Actualidad Jurídica Iberoamericana Nº 16, febrero 2022, ISSN: 2386-4567, pp. 938-961
FUNZIONE E LIMITI DELL’AUTONOMIA PRIVATA NEI
CONTRATTI TRANSNAZIONALI
THE SCOPE AND LIMITS OF PARTY AUTONOMY IN
INTERNATIONAL CONTRACTS
Actualidad Jurídica Iberoamericana Nº 16, febrero 2022, ISSN: 2386-4567, pp. 938-961
Xxxxxxx XXXXXX
ARTÍCULO RECIBIDO: 00 xx xxxxxxxxx xx 2021 ARTÍCULO APROBADO: 10 de enero de 2022
RESUMEN: Ci si chiede se lo stile con cui vengono redatti i contratti transnazionali possa effettivamente favorire un’interpretazione maggiormente aderente al testo contrattuale. Nella pratica, specialmente in quella internazionale, non pare si possa dubitare che un’accorta applicazione delle tecniche di protezione letterale del contratto possa risultare utile allo scopo.
PALABRAS CLAVE: Autonomia privata; contratto internazionali; tecniche di protezione letterale del contratto.
ABSTRACT: The question arises as to whether the drafting style in which international contracts are drafted can actually encourage a literal interpretation. In practice, especially in the international context, there seems to be no doubt that a careful application of the techniques of literal protection of the contract can be useful for this purpose.
KEY WORDS: Party autonomy; international contract; drafting style.
SUMARIO.- I. POSIZIONE DEL PROBLEMA.- II. IL CONTRATTO DEL TERZO MILLENNIO NEL MERCATO GLOBALE.- III. PROFILI DI INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO “APOLIDE”.- IV. LA BARRIERA DEL DIRITTO NAZIONALE APPLICABILE: LE MANDATORY RULES.- V. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE.
I. POSIZIONE DEL PROBLEMA.
Nel contesto dei contratti c.d. transnazionali ci si chiede quanto - e in che misura - le tecniche di redazione dei modelli contrattuali in uso siano davvero in grado di proteggere il contenuto del contratto dalle “interferenze” della legge applicabile1.
È noto che il contratto che si usa definire “transnazionale” ambisce ad essere senza Stato (o oltre lo Stato): mira a rendersi “apolide”. Non vi è univocità di posizioni sul carattere trans-nazionale (o internazionale) del contratto. Certamente esso riguarda persone fisiche o giuridiche appartenenti a Stati diversi. Ma l’accostamento all’aggettivo “transnazionale” dà comunque luogo ad una formula all’apparenza ambigua: se si guarda alla manualistica si fa tradizionalmente riferimento a quelle fattispecie contrattuali caratterizzate da «elementi di estraneità al diritto locale», dunque non destinate ad esaurirsi nell’ambito di unico ordinamento statale2. Le soluzioni adottate sia dalle legislazioni nazionali che internazionali fanno solitamente riferimento ad altri criteri, quali la residenza (habitual residence) o domicilio (place of business) delle parti; oppure si affidano ad aspetti più generali quali, ad esempio,
«significant connections with more than one State»; «involving a choice between the laws of different States»; oppure «affecting the interests of international trade».
Va detto, anticipando le conclusioni, che il cosiddetto contratto “senza legge”, ossia quel contratto che nella sostanza ambisce a divenire completamente autosufficiente, risulta essere una chimera, perché in caso di controversia sarà sempre necessario individuare il diritto applicabile (applicable law), sia esso una legge nazionale, internazionale o un diritto a-nazionale.
Ma d’altro canto è vero anche che la disciplina dei rapporti del commercio internazionale è regolata attraverso un ampio impiego dell’esercizio dell’autonomia
1 Per maggiori approfondimenti si rinvia a Il contratto “apolide”. La contrattazione transnazionale nel mercato globale (a cura di X. XXXXXX), Edizioni ETS, Pisa, 2019, in part. pp. 39 ss. e 123 ss.
2 Per la manualistica italiana vid., per tutti, TORSELLO, M., XXXXXXXX, A.: “Il contratto internazionale. Diritto comparato e prassi commerciale”, Tratt. dir. comm. e dir. pubbl. economia (diretto da X. XXXXXXX), 2010, II ed., vol. XII, 2010, in part. pp. 103 ss.
• Xxxxxxx Xxxxxx
Ricercatore di diritto privato
Università degli studi di Bergamo – xxxxxxx.xxxxxx@xxxxx.xx
privata; e la funzione normativa dell’autonomia privata delle parti si prefigge proprio l’obiettivo di costruire un contratto autosufficiente e autoregolato, capace di produrre i suoi effetti anche al di fuori di uno specifico sistema ordinamentale.
In questa prospettiva le parti intendono, per così dire, “denazionalizzare” il contratto e sottrarlo alla disciplina del diritto nazionale dell’uno o dell’altro contraente. A questo scopo le parti trovano utile inserire clausole volte a proteggere l’integrità del documento scritto: si pensi all’uso di preamboli che raccontino dei rispettivi interessi dei contraenti in previsione del programma negoziale, all’inserimento di clausole di definizione dei termini del contratto o di clausole di completezza dell’accordo scritto (merger clauses), oppure, ancora, a clausole che impediscano la modifica dell’accordo così come consacrato nel contratto finale se non attraverso un altro, successivo documento scritto (no oral modification clauses).
Il modello contrattuale in uso nel commercio transnazionale è costruito sul prototipo angloamericano3. Del resto, è utile soltanto ricordare che questi modelli contrattuali sono frutto di un’esperienza consolidata; l’utilizzo di questi modelli consente alle imprese di impostare le loro strategie ed effettuare precisi calcoli volti all’ottimale allocazione del rischio dell’affare; rischio che assume dimensioni ancor maggiori se si considera che sulla base di un primo contratto le imprese stipulano ulteriori accordi (ad esempio, di finanziamento, di assicurazione, di cessione e via dicendo) che le vincolano anche nei confronti di altri soggetti terzi. Ed è proprio la gestione del rischio il perno su cui fa leva la scelta di adottare uno schema contrattuale uniforme4.
In ogni modo, la logica sottesa alle tecniche di drafting contrattuale in uso nel panorama internazionale, ricalcanti il modello angloamericano, è quella di limitare quanto più possibile – nella prospettiva di un’aspirazione all’autosufficienza
– l’integrazione del contratto ad opera di fonti eteronome e vincolare altresì l’interprete al voluminoso corpo regolamentare creato dalle parti, in cui vorrebbe essere contenuto tutto il loro affare, caratterizzato dalla presenza di clausole interpretative dirette a guidare l’operazione ermeneutica del giudice5.
3 Tale modello è adottato sempre più anche nei contratti domestici fra imprese. Nello specifico ambito dei contratti d’impresa è ben risaputo come i consulenti delle imprese non elaborino ex novo un contratto, ma le trattative vengano instaurate sulla base di un testo contrattuale preesistente, al quale vengono apportate aggiunte o modifiche in base alle esigenze del caso concreto. Il contratto di oggi – per usare le parole di Xxxxxxx Xx Xxxx – si dice perciò conforme ad un modello e costituisce «un patrimonio comune dei consulenti di entrambe le parti» che ambisce «a regolare esaustivamente i rapporti fra i contraenti» (così, DE NOVA, G.: Il contratto alieno, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2009, p. 63).
4 Cfr. XXXXXXX-XXXX, X.: “Does the use of common law contract models give rise to a tacit choise of law or to harmonised, transnational interpretation?”, in ID.: Boilerplate Clauses, International Commercial Contracts and the Applicable Law, Cambridge University Press, Cambridge, 2011, pp. 37 ss., spec. pp. 50 ss.
