VADEMECUM 2017
IL LAVORO AGRICOLO
Aspetti legali contrattuali previdenziali per la corretta gestione del rapporto
VADEMECUM 2017
Aggiornato al mese di Marzo 2017
a cura dell’avv. Xxxxxxx Xxxxxxxx
INDICE
1 – IL CONTRATTO DI LAVORO Pag. 4
2 – IL JOBS ACT Pag. 8
• Contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. Nuova assicurazione Sociale per
l’impiego (NASpI). Decreti legislativi 22/2015 e 23/2015 Pag. 8
• Contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti Pag. 9
• Disciplina del licenziamento Pag. 10
• Offerta di conciliazione Pag. 12
• Revoca del licenziamento Pag. 12
• Riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali Pag. 12
• Revisione forme contrattuali. Decreto legislativo n. 81/2015 Pag. 13
• Collaborazioni coordinate e continuative, a progetto, occasionali Pag. 14
• Contratto a tempo parziale Pag. 16
• Lavoro intermittente Pag. 17
• Lavoro a tempo determinato Pag. 17
• Somministrazione di lavoro Pag. 18
• Apprendistato Pag. 18
• Associazione in partecipazione con apporto di lavoro Pag. 20
• Lavoro ripartito Pag. 20
• Disciplina della mansioni Pag. 20
• Decreti legislativi 148, 149, 150 e 151/2015. Pag. 21
• Integrazioni salariali ordinarie Pag. 23
• Integrazioni salariali straordinarie Pag. 23
• Fondi di solidarietà Pag. 24
• Contratti di solidarietà espansiva Pag. 25
• Razionalizzazione e semplificazione dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione
sociale Pag. 25
• Ricorsi amministrativi in materi di lavoro – circolare dell’ispettorato del lavoro Pag. 26
• Riordino della normativa dei servizi per il lavoro e delle politiche attive Pag. 27
• Albo nazionale degli enti accrediti a svolgere attività di formazione professionale Pag. 28
• Stato di disoccupazione e Patto di servizio personalizzato Pag. 28
• Razionalizzazione e semplificazione delle procedure ed altre disposizioni in materia di
rapporto di lavoro e pari opportunità Pag. 29
• Collocamento mirato dei soggetti con disabilità Pag. 30
• Semplificazione in materia di costituzione e gestione del rapporto di lavoro Pag. 31
• Razionalizzazione e semplificazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro Pag. 32
• Revisione sistema sanzionatorio Pag. 35
• Impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo Pag. 38
• Cessione dei riposi e delle ferie Pag. 38
• Assenze per malattia. Esenzioni dalla reperibilità Pag. 39
• Dimissioni volontarie e risoluzione consensuale Pag. 39
• Disposizioni in materia di pari opportunità Pag. 39
3 – I RAPPORTI DI LAVORO AGRICOLI ATIPICI Pag. 40
• Collaborazioni occasionali agricole Pag. 40
• Collaborazioni familiari Pag.41
• Prestazioni occasionali accessorie Pag. 42
• Scambio di manodopera Pag. 43
4 – VOUCHER Pag. 43
5 – ASSUNZIONI CONGIUNTE Pag. 49
6 – RIFORMA DMAG E CASSETTO PREVIDENZIALE Pag. 50
7 – RETE DEL LAVORO AGRICOLO DI QUALITÀ Pag. 51
8 – ALIQUOTE CONTRIBUTIVE INPS PER L’ANNO 2017 Pag. 53
9 – WELFARE CONTRATTUALE E SALARIO PRODUTTIVITÀ Pag. 59
10 – TABELLE SALARIALI IN VIGORE E CONTRIBUTI C.I.M.A.A.V. Pag. 66
11 – LA NUOVA NORMATIVA IN MATERIA DI CAPORALATO E SFRUTTAMENTO DEL LAVORO Pag. 68
12 – FAC - SIMILI CONTRATTI VARI Pag. 80
a. Occasionale agricolo Pag. 80
b. Occasionale non agricolo Pag. 81
c. Scambio di manodopera Pag. 83
d. Assunzione operaio agricolo a tempo pieno e determinato Pag. 84
e.1 Assunzione impiegato agricolo a tempo determinato a tempo pieno - acausale Pag. 85
e.2 Assunzione impiegato agricolo a tempo determinato a tempo parziale – acausale Pag. 87
e.3 Assunzione impiegato agricolo a tempo determinato a tempo pieno per motivi di carattere
tecnico, produttivo, organizzativo Pag. 90
e.4 Assunzione impiegato agricolo a tempo determinato a tempo pieno per sostituzione Pag. 92
e.5 Assunzione impiegato agricolo a tempo indeterminato a tempo pieno Pag. 94
e.6 Assunzione impiegato agricolo a tempo indeterminato a tempo parziale Pag. 96
f. Assunzione operaio agricolo a tempo determinato a tempo parziale – Az, Agrituristiche e
simili Pag. 99
g. Assunzione operaio agricolo a tempo determinato a tempo parziale Pag. 101
h. Assunzione operaio agricolo a tempo indeterminato a tempo parziale Pag. 103
i. Assunzione operaio agricolo a tempo pieno ed indeterminato Pag. 105
j.1 Comunicazione di esercizio clausola flessibile Pag. 106
j.2 Comunicazione di esercizio clausola elastica Pag. 106
k. Dichiarazione liberatoria Pag. 107
13 – PROCEDURE DISCIPLINARI E FAC – SIMILI Pag. 108
14 – FAC – SIMILI RISOLUZIONI RAPPORTO DI LAVORO Pag. 112
x. Xxx giustificato motivo con preavviso Pag. 112
b. Per giusta causa senza preavviso Pag. 113
c.1 Consensuale Pag. 114
c.2 Dimissioni Pag. 114
15 – ALTRI FAC – SIMILI CONTRATTUALI Pag. 115
a. Contratto d’opera professionale Pag. 115
b. Patto di non concorrenza Pag. 116
c. Accordo di riservatezza Pag. 117
CAPITOLO 1 – IL CONTRATTO DI LAVORO
La prospettiva delle tematiche sindacali è chiaramente filtrata dalle esperienze sociali, economiche e politiche e reciproche sono le influenze ed i riverberi. Una chiave di lettura sempre dirimente è data dall’analisi della contrattualistica collettiva.
L’agricoltura italiana è da sempre ricca di momenti contrattuali, di vario ordine e livello, e rilevantissimi sono stati, nel recente passato, le ripercussioni della contrattualistica sul tessuto produttivo aziendale italiano.
È un settore complesso ed articolato con una pluralità di fonti e di livelli contrattuali.
Il coacervo agricolo compendia, dal punto di vista contrattuale, numerosi contratti collettivi, per gli operai agricoli (sono
800.000 circa), per gli impiegati agricoli (sono circa 33.000, di cui circa 15.000 delle aziende non cooperative), per i dirigenti (sono 1.500 circa); c’è poi il contratto per i forestali, quello dei dipendenti delle bonifiche, degli allevatori, dei contoterzisti e del tabacco; in forza della legge di orientamento (X.X.xx 228/2001) già si ipotizzano contratti collettivi di settore per il comparto della piscicoltura e per le aziende dedite alla manutenzione del verde, per tacere delle aziende agrituristiche.
La contrattualistica collettiva agraria
Certamente tra tutti i contratti collettivi vigenti il più rilevante è quello che disciplina il rapporto di lavoro degli operai agricoli. Un contratto sempre importante oggi riguarda circa 800.000 lavoratori, e storicamente di assoluto rilievo.
Con la caduta dell'ordinamento corporativo, lo scioglimento delle organizzazioni sindacali corporative, si determinarono, nell’immediato secondo dopoguerra, le condizioni per la rifondazione delle organizzazioni sindacali di categoria dei datori di lavoro e dei lavoratori, liberamente costituite; le organizzazioni sindacali ritornarono nell'ambito del diritto privato (art. 36 e ss. c.c.), tra le associazioni di fatto o non riconosciute (e tali sono oggi in ragione della mancata attuazione dell'art. 39 della Costituzione), venendo meno il connotato pubblicistico del sindacalismo fascista.
Gli atti posti in essere da tali organizzazioni sindacali "private" - a partire dai contratti collettivi di lavoro – hanno perciò connotati privatistici, in quanto destinati a regolamentare interessi di soggetti di diritto privato: i contratti collettivi di lavoro "post- corporativi" o di diritto comune persero quindi l'efficacia erga omnes (e dunque la validità nei confronti di tutti i datori di lavoro ed i lavoratori appartenenti alla categoria interessata), rimanendo (salvo le pattuizioni regolate dalla legge 741/59) vincolanti solo ed esclusivamente per i soggetti associati alle rispettive organizzazioni stipulanti e per coloro che, pur senza essere iscritti a dette associazioni, abbiano aderito liberamente, anche tacitamente, alla disciplina prevista dai contratti stessi.
Accordi preliminari al contratto collettivo nazionale (1944-49)
Anche in agricoltura il ripristino delle libertà sindacali portò ben presto alla rinascita delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori agricoli: la Confederazione Generale dell'Agricoltura Italiana (Confagricoltura) e la Confederazione Nazionale dei Coltivatori Diretti (Coldiretti), per la parte datoriale, e le Federazioni nazionali di
categoria di CGIL, CISL e UIL, per la parte sindacale (dopo la breve esperienza unitaria della Confederazione Nazionale dei Lavoratori della Terra). Solo successivamente, a partire dalla fine degli anni settanta, si aggiunse, per la parte datoriale, la Confederazione Italiana Coltivatori, oggi C.I.A..
Il primo contratto collettivo nazionale di lavoro del dopoguerra venne stipulato dopo circa 6 anni dalla caduta dell'ordinamento corporativo.
Occorre tenere presente al riguardo che l'abrogazione del sistema corporativo non lasciò il rapporto di lavoro agricolo privo di tutela e regolamentazione collettiva. Il decreto legislativo luogotenenziale del 1944 (n. 369) si preoccupò infatti di disporre la sopravvivenza degli effetti dei contratti collettivi stipulati dalle disciolte organizzazioni corporative fino alle eventuali successive modifiche da parte della nuova contrattazione collettiva post-corporativa.
Dopo alcune turbolenze avvenute nell'annata agraria 1946-47, un prolungato sciopero delle maestranze agricole indetto nel 1949 dalle organizzazioni sindacali nazionali in un periodo caldo per le lavorazioni agricole (l'inizio dell'estate) indusse le associazioni dei datori di lavoro, evidentemente e comprensibilmente preoccupate per la sorte delle proprie produzioni aziendali, a scendere a patti con la controparte. Con la decisiva mediazione governativa, il 23 giugno 1949 venne raggiunto un accordo nazionale "preliminare".
Con tale patto le parti si impegnavano "a riunirsi dopo la stipulazione dei patti provinciali o comunque non oltre la fine del novembre 1949, per acquisire in un patto nazionale norme essenziali generalmente contenute nei vari patti provinciali. Le norme del patto nazionale saranno trasferite nei patti provinciali se occorre, proporzionandone l'intensità alle condizioni locali, salvo le preesistenti condizioni di miglior favore dei lavoratori ".
Venivano così gettate le basi per la stipula del primo contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai agricoli. Ma già dall'accordo preliminare appariva evidente - a partire dal nomen iuris attribuito dalle parti allo stipulando contratto (chiamato "patto" e non "contratto") - la "marginalità" che le parti intendevano riservare al momento contrattuale nazionale, e la volontà di lasciare il vero fulcro della negoziazione collettiva agricola al livello territoriale (di regola provinciale).
Lo stipulando "patto nazionale" non doveva infatti creare nuove norme contrattuali destinate a disciplinare, in modo originale, il rapporto di lavoro agricolo, ma limitarsi a recepire "le norme essenziali generalmente contenute nei vari patti provinciali", realizzando così una sorta di testo unico delle principali e più diffuse disposizioni della contrattazione provinciale. Una volta definite, coi predetti criteri, le norme contrattuali del "patto nazionale" queste dovevano essere trasferite (o meglio ritrasferite) nei patti provinciali non in modo diretto ed incondizionato (salvo le condizioni di miglior favore del lavoratore), ma "proporzionandone l'intensità alle condizioni locali", tenendo cioè conto delle caratteristiche (economiche, sociali, pattizie, consuetudinarie, etc.) della realtà agricola territoriale.
Il primo patto collettivo nazionale di lavoro (1950-59)
Insomma, sin dall'origine, appare evidente la volontà degli attori sindacali di lasciare il fulcro dell'attività negoziale agricola a livello decentrato, anche nel momento in cui si avverte l'esigenza di creare un livello contrattuale nazionale.
Livello contrattuale nazionale che venne creato, in attuazione del citato accordo del 23 giugno 1949, con la stipula di due distinti Xxxxx xxxxxxxxxx nazionali di lavoro: uno per i braccianti agricoli avventizi, siglato l’11 maggio 1950, ed uno per i salariati fissi dell'agricoltura, siglato il 31 luglio 1951.
Già, perché fino al 1970 - ed esattamente fino alla stipula del Patto collettivo nazionale per i salariati fissi ed i braccianti avventizi dell'agricoltura (29 gennaio 1970) - le due categorie di operai agricoli (i salariati fissi ed i braccianti agricoli) ebbero una regolamentazione collettiva (parzialmente) diversa e contenuta in due distinti contratti collettivi nazionali, con durate, scadenze e rinnovi non coincidenti.
Si trattava peraltro di contratti collettivi che, coerentemente con le premesse, si limitavano a disciplinare gli aspetti essenziali del rapporto di lavoro, con poche scarne norme che spesso rinviavano, a loro volta, alla legge o ai contratti collettivi provinciali.
Basti pensare che il primo patto nazionale dei braccianti del 1950 era composto solo di 19 articoli e che le materie trattate riguardavano esclusivamente l'orario di lavoro, le maggiorazioni per lavoro straordinario, festivo e notturno, l'individuazione dei giorni festivi, il componimento delle controversie individuali e collettive, e poco altro. La retribuzione e la classificazione erano demandate alla determinazione della contrattazione provinciale, che su tale delicatissima materia aveva la più ampia libertà d'azione.
L'unico aspetto in materia retributiva che veniva regolamentato a livello nazionale era la possibilità - senz'altro singolare ai nostri occhi - di corrispondere ai ragazzi ed alle donne retribuzioni proporzionalmente inferiori rispetto a quella piena spettante agli uomini adulti; singolarità ancor più evidente se si considera che le riduzioni proporzionali della paga, in ragione del sesso e dell'età, potevano arrivare fino al 50 per cento.
Sempre in materia retributiva è opportuno segnalare che nel PNCL braccianti del 1950 era già presente, sia pure in nuce, una indennità sostitutiva di quegli istituti (quali le festività, la gratifica natalizia, le ferie, etc.) riconosciuti ai salariati fissi ma che non potevano essere goduti dai braccianti avventizi a causa delle particolari modalità di svolgimento del relativo rapporto di lavoro ("a giornata"). Tale indennità, pari allora (solo) al 6% di paga base e contingenza, crescerà e diverrà, attraverso l'individuazione di sofisticati meccanismi di equipollenza rispetto agli istituti non fruibili, l'attuale "terzo elemento".
I successivi contratti che si susseguirono nel corso degli anni '50 - per la verità solo uno, quello dei braccianti avventizi del 1957 - non introdussero novità di rilievo al quadro tracciato.
Il patto nazionale collettivo negli anni sessanta (1960-69)
Con l'avvento degli anni '60 la contrattazione collettiva nazionale cominciò lentamente ad acquisire una maggiore organicità ed ampiezza, soprattutto con riferimento alle norme che riguardavano, direttamente o indirettamente, i trattamenti economici dei lavoratori.
Proprio in quegli anni, infatti - ed in particolare col PCNL del 26.03.1960 - venne introdotta la gratifica natalizia per i salariati fissi; gratifica commisurata a 22 giorni di paga "globale" e che poi diventerà l'attuale tredicesima mensilità.
Ma le più rilevanti novità vennero previste nella successiva tornata di rinnovi nazionali del '62-'63. In quella occasione, infatti, sia il PCNL braccianti avventizi del 23.06.1962, che quello dei salariati fissi dell'8.03.1963, introdussero per la prima volta delle retribuzioni minime nazionali, sia pure differenziate per raggruppamenti territoriali, inderogabili a livello provinciale.
La contrattazione collettiva provinciale restava dunque competente a determinare le retribuzioni contrattuali dei lavoratori, ma con il limite (non trascurabile) di non poter fissare trattamenti economici inferiori a quelli minimi individuati nei patti nazionali. L'introduzione di tali minimi fu però di carattere "sperimentale", forse destinata a sopperire ad una situazione contingente e di emergenza, giacché nei successivi rinnovi -PCNL braccianti del 24.10.1966 e PNCL salariati fissi 5.07.1967 - non vi è più traccia di retribuzioni minime nazionali fino al PNCL del 26 aprile 1973.
Sempre in materia retributiva i citati patti nazionali del 1962 e 1963 recepirono, nell'articolato contrattuale, il principio della rivalutazione automatica delle retribuzioni definite a livello provinciale sulla base dell'accordo nazionale di scala mobile per i salari agricoli. I successivi rinnovi del 1966, per i braccianti, e del 1967, per i fissi, non modificarono sostanzialmente il quadro tracciato.
Altra importante novità introdotta dai citati patti nazionali del 1962 e del 1963 fu quella concernente la classificazione dei lavoratori che vennero suddivisi in specializzati, qualificati e comuni, a seconda delle loro caratteristiche professionali.
Venne infine eliminata ogni differenziazione retributiva tra gli operai agricoli in ragione del sesso di appartenenza in attuazione dell'accordo nazionale per l'applicazione della parità salariale in agricoltura tra uomini e donne del 21 luglio 1961 (rimase però legittima la disparità di trattamento retributivo, a parità di prestazione, tra adulti e ragazzi).
Il patto nazionale e lo statuto dei lavoratori (1970- 75)
Lo statuto dei lavoratori (legge 300/1970) - con le sue rilevanti disposizioni a tutela del lavoratore e delle relative libertà sindacali dentro e fuori i luoghi di lavoro – influenzò
notevolmente, e non poteva essere che così, la contrattazione collettiva nazionale (e non solo) agricola.
L'influenza fu tale che il PNCL unificato per i braccianti e i salariati fissi del 29 gennaio 1970 recepì alcuni contenuti dello statuto dei lavoratori quando questo era ancora un disegno di legge, sia pure in avanzata fase di discussione in Parlamento (l’approvazione definitiva avvenne solo il 20 maggio 1970).
Nel citato PNCL del 1970, infatti, venne previsto un apposito titolo, il settimo, dedicato esclusivamente ai diritti sindacali (ed alle controversie), con l'istituzione della figura del delegato di azienda, l'introduzione di permessi sindacali retribuiti e la regolamentazione del diritto dei lavoratori di riunirsi in azienda.
Sensibile alle problematiche connesse alla tutela del lavoratore fu anche il successivo PNCL del 26.04.1973 che, tra le altre cose, si preoccupò di regolamentare, con apposite procedure e limitazioni, il potere di recesso dei datori di lavoro non soggetti alla disciplina dei licenziamenti individuali dettata dalle leggi 604/1966 e 300/1970.
Tale PNCL, inoltre, introdusse la definizione di operaio agricolo - in luogo di quelle, ormai obsolete, di braccianti avventizi e salariati fissi - distinguendo nell'ambito di tale nuova ed unificata categoria di lavoratori agricoli quelli a tempo indeterminato (OTI) da quelli a tempo determinato (OTD): tra i primi rientravano i lavoratori assunti senza prefissione di termine e quelli che svolgevano almeno 181 giornate di lavoro presso la stessa azienda nell'arco di 12 mesi (oltre a tipologie residuali individuate dai contratti provinciali e dalla legge 533/49); tra i secondi rientravano i lavoratori a termine assunti per l'esecuzione di lavori di breve durata, stagionali o di carattere saltuario ovvero assunti in sostituzione di lavoratori assenti con diritto alla conservazione del posto.
Ma la contrattazione collettiva nazionale degli anni '70, che proseguì col PNCL operai agricoli dell'I 1.10.1974, si preoccupò di tutelare il lavoratore anche sotto il profilo economico, mediante incentivi di produttività, scatti di anzianità e una speciale indennità economica aggiuntiva corrisposta in occasione delle festività pasquali;
indennità, quest'ultima, che al successivo rinnovo del 1977 funzionò, probabilmente, da apripista per la introduzione di un ulteriore mensilità aggiuntiva: la quattordicesima.
L'istituzione della quattordicesima, tutto sommato, avvenne in epoca piuttosto precoce rispetto a quanto accaduto nella contrattazione collettiva di altri settori. Nell'industria, ad esempio, le mensilità aggiuntive sono tuttora ferme alla tredicesima (come vedremo meglio nel capitolo destinato alla comparazione del costo del lavoro). Difficile trovare una spiegazione a questo fenomeno indubbiamente anomalo. Probabilmente, in agricoltura, ci fu la tendenza a "compensare" i minori aumenti retributivi che potevano essere concessi alla paga diretta, attraverso l'introduzione di sempre maggiori trattamenti economici indiretti.
Il patto diventa contratto (1977-94)
La fine degli anni *70, ed esattamente il 1977, rappresentò un spartiacque nella storia della contrattazione collettiva agricola. In quell'anno, infatti, il patto collettivo nazionale di lavoro divenne contratto collettivo nazionale di lavoro. La novità non fu solo terminologica, ma sostanziale.
Per rendersene conto basta leggere l'art. 1 del CCNL 20.01.1977: "La contrattazione collettiva a livello provinciale è integrativa, sia sotto il profilo normativo che salariale, del presente contratto nazionale e si può sviluppare nell'ambito delle materie indicate dalle norme di rinvio contenute nello stesso contratto nazionale ".
In virtù di tale previsione, la determinazione delle retribuzioni e l'individuazione delle norme destinate a disciplinare direttamente (senza cioè la necessità di essere recepite nel contratto provinciale) i rapporti di lavoro agricolo, veniva attribuita al livello nazionale (ma sarebbe meglio dire che veniva trasferita a livello nazionale). I contratti provinciali potevano solo "integrare" le previsioni economico- normative nazionali e nemmeno
liberamente, potendo trattare esclusivamente le materie espressamente demandate al livello decentrato dallo stesso contratto nazionale.
Il sistema di contrattazione che si veniva così configurando acquisiva un alto grado di centralizzazione, imperniato, com'era, quasi esclusivamente nella contrattazione a livello nazionale di categoria: divennero, di conseguenza, piuttosto ristretti i margini per la contrattazione a livello provinciale.
Questo sistema centralizzato di contrattazione costituiva il punto di equilibrio di precise esigenze delle opposte parti: da un lato quella delle organizzazioni sindacali di veder garantiti a tutti i lavoratori uniformi trattamenti salariali e normativi e dall'altro quella delle
associazioni datoriali di veder "sollevate" le proprie articolazioni provinciali dall'onere, sempre più pesante, di trovarsi in prima linea nella "lotta" sindacale.
L'impoverimento di funzioni della contrattazione provinciale portò ad una progressiva atrofizzazione della negoziazione sindacale decentrata: a partire dal 1977, infatti, un numero sempre crescente di province cominciò a non rinnovare, alle successive scadenze, i contratti integrativi, proprio in considerazione del fatto che a livello nazionale venivano comunque garantiti certi trattamenti retributivi e normativi.
Ma un altro dirompente elemento contribuì in modo determinante a ridurre considerevolmente i margini di operatività della contrattazione provinciale (e di quella nazionale): la introduzione di stringenti meccanismi automatici di rivalutazione delle retribuzioni in relazione all'andamento (in quegli anni disastroso) dell'indice della vita.
Fu proprio di quegli anni, infatti, l'accordo nazionale per la unificazione del punto di contingenza (1975) e la relativa intesa applicativa (1976) che innescarono - attraverso
rigidi e (per le imprese) onerosi automatismi - una dinamica dei salari del tutto svincolata dalla produttività e redditività delle imprese agricole.
Sicché all'atto dei rinnovi contrattuali (provinciali e nazionali) ben poche risorse economiche residuavano nelle casse degli agricoltori per riconoscere aumenti negoziati della retribuzione; per questo le istanze sindacali venivano frequentemente tacitate, dopo lunghe ed estenuanti trattative che spesso e volentieri si chiudevano davanti al Ministro del lavoro, col riconoscimento di istituti indiretti: abbiamo già parlato della quattordicesima, ma non si può trascurare, ad esempio, il crescente numero di permessi retribuiti e la riduzione a 39 ore dell'orario settimanale di lavoro (contro le 40 di quasi tutti gli altri contratti).
Questo andamento continuò a caratterizzare le successive tornate contrattuali fino ai primi anni '90 (contratti collettivi nazionali del 25.06.1979, del 29.06.1983, del 5.03.1987 e del 27.11.1991). Di rinnovo in rinnovo, inoltre, la disciplina contrattuale nazionale - che a partire dal CCNL operai del 1979 inglobò anche quella relativa agli operai florovivaisti - si andò facendo sempre più corposa e sofisticata. In particolare, si assistette alla sviluppo, nel testo contrattuale, di quella parte (ed. "obbligatoria") non preordinata a disciplinare direttamente il rapporto di lavoro, ma ad instaurare rapporti obbligatoli tra le parti stipulanti, e cioè tra le organizzazioni sindacali e datoriali: si pensi ad esempio alla istituzione e regolamentazione dei cosiddetti enti bilaterali, quali gli osservatori, le commissioni, gli organismi di formazione professionale, i fondi sanitari integrativi e così via.
Verso un nuovo assetto contrattuale (anni '90)
Con gli anni '90 si assistette ad importanti eventi di carattere generale in materia di contrattazione e politica dei redditi che indubbiamente influirono, eccome, anche sulle vicende della contrattazione collettiva di settore. Ci si riferisce, in particolare, ai Protocolli del luglio 1992 e del luglio 1993, sottoscritti dal Governo e da tutte le parti sociali, coi quali, al fine di contenere l'inflazione, vennero eliminati gli automatismi di
rivalutazione delle retribuzioni (scala mobile) e venne concordata una nuova regolamentazione dei livelli di negoziazione, dei tempi e delle modalità di contrattazione collettiva.
Probabilmente anche questi eventi contribuirono ad influenzare la seconda rivoluzione copernicana, o meglio controrivoluzione, realizzata col CCNL operai agricoli e florovivaisti del 19 luglio 1995.
Tale contratto, infatti, cogliendo l'esigenza di un maggior decentramento della contrattazione collettiva, superò le rigidità previgenti tra livello nazionale e provinciale, attribuendo al contratto periferico un più ampio spazio in sede di definizione e negoziazione della classificazione e del salario.
In sostanza rassetto contrattuale definito dal CCNL del 1995 attribuì al livello provinciale un potere notevolmente più ampio che in precedenza, di incidere nella definizione della retribuzione da corrispondere agli operai: potere che poteva esplicitarsi sia direttamente che indirettamente mediante la classificazione dei lavoratori.
In particolare in materia di classificazione, al livello nazionale restava solo la individuazione di alcune (macro) aree professionali (inizialmente due, poi divenute tre col contratto del 1998), con le rispettive declaratorie, mentre al livello provinciale era riconosciuto il potere di individuare, all'interno di ciascuna area, i vari profili professionali e le rispettive retribuzioni col solo limite di non fissare salari inferiori ai minimi di area stabiliti dal contratto nazionale.
Nell'ambito di questa nuova impostazione il massimo della devolution fu rappresentata dalla possibilità, riconosciuta ai contratti provinciali, di derogare addirittura ai minimi di area, mediante gli accordi di riallineamento retributivo.
L'esigenza di prevedere tale possibilità nacque, principalmente, dalla constatazione che in alcune aree del Paese ed in alcuni comparti produttivi, la redditività delle imprese agricole, o di certi tipi di imprese, non era riuscita a mantenere il passo con la dinamica dei salari, legata - fino ai primi anni '90 - a rigidi automatismi del tutto svincolati dalla produttività delle imprese.
Ad accentuare il divario tra retribuzione reale e contrattuale aveva inoltre contribuito, in maniera rilevante, l'eccessiva centralizzazione della contrattazione collettiva soprattutto per quanto concerne la delicata materia dei livelli salariali. L'accentramento aveva infatti portato, e non poteva essere altrimenti, ad una mediazione delle variegate esigenze territoriali e compartimentali e ad un conseguente scostamento, per eccesso o per difetto, delle possibilità retributive delle singole, specifiche realtà.
Di qui la necessità, soddisfatta col contratto nazionale del 1995, di individuare assetti contrattuali idonei - attraverso un maggior decentramento e mediante gli accordi di riallineamento - a colmare, gradualmente il divario creatosi nel tempo tra retribuzione reale e retribuzione contrattuale.
Da segnalare infine che il contratto nazionale del 1995 previde anche il non trascurabile impegno delle parti a costituire un fondo di previdenza complementare per i lavoratori dell'agricoltura. Impegno ribadito e perfezionato con la previsione di un ulteriore fondo di accantonamento del TFR degli operai a tempo determinato contenuta nel CCNL del 1998 ed in quello del 2002, rilevanti anche le modifiche normative apportate dai successivi CCNL, in specie in tema di bilateralità, come da ultimo formalizzate nel CCNL del 22/10/2014..
Conclusioni
Nel nostro Paese la contrattazione collettiva del settore agricolo ha conosciuto una evoluzione profonda segnata da una rilevante successione tra vari sistemi contrattuali diversi tra loro, potendosi individuare, al riguardo, tre distinte fasi, con riferimento ai rapporti tra livello provinciale e nazionale.
La prima - che va dagli anni immediatamente successivi all'abrogazione dell'ordinamento corporativo fino alla metà degli anni '70 - caratterizzata da un sistema di contrattazione agricola fortemente decentrato il cui fulcro era rappresentato dal livello provinciale, mentre al patto nazionale era affidato solo il compito di generalizzare i livelli di tutela raggiunti nelle realtà territoriali maggiormente sindacalizzate.
La seconda - che va dalla metà degli anni '70 alla metà degli anni '90 - caratterizzata, da un sistema centralizzato, imperniato quasi esclusivamente sul livello nazionale, e con una contrattazione provinciale relegata ad un ruolo marginale ed integrativo (cioè col solo potere di integrare le tutele economiche e normative, uguali per tutti, accordate centralmente).
La terza - che va dalla metà degli anni ‘90 ad oggi – fortemente connotata dalla riscoperta della contrattazione provinciale cui non viene più attribuito un ruolo meramente marginale ed integrativo, bensì pari dignità rispetto al livello nazionale che si concretizza, soprattutto, con un più ampio spazio in materia di definizione e negoziazione della classificazione e del salario.
Il contratto collettivo nazionale di lavoro oggi
Alla data odierna, risultano vigenti per il settore agricolo tradizionale i seguenti contratti collettivi di lavoro:
- CCNL operai agricoli 22 ottobre 2014, che scade il 31 dicembre 2017;
- CCNL impiegati e quadri dell’agricoltura del 23 febbraio 2017, in scadenza al 31/12/2019;
- CCNL per i dirigenti dell’agricoltura del l’8 luglio 2013, scaduto il 31 dicembre 2016 In particolare sono vigenti in Provincia di Bologna i seguenti integrativi:
- C.P.L. operai agricoli del 18 gennaio 2013, scaduto il 31 dicembre 2015, in corso di rinnovo;
- C.P.L. impiegati e quadri agricoli del 18 giugno 2014, in scadenza il 31 dicembre 2017.
CAPITOLO 2 – IL JOBS ACT
CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO A TUTELE CRESCENTI. NUOVA ASSICURAZIONE SOCIALE PER L'IMPIEGO
(NASPI). DECRETI LEGISLATIVI N. 22/2015 E N. 23/2015.
La legge 10/12/2014, n.183, meglio nota come “Jobs Act”, ha conferito al Governo numerose deleghe per la revisione del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali da esercitarsi attraverso l'adozione, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge (16 dicembre 2014), di appositi decreti legislativi.
Il 21 febbraio 2015 il Consiglio dei Ministri, in attuazione della predetta delega, ha definitivamente approvato i primi due decreti legislativi:
✓ il d.lgs. n. 23/2015, col quale viene modificata la disciplina dei licenziamenti, attraverso il nuovo contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti;
✓ il d.lgs. n. 22/2015, col quale viene riformata l'indennità di disoccupazione, attraverso l’introduzione della Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI).
Nella stessa seduta il Consiglio dei Ministri ha inoltre approvato in prima lettura due ulteriori schemi di decreti legislativi, uno riguardante il riordino delle tipologie contrattuali ed un altro riguardante la conciliazione dei tempi di lavoro per maternità/paternità (schemi che dovranno essere sottoposti alle Camere per il prescritto parere e che solo dopo potranno essere definitivamente approvati dal Governo).
Vale la pena ricordare, in proposito, che la complessiva riforma del lavoro, che va sotto il nome di Jobs Act, è integrata da alcune disposizioni contenute in altri provvedimenti legislativi, quali il decreto legge n. 34/2014, che ha rivisto il contratto a tempo determinato e la normativa sull'apprendistato, e la legge di stabilità per l'anno 2015, che ha introdotto lo sgravio
contributivo triennale per i nuovi assunti a tempo indeterminato, esteso anche al settore agricolo, sia pure con regole particolari.
I due decreti legislativi in commento (tutele crescenti e NASpI) sono stati pubblicai sulla Gazzetta Ufficiale n. 54 del 6 marzo 2015 ed entrano in vigore a partire da oggi, 7 marzo 2015 (giorno successivo alla loro pubblicazione).
CONTRATTO DI LAVORO A TEMPO INDETERMINATO A TUTELE CRESCENTI
Nell'ambito della delega conferita al Governo dall'art.1, c.7 della legge n.183/2014 in materia di riordino delle forme contrattuali, è stato espressamente previsto, per le nuove assunzioni, il contratto a tempo indeterminato "a tutele crescenti" in relazione all'anzianità di servizio.
In attuazione di tale previsione è stato emanato il d.lgs. 4 marzo 2015, n.23 recante “disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti”.
Al di là dell’altisonante titolo (“contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti”), il decreto non introduce nel nostro ordinamento una nuova tipologia contrattuale, ma si limita a rivedere, per i nuovi assunti, il regime di tutela applicabile al lavoratore nei casi di licenziamento illegittimo (art. 18, legge 20 maggio 1970).
