Contract
IL CONTRATTO DI COLLABORAZIONE COORDINATA E CONTINUATIVA NELLA MODALITA’ A PROGETTO DOPO LA LEGGE 28/06/2012 N°92;
ASPETTI OPERATIVI ALLA LUCE DELLA CIRC. N°29/2012
a cura del Dr. Xxxxxx Xxxxx – funzionario ispettivo della DTL di Frosinone1
Dalla dicotomia Lavoro Autonomo – Lavoro Subordinato alla nascita del Tertium Genus, la parasubordinazione
Le profonde modificazioni socio-economiche che, a partire dagli anni ’70, determinano nel mondo del lavoro una dequotazione del settore industriale, accompagnata da una forte espansione del settore terziario, si traducono sul piano schiettamente giuslavoristico in una progressiva erosione della dicotomia Lavoro Autonomo – Lavoro Subordinato, dando la stura all’insorgere di nuove tipologie lavorative maggiormente flessibili non riconducibili né nell’uno, né nell’altro genus di rapporti di lavoro.
Di qui, l’esigenza del legislatore di ricondurre, sotto l’egida normativa, rapporti di collaborazione, non subordinati, a carattere prevalentemente personale, funzionalmente integrati nell’attività del committente: di qui l’insorgere del tertium genus della parasubordinazione.
La Parasubordinazione
Già l’art. 409 n°3 c.p.c. individua i connotati tipici della parasubordinazione:
1. una prestazione di lavoro prevalentemente personale a carattere non subordinato;
2. una prestazione a carattere continuativo e quindi non occasionale, non limitata ad un singolo affare ma estesa a più affari in un determinato periodo di tempo, anche se non di lunga durata;
3. un prestazione coordinata con l’attività del committente2;
lo strumento delle collaborazioni coordinate e continuative, nella configurazione processual-civilistica, è stato, talvolta, utilizzato per eludere la disciplina (inderogabile ed indisponibile) del lavoro subordinato, sia per le minori garanzie offerte al lavoratore, in tema di xxxxx, infortunio e malattia, sia per il più favorevole regime contributivo ed assicurativo; ciò ha spinto il legislatore ad un primo intervento normativo con la L. 30/2003 (La legge Biagi), volto ad elidere l’uso distorto delle xx.xx.xx., mediante la fissazione di precisi criteri direttivi, cui ha seguito l’emanazione del D.Lgs. 10/09/2003 n°273 (artt. 61 - 69);
per cui la legge Biagi:
1. in primo luogo, riconduce le medesime collaborazioni in uno o più progetti specifici, programmi di lavoro o parti di esso;
2. richiede, poi, in sede di stipulazione del contratto la forma scritta ad probationem negotii;
1 Le considerazioni esposte sono frutto esclusivo del pensiero dell’ autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
2 “Diritto del lavoro” – Manuale giuridico ed. Xxxxxx. XXI di F. del Giudice, X. Xxxxxxx, X. Xxxx.
3. differenzia, infine, il contratto a progetto rispetto ai rapporti di lavoro meramente occasionali (non superiori a 30 giorni di lavoro con lo stesso committente con compenso inferiore a € 5.000,00).
L’intervento riformatore Monti-Fornero
La L. n°92/2012 (legge Monti – Fornero) interviene nuovamente sull’istituto, in un ottica di razionalizzazione complessiva delle tipologie contrattuali esistenti e di contrasto all’utilizzo improprio degli strumenti di flessibilità del mondo del lavoro.
Con particolare riferimento al contratto a progetto, il Governo persegue l’obiettivo “…di evitarne utilizzi impropri in sostituzione di contratti di lavoro subordinato”, prevedendo “…disincentivi tanto normativi, quanto contributivi(3) volti alla riduzione di quei fenomeni di
c.d. Dumping sociale, incentrato sull’abbattimento del costo del lavoro, in spregio alla corretta applicazione della normativa lavoristica.
Esclusioni dall’ambito di applicazione del xx.xx.xxx.