5 Per ulteriori approfondimenti sul tema vid. XXXXXXXX, X., XXXXXX, X.: Drafting and Negotiating Commercial Contracts, Bloomsbury, London, 2011, III ed.; XXXXXXX, S.J.: Drafting and Analyzing Contracts: A Guide to the Practical Application of the Principles of Contract Law, Carolina Academic Press, Charlottesville, 2003, III ed.
II. IL CONTRATTO DEL TERZO MILLENNIO NEL MERCATO GLOBALE.
Il paradigma contrattuale da cui trae origine il fenomeno di cui si discute si colloca sullo sfondo del mercato globale e delle relazioni commerciali internazionali. L’attenzione è perciò rivolta al contratto fra imprese, non a quello del consumatore; gli interessi in gioco sono tipicamente quelli legati al mondo del commercio.
L’avvento del nuovo millennio, in Italia, ha fornito lo spunto alla dottrina per volgere uno sguardo d’insieme al fenomeno contrattuale. Autorevoli studiosi si sono cimentati nel tratteggiare le principali tappe di un lungo, complesso itinerario che ha visto l’istituto del contratto – definito anche quale «principale strumento dell’innovazione giuridica»6 – evolversi e trasformarsi sotto gli impulsi del progresso della società, del mutamento dei mercati e dell’emersione di nuove istanze di giustizia sociale.
È stata raccontata, quasi a mo’ di romanzo7, una storia del contratto in cui sono state pregevolmente scandite le sue “stagioni”: dal contratto costruito sulle fondamenta del codice del 1942 al contratto globalizzato, posto in un’avveniristica dimensione collocantesi tra «post-modernità e complessità»8. Si è dibattuto intorno al concetto, ai significati ed alle funzioni dello strumento contrattuale, dando atto della metamorfosi che il volgere del tempo ha prodotto nel mondo del contratto sino a giungere allo scenario attuale, all’orizzonte dell’oggi. Per tracciarne i connotati occorre rapidamente ricordarne alcune fasi: l’individuazione del processo di eterointegrazione; il controllo sociale delle attività private; l’età della decodificazione; la diffusione dei contratti atipici; l’ascesa del diritto comunitario; l’emergere delle figure di professionista e consumatore, dei contratti dei consumatori e dei contratti d’impresa; i fenomeni della globalizzazione, l’applicazione sempre più estesa della lex mercatoria e l’affermarsi del contratto “alieno”; l’europeizzazione del contratto e l’uniformazione dei principi, i modelli uniformi, le tecniche di redazione uniformi9.
La grande sfida del terzo millennio è vista nell’armonizzazione e nella possibile uniformazione in ambito europeo del diritto contrattuale. Il testo su cui è diretta
Del pari, come anticipato con riferimento alla construction del contratto, l’approccio delle corti inglesi o americane consiste nell’individuare le regole del rapporto in aderenza a quello che le parti hanno stabilito nel contratto, senza l’ausilio di un’organica normativa extra-contrattuale.
6 I contratti del commercio, dell’industria, e del mercato finanziario (diretto da X. XXXXXXX), UTET, Torino, 1995,
p. XXVII.
7 L’osservazione è di FERRI, G.B.: “Le stagioni del contratto e le idee di Xxxxx Xxxx”, Riv. dir. comm. e dir. gen. obblig., 2013, I, pp. 205 ss., nel commento alla recente opera formativa di ALPA, G.: Le stagioni del contratto, Il Mulino, Bologna, 2012, pp. 139 ss.
8 XXXX, X.: “Le stagioni del contratto”, cit.
9 L’elenco che precede è tratto da ALPA, G.: “Le stagioni del contratto”, cit., pp. 28 s. Sono riportate soltanto alcune delle vicende indicate dall’A. che hanno interessato il fenomeno contrattuale.
l’attenzione della dottrina è il Draft Common Frame of Reference (DCFR)10, nel quale i concetti di “libertà contrattuale” e “autonomia delle parti” assumono nuove sfumature di significato, che, almeno in parte, si discostano da quelle tradizionali11.
È dunque della storia recente, o di un segmento di essa, che ci si propone di esaminare talune recenti evoluzioni della disciplina del contratto, sia pur facendo tesoro del suo disegno storico, della storiografia della scienza giuridica che si è occupata del tema, la cui preziosa memoria ci permette oggi di comprendere la modernità dello scenario attuale.
Dall’angolo visuale del diritto, il fenomeno della globalizzazione12 – o mondializzazione – si è affermato sulla scena dei traffici commerciali internazionali, coinvolgendo sia le piccole che le medio-grandi imprese protagoniste del mercato planetario degli scambi commerciali. Le ricadute di tale fenomeno hanno condotto ad un progressivo sgretolamento dell’impalcatura giuridica che sino a ieri aveva sorretto il teatro del mercato diventato, oggi, globale. E in questo scenario, minato dalla crisi dell’istituzione statuale e dalla disgregazione giuridica del rapporto tra norma e legge, la figura del contratto si è disancorata dalle sue non più attuali declinazioni, legate esclusivamente al territorio di un singolo paese, per ritrovare un suo nuovo assetto, generato da una pluralità di fonti non più soltanto nazionali, le quali proiettato il contratto in una dimensione cosmopolita, oltre i confini degli ordinamenti giuridici nazionali.
L’interprete si trova così a dover dismettere i vetusti occhiali del giurista domestico o provinciale, nostalgico custode della purezza del sistema nazionale e dei suoi principi, per indossare le più moderne lenti del giurista “abitante del mondo globalizzato”, sensibile alle correnti del diritto sovranazionale e internazionale, alle esigenze dei mercati e di coloro che vi operano.
10 Outline edition, Xxxxxxx, 0000.
11 XXXX, X.: “Le stagioni del contratto”, cit., p. 168. L’A. osserva che, nella dimensione europea, tali formule si inscrivono non più – o non solo – nella classica cornice del rapporto tra volontà delle parti e volontà della legge, ma tendono ad assumere nuove e più ampie sfumature di significato, la cui espressione è affidata all’interprete con l’ausilio delle fonti esterne al contratto. Si parla, a titolo esemplificativo, di buona fede (integrativa), cooperazione, solidarietà sociale, tutela dei diritti fondamentali.
12 Per ulteriori approfondimenti sul tema della globalizzazione dall’angolo visuale del diritto, vid. IUDICA, G.: “L’influenza della globalizzazione sul diritto italiano dei contratti”, Nuova giur. civ. comm., 2014, II, pp. 143 ss.; ID.: “Globalizzazione e diritto”, Contr. impresa, 2008, pp. 867 ss.; FERRARESE, M.R.: Diritto sconfinato: inventiva giuridica e spazi nel mondo globale, Editori Laterza, Roma-Bari, 2006; XXXXXXX, Y.: Merchands de droit. Le restructuration de l’ordre juridique international par les multinationales du droit, L.G.D.J., Paris, 1992, trad. it. I mercanti del diritto. Le multinazionali del diritto e la ristrutturazione dell’ordine giuridico internazionale (a cura di X. XXXXXXX), Xxxxxxx, Milano, 1997; LA PORTA, U.: Globalizzazione e diritto. Regole giuridiche e norme di legge nell’economia globale. Un saggio sulla libertà di scambio e sui suoi limiti, Xxxxxxx Editore, Napoli, 2005; XXXXXXX,
F.: La globalizzazione nello specchio del diritto, Il Mulino, Bologna, 2005; GROSSI, P.: “Globalizzazione, diritti, scienza giuridica”, Foro it., 2002, pp. 151 ss.