Ed infatti il provvedimento in commento ridimensiona ulteriormente, anche rispetto alla cd. Riforma Fornero (legge n.92/2012), il campo di applicazione dell’istituto della “reintegra” nel posto di lavoro che, nel nuovo quadro normativo, diviene residuale ed eccezionale rispetto alla regola, rappresentata dall’indennizzo economico.
La nuova disciplina, è bene sottolinearlo da subito, si applica alla generalità dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato e dunque anche a quelli che instaurati dai datori di lavoro agricolo con operai, impiegati e quadri, nonché a quelli instaurati dalle organizzazioni di tendenza (associazioni sindacali e di categoria comprese) con i loro dipendenti.
Ambito di applicazione
Nuove assunzioni
Le nuove regole si applicano solo alle assunzioni che saranno effettuate successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo.
Ed infatti, ai sensi dell’art.1, c.1, il nuovo regime di tutela si applica ai licenziamenti intimati, nei confronti di lavoratori a tempo indeterminato che rivestono la qualifica di operai, impiegati o quadri assunti a far data dal 7 marzo 2015 (data di entrata in vigore del decreto legislativo).
Tra le nuove assunzioni sono da annoverare - come chiarito espressamente dal secondo comma dell'art. 1 del decreto in commento - anche le ipotesi di conversione dei contratti a tempo determinato o di apprendistato in contratti a tempo indeterminato intervenute successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo in commento.
Per tutti i rapporti a tempo indeterminato già instaurati al momento della pubblicazione del decreto attuativo continueranno invece a trovare applicazione le vecchie disposizioni in materia di licenziamento, come da ultimo modificate dalla Riforma Fornero” (legge n. 92/2012).
Da ora in avanti esisterà dunque un duplice regime di tutele per il licenziamento illegittimo dei lavoratori a tempo indeterminato: uno per quelli assunti prima del 7 marzo 2015 ed uno per coloro che verranno assunti a partire da tale data.
Imprese con più di 15 dipendenti (o più di 5 per i datori di lavoro agricolo)
La nuova disciplina troverà applicazione, come la precedente, nei confronti delle imprese che superano il requisito dimensionale previsto dallo Statuto dei lavoratori (più di 5 dipendenti per i datori di lavoro agricolo e più di 15 per tutti gli altri datori di lavoro) limitatamente ai nuovi assunti.
Per tutti i rapporti a tempo indeterminato già instaurati al momento della pubblicazione del decreto attuativo continueranno invece a trovare applicazione le vecchie disposizioni in materia di licenziamento.
A questa regola è prevista un’eccezione. Ed infatti il terzo comma dell'art. 1 prevede che nel caso in cui il datore di lavoro accresca la propria dimensione occupazionale fino a integrare il requisito di cui all'art. 18, c. 8 e 9, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (più di 5 dipendenti per i datori di lavoro agricolo e più di 15 per tutti gli altri datori di lavoro), esso dovrà applicare le nuove tutele introdotte con il presente decreto a tutti i dipendenti occupati, indipendentemente dalla data di loro assunzione.
Solo in questa seconda e limitata ipotesi, pertanto, il contratto a tutele crescenti troverà eccezionalmente applicazione anche ai rapporti già in essere prima della pubblicazione del decreto attuativo della legge delega.
Piccole imprese
La nuova disciplina in materia di licenziamento, per la parte relativa alle indennità risarcitorie, si applica anche alle cd. piccole imprese e cioè a quelle che non raggiungono i requisiti dimensionali individuati dallo Statuto dei lavoratori (articolo 18, c. 8 e 9, della legge n. 300/1970), seppure con alcuni correttivi che tengono conto proprio delle particolari condizioni lavorative nelle aziende di dimensioni contenute.
Per tali tipologie di datori di lavoro - come vedremo puntualmente nel paragrafo successivo – è previsto il dimezzamento dell'importo di alcune indennità risarcitorie (art. 3, c.1; art. 4, c. c1; art. 6, c.1) che non potranno superare comunque le 6 mensilità.
A tali imprese non si applica la reintegra nell'ipotesi di licenziamento disciplinare illegittimo per insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore (art. 3, c.2), ferma restando invece, come in precedenza, l’applicazione della reintegra nei casi di licenziamento nullo o discriminatorio.
Organizzazioni di tendenza
L'art. 9, c.2, del decreto in commento ha espressamente esteso l'ambito di applicazione della nuova normativa - compresa quella riguardante la reintegra nell’ipotesi di licenziamento disciplinare illegittimo per insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore - "ai datori di lavoro non imprenditori, che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto".
Sino ad oggi invece le organizzazioni di tendenza erano escluse dall’ambito di applicazione della cd. tutela reale (reintegra), salvo le ipotesi di licenziamento nullo o discriminatorio.
Naturalmente le nuove regole valgono solo per i nuovi assunti (salvo l’ipotesi in cui, a seguito di nuove assunzioni a tempo indeterminato, si superi la soglia dei 15 dipendenti.)
DISCIPLINA DEL LICENZIAMENTO
La nuova disciplina del licenziamento introdotta con il decreto legislativo n. 23/2015 si fonda sui seguenti principi:
• estensione dell’ambito di applicazione della tutela economica che diviene, oramai, la vera e propria tutela di riferimento in caso di licenziamento illegittimo;
• limitazione della tutela della reintegrazione nel posto di lavoro ad ipotesi residuali e tassative;
• predeterminazione della misura dell’indennizzo, nelle ipotesi in cui trova applicazione la tutela economica, sulla base dell’anzianità di servizio del lavoratore con conseguente possibilità di prevedere la misura della sanzione.
Ed infatti il contratto a tutele crescenti prevede, come regime ordinario in caso di licenziamento illegittimo, una tutela indennitaria, ossia un indennizzo economico che viene commisurato all’anzianità di servizio del lavoratore in azienda con applicazione di un tetto massimo (24 mensilità).
La tutela della reintegrazione nel posto di lavoro per il lavoratore ingiustificatamente licenziato rimane invece circoscritta alle sole seguenti fattispecie:
1. licenziamento discriminatorio o nullo per altri casi espressamente previsti per legge (art.2, c.1)
2. licenziamento inefficace perché intimato in forma orale (art.2, c.1, ultimo paragrafo);
3. licenziamento ingiustificato per inidoneità fisica o psichica del lavoratore invalido (art. 2, c.4);
4. licenziamento disciplinare fondato su una contestazione di un fatto materiale che poi risulti insussistente (art. 3, c.2). Pertanto in ogni caso di licenziamento economico (ossia di recesso individuale o collettivo per motivi che non riguardano il comportamento del dipendente) troverà applicazione esclusivamente la tutela indennitaria.
Ed anche nei casi di licenziamento disciplinare la reintegrazione opera esclusivamente in caso di contestazione di un fatto non commesso dal lavoratore, rimanendo irrilevante qualunque valutazione in ordine alla proporzionalità tra l’inadempimento commesso dal lavoratore e l’adozione del massimo provvedimento disciplinare (licenziamento).
Al fine di fornire un quadro riassuntivo delle varie ipotesi di licenziamento e delle relative tutele, si rappresentano qui di seguito sinteticamente le previsioni degli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo in commento (di cui comunque si raccomanda attenta lettura).
IPOTESI | TUTELA | IMPORTO MINIMO | IMPORTO MASSIMO | CONTRIBUZIONE PREVIDENZIALE |
LICENZIAMENTO INDIVIDUALE | ||||
Licenziamento illegittimo (regime generale) | Indennità pari a 2 mensilità x ogni anno di anzianità di servizio | 4 mensilità | 24 mensilità | Non dovuta |
Licenziamento discriminatorio, nullo o orale | Reintegrazione e indennità pari alle retribuzioni dovute dal momento del licenziamento a quello dell’effettiva | 5 mensilità | Non predeterminato | Dovuta per tutto il periodo intercorso dal momento del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione |
reintegrazione | ||||
Licenziamento disciplinare fondato sulla contestazione di un fatto materiale insussistente | Reintegrazione3-4 e indennità pari alle retribuzioni dovute dal momento del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione | Non predeterminato | 12 mensilità | Dovuta per tutto il periodo intercorso dal momento del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione |
Licenziamento illegittimo per vizi formali e procedurali | Indennità5 (1 mensilità di retribuzione per ogni anno di anzianità di servizio) | 2 mensilità | 12 mensilità | Non dovuta |
LICENZIAMENTO COLLETTIVO | ||||
Licenziamento privo della forma scritta | Reintegrazione e indennità pari alle retribuzioni dovute dal momento del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione | 5 mensilità | Non predeterminato | Dovuta per tutto il periodo intercorso dal momento del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione |
Licenziamento illegittimo per violazione della procedura e/o dei criteri di scelta | Indennità di 2 mensilità di retribuzione per ogni anno di anzianità di servizio | 4 mensilità | 24 mensilità | Non dovuta |
Note: 1. Se il datore di lavoro non ha i requisiti dimensionali previsti dall'art. 18, c. 8 e 9, della legge n.300/1970 (più di 15 lavoratori o più di 5 se si tratta di imprenditore agricolo) gli importi delle indennità sono dimezzati e non possono superare in ogni caso le 6 mensilità. 2. Nella fattispecie rientra anche il licenziamento illegittimo per difetto di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore (art. 2, c. 4). 3. In sostituzione della reintegrazione il lavoratore può chiedere il pagamento di un’indennità pari a 15 mensilità di retribuzione non assoggettata a contribuzione. Quest’ultima indennità si aggiunge a quella dovuta per il periodo compreso tra il momento del licenziamento e quello dell'effettiva reintegra. 4. Se il datore di lavoro non ha i requisiti dimensionali previsti dall'art. 18, c. 8 e 9, della legge n.300/1970 (più di 15 lavoratori o più di 5 se si tratta di imprenditore agricolo) non si applica la reintegra e gli importi delle indennità sono dimezzati e non possono superare in ogni caso le 6 mensilità. 5. Se il datore di lavoro non ha i requisiti dimensionali previsti dall'art. 18, c. 8 e 9, della legge n.300/1970 (più di 15 lavoratori o più di 5 se si tratta di imprenditore agricolo) gli importi delle indennità sono dimezzati e non possono superare in ogni caso le 6 mensilità. |
Licenziamento Collettivo: anche la disciplina del licenziamento collettivo è stata normata dal Decreto Licenziamenti. Per i licenziamenti collettivi di dipendenti assunti dal 7 marzo 2015 in poi, si applica infatti: (i) in caso di licenziamento intimato senza l'osservanza delle forma scritta, la tutela prevista per il licenziamento orale, discriminatorio o nullo (reintegrazione e pagamento delle mensilità perdute sino alla reintegra con un minimo di 5 mensilità, ovvero pagamento di 15 mensilità in sostituzione delle reintegra); (ii) in caso di licenziamento intimato in violazione della procedura di licenziamento collettivo (Art. 4, comma 12, Legge n. 223/1991) e/o di violazione dei criteri di scelta (Art. 5, comma 1, Legge n. 223/1991), la tutela prevista in caso di licenziamento economico per le imprese con più di 15 dipendenti (indennità pari a 2 mensilità per ciascun anno di anzianità, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mensilità). Da notare come, per i licenziamenti collettivi, sopravvivranno quindi - quanto meno per un certo periodo, due regimi sanzionatori distinti. Per gli assunti dal 7 marzo 2015 in poi, quello
sopra descritto, mentre per i dipendenti assunti in precedenza il vecchio regime. Per quanto riguarda il settore agricolo si rammenta che la materia sostanziale è disciplinata dall’art. 21 della legge n.223/1991.
Eliminazione del Rito Fornero Infine, un breve cenno commento sugli aspetti processuali. I licenziamenti soggetti alla disciplina del Decreto Licenziamenti sopra descritto, seguiranno esclusivamente il rito di cognizione ordinaria previsto dagli artt. 414 e seguenti c.p.c. .Viene così implicitamente abrogato, per le assunzioni dal 7 marzo 2015 in poi, il Rito Fornero, che continuerà invece ad applicarsi per i dipendenti assunti in precedenza.
OFFERTA DI CONCILIAZIONE
Un’altra importante innovazione contenuta nel decreto delegato n.23/2015 è la previsione di un meccanismo volto a risolvere le controversie relative al licenziamento attraverso l’offerta di un importo già definito dalla legge, a titolo conciliativo, che il datore di lavoro potrà effettuare entro i termini di impugnazione del licenziamento stesso (60 giorni).
Si tratta di un innovativo strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie sul licenziamento che può svolgersi in tutte le sedi di conciliazione previste dalla legge e, quindi, anche in sede sindacale.
Il decreto predetermina l’ammontare dell’offerta di conciliazione - che si concretizza nella consegna al lavoratore di un assegno circolare - nella misura di una mensilità per ogni anno di anzianità di servizio del lavoratore con una misura minima di 2 mensilità e una massima di 18 mensilità. Tali importi non costituiscono reddito imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e della contribuzione previdenziale.
Il predetto trattamento fiscale di favore non è invece esteso anche alle altre somme che il datore di lavoro potrebbe offrire al lavoratore per conciliare tutte le eventuali altre questioni relative allo svolgimento del rapporto di lavoro cessato (ad es. richiesta di differenze retributive, ferie non godute etc.) e che dunque restano assoggettate agli ordinari regimi fiscale e previdenziale (anche se la norma - art. 6, c.1, ultimo periodo – inspiegabilmente parla espressamente solo di regime fiscale). L’accettazione dell’offerta comporta l'estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia ad ogni questione attinente al licenziamento, compresa l'eventuale impugnazione già proposta.
Per verificare l’utilità di questo nuovo strumento, il comma 3 dell'art. 6 del d.lgs. n.23/2015. impone al datore di lavoro l’obbligo di comunicare l’avvenuta (o non avvenuta) conciliazione ai sensi delle predette norme, integrando (entro 65 giorni) la comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro (che deve essere effettuata entro i consueti 5 giorni).
Tale obbligo - stando al tenore letterale della norma - è sanzionato con le ordinarie penalità previste per l'omessa comunicazione di cessazione (art. 4bis, d.lgs. n.181/2000).
Insomma, nonostante il dichiarato intento semplificatorio del cosiddetto Jobs Act, il legislatore continua ad introdurre ulteriori adempimenti a carico dei datori di lavoro per la gestione dei rapporti di lavoro dipendente.
REVOCA DEL LICENZIAMENTO
L’art. 5 del decreto legislativo conferma che il datore di lavoro può revocare il licenziamento entro 15 giorni dalla comunicazione dell’impugnazione da parte del lavoratore.
In tal caso il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità ed al lavoratore spettano le retribuzioni medio tempore maturate. Viene inoltre precisato che in caso di revoca non si applicano le sanzioni previste dalla normativa in commento.
RIORDINO DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI AMMORTIZZATORI SOCIALI
Il secondo decreto legislativo in commento - d.lgs. 4 marzo 2015, n.22 - reca “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria, e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n.183”.
Con esso viene introdotta la NASpI (Nuova Assicurazione Sociale per l'Impiego), che sostituisce l'ASpI (Assicurazione Sociale per l'Impiego) e la Mini ASpI istituite dalla cd. legge Fornero che, a sua volta, avevano sostituito l'indennità di disoccupazione ordinaria e a requisiti ridotti (DS).
Essa, come i precedenti istituti, ha la funzione di fornire un sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.
La nuova disciplina - che opera con riferimento agli eventi verificatisi dal 1o maggio 2015 – si caratterizza per i seguenti tratti essenziali:
✓ non si applica, come l’ASpI e la Mini ASpI, agli operai agricoli a tempo determinato ed indeterminato per i quali continua a trovare applicazione la disciplina dell’indennità di disoccupazione agricola;
✓ uniforma la disciplina relativa ai trattamenti ordinari (già ASpI) e ai trattamenti brevi (già mini ASpI);
✓ rivede rispetto al passato i requisiti per aver diritto alla prestazione (oltre allo stato di disoccupazione, sono richiesti un periodo di contribuzione pari ad almeno 13 settimane nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione e 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi precedenti l’inizio della disoccupazione);
✓ rapporta la durata e la misura dei trattamenti alla pregressa storia contributiva del lavoratore (la durata è rapportata alla metà delle settimane di contribuzione versata negli ultimi 4 anni; la misura è rapportata alla retribuzione degli ultimi 4 anni) e non più alla sua età anagrafica, come previsto dalla disciplina previgente;
✓ subordina l'erogazione della NASpI alla regolare partecipazione alle iniziative di attivazione lavorativa nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai Servizi per l'impiego competenti.
Vengono inoltre disciplinati una forma di incentivo all'autoimprenditorialità che consiste nella liquidazione anticipata dell’indennità (art. 8) e la compatibilità della NASpI con lo svolgimento di lavoro subordinato (art. 9) o di attività lavorativa autonoma o d'impresa individuale (art. 10).
Attuando un preciso criterio di delega, viene altresì istituito - in xxx xxxxxxxxxxxx xxx 0x xxxxxx 0000 - x’xxxxxxx xx xxxxxxxxxxxxxx (XXXX) per i lavoratori che si trovino in particolare stato di bisogno dopo la fruizione della nuova indennità di disoccupazione NASpI (art. 16).
Analogamente in via sperimentale per il solo anno 2015 viene riconosciuta una indennità di disoccupazione mensile (DIS- COLL) ai collaboratori coordinati e continuativi rimasti privi di occupazione (art. 15).
Infine viene disciplinato il cd. contratto di ricollocazione, una particolare forma di assistenza intensiva alla ricerca di lavoro da parte dei servizi per il collocamento pubblici o privati, finanziata dalle regioni (art. 17).
Si evidenzia, da ultimo, che sarebbe stata opportuna l'espressa regolamentazione del rapporto con le numerose norme vigenti in materia (alcune delle quali, come ad esempio quelle sulla mobilità, hanno un periodo transitorio ancora in essere). Vengono invece genericamente mantenute in vigore le norme non incompatibili con la nuova disciplina. Ciò rischia di ingenerare notevole incertezza del diritto e molta confusione, sia tra gli operatori che tra i potenziali beneficiari.
Revisione forme contrattuali. Decreto legislativo n.81/2015
PREMESSA
Sulla Gazzetta Ufficiale del 24 giugno 2015 (serie generale n. 144, supplemento ordinario n. 34), è stato pubblicato il decreto legislativo 15 giugno 2015, n.81, recante la “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni”.
Il decreto è stato emanato in attuazione dell’art. 1, c. 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (meglio nota come “Jobs Act”), e si propone di riordinare e rivedere le tipologie contrattuali flessibili con l’obiettivo di sostenere forme di lavoro a tempo indeterminato e rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione. Come noto la delega esercitata col provvedimento in commento è solo una – e forse tra le più importanti – di quelle che la legge 183/2014 ha conferito al Governo per la revisione del mercato del lavoro e degli ammortizzatori sociali e che debbono essere esercitate entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge delega (16 dicembre 2014).
Il decreto in commento – in vigore dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione e, dunque, dal 25 giugno 2015, salvo previsioni specifiche per le quali sono previste particolari decorrenze (vedi infra) – è un provvedimento piuttosto complesso e voluminoso, composto di 57 corposi articoli, che cerca di raccogliere in un solo testo le numerose disposizioni che regolano le forme contrattuali diverse dal rapporto di lavoro a tempo pieno e indeterminato (cosiddetti contratti flessibili), attualmente disseminate in svariati provvedimenti legislativi.
Non a caso è detto anche "codice dei contratti", in ragione del dichiarato intento di contenere in una sorta di testo unico la disciplina delle forme contrattuali flessibili, abrogando contestualmente le leggi speciali previgenti in cui le disposizioni riordinate erano contenute.
Ma non si tratta di una mera opera di catalogazione, perché il decreto in commento, conformemente ai principi di delega, realizza anche una revisione delle tipologie contrattuali preesistenti attraverso la modifica, talvolta anche significativa, della relativa disciplina o, addirittura, l’eliminazione di alcune forme contrattuali (vedi infra).
Insomma un’opera complessa e articolata che, prima facie, non sembra realizzare quel codice semplificato del lavoro che pure era uno degli obiettivi della legge delega.
Prima di entrare nel merito delle singole disposizioni, vale la pena sottolineare come l’art. 1 del decreto legislativo in commento ribadisca, non senza enfasi, che "il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce la forma comune di rapporto di lavoro".
L’affermazione, in verità, non sembra comportare particolari riflessi sul piano operativo, sia perché trattasi di mera enunciazione di principio e sia perché identica o simile a disposizioni contenute in altre norme (l'espressione è enunciata anche nella legge delega n.183/2014 e nel d.lgs n.368/2001 sul contratto a termine).
Essa “tradisce” tuttavia la filosofia di fondo che ispira il complessivo progetto di riforma del mercato del lavoro.
Il Jobs Act si pone infatti l'obiettivo di incentivare l'occupazione dipendente - soprattutto quella giovanile - attraverso una serie di misure volte a rendere più semplice e conveniente il contratto di lavoro a tempo indeterminato rispetto alle altre forme contrattuali.
Per cercare di raggiungere questo obiettivo – e cioè quello di indurre i datori di lavoro ad assumere a tempo indeterminato – sono stati introdotti, nell’ultimo anno, una serie di incentivi economici o normativi, quali:
• sgravi contributivi triennali in favore dei datori di lavoro che assumono nuovi lavoratori a tempo indeterminato nel periodo 1°gennaio – 31 dicembre 2015 (art. 1, c. 118-122, legge n.190/2014);
• deduzione integrale, dalla base imponibile IRAP, del costo del lavoro dei dipendenti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato (art. 1, c. 20, legge n.190/2014);
• alleggerimento delle regole in materia di licenziamento per i nuovi assunti con contratto a tempo indeterminato attraverso il ridimensionamento del campo di applicazione dell’istituto della “reintegra” nel posto di lavoro che, nel nuovo quadro normativo, diviene residuale ed eccezionale rispetto alla regola, rappresentata dall’indennizzo economico (d.lgs. n.23/2015).
Accanto a queste misure incentivanti sono state introdotte alcune altre disposizioni che cercano di limitare la possibilità di ricorrere a forme contrattuali alternative al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
Ci si riferisce in particolare:
• al limite alla possibilità di instaurare contratti di lavoro a tempo determinato (20 per cento della forza lavoro, salvo eccezioni), introdotto dal decreto legge n.34/2015 convertito dalla legge n. 78/2015, e ribadito, come vedremo, dal decreto in commento;
• alla revisione, in senso fortemente restrittivo, delle collaborazioni autonome di carattere personale (contratto a progetto, collaborazioni occasionali, associazione in partecipazione con apporto di lavoro), ad opera del decreto legislativo in commento.
Insomma si tratta di un mosaico complesso, che si va gradualmente componendo attraverso una serie di provvedimenti legislativi (alcuni dei quali in itinere), anche estranei alla legge delega 183/2014 (jobs act). Il disegno che ne risulta, anche se mancano ancora alcune tessere del mosaico, è sufficientemente chiaro: si vuole favorire, attraverso un complesso e articolato sistema di incentivi e disincentivi economici e normativi, il lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato.
A prescindere da alcune considerazioni di carattere generale e che attengono alla politica del lavoro (secondo alcuni autori il legislatore si è mostrato ancora una volta poco attento ai nuovi modi di lavorare e produrre, continuando a guardare con malcelato sospetto le forme di lavoro flessibili), un progetto di riforma del lavoro che si pone l’obiettivo di rivitalizzare il rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ponendolo al centro delle politiche del lavoro ed ergendolo a forma comune del modo di lavorare, non poteva non destare preoccupazione in un settore, come quello agricolo, caratterizzato da esigenze lavorative discontinue e stagionali, ove il tempo determinato rappresenta la regola e non l’eccezione.
Per tali ragioni Confagricoltura, nelle fasi preparatorie della riforma, si è attivata nelle sedi istituzionali competenti per far comprendere al Governo, e alle principali forze politiche che lo sostengono, le particolarità del lavoro agricolo e la necessità di salvaguardare gli attuali livelli di flessibilità del sistema (che peraltro hanno consentito al settore primario, in questo settennio di crisi, di mantenere i livelli occupazionali preesistenti ed in alcuni anni addirittura di accrescerli).
E così, grazie anche alla nostra azione, la disciplina del rapporto di lavoro a termine, come modificata dal decreto in commento, non si applica ai rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli operai a tempo determinato, in virtù dell’espressa esclusione contenuta all’art. 29, c. 1, lett. b), del decreto medesimo, che riproduce testualmente l’esclusione già contemplata nell’art. 10, c.2, del d.lgs. n.368/2001.
Si tratta di un importante risultato, non semplice, né scontato, che consente alle imprese agricole di poter continuare ad occupare gli operai a tempo determinato in modo estremamente flessibile, senza obblighi di forma, né limiti di durata, di proroga e di reiterazione.
Tutto ciò premesso, si forniscono qui di seguito prime indicazioni in merito alle principali disposizioni della riforma delle tipologie contrattuali di maggiore interesse per le imprese agricole e per il nostro sistema associativo.
COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE, A PROGETTO, OCCASIONALI (ARTT. 2, 52, 54)
A decorrere dal 25 giugno 2015, non è più possibile instaurare nuovi contratti di collaborazione a progetto o di collaborazione occasionale (nota anche come "mini cococo").
Lo dispone l’art. 52 del decreto in commento, il quale prevede testualmente che "le disposizioni di cui agli articoli da 61 a 69- bis del decreto legislativo n. 276 del 2003 (quelle appunto relative ai contratti a progetto e occasionali n.d.r.) sono abrogate e continuano ad applicarsi esclusivamente per la regolazione dei contratti già in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto".
Le norme abrogate restano transitoriamente in vigore solo per regolare i contratti di collaborazione già in atto alla data di entrata in vigore del decreto in commento (25 giugno 2015).
Pertanto, a decorrere dal 25 giugno 2015:
• non è più possibile instaurare nuove collaborazioni a progetto (xx.xx.xxx) o occasionali (mini xx.xx.xx.);
• i rapporti di collaborazione in essere alla predetta data continueranno ad essere regolati, fino a scadenza naturale del contratto, dalle norme previgenti.
Dopo aver disposto il superamento (con le eccezioni sopra ricordate) delle collaborazioni a progetto ed occasionali, il decreto in commento, con una disposizione di dubbia coerenza rispetto all’intento di limitare le collaborazioni personali, precisa all’art. 52, c. 2, che "resta salvo quanto già disposto dall’articolo 409 del Codice di Procedura Civile”.
Detto articolo si riferisce – sia pure ai fini processuali, per definire l’ambito di applicazione del rito del lavoro – ai "rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato".
Questa previsione normativa – pur essendo contenuta nel codice di rito – è stato il primo (e per lungo tempo unico) riferimento normativo delle collaborazioni coordinate e continuative, ed ha aperto la strada alla teorizzazione dei cosiddetti rapporti parasubordinati.
L’esplicita salvaguardia di tale disposizione contenuta nell’art. 409 c.p.c., sembra dunque comportare la rinascita delle (vecchie) collaborazioni coordinate e continuative, soppiantate nel 2003 dalle collaborazioni a progetto.
Come tutto ciò si concili con il dichiarato intento del legislatore di limitare l’utilizzo di tipologie contrattuali – come quelle parasubordinate – potenzialmente elusive del rapporto di lavoro subordinato non è chiaro.
Ma la scarsa coerenza della previsione (che fa rivivere le vecchie xx.xx.xx) è sensibilmente stemperata dall’art. 2 del decreto in commento il quale – a decorrere dal 1° gennaio 2016 – riconduce alla disciplina del rapporto di lavoro subordinato le collaborazioni continuative a carattere esclusivamente personale, i cui tempi e modi della prestazione siano determinati dal committente.
Ed infatti il citato art. 2 dispone espressamente che, a far data dal 1°gennaio 2016, la disciplina del lavoro subordinato troverà applicazione, in via di principio, "anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro" (art. 2, c. 1).
Dall’anno prossimo, quindi, tutte le collaborazioni continuative che si concretizzano in prestazioni esclusivamente personali e che risultano etero-organizzate dal committente (che ne decide tempi e luoghi) saranno assoggettate alla disciplina prevista per i rapporti di lavoro subordinato.
Per l’assoggettamento alla disciplina del lavoro subordinato è necessario che ricorrano congiuntamente tutte e tre le condizioni previste, e cioè che le prestazioni oggetto della collaborazione siano:
1. continuative;
2. esclusivamente personali;
3. organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro.
L'importanza attribuita dal Governo a siffatta modifica è ben rappresentata dalla sua collocazione sistematica: la disposizione, infatti, è situata all’inizio del decreto (precisamente all’articolo 2), subito dopo l’enunciazione di principio relativa al rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato contenuta nel primo articolo.
L’assoggettamento alla disciplina del lavoro subordinato non scatta quando si tratti:
1. di casistiche disciplinate (anche prima della entrata in vigore del decreto) dalla contrattazione collettiva nazionale in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del settore;
2. di collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
3. di attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
4. di collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I. (art. 90, l. n. 289/2002);
5. di collaborazioni nella pubblica amministrazione, in attesa della relativa riforma, fermo restando il divieto di un loro utilizzo a far data dal 1°gennaio 2017.
Da sottolineare che tra le eccezioni non sono più ricomprese – come in precedenza (art. 61, c.3, d.lgs. n.276/2003) – le collaborazioni con soggetti titolari di pensione di vecchiaia. È un’esclusione poco comprensibile se si considera che difficilmente i rapporti di collaborazione con pensionati di vecchiaia sono finalizzati ad eludere le norme sul lavoro dipendente.
La “presunzione” di subordinazione può inoltre essere preventivamente neutralizzata ricorrendo alla procedura di certificazione dei contratti di lavoro di cui all’art. 76 del d.lgs. n. 276/2003 (art. 2, c. 3) per attestare l’insussistenza dei parametri sopra ricordati (continuità; personalità della prestazione; etero-organizzazione del lavoro).
Per consentire la sistemazione dei casi dubbi, sempre a far data dal 1° gennaio 2016, i committenti/datori di lavoro privati possono regolarizzare la propria posizione assumendo con contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato, i soggetti già titolari (con i medesimi datori) di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (anche a progetto) o i soggetti titolari di partita IVA.
L’estinzione degli illeciti amministrativi, contributivi e fiscali, connessi all'erronea qualificazione del rapporto di lavoro pregresso, fatti salvi gli illeciti già accertati a séguito di accessi ispettivi effettuati in data precedente l’assunzione (art. 54 del d.lgs. n. 81/2015), è subordinata a due condizioni:
a) sottoscrizione da parte dei lavoratori coinvolti di atti conciliativi aventi ad oggetto tutte le pretese pregresse;
b) nessun recesso dalle assunzioni nei 12 mesi successivi da parte del datore di lavoro (salvo giusta causa o giustificato motivo soggettivo).
Da ultimo si chiarisce che non è stato soppresso il contratto d'opera (art. 2222 del c.c.) con il quale "una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente".
CONTRATTO A TEMPO PARZIALE (ARTT.4-12)
Gli articoli da 4 a 12 disciplinano il contratto di lavoro subordinato a tempo parziale, precedentemente regolamentato dal d.lgs. 25 febbraio 2000, n. 61 che viene espressamente abrogato (art. 55, c.1, lettera a).
Nel complesso viene sostanzialmente confermata la previgente disciplina, a partire dall’obbligo di dare puntuale indicazione, nel contratto scritto, della durata della prestazione lavorativa e della esatta collocazione temporale dell’orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese ed all’anno (obbligo che può essere assolto, in caso di lavoro a turni, col semplice rinvio ai turni programmati di lavoro su fasce orarie prestabilite).
La principale novità – oltre quella (più formale che sostanziale) di abbandono, da parte del legislatore, della classica tripartizione tra part-time orizzontale, verticale e misto (che tuttavia resta nella prassi contrattuale) – è rappresentata dalla possibilità di utilizzare le clausole elastiche (variazione in aumento della durata della prestazione) e/o flessibili (variazione della collocazione oraria della prestazione) e di ricorrere al lavoro supplementare, anche in assenza di specifiche regolazioni collettive, ferma restando la necessità del consenso del lavoratore.
Si tratta di una novità che ha comunque scarsa incidenza nel nostro settore produttivo, in quanto come noto sia la contrattazione collettiva per gli operai agricoli e florovivaisti che quella per i quadri e gli impiegati agricoli disciplina puntualmente l’utilizzo della predette forme di flessibilità oraria della prestazione, che restano dunque valide ed applicabili.
Più nello specifico, rispetto alla precedente normativa, emergono le seguenti differenze:
• lavoro supplementare. Qualora la contrattazione collettiva non disciplini il lavoro supplementare (quello eseguito oltre l'orario di lavoro stabilito ma entro i limiti dell’orario normale), lo svolgimento di ore supplementari può comunque essere richiesto al lavoratore nei limiti del 25 per cento delle ore di lavoro settimanali; il lavoratore, che dovrà essere retribuito con una maggiorazione del 15 per cento, può rifiutarsi per comprovate esigenze lavorative, di salute, familiari o di formazione professionale (art. 6, c.1-2). Si ricorda che nella disciplina precedente era esclusivamente demandata alla contrattazione collettiva la definizione del numero massimo delle ore di lavoro supplementare effettuabili, delle relative causali in relazione alle quali era consentita la richiesta di svolgimento di lavoro supplementare, nonché delle conseguenze del superamento delle ore di lavoro supplementare consentite dai contratti collettivi stessi;
• clausole elastiche. Riguardo alle cosiddette clausole flessibili o elastiche (relative alla variazione della collocazione temporale della prestazione stessa o anche, nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto, alla variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa), la nuova disciplina (art. 6, c.4) - pur continuando ad esigere che le medesime siano pattuite per iscritto - non richiede più, come in precedenza, che esse siano oggetto di uno specifico patto scritto (ulteriore rispetto al normale contratto di lavoro). Inoltre viene previsto (art. 6, c. 6) che nell'ipotesi di carenza di regolamentazione collettiva, le clausole flessibili o elastiche sono ammissibili se sottoscritte dalle parti dinanzi ad una delle commissioni di certificazione dei contratti di lavoro. In tal caso la misura massima dell’aumento previsto non può superare il 25 per cento della normale prestazione annua a tempo parziale (si ricorda che una clausola di variazione in aumento è ammessa solo per i rapporti a tempo parziale di tipo verticale o misto). Per le modifiche dell'orario in applicazione delle predette clausole, il lavoratore ha diritto ad una maggiorazione della retribuzione oraria pari al 15 per cento, comprensiva dell'incidenza della retribuzione sugli istituti retributivi indiretti e differiti. Viene altresì esteso (art. 6, c.7) il diritto alla revoca del consenso prestato alle suddette clausole flessibili o elastiche ai soggetti affetti da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti;
• periodo di comporto. Ferma restando la possibilità per i contratti collettivi di rimodulare la durata del periodo di prova e di preavviso (art. 7, c.2), la rimodulabilità del periodo di conservazione del posto di lavoro viene estesa anche all’ipotesi di infortunio (oltre a quella, già prevista, della malattia);
• trasformazione. Il diritto di trasformare il rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale (nonché, in base ad eventuale successiva richiesta, di nuova trasformazione a tempo pieno) è esteso in favore dei soggetti affetti da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti, oltre a quelli affetti da patologie oncologiche (art.8, c.3); il diritto alla priorità nella trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale è esteso alle ipotesi in cui il coniuge o un figlio od un genitore del lavoratore sia affetto da gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti (art. 8, c. 4) ed al lavoratore con figlio convivente minore di età non superiore a 13 anni o portatore di handicap (art. 8, c.5);
• part-time in luogo del congedo parentale. Viene introdotto il diritto per il lavoratore di richiedere, per una sola volta, in luogo del congedo parentale, la trasformazione del rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale per un periodo corrispondente, con una riduzione d’orario non superiore al 50 per cento (art. 8, c. 7).