La disciplina che emerge dall’art.61 è finalizzata, mediante la riconduzione della prestazione lavorativa dedotta in contratto ad uno Specifico Progetto, ad impedire un uso improprio ed elusivo delle collaborazioni coordinate e continuative; al di fuori dell’ambito applicativo della norma rimangono invece, fattispecie di collaborazione (anch’esse coordinate e continuative) che non presentano significativi rischi di elusione della normativa inderogabile del diritto del lavoro (l’art. 61 si pone in un rapporto di species a genus rispetto alle collaborazioni di cui all’art. 409 n°3 c.p.c.). non sarà, dunque, necessaria la riconduzione ad un progetto per:
1. Gli agenti e i rappresentanti di commercio, vedi disciplina specifica ex artt. 1742 e ss. c.c.;
2. c.d. mini xx.xx.xx. – (cioè) Le collaborazioni coordinate e continuative di natura occasionale, di durata complessiva non superiore a 30 giorni nel corso dell’anno solare, o 240 ore per i servizi di cura ed assistenza, con lo stesso committente, con compenso non superiore a 5000,00 euro annui;
3. Le collaborazioni rese a favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali;
4. I componenti degli organi di amministrazione e di controllo delle società;
5. i partecipanti a collegi e commissioni di società (anche aventi natura tecnica4);
6. I pensionati di vecchiaia;
7. Gli esercenti professioni intellettuali per le quali sia necessaria l’iscrizione in appositi albi;
8. Un’ipotesi particolare di esclusione della riconducibilità del contratto di lavoro nella modalità a progetto, è rinvenibile nell’art. 1 c.II del D.Lgs. 276/2003, che, escludendo l’applicabilità dell’intero decreto n°276 alle PP.AA., implicitamente consente a queste ultime di poter stipulare, nei rapporti di lavoro col personale, contratti di lavoro autonomo anche nella forma coordinata e continuativa, in assenza di protetto; evidente la ratio di esclusione, in quanto la natura pubblicistica di una delle parti contrattuali è ritenuta dal legislatore sufficiente garanzia alla non elusione della disciplina sul lavoro subordinato: di qui l’irrilevanza della riconducibilità della prestazione lavorativa al Progetto Specifico;
3 Così testualmente “la riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” presentata dal Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali con delega alle Pari Opportunità, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze al Consiglio dei Ministri del 23/03/2012
4 Circ. n°1 /2004 – Disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative nella modalità c.d. a progetto.
Ambito di applicazione della disciplina
Secondo la nuova disposizione (art. 61 c.I) “i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all’art 409 n°3 c.p.c., devono essere riconducibili ad uno o più progetti specifici, determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore”.
1. Eliminazione del programma di lavoro o fasi di esso
Da una prima sommaria lettura del nuovo disposto normativo, appare evidente l’eliminazione di ogni riferimento ai “programmi di lavoro o fasi di esso” cui devono essere ricondotti i contratti di collaborazione (dice la circ. 29/2012) “…attesa la difficile individuazione, nel concreto, di tali fattispecie5”; rimane, invece, il riferimento ad “uno o più progetti specifici”.
In realtà, come acutamente ha sottolineato attenta dottrina6, l’eliminazione del programma di lavoro o di fasi di esso non è priva di impatto, restringendo di fatto, il campo applicativo dell’istituto: mentre, infatti, il progetto deve essere “specifico”, caratterizzandosi quindi per la singolarità dell’opera da realizzare, che non rientra nel normale ciclo produttivo dell’azienda, il “programma” potrebbe avere ad oggetto più opere o servizi “anche non specifici” o lavorazioni soltanto parziali in vista del risultato finale.
L’eliminazione della locuzione “programma o di fasi di esso”, in concreto, restringe lo spazio operativo dell’istituto e, in sede di contenzioso, restringe “la possibilità per il committente di difendere la legittimità del contratto provando che, se pure non è configurabile un progetto specifico, quello descritto è comunque un programma (Pellacani)”
2. Riconduzione del progetto ad un “risultato finale”
Il progetto, oltre ad essere l’oggetto della prestazione dedotta in contratto, non può consistere in un’obbligazione di mezzi, ma necessariamente in un obbligazione di risultato: la sua funzione non è quella di descrivere semplicemente le modalità operative della prestazione, ma quella di circoscrivere l’esatto risultato che deve essere realizzato dal lavoratore;
ciò lo si desume:
• dal secondo periodo dell’art.61 comma I precisa che “il progetto deve essere funzionalmente collegato ad un determinato risultato finale…; non a determinarne modalità esecutive;
• dall’irrilevanza del tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa; è inaccettabile infatti la determinazione del corrispettivo sulla basa delle giornate effettivamente lavorate, come accade per i lavoratori subordinati;
• dall’art.62 comma I lett. B) “il contratto a progetto è stipulato in forma scritta e deve contenere…, tra l’altro, …la descrizione del progetto, con individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire”; (prima della riforma la norma parlava di indicazione del progetto).
5Circ. n°29/2012 – collaborazione coordinata e continuativa a progetto – indicazioni operative per il personale ispettivo. 6 Xxxxxxxx Xxxxxxxxx – lavoro a progetto nella legge di riforma – in “diritto e pratica del lavoro” n°29/2012 pp. 1817 e ss.
