INDICE
INDICE
FONDI DI SOLIDARIETA’ BILATERALI, PREVIDENZA CONTRATTUALE E TUTELA DELL’OCCUPAZIONE
CAPITOLO I
L’EVOLUZIONE LEGISLATIVA DEI FONDI BILATERALI
1. Il fondamento costituzionale del ruolo dei Fondi di
solidarietà nel sistema previdenziale… pag. 4
2. Enti bilaterali e imprese artigiane……………………………....pag. 9
3. I Fondi bilaterali di solidarietà nella l. n. 662/1996……………pag. 14
4. I fondi interprofessionali: la legge n. 388/2000………………...pag. 19
5. La valorizzazione del ruolo degli Enti bilaterali nel mercato del lavoro: i Fondi per la formazione e l’integrazione del reddito, ex art. 12, d.lgs.
n. 276 del 2003………………………………………………...pag. 24
6. L’intervento integrativo degli enti bilaterali come condizione necessaria per l’intervento
pubblico: l. n. 2/2009…………………………………………...pag. 31
7. I Fondi bilaterali di solidarietà nella
legge n. 92/2012………………………………………………..pag. 36
CAPITOLO II
STRUTTURA E FUNZIONE DEI FONDI BILATERALI DI
SOLIDARIETA’
1. Le origini degli enti bilaterali pag. 40
2. La natura giuridica degli Enti bilaterali………………………...pag. 47
3. Le fonti istitutive dei Fondi bilaterali di solidarietà:
la fase negoziale………………………………………………..pag. 51
3.1. Segue. La fase regolamentare………………………………..pag. 53
4. Le forme di amministrazione e di controllo……………………pag. 56
5. Finalità e causali di intervento dei Fondi bilaterali…………….pag. 60
6. Le modalità di erogazione delle prestazioni dei
Fondi Bilaterali…………………………………………………...pag. 65
7. Il sistema di finanziamento dei Fondi bilaterali………………..pag. 70
CAPITOLO III
LA RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI E LA RIVALUTAZIONE DEL CANALE BILATERALE
1. Il nuovo assetto degli ammortizzatori sociali in
seguito all’entrata in vigore della l. n. 92/2012………………...pag. 73
2. L’assicurazione sociale per l’impiego (ASPI)…………………pag. 77
3. Gli strumenti residuali di tutela contro
la disoccupazione pag. 83
4. L’indennità di mobilità………………………………………..pag. 88
5. Ammortizzatori in deroga e intervento integrativo
dei Fondi bilaterali…………………………………………….pag. 94
6. Le integrazioni salariali……………………………………….pag. 99
7. Il ruolo dei Fondi bilaterali di solidarietà……………………..pag. 109
Bibliografia…………………………………………………………..pag. 113
CAPITOLO I
L’EVOLUZIONE LEGISLATIVA DEI FONDI BILATEALI
1. Il fondamento costituzionale del ruolo dei Fondi di solidarietà nel sistema previdenziale.
L’ordinamento previdenziale può dirsi articolato in tre diversi livelli di tutela, dei quali il primo garantisce “i bisogni soggettivamente esistenti ed oggettivamente accertati al cosiddetto minimo vitale, di cui al 1° comma dell’art. 38 Cost., riferiti e riferibili a tutti i cittadini”; il secondo soddisfa “i bisogni soggettivamente esistenti ed oggettivamente accertati per un’esistenza libera e dignitosa, di cui al 2° comma dell’art. 38 Cost., riferiti e riferibili a tutti i lavoratori”; ed, infine, il terzo livello riguarda “i bisogni presunti al mantenimento del tenore di vita raggiunto durante l’occupazione, anch’essi rinvenibili nel 2° comma dell’art. 38 Cost., riferiti e riferibili a tutti i lavoratori”1.
Stante tale ricostruzione, la tutela assicurata dai Fondi di solidarietà, che si concreta nella gestione di interessi di natura pubblicistica ad opera delle parti private, dovrebbe collocarsi all’interno del secondo livello2. Ciò risulta ancora più evidente dall’esame della normativa di riferimento, la quale vuole delineare un sistema di welfare fondato, da un
1 Cfr. PESSI, La previdenza complementare tra legge e contratto, in La riforma delle pensioni e la previdenza complementare, Xxxxxx, 0000.
2 SIGILLO’ XXXXXXX, Fondi di solidarietà e sistema previdenziale, Inf. Prev.,
2008, p. 29 ss.
lato, sulle tutele contro la disoccupazione involontaria di natura pubblicistica e, dall’altro, su provvidenze sostitutive delle prime ed interamente a carico delle parti interessate, nei confronti delle quali lo Stato si limita ad assumere un atteggiamento di tipo promozionale. La volontà del legislatore, infatti, sembra non solo quella di estendere le tutele garantite dalla bilateralità a situazioni e settori non coperti da alcuna normativa, ma soprattutto, quella di promuovere la costituzione di Fondi di solidarietà, da parte delle associazioni comparativamente più rappresentative dei lavoratori e dei datori di lavoro, con lo scopo di gestire prestazioni integrative o, addirittura, sostitutive rispetto al sistema generale obbligatorio di sostegno al reddito3.
L’istituzione dei Fondi di solidarietà, tuttavia, non comporta solo la problematica del loro inquadramento all’interno del sistema previdenziale, ma fa riaffiorare l’annosa tematica dell’efficacia soggettiva del contratto collettivo di diritto comune.
Infatti, come è noto, la seconda parte dell’art. 39 Cost. non è mai stata attuata nel nostro ordinamento, impedendo la stipulazione di contratti collettivi con efficacia erga omnes; la conseguenza è che i contratti
3 Così XXXXXXX’ XXXXXXX, Fondi di solidarietà e sistema previdenziale, cit.; GENOVESE, La mini riforma degli ammortizzatori sociali. Dallo stralcio della legge delega sul mercato del lavoro al decreto legge n. 249 del 2004, Prev. Ass. Pubbl. Priv., 2004, p. 1299; ZAMPINI, La previdenza complementare tra contraddizioni intrinseche e dubbi di costituzionalità, Dir. Rel. Ind., 2000, p. 435 ss.
collettivi c.d. di diritto comune hanno un’efficacia limitata alle parti stipulanti l’accordo stesso, ovvero ai soggetti aderenti alle relative associazioni sindacali. Sebbene ciò, in passato, non comportava grossi problemi di ordine sistematico, dal momento che attraverso la contrattazione collettiva venivano regolate più che altro questioni relative al minimo inderogabile di trattamenti economici e normativi, la questione è divenuta più complessa, quando a partire dagli anni ’80, gli accordi collettivi sono diventati strumenti per concorrere all’organizzazione del lavoro nell’impresa e per gestire situazioni di crisi aziendale4. Così si è assistito al passaggio da una funzione acquisitiva del contratto collettivo a una funzione gestionale delle crisi di impresa, laddove il contratto è volto a distribuire i sacrifici tra i lavoratori in funzione di un interesse più generale degli stessi. In materia previdenziale, infine, il legislatore ha individuato nel contratto collettivo, non solo, un parametro di riferimento per la determinazione dei trattamenti, ma anche la fonte dei medesimi diritti previdenziali. Ciò a posto il problema dell’efficacia soggettiva dei contratti collettivi, in
4 x. XXXXXX, Diritto sindacale, Bari, 2006; PERSIANI, Il contratto collettivo di diritto comune nel sistema delle fonti del diritto, Arg. Dir. Lav., 2004, p.1; PESSI, Contratti collettivi e fonti del diritto, Arg. Dir. Lav., 1998, p. 764; PERA, Fondamento ed efficacia del contratto collettivo di diritto comune, in AA. VV., Scritti in onore di Xxxxxxxxxxx, vol. V, Padova, 1958; XXXXXXX XXXXXXXXXX, Autonomia collettiva, giurisdizione, diritto di sciopero, in AA. VV., Scritti giuridici in onore di Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx, Padova, 1950, vo. IV, p. 439.
mancanza dell’attuazione della seconda parte dell’art. 39 Cost., che disciplina i presupposti per l’efficacia generalizzata degli stessi.
Sul tema è intervenuta la Consulta, la quale ha rigettato la questione di illegittimità costituzionale, ritenendo che i contratti collettivi in parola non rientrerebbero nella categoria dei contratti ex art. 39 Cost., poiché la loro efficacia si esplica esclusivamente nei confronti degli imprenditori stipulanti e solo in via mediata sui lavoratori, appartenenti o meno al sindacato stipulante5.
La dottrina più recente, invece, distingue l’ipotesi in cui il contratto collettivo operi direttamente sul contratto individuale di lavoro, da quella in cui l’accordo sia solo un omento di un procedimento, che nella fase finale fa proprie le risultanze del processo di contrattazione. Mentre nel primo caso resterebbe fermo il principio secondo cui il lavoratore non iscritto al sindacato stipulante potrebbe rifiutare la statuizione contenuta nell’accordo collettivo; nel secondo caso, non si porrebbe una questione di efficacia del contratto, in quanto la stessa deriverebbe da un altro atto. In altre parole in tale ultima ipotesi gli accordi collettivi si limiterebbero
5 X. xxxx., 00 xxxxxx 0000, x. 000, Xxx. Xx. Dir. Lav., 1995, II, p.237, con nota di XXXXXXXXXXX.
ad integrare una fattispecie legale, alla quale soltanto sarebbero imputabili gli effetti erga momnes6.
Con particolare riferimento al rapporto tra l’art. 39 Cost. ed i Fondi di solidarietà, la questione desta alcune perplessità in considerazione della vincolatività degli accordi istitutivi nei confronti dei lavoratori e dei datori di lavoro non iscritti alle associazioni sindacali stipulanti e, soprattutto, alla luce dell’obbligo contributivo che grava su tutti i datori di lavoro apparteneti al settore produttivo di riferimento.
In merito è da osservare che i predetti Fondi vengono costituiti in forza dei decreti ministeriali che recepiscono il contenuto dei contratti collettivi stipulati dalle parti; così che, mentre è devoluto all’autonomia collettiva il compito di predisporre un sistema di garanzie del reddito per i lavoratori, è il Governo a predisporre una disciplina degli ammortizzatori sociali da applicare al settore economico considerato, determinando in tal modo un’applicazione generalizzata del sistema di garanzia del reddito predisposto dal contratto collettivo7.
6 SIGILLO’ XXXXXXX, Fondi di solidarietà e sistema previdenziale, cit.; VALLEBONA, L’incertezza del diritto del lavoro e i necessari rimedi, Riv. It. Dir. Lav., 2004, p. 3; PESSI, Contratto collettivo e fonti del diritto del lavoro, Arg. Dir. Lav., 1998, p. 762.
7 SIGILLO’ XXXXXXX, Fondi di solidarietà e sistema previdenziale, cit.; XXXXXXXX, Il diritto del lavoro e le sue fonti, Riv. It. Dir. Lav., 2001, 3, p. 219 ss.; LISO, Autonomia collettiva e occupazione, Giorn. Dir. Rel. Ind., 1998, p. 254.
2. Enti bilaterali e imprese artigiane.
Il principale settore in cui storicamente hanno operato gli Enti bilaterali è quello dell’artigianato, caratterizzato da una forte frammentarietà dell’attività produttiva e da una forte presenza dei sindacati radicata nel territorio.
Data la limitata dimensione occupazionale delle imprese artigiane, tale settore è escluso dall’applicazione della normativa in tema di integrazione salariale e ciò ha comportato lo svilupparsi di un sistema di tutela previdenziale, gestito proprio dagli Enti bilaterali, di origine contrattuale, a garanzia del reddito dei lavoratori per il caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa dovute a crisi temporanee8.
Questo sistema di tutela è stato introdotto nel settore artigiano per la prima volta con l’accordo interconfederale 21 dicembre 1983 ed è stato poi ripreso negli accordi interconfederali del 27 febbraio 1987 e del 21 luglio 1988, che hanno previsto la costituzione di Enti bilaterali a livello regionale anche con la previsione di strutture intercategoriali9.
8 SANTONI, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, Dir. Merc. Lav., 2010, p. 11 ss; MOCELLA, Impresa artigiana e diritto del lavoro, Napoli, 2005; SATURNO, Trattamento straordinario di cig nel settore dell’artigianato e del commercio, in Integrazioni salariali, eccedenze di personale e mercato del lavoro, XXXXXXX-XXXXXXXXX-SANTONI (a cura di), Napoli, 1992, p. 85ss
9 SANTONI, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, cit.
Pertanto, la funzione fondamentale affidata agli Enti bilaterali, in mancanza dei presupposti per l’applicazione dell’integrazione salariale, è quella di fornire un sostegno al reddito dei dipendenti di imprese artigiane, che procedano a sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, come misura alternativa per evitare i licenziamenti.
Di particolare rilievo è la legge n. 236/1993, la quale incentiva l’adesione ai Fondi bilaterali paritetici, costituiti proprio con gli accordi interconfederali di cui sopra.
L’art. 5, 5° comma, l. n. 236/1993, infatti, prevede che le imprese non rientranti nel campo di applicazione della normativa in tema di integrazione straordinaria del reddito, con più di quindici dipendenti, che, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale nel corso delle procedure di mobilità o al fine di evitare licenziamenti plurimi per giustificato motivo oggettivo, stipulano contratti collettivi di solidarietà, possono fruire, per un periodo massimo di due anni, di un contributo pari alla metà del monte retributivo da esse non dovuto a seguito della riduzione di orario. Il predetto contributo viene erogato in ratte trimestrali e ripartito in parti uguali tra impresa e lavoratori interessati10.
10 RENGA, Bilateralità e sostegno del reddito tra autonomia e eteronomia, Padova, 2013, p. 23 ss; SANTONI, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, cit.; MOCELLA, Impresa artigiana e diritto del lavoro, cit.
Tale disposizione, derogando al campo applicativo dei contratti di solidarietà previsti dalla l. n. 726/1984, è applicata, ai sensi del comma 8, art. 5, l. n. 236/1993, alle imprese artigiane non rientranti nell’ambito di applicazione del trattamento straordinario di integrazione salariale, anche dove occupino meno di sedici dipendenti, a condizione che i lavoratori con orario ridotto da esse dipendenti percepiscano, a carico dei Fondi bilaterali istituiti da contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale, una prestazione di entità non inferiore alla metà della quota del contributo pubblico destinata ai lavoratori. In tal modo i lavoratori percepiscono un’integrazione che dal 60 per cento della retribuzione persa è arrivata fino all’80 per cento e i datori di lavoro, pur pagando un contributo addizionale, beneficiano di agevolazioni contributive per ogni lavoratore interessato11.
La disciplina ora esaminata “configura per la prima volta gli Enti bilaterali come gestori di un ammortizzatore sociale in partnership con lo Stato. L’intervento del Fondo bilaterale diventa condizione legittimante per l’attribuzione del trattamento pubblico.
11 XXXXXXX, Politiche dell’impiego e crisi occupazionale nella legge n. 236, Lav. Inf., 1993, 19, p. 15
Essa contiene, dunque, in nuce i due elementi che si sarebbero poi combinati nella miscela esplosiva degli ammortizzatori sociali in deroga, ovvero la deroga appunto alla disciplina originariamente prevista per gli ammortizzatori sociali e l’affiancamento finanziario dei Fondi bilaterali quale condizione per l’intervento pubblico”12.
Inoltre, l’art. 13 della l. n. 80/200513 in tema di indennità ordinaria di disoccupazione, prevedeva che tale indennità fosse riconosciuta anche ai lavoratori sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero determinate da situazioni momentanee di mercato, che ne abbiano i requisiti contributivi nel limite di spesa di 48 milioni di euro annui; in particolare, il comma 8 della normativa in parola disponeva a favore dell’artigianato, con le stesse modalità di cui sopra, l’assicurazione di disoccupazione con requisiti ridotti, nel limite di spesa di 6 milioni di euro annui, subordinatamente (ancor una volta) ad un intervento integrativo pari almeno alla misura del 20 per cento a carico degli Enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva, o alla
12 così BOZZAO, Enti bilaterali e ammortizzatori sociali, in Indagine sulla bilateralità nel terziario, FAIOLI (a cura di), Torino, 2010.
13 Ora abrogato dalla l. n. 2/2009.
somministrazione da parte degli stessi enti di attività di formazione o riqualificazione professionale, di durata non inferiore a 120 ore14.
In tal modo si ribadisce l’utilizzo del sistema degli Enti bilaterali quale condizione legittimante l’accesso al trattamento pubblico per il settore artigiano, pur se tale sistema , tuttavia, comporta una disparità di trattamento tra i dipendenti di imprese artigiane che aderiscono e quelli di imprese che non aderiscono ai Fondi bilaterali, potendo solo i primi accedere alla prestazione di disoccupazione in deroga15.