Da ultimo vale la pena sottolineare che è stata anche modificata e semplificata la norma che stabilisce il principio di pari trattamento del lavoratore a tempo parziale rispetto a quello a tempo pieno di pari inquadramento.
Ed infatti - in sostituzione dell'art. 4 del d.lgs. n. 61/2000 ("Principio di non discriminazione") che, come detto, è stato espressamente abrogato - l'art. 7 del decreto in commento ("Trattamento del lavoratore a tempo parziale") - con una formulazione più generica rispetto alla precedente norma citata - prevede che "il lavoratore a tempo parziale ha i medesimi diritti di un lavoratore a tempo pieno comparabile ed il suo trattamento economico e normativo è riproporzionato in ragione della ridotta entità della prestazione lavorativa".
LAVORO INTERMITTENTE (ARTT. 13-18)
Gli articoli da 13 a 18 riguardano il contratto di lavoro intermittente (o a chiamata). Si ricorda che mediante tale contratto - il quale può essere a tempo indeterminato o a termine - un lavoratore "si pone a disposizione" di un datore di lavoro, per lo svolgimento di prestazioni a carattere discontinuo o intermittente.
La disciplina del lavoro intermittente non subisce sostanziali modifiche rispetto alla riforma Fornero (legge n.92/2012), già intervenuta su questo istituto con previsioni che ne hanno di fatto ridotto l’applicazione a seguito di una più complessa burocrazia gestionale.
Rispetto all'attuale disciplina dell'istituto, stabilita dagli artt. da 33 a 40 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, che viene espressamente abrogata (art. 55, c.1, lettera d), emergono le seguenti differenze:
• stando alla infelice formulazione dell'art. 13, c. 1, del decreto, sembrerebbe che si subordini alle determinazioni dei contratti collettivi anche l'ammissibilità dell'ipotesi di contratto intermittente relativo a periodi predeterminati nell'arco della settimana, del mese o dell'anno, mentre la precedente disciplina consentiva in via diretta quest'ipotesi di contratto intermittente (su questo aspetto occorrerà attendere dunque i chiarimenti delle amministrazioni competenti);
• il criterio di computo dei lavoratori intermittenti nell'organico dell'impresa ("in proporzione all'orario di lavoro effettivamente svolto nell'arco di ciascun semestre") è esteso alle ipotesi in cui il computo rilevi per l'applicazione di una disciplina di fonte contrattuale (mentre la corrispondente norma previgente fa riferimento solo all'applicazione delle "normative di legge").
Per quanto riguarda le tipologie di attività per le quali è possibile ricorrere al lavoro intermittente occorre continuare a rifarsi alla contrattazione collettiva o, in assenza, ai casi individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Al riguardo deve ritenersi che, fino all’emanazione del nuovo decreto ministeriale, restino in vigore i casi individuati nel precedente decreto 23 ottobre 2004 e che quindi sia “ammessa la stipulazione di contratti di lavoro intermittente con riferimento alle tipologie di attività indicate nella tabella allegata al Regio decreto 6 dicembre 1923, n. 2657” (art. 55, c. 3).
Resta sempre ammesso il lavoro intermittente con giovani con meno di 24 anni di età (purché le prestazioni si svolgano entro il 25°anno) e con adulti che abbiano più di 55 anni.
LAVORO A TEMPO DETERMINATO (ARTT.19-29)
Gli articoli da 19 a 29 riguardano il contratto di lavoro dipendente a tempo determinato che, come si ricorderà, era già stato oggetto di modifiche da parte dell'attuale Governo con il decreto legge n.34/2014 convertito dalla legge n. 78/2014.
Il decreto in commento, di fatto, si limita a recepire la previgente disciplina (d.lgs.368/2001), come risultante dalle modifiche apportate dal recente d.l. 34/2014 convertito in legge 78/2014. Vengono solo apportate alcune limitate modifiche.
In particolare rispetto alla precedente disciplina dell'istituto - stabilita dal d.lgs. 6 settembre 2001, n. 368 che viene ora espressamente abrogato - emergono le seguenti principali differenze:
• in merito all'ipotesi di un ulteriore contratto a termine, in deroga al limite complessivo di durata di 36 mesi, si prevede (art. 19, c.3) che esso abbia una durata non superiore a 12 mesi, mentre la norma previgente demandava ad avvisi comuni
delle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale la determinazione della durata massima dell'ulteriore contratto;
• riguardo alla disciplina delle proroghe, confermata nel suo impianto originario dall'articolo 21 del decreto legislativo n.81/2015, si specifica che, qualora il numero delle proroghe sia superiore a cinque, il rapporto si considera a tempo indeterminato dalla data della sesta proroga (tale profilo non era esplicitamente disciplinato dalla normativa precedente);
• l'impugnazione giudiziale del contratto di lavoro a tempo determinato deve avvenire entro 120 giorni dalla sua cessazione, a pena di decadenza (art. 28, c.1).
• in caso di splafonamento della percentuale di contingentamento del lavoro a termine (20 per cento della forza lavoro a tempo indeterminato) si applica solo una sanzione amministrativa commisurata alla retribuzione dei lavoratori in eccesso e non la trasformazione dei contratti a termine interessati in contratti a tempo indeterminato.
Da sottolineare che la nuova disciplina del rapporto di lavoro a termine non incide sui rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli operai a tempo determinato così come definiti dall'articolo 12, c. 2, del d.lgs. n.375/1993, dalla normativa è stata infatti mantenuta l'esclusione espressa di tale tipologia di rapporti dalla normativa generale (art. 29, c.1).
Pertanto, come già sottolineato, la disciplina applicabile ai rapporti di lavoro a tempo determinato con gli operai agricoli (OTD) – caratterizzata dalla massima flessibilità – resta invariata.
Le modifiche introdotte dal decreto in commento trovano piena applicazione alle imprese agricole che occupano impiegati, quadri e dirigenti.
SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO (ARTT.30-40)
Gli articoli da 30 a 40 rivedono la normativa in materia di somministrazione di lavoro che, secondo la rinnovata definizione dettata dall'art. 30 del d.lgs. n.81/2015, è "il contratto con il quale un'agenzia di somministrazione autorizzata, ai sensi del d.lgs. n.276/2003, mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell'interesse e sotto la direzione e il controllo dell'utilizzatore".
Rispetto all'attuale disciplina dell'istituto - stabilita dall'art. 18, commi 3 e 3-bis, e dagli artt. da 20 a 28 del d.lgs. n. 276/2003 (che viene espressamente abrogata dall'art. 55, c.1, lettera d) - emergono le seguenti differenze principali:
• analogamente a quanto già previsto per la somministrazione a tempo determinato, vengono eliminate le ipotesi di ammissibilità del contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato che diventa dunque "a-causale"; viene però introdotto un limite quantitativo al suo impiego, pari al 20 per cento del numero dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore al primo gennaio di stipula (salvo diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall'utilizzatore);
• al contratto a tempo determinato tra somministratore e lavoratore non si applica il limite generale di durata per i contratti di lavoro a termine, pari a 36 mesi (mentre il limite si applica alle missioni a tempo determinato presso l'utilizzatore); allo stesso modo, al contratto a tempo determinato tra somministratore e lavoratore non si applicano i limiti numerici (20 per cento della forza lavoro) previsti in via generale per i contratti di lavoro a termine (articolo 34, comma 2).
APPRENDISTATO (ARTT.41-47)
Gli articoli da 41 a 47 disciplinano i contratti di apprendistato che erano peraltro già contenuti in un testo unico (d.lgs. 14 settembre 2011, n. 167) ed erano già stati oggetto di modifica ad opera dell'attuale Governo (decreto legge n.34/2014 convertito dalla legge n. 78/2014).
Qui vengono adottati ulteriori correttivi rispetto ad alcuni vincoli che hanno causato lo scarso utilizzo di tale forma contrattuale, soprattutto con riferimento all'apprendistato per il conseguimento del diploma professionale, che si vorrebbe ora configurare come vero e proprio strumento dell'offerta educativa scolastica.
Rispetto all'attuale disciplina, stabilita dal citato T.U. che viene espressamente abrogato (art. 55, c.1, lettera g), si segnalano le seguenti differenze:
• in merito alle tre tipologie di contratto di apprendistato - per la qualifica e per il diploma professionale, professionalizzante o contratto di mestiere, di alta formazione e di ricerca - il decreto legislativo modifica la denominazione della prima, che viene ora individuata come "apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione di specializzazione tecnica superiore", mentre la seconda tipologia viene indicata esclusivamente come "apprendistato professionalizzante" (e non più "contratto di mestiere"); si specifica, inoltre, che la prima e la terza tipologia fanno riferimento ai titoli di istruzione e formazione ed alle qualificazioni professionali contenuti nel relativo Repertorio nazionale, di cui all’art. 8 del d.lgs. 16 gennaio 2013, n. 13, definito nell’ambito del Quadro europeo delle qualificazioni (art. 41);
• si specifica che il requisito della forma scritta del contratto di apprendistato è posto a fini probatori (articolo 42, comma 1);
• si prevede che, nell’apprendistato della prima e della terza tipologia, il piano formativo individuale sia predisposto dall'istituzione formativa di provenienza dello studente con il coinvolgimento dell’impresa (articolo 42, comma 1);
• si specifica che, nell’apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e la specializzazione professionale, costituisce giustificato motivo di licenziamento anche il mancato raggiungimento degli obiettivi formativi, attestato dall’istituzione formativa di provenienza (articolo 42, comma 3);
• rispetto alla norma che subordina, per i datori di lavoro che occupino almeno 50 dipendenti, l'ammissibilità del contratto di apprendistato alla prosecuzione (a tempo indeterminato) del rapporto di lavoro (al termine del periodo di apprendistato), nei trentasei mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 20 per cento degli apprendisti (esclusi dal computo i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa), il d.lgs. n.81/2015 (articolo 42, c. 8) limita tale condizione all'assunzione di lavoratori con l'apprendistato professionalizzante (e non anche con le altre due tipologie);
• riguardo al solo apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione di specializzazione tecnica superiore:
✓ la regolamentazione dei profili formativi è rimessa alle regioni o, in carenza di normativa regionale, al Ministero del lavoro e delle politiche sociali (prima: la competenza era esclusivamente delle regioni, previo accordo con lo Stato e sentite le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori (art. 43, c. 3);
✓ il datore di lavoro sottoscrive un protocollo con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto, secondo lo schema, i contenuti degli obblighi formativi a carico del datore di lavoro e la durata degli stessi, definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (art. 43, c. 6). Il medesimo decreto definisce i criteri generali per lo svolgimento dei percorsi di apprendistato negli istituti tecnici e professionali, e, in particolare, il monte orario massimo del percorso scolastico che possa essere svolto in apprendistato ed i requisiti delle relative imprese. In ogni caso, la formazione esterna all’azienda si svolge nell’istituzione formativa cui è iscritto lo studente e non può essere superiore al 60 per cento dell’orario ordinamentale per il secondo anno e al 50 per cento per gli anni successivi;
✓ per le ore di formazione svolte nell'istituzione formativa, il datore di lavoro è esonerato da ogni obbligo retributivo, salva diversa previsione dei contratti collettivi, mentre per le ore di formazione a carico del datore di lavoro è riconosciuta al lavoratore una retribuzione pari al 10 per cento di quella che gli sarebbe dovuta (art. 43, c. 7). La norma precedente riconosceva invece il 35 per cento della retribuzione per le ore di formazione;
✓ il datore di lavoro ha la facoltà di prorogare fino ad un anno il contratto di apprendistato dei giovani qualificati e diplomati (che abbiano concluso positivamente i percorsi in oggetto), ai fini del consolidamento e dell’acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali e specialistiche, rilevanti anche ai fini del conseguimento di certificati di specializzazione tecnica superiore. Il contratto può anche essere prorogato di un anno qualora, al termine del periodo contemplato, l’apprendista non abbia conseguito il titolo di qualifica, diploma o specializzazione professionale (art. 43, c.4);
✓ tale tipologia contrattuale può essere utilizzata per assumere giovani iscritti al quarto e quinto anno degli istituti tecnici e professionali (di istruzione secondaria superiore), per il conseguimento del diploma e per l’acquisizione di ulteriori competenze tecnico-professionali rispetto a quelle previste dai vigenti regolamenti scolastici, utili anche ai fini del conseguimento di un certificato di specializzazione tecnica superiore; in tale fattispecie, il contratto non può avere durata superiore a 4 anni;
• riguardo al solo apprendistato professionalizzante:
✓ viene precisato che la qualificazione professionale al cui conseguimento è inteso il contratto è determinata dalle parti contraenti sulla base dei profili o qualificazioni professionali previsti per il settore di riferimento dai sistemi di inquadramento del personale, stabiliti dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni dei datori e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (articolo 44, c.1);
✓ viene soppressa l'ipotesi (di cui all'art. 4, c.2, del d.lgs. n.167/2011) che gli accordi interconfederali o i contratti collettivi contemplino una modulazione della durata e delle modalità di erogazione della formazione anche in ragione dell'età dell'apprendista; analogamente, si sopprime la norma (di cui all'art. 4, c. 3, del citato decreto legislativo) in base alla quale l'offerta formativa pubblica sia disciplinata dalle regioni anche in relazione all'età dell'apprendista;
• riguardo al solo apprendistato di alta formazione e di ricerca:
✓ viene rivisto l'ambito di applicazione della norma rispetto alla disciplina previgente (art. 45, c.1): limitato ai soli lavoratori in possesso di un diploma di istruzione secondaria superiore o di un diploma professionale conseguito nei percorsi di istruzione e formazione professionale, integrato da un certificato di istruzione e formazione tecnica superiore; unificato a 18 anni il limite minimo di età per l'apprendista (la norma previgente poneva un limite inferiore, a 17 anni, per l'ipotesi in cui il soggetto sia già in possesso di una qualifica professionale); soppressa l'ipotesi di utilizzo per il conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore o per lo svolgimento di un praticantato per "esperienze professionali";
✓ il datore di lavoro sottoscrive un protocollo con l’istituzione formativa a cui lo studente è iscritto, secondo lo schema, i contenuti degli obblighi formativi a carico del datore di lavoro e la durata degli stessi, definiti con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (art. 45, c. 2). La formazione esterna all’azienda si svolge nell’istituzione formativa cui è iscritto lo studente e nei percorsi di istruzione tecnica superiore e non può essere superiore al 60 per cento dell’orario ordinamentale;
✓ per le ore di formazione a carico del datore di lavoro è riconosciuta al lavoratore una retribuzione pari al 10 per cento di quella che gli sarebbe dovuta (mentre nella disciplina vigente non erano previste riduzioni); per le ore di formazione svolte nell'istituzione formativa, il datore di lavoro è esonerato da ogni obbligo retributivo, salva diversa previsione dei contratti collettivi.
Da ultimo, il comma 10 dell'art. 47 rinvia ad una norma successiva la revisione degli incentivi per i datori di lavoro che intendano assumere apprendisti per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e la specializzazione professionale (prima tipologia) ed all'apprendistato di alta formazione e di ricerca (seconda tipologia), nell'ambito dell'esercizio della delega sulla razionalizzazione degli incentivi all'assunzione di cui all'art.1, commi 3 e 4, della citata legge n. 183/2014.
ASSOCIAZIONE IN PARTECIPAZIONE CON APPORTO DI LAVORO (ART. 53)
L'articolo 53 del decreto legislativo modifica radicalmente la disciplina del contratto di associazione in partecipazione (contenuta nell'articolo 2549 del codice civile) il cui impiego, come si ricorderà, era già stato notevolmente circoscritto dalla riforma Fornero (legge n. 92 del 2012), al fine di limitare il più possibile il rischio di associazioni non genuine (che mascheravano cioè rapporti di lavoro subordinato).
Più in particolare il nuovo secondo comma dell'art. 2549 c.c. (come modificato dalla normativa in commento) prescrive che "nel caso in cui l'associato sia una persona fisica l'apporto di cui al primo comma non può consistere , nemmeno in parte, in una prestazione di lavoro".
Viene dunque vietata tout court l'associazione in partecipazione con apporto di lavoro da parte di un associato persona fisica. Si tratta di una novità negativa per il settore primario che, per le sue caratteristiche intrinseche, faceva un significativo impiego di tale forma contrattuale soprattutto per la gestione dei punti vendita aziendali e delle attività agrituristiche.
Il comma 2 del citato articolo 53 fa salvi gli effetti dei contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro già stipulati, che dunque proseguono regolarmente fino alla loro cessazione naturale.
LAVORO RIPARTITO (ART. 55, C.1, LETTERA D)
Viene espressamente abrogato il contratto di lavoro ripartito (noto anche come Job Sharing) precedentemente disciplinato dagli articoli 41-45 del d.lgs. n.276/2003. Si tratta di una forma contrattuale tradizionalmente utilizzata solo per alcune mansioni (es. servizi di portierato) e di nessun rilievo per il settore agricolo.
DISCIPLINA DELLE MANSIONI (ART. 3)
L'articolo 3 opera una revisione della disciplina sull'attribuzione di mansioni e sulle variazioni delle stesse, in ossequio ai principi della legge delega (art. 1, c.7, lett. e), legge n. 183/2014), attraverso la modifica dell'articolo 2103 del codice civile rubricato "Prestazione del lavoro".
La nuova normativa mira a superare le rigidità che caratterizzavano quella precedente (che vietava ogni forma di “demansionamento”), cercando di contemperare le esigenze di riorganizzazione/ristrutturazione aziendale, con l’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita, anche attraverso la modifica delle mansioni, del livello di inquadramento e della relativa retribuzione.
Vale la pena di ricordare che la previgente disciplina - che risale allo Statuto dei lavoratori - stabiliva che il lavoratore dipendente fosse adibito alle mansioni per le quali era stato assunto ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione (ogni patto contrario era considerato nullo). L'eventuale assegnazione a mansioni di livello superiore comportava il diritto al trattamento economico corrispondente e diventava definitiva dopo un periodo fissato dai contratti collettivi e, in ogni caso, non superiore a tre mesi (sempre che la medesima non avesse avuto luogo per sostituzione di un lavoratore assente e con diritto alla conservazione del posto).
La giurisprudenza – non senza incertezze e ripensamenti – aveva comunque ammesso alcune limitate ipotesi di demansionamento (cioè, di attribuzione a mansioni inferiori): situazioni temporanee di necessità, determinate da forza maggiore; esigenza di evitare il licenziamento per motivi oggettivi o il collocamento in cassa integrazione.
Rispetto a tale disciplina, contenuta nel citato articolo 2103 del codice civile, il decreto legislativo in commento apporta significative innovazioni.
Innanzitutto viene ampliata la possibilità di variazione unilaterale delle mansioni da parte del datore di lavoro (cosiddetto jus variandi). Ed infatti il lavoratore può essere assegnato a mansioni "riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte". Non viene dunque più richiesta l'equivalenza delle mansioni (come nel previgente testo dell'art.2103 c.c.), essendo ritenuta sufficiente l'appartenenza allo stesso livello contrattuale di inquadramento.
Ma la novità più significativa è costituita dal riconoscimento al datore di lavoro della facoltà di assegnare il lavoratore, unilateralmente, a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore.
Tale facoltà di demansionamento del prestatore di lavoro viene infatti espressamente consentita nelle seguenti fattispecie:
1) modifica degli assetti organizzativi aziendali che incidano sulla posizione del lavoratore;
2) altre ipotesi contemplate dai contratti collettivi.
Il mutamento delle mansioni è comunicato per iscritto (a pena di nullità) e il lavoratore ha diritto alla conservazione del trattamento retributivo in godimento, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa (ad esempio indennità di cassa se le nuove mansioni non contemplano più il “maneggio” di denaro).
In ogni caso, la dequalificazione unilaterale non può comportare la modifica di categoria legale (ad esempio da impiegato a operaio) del lavoratore interessato. In sostanza si può abbassare il livello di inquadramento contrattuale (ad esempio da impiegato di prima ad impiegato di seconda) ma non la categoria legale (da impiegato ad operaio).
E' inoltre previsto che il mutamento di mansioni si accompagni ad un obbligo formativo, il cui mancato adempimento non determina, in ogni caso, la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni, né alcuna sanzione.
Qualora la modifica, anziché essere unilaterale (cioè disposta dal solo datore di lavoro), è concordata col lavoratore interessato, il demansionamento può essere decisamente più incisivo, in quanto può incidere sia sulla categoria legale, con passaggio, ad esempio, da impiegato ad operaio, e sia sulla retribuzione percepita, con passaggio alla retribuzione inferiore prevista per il nuovo livello di inquadramento contrattuale.
Eventuali patti di demansionamento debbono essere sottoscritti nelle sedi di cui all’art. 2113 c.c. (commissioni di conciliazione, etc.) ovvero dinanzi alle commissioni di certificazione. Il lavoratore può farsi assistere da un sindacato, un avvocato o un consulente del lavoro.
L’accordo deve inoltre essere effettuato nell’interesse del lavoratore “alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita”.
Novità vengono introdotte anche in merito alle ipotesi di assegnazione a mansioni di livello superiore. Viene infatti elevato (settimo capoverso) da tre mesi a sei mesi il periodo di svolgimento oltre il quale l'assegnazione diventa definitiva e si dispone che tale termine si applichi solo in mancanza di determinazione di un diverso termine da parte dei contratti collettivi (mentre la norma previgente prevedeva che il termine contemplato da questi ultimi non potesse essere superiore a tre mesi).
La novella specifica, inoltre, che i sei mesi devono essere continuativi (in merito, con riferimento al termine di tre mesi, la giurisprudenza si era espressa in modo discordante).
Naturalmente laddove la contrattazione collettiva preveda un termine diverso, questo resta applicabile.
Decreti legislativi n.148, 149, 150 e 151/2015.
PREMESSA
Sulla Gazzetta Ufficiale del 23 settembre 2015 (serie generale n. 221, supplemento ordinario n. 53), sono stati pubblicati gli ultimi quattro decreti legislativi attuativi delle deleghe per il riordino del mercato del lavoro contenute nella legge 10 dicembre 2014, n. 183 (meglio nota come “Jobs Act”).
Si tratta, in particolare, dei seguenti provvedimenti:
• d.lgs. 14 settembre 2015, n.148, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro”;
• d.lgs. 14 settembre 2015, n.149, recante “Disposizioni per la razionalizzazione e la semplificazione dell'attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale”;
• d.lgs. 14 settembre 2015, n.150, recante “Disposizioni per il riordino della normativa in materia di servizi per il lavoro e di politiche attive”;
• d.lgs. 14 settembre 2015, n.151, recante “Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità”.
I decreti legislativi citati – in vigore dal giorno successivo a quello della loro pubblicazione e, dunque, dal 24 settembre 2015, salvo previsioni specifiche per le quali sono previste particolari decorrenze (vedi infra) – sono piuttosto complessi e articolati.
Ci limitiamo quindi ad evidenziare qui di seguito le disposizioni di maggior interesse per le imprese agricole privilegiando l'esame di quelle norme che comportano modifiche immediatamente operative.
RIFORMA DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI IN COSTANZA DI LAVORO CASSA INTEGRAZIONE ORDINARIA E STRAORDINARIA (d.lgs. n.148/2015)
Col decreto legislativo n. 148/2015 sono state apportate modifiche alla normativa in materia di ammortizzatori sociali in
costanza di rapporto di lavoro, e cioè alle norme che regolano la cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO) e straordinaria (CIGS).
Il provvedimento cerca di racchiudere in un solo decreto, le principali disposizioni normative riguardanti la cassa integrazione guadagni, in precedenza disseminate in una serie di disposizioni legislative, stratificate nel tempo.
Sull’argomento, al momento, è stata diramata solo una circolare riepilogativa da parte del Ministero del lavoro n. 24 del 5/10/2015, che peraltro si incentra principalmente sulla cassa integrazione guadagni straordinaria.
Prima di entrare nel merito del decreto legislativo in commento, occorre precisare che le nuove disposizioni sulle integrazioni salariali ordinarie e straordinarie non si applicano alle imprese del settore agricolo, per le quali restano in vigore le speciali norme di cui art. 8 e ss. della legge n. 457/1972, che disciplinano la cassa integrazione salari operai agricoli (CISOA), applicabili, come noto, anche agli impiegati agricoli in virtù dell’estensione operata a suo tempo dall’art. 21, legge n.223/1991, tuttora in vigore.
Nulla cambia dunque per le imprese agricole tradizionali che potranno continuare ad usufruire per i propri operai ed impiegati a tempo indeterminato della consueta CISOA, al verificarsi degli eventi che ne consentono l’accesso.
Le nuove disposizioni continuano invece ad applicarsi pienamente alle imprese cooperative e loro consorzi (di cui alla legge 240/1984), che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici propri o dei loro soci; dette cooperative (e loro consorzi) sono infatti assoggettate alle disposizioni del settore industriale in materia di CIGO e CIGS per i dipendenti a tempo indeterminato (art. 3, legge 240/1984).
Prima di esaminare le due diverse tipologie di integrazioni salariali ordinarie e straordinarie - che riguardano le richieste avanzate a decorrere dalla data di entrata in vigore del provvedimento (24/09/2015) - è opportuno precisare che, in via generale:
• restano in vigore solo la cassa integrazioni guadagni ordinaria (CIGO) e quella straordinaria (CIGS), mentre viene meno, dalla fine del 2016, la cassa integrazione guadagni in deroga, quella cioè applicabile ai lavoratori dipendenti delle imprese e datori di lavoro che non hanno i requisiti per accedere ai trattamenti di integrazione salariale ordinaria e straordinaria;
• i soggetti destinatari dei trattamenti di integrazione salariale, sia ordinaria che straordinaria, sono i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato con un anzianità di almeno 90 giorni, compresi gli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante (in precedenza esclusi); restano fuori dall’ambito di applicazione dei trattamenti in questione, come in precedenza, i dirigenti e i lavoratori a domicilio;
• l’ammontare dell’indennità di integrazione salariale resta pari all’80 per cento della retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate, comprese fra le zero ore e il limite dell’orario contrattuale;
• viene introdotto il divieto, sia per la CIGO che per la CIGS, di autorizzare l’integrazione salariale per tutte le ore lavorabili da tutti i lavoratori per tutto il periodo disponibile (cassa integrazione a zero ore). Il divieto non si applica nei primi 24 mesi dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni;
• la durata massima degli interventi di integrazione salariale, sia ordinaria che straordinaria, non può superare, per ciascuna unità produttiva, i 24 mesi in un quinquennio mobile (elevabile a 36 mesi in caso di utilizzo dei contratti di solidarietà);
• è previsto un contributo addizionale a carico delle imprese che chiedono l’integrazione salariale commisurato all’effettivo utilizzo del trattamento di integrazione e quantificato sulla retribuzione globale che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di lavoro non prestate;
• i periodi di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro per i quali è ammesso il trattamento di integrazione salariale sono coperti da contribuzione figurativa e sono utili ai fini del diritto e della misura per i trattamenti pensionistici vigenti;
• il pagamento dei trattamenti di integrazione salariale è effettuato direttamente dal datore di lavoro ai lavoratori, salvo il rimborso da parte dell’INPS o il recupero mediante conguaglio fra contributi dovuti e prestazioni anticipate (il pagamento diretto da parte dell’Istituto è previsto solo in presenza di serie e documentate difficoltà finanziarie dell’impresa);
• al lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non è riconosciuto il diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate. Decade, invece, dal diritto ai trattamenti di integrazione salariale il lavoratore che non abbia dato preventiva comunicazione all’INPS dello svolgimento di attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione.
INTEGRAZIONI SALARIALI ORDINARIE (ARTT. 9-18)
Le nuove disposizioni in materia di integrazioni salariali ordinarie contenute nel d.lgs. n. 148 del 2015 trovano applicazione – indipendentemente dal numero di addetti – nei confronti delle imprese del settore industriale, comprese le cooperative agricole, zootecniche e loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di prodotti agricoli propri ex lege n. 240/1984, per i soli dipendenti con contratto a tempo indeterminato (per l'elenco completo delle tipologie di imprese destinatarie si rinvia all'art. 10 del decreto citato).
Non si applicano invece, come detto, alle imprese agricole nei confronti delle quali continuano a trovare applicazione le norme in materia di cassa integrazione salari (CISOA) di cui alla legge n. 457 del 1972 sia per gli operai a tempo indeterminato e sia per gli impiegati in virtù dell’estensione operata dall’art. 21 della legge n. 223/1991, che è rimasto in vigore.
Il trattamento di integrazione salariale ordinaria a favore dei lavoratori dipendenti delle imprese indicate nell’art. 10 del decreto, sospesi dal lavoro o che effettuano prestazioni di lavoro a orario ridotto è riconosciuto nei seguenti casi:
• situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali;
• situazioni temporanee di mercato.
La durata massima dell’intervento è fissata in 13 settimane continuative, prorogabili, trimestralmente, fino ad un massimo di 52 settimane. Una volta raggiunte le 52 settimane consecutive, una nuova domanda, per la stessa unità produttiva che ha già beneficiato dell’integrazione, può essere presentata solo quando siano trascorse almeno 52 settimane di normale attività lavorativa.
Se invece l’intervento riguarda più periodi non continuativi, il trattamento d’integrazione salariale non può superare complessivamente le 52 settimane in un biennio mobile.
Le nuove disposizioni ridefiniscono inoltre, apportando una riduzione alle aliquote vigenti, la misura del contributo ordinario a carico del datore di lavoro per il finanziamento delle prestazioni d’integrazione salariale ordinaria, che viene fissata, per le imprese che occupano fino a 50 dipendenti, all’1,70 per cento (in precedenza 1,90 per cento) e per le imprese che occupano più di 50 dipendenti al 2 per cento (in precedenza 2,20 per cento). Le predette aliquote si applicano anche alle cooperative agricole ex lege n. 240 del 1984.
Per quanto riguarda gli aspetti procedurali, il decreto dispone che:
• il datore di lavoro, prima di presentare all’INPS la domanda d’intervento d’integrazione salariale, deve comunicare alle organizzazioni sindacali territoriali (ovvero alle RSA o RSU ove presenti) le cause della sospensione o della riduzione dell’orario di lavoro, l’entità e la durata prevedibile, nonché il numero dei lavoratori interessati;
• una volta conclusa la “fase sindacale” (che per le imprese fino a 50 dipendenti deve esaurirsi entro 10 giorni dalla comunicazione alle organizzazioni sindacali), il datore di lavoro presenta all’INPS, in modalità telematica, entro 15 giorni dall’inizio della sospensione o della riduzione dell’attività lavorativa, domanda di concessione dell’integrazione salariale. L’autorizzazione ai trattamenti è rilasciata direttamente dall’INPS (vengono abolite le commissioni provinciali).
Contro il provvedimento di rigetto della domanda d’integrazione salariale è possibile proporre ricorso, entro 30 giorni dalla comunicazione da parte dell’INPS, al Comitato amministratore della gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti.
INTEGRAZIONI SALARIALI STRAORDINARIE (ARTT. 19-25)
Destinatarie delle nuove disposizioni in materia di integrazioni salariali straordinarie sono le imprese del settore industriale – comprese le cooperative di trasformazione di prodotti agricoli e loro consorzi – che abbiano occupato, nel semestre precedente la data di presentazione della domanda, mediamente più di 15 dipendenti (inclusi gli apprendisti e i dirigenti) e le imprese commerciali con più di 50 dipendenti (per l'elenco completo delle tipologie di imprese destinatarie si rinvia all'art. 20 del decreto citato).
L’intervento straordinario è previsto nei seguenti casi:
• riorganizzazione aziendale, che nel nuovo sistema ricomprende anche la ristrutturazione e la conversione aziendale (cfr. circolare Ministero Lavoro n.24/2015 citata);
• crisi aziendale, ad esclusione, a decorrere dal 1/01/2016, dei casi di cessazione dell’attività produttiva aziendale o di un ramo di essa;
• contratto di solidarietà.
Tuttavia, secondo quanto previsto dall’articolo 21 del decreto, la concessione dell’integrazione salariale è legata indissolubilmente alla sussistenza di reali prospettive di continuazione o di ripresa dell’attività lavorativa e di salvaguardia dei livelli occupazionali.
Il trattamento straordinario d’integrazione salariale può avere le seguenti durate massime:
− 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile e relativamente a ciascuna unità produttiva, per i casi di riorganizzazione aziendale;
− 12 mesi, anche continuativi e relativamente a ciascuna unità produttiva, per i casi di crisi aziendale;
− 24 mesi, anche continuativi, in un quinquennio mobile e relativamente a ciascuna unità produttiva, per i casi di contratto di solidarietà (una deroga alla durata massima di 24 mesi è prevista al sussistere di determinate condizioni).