Ecco che si discute oggi di “contratto del terzo millennio”13 per rimarcare, in primo luogo, il fatto che l’attuale disciplina del contratto è considerevolmente diversa da quella di ieri. Si vogliono cioè evocare, come detto, quelle metamorfosi che l’istituto contrattuale ha subìto per via delle trasformazioni della società e dell’evoluzione del diritto, all’interno di un sistema giuridico allargato che supera la dimensione nazionale e si affaccia verso un mercato globale14, le cui caratteristiche ed esigenze hanno dettato la nuova politica legislativa degli Stati ed hanno dato origine ad iniziative volte alla realizzazione di progetti normativi transfrontalieri e, in particolare, comunitari in materia contrattuale.
Le peculiarità presentate dal contratto del duemila delineano un modello a cui sono state attribuite molteplici e variegate declinazioni: «giusto, trasparente, simmetrico, completo, ragionevole, suscettibile di revisione»15. Tra queste, come si è anticipato, l’attributo che nel corso di questa indagine interessa maggiormente approfondire è quello relativo alla (aspirata) “completezza” del contratto; caratteristica che si collega, appunto, al concetto di “integrità” del contratto (rectius, del documento contrattuale).
Un’idea nuova di contratto sorge dunque dalle rovine della denunciata “crisi” del contratto16 quale figura e disciplina generale, determinata da plurime concause, tra cui la tendenza centrifuga verso discipline di singoli contratti, come conseguenza dell’intervento del legislatore in favore di leggi organiche di settore e della fioritura di nuovi contratti con vocazione all’autosufficienza. Ma un ulteriore e decisivo impulso per tale via è stato segnato dalla galoppante legislazione degli ultimi decenni, soprattutto di matrice e derivazione comunitaria, la quale ha contribuito al definitivo delinearsi di quella che, icasticamente, è stata definita una
«realtà magmatica» ancora in fieri e, forse, alla creazione di un «nuovo paradigma contrattuale»17.
13 XXXXX, V.: Il contratto nel duemila, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2011, III ed.; XXXXXXX, F.: “La categoria del contratto alle soglie del terzo millennio”, Contr. impresa, 2000, pp. 919 ss.; XXXXXXXX, M.: “Il contratto nel mercato globale”, Contr. impresa, 2013, pp. 69 ss.; XXXXXXXXX, S.: “Il contratto europeo nel tempo della crisi”, Europa dir. priv., 2010, pp. 601 ss.
14 XXXXXXX, X.: Il contratto, Cedam, Torino, 2011, II ed., pp. 1 ss. e pp. 19 ss.
15 XXXX, X.; “Le stagioni del contratto”, cit., p. 182.
16 Cfr. XXXXXXX, X.: The Death of Contract, The University of Chicago Law Review, Xxxxxxxx Xxxx, 0000. Vid. anche ALPA, G.: “La Morte del Contratto”, Pol. dir., 1976, pp. 727 ss.
17 XXXXX, X.: “Il contratto del duemila”, cit., p. VIII. Cfr. anche l’analisi di XXXXXXXXX, S.: “The Future of Contract Law”, European Review of Contract Law, 2011, pp. 491 ss.; XXXXXXX, F.: “La categoria del contratto”, cit., pp. 919 ss. Inoltre, l’evoluzione legislativa degli ultimi anni ha sempre più legittimato la formulazione di molteplici paradigmi contrattuali: ad esempio, di recente la dottrina ha introdotto la categoria del “terzo contratto”. Per un quadro vid. i saggi raccolti in AA.VV.: Il terzo contratto. L’abuso di potere contrattuale nei rapporti tra imprese (a cura di X. XXXXX e G. VILLA), Il Mulino, Bologna, 2008. Vid. anche AA.VV.: Contratti tra imprese e tutela dell’imprenditore debole (a cura di F. RUSCELLO), Aracne Editrice, Roma, 2012; XXXXXXX, A.: “Autonomia privata e ‘terzo contratto’”, in AA.VV.: Autonomia individuale privata e collettiva (a cura di X. XXXXXXXX), Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2006, pp. 131 ss.; XXXXXX, G.: “Nullità anomale e conformazione del contratto (note minime in tema di abuso dell’autonomia contrattuale)”, Riv. dir. priv.,
Con riferimento alle norme sul contratto, deve infatti registrarsi la dominanza della legislazione speciale quale fonte sempre più rilevante del contratto. Le leggi speciali, è noto, introducono un nuovo schema normativo extracodicistico spesso costituito da norme di carattere imperativo. In questo senso, la costruzione del regolamento contrattuale ad opera delle parti subisce un costante logoramento in quanto soggiace all’azione integrativa della legge18. Ma nel panorama odierno è altresì evidente, grazie anche al diritto privato europeo, la rilevanza delle clausole generali19.
Sotto altro profilo, inoltre, occorre segnalare il mutamento della concezione stessa del contratto nella misura in cui oggi esso subisce l’influenza delle forme di contratto introdotte dalla prassi internazionale20. Il fenomeno della circolazione di modelli contrattuali alieni nell’ambito della contrattazione sovranazionale comporta per il giurista nazionale (e in particolare per il giudice) un problema di “accostamento” a tali modelli a lui, per tradizione, sconosciuti, tipici di altri sistemi giuridici e costruiti sulla base di tecniche redazionali peculiari del rispettivo sistema di emanazione.
Più in generale, è dunque possibile affermare che l’attuale schema del contratto si presenta con caratteri di complessità, elasticità ed eteronomia21. Tali caratteristiche rispondono alle esigenze del mercato globale e alle peculiarità della prassi contrattuale internazionale che, per via delle influenze esercitate dai sistemi di origine angloamericana, hanno condizionato anche i modelli interni.
L’approccio metodologico del giurista moderno, con riferimento al contratto del terzo millennio, deve perciò inevitabilmente essere caratterizzato da una profonda apertura culturale, oltre che da flessibilità metodologica, che tenga necessariamente conto del diverso contesto in cui detti contratti vengono concepiti, e che lo proietti verso speculazioni appartenenti ad un humus culturale estraneo alla propria formazione e tradizione giuridica. A tal fine viene in soccorso lo studio comparativo dei sistemi giuridici in cui sorge il modello alieno.
2008, p. 624; RUSSO, E.: “Imprenditore debole, imprenditore-persona, abuso di dipendenza economica, ‘terzo contratto’”, Contr. impresa, 2009, pp. 124 ss.
18 È noto che l’influenza della legislazione speciale, per tradizione, è tipica degli ordinamenti di civil law. Tuttavia, ormai da qualche tempo, ciò avviene sempre di più anche nel mondo anglosassone. Un esempio su tutti è rappresentato dagli statutes volti a tutelare i diritti del consumatore.
19 Cfr. PATTI, S.: “L’interpretazione, il ruolo della giurisprudenza e le fonti del diritto privato”, Foro it., 2014, pp. 116 ss.
20 Cfr. XXXXXXXXX, X.: “L’operazione economica nella teoria del contratto”, Riv. trim. dir. e proc. civ., 2009, pp. 906 ss.; XXXXXX, S.: Le fonti di integrazione del contratto (1969), Xxxxxxx, Milano, 2004 (ristampa integrata), passim.
21 Vid., tra altri, ROPPO, V.: “Il contratto nel duemila”, cit., passim; ALPA, G.: “Le stagioni del contratto”, cit.,
passim; XXXXXXXX, M.: “Il contratto nel mercato globale”, cit., pp. 69 ss.