14 XXXXXXX, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, cit.; MOCELLA, Impresa artigiana e diritto del lavoro, cit.; XXXXXXX, Politiche dell’impiego e crisi occupazionale nella legge n. 2, cit.
15 RENGA, Bilateralità e sostegno del reddito tra autonomia e eteronomia, cit.
3. I Fondi bilaterali di solidarietà nella l. n. 662/1996.
La legge n. 662/1996 ha previsto la possibilità di definire, in via sperimentale, tramite uno o più decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro del tesoro, misure per il perseguimento di politiche attive di sostegno del reddito e dell’occupazione nell’ambito di processi di riorganizzazione aziendali e per fronteggiare situazioni di crisi di enti ed aziende pubblici e privati erogatori di pubblica utilità, nonché delle categorie e settori d’impresa sprovvisti di un sistema di ammortizzatori sociali.
Tali misure dovrebbero trovare attuazione attraverso la costituzione di Fondi di solidarietà settoriali, ad opera della contrattazione collettiva, con la finalità sia di porre in essere politiche attive del lavoro, sia di porre rimedio a problemi di eccedenza di personale. Sebbene, infatti, la priorità del legislatore sembra essere quella di promuovere politiche attive per il reimpiego dei lavoratori, in realtà nell’ampio dettato legislativo deve essere ricompresa anche la possibilità di personale, riconducibili a fenomeni sia transitori, che permanenti16. In tal modo viene a configurarsi uno strumento di sostegno al reddito con molteplici finalità che va a sostituirsi istituti classici, quali l’integrazione salariale
16 SIGILLO’ XXXXXXX, Fondi di solidarietà e sistema previdenziale, cit., p. 10 ss.; XXXXXXXX, Le ragioni per riformare gli strumenti di sostegno al reddito per i disoccupati e gli incentivi all’occupazione, Quad. Agens, 2000, I, 69.
straordinaria, le procedure di licenziamento collettivo e la mobilità lunga.
L’ambito di intervento della disciplina è settoriale, essa, infatti, è destinata a trovare applicazione in quei settori produttivi esclusi dall’applicazione dell’integrazione salariale.
La costituzione dei Fondi di solidarietà, la regolamentazione dei criteri, entità e modalità delle prestazioni erogabili dai Fondi stessi, sono stabilite dalla contrattazione collettiva nazionale; la legge prevede soltanto che i Fondi sono finanziati con un contributo, a carico dei datori di lavoro, sulla retribuzione non inferiore allo 0,50 per cento e con una eventuale partecipazione dei lavoratori che può coprire al massimo il 25 per cento del contributo stesso.
La legge non disciplina direttamente i caratteri dei Fondi, le modalità di gestione e di erogazione delle prestazioni, tali materie sono demandate alla potestà regolamentare del Governo, che dovrà attenersi a quanto stabilito dalle organizzazioni sindacali. L’esecutivo, pertanto, nel rispetto dei criteri direttivi previsti dalla legge ordinaria, deve recepire quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, alla quale compete l’individuazione dei trattamenti di sostegno al reddito dei lavoratori
eccedenti e la definizione dei presupposti per l’intervento dei Fondi bilaterali17.
Dall’analisi della disciplina emerge la chiara intenzione del legislatore di non estendere la disciplina delle integrazioni salariali, o predisporre nuovi strumenti di tutela, in quei settori sprovvisti di un sistema di ammortizzatori sociali ma, piuttosto, egli ha preferito affidare alle parti sociali il compito di individuare gli strumenti di gestione delle eccedenze di personale, al fine di consentire alla contrattazione collettiva di trovare gli strumenti più adatti per fronteggiare le crisi occupazionali18.
In seguito all’entrata in vigore della legge n. 662/1996, fu emanato il decreto n. 447/1997, il quale ha previsto che il contenuto dei contratti collettivi diventi il criterio direttivo valido ai fini dell’esercizio del potere regolamentare, istituendo così un meccanismo basato sul principio di assorbimento delle clausole della contrattazione collettiva nell’efficacia tipica del regolamento ministeriale, senza, tuttavia, un preciso riferimento normativo in tal senso.
17SIGILLO’ XXXXXXX, Fondi di solidarietà e sistema previdenziale, cit., p. 10 ss.; XXXXXXXX, Le ragioni per riformare gli strumenti di sostegno al reddito per i disoccupati e gli incentivi all’occupazione, cit.; MAGRI, Previdenza sperimentale e contrattazione collettiva per i dipendenti delle ferrovie, Lav. Dir., 1999, 417.
18SIGILLO’ XXXXXXX, Fondi di solidarietà e sistema previdenziale, cit.; MAGRI, Previdenza sperimentale e contrattazione collettiva per i dipendenti delle ferrovie, cit.; LAMBERTUCCI, La disciplina delle eccedenze di personale tra legge e contrattazione collettiva: prime riflessioni sull’art. 2, ventottesimo comma, legge 23 dicembre 1996, n. 662, Arg. Dir. Lav., 1997, p. 263.
Il recepimento delle statuizioni del contratto collettivo in un atto di normazione secondaria, da un lato, comporta l’attribuzione dell’efficacia generalizzata al contratto medesimo e, dall’altro, pone le premesse per l’instaurazione, in presenza dei requisiti individuati dalla contrattazione collettiva, dei relativi rapporti giuridici previdenziali.
Presupposto, quindi, per l’instaurazione dei nuovi rapporti giuridici previdenziali è che le pattuizioni del contratto collettivo nazionale vengano recepite da un atto amministrativo di natura regolamentare, conseguentemente tali rapporti, concepiti e disciplinati da un atto negoziale, vengono a configurarsi come rapporti di natura pubblicistica. Tale conclusione è avvalorata sia dalla natura pubblicistica degli interessi gestiti dai Fondi bilaterali, sia dall’istituzione di detti Fondi presso l’INPS.
Il decreto n. 447/1997, infine, prevede che i Fondi siano gestiti da un comitato composto da esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori ed abbiano una gestione finanziaria e patrimoniale autonoma.
Infine, le caratteristiche principali dei Fondi di solidarietà ,disciplinati dalla legge n, 662/1996, possono riassumersi nella natura privata delle risorse, data la contribuzione posta a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, e nella pariteticità di gestione, assicurata dalla partecipazione
in eguale misura delle parti sociali al comitato direttivo, nonché dalla costituzione del Fondo presso l’INPS19.
19 SIGILLO’ XXXXXXX, Fondi di solidarietà e sistema previdenziale, cit.; CECCONI-NICCOLAI, La festone degli esuberi nel settore del credito, Riv. It. Dir. Lav., 2001, 13; XXXXXXXX-XXXXXXXXXXX, Ammortizzatori sociali “fai da te”: il caso del settore del credito, Prev. Pubbl. Priv., 2001, I, p. 101; XXXXXXXXXXX, La disciplina delle eccedenze di personale tra legge e contrattazione collettiva: prime riflessioni sull’art. 2, ventottesimo comma, legge 23 dicembre 1996, n. 662, cit.
4. I fondi interprofessionali: la legge n. 388/2000.
I Fondi paritetici interprofessionale sono disciplinati dall’art. 118 della
l. n. 388/2000 e sono destinati a regolamentare la formazione continua dei prestatori di lavoro al fine di accrescere la competitività delle imprese e l’occupabilità dei lavoratori. La legge delega alle associazioni sindacali, maggiormente rappresentative a livello nazionale, il compito di costituire, mediante contratti collettivi, previo rilascio dell’autorizzazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Fondi che promuovano lo sviluppo della formazione continua dei lavoratori, mediante il finanziamento di piani formativi aziendali, territoriali, settoriali e individuali, concordati tra le parti sociali, sentite le regioni e le province autonome20.
I Fondi interprofessionali sono finanziati mediante un obbligo contributivo a carico dei datori di lavoro, pari allo 0,30 per cento della retribuzione; l’adesione ai Fondi, tuttavia, da parte dei datori di lavoro è facoltativa e in caso di mancata adesione il contributo dello 0,30 per cento della retribuzione andrà versato direttamente all’INPS.
20 RENGA, Bilateralità e sostegno al reddito tra autonomia ed eteronomia, Padova, 2013, p. 49 ss.; XXXXXXXX, CASSANO, TIRABOSCHI, L’intervento sui fondi interprofessionali per la formazione continua. I nuovi fondi di solidarietà, in La nuova riforma del lavoro, MAGNANI-TIRABOSCHI (a cura di), Milano, 2012.
I Fondi costituiti ai sensi della legge n. 388 del 2000 operano in un logica intersettoriale, infatti, le imprese sono libere di aderire a qualsiasi fondo a prescindere dal settore produttivo di appartenenza.
Tale disciplina normativa si pone in linea di continuità con l’incentivazione della formazione, già avviata con la l. n. 845/1978, ma decentra le relative risorse dall’INPS ai Fondi bilaterali interprofessionali. Tuttavia con la l. n. 92/2012 vi è stata una inversione di tendenza, in quanto la stessa ha disposto la confluenza dei Fondi interprofessionale nei Fondi bilaterali da essa costituiti, interrompendo un processo evolutivo, avviato sulla scia degli orientamenti delle istituzioni europee, che prevedeva un riequilibrio delle risorse tra politiche passive – di sostegno al reddito – e politiche attive – ovvero la formazione - 21.
Parte della dottrina sottolinea come i Fondi, ex l. n. 388/2000, gestiscano, per delega dei pubblici poteri, risorse appartenenti alla solidarietà generale, formatesi grazie ad un contributo obbligatorio, e non risorse associative, come avviene per l’attività degli enti bilaterali22.
21 RENGA, Bilateralità e sostegno al reddito tra autonomia ed eteronomia, cit.; TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, in Commentario alla legge n. 92/2012, XXXXXXX-MAZZOTTA-CINELLI (a cura di), Torino, 2013; CINELLI, Diritto
della previdenza sociale, cit.; XXXXXXXX, CASSANO, TIRABOSCHI, L’intervento sui fondi interprofessionali per la formazione continua, cit.
22 NAPOLI, Gli enti bilaterali nella prospettiva di riforma del mercato del lavoro, Jus, 2003, p. 236 ss.
La normativa dei Fondi in parola, poi, è stata ulteriormente modificata dalla l. n. 289/2002, la quale ha connotato gli stessi di un aspetto più marcatamente pubblicistico. La legge, infatti, prevede che il presidente del collegio dei sindaci dei Fondi interprofessionali è nominato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Presso lo stesso Ministero, inoltre, è istituito, con decreto ministeriale, senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato, l’Osservatorio per la formazione continua con il compito di elaborare proposte di indirizzo attraverso la predisposizione di linee-guida e valutazioni in ordina all’attività dei Fondi. I piani formativi sono stabiliti sentite le regioni e le province autonome territorialmente interessate. La norma prosegue ulteriormente prevedendo che in caso di irregolarità o di inadempimenti, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può disporre la sospensione dell’operatività dei Fondi o il loro commissariamento.
Infine va rilevato come le modalità di adesione ai Fondi e di trasferimento delle risorse sono disciplinate dall’INPS, che poi comunica al Ministero del lavoro e ai Fondi stessi il gettito contributivo23.
In proposito parte della dottrina ha evidenziato come si sia in tal modo generato “un intreccio di privato burocratizzato sotto sorveglianza
23 RENGA, Bilateralità e sostegno al reddito tra autonomia ed eteronomia, cit.; XXXXXXXX, CASSANO, TIRABOSCHI, L’intervento sui fondi interprofessionali per la formazione continua, cit.
pubblica con una sorta di funzionalizzazione e percorso obbligato anche per i successivi passi negoziali che appunto vengono indirizzati e limitati”24.
Alla luce della normativa esaminata dei Fondi per la formazione è sorto un dibattito in dottrina circa la natura, pubblica o privata, delle risorse gestite dagli stessi.
Fermo restando che i Fondi sono organismi privati costituiti nella forma di associazioni non riconosciute ovvero di enti con personalità giuridica, le risorse da essi gestite derivano da contributi versati obbligatoriamente dai datori di lavoro che optino per l’adesione ai Fondi, anziché per il versamento delle relative somme all’INPS; va rilevato come le somme versate mantengano un collegamento diretto con la relativa azienda, posto che le aziende contribuenti possono chiedere ai Fondi il finanziamento per lo svolgimento di programmi di formazione, nel limite del contributo versato. Tale eventualità confermerebbe la natura privatistica delle risorse, configurando gli interventi di formazione, finanziati dai Fondi in parola, come investimenti aziendali25. Secondo parte della dottrina, tuttavia, deve prevalere la genesi del contributo, la quale, insieme con la funzione e il carattere di
24 MARTINENGO, Enti bilaterali: appunti per la discussione, Lav. Dir., 2003, p. 175.
25 CARMIATI, CASSANO, XXXXXXXXXX, L’intervento sui fondi interprofessionali per la formazione continua, cit.
obbligatorietà dello stesso, fa propendere per la natura pubblicistica delle risorse gestite dai Fondi interprofessionali 26 . Tale ultima tesi è avvalorata, da un lato, dalla funzione del contributo di promuovere la formazione degli occupati nel mercato del lavoro, che è un interesse pubblico, e dall’aver messo i fondi sotto sorveglianza dei pubblici poteri, in particolare del Ministero del lavoro e dell’INPS; dall’altro, dall’essere tale contributo utilizzato anche da altri soggetti e per finalità diverse dalla formazione27.
Lo sviamento delle risorse dalla formazione verso politiche passive di sostegno del reddito, come detto, non è condivisibile, tuttavia, dimostrerebbe la natura pubblica dei contributi, posto che l legislatore ne dispone per scopi e con modalità che ritiene necessari28.
26 RENGA, Bilateralità e sostegno al reddito tra autonomia ed eteronomia, cit.
27 v. ad esempio la legge n. 92 del 2012, la quale introduce la possibilità che i fondi interprofessionali confluiscano nei Fondi di solidarietà a tutela del reddito.
28 RENGA, Bilateralità e sostegno al reddito tra autonomia ed eteronomia, cit.;
XXXXXXXXXX, Gli enti bilaterali dopo il d.lgs. 276/2003, Lav. Dir., 2006, p. 247.
5. La valorizzazione del ruolo degli Enti bilaterali nel mercato del lavoro: i Fondi per la formazione e l’integrazione del reddito, ex art. 12, d.lgs. n. 276 del 2003.
Il Patto per l’Italia del 2002 ha previsto un notevole ampliamento delle funzioni degli Enti bilaterali, prefigurando una riforma del mercato del lavoro nel quale tali Enti assumono un ruolo centrale; in particolare agli organismi bilaterali sono delegati importanti compiti in relazione alla gestione degli ammortizzatori sociali, alla certificazione dei rapporti di lavoro, alla formazione e, soprattutto, nella gestione del mercato del lavoro e nelle politiche di emersione del lavoro sommerso29.
La successiva legge delega, poi, accogliendo alcune innovazioni del Patto del 2002, ha previsto:
- il conferimento agli Enti bilaterali di una funzione specifica nella gestione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro;
- l’attribuzione agli Enti bilaterali di poteri certificatori, ai fini della distinzione concreta tra interposizione illecita ed appalto genuino;
- compiti in tema di contratti a contenuto formativo e di tirocinio, in particolare sono attribuiti agli Enti bilaterali competenze autorizzatorie
29 FONTANA, Enti bilaterali e riforma del mercato del lavoro, in Mercato del lavoro: riforma e vincoli di sistema, DE XXXX XXXXXX-RUSCIANO-ZOPPOLI (a cura di), Napoli, 2004, p. 311 ss; XXXXXXXX, Organizzazione e disciplina del mercato del lavoro. Dal collocamento al rapporto giuridico per il lavoro, in Lavoro e diritti dopo il decreto legislativo 276/2003, CURZIO (a cura di), Bari, 2004.
in materia, specializzando il contratto di formazione e lavoro al fine di realizzare l’inserimento e il reinserimento mirato dei lavoratori in azienda;
- l’art. 4, prevede che gli Enti bilaterali siano deputati a verificare la volontà delle parti contraenti con riguardo alle tipologie contrattuali ivi richiamate;
- l’art. 5, infine, attribuisce agli Enti bilaterali il potere certificatorio, nonché di organo preposto al tentativo obbligatorio di conciliazione ed alle rinunzie e transazioni, ai sensi dell’art. 2113 c.c.
Come sostenuto in dottrina, “gli enti bilaterali sono qui non già il prodotto di un ordinamento sindacale evoluto, di una libera dialettica contrattuale tendente ad utilizzare tutta la gamma delle proprie possibilità ai fini della tutela del lavoro…, ma il risultato di un intervento esterno della legge, che pur essendo preceduto da un accordo triangolare detta funzioni, ambiti di intervento, poteri e caratteri strutturali degli enti bilaterali”30.