Le durate sopra indicate debbono essere coordinate col principio sancito all’art. 4 del decreto legislativo in commento il quale prevede un limite complessivo di durata, tra CIGO e CIGS, di 24 mesi, salvo eccezioni.
Per quanto riguarda l’aliquota di finanziamento delle prestazioni d’integrazione salariale, questa resta fissata allo 0,90 per cento della retribuzione imponibile ai fini previdenziali (di cui lo 0,60 per cento a carico del datore di lavoro e lo 0,30 per cento a carico del lavoratore).
Da ultimo, gli articoli 23 e 24 del decreto disciplinano, rispettivamente, la fase di consultazione sindacale – necessaria ai fini della presentazione della richiesta d’integrazione salariale – e la procedura di presentazione della domanda d’intervento straordinario d’integrazione salariale, che deve essere effettuata contestualmente al Ministero del lavoro e alle Direzioni territoriali del lavoro competenti.
In particolare viene meno l’obbligo per l’impresa di comunicare alle associazioni sindacali i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e vengono abrogate le norme sulla rotazione.
Per approfondimenti si rimanda alla citata circolare ministeriale n. 24/2015.
FONDI DI SOLIDARIETÀ (ARTT. 26-40)
Le nuove disposizioni in materia di integrazione salariale ordinaria e straordinaria previste dal decreto legislativo in commento, pur ampliando l’ambito di applicazione delle norme in materia di cassa integrazione guadagni (includendo, ad esempio, gli apprendisti), non riescono a coprire i lavoratori di tutti i settori produttivi e di tutte le tipologie di imprese.
Come in precedenza, infatti, un numero importante di lavoratori dipendenti, anche se ridotto rispetto alla previgente disciplina, non può accedere ai trattamenti di CIGO e di CIGS.
Al fine di garantire adeguate forme di tutela anche a questi lavoratori, il d.lgs. n 148/2015 - sul solco di quanto già fatto con la “Riforma Fornero” (legge n. 92 del 2012) – si avvale del sistema di bilateralità, ossia di fondi di solidarietà costituiti dalla contrattazione collettiva e finanziati dalle aziende e dai lavoratori (2/3 a carico del datore di lavoro e 1/3 a carico del lavoratore).
Rispetto alla previgente normativa, però, il sistema dei fondi viene reso più cogente. Ed infatti l’art. 24 prevede l’obbligo di costituzione dei fondi per le categorie interessate e dispone che essi vengano “istituiti” presso l’INPS.
I Fondi di solidarietà bilaterale devono garantire ai lavoratori dei settori che non rientrano nell’ambito di applicazione della normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie e straordinarie, una tutela in costanza di rapporto di lavoro in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa dovuta ad una delle cause già previste dalla disciplina in materia di integrazioni salariali ordinarie e straordinarie.
Essi possono anche svolgere ulteriori funzioni quali, ad esempio, il riconoscimento di assegni straordinari per il sostegno al reddito di lavoratori agevolati all’esodo e il co-finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione.
Nel caso in cui le categorie interessate, nonostante le previsioni della nuova disciplina, rimangano inerti e non costituiscano i Fondi di solidarietà bilaterale, i lavoratori interessati – ossia quelli che oltre a non essere ricompresi nell’ambito di applicazione della normativa sulla cassa integrazione ordinaria e straordinaria, rimangono “scoperti” anche da tali fondi bilaterali – potranno contare sul Fondo residuale per le imprese e i lavoratori istituito presso l’INPS.
A decorrere dal 1°gennaio 2016, detto Fondo assumerà la denominazione di Fondo di integrazione salariale ed estenderà il proprio raggio d’azione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti (prima il limite era fissato a 15 dipendenti), comprendendo nella soglia dimensionale anche gli apprendisti.
Da ultimo, ci preme evidenziare che rispetto alla previgente disciplina (legge 92/2012) anche le nuove disposizioni in materia d’istituzione e funzionamento dei Fondi di solidarietà non introducono elementi di novità per il settore agricolo. Lo stesso deve dirsi anche con riferimento all’obbligo di contribuzione al Fondo di solidarietà residuale istituto presso l’INPS (Fondo di integrazione salariale dal 1/1/2016), dal quale – a nostro avviso – devono continuare a ritenersi esclusi i datori di lavoro agricolo, che, come noto, ricadono nell’ambito di applicazione della normativa in materia di integrazione salariale agricola richiamata nel titolo I del d.lgs. n.148/2015.
Durata massima NASPI
Sempre in tema di ammortizzatori sociali, ma conseguenti alla perdita del posto di lavoro, merita essere segnalato che l’art. 43, c. 3, del d.lgs. in commento ha eliminato l’ultimo comma dell’art. 5, d.lgs. n.22/2015, che riduceva da 104 a 78 settimane la durata massima del trattamento NASPI per gli eventi di disoccupazione che interverranno dal 1°gennaio 2017.
Pertanto il limite massimo di durata della NASPI è sempre fissato in un biennio (104 settimane), a prescindere dal momento in cui si è verificato l’evento di disoccupazione (ante o post 1°.01.2017).
Naturalmente la durata del trattamento resta legata al numero di settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni.
CONTRATTI DI SOLIDARIETÀ ESPANSIVA (ART. 41)
Da ultimo si segnala che l’articolo 41 introduce una nuova forma di incentivo economico (sotto forma di contributo diretto o di risparmio contributivo) per i datori di lavoro che assumono personale a tempo indeterminato, in applicazione di apposite disposizioni contenute nel contratto collettivo “aziendale”.
A tal fine, i contratti collettivi aziendali debbono contestualmente prevedere:
− una riduzione stabile dell’orario di lavoro, con riduzione della retribuzione;
− l’assunzione a tempo indeterminato di nuovo personale al fine di incrementare gli organici. Gli stessi contratti debbono poi essere depositati alla Direzione territoriale del lavoro competente.
Per ogni lavoratore (senza limiti di età) assunto sulla base delle predette previsioni contrattuali è concesso al datore di lavoro, per i primi 12 mesi e per ogni mensilità di retribuzione, un contributo a carico dell’INPS pari al 15 per cento della retribuzione lorda prevista dal contratto collettivo applicabile. Il contributo è ridotto, per ciascuno dei due anni successivi, al 10 e al 5 per cento.
In alternativa al contributo “diretto”, il datore di lavoro può, invece, assumere – sempre sulla base delle predette previsioni contrattuali – lavoratori di età compresa tra i 15 e i 29 anni usufruendo per un triennio e comunque non oltre il compimento del 29°anno di età del lavoratore, della minore aliquota contributiva prevista per gli apprendisti.
RAZIONALIZZAZIONE E SEMPLIFICAZIONE DELL'ATTIVITÀ ISPETTIVA IN MATERIA DI LAVORO E LEGISLAZIONE SOCIALE (d.lgs. n.149/2015)
L’art. 1, c. 7, lett. l), della citata legge n. 183/2014 ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi al fine di razionalizzare e semplificare l'attività ispettiva “attraverso misure di coordinamento ovvero attraverso l'istituzione […] di una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, tramite l'integrazione in un'unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale”.
In attuazione di tale delega, il d.lgs. n. 149/2015 prevede una riorganizzazione complessiva dell’attività ispettiva in materia di lavoro e legislazione sociale, previdenza e assistenza attraverso l'istituzione di una nuova autorità, con l'obiettivo di superare l'attuale sovrapposizione di interventi ispettivi e di omogeneizzarne l'attività.
Si tratta dell’Ispettorato nazionale del lavoro che integra in un unico ente i diversi servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'INPS e dell'INAIL.
Con l’Ispettorato nazionale il legislatore ha voluto superare l’attuale sistema delle ispezioni in azienda – fino ad ora delegato ad una molteplicità di soggetti - riunificando in un unico ente le funzioni ispettive in ambito giuslavoristico, contributivo ed assistenziale.
Al fine di assicurare l'omogeneità operativa di tutto il personale ispettivo, ai funzionari dell’INAIL e dell’INPS saranno attribuiti i poteri già assegnati al personale ispettivo del Ministero del lavoro, ivi compresa la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria (ai sensi dell'art. 6, c.2, d.lgs. n. 124/2004).
Tuttavia, in ragione del progressivo accentramento di tutte le funzioni ispettive presso l’Ispettorato nazionale del lavoro, il personale ispettivo di INPS e INAIL sarà inserito in un ruolo ad esaurimento dei predetti Istituti. Pertanto, dall’entrata in vigore dei decreti attuativi il reclutamento del personale ispettivo sarà riservato esclusivamente alla nuova agenzia.
La principale funzione dell’Ispettorato nazionale risiede nel coordinamento della vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria - ivi compresa la vigilanza in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro nei limiti delle competenze già attribuite al personale ispettivo ministeriale del lavoro - sulla base di direttive emanate dal Ministro del lavoro. A tal fine, l’Ispettorato definisce tutta la programmazione ispettiva e le specifiche modalità di accertamento e detta le linee di condotta e le direttive di carattere operativo per tutto il personale ispettivo (compreso quello attualmente in forza presso INPS e INAIL).
L'Ispettorato inoltre:
• emana circolari interpretative e direttive operative in materia ispettiva e sanzionatoria (d'accordo col Ministero del lavoro);
• propone, sulla base di direttive del Ministro del lavoro, gli obiettivi quantitativi e qualitativi delle verifiche ispettive ed effettua il monitoraggio sulla loro realizzazione;
• cura la formazione e l'aggiornamento del personale ispettivo;
• svolge attività di prevenzione e promozione della legalità finalizzate al contrasto del lavoro sommerso e irregolare.
In supporto alla programmazione dell’attività di vigilanza svolta dall’Ispettorato, si prevede l’obbligo per l’INPS, l’INAIL e l’Agenzia delle entrate di mettere a disposizione dell’Ispettorato - anche attraverso l’accesso a specifici archivi informatici - dati e informazioni, sia in forma analitica che aggregata.
Al fine di rafforzare l’azione di coordinamento con altri organi preposti alla vigilanza si prevede inoltre:
• la stipula di appositi protocolli, anche con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale onde assicurare l’uniformità di comportamento ed una maggiore efficacia degli accertamenti ispettivi, evitando la sovrapposizione degli interventi;
• l’obbligo per ogni altro organo di vigilanza che svolge accertamenti in materia di lavoro e legislazione sociale di raccordarsi con l’Ispettorato.
L'Ispettorato nazionale diventerà operativo solo dopo l'entrata in vigore di appositi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (da emanarsi entro 45 giorni) con cui dovranno essere definiti nel dettaglio l’organizzazione e il funzionamento del nuovo ente (il cui statuto sarà invece adottato con decreto del Presidente della Repubblica).
I citati decreti attuativi dovranno altresì definire la dislocazione sul territorio dell'Ispettorato. Le sue sedi territoriali infatti sostituiranno gli attuali servizi ispettivi presso le direzioni interregionali e territoriali del lavoro.
In attesa della piena operatività dell'ente nazionale e delle sue sedi territoriali, vale la pena di segnalare sin d'ora che, in linea con la revisione delle competenze in materia ispettiva, il decreto legislativo in commento opera anche un riordino in materia di ricorsi amministrativi.
La principale novità introdotta al riguardo è la possibilità di ricorrere davanti al direttore delle sedi territoriali dell’Ispettorato nei confronti degli atti di accertamento in materia di lavoro, legislazione sociale, contribuzione e assicurazione obbligatoria, adottati dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria.
I ricorsi avverso gli atti di accertamento che abbiano ad oggetto la sussistenza o la qualificazione dei rapporti di lavoro dovranno invece essere proposti al Comitato per i rapporti di lavoro costituito presso le sedi territoriali dell’Ispettorato e composto dal direttore della sede territoriale dell’Ispettorato, dal direttore dell’INPS e dal direttore dell’INAIL del capoluogo di regione dove ha sede l’Ispettorato competente.
Si precisa in proposito che, allo stato, non è del tutto chiara la portata delle novità appena richiamate rispetto alla disciplina vigente, a causa della infelice formulazione delle norme che disciplinano tali aspetti (art. 11, c.1, lettere "d" ed "e" del d.lgs. n.149/2015, che modificano rispettivamente gli articoli 16 e 17 del d.lgs. n.124/2004).
RICORSI AMMINISTRATIVI IN MATERIA DI LAVORO – CIRCOLARE DELL’ISPETTORATO NAZIONALE DEL LAVORO.
Muove i primi passi l’Ispettorato nazionale del lavoro, istituito dall’art. 1 del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 149, allo scopo di “unificare” tutte le attività ispettive del Ministero del lavoro in precedenza svolte dai servizi dell’INPS e dell’INAIL.
Con circolare n. 4 del 2016 la nuova Agenzia nazionale disciplina ed illustra le nuove regole per la trattazione dei ricorsi amministrativi in materia di lavoro.
Le nuove regole hanno valenza dal 01/01/2017.
Con le modifiche apportate dall’art. 11 D.Lgs. n. 149/2015 questi i nuovi orientamenti operativi in ordine alla trattazione dei ricorsi amministrativi già contemplati dagli artt. 16 e 17 del D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124.
Ricorsi ex art. 16 D.Lgs. n. 124/2004
L’art. 16, come modificato dall’art. 11, comma 1, lett. d) del D.Lgs. n. 149/2015, attualmente prevede che “al fine di garantire l’uniforma applicazione delle disposizioni in materia di lavoro, legislazione sociale, nonché in materia contributiva e assicurativa, nei confronti dei relativi atti di accertamento adottati dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di cui all’articolo 13,comma 7, è ammesso ricorso davanti al direttore della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, entro trenta giorni dalla notifica degli stessi. Il ricorso va inoltrato alla sede territoriale competente dell’ispettorato del lavoro ed è deciso, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento, sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente tempestivamente trasmessa dall’organo accertatore. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione il ricorso si intende respinto”.
La circolare, pertanto, precisa che i ricorsi di cui si tratta non avranno più ad oggetto le ordinanze ingiunzioni, emesse ai sensi dell’art. 18 della L. n. 689/1981, ma gli “atti di accertamento adottati dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria” di cui all’art. 13, comma 7, del D.lgs. n. 124/2004; e cioè svolti dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria (ad es. Guardia di finanza e Polizia di Stato), che, ai sensi dell’art. 13 della Legge n. 689/1981, procedono all’accertamento delle “violazioni punite con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro” e che perciò operano all’interno dell’Ispettorato nazionale del lavoro. La nota del I.N.L. specifica come l’art. 134 del D.Lgs. n. 124/2004 ha inteso riferirsi separatamente al personale ispettivo del Ministero del lavoro (comma 2), al personale degli Istituti previdenziali (comma 6) e ad ogni altro organo ispettivo in possesso della qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria (comma 7). Pertanto, il riferimento agli atti di accertamento adottati “dagli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di cui all’articolo 13, comma 7” – avverso i quali è possibile adire il direttore della sede territoriale dell’Ispettorato – è quindi riferito agli atti del personale ispettivo diverso da quello dell’Ispettorato; rispetto agli atti adottati dai funzionari dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro va utilizzato il diverso ricorso al Comitato per i rapporti di lavoro, di cui appresso si dirà.
Il ricorso va proposto nel termine di trenta giorni dalla notifica dell’atto e va deciso nel termine di sessanta giorni dal ricevimento, spirato il quale il ricorso si intende respinto.
Presentazione del ricorso
Nella prima fase attuativa i ricorsi sono presentati alla sede dell’Ispettorato territoriale del lavoro nel cui ambito territoriale è stato adottato l’atto di accertamento da impugnare. La circolare precisa che il ricorso va allegato l’atto impugnato anche ai fini dell’esatta individuazione dell’autorità che lo ha emesso, alla quale va richiesta l’ulteriore documentazione utile per la decisione.
Ai sensi del comma 1, lettera c) dell’art. 11 del D.Lgs. n. 149/2015, così come già previsto per i ricorsi ex art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004, è prevista l’interruzione dei termini di presentazione dei ricorsi a seguito di emanazione della diffida di cui all’art. 13, comma 5, del D.Lgs. n. 124/2004.
Ricorsi ex art. 17 D.Lgs. n. 124/2004
La circolare inoltre per i ricorsi al Comitato per i rapporti di lavoro, previsti all’art. 17 del D.Lgs. n. 124/2004, precisa che le attuali disposizioni non consentono, a partire dal 1° gennaio 2017, di impugnare le ordinanze ingiunzioni concernenti la sussistenza o la qualificazione dei rapporti di lavoro ma, in ordine ai medesimi profili, unicamente gli atti di accertamento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, compresi quelli adottati dal personale ispettivo proveniente dagli Istituti previdenziali (INPS e INAIL).
Il Comitato per i rapporti di lavoro è costituito presso le competenti sedi dell’Ispettorato interregionale del lavoro (si riportano di seguito le sedi e i relativi ambiti di competenza) alle quali, pertanto, i ricorsi vanno inoltrati nel termine già previsto di trenta giorni dalla notifica dell’atto di accertamento per essere decisi, con provvedimento motivato, nel termine di novanta giorni dal ricevimento, il cui inutile decorso determina il silenzio rigetto.
IIL MILANO | IIL VENEZIA | IIL ROMA | IIL NAPOLI |
Liguria | Xxxxxx Xxxxxxx | Abruzzo | Basilicata |
Lombardia | Friuli Venezia Giulia | Lazio | Campania |
Piemonte | Marche | Sardegna | Calabria |
Valle d’Aosta | Veneto | Toscana | Molise |
Umbria | Puglia |
Istruttoria
Con lettera circolare del 21 gennaio 2015 della Direzione generale dell’Attività Ispettiva del Ministero del lavoro, si è già precisato come la trattazione della prima fase istruttoria dei ricorsi è attribuita agli uffici territoriali aventi sede nei capoluoghi di Regione diversi da quelli su cui insistono gli Ispettorati interregionali del lavoro che viceversa trattano i ricorsi provenienti dagli Ispettorati territoriali ubicati nelle quattro Regioni sedi dei medesimi Ispettorati interregionali.
Ricorsi pendenti alla data del 1°gennaio 2017
Le nuove disposizioni trovano immediata applicazione ai ricorsi che, al 1° gennaio 2017, non risultano ancora decisi o per i quali non si sia formato il silenzio rigetto; in relazione a ciò il dies a quo per impugnare eventualmente avanti al Tribunale le ordinanze ingiunzioni oggetto di ricorso amministrativo coincide con la data di efficacia delle nuove norme; in sintesi:
- i ricorsi amministrativi che, alla data di operatività dell’Ispettorato, sono stati decisi o per i quali è decorso il termine per la formazione del silenzio rigetto, restano disciplinati dalle vecchie disposizioni e il termine per proporre opposizione all’ordinanza ingiunzione decorre dalla notificazione della decisione amministrativa o dalla scadenza del termine fissato per la decisione;
- i ricorsi amministrativi che, alla data di operatività dell’Ispettorato, non sono stati ancora decisi o per i quali non è trascorso il termine fissato per la decisione diventano improcedibili, in quanto non possono più essere trattati in base alla precedente disciplina. Il termine per proporre opposizione ad ordinanza ingiunzione decorre dal 1°gennaio 2017;
- i ricorsi amministrativi presentati successivamente al 1° gennaio 2017 sono inammissibili, in quanto non previsti dalla nuova disciplina. In tale ipotesi non essendosi prodotto alcun effetto interruttivo a seguito della presentazione del ricorso il termine per proporre opposizione all’ordinanza ingiunzione decorre dalla data di notificazione dell’ordinanza.
RIORDINO DELLA NORMATIVA DEI SERVIZI PER IL LAVORO E DELLE POLITICHE ATTIVE (d.lgs. n.150/2015)
Il d.lgs. n. 150/2015 dà attuazione alla delega in materia di riorganizzazione dei servizi per il lavoro e di definizione delle politiche attive contenuta nella legge n. 183/2014 (art. 1, commi 3 e 4 ).
Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL)
La principale novità del decreto n. 150 è rappresentata dalla istituzione dell’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL), ente sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro, dotato di personalità giuridica, autonomia organizzativa e contabile, operativo dal primo gennaio 2016.
Mentre il ruolo di indirizzo politico in materia di politiche attive del lavoro è riservato al Ministero del lavoro, alla costituenda ANPAL è attribuito il coordinamento della "Rete dei servizi per le politiche del lavoro" che ha lo scopo di promuovere l’effettività dei diritti al lavoro, alla formazione e all’elevazione professionale, mediante interventi e servizi volti a migliorare l'efficienza del mercato del lavoro, assicurando ai datori di lavoro il soddisfacimento dei fabbisogni di competenze ed ai lavoratori il sostegno nell'inserimento o nel reinserimento al lavoro.
Della predetta Rete, oltre all’ANPAL, fanno parte le strutture regionali per le Politiche attive del Lavoro, l’INPS, l’INAIL, le Agenzie per il lavoro e gli altri soggetti autorizzati all’attività di intermediazione, i fondi interprofessionali per la formazione continua (compresi quelli per i lavoratori in somministrazione), Italia Lavoro S.p.A., l’ISFOL, il sistema delle Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, le università e gli altri istituti di scuola secondaria di secondo grado.
All'ANPAL vengono inoltre attribuite funzioni di:
• coordinamento dei servizi pubblici per l'impiego e delle politiche di attivazione dei disoccupati;
• determinazione delle modalità operative e dell’ammontare dell’assegno di ricollocazione;
• sviluppo e gestione integrata del sistema informativo unico delle politiche del lavoro;
• gestione dell’albo nazionale delle agenzie per il lavoro;
• gestione dei programmi operativi nazionali di progetti cofinanziati dai Fondi comunitari;
• assistenza e consulenza nella gestione di alcune crisi aziendali.
Oltre alle funzioni elencate nel Decreto, le Regioni o Province Autonome potranno decidere di attribuire all'Agenzia eventuali ulteriori funzioni tramite apposita convenzione.
Infine, in un’ottica di semplificazione degli adempimenti a carico dei datori di lavoro, è previsto che l’ANPAL sia l’ente preposto a ricevere tutte le comunicazioni obbligatorie in materia di instaurazione, trasformazione e cessazione dei rapporti lavorativi, che saranno poi rese disponibili per i Centri per l’impiego, il Ministero del Lavoro, l’INPS, l’INAIL e l’Ispettorato nazionale del lavoro, per le attività di rispettiva competenza (art. 13, c.4).
In altre parole, dal momento in cui sarà operativa l'ANPAL (secondo le previsioni il primo gennaio 2016), gli attuali sistemi di comunicazione obbligatoria delle assunzioni, trasformazioni e cessazioni dei rapporti di lavoro, gestiti dalle singole regioni, dovrebbero essere sostituiti da un sistema telematico nazionale unico.
Sistema informativo unitario e fascicolo elettronico del lavoratore
All’ANPAL, in collaborazione con il Ministero del Lavoro, le regioni, le province autonome, INPS e ISFOL, è affidata la realizzazione del sistema informativo unitario delle politiche del lavoro e cioè di un sistema informatico integrato nel quale confluiscono tutti i data base rilevanti per la definizione ed il controllo delle politiche volte a promuovere ed incentivare l'occupazione.
Tale sistema è costituito:
• dal sistema informativo dei percettori di ammortizzatori sociali;
• dall’archivio informatizzato delle comunicazioni obbligatorie;
• dai dati relativi alla gestione dei servizi per l’impiego;
• dal sistema informativo della formazione professionale (comprensivo dell’albo nazionale degli enti di formazione accreditati da Regioni e Province autonome).
Sulla base delle informazioni contenute nel nuovo sistema, è prevista la formazione del fascicolo elettronico del lavoratore (accessibile a titolo gratuito dall’interessato mediante metodi di lettura telematica), contenente le informazioni riguardanti i percorsi educativi e formativi, i periodi lavorativi, la fruizione di provvidenze pubbliche ed i versamenti contributivi per l’utilizzo di ammortizzatori sociali.
Il fascicolo elettronico del lavoratore sostituisce a tutti gli effetti di legge il libretto formativo del cittadino, che viene espressamente abrogato dall’art. 34 del decreto in commento.
ALBO NAZIONALE DEGLI ENTI ACCREDITATI A SVOLGERE ATTIVITÀ DI FORMAZIONE PROFESSIONALE
Ai fini della realizzazione del fascicolo del lavoratore è previsto che l’ANPAL gestisca l’albo nazionale degli enti di formazione accreditati dalle regioni e province autonome e costituisca un sistema informativo della formazione professionale, ove siano registrati i percorsi formativi svolti dai soggetti residenti in Italia, finanziati in tutto o in parte con risorse pubbliche.
In materia di formazione vale la pena di segnalare che all’ANPAL è stata affidata la vigilanza sui fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua (tra cui FOR.AGRI). Resta invece al Ministero del lavoro la competenza in materia di autorizzazione e di indirizzo politico sul sistema della formazione continua.
STATO DI DISOCCUPAZIONE E PATTO DI SERVIZIO PERSONALIZZATO
Il legislatore ha provveduto alla ridefinizione dello stato di disoccupazione rispetto alle previsioni degli artt. 2 e 4 del d.lgs. n. 181/2000 e successive modificazioni (status rilevante a vario titolo, tra cui la fruizione di benefici per le assunzioni disciplinati da particolari normative).
Secondo il decreto in commento, sono da considerare "disoccupati" i lavoratori privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al costituendo portale nazionale delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa ed alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l’impiego (art. 19, c.1).
Lo stato di disoccupazione è sospeso in caso di rapporto di lavoro subordinato di durata fino a 6 mesi.
I lavoratori disoccupati che effettuano la predetta dichiarazione di disponibilità al lavoro devono contattare (entro 30 giorni) il centro per l'impiego competente, per la profilazione (e cioè la classificazione secondo il livello di occupabilità e le caratteristiche del singolo) e la stipula di un patto di servizio personalizzato.
Tale patto, oltre ad individuare un tutor, definisce il profilo personale di occupabilità del disoccupato e sancisce la sua disponibilità allo svolgimento delle seguenti attività: partecipazione a iniziative per il rafforzamento delle competenze nella ricerca attiva di lavoro (ad es. stesura del curriculum vitae e preparazione ai colloqui di lavoro), frequenza a corsi di formazione o di riqualificazione o ad altre iniziative di politica attiva, accettazione di congrue offerte di lavoro (come definite dall'ANPAL).
Incentivi all’occupazione
Nell’ambito dell’ampia delega contenuta nell'art. 1, c.4, della legge n. 183/2014 rientrava anche la materia del riordino degli incentivi all’occupazione.
La principale novità introdotta dal decreto legislativo in tale ambito è rappresentata dall’istituzione presso l'ANPAL del Repertorio nazionale degli incentivi occupazionali e del lavoro che dovrebbe garantire, da un lato, una migliore conoscenza delle agevolazioni esistenti e, dall'altro, un maggior coordinamento tra le numerose agevolazioni connesse alle assunzioni vigenti nel nostro ordinamento.
A garanzia di un’omogenea applicazione degli incentivi, l'art. 31 del d.lgs. n.150/2015 definisce inoltre i principi generali di fruizione degli incentivi che, rispetto a quelli già previsti dalla legge Fornero (legge n. 92/2012 su cui si veda la nostra circolare
n. 14077/2012), presentano le seguenti novità:
• per il contratto di somministrazione, i benefici economici connessi all’assunzione o trasformazione di un contratto di lavoro sono trasferiti all’utilizzatore e, nell’ipotesi di incentivo soggetto al regime de minimis, il benefico è computato in capo all’utilizzatore;
• qualora le disposizioni incentivanti richiedano un incremento occupazionale netto della forza lavoro mediamente occupata, il calcolo si compie in via mensile, effettuando il confronto tra il numero di lavoratori dipendenti equivalente a tempo pieno del mese di riferimento con quello medio dei 12 mesi precedenti, tenendo conto della nozione di “impresa unica” (art. 2, par. 2 del Regolamento UE n. 1408/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013);
• l’inoltro tardivo delle comunicazioni telematiche obbligatorie inerenti l’instaurazione e la modifica di un rapporto di lavoro o di somministrazione producono la perdita di quella parte dell’incentivo relativa al periodo compreso tra la decorrenza del rapporto agevolato e la data della tardiva comunicazione.
Sempre in merito al riordino degli incentivi all’occupazione viene, inoltre, disposta l’abrogazione del beneficio introdotto dal decreto legge n. 76/2013 (convertito con modificazioni dalla legge n. 99/2013) per le assunzioni a tempo indeterminato (o le trasformazioni a tempo indeterminato di contratti a termine) di lavoratori di età compresa fra i 18 e i 29 anni, incrementando i livelli occupazionali in essere.
Vengono tuttavia fatti salvi (fino alla completa fruizione dei benefici) gli effetti per le assunzioni (o le trasformazioni) effettuate prima dell’entrata in vigore del Decreto n. 150 (24 settembre 2015).
Altra novità riguarda le assunzioni con contratto di apprendistato per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, per le quali, in via sperimentale e fino al 31 dicembre 2016, vigono le seguenti norme incentivanti:
• si applica un’aliquota contributiva ridotta del 5 per cento (rispetto al 10 per cento fissato in via generale);
• non si applica il contributo di licenziamento a carico del datore di lavoro previsto dall’art. 2, commi 31 e 32 della Legge n. 92/2012;
• è riconosciuto lo sgravio totale dei contributi a carico del datore di lavoro per il finanziamento della NASpI e del contributo integrativo dello 0,30% per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria ex art. 25 della Legge n. 845/1978.
RAZIONALIZZAZIONE E SEMPLIFICAZIONE DELLE PROCEDURE E ALTRE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RAPPORTO DI LAVORO E PARI OPPORTUNITÀ (d.lgs. n.151/2015)
Lo schema di decreto legislativo n.151/2015 recante"Disposizioni di razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di rapporto di lavoro e pari opportunità" è il più corposo e articolato dei quattro decreti in commento.
Esso infatti apporta modifiche alla disciplina delle seguenti materie:
• collocamento obbligatorio;
• sistema informativo per la gestione del mercato del lavoro;
• salute e sicurezza sul lavoro;
• sanzioni;
• dimissioni e risoluzione consensuale;
• controlli a distanza;
• ferie e riposi;
• organismi, competenze e fondi operanti in materia di pari opportunità.
COLLOCAMENTO MIRATO DEI SOGGETTI CON DISABILITÀ (ARTT.1-13)
In attuazione di un apposito criterio di delega contenuto nell'art. 1, c.4, lett. g, della legge n. 183/2014, viene ampiamente rimaneggiata la legge 12 marzo 1999, n. 68 che disciplina l'inserimento lavorativo delle persone con disabilità e di altri soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio, con il duplice obiettivo di razionalizzare e revisionare le procedure e gli adempimenti dei datori di lavoro e, al contempo, di favorire l’integrazione di tali soggetti nel mercato del lavoro.
Queste le principali novità per i datori di lavoro (compresi quelli agricoli):
• viene eliminato il regime di gradualità delle assunzioni per i datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti e per le organizzazioni di tendenza, prevedendo che dal 1° gennaio 2017 l’obbligo di assumere un disabile scatti in automatico, senza cioè dover attendere la nuova assunzione (come invece stabiliva il previgente testo dell'art. 3, legge n.68/1999); dal 1° gennaio 2017, in altre parole, i datori di lavoro privati che occupano da 15 a 35 dipendenti computabili saranno obbligati ad avere alle loro dipendenze un lavoratore disabile contestualmente al raggiungimento del limite di 15 lavoratori computabili;
• i lavoratori che, sebbene già disabili al momento dell’assunzione, non siano stati avviati per il tramite del collocamento obbligatorio, sono computati nella cd. quota di riserva, purché si tratti di soggetti che abbiano una riduzione della capacità lavorativa superiore al 60% o al 45% se disabile psichico. In altre parole se un datore di lavoro ha già un dipendente con tali caratteristiche, può computarlo tra i soggetti disabili che è tenuto ad occupare per legge (nuovo comma 3bis dell'art. 4, legge n.68/99). Non si tratta di una vera e propria novità, dato che già in via amministrativa il Ministero del lavoro aveva assunto tale orientamento (circ. Ministero del Lavoro n.2/2010 e n.66/2001; interpello Ministero del Lavoro n.40/2008);
• l'avviamento al lavoro di un soggetto avente diritto al collocamento obbligatorio avviene tramite richiesta nominativa o tramite apposita convenzione con i centri per l'impiego (il datore di lavoro può anche richiedere all’ufficio competente di effettuare la "preselezione" dei disabili iscritti nell’apposito elenco). È stata dunque superata la procedura di richiesta numerica prevista nel previgente testo dell'art. 7 della legge n.68/1999. L’avviamento d’ufficio (e dunque numerico) è circoscritto all'ipotesi di inadempimento dell’obbligo da parte del datore di lavoro e deve comunque essere esercitato nel rispetto della graduatoria per la qualifica richiesta o concordata in base alle qualifiche disponibili;
• viene elevata la misura degli incentivi economici previsti dall’articolo 13 della legge n. 68/99 per l'inserimento di disabili gravi. In caso di assunzione a tempo indeterminato viene infatti riconosciuto, per 36 mesi, un incentivo pari a:
✓ 70% (prima 60%) dell’imponibile previdenziale per l'assunzione di disabili con almeno l’80% di riduzione della capacità lavorativa;
✓ 35% (prima 25%) dell’imponibile previdenziale per l'assunzione di disabili con riduzione della capacità lavorativa tra il 69 ed il 79%.
L’incentivo spetta per un periodo di 60 mesi ed è pari al 70% della retribuzione in caso di assunzione con contratto a tempo indeterminato o con contratto a tempo determinato non inferiore a 12 mesi (per tutta la durata dello stesso), di persone con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%.
La nuova disciplina degli incentivi economici si applica alle assunzioni effettuate dal 1° gennaio 2016, sia in caso di chiamata diretta sia con convenzione. L’incentivo viene corrisposto al datore di lavoro mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili ed è riconosciuto dall’INPS, in base alle risorse disponibili (con un decreto ministeriale che verrà emanato annualmente), secondo l’ordine di presentazione delle apposite domande telematiche.