• dall’art.67 c.II in tema di recesso del committente: “il committente può recedere prima della scadenza del termine qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto”.
• Dall’art.65 comma I in tema di riconoscimento delle invenzioni fatte nello svolgimento del rapporto;
L’analisi ispettiva si concentrerà, in primo luogo sul documento contrattuale, al fine di verificare la corretta descrizione del progetto, anche sotto il profilo teleologico della sua riconduzione ad uno specifico risultato finale.
3. La “Specificità” del progetto e “La non sovrapposizione del progetto con l’oggetto sociale del committente”
Decisiva ai fini dell’individuazione del progetto è la sua “specificità”, intesa quale individualizzazione del progetto, legata ad un peculiare apporto ideativo o professionale del collaboratore. La specificità del progetto è legata, per così dire a doppio filo, con la non sovrapponibilità del progetto con l’oggetto sociale del committente.
La circ.29/2012, sul punto, precisa che il “progetto, pur avendo ad oggetto attività rientranti nel normale ciclo produttivo dell’impresa e, quindi, non necessariamente caratterizzato dalla straordinarietà od occasionalità, deve pur sempre distinguersi da essa, costituendo un obiettivo o un tipo di attività che si affianca all’attività principale senza confondersi con essa” (trib. Di Milano sent. 18/07/2011).
Sulla stessa lunghezza d’onda altra sentenza di merito secondo cui “…non può accettarsi una standardizzazione di centinaia di contratti a progetto in tutto e del tutto identici tra loro… tale standardizzazione conferma che ai collaboratori non è stato affidato uno “specifico” incarico 7…” in quanto la loro attività coincide con l’attività di tutti i dipendenti dell’azienda.
L’indagine ispettiva sarà, quindi, volta a scandagliare la genuinità del progetto, sotto il duplice versante della individualizzazione del medesimo in relazione alle capacità professionali del collaboratore, e della non sovrapposizione con l’oggetto sociale dell’azienda, verificando il concreto atteggiarsi della prestazione lavorativa. La carenza di genuinità comporterà il disconoscimento del contratto a progetto e la riconduzione del rapporto di lavoro nella tradizionale categoria del lavoro subordinato.
4. Esclusione di compiti ripetitivi o esecutivi
Ancora, l’art.61 comma I richiede che il progetto “…non può comportare lo svolgimento di compiti esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”.
La circ. 29/2012 precisa ulteriormente che:
• “…i compiti meramente esecutivi sono quelli caratterizzati dalla mera attuazione di quanto impartito dal committente, senza alcun margine di autonomia, anche operativa, da parte del collaboratore”.
7 Trib. Di Torino - sez. lav. - 05 aprile 2005
• I compiti meramente ripetitivi, invece, attengono a quelle “attività elementari, tali da non richiedere, per loro stessa natura, nonché per il contenuto delle mansioni nelle quali si articolano, specifiche indicazioni di carattere operativo fornite dal committente”.
La possibilità di riconoscere una vera e propria collaborazione a progetto è dunque legata all’accertamento della sussistenza di margini di autonomia nello svolgimento dei compiti assegnati dal committente; la circ. 29/2012 esclude, pertanto, attraverso un’elencazione “meramente esemplificativa e non esaustiva”, quelle attività difficilmente inquadrabili in un genuino rapporto di collaborazione a progetto (addetti alle agenzie ippiche, letturisti di contatori, addetti alle pulizie, baristi e camerieri, custodi e portieri etc. etc.).
L’opzione ermeneutica operata con la circ. 29/2012 relativamente all’art 61 comma I che aprioristicamente escluderebbe la conciliabilità tra alcune attività lavorative (individuate anche dalla contrattazione collettiva a livello nazionale) e la collaborazione a progetto, è certamente più rigorosa rispetto all’orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo cui “ogni attività umana, economicamente rilevante, può essere oggetto sia di rapporto di lavoro autonomo sia di rapporto di lavoro subordinato”, per cui, secondo la giurisprudenza, nessuna attività aprioristicamente sarebbe inconciliabile con le due tipologie di lavoro (autonomo o subordinato), ma sarebbe sempre necessaria, ai fini di una corretta riqualificazione del rapporto, un’indagine che, in concreto, sia volta alla puntuale verifica della sussistenza dei presupposti del contratto a progetto con riferimento al concreto atteggiarsi della prestazione di lavoro.
L’antinomia tra le due posizioni è più apparente che reale, posto che, da un punto di vista operativo, l’indagine ispettiva avrà sempre ad oggetto l’esame incrociato tra la documentazione attestante il contratto di collaborazione autonoma e il concreto atteggiarsi della prestazione lavorativa, mediante l’ispezione dei luoghi di lavoro e l’audizione dei lavoratori in merito alle prestazioni svolte, al presunto coordinamento con il committente, all’autonomia della prestazione, alla specificità del progetto.