Successivamente il decreto emanato dal Governo ha sostanzialmente recepito il contenuto della legge delega, prevedendo:
30 FONTANA, Enti bilaterali e riforma del mercato del lavoro, cit., p. 315; XXXXXXXX, Il nuovo mercato del lavoro. Commentario al d.lgs. 10 settembre 2003,
n. 276, PEDRAZZOLI (a cura di), Bologna, 2004.
- all’art. 12, la costituzione di un Fondo bilaterale, costituito all’interno dell’ente bilaterale, dalle parti stipulanti il contratto collettivo nazionale delle imprese di somministrazione e manodopera ai fini della formazione e integrazione del reddito;
- agli artt. 48, 49 e 55, che all’interno degli Enti bilaterali possano essere stipulati accordi tendenti a stabilire modalità di erogazione in riferimento ai contratti di apprendistato, apprendistato professionalizzante e ai contratti di inserimento;
- all’art. 82, la competenza a certificare le rinunzie e le transazioni effettuate ai sensi dell’art. 2113 c.c.;
- all’art. 84, l’estensione della competenza in tema di procedure di certificazione, sia in sede di stipulazione del contratto di somministrazione, sia nella fase di attuazione del relativo programma negoziale.
Dal dettato legislativo si può subito notare come tra gli organismi bilaterali esaminati nei paragrafi precedenti – le cui funzioni erano principalmente di ampliamento delle tutele e di integrazione del welfare
– e gli Enti bilaterali disciplinati dal decreto n. 276/2003 vi sia una notevole differenza di struttura e competenze, essendo affidate a quest’ultimi prevalentemente funzioni “parapubbliche”31.
31 FONTANA, Enti bilaterali e riforma del mercato del lavoro, cit.
Passando ad esaminare più nello specifico l’art. 12 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, si può notare come la volontà normativa di promuovere specifiche azioni di riforma del mercato del lavoro si manifesta da un lato attraverso misure formative a favore dei lavoratori che hanno difficoltà ad entrare autonomamente nel mercato del lavoro, dall’altro sostenendo i lavoratori espulsi dai processi produttivi attraverso la predisposizione di programmi di riqualificazione e di misure di sostegno del reddito32.
La norma in commento prevede l’obbligo da parte delle Agenzie di somministrazione di versare ad un apposito Fondo un contributo pari al 4 per cento della retribuzione lorda di ciascun lavoratore, che sia a tempo determinato e indeterminato. Dal tenore della legge emerge chiaramente l’intenzione di affidare a due Fondi distinti i contributi derivanti dalle retribuzioni dei lavoratori a tempo determinato e quelli derivanti dalle retribuzioni dei lavoratori a tempo indeterminato; meno chiaro, invece, appare se tali Fondi possano essere gestiti da un unico ente o necessariamente da due organismi separati, tale ultima soluzione è prevalsa nella pratica, essendo stati costituiti due Fondi separati.
32 così PEDRAZZOLI, Fondi per la formazione e l’integrazione del reddito, in Il nuovo mercato del lavoro. Commentario al d.lgs. n. 276 del 2003, PEDRAZZOLI (a cura di), Bologna, 2004, 187 ss.
I contributi sono destinati ai Fondi bilaterali, a conferma dell’indirizzo dato dal legislatore nella legge delega, e serviranno per finanziare sia finalità formative che di sostegno al reddito. Tali Fondi sono costituiti come soggetti giuridici di natura associativa, ai sensi dell’art. 36 c.c., quindi come associazioni non riconosciute, ovvero come soggetti dotati di personalità giuridica, ai sensi dell’art. 12 c.c., con procedimento per il riconoscimento rientrante nelle competenze del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Le principali funzioni assegnate dal Ministero sono, come detto precedentemente, in materia di formazione, di definizione dei permessi per le rappresentanze sindacali, di attività di servizio degli istituti paritetici e di sostegno al reddito di natura assistenziale e previdenziale.
Tra i requisiti previsti dal d.lgs. n. 276/2003 per le agenzie di somministrazione di lavoro al fine di ottenere il rilascio dell’autorizzazione, provvisoria o definitiva, è richiesta la regolare contribuzione ai Fondi bilaterali di cui all’art. 1233.
Il legislatore, quindi , ripropone anche per la somministrazione di lavoro il meccanismo di contribuzione per la formazione e sostegno del
33 PEDRAZZOLI, Fondi per la formazione e l’integrazione del reddito, cit., p. 195 ss; CARINCI, Il casus belli degli enti bilaterali, Lav. Dir., 2003, p. 207 ss.; XXXXXX, Il futuro degli enti bilaterali: collaborazione e antagonismo alla prova della riforma del mercato del lavoro, Lav. Dir., 2003, p. 211; DEL PUNTA, Enti bilaterali e modelli di regolazione sindacale, Lav. Dir., 2003, p. 219.
reddito, già previste precedentemente per il lavoro temporaneo. I soggetti autorizzati alla somministrazione dovranno così versare un contributo pari al 4 per cento delle retribuzioni lorde corrisposte ai lavoratori assunti sia con contratto a tempo determinato che indeterminato.
In riferimento alle finalità dei Fondi bilaterali, occorre distinguere, da un lato, la contribuzione versata a fronte delle retribuzioni corrisposte ai lavoratori a tempo determinato, per la quale il 1° comma dell’art. 12 dispone che le risorse sono destinate a promuovere percorsi di qualificazione e riqualificazione anche in funzione di continuità di occasioni di impiego e a prevedere specifiche misure di carattere previdenziale.
Dall’altro lato, invece, relativamente alle assunzioni a tempo indeterminato il dettato normativo è più ampio ed, infatti, ai sensi del 2° comma dell’art. 12, le relative risorse saranno destinate a:
a) iniziative comuni finalizzate a garantire l’integrazione del reddito dei lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato in caso di fine lavoro;
b) iniziative comuni finalizzate a verificare l’utilizzo della somministrazione di lavoro e la sua efficacia, anche in termini di
promozione della emersione del lavoro non regolare e di contrasto agli appalti illeciti;
c) iniziative per l’inserimento o il reinserimento nel mercato del lavoro di lavoratori svantaggiati, anche in regime di accreditamento con le regioni;
d) per la promozione di percorsi qualificazione o riqualificazione professionale34.
34 FONTANA, Enti bilaterali e riforma del mercato del lavoro, cit.; CARINCI, Il casus belli degli enti bilaterali, cit.; DEL PUNTA, Enti bilaterali e modelli di regolazione sindacale, cit.
6. L’intervento integrativo degli enti bilaterali come condizione necessaria per l’intervento pubblico: l. n. 2/2009.
L’art. 19, l. n. 2 del 2009, prevede l’intervento integrativo degli enti bilaterali quale condizione necessaria per l’erogazione del trattamento previdenziale pubblico35. La norma al comma 1° disponeva l’intervento del Fondo per l’occupazione con finanziamenti dedicati, per gli anni 2009-2012, per il pagamento dell’indennità di disoccupazione ordinaria e a requisiti ridotti, per una data di 90 giorni all’anno, a lavoratori di imprese escluse dai trattamenti di integrazione salariale sospesi per crisi aziendali o occupazionali, in possesso dei requisiti contributivi dell’assicurazione di disoccupazione. La prestazione non era erogabile nei casi di contratti di lavoro a termine con sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale, dove si riteneva che l’accettazione della sospensione da parte del lavoratore equivalesse ad accettazione della stessa36.
Il pagamento dell’indennità di disoccupazione per sospensione del rapporto di lavoro è, tuttavia, condizionato all’intervento integrativo, pari almeno al 20 per cento della misura della prestazione, degli Enti
35 SANTONI, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, Dir. Merc. Lav.,
2010, p. 11 ss.
36 RENGA, Bilateralità e sostegno al reddito tra autonomia ed eteronomia, cit., PESSI, Il welfare mix tra mercato globale e cittadinanza sociale, Riv. Dir. Sic. Soc., 2009, p. 500 ss.; XXXXXXXX, Gli ammortizzatori sociali in deroga, Milano, 2010,
p. 87 ss.
bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva. L’intervento degli Enti non è più previsto anche per la formazione, il che segna un inversione di tendenza rispetto al passato di segno negativo, considerando il ruolo fondamentale che rivestono gli organismi bilaterali proprio in ambito di formazione e riqualificazione professionale.
Il comma 1° dell’art. 19 prevedeva, inoltre, entro un limite di spesa dato, sempre subordinatamente all’intervento integrativo degli Enti bilaterali istituiti dalla contrattazione collettiva, pari almeno alla misura del 20 per cento dell’indennità stessa, un trattamento in caso di sospensione per crisi aziendali o occupazionali ovvero in caso di licenziamento, pari all’indennità ordinaria di disoccupazione, per gli apprendisti con almeno tre mesi di anzianità aziendale, per una durata massima di 90 giorni nell’intero periodo di operatività del contratto di apprendistato37. I lavoratori interessati dalle misure previste dall’art. 19, 1° comma, dovevano rendere una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale. A tal proposito, il comma 10 dell’art. 19 stabiliva che in caso di rifiuto a partecipare ad un percorso di riqualificazione professionale o di accettare un lavoro congruo, il lavoratore avrebbe perso il diritto a qualsiasi
37 RENGA, Bilateralità e sostegno al reddito tra autonomia ed eteronomia, cit., p. 30; XXXXXXXX, Gli ammortizzatori sociali in deroga, cit.; XXXXXXX, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, cit.
erogazione di carattere retributivo e previdenziale, anche a carico del datore di lavoro. il carattere della congruità coincideva con un lavoro inquadrato in un livello retributivo non inferiore del venti per cento rispetto a quello delle mansioni di provenienza, che si svolgesse in un luogo distante non più di 50 chilometri dalla residenza del lavoratore o fosse comunque raggiungibile in meno di 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici38.
Le modalità di gestione dei trattamenti di disoccupazione per sospensione erano affidate ad apposite convenzioni tra INPS e Enti bilaterali. Il comma 7 dell’art. 19, poi, disponeva che i contratti e gli accordi interconfederali collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale stabiliscono le risorse minime, nonché i criteri di gestione e rendicontazione. Quindi alla contrattazione collettiva c.d. qualificata era demandata l’individuazione delle caratteristiche delle prestazioni da erogare e la definizione della quota di risorse integrative fino a concorrenza delle risorse disponibili39.
38 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit.; PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, cit.
39 RENGA, Bilateralità e sostegno al reddito tra autonomia ed eteronomia, cit., p. 35; LISO, Appunti su alcuni profili dell’art. 19, decreto-legge n. 185/2000 convertito nella legge n. 2/2009, Riv. Dir. Sic. Soc., 2009, 3, p. 705.
L’adesione e contribuzione agli Enti bilaterali è volontaria e le clausole contrattuali che prevedono il versamento della contribuzione da parte dei datori di lavoro agli Enti hanno una valenza di mero onere per gli stessi , per cui il mancato adempimento comporta solo l’esclusione dalle prestazioni.
Ciò ha comportato una disparità di trattamento tra i lavoratori, derivante dal condizionamento della prestazione all’intervento integrativo degli Enti bilaterali, che venne risolta dal legislatore, prevedendo che nelle ipotesi in cui mancasse l’intervento integrativo degli Enti bilaterali, i lavoratori potessero accedere direttamente agli ammortizzatori, in deroga alla normativa vigente. In tal caso, l’eventuale ricorso ai trattamenti di cassa integrazione straordinaria o all’indennità di mobilità in deroga era subordinato all’esaurimento delle prestazioni erogate ai sensi dell’art. 1940.
Tuttavia, rimaneva una disparità nell’ambito delle imprese escluse dall’intervento di integrazione salariale, tra datori di lavoro che hanno finanziato la prestazioni attraverso il versamento dei contributi agli Enti
40 Cfr. XXXXXXX, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, cit.; XXXXXXXX, Gli ammortizzatori sociali in deroga, cit.
bilaterali e datori di lavoro i cui dipendenti ricevono trattamenti in deroga senza che sia stata versata alcuna contribuzione41.
Dal punto di vista della bilateralità si può dire che la legge n. 2/2009 è stata diversamente interpretata dalla dottrina, alcuni autori, infatti, hanno visto negativamente l’estensione del canale bilaterale, già radicato in settori come l’artigianato, a settori estranei a tale modalità operativa42; altri, invece hanno interpretato tale legge come un’evoluzione del sistema degli ammortizzatori sociali dove si combinavano virtuosamente il sistema pubblico, quello regionale e quello dell’autonomia collettiva43.
41 x. XXXXXX, Enti bilaterali e ammortizzatori sociali, in Indagine sulla bilateralità nel terziario, FAIOLI (a cura di), Torino, 2010; LISO, Appunti su alcuni profili dell’art. 19, decreto-legge n. 185/2000 convertito nella legge n. 2/2009, cit.
42 ; XXXX, Appunti su alcuni profili dell’art. 19, decreto-legge n. 185/2000 convertito nella legge n. 2/2009, cit.
43 XXXXXXXX, Gli ammortizzatori sociali in deroga, cit.
7. I Fondi bilaterali di solidarietà nella legge n. 92/2012.
La legge 92/2012 ha previsto l’istituzione dei Fondi bilaterali di solidarietà destinati ad assicurare forme di sostegno al reddito in favore dei lavoratori che appartengono a settori produttivi esclusi dall’ambito di applicazione della normativa in materia di integrazione salariale ordinaria e straordinaria.
Pertanto, la legge n. 92 del 2012 prevede che entro sei mesi dalla sua entrata in vigore le organizzazioni sindacali e imprenditoriali, comparativamente più rappresentative a livello nazionale, sono tenute a stipulare accordi o contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione dei Fondi di solidarietà bilaterale, che saranno successivamente istituiti presso l’INPS, con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze44.
I decreti ministeriali dovranno stabilire, inoltre, il loro campo di applicazione, in considerazione del settore lavorativo interessato, della natura giuridica dei datori di lavoro coinvolti e della classe di ampiezza di quest’ultimi.
44 Cfr. PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, cit. p. 358; CiINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit.; TURSI, I fondi di solidarietà bilaterale, cit.; RENGA, Bilateralità e sostegno del reddito tra autonomia ed eteronomia, cit.; SIGILLO’ XXXXXXX, La disciplina intertemporale dei Fondi bilaterali preesistenti, in Il nuovo mercato del lavoro, XXXXXXX-XXXXXXX-MAZZOTTA, (a cura di), Torino, 2013; XXXXXXXX, Previdenza contrattuale e fondi di solidarietà bilaterali, Dir. Rel. Ind., 2012, p. 628.
I nuovi Fondi di solidarietà sono modellati sulla falsa riga dei Fondi istituti con la legge n. 662/199645, essi, quindi, sono enti privi di personalità giuridica la cui costituzione è demandata alle parti sociali mediante la stipulazione di contratti collettivi. Il contenuto di tali contratti collettivi dovrà poi essere recepito dai decreti ministeriali di attuazione ai fini dell’istituzione del Fondo. Si evidenzia così un forte intreccio tra fonti di origine privatistica (contratti collettivi) e fonti di natura pubblicistica (regolamenti ministeriali), rimarcato dalla costituzione dell’ente presso l’INPS46.
La gestione del Fondo bilaterale è affidata ad un comitato amministratore nominato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali, formato da esperti designati dai rappresentanti delle organizzazioni sindacali e dai rappresentanti dei Ministeri del lavoro e dell’economia47.
Dato lo stretto legame che sussiste tra detti Fondi e l’ente previdenziale pubblico, la legge prevede che alle riunioni del comitato amministratore partecipi il collegio sindacale, nonché il direttore generale dell’INPS. Inoltre al direttore generale dell’INPS è attribuito un potere di veto sulle delibere del comitato, egli, infatti può sospendere
45 Sulla disciplina dei fondi ex l. n. 662/1996 v. paragrafo 3.
46 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit.; TURSI, I fondi di solidarietà bilaterale, cit.; RENGA, Bilateralità e sostegno del reddito tra autonomia ed eteronomia, cit.; SIGILLO’ XXXXXXX, La disciplina intertemporale dei Fondi bilaterali preesistenti, cit.
47 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit
l’efficacia di dette delibere, qualora ne ravvisi l’illegittimità nel termine di cinque giorni dalla loro emanazione48.
Infine, di particolare rilievo è l’obbligo posto a carico dei Fondi di solidarietà di pareggio del bilancio, tale obbligo è reso ancora più stringente in considerazione del fatto che l’erogazione delle prestazioni previdenziali da parte dell’ente in parola è subordinata alla previa costituzione di specifiche riserve finanziarie, entro i limiti delle risorse acquisite, e dalla previsione per cui in assenza dell’adeguamento contributivo l’INPS è tenuto a non erogare le prestazioni; tali previsioni suscitano non poche perplessità sulla loro legittimità, dato il contrasto con il principio fondamentale dell’automatismo delle prestazioni previdenziali49.