Al fine di migliorare l'efficacia del servizio di incontro tra domanda e offerta di lavoro dei soggetti aventi diritto, il decreto legislativo n.151/2015 ha inoltre previsto che, entro 180 giorni successivi all’entrata in vigore del decreto stesso, vengano adottati uno o più decreti del Ministero del lavoro per la definizione di apposite linee guida per il collocamento mirato dei
lavoratori disabili, attraverso la promozione di alcuni strumenti: rete integrata con i servizi sociali, sanitari, educativi e formativi; accordi territoriali tra sindacati dei lavoratori, organizzazioni datoriali, cooperative sociali e associazioni di disabili; nuove modalità di valutazione bio-psico-sociale della disabilità; individuazione di un responsabile dell’inserimento nei luoghi di lavoro. Secondo il rinnovato articolo 8 della legge n. 68/1999, i servizi per il collocamento mirato sono altresì responsabili della tenuta dell’elenco dei disabili disoccupati (che potranno iscriversi anche in un ambito territoriale diverso da quello di residenza anagrafica, previa cancellazione da quest’ultimo). Presso tali servizi viene istituito un apposito comitato tecnico deputato a valutare le capacità lavorative, ad individuare gli opportuni strumenti di inserimento e ad effettuare controlli periodici sulla permanenza della disabilità.
Sempre nell’ottica di rendere il sistema più efficiente, all’interno della già prevista Banca dati politiche attive e passive (di cui all'arti. 8 della legge n.99/2013), viene prevista un’apposita sezione (Banca dati collocamento mirato) che raccoglie le informazioni relative ai datori di lavoro obbligati ed ai lavoratori interessati. Questo nuovo archivio dovrà essere implementato da diverse fonti: centri per l'impiego (per quanto concerne sospensioni, esoneri e convenzioni), INPS (per gli incentivi), INAIL (interventi di inserimento ed integrazione lavorativa), Regioni e Province autonome, datori di lavoro. Questi ultimi in particolare trasmetteranno alla nuova Banca dati del collocamento mirato il prospetto informativo telematico dei lavoratori disabili in servizio (ai sensi dell'art. 9, c.6, della legge n.68/1999).
Da ultimo vale la pena di segnalare l'estensione dell'ambito di applicazione delle norme relative al diritto al lavoro dei disabili (legge n. 68/1999) alle persone la cui capacità di lavoro è ridotta in modo permanente (a causa di infermità, difetto fisico o mentale) a meno di un terzo. Tali soggetti, già destinatari dell’assegno di invalidità INPS, rientrano automaticamente tra i destinatari degli interventi normativi in materia di disabilità, posto che l’Istituto previdenziale ne ha già accertato l'invalidità civile.
SEMPLIFICAZIONI IN MATERIA DI COSTITUZIONE E GESTIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO (ARTT.14-19)
Gli articoli da 14 a 19 introducono alcune semplificazioni in materia di gestione del rapporto di lavoro.
Si tratta invero, come vedremo, di interventi di modesta entità sul piano della semplificazione degli adempimenti, soprattutto se rapportate all'ampia delega contenuta nella legge n.183/2014 (art. 1, c. 5) che mirava all'introduzione di "disposizioni di semplificazione e razionalizzazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese, allo scopo di conseguire obiettivi di semplificazione e razionalizzazione delle procedure di costituzione e gestione dei rapporti di lavoro".
Tenuta del LUL presso il Ministero del lavoro
La principale novità riguarda il libro unico del lavoro (LUL) che, a decorrere dal 1° gennaio 2018, sarà tenuto con modalità telematiche presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
Per la concreta attuazione di tale norma (art. 15, d.lgs. n.151/2015) - e dunque anche per l'esatta comprensione della portata delle novità che introduce - bisognerà però attendere il decreto con cui il Ministro del Lavoro (entro 6 mesi) dovrà stabilire le modalità tecniche e organizzative per l’interoperabilità, la tenuta, l’aggiornamento e la conservazione del LUL.
Con ogni probabilità, tale innovazione comporterà una profonda modifica nell'architettura dei software di elaborazione dei dati relativi ai rapporti di lavoro, che dovranno adeguarsi alle indicazioni ministeriali. Ed infatti la tenuta del LUL presso il Ministero del lavoro sarà in sostanza l’unica modalità di predisposizione, tenuta e vidimazione e sostituirà le modalità esistenti.
Comunicazioni telematiche
Viene inoltre sancito per legge (art. 16, d.lgs. n.151/2015) che tutte le comunicazioni in materia di rapporti di lavoro, collocamento mirato, tutela delle condizioni di lavoro, incentivi, politiche attive e formazione, saranno effettuate esclusivamente in via telematica.
Sarà un decreto ministeriale, da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore del decreto legislativo in commento, a stabilire quali comunicazioni potranno essere effettuate solo con modalità telematiche e con quale modulistica.
Fascicolo dell'azienda
L’articolo 17 del decreto in esame, modificando l’articolo 8 della legge n. 99/2013, dispone la costituzione, all’interno della Banca dati delle politiche attive e passive, del “Fascicolo dell’azienda”, alimentato dalle informazioni provenienti dalle c.d. comunicazioni obbligatorie che contengono le informazioni relative all’instaurazione, modifica e cessazione dei rapporti di lavoro.
Abrogazione autorizzazione al lavoro estero
L’articolo 18 del d.lgs. n.151/2015 sopprime l’autorizzazione preventiva per l’assunzione di lavoratori italiani da impiegare/trasferire all’estero rilasciata dal Ministero del Lavoro. La nuova normativa in materia (art. 2, l. 3/10/ 1987, n. 398 come modificato dalla norma in commento) si limita a stabilire che il contratto dei lavoratori italiani da impiegare o da trasferire all'estero deve prevedere:
• un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di lavoro vigenti in Italia;
• la possibilità di ottenere il trasferimento in Italia della quota di valuta trasferibile delle retribuzioni corrisposte all’estero;
• la stipula di un’assicurazione per ogni viaggio di andata nel luogo di destinazione e di rientro dal luogo stesso (per i casi di morte o di invalidità permanente);
• il tipo di sistemazione logistica;
• l’obbligo per il datore di lavoro di adottare idonee misure in materia di sicurezza.
Deposito dei contratti collettivi di secondo livello presso la DTL
Infine merita di essere sottolineata l'introduzione di una norma (art. 14) che subordina al deposito dei contratti collettivi aziendali o territoriali presso la Direzione territoriale del lavoro competente il riconoscimento di eventuali benefici contributivi o fiscali e le altre agevolazioni connesse con la stipula dei predetti contratti collettivi.
Il deposito dei contratti presso la DTL - che li mette a disposizione delle altre amministrazioni ed enti pubblici interessati - deve avvenire telematicamente.
RAZIONALIZZAZIONE E SEMPLIFICAZIONE IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO (ARTT. 20-21)
Gli articolo 20 e 21 del decreto legislativo in commento intervengono sulla complessa materia della salute e sicurezza sul lavoro, apportando modifiche rispettivamente al Testo Unico salute e sicurezza (d.lgs. n.81/2008) e al Testo unico infortuni (DPR n. 1124/1965).
Ambito di applicazione del Testo Unico salute e sicurezza
Viene espressamente chiarito che l'intero Testo unico (d.lgs. n.81/2008) si applica anche alle attività svolte dai prestatori di lavoro accessorio (voucher) svolte a favore di committenti imprenditori o professionisti.
Negli altri casi - e cioè quando i committenti non siano imprenditori o professionisti - si applicano esclusivamente le disposizioni su formazione, sorveglianza sanitaria e attrezzature di lavoro (articolo 21 del citato TU) che riguardano anche le persone che svolgono attività di volontariato in favore delle associazioni di promozione sociale, delle associazioni sportive dilettantistiche di cui alla legge e delle associazioni religiose e nei confronti dei volontari accolti nell'ambito dei programmi internazionali di educazione non formale.
Restano invece del tutto esclusi dall'applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza i piccoli lavori domestici a carattere straordinario e l'assistenza domiciliare ai bambini, ammalati e disabili.
Sanzioni
Anche al fine di garantire l’omogeneità di comportamenti da parte degli organi di vigilanza, viene introdotto il principio del cumulo giuridico con riferimento ad alcune sanzioni in materia di salute e sicurezza.
Il comma 1, lettera g) dell'art. 20 del d.lgs. n.151/2015 - aggiungendo all'art. 55 del TU salute e sicurezza il comma 6-bis - sancisce infatti che in caso di violazione delle disposizioni relative alla sorveglianza sanitaria (articolo 18, comma 1, lettera g) del TU) e alla formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti (articolo 37), gli importi siano raddoppiati se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori e triplicati se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori.
In tali casi, in sostanza, non si applicherà il cd. cumulo materiale consistente nell'applicazione di tante sanzioni per quanti sono i lavoratori interessati, ma le regole e le soglie appena introdotti.
Valutazione dei rischi
Per agevolare il datore di lavoro nella valutazione dei rischi presenti in azienda e nella conseguente predisposizione del relativo documento, è stata disposta la modifica all'articolo 29, comma 5 del Testo unico salute e sicurezza.
Vengono individuati strumenti di supporto alla valutazione dei rischi, compresi quelli informatizzati, sulla base del prototipo OIRA (Online interactive risk assessment , una piattaforma europea online per creare strumenti di valutazione del rischio), da adottarsi con decreto ministeriale.
Sempre in materia di valutazione dei rischi viene chiamato in campo l'INAIL che, in collaborazione con le ASL, per il tramite del Coordinamento tecnico delle Regioni e gli organismi paritetici, renderà disponibili per il datore di lavoro strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio.
Viene infine modificato il comma 5-bis dell'art. 190 del d.lgs. n. 81/2008 in materia di valutazione del rischio di esposizione al rumore (art. 20, c. 1, lett.p, d.lgs. n.151/2015). Il nuovo testo prevede che l'emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti possa essere stimata in fase preventiva facendo riferimento alle "banche dati sul rumore approvate dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, riportando la fonte documentale cui si è fatto riferimento".
Formazione
In tema di formazione dei coordinatori per il progetto e per l'esecuzione, il comma 1, lettera o) dell'art. 20 del d.lgs. n.151/2015 prevede che la frequenza ai corsi relativi alle materie giuridiche e a quelli di aggiornamento possa anche avvenire online.
Comitati nazionali
Infine vale la pena di segnalare che il decreto legislativo in commento opera una profonda razionalizzazione del sistema istituzionale che, a livello nazionale, presidia la materia della salute e sicurezza dei lavoratori.
Il Comitato per l'indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro (ex art. 5 TU salute e sicurezza) sarà dislocato presso il ministero della Salute. Ne è stata inoltre revisionata la composizione, con l'obiettivo di semplificare e snellire le procedure di designazione dei componenti, consentendo la loro individuazione automatica.
Allo stesso modo è stata revisionata la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali (ex art. 6 TU salute e sicurezza) la cui composizione è stata fortemente ridotta. Per quel che più ci riguarda, si segnala che i rappresentanti delle organizzazioni datoriali scendono da 10 a 6.
Semplificazione denuncia infortuni/malattie professionali e abolizione del Registro infortuni
L’articolo 21 del d.lgs. n. 151/2015 apporta alcune modifiche al DPR n. 1124/1965 (Testo unico infortuni) al fine di semplificare alcuni adempimenti formali relativi agli infortuni sul lavoro ed alle malattie professionali.
Vale la pena di premettere che nessuna delle novità in materia è immediatamente operativa. La loro entrata in vigore è infatti posticipata per consentire alle amministrazioni competenti di adeguare i relativi sistemi informatici.
Ed infatti il decreto stabilisce che:
• entro 180 giorni dall’entrata in vigore del d.lgs. n.151/2015:
o la denuncia di infortunio effettuata dal datore di lavoro non sia più corredata da certificato medico ma solo “dai riferimenti al certificato medico già trasmesso all’Istituto assicuratore per via telematica direttamente dal medico o dalla struttura sanitaria competente al rilascio”. In sostanza sarà lo stesso medico che certifica l'infortunio o la malattia professionale a trasmettere telematicamente la documentazione all'ente competente, con conseguente esonero per il datore di lavoro che dovrà solo farvi riferimento nella denuncia. I dati delle certificazioni, utili ai fini della denuncia di infortunio/malattia professionale, sono resi disponibili telematicamente dall’INAIL ai soggetti obbligati ad effettuare la denuncia stessa;
o viene semplificato e poi abolito lo specifico obbligo di trasmissione all’autorità di pubblica sicurezza delle informazioni relative alle denunce di infortuni. A decorrere dall'entrata in vigore del decreto infatti l'obbligo in questione sussiste solo per gli infortuni più gravi (mortali o con prognosi superiore a 30 giorni). Succesivamente invece (dopo 180 giorni dall'entrata in vigore del decreto) tale obbligo da parte del datore di lavoro sarà eliminato, dato che l'adempimento si intenderà assolto, con l’invio telematico all’INAIL della denuncia di infortunio. L’Istituto assicuratore, a sua volta, mette a disposizione dell’autorità di pubblica sicurezza i dati relativi alle predette denunce tramite lo strumento della cooperazione applicativa;
• entro 90 giorni dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 151/2015:
o è abolito l’obbligo di tenuta del registro infortuni di cui all’articolo 403 del DPR n. 547/1955.
• entro 60 giorni dall’entrata in vigore del d.lgs. n. 151/2015:
o l’INAIL deve regolamentare la messa a disposizione del datore di lavoro, entro il 31 dicembre di ogni anno, degli elementi integrativi per il calcolo del premio assicurativo, con modalità telematiche sul proprio sito istituzionale.
Articolo 20 - Modificazioni al decreto legislativo 81/2008 | |
Modifiche all’art 3 | Viene chiarito il campo di applicazione del D.Lgs 81/2008 per quanto riguarda i lavoratori che effettuano prestazioni di lavoro accessorio (voucher). In particolare, si prevede che le disposizioni del D.lgs 81/2008 e le altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, si applicano nei casi in cui la prestazione sia svolta a favore di un committente imprenditore o professionista. Negli altri casi si applicano esclusivamente le disposizioni di cui all'articolo 21 (ovvero si ha l’obbligo di utilizzare attrezzature conformi, munirsi di tessera di riconoscimento e di dispositivi di protezione individuale; è facoltà invece beneficiare della sorveglianza sanitaria e di partecipare ai corsi di formazione). Sono comunque esclusi dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente decreto e delle altre norme speciali vigenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori i piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l'insegnamento privato supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili. |
Modifiche all’art 5 | Viene rivista la composizione del Comitato ex art 5 (Comitato di indirizzo e vigilanza Ministero - Regioni). In merito alla nuova composizione del Comitato ex art 5, si nota che vi è la volontà del Legislatore di elevare il comitato ad un ruolo più politico e meno tecnico. La nuova composizione, infatti, vede al posto dell’indicazione generica di “rappresentanti” delle varie Amministrazioni coinvolte, la presenza dei |
Direttori Generali del Ministero del lavoro della Salute, del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Ministero dei Trasporti, nonché del Coordinatore della Commissione Salute della Conferenza delle regioni e di 4 rappresentanti delle regioni e province autonome. Si ricorda che il Comitato ex art 5 ha il compito di stabilire le linee comuni di intervento sulla salute e sicurezza, individuare gli obiettivi di miglioramento, programmare nei settori ritenuti prioritari le azioni di vigilanza, garantire lo scambio di informazioni fra amministrazioni per un coordinamento normativo, ecc. | |
Modifiche all’art 6 | In merito alla nuova composizione della Commissione Consultiva, si evidenzia una riduzione della rappresentanza datoriale e sindacale (da 10 a 6) e delle regioni (da 10 a 6), a fronte dell’inserimento di altri soggetti portatori di interessi particolari (es. ANMIL, esperti medicina del lavoro, igiene industriale e impiantistica industriale). Ciò a discapito del tripartitismo che fino ad ora aveva contraddistinto questo organismo e i suoi lavori. Entro il 23 novembre 2015 (60 gg dall’entrata in vigore) verrà emanato un decreto per individuare le modalità ed i termini per la designazione e l’individuazione dei componenti sindacali, datoriali, delle regioni e degli esperti in medicina del lavoro. Inoltre, fra i compiti spettanti la Commissione viene inserito al comma 8 di: • monitorare l’applicazione delle procedure standardizzate al fine di una eventuale rielaborazione (lettera f); • elaborare i criteri di qualificazione delle imprese (non solo di discuterne) delle imprese e dei lavoratori autonomi ai sensi dell’articolo 27 (lettera g); • monitorare e rielaborare i modelli di organizzazione e gestione aziendale (lettera m); • monitorare le indicazioni relative allo stress lavoro correlato (lettera m-quater). |
Modifiche All’art 12 | Con riferimento agli Interpelli per la salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, la modifica prevede l’allargamento anche alle regioni e alle province autonome della possibilità di presentare interpelli. Gli interpelli sono la risposta a quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Le indicazioni fornite dagli interpelli costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio della vigilanza. Si ricorda che gli interpelli possono essere presentati anche dalle Organizzazioni sindacali dei datori di lavoro. |
Modifiche all’art 28 | In tema di valutazione dei rischi, viene inserita la previsione che l’INAIL, in collaborazione con le ASL, renda disponibili al datore di lavoro strumenti tecnici e specialistici per la riduzione dei livelli di rischio ai fini della valutazione dei rischi. |
Modifiche all’art 29 | In tema di valutazione dei rischi, il comma 6-quater, relativo alle disposizioni da tenere nelle more dell’emanazione del decreto di cui al comma 6-ter (cd “ decreto basso rischio”), viene sostituito con la previsione di un decreto per individuare gli strumenti di supporto per la valutazione dei rischi, tra cui lo strumento di valutazione dei rischi informatizzato secondo il prototipo europea OIRA (Online Interactive Risk Assessment). |
Modifiche all’art 34 | Per quanto riguarda la norma sullo svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei compiti di prevenzione e protezione dei rischi, viene eliminato il comma 1-bis, che limitava alle imprese fino a 5 lavoratori la possibilità per il datore di lavoro di poter svolgere direttamente i compiti di primo soccorso, prevenzione incendi e evacuazione, in caso di affidamento, interno o esterno, dell’incarico di responsabile del servizio di prevenzione e protezione. Si ricorda che per le aziende agricole e zootecniche fino a 30 lavoratori è consentito lo svolgimento diretto dei compiti ex art 34 (RSPP, primo soccorso, prevenzione incendi, evacuazione) in quanto tali attività sono inserite nell’allegato II al comma 1 dell’art 34: norme non modificate dal provvedimento. |
Modifiche all’art 55 | In tema di sanzioni, si inaspriscono quelle relative alla sorveglianza sanitaria, alla formazione generale e specifica dei lavoratori, dirigenti e per la formazione legata alla prevenzione incendi e alle emergenze. In particolare gli importi delle sanzioni per le imprese da 6 a 10 vengono raddoppiate, per le imprese con più di 11 lavoratori sono triplicate. |
Modifiche all’art 69 | In tema di attrezzature di lavoro, nella definizione di “operatore” viene inserito, oltre il lavoratore che ne fa uso, anche il datore di lavoro che lo utilizza. Per cui si segnala che nei casi in cui le specifiche normative richiamano la definizione di operatore, come nel caso del patentino per i trattori, le disposizioni relative poterebbero applicarsi anche al datore di lavoro (si sta procedendo ad approfondire la questione). |
Modifiche all’art 190 | In tema di valutazione del rischio rumore, viene modificato il comma 5 bis e viene inserita la possibilità di stimare in fase preventiva l’emissione sonora attraverso banche dati sul rumore approvate dalla commissione consultiva, riportando la fonte documentale di cui si è fatto riferimento (prima si parlava di studi e misurazioni). |
Modifiche all’art 14 | In tema di contrasto al lavoro irregolare, il Capo IV del D.lgs 151/2015 interviene modificando l’articolo 14 del decreto legislativo 81/2008, prevedendo nuove condizioni per procedere alla revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, fermo restando le altre condizioni già previsto dall’articolo. Si tratta del pagamento di una somma pari al 25% della somma aggiuntiva dovuta, mentre l’importo residuo – maggiorato del 5% - deve essere versato entro 6 mesi dalla data di presentazione dell’istanza di revoca. In caso di mancato versamento dell’importo residuo entro il termine, il provvedimento di accoglimento dell’istanza costituisce titolo esecutivo per l’importo non versato. |
Articolo 21 – Semplificazioni in materia di adempimenti formali concernenti gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali | |
L’articolo interviene con modifiche al TU per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (DPR 1124/1965) in merito alle procedure di denuncia degli infortuni. Conseguentemente, a far data dal 23 dicembre 2015 (90 gg dopo entrata in vigore della legge) viene abolito l’obbligo di tenuta del registro infortuni. Al fine di coordinare le nuove diposizioni con il d.lgs. 81/08 viene anche modificato il comma 6 dell’art. 53 dello stesso decreto. |
Si ricorda sul punto che il Decreto Legislativo 149/2015 ha istituito un’Agenzia unica per le ispezioni del lavoro denominata “Ispettorato Nazionale del Lavoro” che integra i servizi del Ministero del lavoro, dell’INPS e di INAIL.
Fra i compiti assegnati all’Ispettorato di più attinenza con la sicurezza nei luoghi di lavoro vi è:
• l’emanazione di circolari interpretative in materia ispettiva e sanzionatoria;
• la vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria nonché sulla legislazione sociale ivi compresa la vigilanza in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nei limiti delle competenze già attribuite dal D.lgs 81/2008.
Su quest’ultimo aspetto si ricorda che il decreto Legislativo 81/2008 con l’articolo 13 stabilisce che la vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dalla Azienda Sanitaria Locale competente per territorio e, per quanto di specifica competenza, dal Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco.
Il personale del Ministero del Lavoro esercita l’attività di vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in attività quali le costruzioni, i lavori subacquei, nonché ulteriori attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati, oltre a quanto previsto dall’art. 14 del d.lgs. 81/08 sul lavoro irregolare.
La vigilanza in materia di salute e sicurezza è esercitata nel rispetto del coordinamento previsto con il Comitato ex art 5 e con i comitati regionali di coordinamento, secondo i seguenti documenti di riferimento:
• Indicazioni ai Comitati regionali di coordinamento per la programmazione (intesa in Conferenza Stato Regioni dello scorso 20 febbraio 2014);
• Piano nazionale prevenzione agricoltura e selvicoltura.
REVISIONE SISTEMA SANZIONATORIO (ART.22)
L’articolo 22 del Decreto modifica alcune disposizioni sanzionatorie in materia di lavoro e legislazione sociale.
Maxisanzione per lavoro sommerso
La modifica più rilevante viene apportata dal primo comma dell'art. 22 della norma in commento alla cd. maxisanzione per lavoro nero, attraverso la re-introduzione dell'istituto della diffida (che consente, a determinate condizioni, la regolarizzazione delle violazioni accertate) e la previsione di importi scaglionati in funzione del periodo di irregolarità.
La nuova norma (art. 3, c.3, legge n.73/2002, come novellato dal d.lgs. n.151/2015) prevede infatti che, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato (esclusi i datori di lavoro domestico), trovino applicazione le seguenti sanzioni:
• da 1.500 a 9.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore fino a 30 giorni di effettivo lavoro;
• da 3.000 a 18.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 a 60 giorni di effettivo lavoro;
• da 6.000 a 36.000 euro per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di effettivo lavoro.
In sostanza, oltre ad una variazione degli importi, è stato introdotto il meccanismo dello scaglionamento della sanzione per periodi di lavoro (si ricorda che in precedenza la maxi sanzione era stabilita in misura fissa, da 1.950 a 15.600 euro per ogni lavoratore, a cui si aggiungevano 195 euro per ogni giornata di lavoro in nero).
Le suddette sanzioni sono maggiorate del 20% in caso di impiego di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno o di minori in età non lavorativa.
Per quanto riguarda invece la procedura di diffida ex art. 13 d.lgs. 124/2004 - che, come detto, viene nuovamente ammessa, dopo essere stata eliminata dalla legge n.9/2014 (cd. Destinazione Italia) - si ricorda che essa consente al trasgressore il pagamento della sanzione nella misura minima prevista in caso di regolarizzazione del lavoratore non dichiarato.
Peraltro la nuova normativa (art. 3, c.3ter, legge n.73/2002, introdotto dal d.lgs. n.151/2015) contiene una importante precisazione in proposito, volta ad omogeneizzare i comportamenti degli ispettori competenti.
Viene infatti stabilito che, in caso di diffida, i lavoratori irregolari ancora in forza presso il datore di lavoro debbano essere regolarmente assunti alternativamente:
• con un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche part-time (fino a non meno del 50%);
• con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a 3 mesi; in tale ipotesi il lavoratore deve essere mantenuto in servizio per tutti i tre mesi.
La prova della avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle sanzioni e dei contributi e premi previsti (art.13, c.5, d.lgs. n. 124/2004) deve essere fornita entro 120 giorni dalla notifica del relativo verbale.
Sospensione dell’attività imprenditoriale
Con riguardo alla procedura di sospensione dell'attività imprenditoriale per lavoro irregolare, il comma 4 dell'art. 22 in commento - che modifica l'art. 14 del d.lgs. n. 81/2008 - opera un leggero arrotondamento al rialzo degli importi delle somme aggiuntive da versare ai fini della revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale, di cui all’articolo 14 del d.Lgs n. 81/2008.
Ma la vera novità è rappresentata dalla possibilità di ottenere la revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale subordinatamente al pagamento del 25% della somma aggiuntiva dovuta, anziché dell'intero importo dovuto.
In sostanza, per venire incontro alle esigenze dei datori di lavoro, si consente il riavvio dell'attività con il pagamento di una prima tranche della somma aggiuntiva dovuta (25%), rinviando il saldo dell’importo residuo, maggiorato del 5%, ai 6 mesi successivi alla presentazione dell’istanza di revoca.
Libro unico del lavoro
Il comma 5 dell'art. 22 del decreto legislativo in parola riscrive la disciplina sanzionatoria per omessa o infedele registrazione dei dati nel libro unico del lavoro (LUL) contenuta nell' art. 39, c.7, della legge 6 agosto 2008, n. 133.
Viene infatti previsto che, salvo i casi di errore meramente materiale, l’omessa o infedele registrazione dei dati nel LUL che determina differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a
1.500 euro, elevata nel modo che segue:
• da 500 a 3.000 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 6 mesi;
• da 1.000 a 6.000 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero ad un periodo superiore a 12 mesi.
Viene inoltre precisato al riguardo, che “la nozione di omessa registrazione si riferisce alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun singolo dato di cui manchi la registrazione e la nozione di infedele registrazione si riferisce alle scritturazioni dei dati diverse rispetto alla qualità o quantità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme effettivamente erogate”.
Infine, la mancata conservazione del LUL per la durata di cinque anni dalla data dell’ultima registrazione è punita con la sanzione da 100 a 600 euro.
Assegni familiari
Il comma 6 dell'art. 22 citato rivede la disciplina sanzionatoria in materia di assegni familiari (art. 82 d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797), stabilendo che il datore di lavoro tenuto alla corresponsione di tali assegni, in caso di violazione, è punito con la sanzione da 500 a 5.000 euro, elevata:
• da 1.500 a 9.000 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi;
• da 3.000 a 15.000 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi.
Consegna al lavoratore del prospetto paga
Ai sensi del comma 7 dell'art. 22 del d.lgs. n.151/2015 - che modifica il primo comma dell'articolo 5 della legge 5 gennaio 1953, n. 4 - in caso di mancata o ritardata consegna al lavoratore del prospetto paga, o di omissione o inesattezza nelle registrazioni riportate nella busta paga, si applica la sanzione da 150 a 900 euro, elevata:
• da 600 a 3.600 euro se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi;
• da 1.200 a 7.200 euro se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi.
Viene inoltre precisato che, qualora il datore di lavoro consegni al lavoratore la copia delle scritturazioni effettuate nel libro unico del lavoro, si applicano esclusivamente le sanzioni (più contenute) previste dall’art. 39, comma 7, della legge 6 agosto 2008, n. 133 (cfr. il precedente paragrafo relativo al LUL).
L’articolo 22 del d.lgs. 14 settembre 2015, n.151, ha infatti modificato - tra le altre cose - alcune disposizioni sanzionatorie in materia di lavoro e legislazione sociale.
Le novità più rilevanti sono rappresentate senz’altro dalla reintroduzione della procedura di diffida (ossia dell’invito a regolarizzare il lavoro sommerso entro un certo termine pagando la sanzione minima) e dalla possibilità di regolarizzare i rapporti di lavoro sommerso non solo mediante contratti di lavoro a tempo indeterminato, ma anche mediante contratti di lavoro a tempo determinato della durata non inferiore a tre mesi.
Al riguardo vale la pena sottolineare che il rapporto di lavoro “trimestrale” non può essere a carattere intermittente, ma deve avere una durata continuativa per tutti i giorni lavorativi compresi nell’arco temporale di riferimento.
Si tratta di una novità importante che non costringe l’impresa interessata ad assumere necessariamente il lavoratore in nero con contratto di lavoro a tempo indeterminato, pur trattandosi di rapporti istaurati ab origine, ancorché di fatto, a tempo determinato.
In ordine a quanto sopra, vediamo i principali chiarimenti apportati dalla Circolare del Ministero del Lavoro.
Maxisanzione
La circolare Ministeriale mette l'accento sull'eliminazione, da parte delle nuove norme, della cd. maxisanzione "affievolita" che prevedeva un regime sanzionatorio più favorevole in caso di regolarizzazione spontanea antecedente all'accertamento.
Col nuovo regime sanzionatorio, infatti, qualora si accerti che dopo un periodo di lavoro non dichiarato il lavoratore è stato regolarmente assunto, si applicherà la maxisanzione "ordinaria" (e non quella affievolita) e la (reintrodotta) procedura di diffida. Il datore di lavoro infatti, entro 45 giorni dalla notifica del verbale, dovrà provare di aver rettificato la data di effettivo inizio del rapporto e di aver effettuato i versamenti contributivi ed il pagamento della sanzione nella misura minima.
Rimane invece confermata la non applicazione della maxisanzione in caso di spontanea ed integrale regolarizzazione del rapporto di lavoro originariamente avviato in modo irregolare senza comunicazione (cfr. circ. Ministero del Lavoro n. 38/2010), ferma restando l’applicazione delle altre sanzioni previste (ritardata comunicazione di assunzione).
Diffida
In merito alla re-introdotta procedura di diffida, il Ministero del lavoro chiarisce che:
• non è applicabile alle ipotesi di impiego irregolare di lavoratori stranieri privi di un valido permesso di soggiorno o di minori in età non lavorativa, ipotesi nelle quali peraltro l'importo della maxisanzione è aumentato del 20 per cento;
• qualora il datore di lavoro ottemperi alla diffida attraverso l'assunzione con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a 3 mesi, il lavoratore deve essere mantenuto in servizio per almeno 90 giorni di calendario a partire dalla data dell'accesso ispettivo, ferma restando la regolarizzazione del periodo di lavoro illegale pregresso (in sostanza il contratto di assunzione deve decorrere dal primo giorno di lavoro irregolare accertato e deve cessare non prima di 90 giorni dall'accesso ispettivo). Solo nell'ipotesi di interruzione del rapporto di lavoro per cause non imputabili al datore di lavoro nel periodo tra l'accesso ispettivo e la notifica del verbale ispettivo unico, è consentita la stipula di un contratto trimestrale separato e successivo all'accesso ispettivo stesso (rimane comunque l'obbligo di regolarizzare il periodo di lavoro "nero" precedente all'ispezione). Il trimestre di mantenimento in servizio deve inoltre essere concluso entro i 120 giorni dalla notifica del verbale unico: 120 giorni è infatti il termine massimo per l'adempimento della diffida da parte del datore di lavoro. A tal proposito vale la pena di sottolineare che la circolare ministeriale in commento non tratta in modo specifico dei rapporti di lavoro stagionale agricolo per i quali dunque, in assenza di indicazioni diverse, deve ritenersi applicabile la regola generale che prescrive la stipula di un contratto trimestrale nei termini sopra specificati;
• l'eventuale assunzione a tempo determinato deve avvenire nel pieno rispetto della normativa in materia di contratti a termine (artt. 19-29 del d.lgs. n. 81/2015), ivi compreso il limite quantitativo massimo del 20 per cento della forza lavoro a tempo indeterminato (si ricorda in proposito che la predetta disciplina del rapporto di lavoro a termine non si applica ai rapporti di lavoro tra i datori di lavoro dell'agricoltura e gli operai a tempo determinato, in virtù dell’espressa esclusione contenuta all’art. 29, c. 1, lett. b), del d.lgs. n.81/2015);
• non è ammissibile, ai fini dell'adempimento alla diffida, la stipula di un contratto di lavoro intermittente;
• la procedura di diffida si applica anche nel caso di lavoratori non più in forza e nel caso di rapporti di lavoro regolari per i quali venga accertato un precedente periodo "in nero" (vedi paragrafo precedente). In entrambi i casi la diffida avrà per oggetto esclusivamente la sistemazione del precedente periodo di lavoro irregolare. Il datore di lavoro infatti, entro 45 giorni dalla notifica del verbale, dovrà provare di aver regolarizzato l'effettivo inizio del rapporto e di aver effettuato i versamenti contributivi ed il pagamento delle sanzioni nella misura minima;
• se il datore di lavoro ha già regolarizzato l'intero periodo di lavoro "in nero" (contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato per almeno 3 mesi, versamento dei contributi e premi) la diffida riguarderà esclusivamente il pagamento, entro 120 giorni dalla notifica del verbale, della sanzione nella misura minima (cd. diffida ora per allora).
Sospensione dell’attività imprenditoriale
Con riguardo alla revoca del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale - che, come si ricorderà, grazie alla recente novella legislativa, potrà essere ottenuta a seguito del pagamento del 25% della somma aggiuntiva dovuta, anziché dell'intero importo - la circolare ministeriale si sofferma sulle ulteriori condizioni richieste dalla legge, ed in particolare sulla "regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria" (d.lgs. n.81/2008, art. 14, comma 4, lettera a).
La regolarizzazione, secondo il Ministero, deve avvenire attraverso le forme contrattuali espressamente indicate dalle nuove norme in materia di diffida per la maxisanzione (art. 3, c. 3ter, legge n. 73/2002, introdotto dal d.lgs. n. 151/2015): contratto a tempo indeterminato, anche part-time (fino a non meno del 50%), o contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a 3 mesi.