Un interessante termine di paragone è a tutt’oggi rappresentato dall’esperienza dei paesi di common law, in particolare dal sistema inglese e da quello nord- americano. Si è infatti assistito ad un dialogo muto tra i sistemi appartenenti alla famiglia di civil law e quelli afferenti al sistema di commom law22, spesso caratterizzato da una reciproca forza attrattiva che ne ha influenzato il rispettivo cammino storico, capace talvolta di tradursi persino in veri e propri trapianti giuridici (si pensi, per tutti, all’istituto del trust), nonché a fenomeni, per così dire, di import-export di nuove figure contrattuali (si pensi, in relazione al diritto italiano, ai contratti di leasing, factoring, catering, etc.)23. Tale convergenza, con riferimento alla contrattazione commerciale internazionale, è stata favorita dall’apertura dei confini nazionali alla diffusione dei modelli contrattuali di stampo anglo-americano, sovente formulati in inglese, quale lingua franca del mondo del business.
Va detto dunque che il tradizionale schema del contratto, inteso come atto unico, risulta oggi inadeguato perché non più in grado di racchiudere la complessità e la completezza degli interessi sottesi all’affare concluso dalle parti. Il contratto deve perciò essere riconsiderato sulla base della dimensione economica dell’operazione promossa dalle parti, seppur ricomprendendola all’interno di un’unica “unità formale”, che concettualmente rimane fissa nella fattispecie generale del contratto24.
III. PROFILI DI INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO "APOLIDE".
Nell’ambito del più ampio dibattito sul diritto privato senza Stato (without State) o aldilà dello Stato (beyond the State)25, anche la più specifica figura del contratto è dunque colpita da spinte centrifughe che la orientano verso una dimensione sovranazionale.
La dottrina e la pratica del commercio internazionale pongono in rilievo l’importanza dell’autonomia privata nei rapporti del commercio internazionale, dacché la disciplina di tali rapporti è regolata, come anticipato, attraverso «un ampio impiego dell’esercizio dell’autonomia privata» o, in altri termini, «in virtù dell’adozione, a seguito di complessi negoziati che si svolgono a vari livelli, di veri e propri testi normativi internazionali»26.
22 Per un approfondimento, di recente, vid. XXXXXXXX, X.: Xxxxxx e modelli di interpretazione del contratto. Prospettive di un dialogo tra common law e civil law, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2011, passim.
23 IUDICA, G.: L’influenza della globalizzazione”, cit., p. 144.
00 X. XXXXXXXXX, X.: “L’operazione economica”, cit., pp. 906 ss.
00 Xxx. XX XXXX, X.: “Contratti senza Stato (a proposito del Draft CFR)”, Riv. dir. priv., 2008, pp. 667 ss.
26 CARBONE, S.M.: “I Principi UNIDROIT quale diritto applicabile ai contratti commerciali internazionali: tra autonomia privata e ordinamenti statali”, Dir. comm. int., 2012, p. 47. Ma sui limiti della forza normativa dell’autonomia delle parti vid. ID.: “L’autonomia privata nei rapporti economici internazionali ed i suoi limiti”, Riv. dir. int. priv. proc., 2007, pp. 901 ss. e 918.
La circolazione internazionale dei modelli contrattuali uniformi dominava il teatro giuridico negli anni ’9027, ma ancora oggi non è sopito il vivace dibattito intorno a tale fenomeno. Si tratta di contratti atipici, senza territorio né nazionalità, creati dagli “uffici legali delle multinazionali”28, scritti in lingua inglese e concepiti nell’ottica della prassi contrattuale angloamericana29. Con la conseguenza che anche all’interno dei paesi di civil law vada sempre più diffondendosi l’uso della tecnica contrattuale del mondo anglosassone30.
A tale riguardo è ormai ben noto nella prassi delle imprese italiane l’uso di modelli contrattuali alieni, il cui contenuto e la cui struttura ricalca in tutto lo stile angloamericano, pur indicando come legge applicabile il diritto italiano. È solo il caso di avvertire che nella prospettiva della presente indagine, assumendo la scelta esplicita delle parti in favore di un diritto nazionale (e nello specifico del diritto italiano), non si pone perciò il problema della individuazione del diritto applicabile31.
Ma la questione, come è ovvio, non si esaurisce con l’individuazione della legge applicabile al contratto. Un’altra fase nell’approccio al modello contrattuale del commercio internazionale è infatti rappresentata dalla verifica degli effetti che una
27 XXXXXXX, X.: “Prefazione”, in AA.VV.: I contratti del commercio, dell’industria e del mercato finanziario (Tratt. diretto da X. XXXXXXX), Utet, Torino, 1995, 1, pp. XXVIII s.
28 Ibidem.
29 Emerge subito, dunque, l’elemento che distingue la figura del contratto internazionale dal contratto c.d. alieno: il primo trova la sua disciplina nei testi normativi a livello internazionale a cui le parti si affidano per disciplinare il proprio rapporto; il secondo, invece, fa riferimento al diritto interno di uno Stato (in specie, quello italiano). Le due tipologie di contratto hanno però anche caratteristiche comuni: la voluminosità, il grado di dettaglio, la vocazione definitoria, l’aspirazione alla completezza, e via dicendo. Elementi tipici degli ordinamenti di common law, i quali, qualora calati in un sistema giuridico diverso (“alieno” appunto), come quello di un paese appartenente alla tradizione di civil law, impongono al giurista domestico un approccio metodologico a lui non comune. Il contratto alieno o internazionale, ambedue derivanti dal mondo anglosassone, si presentano svincolati da un sistema codicistico che impone precise regole scritte da cui trarre sia norme di carattere generale, sia una disciplina applicabile a fattispecie contrattuali tipizzate. Essi sono costruiti in questa prospettiva, sono scritti in lingua inglese e si presentano con la struttura tipica di un contratto concepito nell’ordinamento di common law. Il che rende problematica l’interpretazione di siffatto contratto allorquando questo dovesse essere disciplinato da un sistema normativo organico quale il sistema di civil law. Cfr. DE NOVA, G.: “The Law which governs this Agreement is the Law of the Republic of Italy”: il contratto alieno, in ID.: “Il contratto alieno”, cit., pp. 47 ss.
30 È un dato oggettivo, ad esempio, l’importanza via via crescente della lingua inglese come lingua dei contratti, così come delle tecniche e formulazioni contrattuali di stile anglo-americano. Nell’ambito delle transazioni commerciali internazionali, l’inglese si è ormai affermano quale lingua franca. Le conseguenze sono, da un lato, la necessità di un’ottima conoscenza della lingua inglese, essenziale per chi intenda cimentarsi nella redazione di un contratto internazionale; da altro lato, questa evoluzione – quantomeno nell’ambito della contrattazione internazionale – attacca in radice la cultura giuridica dei paesi a tradizione codicistica, nel senso che ne influenza l’educazione giuridica universitaria e la formazione continua nell’ambito della professione giuridica. Cfr. XXXXXXXX, M., DE LY, F.: La redazione dei contratti internazionali, Xxxxxxx, Milano, 2008, pp. 816 ss.
31 Infatti i contratti alieni non sono contratti internazionali “se non nel profumo” (così GENTILI, A.: “L’interpretazione del contratto alieno”, Riv. dir. priv., 2016, p. 248).
certa clausola può avere nella pratica del commercio internazionale. Il riferimento è, nello specifico, agli usi del commercio intesi come fonte di diritto, specialmente nell’ipotesi di un contratto internazionale o di una controversia sottoposta ad arbitrato. In tale circostanza, ove fosse possibile dimostrare che gli effetti di una determinata clausola siano riconosciuti come uso commerciale, l’interpretazione del contratto si baserà su questi anche se l’esito interpretativo specifico non fosse perfettamente in linea con la tradizione giuridica del diritto applicabile32.