Ai fini del coordinamento della legge di riforma del 2012 con la disciplina dei Fondi bilaterali già esistenti, è stato introdotto anche un modello c.d. alternativo, in particolare le organizzazioni sindacali e imprenditoriali, nei settori dove già sono operanti Fondi bilaterali, sono tenute ad adeguare le fonti istitutive dei rispettivi Fondi bilaterali alle finalità perseguite dal nuovo istituto, assumendo misure intese ad assicurare ai lavoratori una tutela reddituale in costanza di rapporto di
48 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterale, cit.
49 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit.; TURSI, I fondi di solidarietà bilaterale, cit.
lavoro, in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, correlate alle caratteristiche delle attività produttive interessate50.
Da ultimo, per il caso in cui, nonostante l’obbligatorietà della loro istituzione, i Fondi bilaterali non vengano costituiti, la legge prevede la costituzione, con decreto interministeriale e per gli stessi scopi, del Fondo di solidarietà residuale51.
50 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterale, cit.
51 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit.
CAPITOLO II
STRUTTURA E FUNZIONI DEI FONDI BILATERALI DI
SOLIDARIETA’
1. Le origini degli enti bilaterali.
La dottrina è stata divisa, soprattutto in passato, circa il ruolo degli Enti bilaterali nel mercato del lavoro. In particolare, le posizioni sono divise tra chi intravede negli stessi pericoli di snaturamento della funzione di rappresentanza delle organizzazioni sindacali e chi, al contrario, considera la bilateralità come un nuovo strumento dell’azione sindacale che, attraverso la cooperazione con le imprese, risulta essere particolarmente efficace in quei settori caratterizzati da un mercato del lavoro frantumato e flessibile52.
L’affermarsi della cultura bilaterale ha come presupposto il superamento della concezione conflittuale e negoziale, considerata esclusiva dell’organizzazione sindacale, in favore di un’idea di azione sindacale improntata alla partecipazione e alla gestione. A tal proposito, alcuni autori hanno assimilato la funzione regolativa del sindacato alla
52 Cfr. LAI, Appunti sulla bilateralità, Dir. Rel. Ind., 2006, 4, p. 1020; MARTINENGO, Gli enti bilaterali dopo il d.lgs. n. 276/2003, Lav. Dir., 2006, p. 245 ss.; NAPOLI, Il diritto del lavoro tra conferme e sviluppi, Torino, 2006, p. 355 ss.; DEL PUNTA, Enti bilaterali e modelli di regolazione sindacale, Lav. Dir., 2003,
p. 221; XXXXXXXX, Istituzioni bilaterali e contrattazione collettiva: il settore edile,
Milano, 1989.
funzione legislativa del parlamento e l’attività di gestione degli Enti bilaterali all’attività di governo,53 sottolineando come per il sindacato sia più facile concorrere alla produzione di regole mediante la contrattazione collettiva, mentre la gestione di un ente presuppone la capacità di risolvere problemi di tipo operativo mediante una vera e propria “arte di governo”54.
D’altra parte, il fenomeno della bilateralità deve essere considerato come un importante strumento di partecipazione sociale che, insieme alla contrattazione collettiva, mira alla realizzazione di quella società democratica fondata sull’apporto delle formazioni sociali, così come espressamente riconosciuto dalla Carta costituzionale55. Un significativo riconoscimento del ruolo delle parti sociali nella gestione delle prestazioni di carattere previdenziale, può essere ritrovato anche nella Riforma del titolo V della Costituzione, laddove viene sancito il principio della sussidiarietà orizzontale, in base al quale è possibile la soddisfazioni di interessi di carattere generale attraverso l’intervento di soggetti privati. In particolare, gli Enti bilaterali possono avere un ruolo centrale per assicurare taluni servizi e prestazioni di carattere sociale, in
53 LAI, Appunti sulla bilateralità, op. ult. cit.; NAPOLI, Il diritto del lavoro tra conferme e sviluppi, op. ult. cit.
54 LAI, Appunti sulla bilateralità, op. ult. cit.; NAPOLI, Il diritto del lavoro tra conferme e sviluppi, op. ult. cit.
55 cfr. Centro Studi Cisl, Gli enti bilaterali ed il ruolo del sindacato, Firenze, 2002.
ambito territoriale, soprattutto, nel settore della piccola e medio impresa56.
Gli Enti bilaterali costituiscono un sottosistema del sistema delle relazioni industriali e costituiscono una sede privilegiata di confronto tra le parti sociali, realizzando un momento di incontro volto a favorire una maggiore collaborazione, soprattutto, su tematiche come retribuzione e prestazioni previdenziali, sia di sostegno al reddito, sia nell’ambito della formazione57.
Dal punto di vista della natura giuridica (v. infra), gli Enti bilaterali sono costituiti, generalmente, nella forma delle associazioni riconosciute, caratterizzate dalla regola della pariteticità, “che costituisce la proiezione sul piano gestionale della caratteristica principale della contrattazione collettiva” da cui traggono origine”58. Tale regola si riscontra sia ai fini della composizione dell’ente sia con riferimento al momento deliberativo, ovvero per la gestione e l’assunzione delle decisioni, dovendo queste essere assunte necessariamente con il consenso di entrambe le parti sociali rappresentate.
56 Il riconoscimento della centralità del ruolo del canale bilaterale è stato, invero, confermato dalla legge n. 92/2012, la quale ha previsto un intervento esclusivo degli Enti Bilaterali in alcuni settori esclusi da altre forme di tutela previdenziale.
57 LEONARDI, Gli enti bilaterali tra autonomia e sostegno normativo , Giornale dir. lav. rel. ind., 2004, 103, p. 444; XXXXXXXX, Interrogativi sugli enti bilaterali , Lav. Dir., 2003, 2, p. 167; XXXXXXXX, Enti bilaterali e contrattazione: un nuovo modello di relazioni industriali , Cont. Contratt. Coll., 2002, 5, p. 81.
00 x. XXXXXX, Xx diritto del lavoro tra conferme e sviluppi, cit.; sul punto anche LAI,
Appunti sulla bilateralità, cit.
La caratteristica principale degli Enti bilaterali è da ravvisarsi nell’essere costituiti e disciplinati dalla contrattazione collettiva, la quale rappresenta anche la fonte primaria di regolazione e di indirizzo. Secondo la prevalente dottrina le clausole istitutive degli Enti vanno ricondotte nell’alveo della cosiddetta parte obbligatoria del contratto collettivo, in quanto destinate a regolare i rapporti tra le parti stipulanti; ciò nonostante, la contrattazione collettiva affida agli Enti bilaterali la gestione di istituti contrattuali di carattere economico e normativo, in origine riservati alla competenza del datore di lavoro.
L’origine del fenomeno della bilateralità è da ricondursi ai primi anni del novecento ed ha avuto larga diffusione in quei settori ad elevata frantumazione produttiva e mobilità degli addetti, dove si riteneva maggiormente conveniente, per lavoratori e imprese, affidare ad un soggetto terzo l’erogazione, a scadenze predeterminate, di specifiche prestazioni59.
Uno dei premi esempi in proposito è dato dalle Casse edili, le quali si affermarono verso la fine degli anni cinquanta con il compito di erogare talune prestazioni contrattuali, quali trattamento economico per ferie,
59 XXXXXXXX XXXXXXXXXXX, Bilateralità e diritto del lavoro in Italia , Dir. Prat. Lav. , 2009, 48, p. 2731; XXXXXXXX, L'accordo nel settore artigiano per assetti contrattuali e enti bilaterali , Guid. Lav., 2006, 9, p. 96; XXXXXXXX, Gli enti bilaterali tra autonomia e sostegno normativo , Giornale dir. lav. rel. ind., 2004, 103, p. 444; BELLARDI, Contrattazione territoriale ed enti bilaterali: alcune osservazioni , Lav. Inf., 1997, 1, p. 21.
gratifica natalizia e anzianità, altrimenti difficilmente usufruibili in quel settore. Successivamente fu loro affidata la gestione di altre prestazioni, quali l’integrazione del trattamento economico per infortunio e malattia e l’assistenza sanitaria integrativa60.
Un altro importante ambito di intervento degli organismi bilaterali si è avuto nel sostegno al reddito nel caso di sospensione dell’attività produttiva. In particolare nell’artigianato si è sviluppato notevolmente il sistema della bilateralità a partire dall’esperienza delle Casse Mutue Artigiane per l’integrazione del trattamento di malattia e infortunio, soprattutto nei territori dove l’associazionismo era più radicato, infatti, con l’accordo interconfederale del 21 luglio 1988 è stato istituito un Fondo intercategoriale, a livello regionale, da gestire in maniera paritetica, per il sostegno al reddito dei lavoratori delle imprese interessate da sospensioni temporanee dell’attività causate da forza maggiore, indipendenti dall’attività dall’imprenditore, a cui si sono aggiunte in seguito le ipotesi di sospensione del lavoro causate da crisi congiunturale o aziendale. In tal modo, tramite l’intervento degli Enti bilaterali si garantisce un minimo di protezione in un settore altrimenti
60 Il modello era caratterizzato dalla costituzione di Casse edili a livello provinciale, con un coordinamento a livello nazionale affidato Commissione nazionaleparitetica per le Casse edili e alla contemporanea presenza di altri organismi bilaterali a seconda dell’ambito di intervento (es. Enti scuola nel campo della formazione professionale.
escluso da qualsiasi sistema di ammortizzatori sociali. Successivamente, con l’accordo interconfederale del 14 febbraio 2006 viene istituita la Consulta degli Enti bilaterali regionali, quale strumento per il monitoraggio, il confronto e la verifica dei sistemi di funzionamento e finanziamento, ed affidato all’Ente bilaterale nazionale il compito di coordinare gli interventi di solidarietà a fronte di eventi eccezionali o calamità naturali61.
Esperienze simili a quelle appena citate nell’artigianato si sono diffuse anche nel settore del terziario, del credito e dell’agricoltura.
In origine, quindi, sia la costituzione degli Enti bilaterali che la loro regolamentazione avveniva esclusivamente tramite la contrattazione collettiva, successivamente, a partire dalla legge n. 236/1993, vi è stato un esplicito riconoscimento del ruolo della bilateralità da parte del legislatore, il quale ha valorizzato sempre più il canale bilaterale, dapprima con la legge n. 30/2003, fino ad arrivare all’attuale legge di riforma del mercato del lavoro (l. n. 92/2012). In particolare, l’art. 2 della d.lgs. n. 276/2003 fornisce una definizione di Enti bilaterali quali organismi costituiti ad iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei
61 Cfr. XXXXXXXX, L’accordo nel settore artigiano per assetti contrattuali e enti bilaterali, Guid. Lav., 2006, 9, p. 96; DE LUCIA, CIUFFINI, Il sistema degli enti bilaterali nell’artigianato: una esperienza italiana al servizio del dialogo sociale europeo, in TIRABOSCHI (a cura di), La riforma Biagi del mercato del lavoro, Milano, 2004, p. 691
prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso: la promozione di una occupazione regolare e di qualità; l’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro; la programmazione di attività formative e la determinazione delle modalità di formazione professionale in azienda; la promozione di buone pratiche contro a discriminazione e per l’inclusione dei soggetti più svantaggiati; la gestione mutualistica dei fondi per la formazione e l’integrazione del reddito; la certificazione dei contratti di lavoro e di regolarità e congruità contributiva; lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento. Dall’analisi del dato normativo si evince chiaramente la tendenza del legislatore, non solo, di avvalersi degli Enti bilaterali, quale strumento necessario per l’erogazione di prestazioni di natura previdenziale, ma anche la tendenza ad utilizzare il canale bilaterale in altri ambiti, come la formazione ovvero la certificazione dei rapporti di lavoro, molto eterogenei tra loro.
2. La natura giuridica degli enti bilaterali.
Gli Enti bilaterali sono organismi privati istituiti dalla contrattazione collettiva che ne disciplina anche il funzionamento62.
Molto discussa è stata, soprattutto in passato, la natura giuridica degli organismi bilaterali, sebbene generalmente classificabili come associazioni non riconosciute ex art. 36 c.c., alcuni autori preferiscono definirli come associazioni non riconosciute di mutua assicurazione, stante lo scopo comune e non lucrativo che li contraddistingue e qualificano i contratti istitutivi come contratti plurilaterali con comunione di scopo, ai sensi dell’art. 1420 c.c.63.
Secondo altri autori, gli enti in questione, seppur riconducibili alle associazioni di cui all’art. 36 c.c., se ne discosterebbero in quanto la comunanza di scopo negli Enti bilaterali non caratterizza ugualmente la posizione giuridica di tutti gli associati, essendo presenti due centri di interessi ben diversificati, nonostante nella concreta attività dell’ente la diversità si destinata a ricomporsi in ragione della necessaria collaborazione fra le due “parti” dell’ente medesimo, al fine di realizzare
62 RENGA, Bilateralità e sostegno del reddito tra autonomia ed eteronomia, cit.; SIGILLO’ XXXXXXX, La disciplina intertemporale dei fondi bilaterali preesistenti, in Il nuovo mercato del lavoro, XXXXXXX-XXXXXXX-MAZZOTTA (a cura di), Torino, 2013, p. 535; XXXXXXXXXX, Enti bilaterali: appunti per la discussione, Lav. Dir., 2003, p. 175.
63 SIGILLO’ XXXXXXX, La disciplina intertemporale dei fondi bilaterali preesistenti, op. ult. cit.
lo scopo, di carattere strumentale, dell’attuazione e della gestione del contratto collettivo64.
Altri, infine, hanno accostato la fattispecie ai consorzi tra imprese, nel senso che l’organismo è preposto allo svolgimento di un’attività diretta a soddisfare interessi esplicitamente condivisi; secondo tale dottrina, nemmeno lo storico antagonismo degli interessi tra gli associati all’Ente bilaterale impedisce ai medesimi di identificare uno scopo comune di rilevanza cruciale, nel presupposto che il perseguimento di tale scopo non può alterare la dinamica delle restanti relazioni intersindacali65.
Tuttavia, secondo la dottrina preferibile, la forma giuridica assunta dagli Enti bilaterali è quella di enti “assimilabili” alle associazioni non riconosciute, ex art. 36 c.c., formate da rappresentanti delle associazioni datoriali e sindacali, seppur con alcune particolarità rispetto alla disciplina codicistica dettate dalla specialità degli enti in questione66.
In quanto costituiti nella forma di associazioni non riconosciute, la soggettività di tali enti trova la sua fonte nel contratto stipulato dalle parti, il quale stabilisce i diritti e gli obblighi degli associati e rimane
64 CESTER, Il futuro degli enti bilaterali: collaborazione e antagonismo alla prova della riforma del mercato del lavoro, Lav. Dir., 2003, p. 211.
65 ROMAGNOLI, Enti bilaterali: possibili risposte, Lav. Dir. 2003, p. 262.
66 RENGA, Bilateralità e sostegno del reddito tra autonomia ed eteronomia, cit.; SIGILLO’ XXXXXXX, La disciplina intertemporale dei fondi bilaterali preesistenti, cit., p. 535. In giurisprudenza x. Xxxx, 0 marzo 1986, n. 1502, Giust. Civ. Mass., 1986, 3. Sebbene non siano mancate soluzioni diverse, come la costituzione sotto forma di società a responsabilità limitata o di consorzio.
aperto alle successive adesioni da parte di nuovi associati; il mutare ed il rinnovarsi dell’elemento soggettivo non influisce sull’identità dell’associazione che rimane costantemente eguale. Tale regola trova eccezione in alcune tipologie di Enti bilaterali, per i quali è previsto il numero chiuso degli associati e la partecipazione soltanto delle associazioni firmatarie del contratto collettivo che li istituisce.
Come si ricava dalla disciplina di diritto comune, l’associazione una volta costituita come soggetto di diritto ha una propria volontà, la quale si forma nella sede collegiale dell’assemblea che è l’organo, costituito da tutti gli associati e deputato ad assumere tutte le decisioni. Le delibere dell’assemblea, data la composizione paritetica degli enti (ai quali partecipano in egual misura rappresentanti delle associazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro), sono assunte generalmente all’unanimità, che pare il metodo più connaturato alla loro natura partecipativa.