IMPIANTI AUDIOVISIVI E ALTRI STRUMENTI DI CONTROLLO (ART.23)
In attuazione di uno specifico criterio di delega (art. 1, c. 7, lett. f della legge n. 183/2014), l'art. 23 rivede la disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo conto dell'evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell'impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore.
Si tratta di una delle norme più controverse di questa ultima tranche di decreti attuativi del Jobs Act, dato che a distanza di più di quarant’anni interviene sulla disciplina dei controlli a distanza contenuta nello Statuto dei lavoratori (legge n. 300/1970).
L’intervento va in una doppia direzione: da un lato viene confermato il principio in base al quale gli strumenti di controllo possono essere utilizzati solo previo accordo sindacale (oppure autorizzazione amministrativa); dall'altro si esonerano dalla procedura autorizzativa i casi di utilizzo di tutti quegli strumenti indispensabili per l’attività lavorativa (smartphone, PC, tablet, rilevatori di entrata e di uscita, etc.).
Ed infatti, anche il nuovo articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, come novellato dall'art. 23 del d.lgs. n. 151/2015, prevede che gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori possono essere installati solo per il perseguimento di finalità lecite (esigenze organizzative e produttive, sicurezza del lavoro, tutela del patrimonio aziendale) e solo dopo l’ottenimento di una specifica autorizzazione all’installazione medesima.
Ed infatti, come nella disciplina precedente, l'impiego dei predetti strumenti deve essere regolamentato con apposito accordo collettivo da stipulare con la rappresentanza sindacale unitaria o con le rappresentanze sindacali aziendali (ovvero, per le imprese con unità produttive situate in province differenti oppure in più regioni, con le associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale).
Se non viene raggiunto un accordo con le rappresentanze sindacali, la norma - anche in questo caso confermando il sistema precedente - prevede un ruolo sussidiario della Direzione Territoriale del Lavoro, che può sopperire al mancato accordo con le rappresentanze sindacali rilasciando direttamente l’autorizzazione (per le imprese dislocate su territori diversi è competente il Ministero del lavoro).
Viene invece esonerata dal percorso di autorizzazione (sindacale o amministrativa) l’installazione di quegli strumenti che servono al dipendente per eseguire la prestazione lavorativa e di quelli necessari per registrare gli accessi e le presenze. Questi strumenti, quindi, potranno essere installati e utilizzati senza la necessità di seguire le procedure di autorizzazione ordinarie.
Si tratta di un'importante novità, che riduce le incertezze interpretative che - nonostante i ripetuti interventi del Garante della Privacy - scaturivano dall’obsolescenza della norma preesistente rispetto alle moderne tecnologie.
Ma la vera novità è rappresentata dall’introduzione della possibilità di utilizzare "a tutti i fini connessi ai rapporti di lavoro" le informazioni raccolte attraverso i dispositivi di controllo a distanza (articolo 4, c.3, dello Statuto dei lavoratori, come novellato dall'art. 23 del d.lgs. n.151/2015).
Le informazioni così raccolte potranno essere utilizzate, a fronte di adeguata informazione ai lavoratori delle modalità d’uso degli strumenti loro affidati e delle modalità di effettuazione dei controlli in ottemperanza a quanto previsto dalle disposizioni in materia di protezione dei dati personali (Codice della privacy).
In sostanza, secondo la nuova normativa, tali informazioni sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro.
CESSIONE DEI RIPOSI E DELLE FERIE (ART.24)
L’articolo 24 del d.lgs. n.151/2015 introduce una novità assoluta nel nostro ordinamento: la possibilità del lavoratore di cedere ad altro lavoratore, e conseguentemente di ricevere, i riposi e le ferie maturati.
Tale possibilità è consentita a condizione che:
• la cessione risulti a titolo gratuito;
• i lavoratori (cedente e ricevente) siano dipendenti del medesimo datore di lavoro;
• le ferie o i permessi siano utilizzati per l’assistenza di figli minori che richiedano cure costanti in ragione delle loro particolari condizioni di salute.
Si precisa che la nuova disposizione demanda alla contrattazione collettiva nazionale di riferimento la determinazione della misura, delle condizioni e delle modalità di utilizzo del nuovo istituto. Pertanto la norma, in assenza di disciplina collettiva, non è al momento operativa.
ASSENZA PER MALATTIA. ESENZIONI DALLA REPERIBILITÀ (ART.25)
L’articolo 25 del decreto in commento, modificando l’art. 5, comma 13, della legge n. 638/1983, prescrive che con apposito decreto ministeriale siano stabilite le esenzioni dalla reperibilità, in caso di assenza per malattia, per i lavoratori subordinati del settore privato.
DIMISSIONI VOLONTARIE E RISOLUZIONE CONSENSUALE (ART.26)
Il decreto legislativo in materia di semplificazione introduce anche una nuova procedura finalizzata principalmente a scongiurare il fenomeno delle dimissioni cosiddette “in bianco”.
Con la disposizione in esame, il Governo ha inteso dare attuazione alla delega contenuta nell’articolo 1, comma 6, lett. g), della legge n. 183/14, in cui si dispone la "previsione di modalità semplificate per garantire data certa nonché l’autenticità della manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, anche tenuto conto della necessità di assicurare la certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal senso della lavoratrice o del lavoratore".
La nuova norma mira a sostituire, semplificandola, la vigente procedura - introdotta dalla legge Fornero (legge n.92/12) – secondo cui l’efficacia delle dimissioni e della risoluzione consensuale "è sospensivamente condizionata alla convalida" da effettuarsi presso le Direzioni territoriali del lavoro (Dtl) o il Centro per l’impiego o le sedi individuate dai contratti collettivi nazionali, sottoscritti dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale o, alternativamente, tramite la sottoscrizione da parte del lavoratore di una dichiarazione apposta in calce alla ricevuta di trasmissione della comunicazione di cessazione del rapporto di lavoro.
Nella specie, viene sancito che i lavoratori intenzionati a rassegnare le dimissioni o a risolvere consensualmente il rapporto di lavoro dovranno farlo esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del Lavoro attraverso il sito istituzionale. Le stesse dovranno poi essere inviate al datore di lavoro e alla Direzione Territoriale del Lavoro competente. La trasmissione dei moduli potrà anche avvenire per il tramite di patronati, organizzazioni sindacali, enti bilaterali e commissioni di certificazione.
Il mancato utilizzo dei moduli ministeriali determina l’inefficacia delle dimissioni o della risoluzione consensuale. Inoltre, la nuova norma prevede la facoltà di ripensamento in base alla quale, entro 7 giorni dalla data di invio dei moduli, il lavoratore potrà revocarle con modalità analoghe.
Sul piano sanzionatorio viene disposto che, salvo che il fatto costituisca reato, al datore di lavoro che alteri i moduli sarà applicata la sanzione amministrativa da 5mila a 30mila euro. La competenza sull’accertamento e sull’irrogazione della sanzione è riservata alle Direzioni Territoriali del Lavoro.
Le dimissioni o le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro presentate dalla lavoratrice nel periodo di gravidanza e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni del bambino, di cui all’articolo 55, comma 4, del Dlgs 151/01, continueranno a dover essere convalidate esclusivamente dal servizio ispettivo.
Il decreto in esame precisa, infine, che le modalità di effettuazione delle dimissioni e della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro non si applicano al lavoro domestico e nei casi in cui le stesse intervengano nelle sedi cosiddette protette (commissioni di certificazione di cui al d.lgs. n.276/2003 o nelle sedi conciliative indicate dall’art. 2113, c.4, del codice civile).
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PARI OPPORTUNITÀ (ARTT.27-42)
Le disposizioni in esame intervengono sulla composizione e sulle funzioni degli organi istituzionali che presiedono la materia delle Pari Opportunità: le Consigliere di Parità e soprattutto il Comitato Nazionale di parità e pari opportunità, ad oggi disciplinati dal d.lgs. n. 198/2006 (c.d. Codice delle Pari Opportunità).
Per quanto riguarda la composizione del Comitato Nazionale, che è stata ridotta nella componente istituzionale e specialistica (meno rappresentanti dei Ministeri ed esperti), si segnala che è rimasta invariata la rappresentanza delle organizzazioni datoriali e sindacali (è stato peraltro specificato che l’attuale Comitato nazionale, così come composto, resterà in carica fino alla naturale scadenza).
Il medesimo Comitato Nazionale assume con la riforma un ruolo più politico e dunque di indirizzo e di orientamento e meno tecnico, dato che perde tra i suoi compiti quello di valutazione dei progetti di azione positiva (ex L. 125/91) che viene ora demandata ad una apposita Commissione. Resta invece in capo al Comitato il compito di formulare entro il mese di febbraio (non più maggio) di ogni anno gli indirizzi, gli obiettivi nonché le tipologie di progetti di azioni positive che si intende promuovere per favorire le pari opportunità (da cui deriva la successiva pubblicazione del bando di finanziamento dei progetti di azioni positive a cura del Ministero del Lavoro).
Per quanto riguarda le Consigliere di Parità la novità più rilevante è costituita dalla istituzione della “Conferenza Nazionale delle consigliere e dei consiglieri di parità” (in sostituzione della "Rete delle consigliere") con la funzione di coordinamento delle consigliere provinciali.
CAPITOLO 3 - I RAPPORTI DI LAVORO AGRICOLI ATIPICI
COLLABORAZIONI OCCASIONALI AGRICOLE
Come si ricorderà l’art. 122 della finanziaria 2001 prevedeva che “in sede di sperimentazione e per un periodo non superiore a due anni, i coltivatori diretti iscritti agli elenchi provinciali possono avvalersi per la raccolta di prodotti agricoli, in deroga alla normativa vigente, di collaborazioni occasionali di parenti e affini entro il quinto grado per un periodo complessivo nel corso dell’anno non superiore ai tre mesi”.
Secondo l’art. 74 del codice civile la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite. Sono parenti in linea retta le persone di cui l’una discende dall’altra., in linea collaterale quelle che pur avendo uno stipite comune, non discendono l’una dall’altra. Nella linea retta si computano altrettanti gradi quante sono le generazioni, escludendo lo stipite. Nella linea collaterale i gradi si computano dalle generazioni, salendo da uno dei parenti fino allo stipite comune e da questo discendono all’altro parente, sempre restando escluso lo stipite.
Secondo l’art. 78 del c.c. l’affinità è il vincolo tra un coniuge e i parenti dell’altro coniuge. Nella linea e nel grado in cui taluno è parente d’uno dei coniugi, egli è affine dell’altro coniuge.
Brevemente riportiamo un sunto delle principali parentele e affinità.
Con la legge finanziaria 2003 (all’art. 45) si erano individuate modifiche all’istituto.
Il nuovo testo prevedeva infatti che per il solo anno 2003 i coltivatori diretti iscritti negli elenchi provinciali, ai fini della raccolta di prodotti agricoli, potevano avvalersi, in deroga alla normativa previdenziale vigente, di collaborazioni occasionali di parenti entro il secondo grado aventi anche il titolo di studente, per un periodo complessivo nel corso dell’anno non superiore a novanta giorni.
La norma comunque prevedeva l’obbligo dell’iscrizione all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Con successivo decreto dovevano essere poi precisate le modalità di comunicazione di tale opzione agli enti previdenziali. Per scrupolo ricordiamo i principali gradi di parentela e affinità.
Parenti in linea diretta: rispetto all’interessato sono parenti di primo grado il genitore e il figlio, di secondo il nipote e il nonno, il terzo il figlio del nipote e il bisnonno, di quarto grado il nipote del nipote e il nonno del nonno, di quinto grado il figlio del nipote del nipote e il nonno del xxxxxxxx (sono di sesto grado il nipote del nipote e il padre del nonno del bisnonno).
Parenti in linea collaterale: il rispetto all’interessato il fratello è parente di secondo grado, di terzo grado è il nipote e lo zio, di quarto grado è parente collaterale il figlio del nipote, il cugino, il figlio del xxxxxxxx, è parente di quinto grado collaterale il nipote del nipote, il figlio del cugino, il nipote del xxxxxxxx, il figlio del trisnonno(è parente di sesto grado collaterale il figlio del nipote del nipote, il nipote del cugino, il figlio del nipote del xxxxxxxx e il nipote del xxxxxxxxx).
Affini: come prima si accennava, l’affinità è il vincolo che lega un coniuge ai parenti dell’altro coniuge, nella linea e nel grado in cui l’interessato è parente di uno dei due coniugi, questi è affine dell’altro coniuge; ad esempio, tra marito e suocero vi è affinità, in linea retta di secondo grado, ecc.
In linea collaterale la cognata è affine di secondo grado, il figlio della cognata così come lo zio del coniuge sono di terzo grado, il nipote della cognata di quarto grado, così come il cugino del coniuge, infine è di quinto grado il figlio del cugino del coniuge. Il recente decreto legislativo, emanato in ossequio alla legge delega n. 30/2003, muta nuovamente lo scenario in senso molto favorevole alle aziende agricole.
L’art. 74 del decreto Biagi (n. 276 del 2003) infatti prevede “con specifico riguardo alle attività agricole, che non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti ed affini sino al terzo grado, in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi, salvo le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori”. Tale norma è stata modificata con altro provvedimento ( art. 7 ter DL 5/2009 convertito in legge n. 33/2009) che ha ampliato l’istituto al quarto grado.
Non si può non sottolineare l’impatto di tale norma che agevola grandemente tutte le aziende agricole per i casi di apporti lavorativi occasionali, o comunque, se ricorrenti, di breve periodo.
Xxxxxx, al riguardo, ed evita la qualificazione di “lavoro” dipendente ed autonomo, il vincolo finalistico della prestazione che è resa per mero vincolo di affectio familiaris, per aiuto, anche di mutuo scambio, ovvero per motivi morali.
Non vi dovrà perciò essere alcuna corresponsione di compensi o salari fatte salve le eventuali spese di mantenimento o spese sostenute dal parente per la esecuzione dei lavori.
Si sottolinea in particolare che la nuova norma non limita tale apporto alle sole operazioni di raccolta prodotti, come la vecchia previsione della finanziaria 2001, ma le prestazioni occasionali svolte da parenti ed affini entro il 4° grado potranno essere riferite a qualsivoglia necessità aziendali.
La norma non qualifica temporalmente la prestazione, né pone limiti particolari.
Ricordiamo che la giurisprudenza ritiene occasionali e non “strutturali” le prestazioni lavorative non continuative, limitate ad un singolo incarico, non programmate nel tempo, di durata non ampia ancorché questa non abbia carattere di indeterminatezza. Il decreto legislativo definisce oggi (nell’ambito della norma sui xx.xx.xx ad altri fini peraltro) come “occasionali” i rapporti di lavoro quando non superiori ai 30 giorni.
Per le varie attività agricole saranno quindi utili i parenti e gli affini entro il quarto grado, e cioè:
▪ Parenti in linea diretta: rispetto all’interessato sono parenti di primo grado il genitore e il figlio, di secondo il nipote e il nonno, il terzo il figlio del nipote e il bisnonno, di quarto il trisnonno e il nipote del nipote.
▪ Parenti in linea collaterale: rispetto all’interessato il fratello è parente di secondo grado, di terzo grado è il nipote e lo zio, di quarto grado il figlio del nipote e il cugino, il figlio del xxxxxxxx,.
▪ Affini: l’affinità è il vincolo che lega un coniuge ai parenti dell’altro coniuge, nella linea e nel grado in cui l’interessato è parente di uno dei due coniugi, questi è affine dell’altro coniuge; ad esempio, tra marito e suocero vi è affinità, in linea retta di secondo grado, ecc. In linea collaterale la cognata è affine di secondo grado, il figlio della cognata così come lo zio del coniuge sono di terzo grado, sono di quarto grado il cugino del coniuge,il nipote della cognata.
Con lettera 25/2/2005 il Ministero del Lavoro ha chiarito, contrariamente a quanto sostenuto dall’Inps (circ. n. 22/2005) che il lavoro occasionale agricolo è applicabile a tutti gli imprenditori (coldiretti, IAP, agricoltori in genere).
COLLABORAZIONI FAMILIARI
Con lettera circolare (n° prot. 37/0010478/MA 007. A001) del 10 giugno 2013, il Ministero del Lavoro ha preso posizione in merito alle collaborazioni familiari, avuto particolare riguardo all’agricoltura.
Com’è patrimonio orami acclarato, ed incontrastato, la collaborazione resa all’interno di una famiglia integra una prestazione avente principalmente eziologia “morale”, basata sulla c.d. affectio vel benevolentiae causa, e cioè sul vincolo solidaristico ed affettivo proprio del contesto familiare; ovviamente in un rapporto coniugale, di parentela e di affinità non si prevede d’ordinario la corresponsione di alcun compenso.
Secondo il Ministero “il carattere abituale e prevalente del lavoro del familiare dell’imprenditore, individuale o socio, ai fini della iscrizione presso le apposite Gestioni previdenziali INPS – la circostanza che il lavoro sia reso da un familiare contribuisce a determinare in molti casi la natura occasionale della prestazione lavorativa, così da escludere l’obbligo di iscrizione in capo al familiare. In alcune specifiche circostanze, inoltre, l’occasionalità della prestazione può essere qualificata come regola generale e pertanto si ritiene che in sede di verifica ispettiva se ne debba tener conto”.
Importante ancora la precisazione relativa al soggetto pensionato: secondo la circolare “appare opportuno ricondurre nell’ambito delle collaborazioni occasionali affectionis causa, escluse dall’obbligo di iscrizione presso l’Ente previdenziale, le prestazioni rese da pensionati, i quali verosimilmente non possono garantire al familiare che sia titolare o socio dell’impresa un impegno con carattere di continuità. Le ragioni possono essere molte: la scarsa volontà di impegnarsi in un’attività nuova, la scelta di dedicarsi ad altri progetti o a curare più da vicino il contesto familiare. In sintesi, è sempre possibile individuare una o più ragioni che possano giustificare un limitato ed occasionale impegno lavorativo”.
Pertanto, “il personale ispettivo considererà le prestazioni rese dai pensionati, parenti o affini dell’imprenditore, quali collaboratori occasionali di tipo gratuito, tali dunque da non richiedere né l’iscrizione nella Gestione di competenza, né da ricondurre alla fattispecie della subordinazione”.
Parimenti, per le prestazioni svolte dal familiare impiegato full time presso altro datore di lavoro , considerato il residuale e limitato tempo a disposizione per poter espletare altre attività o compiti con carattere di prevalenza e continuità presso l’azienda del familiare.
La circolare chiarisce in modo inequivoco come, nelle predette casistiche, “la collaborazione del familiare si considera “presuntivamente” di natura occasionale e pertanto il personale ispettivo, solo ove non ritenga di accedere a tale impostazione per la presenza di precisi indici sintomatici di una “prestazione lavorativa” in senso stretto, dovrà comunque
dimostrarne la sussistenza mediante puntuale ed idonea documentazione probatoria di carattere oggettivo ed incontrovertibile”.
Con specifico riferimento alle attività agricole, l’art. 74 del D.Lgs. n. 276/2003 prevede che “non integrano in ogni caso un rapporto di lavoro autonomo o subordinato le prestazioni svolte da parenti e affini sino al quarto grado in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale senza corresponsione di compensi …”.
La norma si fonda, quindi, sul fattore dell’occasionalità che rappresenta l’elemento dirimente al fine di escludere l’obbligo di iscrizione all’Ente previdenziale ed il conseguente versamento relativo all’attività svolta dal familiare a titolo gratuito.
Con la circolare in commento, il Ministero del Lavoro fornisce indicazioni di carattere tecnico sul mero piano della metodologia ispettiva anche mediante l’utilizzo di presunzioni operative; ciò al fine di orientare le valutazioni in merito alle collaborazioni familiari di tipo occasionale escluse dagli obblighi previdenziali, assicurando in tal modo un’uniforme applicazione delle soluzioni da adottare in sede di accertamento ispettivo.
In primo luogo, il Ministero sottolinea come per attività occasionale si debba intendere quella caratterizzare dalla non sistematicità e stabilità dei compiti espletati, non integrante comportamenti di tipo abituale e prevalente nell’ambito della gestione e del funzionamento dell’impresa.
Il giudizio sulla non abitualità della prestazione è individuato attraverso un parametro di natura quantitativa di tipo convenzionale e ciò al fine dell’accertamento delle collaborazioni “familiari”.
La circolare ritrova tale indicatore “ispettivo” dalla disposizione di cui all’art. 21, comma 6 ter, del D.L. n. 269/2003 (valevole per il settore dell’artigianato, che fissa in 90 giorni nel corso dell’anno il limite temporale massimo della collaborazione occasionale e gratuita prestata nel caso in cui il familiare sia impossibilitato al lavoro.
Secondo il Ministero, quindi, è opportuno legare la nozione di occasionalità al limite quantitativo dei 90 giorni, intesi frazionabili in ore, ossia 720 ore nel corso dell’anno solare.
Nel caso di superamento dei 90 giorni, il limite quantitativo si considera comunque rispettato anche laddove l’attività resa dal familiare si svolga soltanto per qualche ora al giorno, fermo restando il tetto massimo delle 720 ore annue.
La circolare, inoltre, reputa la occasionalità della prestazione del collaboratore a prescindere dalla contestuale presenza del titolare nei locali dell’azienda ove impegnato in altre attività; il mancato rispetto del parametro quantitativo dovrà comunque essere dimostrato dal personale ispettivo mediante la acquisizione di elementi di natura documentale o testimoniale, in assenza dei quali non potrà ritenersi provato il superamento del limite dei 90 giorni ovvero delle 720 ore annue.
In ordine al vincolo di parentela, sono genuine le collaborazioni occasionali (escluse dagli adempimenti previdenziali), quelle instaurate tra il titolare dell’azienda, oltre che con il coniuge, con parenti affini fino al quarto grado.
In proposito, si ricorda che sono parenti:
- di primo grado i genitori e i figli;
- di secondo grado i nonni, i fratelli e sorelle, i nipoti intesi come figli dei figli;
- di terzo grado i bisnonni e gli zii, i nipoti intesi come figli di fratelli e xxxxxxx, i pronipoti intesi come figli dei nipoti di secondo grado;
riguardo agli affini sono tali i parenti del coniuge:
- di primo grado i suoceri;
- di secondo grado i nonni del coniuge ed i cognati;
- di terzo grado i bisnonni del coniuge, gli zii del coniuge, i nipoti intesi come figli dei cognati.
Per quanto, infine, concerne il soggetto imprenditoriale al quale il vincolo coniugale, di parentela o affinità va riferito, la circolare rimanda alla regola generale secondo cui l’obbligo contributivo compete all’imprenditore individuale o associato, sia in forma di società a carattere personale (s.n.c. o in accomandita) sia di società a responsabilità limitata, restando escluse le società per azioni e in accomandita per azioni; la circolare per la figura dell’imprenditore agricolo rimanda in primo luogo alle specifiche norme su coltivatori diretti, coloni e mezzadri e imprenditori agricoli professionali
PRESTAZIONI OCCASIONALI ACCESSORIE
La norma prevede poi una nuova figura di prestazioni lavorative.
Le prestazioni di lavoro accessorio originariamente erano quelle attività lavorative di natura meramente occasionale, rese da soggetti a rischio di esclusione sociale o comunque non ancora entrati nel mercato del lavoro, ovvero in procinto di uscirne. Di rilievo nel settore agricolo il Voucher al quale si rimanda.
SCAMBIO DI MANODOPERA
Lo scambio di manodopera tra piccoli imprenditori agricoli è un istituto regolato dall’art. 2139 c.c. che così recita “Tra piccoli imprenditori agricoli è ammesso lo scambio di mano d’opera o di servizi secondo gli usi”.
Per piccoli imprenditori agricoli devono intendersi, ai sensi dell’art. 2083 c.c., i coltivatori diretti ovvero coloro i quali esercitano un’attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.
Per quanto attiene agli “usi” citati dal codice civile, è necessario fare riferimento alla raccolte degli usi depositate presso le locali C.C.I.A.A.
In questo senso, quindi, salve ulteriori specificazioni derivanti dagli usi, deve ritenersi configurabile uno scambio di manodopera qualora:
- intervenga tra soggetti aventi entrambi la qualifica di coltivatori diretti;
- i soggetti che rendono la prestazione (reciproca) siano: il coltivatore diretto e/o gli eventuali appartenenti al nucleo familiare, se iscritti alla relativa gestione previdenziale;
- non vi sia alcuna remunerazione o corrispettivo in denaro o in natura espressamente scambiato tra le parti a ristoro della prestazione resa;
- le prestazioni date e ricevute prescindano da un qualunque calcolo di stretta equivalenza quantitativa e qualitativa;
- la prestazione attenga esclusivamente ad attività rientranti nello specifico dell’attività agricola, principale o “connessa” che sia.
CAPITOLO 4 – VOUCHER
MODIFICHE INTRODOTTE DAL D.LGS. N. 81/2015 - LAVORO ACCESSORIO - VOUCHER (ARTT.48-50)
Gli articoli da 48 a 50 operano una revisione dell'istituto del lavoro accessorio (cd. voucher) che, come noto, consiste in prestazioni retribuite mediante buoni orari dal valore unitario prefissato.
Rispetto alla disciplina previgente - artt. 70, 72 e 73 del d.lgs. n. 276 del 2003 che vengono contestualmente ed espressamente abrogati (art. 55, c.1, lettera d) - il nuovo decreto legislativo apporta, in via generale, le seguenti modifiche:
• viene elevato a 7.000 euro (netti) il limite annuo relativo all'importo complessivo del valore dei buoni lavoro che ciascun prestatore può percepire (il predente limite era pari, per l'anno 2015, a 5.060 euro netti);
• resta fissato a 2.000 euro annui il limite che il prestatore di lavoro può ricevere da un singolo committente qualora quest’ultimo sia un imprenditore o un professionista. La nuova formulazione, che abbandona l’aggettivo “commerciali” (prima infatti si parlava di imprenditori commerciali), potrebbe lasciare intendere la volontà del legislatore di estendere l’ambito di applicazione del limite ristretto dei 2.000 euro a tutti gli imprenditori, anche non commerciali, compresi quelli agricoli. A nostro avviso una lettura del genere non è corretta. Per l’agricoltura, nel bene e nel male, ci sono regole speciali e queste debbono comunque prevalere, compresa quella che fissa nel limite generale (7.000 euro, già 5.060) quello applicabile alle imprese agricole;
• viene messa a regime la norma, già operante in via sperimentale per gli anni 2013 e 2014 (e prorogata di volta in volta dalle cosiddette leggi milleproroghe), che consente ai percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito (integrazioni salariali, indennità di disoccupazione, etc.) di effettuare prestazioni di lavoro accessorio (anche in agricoltura) nel limite unico di 3.000 euro annui;
• viene introdotto il divieto di ricorso a prestazioni di lavoro accessorio nell'esecuzione di appalti di opere o di servizi, salve specifiche ipotesi, individuate entro sei mesi con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, sentite le parti sociali;
• viene reso obbligatorio l'acquisto telematico dei carnet di buoni-lavoro per gli imprenditori e i professionisti. A tal proposito si segnala che, con nota del 26 giugno, la Federazione Italiana Tabaccai ha precisato che - stando alla vigente convenzione con INPS - l’emissione dei voucher in tabaccheria equivale all’acquisto “con modalità telematica”. Sul punto occorrerà tuttavia attendere i chiarimenti da parte del Ministero del Lavoro o dell’INPS;
• viene modificata la disciplina della comunicazione obbligatoria che precede l'inizio della prestazione:
✓ deve essere effettuata, alla direzione territoriale del lavoro competente (prima: all'INPS). A tal proposito si segnala che - al fine di consentire i necessari adeguamenti informatici - l'obbligo di comunicazione, nelle more, dovrà continuare ad essere assolto con le modalità attuali (Ministero del lavoro, nota del 25 giugno u.s. che si allega alla presente);
✓ deve indicare anche il luogo della prestazione (prima: solo dati anagrafici e codice fiscale del lavoratore);
✓ riguarda prestazioni rese in un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi (prima non era specificato dalla norma).
Particolare rilievo assume, nel nuovo sistema dei voucher, la disciplina del valore del buono sul quale, come si ricorderà, molto si è dibattuto in passato.
In via transitoria il valore del buono resta fissato in 10 euro, in attesa del decreto ministeriale che dovrà fissare il valore tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le diverse attività lavorative, oltre che del parere delle parti sociali.
Il decreto legislativo inoltre conferma che i buoni sono orari e che quindi per una prestazione accessoria della durata di un’ora non può essere corrisposto meno di un voucher (attualmente, come detto, del valore di 10 euro).
Per il settore agricolo viene invece precisato che tale valore è pari all'importo della retribuzione oraria fissata della contrattazione collettiva, stipulata dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
In sostanza viene codificata la previsione (prima solo amministrativa contenuta nella nota ministeriale 18.02.2013) secondo la quale in agricoltura si può anche non rispettare il criterio di equivalenza (un voucher = un’ora di lavoro), purché le ore di lavoro del prestatore accessorio siano retribuite con un numero di voucher che garantisca il rispetto della retribuzione oraria prevista dalla contrattazione collettiva di riferimento.
Vale la pena sottolineare che per il lavoro accessorio in agricoltura vengono mantenute le particolari caratteristiche relative alle tipologie di prestatori e di mansioni:
o attività stagionali effettuate da pensionati e giovani studenti under 25 per la generalità delle aziende;
o nessuna limitazione relativa alla stagionalità e alle categorie soggettive (studenti e pensionati) per le aziende con fatturato inferiore a 7.000 euro che, però, non possono avvalersi di soggetti iscritti negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli nel precedente anno solare.
Con nota circolare n°149 del 12 agosto 2015, l’INPS puntualizza le regole per il lavoro accessorio. Secondo le nuove regole, la gestione del voucher diviene unicamente telematica.
Limiti alle prestazioni di lavoro accessorio
L’art 48, comma 1, del decreto legislativo in parola innalza il limite massimo del compenso che il prestatore può percepire da 5000 a 7000 euro (rivalutabili annualmente) stabilendo che “per prestazioni di lavoro accessorio si intendono attività lavorative che non danno luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi superiori a 7 .000 euro (lordo € 9.333) nel corso di un anno civile (dal 1 gennaio al 31 dicembre), annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati”.
Immutato il limite di 2.000 euro per le prestazioni rese nei confronti del singolo committente imprenditore o professionista (con la rivalutazione, tale valore, per l’anno 2015, è pari a € 2.020,00 – lordo di € 2.693,00)
Le norme di cui al comma 1 dell’art. 48 del DLGS n. 81/2015 si applicano anche in agricoltura unicamente nelle seguenti ipotesi:
a) alle attività lavorative di natura occasionale rese nell’ambito delle attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti ad un ciclo di studi presso l’università;
b) alle attività agricole svolte in favore di aziende con fatturato inferiore ai 7.000,00 euro. Tali attività, non possono, tuttavia, essere svolte da soggetti iscritti l'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
Confermata, in via definitiva e strutturale (art. 48, comma 2 DLGS n. 81/2015), la possibilità per i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito, di effettuare prestazioni di lavoro accessorio, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, nel limite complessivo di 3000 euro (lordo € 4000) di compenso per anno civile, annualmente rivalutati sulla base della variazione dell’indice ISTAT.
Il valore dei € 3.000 di compenso, per l’anno 2015, è da intendersi comprensivo anche delle prestazioni di lavoro accessorio già rese dal 1.1.2015 al 24.6.2015.
Modalità di acquisto
L’art 49, comma 1, prevede, per i committenti imprenditori o liberi professionisti, l’obbligo di acquistare esclusivamente con modalità telematiche “uno o più carnet di buoni orari, numerati progressivamente e datati, per prestazioni di lavoro accessorio il cui valore nominale è fissato con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le diverse attività lavorative e delle risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali”.
Pertanto, committenti imprenditori e liberi professionisti potranno acquistare i buoni esclusivamente attraverso:
- la procedura telematica INPS (cosiddetto voucher telematico).
- Tabaccai che aderiscono alla convenzione INPS – FIT e tramite servizio internet Banking Intesa Sanpaolo;
- Banche Popolari abilitate.
I committenti non imprenditori o professionisti, possono continuare ad acquistare i buoni, oltre che attraverso i citati canali sopra descritti, anche presso gli Uffici Postali di tutto il territorio nazionale.
Non possono essere, dunque, acquistati buoni lavoro cartacei presso le sedi INPS, ad eccezione, e comunque fino al 31/12/2015, di quelli riferiti alla corresponsione di voucher per l'acquisto di servizi di baby-sitting.
Misura del voucher
In attesa dell’emanazione del decreto previsto per la deliberazione sul valore ex comma 1 dell’art.49, e fatte salve le prestazioni rese nel settore agricolo, il valore nominale del buono orario è fissato in 10 euro e nel settore agricolo è pari all'importo della retribuzione oraria delle prestazioni di natura subordinata individuata dal contratto collettivo stipulato dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Comunicazione telematica della prestazione di lavoro accessorio
L’art 49, comma 3 del decreto in commento, prevede l’obbligo di comunicare alla Direzione territoriale del lavoro competente, prima dell’inizio della prestazione, attraverso modalità telematiche, ivi compresi sms o posta elettronica, i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore nonché il luogo della prestazione lavorativa, con riferimento ad un arco temporale non superiore ai trenta giorni successivi. Sul punto si ricorda come peraltro il Ministero del Lavoro, con nota n.3337 del 25 giugno 2015 ha chiarito che nelle more della attivazione delle necessarie procedure interne telematiche, la comunicazione dovrà essere effettuata secondo le attuali procedure.
L’allegato alla circolare I.N.P.S. in commento precisa, poi, in modo analitico le procedura per il rilascio del c.d. voucher telematico.
Registrazione committente
Il committente si registra presso l’INPS (direttamente o per il tramite dell’associazione di categoria abilitata) attraverso una delle seguenti modalità:
□ Sportelli INPS;
□ Sito internet xxx.xxxx.xx, nella sezione Servizi OnLine/Per il cittadino/Lavoro Accessorio (se già in possesso del PIN);
□ Contact Center INPS/INAIL (numero gratuito da telefono fisso 803.164 oppure da cellulare al n. 00000000, con tariffazione a carico dell’utenza chiamante);
□ Associazioni di categoria dei datori di lavoro.