Ad ogni modo, data per assunta la scelta del diritto italiano come legge di governo del contratto alieno e ipotizzando altresì il difetto di una specifica interpretazione fornita dagli usi commerciali, si presenta allora il problema di considerare la clausola ispirata al common law – o più in generale il contratto in cui essa è inglobata – alla stregua di qualsiasi altra clausola in conformità con la tradizione interpretativa del diritto applicabile, ma senza ignorare del tutto il suo significato tipico.
E perciò, sul piano dell’interpretazione, si dovrà accertare il significato della volontà negoziale, per poi spostarsi sul piano della validità ove andrà verificato se tale pattuizione contrattuale possa, secondo il diritto italiano, funzionare o no. Senza dimenticare naturalmente la previsione dell’art. 1367 cod. civ., in forza del quale, nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno.
Fatta questa precisazione, anche nell’ottica dell’accertamento della compatibilità della clausola con il diritto applicabile, ossia della sua “eseguibilità” (enforceability), è mediante lo strumento interpretativo che il giudice dovrà indagare gli effetti della clausola nella prospettiva della comune intenzione delle parti. Rispetto a tale ultimo profilo occorre dunque comprendere se le parti abbiano voluto riprodurre l’effetto tipico della clausola nel sistema di provenienza al fine di conseguire quel determinato risultato riscontrabile in quel sistema, oppure se i contraenti abbiano semplicemente ignorato tali peculiari effetti della clausola33.
32 XXXXXXX-XXXX, X.: “L’uso di clausole contrattuali sviluppate in tradizioni giuridiche diverse”, in AA.VV.: Falsi amici e trappole linguistiche. Termini contrattuali anglofoni e difficoltà di traduzione (a cura di X. XXXXXXX), Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2010, p. 128.
33 XXXXXXX-XXXX, X.: “L’uso di clausole contrattuali”, cit., p. 130. Nella prassi, secondo l’a., sarebbe piuttosto raro che le parti, non appartenenti al common law, siano consapevoli dei diversi effetti che derivano dall’uso di una determinata clausola tipica del modello angloamericano nonché dall’uso di termini inglesi apparentemente similari ma che celano sfumature di significato sostanzialmente rilevanti nel gergo tecnico. Vid. anche XXXXXXXXXX, G.: “Iuris cogentis and iuris dispositivi provisions in contract law and in corporate law”, in AA.VV.: Interpretation in Polish, German and European Private Law (eds. X. XXXXXXXXXX, X. XXXX), European Law Publishers, Munich 2011, pp. 77 ss. Ad esempio, è stato riferito che le parti possono aver copiato un modello contrattuale impiegato in passato nell’ambito di una simile circostanza, senza aver colto che tale modello fosse basato su un particolare sistema normativo, ed aver semplicemente aggiunto ad esso una clausola che comporti l’applicazione della legge del paese in cui ciascuna di esse risiede, ritenendo generalmente che tale scelta sia per loro più vantaggiosa.
In tale prospettiva è necessario rivolgere l’attenzione alla questione dell’interpretazione del contratto alieno. Atteso che il contratto è pensato e scritto alla luce del modello interpretativo di common law, ci si interroga se non sia proprio quest’ultimo a dover assumere un ruolo centrale nell’interpretazione del contratto34, quale sua diretta fonte ispiratrice; o se invece sia più opportuno demandare la disciplina di siffatti contratti a “general principles” ricavabili, ad esempio, dalle principali compilazioni di principi dei contratti internazionali, che non appartengono perciò ad alcun ordinamento specifico, posto che le leggi nazionali non tengono in considerazione delle peculiarità proprie del modello contrattuale alieno35.
Del resto, emerge sullo sfondo una patente verità: e cioè che, a seconda del paese in cui il contratto è destinato ad essere eseguito, oltre che in base alla legge ad esso applicabile, due contratti aventi il medesimo contenuto possono produrre differenti effetti sul piano giuridico36. Ciò vale a dire che permangono una serie di limiti legati al carattere di inderogabilità delle norme dell’ordinamento in cui il contratto viene eseguito37. Sicché, da un primo sguardo, il proposito di creare un contratto del tutto sganciato dalle norme di un sistema nazionale, ivi comprese quelle di natura imperativa, sembra davvero essere utopistico.
Deve allora essere esaminata più da vicino la questione della compatibilità dell’impianto regolamentare contenuto nel contratto alieno che, penetrando nell’ordinamento del singolo paese, quale legge applicabile, dovrà superare il banco di prova della convivenza con le rispettive mandatory rules.
IV. LA BARRIERA DEL DIRITTO NAZIONALE APPLICABILE: LE MANDATORY RULES.
La complessità dello scenario sin qui delineato è legata al carattere alieno del contratto in esame. Ponendoci nella prospettiva del diritto italiano, assumendo che su di esso ricada la scelta del diritto applicabile, bisogna ora porsi nell’ottica del giudice chiamato a dirimere una controversia nascente da un simile contratto. Si tratta cioè di esaminare cosa accade quando il contratto alieno, penetrando nell’ordinamento in cui dovrà spiegare i suoi effetti, debba essere sottoposto al vaglio del diritto domestico e, segnatamente, delle proprie regole di natura inderogabile. Momento in cui i redattori di siffatti modelli sono costretti a dover
34 XXXXXXX-XXXX, X.: “Preface”, in ID.: Boilerplate Clauses, International Commercial Contracts and the Applicable Law, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxx, Xxxxxxxxx, 0000, p. XXII.
35 XXXXXXX-XXXX, X.: “Preface”, cit., p. XXII. Va notato che una risposta all’adozione di general principles in ambito internazionale viene data dai progetti di diritto uniforme. In particolare, per quanto attiene alla contrattazione internazionale commerciale si sono già ricordati i Principi UNIDROIT.
36 XXXXXXX-XXXX, X.: “Does the use of common law contract models”, cit., p. 52.
00 X. XXXXXXXXXX, X. : “Iuris cogentis and iuris dispositivi”, cit., pp. 77 ss.
rivalutare ogni clausola alla luce del diritto applicabile per verificarne compatibilità di concetti e di struttura.
E, del resto, la casistica delle clausole inserite nei modelli alieni e potenzialmente contrarie alle norme inderogabili, di cui si dirà a breve, non si riduce certo a pochi esempi. Così ciò che emerge, in termini generali, è quella che è stata definita la “sfacciataggine” del contratto alieno, allorché in esso è dato trovare clausole che non prendono in considerazione le norme imperative del diritto italiano e che di conseguenza si scontrano con esse38.
È già stato evidenziato come il difetto di corrispondenza tra il diritto che ha ispirato il modello contrattuale e il diritto nel quale il contratto verrà interpretato ed eseguito possa creare diversi problemi al giudice-interprete, anzitutto in ragione del diverso metodo interpretativo in base al quale è stato scritto e pensato il contratto in questione. Ma non solo. La differente base normativa (o anche solamente quella delle categorie concettuali) su cui è stato eretto il modello alieno potrebbe addirittura tradursi nel difetto di validità del medesimo, o di alcune sue clausole, ove questo si ponesse in contrasto con le norme imperative dell’ordinamento in cui intende essere eseguito.
Nella specifica prospettiva del diritto italiano, il contatto tra il modello alieno e l’ordinamento postula un giudizio di compatibilità il cui filtro è costituito, per citare un’espressione usata in dottrina, dalla “barriera” del diritto italiano39, con particolare riferimento, per ovvie ragioni, alle norme imperative ed ai principi generali in materia di contratti. Va dunque verificato il grado di permeabilità di tale filtro.