Generalmente l’Ente bilaterale non è composto direttamente da individui, ma si configura come associazione di “livello più elevato”, nella quale confluiscono associazioni sindacali e datoriali, a loro volta formate da soggetti aderenti, in tali casi data la difficoltà di formare l’organo assembleare, l’autonomia privata utilizza strumenti sostitutivi
quali il voto referendario o la partecipazione all’assemblea generale di delegati eletti da precedenti assemblee parziarie.
L’organo amministrativo è composto dagli amministratori, nominati dall’assemblea stessa, i quali hanno una funzione prevalentemente esecutiva delle decisioni adottate in sede assembleare e di manifestazione esterna della volontà dell’associazione, ma ad essi spettano anche importanti decisioni operative, specie nella gestione patrimoniale.
La presidenza dell’ente è di solito affidata a un rappresentante dei datori di lavoro e la vicepresidenza a un rappresentante dei lavoratori, anche se di solito è prevista l’alternanza delle cariche67. (In particolare, sulla natura giuridica degli Enti istituiti ai sensi dell’art. 3, l. n. 92/2012 vedi anche infra paragrafo 3.1)
67 Sulla disciplina delle associazioni non riconosciute x. XXXXXX, Gli Enti, in BESSONE (a cura di), Istituzioni di diritto privato, Torino, 2009, p. 139 ss.; FERRO-XXXXX, La conformità delle deliberazioni assembleari alla legge e all’atto costitutivo, Milano, 1993, p. 82 ss.; AURICCHIO, voce Associazioni non riconosciute, in Enc. Dir., III, Milano, 1958, p. 905; FERRARA, Teoria delle persone giuridiche, Torino, 1923, p. 827.
3. Le fonti istitutive dei fondi bilaterali di solidarietà: la fase negoziale.
L’istituzione dei fondi di solidarietà bilaterale avviene in due fasi, la prima di natura negoziale di origine privato-collettiva e la seconda di natura normativa di origine pubblicistica68.
Ai sensi dell’art. 3, comma 4, l. n. 92/2012, la fase negoziale prevede la stipulazione, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, per i lavoratori dei diversi comparti, di accordi o contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione dei Fondi di solidarietà, ad opera delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale.
La prima questione che si pone analizzando il dato normativo riguarda il riferimento al “livello nazionale” nell’ambito della rappresentatività e non nell’ambito di applicazione del contratto collettivo.69 Il riferimento alla rappresentatività in ambito nazionale non è nuovo nel sistema previdenziale, esso, infatti, è già presente ad esempio in tema di contratti collettivi di prossimità, i quali possono essere stipulati, a livello aziendale o territoriale, dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale. Conseguentemente
68 SIGILLO’ XXXXXXX, Fondi di solidarietà e sistema previdenziale, Lav. prev.,
2008, I, p. 1 ss.
69 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, in XXXXXXX-MAZZOTTA-CINELLI (a cura di), Commentario alla legge n. 92/2012, Torino, 2013.
si potrebbe avere un contratto collettivo territoriale o interaziendale, istitutivo di un Fondo di solidarietà, stipulato da organizzazioni sindacali e imprenditoriali “comparativamente più rappresentative a livello nazionale”.
La stessa legge prescrive che le associazioni sindacali per poter partecipare all’istituzione di un Fondo di solidarietà debbano essere “comparativamente più rappresentative a livello nazionale”, quindi, a differenza di quanto accade in ambito di previdenza complementare dove non vi è alcuna qualificazione soggettiva delle associazioni sindacali stipulanti, è richiesto un requisito di rappresentatività qualificato, ovvero la rappresentatività comparativamente maggiore; ciò in coerenza con la più marcata finalità previdenziale-assistenziale dei Fondi in parola 70 . Tuttavia, in concetto di rappresentatività comparativamente maggiore non è di facile interpretazione, esso, secondo la dottrina maggioritaria, andrebbe individuato non in maniera statica e aprioristica, ma con verifiche periodiche, tenendo conto di alcuni parametri quali: la consistenza numerica del sindacato, l’uniforme diffusione del sindacato su tutto il territorio nazionale, la partecipazione
70 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; SIGILLO’ XXXXXXX, Le tutele previdenziali in costanza di rapporto di lavoro, in VALLEBONA, La riforma del lavoro 2012, Torino, 2012, p. 88; XXXXXXXX, Previdenza contrattuale e fondi di solidarietà bilaterali, Dir. Rel. Ind., 2012, p. 628 ss.
alla stipulazione di contratti collettivi, la presenza nelle diverse categorie e settori produttivi, tutti requisiti di difficile accertabilità in concreto71.
Infine, è da notare come, a differenza delle precedenti esperienze nel campo dei Fondi bilaterali, la Riforma del 2012 ne sancisce l’obbligatorietà; infatti, l’art. 3, comma 4, dispone che la stipulazione dei relativi contratti o accordi collettivi avvenga entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge ed il successivo comma 10 afferma che l’istituzione dei fondi è obbligatoria per tutti i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazioni salariali in relazione alle imprese che occupano mediamente più di quindici dipendenti.
Da un esame più attento della disciplina, invero, emerge come la previsione dell’obbligatorietà della costituzione dei Fondi di solidarietà non è sanzionata in alcun modo, ma va letta in coordinato con il comma 19 dell’art. 3, che prevede l’intervento del c.d. Fondo residuale nel caso di manca di mancata stipulazione dei contratti collettivi istitutivi72.
3.1. Segue. La fase normativa.
In riferimento alla fase normativa, l’art. 3, comma 5, l. n. 92/2012, prevede che entro i successivi tre mesi dalla data di stipula dei relativi
71 Sulla nozione di maggiore rappresentatività vedi in dottrina SANTONI, Lezioni di diritto del lavoro. Le fonti – il sindacato – lo sciopero, vol. I, Napoli, 2011, p. 118 ss.; BALLESTRERO, Diritto sindacale, Torino, 2007; e in giurisprudenza x. X. xxxx., 0 dicembre 1995, n. 492, Lav. Pubbl. Amm., 1998, p. 229.
72 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; LAI, I fondi di solidarietà bilaterale, cit., p. 2; CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit., p. 369.
contratti collettivi, siano istituiti presso l’INPS i fondi di cui al comma 4, mediante decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze73.
In dottrina ci si domanda quale sia la conseguenza del mancato recepimento normativo del contenuto dei contratti collettivi istitutivi dei Fondi di solidarietà, di cui al comma 4: problema che può essere risolto con riferimento alla disciplina dei Fondi istituiti ai sensi della l. n. 662/1996. Secondo quest’ultima disposizione l’accordo sindacale costituisce il presupposto per l’esercizio del potere regolamentare e contenuto vincolante dei regolamenti, per cui i regolamenti sono la fonte che regola direttamente ed esclusivamente i Fondi. Quanto alla natura giuridica, quest’ultimi non presentano nessuna delle caratteristiche tipiche della forma associativa, essendo assimilabili, piuttosto, alle distinte gestioni interne dell’INPS.
Con specifico riferimento ai fondi, di cui alla legge n. 92/2012, la questione ha ad oggetto l’efficacia delle fonti istitutive nelle more dell’emanazione dei regolamenti di recepimento; ossia se, in tal caso, i
73 Il termine di tre mesi sancito dalla disposizione è di natura ordinatoria, così TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; SIGILLO’ XXXXXXX, Le tutele previdenziali in costanza di rapporto di lavoro, cit.
contratti istituivi siano efficaci prima e indipendentemente dall’emanazione dei regolamenti medesimi74.
Nel caso di specie occorre considerare che la netta separazione tra la fase negoziale e quella regolamentare, si riflette inevitabilmente sulla dinamica delle fonti; per cui la prima fase (contrattuale) è finalizzata all’istituzione del fondo, mentre la seconda (regolamentare) è finalizzata alla sua costituzione presso l’INPS. Conseguentemente prima dell’emanazione dei regolamenti ministeriali, i Fondi sarebbero da inquadrarsi tra gli Enti di fatto, di cui all’art. 36 c.c., poiché in tale momento essi sono disciplinati esclusivamente dalla contrattazione collettiva. Successivamente, con il recepimento delle previsioni pattizie nei decreti interministeriali e la costituzione dei Fondi presso l’INPS, vi sarebbe una mutazione genetica, assumendo questi una configurazione analoga a quella delle altre gestioni già operanti presso l’ente pubblico previdenziale75.
74 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; XXXXXXX, In attesa di una riforma: il modello di solidarietà dei bancari, Lav. Dir., 1999, p. 375; BESSONE, Previdenza complementare, Torino, 2000, p. 165.
75 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; SIGILLO’ XXXXXXX, Le tutele previdenziali in costanza di rapporto di lavoro, cit.
4. Le forme di amministrazione e di controllo.
Il sistema di amministrazione e di controllo dei Fondi di solidarietà, istituiti ai sensi dell’art. 3, comma 4, l. n. 92/2012, è molto simile al sistema di goverance dei Fondi istituiti ex l. n. 662/1996 ed è frutto della loro natura giuridica di gestioni interne dell’INPS.
L’amministrazione dei Fondi è affidata ad un “comitato amministratore”, nominato con decreto del Ministro del lavoro, che ne determina anche la durata, ed è composto da esperi designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, stipulanti l’accordo o il contratto collettivo, in numero complessivamente non superiore a dieci, nonché da funzionari, con qualifica di dirigente, in rappresentanza, rispettivamente, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze76. Il presidente è eletto dal comitato tra i suoi membri; le delibere dell’organo di amministrazione sono adottate a maggioranza dei suoi componenti con prevalenza, in caso di parità, del voto espresso dal presidente.
Il controllo sull’operato dell’Ente, invece, è affidato al collegio sindacale dell’INPS, i cui componenti partecipano, insieme al direttore generale dell’ente previdenziale, alle riunioni del comitato amministratore, con funzioni consultive.
76 Ai sensi dei commi 36 e 37 dell’art. 3, l. n. 92/2012.
I compiti del comitato amministratore sono previsti dal comma 39 dell’art. 3, l. n. 92/2012, e sono quelli di: deliberare in ordine alla concessione degli interventi e dei trattamenti; fare proposte in materia di contributi, interventi e trattamenti; vigilare sull’affluenza dei contributi, sull’ammissione agli interventi e sull’erogazione dei trattamenti, nonché sull’andamento della gestione; decidere in un’unica istanza sui ricorsi in ordine alle materie di sua competenza. Inoltre al comitato è riconosciuto il compito di accertare e valutare la ricorrenza delle causali previste in materi di cassa integrazione ordinaria e straordinaria, in caso di erogazione delle prestazioni previste al fine di assicurare una tutela ai prestatori di lavoro in costanza di rapporto.
Una penetrante forma di controllo sull’operato del comitato è prevista dal comma 41, il quale attribuisce al direttore generale e al presidente dell’INPS il potere di sospendere le delibere illegittime del comitato amministratore. Infatti, secondo tale disposizione l’esecuzione delle decisioni adottate dal comitato amministratore può essere sospesa, ove si evidenzino profili di illegittimità, da parte del direttore generale dell’INPS. Il provvedimento di sospensione deve essere adottato nel termine di cinque giorni ed essere sottoposto, con l’indicazione della norma che si intende violata, al presidente dell’istituto previdenziale; la norma prosegue poi stabilendo che entro tre mesi, il presidente decide se
dare ulteriore corso alla decisione o se annullarla, trascorso tale termine la decisione diviene esecutiva77.
Tra i profili di illegittimità delle delibere del comitato che giustificano l’intervento del potere di sospensione da parte del direttore generale è di particolare rilievo la violazione dei commi 26 e 27 dell’art. 3, l. n. 92/2012, tali ultime disposizioni prevedono l’obbligo dei Fondi bilaterali di mantenere il pareggio di bilancio e il correlativo divieto di erogare prestazioni previdenziali in carenza di risorse, a tal proposito, infatti, la legge prevede l’erogazione delle prestazioni previa costituzione di apposite riserve finanziarie e comunque entro i limiti delle risorse già acquisite.
Inoltre, sempre con riguardo all’amministrazione degli enti, è da citare il comma 28, in tema di bilancio, secondo cui i Fondi di solidarietà hanno l’obbligo di presentare, sin dalla loro costituzione, i bilanci di previsione a otto anni, basati sullo scenario macroeconomico corrente con il più recente documento di economia e finanza e relativa nota di aggiornamento78.
77 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit.; TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; SIGILLO’ XXXXXXX, Le tutele previdenziali in costanza di rapporto di lavoro, cit.
78 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit.; PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, cit.; TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; SIGILLO’ XXXXXXX, Le tutele previdenziali in costanza di rapporto di lavoro, cit.
Infine, dal punto di vista funzionale, la legge prevede, rafforzando ancora di più l’aspetto pubblicistico dei Fondi in parola, la possibilità, su proposta del comitato amministratore, di introdurre modifiche in relazione all’importo delle prestazioni o alla misura dell’aliquota di contribuzione, mediante decreto direttoriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell’economia e delle finanze, senza intervento nella decisione delle parti sindacali. Addirittura nel caso di necessità di assicurare il pareggio di bilancio ovvero di far fronte a prestazioni già deliberate o da deliberare, ovvero nel caso di inadempienza del comitato amministratore, l’aliquota contributiva può essere modificata direttamente dal decreto ministeriale, senza nemmeno che vi sia la proposta del comitato amministratore. In mancanza di tale adeguamento contributivo l’INPS è tenuto a non erogare le relative prestazioni previdenziali.
È da notare come tale regolamentazione delle prestazioni previdenziali sia suscettibile di produrre effetti notevoli in ordine al fondamentale privnipio dell’Automatismo delle prestazioni previdenziali; principio cardine dell’ordinamento di previdenza sociale “la cui importanza sembra correre il rischio di essere pesantemente disconosciuta”79.
79 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit., p. 373; v. anche TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.
5. Finalità e causali di intervento dei Fondi bilaterali.
Secondo quanto disposto dalla Riforma, l’ambito di intervento dei Fondi di solidarietà bilaterali, istituiti ex art. 3, comma 4, l. n. 92/2012, coincide in negativo con i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale.
La cassa integrazione guadagni opera, in generale, a favore dei prestatori di lavoro del settore industriale, dipendenti da imprese che abbiano occupato mediamente più di quindici lavoratori nel semestre precedente la richiesta. L’intervento è stato esteso con numerosi interventi legislativi, susseguitosi nel tempo, anche ad altri settori del terziario e , a determinate condizioni, anche al lavoro associato o autonomo, agli apprendisti e finanche ai lavoratori a progetto80.
In particolare l’intervento è stato esteso: ai soci di cooperative di produzione e lavoro; ai dipendenti di imprese artigiane, con oltre quindici dipendenti, soggette all’influsso gestionale prevalente di un’impresa assoggettata a cigs; ai dipendenti di imprese appaltatrici di servizi di mensa e ristorazione i cui committenti siano anche essi destinatari di cigs; ai dipendenti di imprese appaltatrici di servizi di
80 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit., p. 349 ss.; PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, cit., p. 346 ss.; SANTONI, Lezioni di diritto del lavoro. I contratti di lavoro – il rapporto, vol. XX, Napoli, 2011, p. 252 ss.; XXXXXXXX, Il sostegno alla disoccupazione, cit., p. 610 ss.
pulizia presso imprese industriali; ai dipendenti di imprese editrici di giornali quotidiani e agenzie di stampa a carattere nazionale, indipendentemente dal numero dei lavoratori occupati.
Dunque, considerando che per i Fondi di solidarietà bilaterali la soglia di accesso alla tutela è costituita dal numero di dipendenti non inferiore a quindici, il loro ambito di applicazione dovrebbe essere, da un lato, per le sospensioni o riduzioni dell’orario di lavoro provocate dalle causali previste per la cassa integrazioni ordinaria, in favore dei dipendenti da datori di lavoro che occupano più di quindici lavoratori, in tutti i settori non industriali. Dall’altro, in riferimento alle sospensioni o riduzioni dell’orario di lavoro, riconducibili alle causali dell’intervento straordinario, in favore dei dipendenti di imprese esercenti attività commerciale, delle agenzie di viaggio e turismo, che occupino un numero di lavoratori compreso tra i quindici e i cinquanta; dei dipendenti delle imprese artigiane con più di quindici addetti, che non siano soggette all’influsso gestionale prevalente di un’impresa destinataria della cigs; e dei dipendenti da imprese che operino nel settore terziario81. Deve escludersi, in ogni caso, che i Fondi bilaterali possano erogare prestazioni sostitutive delle integrazioni salariali a favore di lavoratori
81 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit.; PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, cit., p. 346 ss.; XXXXXXXX, Manuale del lavoro in crisi, Torino, 2004, p. 89 ss.
dipendenti da imprese rientranti in settori coperti dalla disciplina delle integrazioni salariali, privi, tuttavia, dei requisiti previsti da quella normativa per l’erogazione delle prestazioni. Un’interpretazione diversa della fattispecie sarebbe in contrasto sia con la previsione secondo cui deve trattarsi di “settori” esclusi – e non anche di lavoratori – sia con la previsione secondo cui l’ambito di applicazione dei fondi deve essere definito con riferimento al settore di attività, alla natura giuridica dei datori di lavoro ed alla classe di ampiezza dei datori di lavoro, non essendoci alcun riferimento ai requisiti soggettivi dei lavoratori82. Infine deve escludersi l’intervento integrativo dei Fondi di solidarietà a favore delle imprese soggette a procedure concorsuali.