Accreditamento prestatore
Il prestatore si registra presso l’INPS attraverso una delle seguenti modalità:
□ Sportelli INPS;
□ Sito internet xxx.xxxx.xx, nella sezione Servizi OnLine/Per tipologia di utente/Cittadino/LavoroAccessorio oppure nella sezione Come fare per utilizzare i buoni lavoro/Servizi on line/Accesso alla procedura telematica e alla procedura PEA (tabaccai e sportelli bancari e Uffici Postali) oppure nella sezione Informazioni/Lavoro accessorio-area dedicata/Accesso ai servizi;
□ Contact Center INPS/INAIL (numero gratuito 803164 oppure da cellulare al n. 00000000, con tariffazione a carico dell’utenza chiamante);
Il prestatore (maggiorenne) riceve da Poste Italiane, a cui sono inviati i dati così registrati:
□ la carta (INPS card c.d. ‘Postepay virtual’) sulla quale è possibile accreditare gli importi delle prestazioni eseguite; l’accreditamento del compenso sulla carta richiede la sua attivazione presso qualunque ufficio postale con un ‘caricamento’ minimo di 5 €;
□ il materiale informativo.
Il prestatore minorenne, che in quanto tale non può ricevere la INPSCard, riceverà da Poste una lettera di bonifico domiciliato con la quale riscuotere, presso tutti gli uffici postali, gli importi spettanti per lo svolgimento di prestazioni occasionali accessorie.
Versamento del corrispettivo dei voucher
Il committente dovrà versare, prima dell’inizio della prestazione, il valore complessivo dei buoni (virtuali) che verranno utilizzati per consentire un tempestivo pagamento del corrispettivo della prestazione stessa al lavoratore, come appresso:
□ tramite modello F24, indicando – nella sezione INPS del modello il codice sede e il codice fiscale – la causale LACC appositamente istituita; rispetto a questa forma di pagamento – possibile solo per l’acquisto di voucher telematici
in caso di committente persona giuridica, nel campo “matricola INPS” del mod. F24 vanno riportati - in base alle indicazioni dell’Agenzia delle Entrate - o il cap dell’azienda o il codice della sede INPS, dopo aver premesso gli 0 (zero) necessari a completare i 17 caratteri numerici previsti dal campo.
In alternativa, si può inserire il codice fiscale del committente oppure il seguente codice: 66666666666666491.
□ tramite versamento sul conto corrente postale 89778229 intestato ad INPS DG LAVORO ACCESSORIO, il cui importo deve necessariamente essere un multiplo di 10.
In questo caso la registrazione del versamento, che richiede la verifica del bollettino di c/c, può essere effettuata recandosi presso una sede provinciale INPS.
Nel caso che la procedura venga attivata da una Associazione, il bollettino deve essere comunque intestato al singolo committente.
□ tramite pagamento on line collegandosi al sito xxx.xxxx.xx, nella sezione Servizi OnLine/Portale dei pagamenti/Accedi al portale/Lavoro accessorio, in corrispondenza dei link:
□ Entra nel servizio committente/datore di lavoro
□ Entra nel servizio consulente/associato/delegato
Dopo essersi autenticati con PIN, il committente può utilizzare uno dei seguenti strumenti di pagamento: addebito su conto corrente BancoPosta (BPOL) o carta prepagata Postepay o carta di credito abilitata al circuito internazionale VISA, VISA Electron, Mastercard.
Per la dichiarazione dei rapporti di lavoro è necessario che ci sia disponibilità sul conto ‘Lavoro Accessorio’.
Richiesta dei voucher e dichiarazione di inizio attività da parte del committente
Prima dell’inizio delle attività di lavoro accessorio (anche il giorno stesso purchè prima dell’inizio della prestazione), il committente effettua - attraverso il Sito internet xxx.xxxx.xx oppure il Contact Center 803.164, gratuito da numero fisso, o da cellulare al n. 00000000 con tariffazione a carico dell’utenza chiamante oppure recandosi presso una sede INPS - la dichiarazione di inizio prestazione che intende compensare attraverso i buoni lavoro virtuali. La dichiarazione dovrà contenere:
□ l’anagrafica di ogni prestatore ed il relativo codice fiscale;
□ la data di inizio e di fine presunta dell’attività lavorativa;
□ il luogo di svolgimento della prestazione;
Si ricorda che il committente è obbligato a comunicare preventivamente l’inizio della prestazione all’INPS, attraverso i canali indicati, in quanto tale dichiarazione vale anche ai fini INAIL.
Nel caso in cui – dopo la dichiarazione - si verifichino delle variazioni relativamente ai periodi di inizio e fine lavoro ovvero ai lavoratori impiegati, tali variazioni dovranno essere preventivamente comunicate direttamente dal committente attraverso i canali sopra indicati.
Si evidenzia che - in caso di committente persona giuridica (o di committente persona fisica che intenda avvalersi di un delegato) – per utilizzare la procedura telematica, è necessario richiedere alla sede INPS della propria provincia (tramite “modello SC53” scaricabile dal sito Internet Inps), l’abbinamento tra il c.f./p.iva dell’azienda ed il codice fiscale di un delegato persona fisica (munito di Pin), che opererà per conto dell’azienda o ente committente.
Una volta effettuato tale abbinamento, il delegato dovrà:
1) entrare nella procedura on-line con il suo C.F. ed il suo PIN ed accedere alla sezione Servizi OnLine/Per tipologia di utente/Cittadino/Lavoro Accessorio oppure alla sezione Come fare per utilizzare i buoni lavoro/Servizi on line/Accesso alla procedura telematica e alla procedura PEA (tabaccai e sportelli bancari e Uffici Postali) oppure alla sezione Informazioni/Lavoro accessorio-area dedicata/Accesso ai servizi, in corrispondenza del link:
• Consulenti associazioni e delegati (accesso con PIN);
2) inserire il CF/P.IVA dell'azienda/ente committente;
3) operare come delegato dell'azienda/ente committente
Rendicontazione dei voucher
Al termine della prestazione lavorativa, il committente deve comunicare all’INPS (confermando o variando i dati della richiesta già effettuata a preventivo attraverso i canali sopra indicati), per ciascun prestatore, il periodo della prestazione svolta e, quindi, l’effettivo utilizzo dei buoni lavoro.
La procedura di gestione INPS, ricevuta la comunicazione a consuntivo del committente, effettuerà le seguenti operazioni:
□ verificherà preliminarmente la copertura economica delle prestazioni di lavoro, confrontando i versamenti effettuati dal committente prima della conclusione del rapporto lavorativo accessorio con il complessivo onere dovuto per lo stesso;
□ in relazione all’esito della verifica di cui al punto precedente:
o nel caso in cui sia positivo (presenza di versamenti ad integrale copertura dell’onere), invierà le disposizioni di pagamento a favore del prestatore (secondo la modalità conseguenti all’avvenuta attivazione o meno della INPS Card);
o nel caso in cui risulti negativo (totale assenza di versamenti o presenza a copertura soltanto parziale dell’onere), rappresenterà al committente l’impossibilità a procedere alla consuntivazione fino a quando la somma disponibile non consentirà la copertura della operazione di rendicontazione.
Nel sito xxx.xxxx.xx, sezione Come fare per/Informazioni/Lavoro Accessorio, è possibile consultare il “Manuale per l’utilizzo dei voucher telematici….”, che fornisce indicazioni operative per facilitare l’utilizzo della procedura telematica di acquisto voucher.
Lavoro accessorio (voucher) svolto da percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito.
Una delle novità di maggior rilievo in materia di voucher è rappresentata dalla disposizione (art. 48, c.2, del citato d.lgs. n.81/2015) che ha reso strutturale la possibilità ai percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito di effettuare prestazioni di lavoro accessorio, anche in agricoltura, nel limite unico di 3.000 euro annui.
L’INPS, con circolare n.170 del 13 ottobre 2015, affronta proprio le questioni relative alla compatibilità tra prestazioni di lavoro accessorio (nel limite di 3.000 euro per anno civile) e le variegate tipologie di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito esistenti (integrazioni salariali, indennità di disoccupazione, etc.), alcune delle quali peraltro recentemente oggetto di riordino con il Jobs Act (d.lgs. n.22/2015 e d.lgs. n.148/2015).
Merita subito di essere segnalato che la circolare dell’Istituto ricomprende tra i percettori di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito utilizzabili tramite voucher non solo coloro che percepiscono le indennità di mobilità, la cassa integrazione guadagni e la NASpI, ma anche coloro che percepiscono l’indennità di disoccupazione agricola.
Ne consegue che le imprese agricole con volume di affari superiore ai 7.000 euro annui possono avvalersi di prestazioni accessorie rese, oltre che da studenti fino a 25 anni di età e da pensionati, anche da soggetti che percepiscono l’indennità di disoccupazione agricola (e, naturalmente, da soggetti che percepiscono l’indennità di mobilità, la cassa integrazione guadagni e la NASpI).
Si tratta di un chiarimento importante che in sostanza rende possibile l’utilizzo tramite voucher di soggetti che - essendo in possesso dei requisiti previsti dalla legge (iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli e 102 contributi giornalieri nel biennio) - percepiscono l’indennità di disoccupazione agricola.
A tal proposito l'INPS precisa che "per quanto riguarda l’applicazione della norma in argomento, si ritiene utile rammentare, in considerazione del fatto che l’indennità di disoccupazione agricola viene richiesta ed erogata nell’anno successivo a quello in cui si è verificato lo stato di disoccupazione, che la cumulabilità con tale prestazione deve essere valutata con riferimento all’eventuale attività di lavoro accessorio svolta nell’anno di competenza della prestazione".
La precisazione in verità non è chiarissima giacché non si comprende se la valutazione circa la cumulabilità debba essere fatta con riferimento all’anno in cui si è verificato lo stato di disoccupazione (ad es. 2015) o a quello in cui si percepisce l’indennità relativa alle giornate di disoccupazione (ad es. 2016).
Sembra più ragionevole, a nostro avviso, considerare il cumulo nell’anno in cui si è percepita l’indennità di disoccupazione (es. 2016) e non in quello nel quale si sono verificate le giornate di disoccupazione (es.2015), giacché il presupposto per lo svolgimento delle prestazioni di lavoro accessorio è che i soggetti interessati siano “percettori” di indennità di sostegno al reddito. D’altro canto nell’anno in cui il soggetto è stato disoccupato (es. 2015) non è ancora certo che possa maturare il diritto all’indennità di disoccupazione agricola (certezza che si acquisisce solo nel 2016).
Dal punto di vista dell’impresa utilizzatrice la questione non ha grande rilievo pratico, soprattutto con riferimento agli operai agricoli a tempo determinato “professionali”, quelli cioè che tutti gli anni svolgono un numero di giornate lavorative superiore a 51 e sono regolarmente iscritti negli elenchi anagrafici, percependo l’indennità di disoccupazione.
Nonostante l’importante apertura da parte dell’Istituto, resta a nostro avviso sconsigliabile che una stessa persona venga utilizzata da un’impresa come lavoratore dipendente (OTD) in alcuni periodi dell’anno e come lavoratore accessorio (voucher) in altri periodi dello stesso anno. Un’ipotesi del genere potrebbe essere letta dagli organi di vigilanza come un comportamento finalizzato ad eludere gli obblighi in materia di lavoro e previdenza.
Da ultimo si sottolinea che l’utilizzo dei percettori di indennità di disoccupazione agricola appare invece precluso alle micro imprese agricole, ossia a quelle con volume d’affari inferiore a 7.000 euro annui, in quanto l’art. 48, c. 3, lett. b) del d.lgs. 81/2015, confermando una norma previgente, prevede che in favore di dette (micro) imprese le prestazioni di lavoro accessorio non possono essere svolte da soggetti iscritti l'anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.
Sotto il profilo della cumulabilità del voucher con le prestazioni di sostegno al reddito (indennità di mobilità, cassa integrazione guadagni, NASpI e indennità di disoccupazione agricola), la circolare dell’Istituto precisa che i compensi derivanti dallo svolgimento di lavoro accessorio sono interamente cumulabili fino a 3.000 euro annui con le suddette prestazioni. Superata tale soglia – nelle ipotesi in cui la prestazione accessoria è consentita – i compensi sono invece solo parzialmente cumulabili con le prestazioni di integrazione al reddito secondo le regole precisate nella circolare in commento alla quale si rinvia.
D.LGS. N.185/2016 JOBS ACT: LE MODIFICHE IN MATERIA DI LAVORO ACCESSORIO (VOUCHER).
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 235 del 7 ottobre 2016 è stato pubblicato il D.Lgs. 24 settembre 2016 n. 185 comportante norme integrative e correttive dei precedenti decreti legislativi n. 81, 148, 149, 150 e 151 del 2015. In particolare di rilievo sono le modifiche in tema di voucher (lavoro accessorio). Le modifiche apportate, a seguito della martellante propaganda sindacale (che peraltro continua ancora oggi) la disciplina - in specie per le aziende agricole - rivedono, in senso ancor più restrittivo, le norme del passato.
Comunicazione preventiva
Col dichiarato obiettivo di prevenire abusi nell'impiego dei voucher, il Governo ha istituito l’obbligo di comunicazione preventiva della data, del luogo e della durata prestazione lavorativa. Obiettivo è quello della tracciabilità in tempo reale delle prestazioni di lavoro accessorio con lo scopo mediato di prevenire possibili abusi nell'impiego dei buoni lavoro. Ricordiamo che nell’ultimo periodo, forse a causa delle restrizioni apportate dal Jobs Act su molte delle forme contrattuali preesistenti (es. collaborazioni a progetto), i voucher erano enormemente aumentati . Tutto ciò però non riguarda il settore agricolo.
I dati poi diffusi dall’INPS sull’utilizzo dei voucher confermano infatti che l’agricoltura è uno dei settori produttivi ove il lavoro accessorio è meno utilizzato. Nel periodo 2008 – 2016, infatti, solo il 4,3 per cento dei voucher complessivamente venduti è stato utilizzato per l’attività agricola. Nel 2015, poi, la percentuale scende addirittura all’1,8 per cento del totale.
Complessivamente, secondo i dati INPS, aggiornati al giugno 2016, da agosto 2008 (inizio della sperimentazione sull’utilizzo dei voucher per vendemmie di breve durata) al 30 giugno 2016 risultano venduti 347,2 milioni di voucher di importo nominale pari a 10 euro.
La tipologia di attività per la quale è stato complessivamente acquistato il maggior numero di voucher è il Commercio (16,8%). Il ricorso ai voucher è concentrato nel Nord del paese: il Nord-est con 127,7 milioni di voucher venduti incide per il 36,8%, mentre il Nord-ovest con 102,6 milioni di voucher venduti incide per il 29,5%.
La regione nella quale si è avuto il maggiore ricorso ai voucher è la Lombardia, con 60,7 milioni di buoni lavoro venduti. Seguono il Veneto, e l’Xxxxxx – Romagna.
Il numero di lavoratori è cresciuto costantemente negli anni, mentre il numero medio di voucher riscossi dal singolo lavoratore, invece, è rimasto sostanzialmente invariato: circa 60 voucher l’anno dal 2012 in avanti. L’importo netto che il lavoratore riscuote per ogni voucher è di 7,50 euro, il compenso annuale medio netto negli anni è di circa 500 euro. Irrilevanti le differenze tra i sessi in termini di compenso.
L’età media è andata sempre decrescendo, così come il differenziale di età tra i sessi. La percentuale di femmine è progressivamente aumentata, ed è attualmente superiore al 50%.
La quota di lavoratori di cittadinanza extracomunitaria nel 2015 è dell’8,6%. Non ci sono differenze significative nel numero medio di voucher riscossi rispetto alla cittadinanza.
L’INPS rileva altresì come su 1.380.030 lavoratori che hanno svolto attività nel 2015 il numero di “nuovi” lavoratori è stato pari a 809.341, pari al 59%.
Si ricorda che in precedenza già si prevedeva l'obbligo di comunicare, prima dell'inizio della prestazione (attraverso modalità telematiche), i dati anagrafici e il codice fiscale del lavoratore nonché il luogo della prestazione lavorativa, non si prevedeva viceversa l’obbligo di comunicare la data e la durata della stessa. La comunicazione di avvio della prestazione di lavoro accessorio poteva riferirsi a prestazioni da svolgersi genericamente nei 30 giorni successivi.
Il nuovo comma 3 dell'art. 49 del d.lgs. n.81/2015 - come modificato dall'art. 1, c. 1, lett. b del decreto in commento - prescrive che gli imprenditori (esclusi quelli agricoli) e i professionisti che utilizzano il lavoro accessorio, hanno l’onere di inviare, almeno 60 minuti prima dell’inizio di ciascuna prestazione, un sms o un messaggio di posta elettronica alla sede territorialmente competente dell’Ispettorato nazionale del lavoro, comunicando luogo, giorno, ora di inizio e fine, dati anagrafici o codice fiscale del lavoratore e ciò ogni volta che vengono utilizzati i voucher.
Secondo il nuovo decreto, la procedura di comunicazione preventiva tramite sms o posta elettronica si applica anche agli imprenditori agricoli: la comunicazione dei dati anagrafici o del codice fiscale del lavoratore, del luogo e della durata della prestazione si può riferisce ad un arco temporale non superiore a 3 giorni; per la generalità dei contratti deve essere comunicato preventivamente all'Ispettorato del lavoro l'inizio di ciascuna prestazione, viceversa nel settore agricolo con un'unica comunicazione preventiva si potrà coprire prestazioni lavorative che si svolgono in un arco temporale di uno, due o tre giorni.
In caso di violazione degli obblighi di comunicazione si applica la sanzione amministrativa da euro 400 a 2.400 euro in relazione a ciascun lavoratore per cui è stata omessa la comunicazione.
Relativamente alle modalità pratiche di comunicazione, in assenza di regole certe, da notizie acquisite in via informale, il Ministero del lavoro sarebbe orientato a mantenere operativa, transitoriamente, l’attuale modalità di comunicazione telematica prevista per i voucher, attraverso il sito INPS, in attesa di definire le nuove modalità di comunicazione dell’utilizzo dei voucher. Ammontare di voucher utilizzabili dal committente agricolo
Dopo un estenuante alternarsi di testi e stesure, il nuovo Decreto ha sancito l'applicabilità al settore agricolo del limite dei
2.000 euro, anziché quello di 7.000; in tal senso si e' espresso il Ministro del Lavoro e delle politiche sociali Xxxxxxxx Xxxxxxx. Tale interpretazione penalizza le imprese agricole che, oltre ai limiti oggettivi e soggetti (attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati e da giovani studenti con meno di 25 anni) previsti dalla norma, dovranno rispettare anche il limite dei
2.000 euro di voucher utilizzabili per ciascun collaboratore. In relazione al referendum promosso dalla C.G.I.L., si paventano modifiche legislative sostanziali al voucher, che dovrebbe essere riservato alla famiglie e non alle imprese.
CAPITOLO 5 - ASSUNZIONI CONGIUNTE.
Con circolare n.37 del 6 maggio u. 2015 la Direzione Generale per l'attività ispettiva del Ministero del lavoro ha fornito le istruzioni operative in relazione alle assunzioni congiunte in agricoltura.
La circolare ministeriale in particolare chiarisce come centrale, per la gestione dell’istituto, sia la figura del soggetto che procede alla trasmissione della comunicazione obbligatoria di assunzione ai centri per l'impiego, sulla base delle regole sancite dal decreto ministeriale 27 marzo 2014; in pratica tutti gli ulteriori adempimenti connessi alle assunzioni congiunte devono essere effettuati dal medesimo soggetto che ha comunicato la assunzione.
Il richiamato decreto ministeriale all’uopo prevede:
• L’ assunzione congiunta da parte di gruppi di imprese le comunicazioni di assunzione, trasformazione, proroga e cessazione sono effettuate dall’impresa capogruppo;
• L’ assunzione congiunta da parte di imprese riconducibili allo stesso proprietario, le comunicazioni di assunzione, trasformazione, proroga e cessazione sono effettuate dal proprietario stesso;
• L’ assunzione congiunta da parte di imprese legate da un contratto di rete le comunicazioni di assunzione, trasformazione, proroga e cessazione sono effettuate da un soggetto appositamente incaricato nel contratto di rete medesimo o in uno specifico accordo tra le parti depositato presso le associazioni di categoria con modalità che ne garantiscano la data certa di sottoscrizione;
• L’ assunzione congiunta da parte di imprese condotte da imprenditori legati tra loro da un vincolo di parentela o di affinità entro il terzo grado, le comunicazioni di assunzione, trasformazione, proroga e cessazione sono effettuate da un soggetto appositamente incaricato in uno specifico accordo tra le parti depositato presso le associazioni di categoria con modalità che ne garantiscano la data certa di sottoscrizione.
La circolare molto opportunamente, in una logica improntata alla semplificazione nella gestione degli adempimenti, conferma alcune interpretazioni correnti secondo cui i soggetti individuati ab origine come promotori delle assunzioni congiunte sono tenuti ad effettuare oltre alla comunicazione di assunzione anche tutti gli ulteriori adempimenti connessi alla gestione del rapporto di lavoro (tenuta del libro unico del lavoro, prospetti paga, denunce all’INPS, etc.).
Secondo chi scrive la medesima interpretazione dovrà essere utilizzata per le problematiche connesse alla corretta gestione degli adempimenti previsti dalla normativa in materia di igiene e sicurezza sul lavoro.
Problema non risolto (peraltro non di pertinenza ministeriale) quello della problematica contrattuale applicabile (in specie in caso di contratto di rete con soggetti appartenenti a settori economici diversi ) come della posizione soggettiva in termini di qualifiche e mansioni del dipendente: chi scrive crede che si dovrà sul punto applicare il criterio della prevalenza.
Denuncia Aziendale (D.A.). Messaggio I.N.P.S.
L’INPS con messaggio n. 6605 del 28 ottobre 2015, ha diramato ufficialmente agli utenti di avere disposto le procedure e le modifiche atte ad adeguare il modello D.A. per consentire al “Referente Unico” di presentare la prevista Denuncia aziendale atta alla compilazione della denuncia contributiva per le assunzioni congiunte.
Ciò per far fronte agli adempimenti previdenziali e poter presentare le denunce contributive (DMAG), le imprese co – datrici, sono prima tenute a presentare, per il tramite del “Referente Unico”, un’apposita D.A. per identificare i datori di lavoro coinvolti (circolare INPS n. 131/2015).
In pratica, tali norme sono applicabili solo a partire dal quarto trimestre 2015, una volta adottati i sistemi operativi interessati (Mod. D.A. e Mod. DMAG).
In precedenza, la denuncia contributiva (DMAG) delle prestazioni svolte dai lavoratori già assunti congiuntamente (possibilità in essere dal 7 gennaio scorso), doveva essere effettuata singolarmente e separatamente da ciascuna azienda co – datrice per le giornate lavorative a proprio carico.
Una volta approvata la D.A. da parte della sede INPS, alla posizione saranno attribuiti:
• un CIDA (codice identificativo denuncia aziendale) ad hoc, per le assunzioni congiunte diverso e distinto da quello normalmente utilizzato dal referente quale datore di lavoro singolo (cd. super – CIDA);
• il codice tipo ditta 1: “55 – aziende congiunte”.
Il messaggio INPS in commento richiama espressamente la circolare INPS n. 131 del 2 luglio 2105.
“Con il presente messaggio si comunica l’avvenuto rilascio delle necessarie implementazioni al modello di Denuncia Aziendale (D.A.) trasmessa tramite il sito internet dell’Istituto, al fine di consentire al Referente Unico di poter presentare la denuncia con le modalità già descritte al punto 3.1. della suddetta circolare.
Più specificatamente il Referente Unico, nella compilazione del quadro “B” (Anagrafica aziendale del modello DA), dovrà avvalorare con un “SI” il nuovo campo “assunzioni congiunte” e, ai fini della comunicazione delle informazioni relative alle aziende co-datrici, dovrà compilare il nuovo quadro “I” (assunzioni congiunte) indicando, per ogni co-datore, le informazioni elencate al punto 3 della circolare n.131/2015.
Si precisa che tali informazioni dovranno essere riportate anche per l’azienda individuata quale referente unico. Approvata la Denuncia Aziendale da parte dell’operatore, sarà rilasciato il codice CIDA e attribuito, alla nuova posizione, il codice tipo ditta 1: “55-aziende congiunte”.
All’interno del “Cassetto previdenziale aziende agricole”, nella sezione relativa all’anagrafica, il Referente Unico, a breve, potrà visualizzare tutte le informazioni contenute nella D.A. approvata.
Gli operatori di sede potranno visualizzare tutti gli elementi afferenti ai co-datori all’interno della procedura 5 A che è stata implementata con l’introduzione di una nuova “Scheda” denominata “Dati Assunzioni Congiunte” all’interno della quale sono riportati:
• nella posizione del Referente unico, i dati riepilogativi di tutti i co-datori;
• nella posizione di ciascun co-datore, i dati riepilogativi del Referente Unico.
Si rende, altresì, noto che anche l’applicativo UNILAV Intranet è stato aggiornato consentendo la consultazione del nuovo modello Unilav Cong, introdotto, a decorrere dal 7 gennaio 2015, dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con Decreto Direttoriale 85/2014”.
Inoltre, Recentemente l’INPS, con messaggio n. 7635 del 28 dicembre 2015, ha specificato ulteriormente e fornito chiarimenti in ordine alle procedure di denuncia contributiva trimestrale per la nuova casistica delle assunzioni congiunte di operai agricoli. Infatti come già diramato (vedasi la circolare INPS n.131/2015) a partire dalla denuncia contributiva relativa IV trimestre 2015 (come noto da presentarsi all’INPS con modalità telematiche entro il 30 gennaio 2016) si dovranno utilizzare le nuove modalità operative per la denuncia (mod. DMAG) illustrate nella citata circolare.
L’inps ricorda agli utenti che una volta ottenuto l’apposito codice CIDA specifico per le assunzioni congiunte - previa presentazione della prevista Denuncia Aziendale, utile alla identificazione dei datori di lavoro per i quali si intende valevole la assunzione congiunta - il soggetto incaricato degli adempimenti (il cosiddetto Referente Unico) ha l’onere di presentare un'unica denuncia trimestrale della manodopera occupata (mod. DMAG) e ciò per conto di tutti i co-datori di lavoro interessati ed avente ad oggetto esclusivamente le assunzioni effettuate congiuntamente. Secondo le regole diramate dall’Istituto quindi si dovrà, da parte del referente unico, presentare una dichiarazione trimestrale DMAG propria e destinata unicamente alle assunzione congiunte, all’uopo utilizzando il codice “tipo ditta” 55 .
Si rammenta altresì che nel caso in cui il referente unico avesse, nel proprio organico aziendale, dipendenti operanti in modo esclusivo presso la propria realtà aziendale, questi dovrà presentare una ulteriore denuncia trimestrale con le ordinarie modalità.
Il messaggio ulteriormente precisa che, in aggiunta allo specifico codice CIDA previsto per le assunzioni congiunte (cd. Super CIDA), il relativo modello DMAG dovrà riportare anche il Codice CIDA e il codice fiscale (o la partita IVA) di tutti i co- datori di lavoro presso i quali il lavoratore, assunto con le modalità congiunte, ha prestato la propria attività lavorativa, nonché il codice del modello per la comunicazione obbligatoria di assunzione (UNILAVCong); la prevista dichiarazione trimestrale dovrà quindi riportare il numero di giornate lavorate nei mesi oggetto della denuncia, ripartite tra le singole aziende co-datrici, secondo l'utilizzo che hanno fatto del lavoratore nel periodo di riferimento.
Sulla base delle istruzioni già rassegnate dal Ministero del Lavoro non è inutile precisare come la busta paga del lavoratore utilizzato congiuntamente dovrà essere unica e redatta dal Referente unico.
Il Messaggio INPS specifica poi come nell'area riservata ai servizi telematici del sito xxx.xxxx.xx (nella sezione DOCUMENTAZIONE del link “Modelli DMAG: trasmissione telematica), è in visione il documento concernente le specifiche tecniche di invio della denuncia DMAG.
CAPITOLO 6 – RIFORMA DMAG E CASSETTO PREVIDENZIALE
L’INPS, con messaggio n. 7381 del 10/12/2015, comunica che, a decorrere dal 28/12/2015, è disponibile sul sito dell’Istituto il “Cassetto Previdenziale per Autonomi Agricoli”.
La nascita del nuovo Cassetto, riservato agli iscritti alla Gestione Autonomi Agricoli, rientra tra le iniziative di miglioramento della comunicazione con il contribuente sia in termini di efficacia amministrativa che di efficienza, grazie all'utilizzo del canale telematico.
Il “Cassetto Previdenziale per Autonomi Agricoli” si pone, secondo l’INPS, l’obiettivo di facilitare la consultazione dei dati contenuti negli archivi dell’INPS, fornendo una situazione riassuntiva di informazioni inerenti alla propria posizione.
Al Cassetto, l’interessato può accedere, direttamente o per il tramite di un intermediario delegato, attraverso il sito dell’Istituto www.inps, nell’ambito della sezione dedicata ai “Servizi on line”, autenticandosi con il PIN di accesso abbinato al proprio codice fiscale.
Queste le funzioni previste:
- visualizzazione della posizione anagrafica del titolare e dei componenti il nucleo aziendale;
- visualizzazione della situazione debitoria;
- visualizzazione dell’elenco dei versamenti;
- gestione dell’attività di delega all’accesso alle funzioni previste dal Cassetto Previdenziale a soggetto di propria fiducia, con le funzioni di inserimento e cancellazione di eventuali deleghe, per il solo titolare;
- stampa dei modelli F24;
- invio di istanze telematiche.
L’Istituto, con il messaggio in commento, comunica, inoltre, che, a partire dalla contribuzione dovuta per l’anno 2016 (1^ rata scadenza 16 luglio 2016), l’INPS non invierà perciò, come in precedenza, le lettere contenenti gli estremi per il pagamento mediante modelli F24, in quanto gli stessi saranno disponibili nel Cassetto Previdenziale.
Attenzione quindi a non dimenticare di accedere al servizio, pena la omissione contributiva correlata alle inevitabili sanzioni!
LEGGE N. 199/2016 - RIFORMA DELLE PROCEDURE INPS DMAG.
Dal 1° gennaio 2018 sarà abbandonato l’attuale sistema di denunce contributive trimestrali all'INPS, specifico per l’agricoltura (DMAG), per passare al sistema di denunce mensili in vigore nella generalità degli altri settori (UNIEMENS).
Il sistema mensile verrà però adattato al settore agricolo, attraverso il mantenimento della tariffazione dei contributi da pagare da parte dell'INPS (a differenza che negli altri settori, in cui i datori di lavoro auto-liquidano il quantum da corrispondere) e delle attuali scadenze di pagamento trimestrali differite di 6 mesi (negli altri settori invece si paga nel mese successivo a quello di riferimento).
L'adattamento del sistema UNIEMENS al settore agricolo non comporta modifiche al vigente sistema di tutele assistenziali e previdenziali previste per i lavoratori agricoli, ivi compreso il sistema degli elenchi annuali e di variazione dei lavoratori agricoli. La legge prevede il passaggio al sistema UNIEMENS nelle more dell'attuazione del libro unico del lavoro in modalità telematica quale documento unico per gli adempimenti in materia previdenziale e contributiva.
CAPITOLO 7 - RETE DEL LAVORO AGRICOLO DI QUALITÀ
La fonte è rappresentata dall’art. 6, comma 1°, del D.Lgs. n. 91/2014, convertito in legge 11 agosto 2014, n. 116. La citata “Rete del lavoro agricolo di qualità” è istituita presso l’I.N.P.S.
Possono partecipare alla iniziativa tutte le aziende agricole (ex art. 2.135 c.c.) alla condizione che gli imprenditori siano in possesso di precisi requisiti di “affidabilità”, questi infatti dovranno:
a) non avere riportato condanne penali e non avere procedimenti penali in corso per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto;
b) non essere stati destinatari, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative definitive per le violazioni della normativa citata in materia di lavoro e fiscale;
c) essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi.
Per essere censiti come soggetti “virtuosi” le aziende agricole devono provvedere alla propria iscrizione, all’I.N.P.S., mediante una istanza da inviare all’istituto in via telematica.
Alla procedura si accede attraverso il sito, mediante il seguente percorso: Servizi on line > Accedi ai servizi > Per tipologia di utente > Aziende, consulenti e professionisti > Agricoltura: domanda di iscrizione alla rete del lavoro agricolo di qualità.
Le domande di iscrizione sono esaminate e deliberate entro 30 giorni dalla data di inoltro dalla Cabine di regia della “Rete del lavoro agricolo di qualità”, presieduta dall’I.N.P.S. e composta da rappresentanti delle organizzazioni sindacali, delle organizzazioni professionali agricole, dei Ministeri delle Politiche Agricole, del lavoro e dell’Economia e della Conferenza delle Regioni.
In caso di esito positivo, le aziende selezionate entreranno a far parte della Rete e riceveranno il “certificato di qualità” che ne attesta la iscrizione.
Secondo l’I.N.P.S. “il Certificato di qualità non va inteso come un banale “bollino” di natura burocratica, bensì come esito concreto di un percorso di innovazione culturale, che a seguito di puntuali verifiche preventive effettuate anche grazie alla preziosa collaborazione delle associazioni di categoria, andrà a comporre una “griglia selettiva” atta ad individuare, valorizzare e premiare le aziende virtuose”.
L’avvio della rete del lavoro agricolo di qualità è, secondo l’I.N.P.S., una prima concreta iniziativa finalizzata allo sviluppo di azioni positive di contrasto al caporalato ed al lavoro nero in agricoltura.
La Cabina di regia ha i seguenti compiti:
a) delibera sulle istanze di partecipazione alla rete del lavoro agricolo di qualità entro 30 giorni dalla presentazione;
b) esclude dalla Rete del lavoro agricolo di qualità le imprese agricole che perdono i requisiti di legge visti in precedenza;
c) redige e aggiorna l’elenco delle imprese agricole che partecipano alla Rete lavoro agricolo di qualità e ne cura la pubblicazione sul sito internet dell’I.N.P.S.;
d) formula proposte al Ministero del lavoro e delle politiche sociali ed al Ministero delle politiche agricole e forestali in materia di lavoro e di legislazione sociale nel settore agricolo.