Una prima riflessione sul tema è stata proposta dallo stesso Xx Xxxx. L’autore osserva che diversi contratti alieni sono stati accettati e riconosciuti dal legislatore italiano, superando così lo scoglio del giudizio di validità in ottemperanza alle regole dell’ordinamento40. In tal senso la barriera del diritto italiano si è mostrata in certa misura debole e permeabile di fronte ai modelli contrattuali alieni41.
Il grado di permeabilità della barriera dipende dal ruolo e dall’intensità dei canoni che fungono da filtro. Un primo ostacolo è rappresentato dalle norme costituzionali che proteggono l’autonomia contrattuale42, nonché dalle norme
38 DE XXXX, X.: “The Law which governs this Agreement”, cit., pp. 59 s.
39 Di barriera del diritto italiano parla DE NOVA, G.:“The Law which governs this Agreement”, cit., pp. 56 ss. L’A. mutua il concetto di barriera “debole” del diritto italiano da X. Xxxxx nell’introduzione a KÖTZ, H.: Diritto europeo dei contratti, Xxxxxxx, Milano, 2006.
40 I modelli indicati dall’A. sono, ad esempio, performance bonds, lease back, trust e leverage buy out. Si v. DE NOVA, G.: “The Law which governs this Agreement”, cit., pp. 57 s.
41 Ibidem.
42 Vid. XXXXX, R., DE NOVA, G.: Il contratto, Utet, Torino, 2004, vol. I, p. 32.
c.d. “materiali”43. A titolo esemplificativo, si pensi alla nozione di ordine pubblico sviluppata dalla giurisprudenza quale parametro di valutazione della validità del vincolo contrattuale, volta a presidiare i diritti fondamentali nei rapporti privati44.
Su un altro piano, in molti ordinamenti della famiglia di civil law45, funge da filtro il principio di buona fede, in contrapposizione al contratto anglo-americano che è concepito sul presupposto dell’interpretazione letterale e della non rilevanza del principio di buona fede46. È subito chiaro che quando quest’ultimo penetra nell’ordinamento di civil law soggiace alla funzione della buona fede e, per l’effetto, rischia di subire determinate “manipolazioni interpretative”, per usare ancora le parole di Xx Xxxx, che le parti magari ignoravano al momento della stipula. Sotto questo profilo, per inciso, è interessante osservare come il potere del giudice di interpretare il contratto costituisca un ulteriore strumento offerto dal diritto sostanziale applicabile, insieme alla declaratoria di invalidità del contratto o della singola clausola, per impedire che il contratto violi principi imperativi. È infatti proprio attraverso l’operazione ermeneutica che il giudice può correggere la clausola che altrimenti andrebbe considerata nulla in modo che essa diventi compatibile con il sistema47. Si attua, in altri termini, un’interpretazione salvifica che restringe il significato della clausola e, correggendone a priori gli effetti, evita di intervenire direttamente sul regime del contratto48.
Diverso risultato pare osservarsi ove il diaframma del diritto italiano si ponga in relazione alle singole clausole del modello alieno. Qui, invece, la dottrina in esame osserva come la barriera si faccia più efficiente e selettiva49.
In tale prospettiva, sempre assumendo il diritto italiano quale diritto applicabile al contratto, occorre anzitutto verificare se le clausole contenute nel contratto alieno siano o meno qualificabili alla stregua di mere clausole di stile (boilerplate clauses o clauses types), e dunque inefficaci nella prospettiva del diritto italiano in quanto non corrispondenti alla reale volontà delle parti ma espressione di una
00 Xxx. XX XXXX, X.: “The Law which governs this Agreement”, cit., p. 57.
44 Vid. XXXXXX, X.X.: “Il contratto”, in ID: Diritto civile (a cura di C.M. XXXXXX), Xxxxxxx, Milano, 2000, II ed., vol. III, p. 619 e ivi bibliografia.
45 Per un approfondimento vid. XXXXXXXXXX X.: Good faith in European contract law (ed.),Cambridge University Press, Cambridge, 2008.
46 Nel sistema di common law la buona fede non esiste come principio generale, ma si ritiene che il concetto di buona fede esista anche in quel sistema e sia riflesso in specifiche norme sul contratto. Si vid. XXXX, X.: “The common law tradition: application of boilerplate clauses under English Law”, in XXXXXXX-XXXX, G. (ed.): “Boilerplate Clauses”, cit., p. 134. Per un’indagine più ampia sul tema si vid. XXXXXXXXXX X.: “Good faith in European contract law”, cit., passim.
47 XXXXXXX-XXXX, X.: “L’uso di clausole contrattuali”, cit., p. 132.
48 XXXXXXX-XXXX, G.: “L’uso di clausole contrattuali”, cit., p. 132, la quale osserva come “per esempio, il giudice potrebbe considerar chiaro che le parti non abbiano scritto una certa clausola con l’intenzione che fosse applicabile in una situazione in cui i suoi risultati sarebbero incompatibili con il diritto applicabile; in questo modo, l’interpretazione restrittiva della clausola esclude che la clausola sia considerata contraria a norme imperative locali”.
49 XXXXXXX-XXXX, X.: “L’uso di clausole contrattuali”, cit., p. 132.
prassi stilistica50. Del resto, è risaputo come nei contratti-tipo redatti dalla maggior parte degli studi legali inglesi o americani siano presenti diverse clausole che nella pratica sono largamente standardizzate e rassomiglianti tra un contratto e l’altro, al punto da essere considerate come clausole-tipo51.
Alcuni esempi sono stati illustrati a conforto della tesi di una maggior incisività, in relazione alle singole clausole del modello alieno, del filtro rappresentato dal diritto domestico. Un primo esempio è quello relativo alle clausole di severability, in base alle quali talvolta le parti escludono in toto che la nullità parziale del contratto o la nullità di singole clausole possa importare la nullità dell’intero contratto, anche se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità. Se tale clausola, come è stato osservato, si considera derogatrice della disciplina della nullità, e in particolare dell’art. 1419, co. 1, cod. civ., ne dovrebbe seguire la sua invalidità di fronte al diritto italiano52. Altro
50 Vid. XXXXXXXX, M., DE LY, F.: “La redazione dei contratti internazionali”, cit., pp. 133 s. Si tratta cioè di clausole standard, inserite all’inizio o alla fine dei contratti, e che normalmente non sono mai oggetto di una vera e propria trattativa negoziale tra le parti. In tal senso, si pone anche il problema relativo alle cc.dd. clausole di stile e, nella prospettiva dell’ordinamento italiano, alla loro inefficacia. O comunque, come evidenziato nei commentari ai progetti in esame, accade frequentemente che le parti adoperino formulari che contengono una clausola di completezza alla quale non viene dedicata speciale attenzione al momento della stipulazione. Sull’uso di clausole largamente standardizzate e rassomiglianti tra un contratto e l’altro al punto da essere considerate come clausole-tipo, vid. XXXXXXXX, X.: Boilerplate: Practical Clauses, Xxxxx & Xxxxxxx, London, 2005, IV ed., passim; XXXXXX, P.C.: “«Entire agreement» clauses”, in AA.VV.: The Encyclopaedia of Forms and Precedents (V ed., 2008 ristampa), vol. 4 (3), Boilerplate and Commercial Clauses, Wildy & Sons Ltd, London, Chap. 27, pp. 181 ss.; XXXXX, X.X.: Negotiating and drafting contract boilerplate (eds.), ALM Pub., New York, 2003, passim. Nel sistema italiano il tema è inerente all’efficacia delle clausole di stile. Per un’analisi di tale questione si rinvia a XXXXX, G.: “Clausole di stile, volontà delle parti e regole interpretative – La prassi contrattuale”, Riv. dir. civ., 2009, I, pp. 49 ss.; ID.: “Clausole di stile, volontà delle parti e regole interpretative