Le finalità dei Fondi di solidarietà bilaterali sono tipizzate dalla l. n. 92/2012, essi, infatti, sono vincolati a perseguire la finalità di assicurare ai lavoratori una tutela in costanza di rapporto di lavoro nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria e straordinaria; non soltanto, quindi, le finalità, ma anche le causali di intervento, sono stabilite inderogabilmente dal legislatore e coincidono con quelle stabilite dalla normativa sull’integrazione salariale.
82 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.
Esistono poi finalità e contenuti che non sono legalmente imposti dalla riforma, ma si considerano come prestazioni facoltative, da erogarsi in casi di cessazione del rapporto di lavoro, si tratta della prestazione integrative dell’assicurazione sociale per l’impiego (c.d. ASPI) e di assegni straordinari per l’incentivazione all’esodo tramite accompagnamento alla pensione di vecchiaia o anticipata.
Il primo tipo di intervento ha una funzione integrativa dell’ASPI; mentre, il secondo ha una funzione che può presentarsi sia come integrativa della riformata di indennità di mobilità per i dipendenti delle imprese destinatarie di tale trattamento durante il periodo transitorio, fino al 2016, sia sostitutiva dei trattamenti di c.d. mobilità lunga con accompagnamento alla pensione o di prepensionamento83.
Un’ulteriore funzione eventuale dei Fondi di solidarietà è quella di contribuire al finanziamento dei programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi Fondi nazionali o dell’Unione europea. In questo caso non si tratta propriamente di una forma di prestazione previdenziale, ma di una
83 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; SIGILLO’ XXXXXXX, Le tutele previdenziali in costanza di rapporto di lavoro, cit., p. 93; PESSI, lezioni di diritto della previdenza sociale, Padova, 2000.
cofinanziamento di programmi formativi, che può accompagnarsi a sospensioni dell’obbligazione lavorativa disposte contrattualmente.
Infine, il comma 17 dell’art. 3, l. n. 92/2012, prevede un intervento integrativo dei Fondi in parola, nella misura del venti per cento, dell’indennità erogata dall’ASPI, ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali.
6. Le modalità di erogazione delle prestazioni dei fondi bilaterali.
La prestazione erogata dai Fondi bilaterali è rappresentata da un assegno ordinario di importo pari all’integrazione salariale, di durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile, in relazione alle causali previste dalla normativa in materia di cassa integrazione ordinaria e straordinaria84.
Il richiamo alle diverse causali dell’intervento ordinario e straordinario non vale a giustificare l’esistenza due distinti regimi di prestazioni anche nella disciplina dei Fondi in parola, esso vale solo a legittimare l’intervento del Fondo in presenza di una delle causali previste in materia di integrazione ordinaria o straordinaria, tramite l’unico strumento dell’assegno ordinario, senza che vi siano differenze in ordine alle competenze, procedure, prestazioni e durata85.
In considerazione della normativa in materia di cassa integrazione, quindi, deve ritenersi che l’assegno ordinario sia riconosciuto in presenza di crisi temporanea di mercato, eventi transitori e non imputabili all’imprenditore o ai lavoratori, ristrutturazione, riorganizzazione, conversione aziendale o crisi aziendale, anche con cessazione di attività.
84 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit.; PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, cit.
85 così TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.
Desta alcune perplessità la previsione in merito alla durata della prestazione erogabile dai Fondi, la quale deve essere, come detto, non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile, in relazione alle causali previste in materi di integrazione ordinaria e straordinaria; in concreto, quindi, la durata dell’intervento, per qualunque causale, è pari circa ad un trimestre nell’arco di un biennio mobile.
Tale limite sembra piuttosto esiguo e non distingue, da un lato, il concetto di durata, anche prorogabile, di ogni singolo intervento, dal concetto di plafond computabile in un determinato arco temporale e, dall’altro, si rileva troppo basso, anche in considerazione della genesi negoziale dell’intervento e dell’esclusione di qualsiasi intervento a carico della finanza pubblica86.
L’assegno ordinario erogato dai Fondi bilaterali in favore dei lavoratori ha natura di prestazione previdenziale sostitutiva della retribuzione, la disciplina è quella delle contribuzione figurativa, che obbliga il Fondo stesso a versare la contribuzione correlata alla prestazione alla gestione di iscrizione del lavoratore interessato,
86 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; XXXXXXX’ XXXXXXX, Le tutele previdenziali in costanza di rapporto di lavoro, cit., p. 93; PESSI, lezioni di diritto della previdenza sociale, Padova, 2000.
precisando che essa sia computata in base a quanto previsto dall’art. 40 della legge n. 183/2010.
Quanto alle prestazioni eventuali, esse sono costituite dalla prestazione integrativa dell’ASPI e dagli assegni straordinari per il sostegno del reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni; queste ultime, in particolare, sono corrisposte al fine di agevolare l’esodo dei lavoratori esuberanti nel periodo, non superiore a cinque anni, intercorrente tra la cessazione del rapporto di lavoro e l’accesso alla pensione di vecchiaia, e hanno un ruolo reso molto difficile dall’inasprimento dei requisiti anagrafici di accesso alla pensione.
Anche gli assegni straordinari di accompagnamento alla pensione sono, ai fini fiscali, redditi sostitutivi della retribuzione, assoggettati a tassazione ordinaria, ove corrisposti ratealmente; se, invece, gli stessi sono corrisposti in un’unica soluzione alla cessazione del rapporto sono equiparabili ad altre indennità e somme percepite una volta tanto in dipendenza della cessazione del rapporto di lavoro, e quindi soggette a tassazione separata.
Dal punto di vista contributivo si osserva come l’obbligo di versare la contribuzione correlata, anche per gli assegni straordinari, è previsto solo
in maniera eventuale, tuttavia, esso va interpretato alla luce del comma 34 dell’art. 3, l. n. 92/2012, secondo cui il Fondo provvede a versare la contribuzione correlata solo nel caso in cui detta contribuzione sia stata prevista dai decreti istitutivi. Sul profilo contributivo, inoltre, influisce la modalità temporale di corresponsione dell’assegno, in quanto se erogato in un’unica soluzione assume la natura di incentivo all’esodo, e come tale è esente da contribuzione.87
Infine, per quanto riguarda le procedure da seguire per l’intervento dei Fondi, stante il silenzio del legislatore, bisogna distinguere tra le fattispecie sospensive e l’assegno straordinario di accompagnamento alla pensione.
Nel primo caso, il problema che si pone, anche con riferimento alla cassa integrazione, è quello del fondamento giuridico del potere “sospensivo” del datore di lavoro, il quale, secondo la dottrina preferibile, deriverebbe dal provvedimento amministrativo di ammissione alla integrazione salariale, dal quale trarrebbe origine il rapporto di prestazione previdenziale e le relative posizioni soggettive e
87TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; XXXXXXX’ XXXXXXX, Le tutele previdenziali in costanza di rapporto di lavoro, cit.; XXXXXXXX, Previdenza contrattuale e fondi di solidarietà, cit.
in base al quale verrebbe meno, per tutta la durata dell’intervento, l’obbligazione retributiva88.
Ciò, comunque, non dovrebbe significare l’esclusione della possibilità che un accordo sindacale possa disporre esso stesso la sospensione dell’obbligazione lavorativa e della correlativa obbligazione retributiva, come avviene nei contratti difensivi di solidarietà89.
Nel caso di assegno straordinario di accompagnamento alla pensione, invece, trattandosi di riduzione collettiva del personale, sarà applicabile la procedura di mobilità disciplinata dalla l. n. 223/1991, essendo quest’ultima un’integrazione convenzionale della l. n. 223/1991 sotto il profilo del sostegno al reddito dei lavoratori, senza alcuna incidenza sul diverso versante del potere risolutorio del datore di lavoro e dei suoi limiti procedimentali. Conseguentemente la risoluzione del rapporto di lavoro, che consente l’accesso al Fondo, non presuppone necessariamente il licenziamento, cosicché il rapporto potrà sciogliersi anche con modalità di esodo volontario90.
88 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit.; SANTONI, Lezioni di diritto del lavoro, cit., p. 258.
89 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.; TURSI, Contratti di solidarietà e rapporto individuale di lavoro, Xxxxx. Dir. Lav. Rel. Ind., 1988, p. 85 ss.; TREU, La disciplina legale dei contratti di solidarietà, Dir. Lav., 1985, I, 16, p. 85.
90 XXXXXXXX, Previdenza contrattuale e fondi di solidarietà, cit.; XXXXXXX, In attesa di una riforma: il fondo di solidarietà dei bancari, Lav. Dir., 1999, p. 377.
7. Il sistema di finanziamento dei Fondi bilaterali.
I Fondi di solidarietà bilaterale sono finanziati attraverso tre differenti modalità di contribuzione; la prima, c.d. ordinaria, è costituita da una aliquota, predeterminata dal decreto ministeriale istitutivo, ripartita tra datore di lavoro e lavoratore nella misura di due terzi e un terzo; la legge non ne determina la misura, ma prevede che la stessa deve essere tale da garantire la precostituzione di risorse continuative e adeguate sia per l’avvio dell’attività sia per la situazione e regime.
La seconda modalità è prevista in caso di effettivo ricorso al fondo, mediante erogazione dell’assegno ordinario sostitutivo dell’integrazione salariale, in tale ipotesi il datore di lavoro è obbligato al versamento di un contributo addizionale, calcolato in rapporto alle retribuzioni perse, nella misura stabilita dai decreti istitutivi e, comunque, non inferiore all’uno virgola cinque per cento.
La terza e ultima modalità di finanziamento opera in caso di erogazione dell’assegno straordinario di accompagnamento alla pensione, in tal caso è posto a carico del datore di lavoro un contributo straordinario di importo corrispondente al fabbisogno di copertura dell’assegno medesimo e della retribuzione correlata91.
91 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit.; TURSI, La natura giuridica e la disciplina legale dell’obbligazione contributiva del datore di lavoro nelle forme pensionistiche complementari, Riv. Prev. Pubb. Priv., 2002, p. 489 ss.
Infine, si ricorda l’ipotesi facoltativa di istituzione dei Fondi bilaterali nei settori già coperti dalla normativa in tema di integrazioni salariali; nel qual caso, ove si tratti di impresa assoggettata al contributo, previsto dalla l. n. 223/1991, per il finanziamento dell’indennità di mobilità, sarà possibile utilizzare tale ultimo contributo, mediante la stipulazione di appositi accordi o contratti collettivi, per il finanziamento dei Fondi in parola, in considerazione del venir meno dell’indennità di mobilità a far data dal 201692.
Una ipotesi particolare è prevista dall’art. 3, comma 13, l. n. 92/2012, a norma del quale gli accordi o contratti collettivi istitutivi dei Fondi bilaterali possono far confluire nei Fondi medesimi il Fondo interprofessionale per la formazione continua, eventualmente istituito dalle medesime parti stipulanti, ai sensi della l. n. 338/2000. In tal caso, al Fondo di solidarietà confluisce automaticamente anche il contributo dello zero virgola trenta per cento, previsto da tale ultima legge, naturalmente con riferimento ai datori di lavoro cui si applica il Fondo medesimo. Ciò in quanto tra le finalità dei Fondi di solidarietà rientra anche quella di finanziarie programmi formativi di riconversione e riqualificazione professionale, anche se desta qualche dubbio che il
92 TURSI, I fondi di solidarietà bilaterali, cit.
contributo per la formazione professionale, quale forma di politica attiva, torni adesso nell’ambito del sostegno al reddito da disoccupazione.
CAPITOLO III
LA RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI E LA RIVALUTAZIONE DEL CANALE BILATERALE
1. Il nuovo assetto degli ammortizzatori sociali in seguito dell’entrata in vigore della l. n. 92/2012.
L’assenza di organicità nel sistema degli ammortizzatori sociali a tutela del reddito e dell’occupazione e le nuove esigenze scaturite dalla moderna organizzazione del lavoro, hanno da tempo prodotto l’esigenza di una risistemazione e di un rinnovamento della materia93.
Un primo tentativo in tal senso può essere ravvisato nella Legge n. 247/2007, la quale ha cercato di controbilanciare la frammentazione e la precarietà del mercato del lavoro prodotte con il d.lgs. n. 276/2003, con l’introduzione di diverse misure di sostegno al reddito. Tuttavia per un più organico intervento in ambito previdenziale è stato necessario attendere, dapprima, la Legge n. 183/2010 (c.d. Collegato lavoro) e, successivamente, la Legge n. 92/2012 (c.d. Riforma Fornero). Tale
93 Per un approfondimento circa le novità introdotte dalla Riforma Fornero in tema di ammortizzatori sociali v. X. XXXXXXXX, Il sostegno alla disoccupazione totale, in BOROLLO (a cura di), Il mercato del lavoro, Vol. VI, del Trattato di Diritto de Lavoro, diretto da PERSIANI E CARINCI, Padova, 2012; X. XXXXXXX, Gli ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del mercato del lavoro, in WP
C.S.D.L.E. “Xxxxxxx X’xxxxxx”, 2012; X. XXXXXXXX, Diritto della previdenza sociale, Padova, 2012, p. 323 ss.; C. DE XXXXX, Gli ammortizzatori sociali tra vecchie e nuove proposte, Riv. It. Dir. Lav., 2009, 4, p. 555 ss.
ultima riforma è intervenuta sul sistema degli ammortizzatori sociali seguendo la tradizionale distinzione tra tutele interne e tutele esterne al rapporto di lavoro94.
Per quanto riguarda la prima tipologia di intervento, l’art. 2 della l. n. 92/2012, ha sostituito l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria con un nuovo tipo di assicurazione, che portando al superamento dei diversi strumenti già previsti a tutela dell’occupazione, ha semplificato il sistema in una prospettiva di protezione più generalizzata ed egualitaria. A tal fine il legislatore ha introdotto l’assicurazione sociale per l’impiego (ASPI), con l’esplicito intento di superare la frammentazione degli ammortizzatori sociali e colmare le lacune di tutela formatesi con i precedenti interventi legislativi, attraverso un unico strumento a garanzia del reddito nei casi di disoccupazione involontaria.
Con riferimento, invece, alla seconda tipologia di intervento, ovvero alla tutela del reddito interna al rapporto di lavoro, la disciplina può definirsi fondata su tre pilastri. Il primo pilastro è costituito dalla cassa integrazione guadagni, ordinaria e straordinaria, così come già
94 V. sul punto X. XXXXXXX, Diritto della previdenza sociale, Torino, 2013, p. 369 e ss;
XXXXXX, Politiche attive, servizi per l’impiego e stato di disoccupazione, in Il nuovo mercato del lavoro, XXXXXXX-XXXXXXX-MAZZOTTA (a cura di), Torino, 2013
disciplinata fino ad oggi; il secondo pilastro è costituito dalla cassa integrazione guadagni in deroga, il cui intervento è rimesso ad una valutazione discrezionale e comunque fino ad un ammontare di risorse predeterminato. Tale pilastro, tuttavia, avrà una durata determinata fino alla fine del 2016.
Il terzo pilastro, infine, è rappresentato dai Fondi bilaterali di solidarietà, costituiti ad iniziativa delle organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello collettivo (art. 3, 4° comma, l. n. 92/2012)95. E’ stato, inoltre, previsto, per una maggiore effettività della disposizione, da un lato, l’intervento di un Fondo di solidarietà di iniziativa governativa, per il caso in cui non si attivino i Fondi del primo tipo, e, dall’altro, un modello alternativo di Fondo bilaterale, destinato ad operare in quei settori già caratterizzati da un consolidato sistema di bilateralità, previo adeguamento delle fonti istitutive dei Fondi esistenti alla nuova regolamentazione legislativa96.
La legge n. 92/2012 contiene anche un altro insieme di norme in riferimento alla materia degli ammortizzatori sociali, inteso a coordinare gli strumenti di sostegno al reddito con le politiche attive e i servizi per l’impiego. E’ previsto, inoltre, un sistema di controllo sull’applicazione
95 CINELLI, Gli ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del mercato del lavoro, Riv. Dir. Sic. Soc., 2012, p. 21.