Presunzione di subordinazione
L’Art. 69, nella formulazione successiva alla riforma Fornero, introduce il sistema delle presunzioni: il comma I stabilisce che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa “instaurati senza l’individuazione di uno specifico progetto, …sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto”.
La norma ha, inizialmente, ingenerato forti discussioni sulla natura assoluta o relativa della presunzione di subordinazione contenuta nel comma I dell’art.69: la circ. n°1/2004 del Ministero del Lavoro aveva, infatti, optato per la natura relativa, consentendo al datore di lavoro, sia in sede ispettiva che giurisdizionale, di fornire, a fronte di un disconoscimento del progetto, la prova contraria circa la sussistenza dei presupposti del lavoro autonomo.
Di contrario avviso, la giurisprudenza8 prevalente, fonda la natura assoluta della presunzione di cui all’art.69 su tre ordini di ragioni:
8 Trib. Di Trieste 04 gennaio 2008 n°1 est. Xxxxxxx; Corte d’Appello di Firenze 29/01/2008 n°100; con Nota di Xxxxxxxxxx Xxxx “Contratto a Progetto: la prima sentenza di Corte d’Appello” - in “Diritto e Pratica del Lavoro” n°25/2008.
• La prima di tenore letterale: a fronte di un divieto di contratti di collaborazione atipici, non è stato fatto alcun riferimento nella norma alla possibilità di produrre la prova contraria;
• La seconda di natura teleologica: l’assenza del progetto impedisce di fatto al collaboratore di comprendere con esattezza qual è il risultato che deve raggiungere, per verificare quali accorgimenti porre in essere in fase esecutiva in un ottica del conseguimento del risultato;
• La terza di ordine sostanziale: se al committente fosse consentita la prova contraria, dimostrando la sussistenza del lavoro autonomo (mediante la prova dell’assenza di coordinamento e di continuità), questi risulterebbe paradossalmente avvantaggiato dal non aver indicato alcun progetto.
Il contrasto appare oggi superato, poiché il legislatore, recependo l’incipit giurisprudenziale, interviene con norma di interpretazione autentica, art.1 comma XXIV, richiamata anche dalla circ. 29/2012, chiarendo che il citato art.69 c.I “…si interpreta nel senso che l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo interminato”.
Il legislatore, dunque, introduce una presunzione iuris et de iure, non ammettendo, in assenza di un progetto specifico, la prova contraria da parte del datore di lavoro e prevedendo la sanzione civilistica della conversione del contratto in subordinato a tempo indeterminato sin dalla costituzione del rapporto.
È opportuno soffermarsi sulle effettive ipotesi in cui il progetto deve ritenersi “assente”, fattispecie cui consegue la conversione del rapporto in contratto a tempo indeterminato: al di là dell’ipotesi di scuola della non indicazione del progetto nel documento contrattuale, si considera assente il progetto indicato genericamente, o attraverso clausole di stile, o la carenza dei requisiti indicati dalla norma (collegamento ad un risultato finale, non sovrapposizione con l’oggetto sociale del committente, svolgimento di compiti non ripetitivi o esecutivi”.
La legge 92/2012 introduce nel comma II dell’art.69 una presunzione relativa di subordinazione, come tale suscettibile di prova contraria da parte del committente, ove le attività prestate dai collaboratori si svolgano “con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente”. In altre parole, il rapporto di lavoro si presume subordinato, laddove l’organo ispettivo individui identiche modalità operative nello svolgimento delle mansioni tra collaboratori a progetto e lavoratori subordinati; in questo caso, però, il legislatore ammette la prova contraria,
La circ. 29/2012 precisa che l’identità deve riguardare le modalità operative con cui vengono svolte le mansioni, non le attività stesse (orario di lavoro, sottoposizione al potere direttivo del datore di lavoro, assenza di autonomia nello svolgimento delle prestazioni),
per cui opererà la conversione del contratto a progetto in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato:
• ove anche attività diverse siano svolte con le medesime modalità esecutive tra collaboratori e subordinati;
• mentre non darà luogo a disconoscimento del progetto lo svolgimento delle medesime attività tra collaboratori e subordinati qualora le modalità esecutive siano diverse.
Le disposizioni di cui all’art.1 C. 23 e 24 della Legge 92/2012 si applicano ai contratti di collaborazione stipulati successivamente al 18 luglio 2012, data di entrata in vigore della Riforma del Mercato del Lavoro.