal sig. XXX Xxxxx sia da accogliere con affermazione del diritto dello stesso alla restituzione, sotto forma di bonus di traffico non monetizzabile, dell’intero ammontare del credito derivante da autoricarica, non utilizzato alla data del 31.12.2007;
CONSIDERATO che tale importo del credito da autoricarica dovrà essere accreditato sull’utenza n. xxxx o su altra utenza intestata all’istante, attiva con la società H3G S.p.A.;
RITENUTO, infine, che, per quanto concerne le spese di procedura, sia equo liquidare in favore dell’istante l’importo omnicomprensivo di Euro 100,00, ai sensi dell’articolo 19, comma 6, della delibera n.173/07/CONS, in considerazione del fatto che l’istante ha dovuto sostenere delle spese di rappresentanza e che sia la procedura di conciliazione che di definizione si sono svolte nella medesima città di residenza del delegato;
RITENUTO che l’indennizzo e/o i rimborsi riconosciuti dall’Autorità all’esito della procedura devono soddisfare, ai sensi dell’art. 84 del codice delle comunicazioni elettroniche, il requisito dell’equità, e pertanto tenere indenne l’istante dal decorso del tempo necessario alla definizione della procedura;
VISTA la proposta della Direzione Tutela dei Consumatori;
UDITA la relazione del Commissario Xxxxxxx Xxxxxx, relatore ai sensi dell'articolo 29 del Regolamento per l'organizzazione ed il funzionamento;
1) La società H3G S.p.A., in parziale accoglimento dell’istanza formulata in data 21 maggio 2008 dal sig. Xxxxx, è tenuta ad accreditare sull’utenza n. xxxx o su altra utenza intestata all’istante, attiva con il gestore, la somma di euro 983,00, sotto forma di bonus di traffico non monetizzabile, corrispondente all’ammontare del credito da autoricarica non utilizzato dall’utente e posto in scadenza alla data del 31.12.2007;
2) La Società è tenuta, altresì, a corrispondere all’utente, mediante assegno bancario, la somma di euro 100,00 quale rimborso delle spese sostenute dall’utente stesso per l’esperimento del tentativo di conciliazione e per lo svolgimento della presente procedura, ai sensi dell’art. 19, comma 6, della Delibera n. 173/07/CONS;
3) Le somme suddette dovranno essere maggiorate della misura corrispondente all’importo degli interessi legali calcolati a decorrere dalla data di presentazione dell’istanza di risoluzione della controversia.
E’ fatta salva la possibilità per l’utente di richiedere in sede giurisdizionale il risarcimento dell’eventuale ulteriore danno subito, come previsto dall’articolo 11 comma 4 della delibera n. 179/03/CSP.
Ai sensi dell’articolo 19, comma 3, della delibera n.173/07/CONS il provvedimento di definizione della controversia costituisce un ordine dell’Autorità ai sensi dell’articolo 98, comma 11, del decreto legislativo 1 agosto 2003 n.259.
La presente delibera è notificata alle parti, pubblicata nel Bollettino ufficiale dell’Autorità ed è resa disponibile sul sito web dell’Autorità.
La società è tenuta, altresì, a comunicare a questa Autorità l’avvenuto adempimento alla presente delibera entro il termine di 60 giorni dalla notifica della medesima.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 26, della legge 31 luglio 1997, n. 249, il presente atto può essere impugnato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, in sede di giurisdizione esclusiva.
Ai sensi dell’articolo 23 bis, comma 2, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 e successive integrazioni e modificazioni, il termine per ricorrere avverso il presente provvedimento è di 60 giorni dalla notifica del medesimo.
Roma, 22 luglio 2010 IL PRESIDENTE
Xxxxxxx Xxxxxxx
Per visto di conformità a quanto deliberato IL SEGRETARIO GENERALE