96 X. XXXXXXX, Diritto della previdenza sociale, cit., p. 340; PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, cit.
della nuova disciplina al fine di evitare un uso distorsivo degli strumenti di tutela e il dovere dei beneficiari delle prestazioni di partecipare a corsi di formazione e riqualificazione, ovvero accettare offerte di lavoro, anche se più svantaggiose rispetto a quanto precedentemente svolto. Il compito di monitorare sull’applicazione della legge è affidato all’INPS, la quale ha anche il dovere di organizzare una banca dati informatizzata anonima, che raccolga i dati anagrafici dei lavoratori, periodi fruizione degli ammortizzatori sociali, con relativa indicazione della durata e degli importi corrisposti, periodi lavorativi e retribuzione spettante, stato di disoccupazione, politiche attive e di attivazione rilevante97.
97 PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, cit., p.357; CINELLI, Gli ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del mercato del lavoro. A proposito degli artt. 2-4 della legge n. 92/2012, Riv. Dir. Sic. Soc., 2012, p.227; XXXXXXXX, Ragionando di ammortizzatori sociali: in ricordo di Xxxxxx Xxxxxxxx, Riv. Dir. Sic. Soc., 2012, 2, p. 307.
2. L’assicurazione sociale per l’impiego (Aspi).
L’assicurazione sociale per l’impiego è disciplinata dall’art. 2 della Legge 92/2012, essa è destinata a sostituire tutti i trattamenti esistenti a tutela dell’occupazione, tra cui anche l’indennità di mobilità98.
L’evento che giustifica l’accesso a tale forma di tutela è la disoccupazione, e quindi l’inattività, che derivi dall’estinzione di un precedente rapporto di lavoro; restano conseguentemente esclusi tutti i soggetti in cerca di una prima occupazione. Altra caratteristica necessaria perché si possa accedere all’assicurazione è l’involontarietà della disoccupazione, la mancanza di tale requisito, infatti, è sanzionata ex art. 4, l. n. 92/2012, il quale dispone la decadenza dall’indennità di disoccupazione quando il lavoratore: a) si rifiuti di partecipare senza giustificato motivo ad un’iniziativa di politica attiva o di attivazione proposta dai servizi competenti, o non vi partecipi regolarmente; b) non accetti un’offerta di lavoro inquadrato in un livello retributivo superiore almeno il 20 per cento rispetto all’importo lordo dell’indennità di cui ha diritto. In questa seconda ipotesi il legislatore non ha fatto riferimento al ricorrere di un giustificato motivo per la mancata accettazione, escludendone implicitamente la rilevanza. La norma dispone inoltre la
98 x. XXXXXXXX, Il sostegno alla disoccupazione totale, cit., p. 610 ss.; XXXXXXX, Gli ammortizzatori socali nel disegno di riforma del mercato del lavoro, cit.; DI XXXXXXX, La riforma degli ammortizzatori sociali: l’Aspi, Dir. Mer. Lav., 2012, 3, p. 569.
decadenza dall’indennità di sostegno al reddito erogata in costanza di rapporto di lavoro quando il lavoratore rifiuti di essere avviato ad un corso di formazione o di riqualificazione o non lo frequenti regolarmente. I provvedimenti di decadenza avranno efficacia purché le attività lavorative o di formazione si svolgano in un luogo che non disti più di 50 chilometri dalla residenza del lavoratore, ovvero sia raggiungibile con i mezzi pubblici in un tempo superiore agli 80 minuti99.
Per quanto riguarda i soggetti destinatari dell’assicurazione sociale per l’impiego, sono tutti i lavoratori subordinati che abbiano compiuto 14 anni di età, compresi i lavoratori a domicilio e gli extracomunitari, e, in ogni caso, tutti coloro che ricevono come controprestazione della propria attività salario o stipendi o altra competenza, sono ricompresi, inoltre, i soci di cooperative di lavoro, che siano stati qualificati come lavoratori subordinati ai sensi della l. n. 142/2001. Una novità della riforma è che la tutela viene estesa anche agli apprendisti, con esclusione, tuttavia, dei dipendenti, anche a tempo indeterminato, delle pubbliche
99 v. X. XXXXXXX, Politiche attive e condizionalità dei sussidi: il ruolo dei servizi attivi per l’impiego, in La nuova riforma del lavoro, X. XXXXXXX – X. XXXXXXXXXX (a cura di), Milano, 2012.
amministrazioni e dei lavoratori agricoli, per i quali continuerà ad applicarsi la vecchia disciplina100.
Sono esclusi dall’indennità anche i lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per dimissioni senza giusta causa o per risoluzione consensuale, fatti salvi i casi in cui quest’ultima sia intervenuta nell’ambito della procedura di cui all’art. 7, l. n. 604/1966, così come modificato dalla l. n. 92/2012, ossia con la procedura di conciliazione attivata, a seguito di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, avanti alla Direzione territoriale del Lavoro competente e definita con verbale di accordo che preveda la risoluzione consensuale del rapporto101. In queste ipotesi, invero, il legislatore ha previsto un incentivo per i datori di lavoro di lavoro che, senza esservi tenuti, assumono tali lavoratori a tempo pieno e indeterminato, consistente in un contributo pari al cinquanta per cento dell’indennità mensile residua che sarebbe spettata al lavoratore per ogni mensilità di retribuzione corrisposta102.
La misura dell’indennità dell’assicurazione sociale per l’impiego è pari al 75 per cento della retribuzione mensile media degli ultimi due
100 XXXXXXXX, Il sostegno alla disoccupazione totale, cit.; DI XXXXXXX, La riforma degli ammortizzatori sociali: l’Aspi, cit.
101 X. XXXXXXX, Gli ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del mercato del lavoro, Riv. Dir. Sicur. Soc., 2012, p. 21.
102 Tale ultima disposizione è stata introdotta dall’art. 7, 5° comma, della l. n. 99/2013, che ha aggiunto il comma 10 bis all’art. 2 della l. n. 92/2012.
anni e non può in ogni caso superare il c.d. massimale, ovvero l’importo mensile massimo previsto dalla legge. I limiti vengono incrementati ogni anno in base alla variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati. L’indennità è ridotta del 15 per cento dopo i primi sei mesi di fruizione e di un altro 15 per cento per i mesi successivi al dodicesimo. Per quanto riguarda i diritti amministrativi per poter accedere all’indennità, non vi sono modifiche rispetto alla disciplina previgente, sono previsti due anni di anzianità assicurativa, maturati in qualsiasi periodo, e un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio dello stato di disoccupazione.
In riferimento alla durata dell’indennità, la legge di riforma distingue tra eventi verificatesi tra l’inizio del 2013 e la fine del 2015 e eventi che si verificheranno dal 2016 in poi: nel primo triennio la durata varia tra gli 8 e i 18 mesi, in ragione dell’età dell’assicurato e dell’anno di erogazione, a partire dal 2016, invece, essa sarà di 12 mesi, per i lavoratori di età inferiore ai 55 anni, e 18 mesi, per quelli di età pari o superiore ai 55 anni. Il richiamo ai principi assicurativi è evidente nella disposizione che prevede la decurtazione dalla durata dei giorni eventualmente fruiti, anche a titolo di mini-aspi, nel medesimo periodo,
nonché l’erogazione della prestazione per il massimo di 18 mesi, nei limiti delle settimane di contribuzione degli ultimi due anni103.
Pur essendo necessaria al fine del godimento della prestazione previdenziale la permanenza dello stato di disoccupazione, la Legge n. 92/2012 prevede due deroghe al fine di incentivare lo svolgimento di attività lavorative seppure provvisorie. In particolare lo stato di disoccupazione non si considera interrotto dallo svolgimento di attività di lavoro subordinato per un periodo non superiore ai sei mesi: in tal caso l’erogazione dell’indennità di disoccupazione viene sospesa fino alla data di cessazione del rapporto di lavoro temporaneo, con la possibilità per il lavoratore di far valere i relativi periodi di contribuzione per un successivo trattamento di disoccupazione104.
La seconda deroga, invece, riguarda lo svolgimento di attività di lavoro autonomo e consente al lavoratore di mantenere lo stato di disoccupazione nel caso in cui egli ricavi da detta occasionale attività un reddito inferiore al minimo utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, con l’erogazione di un’indennità in misura ridotta105.
103 SPATTINI - TIRABOSCHI, Il nuovo sistema degli ammortizzatori sociali, in La nuova riforma del lavoro, MAGNANI-TIRABOSCHI (a cura di), Xxxxxx 0000.
104 Sul punto v. anche PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, Padova, 2012, p. 342.
105 SPATTINI - TIRABOSCHI, Il nuovo sistema degli ammortizzatori sociali, cit.
Infine, al fine di incentivare iniziative di natura imprenditoriale, è prevista, in via sperimentale per gli anni 2013 – 2015, la possibilità di domandare l’indennità residua in un’unica soluzione allo scopo di avviare attività di lavoro autonomo, d’impresa o di associarsi in cooperativa (art. 2, comma19).
L’assicurazione sociale è finanziata sia con la contribuzione ordinaria già dovuta, sia con due forma alternative di contribuzione; la prima, nella misura dell’1,4 per cento, a carico dei rapporti di lavoro a tempo determinato, col chiaro fine di disincentivare la stipulazione di siffatte tipologie contrattuali106; la seconda, pari al 41 per cento del trattamento mensile iniziale di ASPI per ogni dodici mesi di anzianità aziendale negli ultimi tre anni, a carico dei datori di lavoro che effettuino licenziamenti o che abbiano subito la risoluzione del rapporto di lavoro per giusta causa di dimissioni, di importo triplicato nel caso in cui il datore di lavoro operi licenziamenti collettivi senza accordo sindacale107.
106 Tale forma di contributo è restituibile nel limite delle ultime sei mensilità in caso di conversione del contratto a tempo indeterminato.
107 Cfr. XXXXXXXX, Il sostegno alla disoccupazione totale, cit.; PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, cit., p. 345; DI XXXXXXX, La riforma degli ammortizzatori sociali: l’Aspi, cit., p. 579 ss.
3. Le forme residuali di tutela contro la disoccupazione.
La riforma del settore degli ammortizzatori sociali, operata dalla legge 92/2012 col chiaro intento di creare un sistema universalistico di tutela dei lavoratori contro la disoccupazione involontaria, ha previsto alcuni istituti di carattere residuale, applicabili nelle ipotesi in cui non sussistano i requisiti per accedere all’assicurazione sociale per l’impiego108.
Il primo istituto è rappresentato dalla c.d. mini Aspi e tende ad estendere l’erogazione dell’indennità di disoccupazione anche a quei lavoratori subordinati che svolgano la propria attività di lavoro in maniera saltuaria e che, quindi, non raggiungano i requisiti minimi contributivi per l’accesso all’indennità ordinaria. A differenza della disciplina previgente che richiedeva una contribuzione di almeno 52 settimane, maturate nell’ultimo biennio, per poter accedere all’indennità minima, la nuova Legge prevede come unico requisito la maturazione di almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi dodici mesi.
In tal modo viene esteso il trattamento di disoccupazione ad una parte di lavoratori precari precedentemente esclusa da qualsiasi accesso a prestazioni previdenziali, restando esclusi solo quelli la cui saltuarietà
108 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit., p. 388; XXXXXXXX, Il sostegno alla disoccupazione totale, cit.; AMARI, AMOROSO, GHIBELLI, GNESUTTA, GRECO, LISI, TAJANI, Lavoro e redditi. Dagli ammortizzatori sociali a nuove forme di organizzazione economico-sociale, Riv. Giur. Lav., 2011, p. 497 ss.
dei periodi lavorativi impedisca il raggiungimento della soglia minima di contribuzione. Inoltre, non riescono ad accedere alla mini aspi nemmeno i soggetti che, alternando periodi di lavoro subordinato con periodi di lavoro a progetto, non raggiungono la soglia di cui sopra, infatti, non è ammessa la cumulabilità della contribuzione nelle due diverse tipologie di lavoro, assoggettate a regimi contributivi diversi109.
L’altra forma di tutela residuale riprende quanto già disposto in via sperimentale per le collaborazioni coordinate e continuative dalla L. n. 2/2009, con alcuni accorgimenti per quanto riguarda il limite di reddito e i requisiti contributivi, subordinando, tuttavia, l’erogazione delle indennità ad un tetto massimo prestabilito dalla legge. In particolare i lavoratori a progetto, o collaboratori coordinati e continuativi hanno diritto di percepire una tantum un’indennità pari al 10 per cento del reddito percepito l’anno precedente, a condizione che rispettino i requisiti previsti dall’art. 2, comma 51, l. n. 92/2012, ossia: che abbiano conseguito l'anno precedente un reddito lordo complessivo soggetto a imposizione fiscale non superiore al limite di 20.000 euro; con riguardo
109 CINELLI, Gli ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del mercato del lavoro, cit.; X. XXXXXXXX, Diritto della previdenza sociale, cit. 323 ss.; C. DE XXXXX, Gli ammortizzatori sociali tra vecchie e nuove proposte, cit.; XXXXX, AMOROSO, XXXXXXXX, XXXXXXXX, GRECO, LISI, TAJANI, Lavoro e redditi.
Dagli ammortizzatori sociali a nuove forme di organizzazione economico-sociale, cit.
all'anno di riferimento sia accreditato, presso la predetta Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, un numero di mensilità non inferiore a uno; abbiano avuto un periodo di disoccupazione ai sensi ininterrotto di almeno due mesi nell'anno precedente; ed infine, risultino accreditate nell'anno precedente almeno quattro mensilità presso la Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995.
Infine, accanto al sistema finora delineato, di carattere prettamente assicurativo, il legislatore ha affiancato prestazioni di natura propriamente assistenziale - anche se gravanti finanziariamente sull’assicurazione obbligatoria - per talune situazioni marginali di disoccupazione.
Il riferimento è ai sussidi in favore dei lavoratori migranti e frontalieri, la cui operatività è subordinata all’emanazione di un decreto ministeriale di concessione, che definisca l’area soggettiva della tutela e la durata della prestazione. Un ulteriore sussidio è previsto in favore dei disoccupati di lungo periodo che abbiano già goduto dell’integrazione salariale straordinaria o dell’indennità di mobilità, sia se impiegati in lavori socialmente utili, che se frequentino corsi di formazione. Da ultimo si può annoverare tra i sussidi di origine legislativa la c.d. borsa di lavoro erogata dall’INPS ai giovani inoccupati, che prevede un
periodo di praticantato presso le aziende e riservata ai giovani del mezzogiorno110.
La nuova riforma del mercato del lavoro non introduce variazioni alla disciplina in tema di disoccupazione agricola per la quale continueranno ad applicarsi le norme previgenti. L’indennità di disoccupazione, quindi, avrà una durata pari alla differenza tra il parametro annuale di riferimento – 270 giornate lavorative – e il numero di giornate effettivamente lavorate, per un massimo di 180 giorni111.
I requisiti sono l’iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli da almeno un anno e la contribuzione negli ultimi due anni per almeno 102 giornate, con prevalenza della contribuzione nel settore agricolo e per lavoro subordinato.
Nel caso di licenziamento che riguardi lavoratori agricoli assunti con contratto a termine, nel periodo di fruizione del trattamento di integrazione salariale è riconosciuto un trattamento di disoccupazione commisurato al 40 per cento della retribuzione, per un massimo di 90
110 RENGA, Bilateralità e sostegno del reddito tra autonomi ed eteronomia, cit.; XXXXXXX, Gli ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del mercato del lavoro, cit.
111 CINELLI, Diritto della previdenza sociale, cit., p. 388; XXXXXXXX, Il sostegno alla disoccupazione totale, cit.; AMARI, AMOROSO, GHIBELLI, GNESUTTA, GRECO, LISI, TAJANI, Lavoro e redditi. Dagli ammortizzatori sociali a nuove forme di organizzazione economico-sociale, cit.
giorni, trascorsi i quali verrà corrisposta l’indennità di disoccupazione ordinaria112.
112 Ai trattamenti di disoccupazione agricola non si applicano, per espressa previsione normativa, gli incrementi di importo e di durata previsti in materia di disoccupazione involontaria.
4. L’indennità di mobilità.
L’art. 2, comma 71, l. n. 92/2012, abroga dal 1° gennaio 2017 l’indennità di mobilità. L’indennità, nell’ottica di omogeneizzazione dei trattamenti contro la disoccupazione, propria della Riforma, viene assorbita dall’istituto dell’assicurazione sociale per l’impiego, essa resterà in vigore in via transitoria fino al 2016 con degli interventi a scalare in relazione all’anno di collocamento in mobilità e all’età del beneficiario. La disciplina, vista la centralità dell’istituto nell’attuale sistema previdenziale, prevede nel periodo transitorio la possibilità di erogare l’indennità di mobilità in deroga alle disposizioni vigenti, al fine di garantire la graduale transizione verso il regime delineato dalla riforma degli ammortizzatori sociali. L’erogazione della prestazione in deroga alla disciplina vigente potrà avvenire sulla base di determinati presupposti legislativamente previsti ovvero: sulla base di specifici accordi governativi; per periodi no superiori ai dodici mesi; con possibilità di proroghe reiterate ma di importo ridotto; nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate nel Fondo sociale per l’occupazione e formazione113.