- Profili generali”, cit., pp. 657 ss. In giurisprudenza: Cass. civ., sez. III, 29-09-2011, n. 19876, in Rep. Foro it., 2011, Contratto in genere [1740], n. 418: «In tema di interpretazione dell’accordo negoziale, le clausole di stile sono costituite soltanto da quelle espressioni generiche, frequentemente contenute nei contratti o negli atti notarili, che per la loro eccessiva ampiezza e indeterminatezza rivelano la funzione di semplice completamento formale, mentre non può considerarsi tale la clausola che abbia un concreto contenuto volitivo ben determinato, riferibile al negozio posto in essere dalle parti (nella specie, la suprema corte ha confermato la sentenza di merito che, con motivazione esente da vizi logici e xxxxxxxxx, aveva ritenuto che non potesse integrare una clausola di stile la rinuncia, circostanziata e determinata, del locatore di non aver nulla a pretendere dai conduttori a qualunque titolo spesa passati e futuri relativamente al rapporto di locazione, rispetto al quale era intervenuta una transazione tra le stesse parti)»; Cass. civ., sez. I, 31-05-2013,
n. 13839, in Rep. Foro it., 2013, Contratto in genere [1740], n. 385: «In tema di contratti, il giudice di merito, anche a fronte di una clausola estremamente generica ed indeterminata, deve comunque presumere che sia stata oggetto della volontà negoziale, sicché deve interpretarla in relazione al contesto (art. 1363 c.c.) per consentire alla stessa di avere qualche effetto (art. 1367 c.c.) e, solo se la vaghezza e la genericità siano tali da rendere impossibile attribuire ad essa un qualsivoglia rilievo nell’ambito dell’indagine volta ad accertare la sussistenza ed il contenuto dei requisiti del contratto (art. 1325 c.c.), ovvero siano tali da far ritenere che la pattuizione in esame non sia mai concretamente entrata nella sfera della effettiva consapevolezza e volontà dei contraenti, può negare ad essa efficacia qualificandola come clausola di “stile”»; Cass. civ., sez. III, 27-01-2009, n. 1950, in Xxxxxxxxx, 2009, p. 547: «In tema di contratti, il giudice di merito, anche a fronte di una clausola estremamente generica ed indeterminata, deve comunque presumere che sia stata oggetto della volontà negoziale, sicché deve interpretarla in relazione al contesto (art. 1363 c.c.) per consentire alla stessa di avere qualche effetto (art. 1367 c.c.) e, solo se la vaghezza e la genericità siano tali da rendere impossibile attribuire ad essa un qualsivoglia rilievo nell’ambito dell’indagine (art. 1325 c.c.) volta ad accertare la sussistenza ed il contenuto dei requisiti del contratto, ovvero siano tali da far ritenere che la pattuizione in esame non sia mai concretamente entrata nella sfera della effettiva consapevolezza e volontà dei contraenti, può negare ad essa efficacia qualificandola come di clausola “stile”».
51 E, tuttavia, anche ove queste rispondessero alla effettiva volontà delle parti, resta sempre e comunque da indagare se il loro dettato sia compatibile o meno con le norme inderogabili in materia di contratti.
52 DE XXXX, X.: “The Law which governs this Agreement”, cit., pp. 59 s.
esempio è costituito dalle clausole di limitazione della responsabilità (exemption clauses o exculpatory clauses). Non è una rarità, infatti, imbattersi in clausole che limitano in ogni caso la responsabilità del debitore, anche oltre il limite della colpa grave, in spregio alla disciplina prevista nel codice civile italiano53.
Ma le clausole su cui va fermata l’attenzione sono le clausole di completezza, riguardo alle quali si pongono, nella prospettiva indicata, diversi problemi applicativi.
Ci si chiede, ad esempio, cosa accade se le parti, prima della stipula di un contratto di vendita o di fornitura, concludessero accordi su determinate caratteristiche che i beni oggetto del medesimo dovranno avere, e che poi non vengono trasposti nel contratto definitivo contenente la clausola di completezza. Può in tal caso il contratto essere interpretato alla luce dei precedenti accordi malgrado la presenza della merger clause?54
O, ancora, è discussa l’idoneità delle clausole di completezza ad escludere l’interpretazione di buona fede55.
Le domande appena poste mettono in luce come la valutazione di compatibilità del modello alieno si estenda, come detto, anche al profilo interpretativo. In particolare, sempre nella prospettiva del diritto italiano, occorre interrogarsi sull’applicazione delle norme interpretative disciplinate agli art. 1362 e ss. del codice civile, tenuto conto che anche i criteri legali di interpretazione del contratto possono potenzialmente interferire con il programma contrattuale contenuto nel contratto alieno, dando origine ad una situazione di incertezza.
È ben risaputo che i canoni ermeneutici sanciti dal codice civile italiano sono oggi concordemente considerati alla stregua di precetti normativi inderogabili a cui l’interprete deve attenersi nella fase di interpretazione del contratto. Il criterio ermeneutico basilare è quello incentrato sulla ricerca della comune intenzione dei contraenti anche oltre il significato letterale del contratto. Xxxxx qui evidenziare, limitatamente a questo criterio ed anticipando così quanto si dirà più avanti, che già tale canone interpretativo stride, su un piano teorico e concettuale, con la stessa natura del contratto alieno inteso come self-interpreting contract.
Riassumendo: se il contratto fosse sottoposto al sindacato del giudice italiano, la validità ed efficacia del contratto alieno, o di alcune sue clausole, rimarrebbe subordinata all’assenza di contrasto con le norme imperative dell’ordinamento. Sicché, nonostante che il destino del contratto alieno sia legato al giudizio di
53 DE NOVA, G.: “The Law which governs this Agreement”, cit., pp. 59 s.
54 XXXXXXX-XXXX, X.: “Introduction to part 3”, in ID. (ed.).: Boilerplate Clauses, cit., p. 126.
55 Vid. DE NOVA, G.: “Il contratto alieno e le norme materiali”, Riv. dir. priv., 2009, p. 28.
compatibilità con l’ordinamento da cui promana il diritto applicabile, resta curioso che le parti, specialmente nel contesto internazionale, ignorino deliberatamente tali implicazioni pur di rimanere fedeli al proprio modello contrattuale universale, accettando il rischio che possa infine calare sul contratto la spada di Xxxxxxx delle mandatory rules.
V. CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE.
Il fenomeno della circolazione internazionale di modelli contrattuali uniformi appare ancora oggi di non scarso rilievo anche sotto il profilo dell’influenza che la prassi contrattuale internazionale esercita sul diritto nazionale. Come si è evidenziato, infatti, il contratto alieno porta con sé la regola dell’ordinamento di provenienza la quale penetra, per tale via, nell’ordinamento in cui pretende di essere applicata. In tal senso, i giudici dei singoli paesi sono chiamati «a farsi organi di una società civile internazionalmente integrata»56 ed aprire le frontiere nazionali alla circolazione internazionale di figure giuridiche non appartenenti al proprio sistema, con lo scopo di proteggere interessi meritevoli di tutela connessi all’espansione del commercio internazionale attraverso il riconoscimento della validità dei suddetti contratti atipici.
In passato la giurisprudenza italiana ha dato prova di riconoscere i rischi di un’eventuale chiusura alla loro diffusione internazionale. In particolare, un’autorevole dottrina ha ricordato alcune pronunce di merito57 in cui si è osservato che
«disconoscere la possibilità in esame equivarrebbe ad ostacolare una serie vieppiù imponente di traffici giuridici, che hanno trovato invece in questo strumento un fattore consolidato di speditezza ed affidabilità»58; o, ancora, si è ammessa «la permeabilità del nostro ordinamento, oltre che alle esigenze economiche, anche alle influenze di figure giuridiche già codificate all’estero»59.