113 Cfr. RENGA, Bilateralità e sostegno del reddito tra autonomia ed eteronomia, Milano, 2013, p. 72; PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, cit., p. 339 ss.; MESITI, L’indennità di mobilità, Lav. giur., 2011, p. 820; FONTANA, Nella nebulosa degli strumenti di tutela del reddito: indennità di mobilità e integrazioni salariali; Lav. Dir., 2007, p. 3 ss.; MISCIONE, l’indennità di mobilità, Napoli, 1993,
L’indennità di mobilità fu introdotta dalla Legge n. 223/91 insieme alla riforma degli interventi della Cassa integrazione straordinaria, nel sistema delineato allora dal legislatore vi erano, da un lato, gli interventi di integrazione salariale destinati ad operare nelle ipotesi di sospensione solo temporanea dell’attività lavorativa in vista di una ripresa della stessa e, dall’altro, quando la sospensione non era solo temporanea e si rendeva necessaria una riduzione definitiva del personale, si faceva ricorso all’indennità di mobilità114.
Destinatari dell’indennità in parola erano tutti quei lavoratori che in seguito a licenziamenti collettivi, indipendentemente dal preventivo godimento della Cassa integrazione, avevano perso il posto di lavoro; la Legge n. 223/91, tuttavia, non era generalmente applicabile a tutte le imprese, ma l’ambito di operatività era limitato solo a determinati settori produttivi e ad imprese che avessero determinati requisiti dimensionali115.
I presupposti per beneficiare della prestazione sono l’iscrizione del lavoratore nelle liste di mobilità è lo stato di disoccupazione. La disoccupazione, in particolare deve essere conseguente o ad un
p. 293; XXXXXXX, Ammortizzatori sociali e licenziamenti collettivi nella riforma del mercato del lavoro, Mass. Giur. Lav., 2012, 488.
114 CINELLI, Gli ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del mercato del lavoro, cit.
115 MISCIONE, l’indennità di mobilità, cit.; XXXXXXX, Ammortizzatori sociali e licenziamenti collettivi nella riforma del mercato del lavoro, cit.
precedente intervento della Cassa integrazione, seguito poi dal licenziamento di alcuni dei prestatori di lavoro, o da un licenziamento collettivo per riduzione o trasformazione dell’attività di lavoro ( v. artt. 4 e 24, l. n. 223/1991) 116 . Al fine di evitare pratiche fraudolente dell’istituto la legge prevedeva anche un requisito di anzianità lavorativa, infatti, la prestazione poteva essere riconosciuta solo al lavoratore che possa far valere un’anzianità aziendale di almeno dodici mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato, compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività o infortunio, e che abbia comunque svolto un rapporto di lavoro continuativo e non a termine. Sempre a tal fine, è stabilito che i benefici della disciplina della mobilità, compresa la contribuzione agevolata in favore dei datori di lavoro che provvedono alle relative assunzioni, non competono per quei lavoratori che siano stati collocati in mobilità nei sei mesi precedenti, da parte di impresa che al momento del licenziamento presenti gli stessi assetti proprietari dell’impresa che assume, ovvero risulti con questa in rapporto di collegamento o controllo.
La legge di riforma conferma la decadenza dal diritto a prestazioni di disoccupazione o inoccupazione nei confronti del lavoratore beneficiario
116 x. XXXXX, Bilateralità e sostegno del reddito tra autonomia ed eteronomia, cit.; DE XXXXXXX, La riforma degli ammortizzatori sociali e l’indennità di mobilità, Lav. Giur., 2007, p. 863.
che si rifiuti di partecipare, o non partecipi regolarmente, senza giustificato motivo, ad un’iniziativa di politica attiva o di attivazione proposta dai servizi competenti, ovvero non accetti un’offerta di lavoro inquadrata in un livello retributivo non inferiore al 20 per cento rispetto all’importo lordo dell’indennità cui ha diritto, e che si trovi in un luogo distante non più di 50 chilometri dalla sua residenza117.
L’ammontare dell’indennità di mobilità è di importo pari a quello previsto per le integrazioni salariali straordinarie, ridotto all’80 per cento dello stesso per i periodi successivi al dodicesimo mese di godimento e la durata della prestazione è compresa tra i dodici e i trentasei mesi a seconda dell’età del lavoratore e non può in ogni caso superare l’anzianità maturata dal lavoratore alle dipendenze dell’impresa che abbia attivato la procedura di mobilità. Nelle aree c.d. svantaggiate, invece, è prevista una disciplina speciale di maggior favore nel caso in cui l’intervento riguardi lavoratori dipendenti da quelle imprese che, per la loro collocazione e la loro dimensione, possono provocare rilevanti crisi occupazionali, la durata massima dell’intervento, infatti, è elevata a quarantotto mesi e in particolari casi può essere prorogata fino a dieci anni (c.d. mobilità lunga).
117 V. sul punto LUCCIARDELLO, In tema di decadenza dal diritto all’indennità di mobilità, Dir. Lav., 1996, I, p. 443; XXXXXX, La decadenza dall’indennità di mobilità per tardiva presentazione della domanda da parte del disoccupato iscritto nelle liste, nota a Xxxx. 3 novembre 1998, n. 11033, Giust. Civ., 1999, I, p.1042.
L’indennità di mobilità è incompatibile con il godimento di altri trattamenti pensionistici diretti, quali la pensione di vecchiaia, di anzianità o di invalidità, per quanto riguarda, invece, il rapporto con la retribuzione, quest’ultima non determina automaticamente la perdita del diritto all’indennità, ma a seconda dei casi, una sua sospensione, o alla decurtazione dall’indennità del relativo importo. In particolare è previsto che, se il livello contributivo è inferiore a quello delle mansioni di provenienza, il lavoratore ha diritto ad un assegno integrativo mensile pari alla differenza, per un massimo di dodici mesi, sia se trattasi di lavoro subordinato, che di lavoro autonomo. Inoltre, al fine di incentivare l’inizio di un’attività lavorativa da parte dei lavoratori che beneficiano dell’indennità, è prevista la possibilità di chiedere in un’unica soluzione le rate mancanti dell’indennità stessa, eventualmente maggiorate fino ad un massimo di quindici mensilità, per intraprendere un’attività autonoma ovvero per associarsi in cooperativa.
Il godimento dell’indennità di mobilità, inoltre, comporta anche una serie di altri vantaggi per il lavoratore, come la precedenza ai fini del collocamento e altre agevolazioni finalizzate a facilitarne la riassunzione; infatti, il datore di lavoro che assume un lavoratore iscritto nelle liste di mobilità, o ne converte il contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, gode di molteplici agevolazioni sia contributive
che economiche a compensazione del risparmio di risorse pubbliche che comporta la sospensione dell’erogazione del trattamento indennitario118.
D’altra parte, l’impresa che colloca i lavoratori in mobilità è chiamata a concorrere agli oneri finanziari conseguenti; nello specifico l’impresa è tenuta a corrispondere all’INPS una somma pari a sei volte il trattamento mensile spettante al lavoratore, importo aumentato fino a nove volte se prima non c’è stato l’intervento della Cassa integrazione straordinaria, tali somme, tuttavia, sono dimezzate nel caso in cui si sia raggiunto l’accordo con le associazioni sindacali119.
118 X. XXXXXXX, Diritto della previdenza sociale, cit., p. 392 ss; DE XXXXXXX, La riforma degli ammortizzatori sociali e l’indennità di mobilità, cit.; PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, cit.
119 Cfr. RENGA, Bilateralità e sostegno del reddito tra autonomia ed eteronomia, cit.; PERSIANI, Diritto della previdenza sociale, cit.; MESITI, L’indennità di mobilità, cit.; FONTANA, Nella nebulosa degli strumenti di tutela del reddito: indennità di mobilità e integrazioni salariali cit.; MISCIONE, l’indennità di mobilità, cit.; XXXXXXX, Ammortizzatori sociali e licenziamenti collettivi nella riforma del mercato del lavoro, cit.
5. Ammortizzatori in deroga e intervento integrativo dei Fondi bilaterali.
La Riforma Fornero, al fine di graduare il passaggio dal vecchio sistema di ammortizzatori sociali al nuovo, ha previsto la possibilità fino al 2017 di avvalersi di ammortizzatori sociali in deroga120.
In tale espressione sono generalmente ricondotte due tipologie di ammortizzatori sociali, la prima ricomprende quelli che derogano sia all’ambito di applicazione, che alla durata delle prestazioni previdenziali, nella seconda categoria, invece, sono ricompresi tutti quelli che derogano alla funzione giuridica dell’indennità di disoccupazione, estendendo l’applicazione di quest’ultima anche al caso di sospensione del rapporto di lavoro, purché vi sia l’intervento dei Fondi bilaterali121.
In relazione al primo tipo di ammortizzatori, l’art. 2, comma 64, l. n. 92/2012, prevede per il triennio 2013 – 2016, che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, possa disporre sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori ai dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, la
120 Per un’analisi approfondita sul rapporto tra ammortizzatori sociali in deroga ed intervento dei Fondi bilaterali cfr. SANTONI, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, cit.; RENGA, Bilateralità e sostegno del reddito tra autonomia ed eteronomia, cit., p. 87 ss.
121 SANTONI, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, cit. p. 5 ss; XXXXXXXX, Ammortizzatori sociali in deroga. Riflessioni a partire dal caso Puglia, in Ammortizzatori sociali. Xxxxxx, deroghe e prospettive, XXXXXX (a cura di), Bari, 2009; XXXXXXX, Ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del mercato del lavoro, cit.; XXXXXXXX, Gli ammortizzatori sociali in deroga, Milano, 2010.
concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, anche con riferimento a settori produttivi ed aree regionali, nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell’ambito del Fondo sociale per l’occupazione e formazione122.
Nell’ottica di esaurimento di tali strumenti con l’entrata a pieno regime del nuovo sistema di tutela previdenziale, la Legge ha, altresì, previsto che la misura di tali trattamenti prorogati è ridotta del 10 per cento, nel caso di prima proroga, del 30 per cento, nel caso di seconda proroga, e del 40 per cento, nel caso di proroghe successive. Se la proroga viene concessa per più di una volta, i relativi trattamenti possono essere erogati solamente a patto che i lavoratori interessati frequentino specifici programmi di reimpiego, organizzati dalle regioni, volti alla riqualificazione professionale123. Bimestralmente il Ministero del lavoro e delle politiche sociali invia al Ministero dell’economia e delle finanze una relazione sull’andamento degli impegni delle risorse destinate ai trattamenti in deroga. Infine per garantire l’omogeneità delle disposizioni sulle integrazioni al reddito, si applicano anche ai beneficiari di integrazioni in deroga le disposizioni di cui all’art. 8, l. n. 160/1988, e art. 16, l. n. 223/91, ovvero l’anzianità lavorativa, presso la
122 SANTONI, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, cit.
123 XXXXXXXX, Gli ammortizzatori sociali in deroga, cit.
stessa impresa che richiede l’accesso alle tutele previdenziali, di almeno 90 giorni e, nel secondo caso, un’anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui almeno sei di lavoro effettivamente prestato, compresi i periodi di sospensione del rapporto di lavoro derivanti da xxxxx, riposi e infortuni, unita alla natura continuativa e non a termine del rapporto, quali condizioni di accesso alla mobilità124.
Le difficoltà connesse al totale superamento del sistema degli ammortizzatori in deroga sono di tutta evidenza non solo nell’attuale legge di riforma, ma affiorano anche dall’analisi di precedenti interventi legislativi; la legge di stabilità per il 2013, infatti, dispone che la riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali del Piano di azione e coesione può prevedere il finanziamento di ammortizzatori sociali in deroga nelle regioni, connessi a misure di politica attiva e ad azioni innovative e sperimentali di tutela dell’occupazione. Ancora è previsto il rifinanziamento di ulteriori duecento milioni di euro, per l’anno 2013, in favore del Fondo sociale, in considerazione del perdurare della crisi occupazionale e della propria esigenza di assicurare adeguate risorse per gli interventi degli ammortizzatori sociali in deroga a tutela del reddito dei lavoratori, in una
124 RENGA, Bilateralità e sostegno del reddito tra autonomia ed eteronomia, cit.; XXXXXXXX, Ammortizzatori sociali in deroga. Riflessioni a partire dal caso Puglia cit.; XXXXXXXX, Gli ammortizzatori sociali in deroga, cit.
logica di condivisione solidale fra istituzioni centrali, territoriali e parti sociali125.
La legge 92/2012 non prevede, invece, alcuna disposizione su un’altra importante categoria di ammortizzatori sociali in deroga, rappresentata da quelli disciplinati direttamente dalle regioni. In merito, vanno menzionati due importanti accordi Stato – Regioni, 12 febbraio 2009 e 8 aprile 2009, mediante i quali vi fu il passaggio della gestione di fatto degli ammortizzatori in deroga agli enti locali. L’unica disposizione che richiama espressamente le due intese, dandone un riconoscimento normativo, è la legge 220/2010, la quale prevede il coinvolgimento finanziario delle regioni nel sistema degli ammortizzatori in deroga; altri accordi nella stessa direzione si susseguirono, poi, fino al 2011, provvedendo a regolamentare l’utilizzo di questo strumento, tramite la delega ad accordi quadro regionali, d’intesa con le parti sociali, dell’individuazione dei destinatari dei trattamenti, i termini per l’utilizzazione delle prestazioni, la durata, le causali di intervento, il procedimento e il riparto delle risorse assegnate. Tali accori prevedevano che la partecipazione finanziaria delle regioni si concretasse nell’utilizzo del Fondo sociale europeo. Tali interventi di rifinanziamento dei Fondi sociali rivelano una volontà non troppo convinta di superamento degli 125 SANTONI, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, cit.
ammortizzatori in deroga e una loro strutturalizzazione nel sistema previdenziale, tale da rendere difficile il passaggio ad un sistema di trattamenti esclusivamente “ordinari”, ciò in considerazione della loro facile adattabilità ai casi concreti che altrimenti resterebbero sforniti di una qualsivoglia tutela. E’ evidente l’incapacità di dare effettiva attuazione ad un sistema di previdenza sociale che garantisca, nel rispetto delle norme costituzionali e in particolare dell’art. 38, un adeguato sostegno a tutti i lavoratori nei casi di crisi occupazionali, sia in termini di mantenimento dei livelli occupazionali, che di integrazione del reddito126.
126 SANTONI, Ammortizzatori sociali in deroga e canale bilaterale, cit. p. 5 ss; XXXXXXXX, Ammortizzatori sociali in deroga. Riflessioni a partire dal caso Puglia, cit.; XXXXXXX, Ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del mercato del lavoro, cit.; XXXXXXXX, Gli ammortizzatori sociali in deroga, cit.
6. Le integrazioni salariali.
La Riforma Fornero, come visto precedentemente (v. paragrafo 1), ha previsto un sistema di ammortizzatori sociali basato su tre tipologie di intervento. Oltre all’introduzione dell’assicurazione sociale per l’impiego, quale strumento privilegiato contro la disoccupazione, e la rivalutazione del canale bilaterale, finalizzata ad estendere le tutele a settori prima esclusi da qualsivoglia intervento assistenziale di origine statale; la Riforma ha confermato la centralità e l’importanza delle integrazione salariali, sia ordinarie che straordinarie, come strumento di integrazione del reddito nelle ipotesi di sospensione o riduzione temporanea dell’attività lavorativa, estendendone l’ambito di applicazione a settori produttivi prima esclusi127.
Gli interventi della Cassa integrazioni guadagni sono di due tipi, essa può essere sia ordinaria che straordinaria a seconda della imputabilità o meno all’imprenditore delle cause che determinano l’erogazione delle prestazioni.
In particolare, la Cassa integrazioni ordinaria interviene nel caso di riduzione dell’orario o sospensione del lavoro per cause non imputabili all’imprenditore o agli stessi lavoratori ovvero che siano determinate da
127 X. XXXXXXXX, Il sostegno alla disoccupazione totale, cit.; X. XXXXXXX, Gli ammortizzatori sociali nel disegno di riforma del mercato del lavoro, cit.; X. XXXXXXXX, Diritto della previdenza sociale, cit..; C. DE XXXXX, Gli ammortizzatori sociali tra vecchie e nuove proposte, cit.