Un ulteriore aspetto del contratto nell’economia globale è rappresentato, come detto, dalla formazione di un diritto transazionale60. Ancor più nella
56 XXXXXXX, X. (diretto da): “I contratti del commercio”, cit., p. XXIX.
57 Cfr. XXXXXXX, X. (diretto da): “I contratti del commercio”, cit., pp. XXX s.
58 Trib. Milano, 22 settembre 1986, in Banca Borsa, 1987, II, p. 331.
59 Trib. Milano, 9 ottobre 1986, in Banca Borsa, 1987, II, p. 337.
60 L’allargamento dei mercati oltre i confini nazionali ha imposto l’esigenza di creare un diritto uniforme volto a regolare i rapporti commerciali transazionali, costruito su quella che in dottrina è stata definita la nuova Lex mercatoria (x. XXXXXXX, F.: Xxx xxxxxxxxxx, Il Mulino, Bologna, 2002, IV ed.; XXXXXXXX, F.: La nuova lex mercatoria, Cedam, Padova, 2003; XXXXXXX, F., XXXXXXXX, F.: Diritto del commercio internazionale, Cedam, Padova, 2011, III ed., passim). Nell’ambito della contrattazione internazionale, un primo importante passo in questa direzione è stato realizzato con la Convenzione internazionale di Vienna del 1980 sulla vendita di cose mobili corporali (CISG – Convention on Contracts for the International Sale of Goods), in cui sono confluiti gli usi del commercio internazionale in materia (v. l’ottimo database realizzato da XXXXXXX, A.H.: xxxx://xxx.xxxx.xxx.xxxx.xxx). Successivamente è stata elaborata la compilazione dei Principi UNIDROIT, il cui successo è testimoniato dalla sua recente terza edizione (2010). Il preambolo ai Principi UNIDROIT
dimensione europea, l’elemento oggi dominante la scena giuridica è il processo di uniformazione (o, quantomeno, di armonizzazione) del diritto dei contratti, il quale si pone l’obiettivo di costruire – nell’ipotesi meno ambiziosa – un corpus normativo organico che possa fungere da strumento opzionale per le parti che vi volessero riferire per regolare i propri rapporti nel contesto internazionale.
In tale scenario, il ruolo dell’autonomia privata nella determinazione del contenuto contrattuale assume una particolare rilevanza. Tuttavia non pare possa dubitarsi che, da qualsiasi ordinamento si voglia osservare, «l’intangibilità del contratto è un mito», anche in considerazione del fatto che «i modelli di giustizia sociale che in ambito europeo sono prevalsi impongono di considerare anche i valori sociali, a cominciare dalla persona e dai diritti fondamentali»61. Ciò non cambia, o almeno non del tutto, anche qualora i conflitti e le controversie derivanti da questi contratti, come sovente accade, fossero risolti mediante lo strumento arbitrale e quindi sottratti al sindacato del giudice nazionale. Ma quand’anche accadesse che proprio quest’ultimo sia chiamato a pronunciarsi, si ritiene che egli debba comunque «conciliare l’esigenza del diritto con quelle del mercato diventato globale»62.
Perciò occorre interrogarsi sulle conseguenze applicative del contenuto di tali modelli contrattuali, le cui clausole debbono essere attentamente valutate nell’ottica della loro compatibilità, in termini di validità ed efficacia, rispetto all’ordinamento in cui vorrebbero essere eseguite. Ciò anche in considerazione dell’approccio del modello di civil law, il quale consente una maggior permeabilità del contratto per l’effetto di fonti eteronome e autorizza l’interprete ad indagare, in via di principio, anche oltre i “quattro angoli” del documento contrattuale al fine di individuare la comune intenzione dei contraenti.
In quest’ottica ci si è chiesti se lo stile – o il design63 – con cui vengono redatti i contratti transnazionali possa effettivamente favorire un’interpretazione maggiormente aderente al testo contrattuale64. Nella pratica, specialmente in quella internazionale, non pare si possa dubitare che un’accorta applicazione delle tecniche di protezione letterale del contratto possa risultare utile allo scopo. Le parti, trovando nel contratto “all’inglese” un regolamento chiaro, particolareggiato, completo ed esaustivo, non hanno ragione di cercare la soluzione altrove se non
racchiude le sue principali finalità, tra le quali va segnalato l’obiettivo di porsi quale utile riferimento per l’interpretazione e l’integrazione del diritto nazionale applicabile.
61 XXXX, X.: “Le stagioni del contratto”, cit., p. 153.
62 XXXXXXXX, X.: “Il contratto nel mercato globale”, cit., p. 80.
63 Vid. XXXXXXXX, X.X.: Rethinking Contract Law and Contract Design, Xxxxxx Xxxxx Publishing, Cheltenham- Northampton, 2015; XXXXX, R.E., TRIANTIS, G.G.: “Incomplete Contracts and the Theory of Contract Design” (2005) Case Western Reserve Law Review, pp. 187-201; XXXXX, X.: Contract As a Tool for Getting-To-Yes. A Civil Law Perspective, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, in part. pp. 50 ss.
64 XXXXXXX-XXXX, X.: “Boilerplate Clauses”, cit., p. 1.
all’interno del documento contrattuale65; in altre parole, non appare necessario fare ricorso a criteri legali di ermeneutica contrattuale, e il contratto può essere spontaneamente eseguito sulla base del suo tenore letterale senza alcuna “interferenza” della legge applicabile.
Il contratto, per tale via, consegue l’acme dell’ermetismo, e il riconoscimento dell’autonomia contrattuale delle parti raggiunge la sua massima estensione. Ciò perché, di regola, tali contratti sono (semplicemente) scritti in modo chiaro: il testo contrattuale è opera dei consulenti delle imprese ed è fortemente “tecnicizzato”, cosicché le espressioni e i termini usati sono frutto di una scelta accorta e meditata66.
Ed è proprio lì dove il testo diviene il riferimento preminente che si rafforza l’interesse di verificare l’impatto del diritto applicabile (in specie il diritto italiano o il diritto spagnolo) sul modello contrattuale alieno o transnazionale, e di valutare l’effetto che lo stile di redazione del contratto può avere sul modo in cui l’interprete legge il contratto.
In conclusione, come è stato osservato in dottrina, «anche quando il contratto fallisce lo scopo di eludere sistema normativo e intervento giudiziale riesce comunque a fornire al giudicante norme primarie per la propria interpretazione ed applicazione, e i criteri di primo impiego per la soluzione giudiziale. Divenire un contratto “senza legge” resta una chimera: nella controversia una qualche legge alla fine è applicabile e viene concretamente applicata. Ma l’estremo effetto della scelta di autarchia è che tale legge è condizionata nei limiti del possibile dalle regole che il contratto stesso, per supplirla, reca sulla propria formazione, interpretazione, applicazione»67. Due, però, i temperamenti: quello delle norme di ordine pubblico della legge applicabile, e quello della conclamata incapacità del contratto di autoregolarsi (per lacuna o per oscurità)68.
65 XXXXXXX-XXXX, X.: “Does the use of common law contract models”, cit., pp. 48 s.
66 XXXXXXX, X.: “Senso e consenso. Storia, teoria e tecnica dell’interpretazione dei contratti”, Xxxxxxxxxxxx, Torino, 2015, II, pp. 641 s.
67 XXXXXXX, X.: “Autonomia privata e diritto applicabile nei contratti transnazionale”, in AA.VV.: Il contratto apolide (a cura di X. XXXXXX), Edizioni ETS, Pisa, 2019, p. 14.
68 Ibidem.
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