La partecipazione alla cabina regia è a titolo gratuito ed ai componenti non sono corrisposti gettoni, compensi, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. La cabina di regia si avvale per il suo funzionamento delle risorse umane e strumentali messe a disposizione dall’I.N.P.S.
Nella realtà questo strumento è da porre in relazione stringente con la tematica inerente le ispezioni sul lavoro e si prefigge lo scopo ultimo del contrasto del c.d. lavoro nero in agricoltura e del caporalato (le c.d. azioni positive di contrasto). La norma, infatti, prevede, a fine di realizzare un più efficace utilizzo delle risorse ispettive disponibili, che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’I.N.P.S., xxxxx restando gli ordinari controlli in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, orientino l’attività di vigilanza nei confronti delle imprese non appartenenti ala rete del lavoro agricolo di qualità salvi i casi di richiesta intervento proveniente dal lavoratore, dalle organizzazioni sindacali, dall’Autorità giudiziaria o da autorità amministrative, sempre salva la possibilità per l’amministrazione di effettuare controlli sulla veridicità delle dichiarazioni in base alla disciplina vigente.
LA RETE DEL LAVORO AGRICOLO DI QUALITÀ.
L'art. 8 della Legge n. 199/2016 apporta modifiche alla disciplina della Rete del lavoro agricolo di qualità attraverso la revisione dei requisiti per l'iscrizione, la sua articolazione in sezioni territoriali (Comitati CISOA), l'ampliamento delle funzioni. Requisiti di accesso
Vengono parzialmente rivisti i requisiti di accesso alla Rete del lavoro agricolo, istituita presso l'INPS con legge n.116/2014.
In particolare è stato previsto che l’iscrizione è preclusa non solo a coloro che hanno riportato condanne penali per violazioni della normativa in materia di lavoro, legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, ma anche a coloro che hanno riportato condanne per delitti contro la P.A. (es. corruzione, concussione, peculato); l’incolumità pubblica (ad es. stragi, incendi, inondazioni); l’economia pubblica, l’industria e il commercio (ad es. frodi alimentari, contraffazione di DOC, DOP, etc.); il sentimento per gli animali (ad es. uccisione o maltrattamento di animali per crudeltà e senza necessità); la personalità individuale (riduzione in schiavitù, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro).
Per quanto riguarda gli illeciti amministrativi che precludono l’iscrizione alla Rete (per violazioni della normativa in materia di lavoro, legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto), la norma ha fornito due importanti precisazioni (art. 8, c. 1, lett. a):
• anche le sanzioni amministrative non definitive (e non solo quelle definitive, come in precedenza) impediscono l’iscrizione;
• la regolarizzazione delle inosservanze sanabili ed il pagamento in misura agevolata delle sanzioni entro i termini previsti dalla legge, consentono l’iscrizione alla Rete pur in presenza di sanzioni amministrative.
Viene inoltre espressamente richiesto per l’iscrizione alla Rete che l’impresa interessata applichi i contratti collettivi e non sia collegata/controllata da altra impresa che non ha i requisiti per accedere alla Rete stessa.
Gli interventi che riguardano i requisiti sono dunque, da un lato di tipo restrittivo (giacché viene ampliata la gamma dei reati che precludono l’iscrizione) e dall’altro di tipo estensivo (in quanto consentono l’iscrizione a coloro che sanano le inosservanze e pagano in misura agevolata le sanzioni amministrative).
Pertanto i nuovi requisiti previsti dalla legge per l’iscrizione alla Rete sono testualmente i seguenti:
“a) non avere riportato condanne penali per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale, per delitti contro la pubblica amministrazione, delitti contro l'incolumità pubblica, delitti contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio, delitti contro il sentimento per gli animali e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, delitti di cui agli articoli 600, 601, 602 e 603-bis del codice penale;
b) non essere state destinatarie, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative, ancorché non definitive, per violazioni in materia di lavoro, legislazione sociale e rispetto degli obblighi relativi al pagamento delle imposte e delle tasse. La presente disposizione non si applica laddove il trasgressore o l'obbligato in solido abbiano provveduto, prima della emissione del provvedimento definitivo, alla regolarizzazione delle inosservanze sanabili e al pagamento in misura agevolata delle sanzioni entro i termini previsti dalla normativa vigente in materia;
c) essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi;
c-bis) applicare i contratti collettivi di cui all'articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
c-ter) non essere controllate o collegate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, a soggetti che non siano in possesso dei requisiti di cui al presente comma”.
Composizione della Cabina di regia
Viene allargata la composizione della Cabina di Regia – organo che sovraintende alla Rete del lavoro agricolo di qualità – della quale entrano a far parte di diritto i rappresentanti del Ministero dell'interno, dell'Ispettorato nazionale del lavoro, dell'Agenzia delle entrate, dell'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, un rappresentante dei lavoratori subordinati delle cooperative agricole e un rappresentante delle associazioni delle cooperative agricole firmatarie di contratti collettivi nazionali del settore agricolo.
Nuovi compiti e funzioni
Alla cabina di regia della Rete del lavoro agricolo di qualità sono stati assegnati i seguenti ulteriori compiti:
• monitorare costantemente, su base trimestrale, l'andamento del mercato del lavoro agricolo, anche avvalendosi delle banche-dati del Ministero del lavoro (UNILAV) e dell'INPS (UNIEMENS). Il monitoraggio deve riguardare, in particolare, il rapporto tra il numero dei lavoratori stranieri che risultano impiegati e il numero dei lavoratori stranieri ai quali è stato rilasciato il nulla osta per lavoro agricolo dagli sportelli unici per l'immigrazione;
• promuovere iniziative, d'intesa con le autorità competenti, sentite le parti sociali, in materia di politiche attive del lavoro, di contrasto al lavoro sommerso e all'evasione contributiva, di organizzazione e gestione dei flussi di manodopera stagionale, nonché di assistenza dei lavoratori stranieri immigrati;
• formulare indici di coerenza dei comportamenti delle aziende agricole rapportati alle caratteristiche della produzione nel settore, avvalendosi delle sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità (vedi infra) e utilizzando le informazioni in possesso delle commissioni provinciali integrazione salari operai agricoli (CISOA) e dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA);
• trasmettere ogni anno una relazione alle Camere sullo svolgimento dei suoi compiti ed in particolare sul risultato dei monitoraggi effettuati in base alla nuova disciplina.
È stato inoltre previsto che alla Rete del lavoro agricolo di qualità potranno aderire, attraverso la stipula di apposite convenzioni, gli sportelli unici per l'immigrazione, le istituzioni locali, i centri per l'impiego, gli enti bilaterali costituiti dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori in agricoltura, i soggetti autorizzati a svolgere attività di intermediazione (università, camere di commercio, associazioni di categoria), le agenzie per il lavoro.
Sezioni territoriali della Rete
La Rete del lavoro agricolo di qualità inoltre sarà articolata in sezioni territoriali, con sede presso le Commissioni provinciali integrazione salari operai agricoli (Commissioni CISOA presso l'INPS), alle quali potranno aderire i soggetti che hanno stipulato le convenzioni con la Rete nazionale (vedi sopra).
Presso ogni sede dell'INPS, sono infatti presenti le Commissioni provinciali integrazione salari operai agricoli hanno il compito di deliberare l'erogazione del trattamento sostitutivo della retribuzione (che sarà poi effettuata dall'INPS) in caso di sospensione del lavoro e di utilizzo della cassa integrazione agricola. Sono composte anche da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori agricoli
In analogia con quanto previsto per la Cabina di regia nazionale, le sezioni territoriali della Rete promuovono a livello locale iniziative in materia di politiche attive del lavoro, contrasto al lavoro sommerso e all'evasione contributiva, organizzazione e gestione dei flussi di manodopera stagionale, assistenza dei lavoratori stranieri immigrati.
Esse inoltre possono promuovere modalità sperimentali di intermediazione fra domanda e offerta di lavoro nel settore agricolo, in stretta collaborazione con l'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, e con la Rete nazionale dei servizi per le politiche del lavoro, al fine di garantire una modulazione a livello territoriale dei servizi all'impiego. Ancora compiti in materia di trasporti.
CAPITOLO 8 – ALIQUOTE CONTRIBUTIVE INPS PER L’ANNO 2017
Pubblichiamo, come ogni anno, le tabelle relative alle aliquote contributive I.N.P.S. in vigore nel settore agricolo, per l’anno 2017, per i lavoratori dipendenti e per i collaboratori coordinati e continuativi (ed assimilati), di aziende agricole.
Lavoratori dipendenti
Aumenti di aliquota Fondi pensione (FPLD)
Completato il percorso di allineamento dell’aliquota pensionistica dovuta dai datori di lavoro per gli operai agricoli a quella dovuta per la generalità dei dipendenti, così come per la quota a carico dei lavoratori dipendente, per l’anno 2017.
Rimane ancora da applicare l’aumento annuo dello 0,20% del contributo FPLD a carico dei datori di lavoro agricolo tradizionali, in quanto non è ancora stata raggiunta l’aliquota contributiva in vigore per gli altri settori produttivi
TFR ai fondi pensione - Esoneri compensativi
L’art. 1, c. 764, della legge n. 296/20096 prevede per i lavoratori i quali conferiscano il TFR ai fondi pensionistici integrativi e/o al fondo I.N.P.S. l’esonero dal contributo, pari allo 0,20; se il conferimento del TFR è, invece, parziale l’esonero è direttamente proporzionale.
La norma non si applica per gli operai agricoli a tempo determinato e per gli impiegati, quadri e dirigenti agricoli.
Dal gennaio 2008 la norma prevede ancora l’esonero dal versamento dei contributi sociali nella misura che si è stabilizzata ed è pari a 0,28%.
Tale esonero sui contributi si applica prioritariamente sulla contribuzione per assegni familiari e, in caso di incapienza, su quelli per maternità e disoccupazione o su altre contribuzioni per il finanziamento delle prestazioni temporanee.
Decontribuzione delle erogazioni stabilite da contratti di 2°livello
L’art. 4, commi 28-29 della legge n. 92/2012 (cd. Riforma Fornero) ha reso definitivo il regime di sgravio contributivo previsto dall’art. 1, commi 67 e 68, della legge n. 247/2007 relativo alle erogazioni previste dalla contrattazione collettiva di secondo livello (aziendale e territoriale) a titolo di premio di produttività.
La Riforma Fornero ha stabilito uno sgravio pari al 25% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro ed ha previsto lo sgravio totale dei contributi previdenziali a carico del lavoratore sulle somme:
− previste dai contratti collettivi aziendali ovvero di secondo livello, quando
− incerte nella corresponsione o nell’ammontare e
− correlate alla misurazione di incrementi di produttività, qualità, nonché ulteriori elementi di competitività, assunti dal contratto collettivo quali indicatori dell’andamento economico dell’impresa e dei suoi risultati.
Contribuzione per il finanziamento della NASPI
Premesso che nel settore agricolo sono esclusi dall’ambito di applicazione della NASPI sia gli operai agricoli a tempo determinato che quelli a tempo indeterminato, applicandosi ancora le previgenti norme in materia di disoccupazione agricola, è opportuno ricordare le principali regole poste al riguarda dal Jobs Act.
Contributo ordinario
Il finanziamento della NASPI avviene attraverso il contributo in precedenza previsto per il finanziamento della disoccupazione non agricola, l’aliquota è d’ordinario pari all’1,61% (di cui 0,30 destinato al finanziamento della formazione continua).
Nel settore agricolo, quindi, la regola si applica solo per gli impiegati, quadri e dirigenti agricoli: per tali figure è perciò dovuta, dedotte le riduzioni di legge, la contribuzione dello 0,67 per cento già destinata al finanziamento della disoccupazione (di cui 0,30 destinato al finanziamento della formazione continua).
Contributo addizionale
Per i rapporti a tempo determinato si applica un contributo addizionale, a carico del datore di lavoro, pari all’1,4 per cento della retribuzione imponibile.
Il contributo non è dovuto per:
− i lavoratori a termine assunti in sostituzione di lavoratori assenti;
− i lavoratori a termine assunti per lo svolgimento delle attività stagionali elencate nel DPR n. 1525/1963;
− gli apprendisti;
così come non è dovuto per gli operai agricoli a tempo determinato (art. 10, comma 2, D.Lgs. n. 368/2001 e D.Lg. n. 81/2015).
Contributo aggiuntivo in caso di licenziamento
Contrariamente ai settori economici diversi dall’agricoltura, nel settore primario non è dovuto nemmeno il contributo aggiuntivo previsto per le interruzioni dei rapporti di apprendistato diverse dalle dimissioni o dal recesso del lavoratore, ivi incluso il recesso del datore di lavoro al termine del periodo di formazione.
La NASPI e la contribuzione innanzi citate sono quindi applicabili come già detto unicamente agli impiegati, quadri e dirigenti dell’agricoltura.
Contribuzione per la formazione continua
L’art. 1 della legge n. 247/2007 (commi da 62 a 64) ha introdotto anche per gli operai agricoli il contributo dello 0,30% di cui alla legge n. 845/1978 per il finanziamento delle iniziative di formazione continua.
Nel settore è attivo il Fondo Paritetico Interprofessionale Nazionale per la Formazione Continua in Agricoltura (FOR.AGRI).
Contribuzione al Fondo di integrazione salariale INPS
Il settore agricolo come noto non rientra tra i settori produttivi interessati al Fondo residuale I.N.P.S. in quanto l’agricoltura è interessata dalla applicazione della speciale normativa per l'integrazione salariale agricola (CISOA), che riconosce le relative prestazioni sia in favore di operai che dei soggetti aventi qualifica impiegatizia.
Ciò è stato confermato dal Ministero del Lavoro (nota n. 10593 del 13/05/2016), che ha chiarito peraltro come anche i datori di lavoro agricolo con qualifica di coltivatore diretto sono esclusi dall’obbligo di contribuzione al Fondo di integrazione salariale, i dipendenti beneficiano, infatti, della cassa integrazione salari operai agricoli (CISOA) di cui alla legge n. 457/72, ancorché esonerati dall’obbligo di versare all’INPS la contribuzione prevista.
Riduzione contribuzione INAIL
L’art. 1, comma 128, della legge 28 dicembre 2013, n. 147, stabilisce la riduzione della contribuzione antinfortunistica. La riduzione contributiva riguarda:
− "premi e contributi dovuti per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali";
− ciò tenendo conto dell’andamento infortunistico aziendale;
come noto, l'accesso al beneficio d’ordinario non richiede la presentazione di alcuna istanza, viceversa per le lavorazioni iniziate da meno di un biennio, per l'accesso allo sgravio le aziende interessate debbono presentare una apposita domanda.
Per l'anno 2017 la misura della riduzione è prevista nel 16,48% dei premi e contributi (Decreto direttoriale del Ministero del lavoro del 9/11/2016 sulla base della determina n. 307/2016 del Presidente INAIL).
Zone svantaggiate e montane, agevolazioni
Confermate per il 2017 le precedenti agevolazioni:
− 75% nei territori montani particolarmente svantaggiati (cosiddette zone montane);
− 68% nelle zone agricole svantaggiate, comprese le aree dell’obiettivo 1, regolamento (CE) n. 1260/1999 e le regioni Abruzzo, Molise e Basilicata (cosiddette zone svantaggiate).
COLLABORATORI COORDINATI E CONTINUATIVI
Dopo innumerevoli cambiamenti con la Legge di Bilancio per il 2017 (legge n. 232/2016, art. 1, c. 165) è stato definito, per i lavoratori autonomi titolari di partita IVA iscritti esclusivamente alla Gestione separata I.N.P.S. la riduzione dell’aliquota prevista nella misura del 25%.
Resta confermata la suddivisione del costo contributivo tra azienda committente (che versa i 2/3 del contributo) e collaboratore (che paga 1/3 del contributo).
ASSOCIATI IN PARTECIPAZIONE
Le norme contributive innanzi viste per i Xx.Xx.Xx. sono applicate anche agli associati in partecipazione con conferimento di lavoro che, ai sensi dell’art. 43 della legge n. 326/2003, come noto, sono tenuti all’iscrizione, sin dal 1° gennaio 2004, nella gestione separata (ex art. 2, c. 26, legge n. 335/95).
Pertanto, anche per tale categoria di soggetti le aliquote contributive pensionistiche per l’anno 2017 sono quelle in vigore per i collaboratori indicate nel paragrafo precedente.
A differenza dei collaboratori, per gli associati in partecipazione, con conferimento di lavoro, la ripartizione dell’onere contributivo viene confermata nel 55 per cento a carico dell’associante e nel 45 per cento a carico dell’associato.
Si ricorda che con il d.lgs. n. 81/2015 (Jobs Act) è stata vietata la stipula di nuovi contratti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro a decorrere dal 15 giugno 2015.
1) OPERAI
OPERAI AGRICOLI E FLOROVIVAISTI DI AZIENDE AGRICOLE TRADIZIONALI
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE IN VIGORE NEL 2017
VOCI CONTRIBUTIVE | OPERAI A TEMPO INDETERMINATO | OPERAI A TEMPO DETERMINATO | ||||
IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
TOTALE CONTRIBUTI | 45,7365 | 36,8965 | 8,84 | 45,5365 | 36,6965 | 8,84 |
OPERAI AGRICOLI E FLOROVIVAISTI
DI AZIENDE AGRICOLE CON PROCESSI PRODUTTIVI DI TIPO INDUSTRIALE
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE IN VIGORE NEL 2017
VOCI CONTRIBUTIVE | OPERAI A TEMPO INDETERMINATO | OPERAI A TEMPO DETERMINATO | ||||
IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
TOTALE CONTRIBUTI | 49,3365 | 40,4965 | 8,84 | 49,1365 | 40,2965 | 8,84 |
OPERAI AGRICOLI E FLOROVIVAISTI DI AZIENDE DIRETTO COLTIVATRICI
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE IN VIGORE NEL 2017
VOCI CONTRIBUTIVE | OPERAI A TEMPO INDETERMINATO | OPERAI A TEMPO DETERMINATO | ||||
IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
TOTALE CONTRIBUTI | 44,2065 | 35,3665 | 8,84 | 44,0065 | 35,1665 | 8,84 |
2) IMPIEGATI
IMPIEGATI AGRICOLI
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE IN VIGORE NEL 2017
CONTRIBUTI I.N.P.S
VOCI CONTRIBUTIVE | IMPIEGATI A TEMPO INDETERMINATO | IMPIEGATI A TEMPO DETERMINATO | ||||
IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
TOTALE CONTRIBUTI I.N.P.S. | 34,47 | 25,63 | 8,84 | 35,87 | 27,03 | 8,84 |
CONTRIBUTI E.N.P.A.I.A.
VOCI CONTRIBUTIVE | IMPIEGATI A TEMPO INDETERMINATO | IMPIEGATI A TEMPO DETERMINATO | ||||
IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
TOTALE CONTRIBUTI E.N.P.A.I.A. | 11,00 | 9,00 | 2,00 | 11,00 | 9,00 | 2,00 |
3) DIRIGENTI
DIRIGENTI AGRICOLI
ALIQUOTE CONTRIBUTIVE IN VIGORE NEL 2017
CONTRIBUTI I.N.P.S
VOCI CONTRIBUTIVE | DIRIGENTI A TEMPO INDETERMINATO | DIRIGENTI A TEMPO DETERMINATO | ||||
IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
TOTALE CONTRIBUTI I.N.P.S. | 32,97 | 24,13 | 8,84 | 34,37 | 25,53 | 8,84 |
CONTRIBUTI E.N.P.A.I.A.
VOCI CONTRIBUTIVE | DIRIGENTI A TEMPO INDETERMINATO | DIRIGENTI A TEMPO DETERMINATO | ||||
IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | IN COMPLESSO | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
TOTALE CONTRIBUTI E.N.P.A.I.A. | 12,00 | 9,50 | 2,50 | 12,00 | 9,50 | 2,50 |
4) RIEPILOGO
RIEPILOGO ALIQUOTE CONTRIBUTIVE NEL 2017
IMPRESE AGRICOLE TRADIZIONALI
TIPO DI CONTRIBUZIONE | OPERAI A TEMPO INDETERMINATO | OPERAI A TEMPO DETERMINATO | IMPIEGATI A TEMPO INDETERMINATO | IMPIEGATI A TEMPO DETERMINATO | ||||
A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
ORDINARIA | 36,8965 | 8,84 | 36,6965 | 8,84 | 25,63 | 8,84 | 27,03 | 8,84 |
ZONE MONTANE | 9,4491 | 8,84 | 9,3991 | 8,84 | 6,6325 | 8,84 | 6,9825 | 8,84 |
ZONE SVANTAGGIATE | 12,0109 | 8,84 | 11,9469 | 8,84 | 8,4056 | 8,84 | 8,8536 | 8,84 |
IMPRESE AGRICOLE CON PROCESSI PRODUTTIVI DI TIPO INDUSTRIALE
TIPO DI CONTRIBUZIO NE | OPERAI A TEMPO INDETERMINATO | OPERAI A TEMPO DETERMINATO | IMPIEGATI A TEMPO INDETERMINATO | IMPIEGATI A TEMPO DETERMINATO | ||||
A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
ORDINARIA | 40,4965 | 8,84 | 40,2965 | 8,84 | 25,63 | 8,84 | 27,03 | 8,84 |
ZONE MONTANE | 10,3491 | 8,84 | 10,2991 | 8,84 | 6,6325 | 8,84 | 6,9825 | 8,84 |
ZONE SVANTAGGIATE | 13,1629 | 8,84 | 13,0989 | 8,84 | 8,4056 | 8,84 | 8,8536 | 8,84 |
IMPRESE AGRICOLE DIRETTO COLTIVATRICI
TIPO DI CONTRIBUZIO NE | OPERAI A TEMPO INDETERMINATO | OPERAI A TEMPO DETERMINATO | IMPIEGATI A TEMPO INDETERMINATO | IMPIEGATI A TEMPO DETERMINATO | ||||
A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | A CARICO AZIENDA | A CARICO LAVORATORE | |
ORDINARIA | 35,3665 | 8,84 | 35,1665 | 8,84 | 24,10 | 8,84 | 25,50 | 8,84 |
ZONE MONTANE | 9,0666 | 8,84 | 9,0166 | 8,84 | 6,250 | 8,84 | 6,600 | 8,84 |
ZONE SVANTAGGIATE | 11,5213 | 8,84 | 11,4573 | 8,84 | 7,916 | 8,84 | 8,364 | 8,84 |
5) XX.XX.XX
COLLABORATORI COORDINATI E CONTINUATIVI
RIEPILOGO ALIQUOTE CONTRIBUTIVE NEL 2017
SOGGETTI PRIVI DI ALTRA TUTELA PREVIDENZIALE OBBLIGATORIA
VOCI CONTRIBUTIVE | IN COMPLESSO | A CARICO COMMITTENTE | A CARICO COLLABORATORE |
TOTALE CONTRIBUTI | 32,72 | 21,81 | 10,91 |
SOGGETTI PRIVI DI ALTRA TUTELA PREVIDENZIALE OBBLIGATORIA TITOLARI DI PARTITA IVA
VOCI CONTRIBUTIVE | IN COMPLESSO | A CARICO COMMITTENTE | A CARICO COLLABORATORE |
TOTALE CONTRIBUTI | 25,72 | 17,15 | 8,57 |
SOGGETTI PENSIONATI O ISCRITTI AD ALTRA GESTIONE PREVIDENZIALE OBBLIGATORIA
VOCI CONTRIBUTIVE | IN COMPLESSO | A CARICO COMMITTENTE | A CARICO COLLABORATORE |
TOTALE CONTRIBUTI | 24,00 | 16,00 | 8,00 |
MINIMALI CONTRIBUTIVI AGRICOLI IN VIGORE NEL 2017. CIRCOLARE INPS.
L’INPS con recente circolare (la n. 19 del 31 gennaio.2016) ha determinato il limite minimo di retribuzione giornaliera per il calcolo di tutte le contribuzioni dovute in materia di previdenza ed assistenza per l’anno 2017, stante il buon andamento inflazionistico nulla cambia rispetto al 2016.
Per il corrente anno il limite è fissato ad € 47,68 giornalieri, ricordiamo che tale importo è corrispondente al 9,5% dell’importo del trattamento minimo mensile delle pensioni liquidate dal Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti - FLDP - in vigore al 1° gennaio 2017 ammontante ad € 501,89.
L’INPS ha inoltre determinato, sulla base dell’aumento dell’indice medio del costo della vita (per il 2017 paro a -0,1%), i minimi retributivi per singole categorie, ex legge n. 537/1981.
Per quanto riguarda il settore agricolo questi i minimi per l’anno 2017:
Settore | Qualifiche | ||
Dirigente | Impiegato | Operaio | |
Agricoltura | Euro 105,53 | Euro 55,65 | Euro 42,41 |
Settore | Qualifiche | |
Impiegati | ||
Agricoltura (per il solo personale impiegatizio a prestazione ridotta a servizio di più aziende) | concetto | d’ordine |
Euro 37,20 | Euro 30,26 |
Per gli impiegati agricoli al servizio presso più aziende i predetti minimali in ogni caso dovranno essere ragguagliati al minimo dei minimi e cioè ad € 47,68.
Il datore di lavoro del settore agricolo, per il calcolo dei contributi previdenziali, dovrà rispettare in sostanza tre minimali e cioè:
a) la retribuzione stabilita dai contratti collettivi;
b) i minimali retributivi di categoria ex lege n. 537/1981;
c) il minimale dei minimali fissato, per il 2017, in € 47,68 (art.7, L. 638/83).
Ricordiamo infine che agli operai agricoli non è applicabile il minimale dei minimali per i quali il minimale giornaliero da rispettare – salvo il solo minimale rappresentato dalle retribuzioni stabilite dai contratti collettivi – è unicamente quello ex lege n. 537/1981, e cioè pari ad € 42,41.
Part-Time
La retribuzione minima oraria per poter calcolare i contributi previdenziali si determina moltiplicando il minimale dei minimali (€ 47,68) giornaliero per le giornate di lavoro settimanali (6 gg.) poi dividendo l’importo risultante per il numero delle ore settimanali previste d’ordinario dalla contrattazione collettiva agricola (39 ore settimanali), sempre ovviamente salva la eventuale maggior retribuzione oraria minima fissata dalla contrattazione collettiva.
Limite di retribuzione per il contributo aggiuntivo dell’1%
Il contributo aggiuntivo sulla contribuzione FLDP, ex art. 3-ter della legge 14 novembre 1992 n. 438) e pari all’1%, si dovrà calcolare per il corrente anno 2017 (così come per il 2015 e il 2016) sulla quota di retribuzione eccedente € 46.123,00 annui (€ 3.844,00 mensili).
Massimale retributivo
Nella stessa circolare l’INPS comunica il valore, per il 2017, del massimale retributivo annuo sul quale si devono calcolare i contributi previdenziali ed assistenziali (esclusivamente per i nuovi iscritti alle gestioni inps, se assunti successivamente all’1/1/96 ovvero per i lavoratori che abbiano optano per il sistema contributivo) per il corrente anno il limite è a € 100.324,00 (come per il 2016).
Importi che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente.
Questa la tavola riassuntiva emessa dall’INPS relativamente agli importi che non concorrono a formare il reddito imponibile di lavoro dipendente ( d.lgs. n.314/1997).
ANNO 2017 | EURO |
Prestazioni e indennità sostitutive mensa | 5,29 |
Fringe benefit (tetto) | 258,23 |
Indennità di trasferta intera Italia | 46,48 |
Indennità di trasferta 2/3 Italia | 30,99 |
Indennità di trasferta 1/3 Italia | 15,49 |
Indennità di trasferta intera estero | 77,47 |
Indennità di trasferta 2/3 estero | 51,65 |
Indennità di trasferta 1/3 estero | 25,82 |
Indennità di trasferimento Italia (tetto) | 1.549,37 |
Indennità di trasferimento estero (tetto) | 4.648,11 |
Azioni offerte ai dipendenti (tetto) | 2.065,83 |
Come di consueto gli interessati che dovranno adeguarsi ai nuovi minimali hanno tempo fino al giorno 16 del 3° mese successivo a quello di emanazione della circolare, in tal caso sarà applicata la maggiorazione degli interessi legali.
CAPITOLO 9 – WELFARE CONTRATTUALE E SALARIO PRODUTTIVITA’
LEGGE DI STABILITÀ 2016 – WELFARE CONTRATTUALE – RIFLESSI SULLA RETRIBUZIONE, FISCALITÀ E CONTRIBUZIONE
Come si ricorderà legge di Stabilità per il 2016 (art. 1, comma 190, Legge 28 dicembre 2015, n. 208) è intervenuta ridefinendo parzialmente le regole di determinazione del reddito di lavoro dipendente. Oltre alla norma sulla detassazione di produttività si segnala la possibilità, per il lavoratore, di scegliere beni e servizi (in esenzione d’imposta) in luogo della retribuzione di produttività, in concreto per la prima volta viene formulato il principio della sostituibilità, in materia retributiva, tra salario in denaro e beni o servizi. Ancora di rilevante si sottolinea la definizione del c.d. “welfare aziendale” volto ad incentivare l’attribuzione di servizi in favore del lavoratore aventi finalità socio-assistenziali (art. 51 del TUIR). Vediamo le principali novità. GENERALITÀ
Il legislatore persegue tali obiettivi attraverso un ampliamento del campo di applicazione oggettivo della disciplina dell’art. 51, comma 2, del D.P.R. n. 917/1986 TUIR, nella parte in cui si individuano gli elementi che riguardano il “welfare” e che non concorrono, anche parzialmente, a formare il reddito di lavoro dipendente.
La Legge di Stabilità 2016 opera, quindi, su due elementi:
1) generalità di opere e servizi di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto (cfr. art. 51, comma 2, lett. f) del TUIR),
2) servizi specifici di educazione ed istruzione, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, ludoteche, centri estivi ed invernali e per borse di studio a favore di familiari, e servizi di assistenza ed a familiari anziani o non autosufficienti (art. 51, comma 2, lett. f-bis) e f-ter) del TUIR).
Introdotta la possibilità di riconoscere i beni e servizi di cui sopra, attraverso voucher cartacei o elettronici (art. 51, comma 3- bis del TUIR).
In considerazione delle regole sulla “armonizzazione fiscale e contributiva”, le novità della legge di stabilità hanno ricadute sia in merito agli aspetti di natura fiscale che a quelli di natura contributiva.
Nel nostro sistema fiscale è previsto il principio di omnicomprensività della retribuzione imponibile fiscale, sia sotto forma di somme sia sotto forma di valori ed a qualsiasi titolo corrisposta, ove erogata dal datore di lavoro al proprio lavoratore dipendente, in “relazione al rapporto di lavoro”1.
Le relative eccezioni sono indicate nell’art. 51 del TUIR, volte a favorire totalmente o parzialmente delle somme o dei valori con funzioni sociali o di mera natura risarcitoria2.
1 L’art. 51, c. 1, del TUIR, recita. “Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”. Inoltre, il legislatore ha definito il parallelo principio di omnicomprensività della retribuzione imponibile ed ha stabilito (vedi l’art. 6 del D. Lgs. n. 314 del 02/09/1997) il principio della c.d. armonizzazione delle basi imponibili fiscali e contributive, in base al quale, fatte salve tassative esclusioni previste dal comma 4 dell’art. 12 della L. 153/1969, ciò che è reddito fiscale è anche reddito soggetto a contributi.
2 Pertanto, il comma 2 dell’art. 51 del TUIR afferma che non concorrono a formare il reddito, a titolo esemplificativo:
Il comma 3 del medesimo articolo contempla regole di favore inerente compensi in natura (c.d. fringe benefit), sia essi valutati secondo il valore normale (ex art. 9 TUIR) sia tramite valori convenzionali e/o agevolati (ex art. 4 dell’art. 51 TUIR; es. auto ad uso promiscuo, alloggio, prestiti), secondo il quale la non concorrenza al reddito è prevista per i beni ceduti e per i servizi prestati “se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta ad euro 258,23” con la precisazione secondo la quale “se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito”.
DIPENDENTI E/O CATEGORIE INTERESSATE
La nuova lettera f) dell’art. 51, comma 2, del TUIR prevede che sono interamente esclusi dalla base imponibile, “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolarmente aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100”.
La lettera f-bis) dispone che: “le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categoria di dipendenti per la fruizioni, da parte dei familiari indicati nell’art. 123, dei servizi di educazione ed istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi ed invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari”.
Nella lettera f-ter), invece, è stato stabilito che: “le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’articolo 12”.
Il welfare aziendale può essere indirizzato alla totalità dei dipendenti o nell’ambito di una loro specifica categoria. Il riferimento alla categoria dei dipendenti non va intesa esclusivamente a quella di cui all’articolo 2095 c.c., ma ad un qualsiasi gruppo di lavoratori omogeneo (può riguardare ad es. tutti i lavoratori di un settore aziendale, anche di una turnazione, ecc.) e si può estendere anche ai Xx.Xx.Xx. 3.
Le norme, in astratto, si possono quindi applicare anche ai Xx.Xx.Xx. così come si possono escludere alcune tipologie di lavoratori, i titolari di rapporti a termine e a chiamata, in prova (risoluzione Ag. Entrate n. 3/E dell’8 gennaio 2002, parte relativa al tema delle azioni offerte alla “generalità dei dipendenti”; risoluzione Ag. Entrate n. 129/E del 12 ottobre 2014).
In conclusione, perciò, ed in presenza di motivi oggettivi, la norma non esclude la possibilità di prevedere piani di welfare con valori economici riconosciuti in misura diversificata per i lavoratori anche all’interno della stessa categoria di appartenenza.
Diversamente, invece, qualora le opere e servizi siano a disposizione solo di taluni specifici lavoratori dipendenti (e non di una loro specifica categoria), gli stessi costituiscono fringe benefits per gli utilizzatori e, pertanto, concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente (risoluzione Agenzia Entrate n. 378/E del 17 dicembre 2007).
Le norme indicate al paragrafo precedente prevedono che, in alcuni casi, oltre ai dipendenti, i servizi possono essere fruiti anche dai loro familiari di cui all’art. 12 del TUIR.
In particolare per i familiari si intendono:
- coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
- figli, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati;
- ogni altra persona indicata nell'art. 433 del codice civile che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.
Nell’art. 433 c.c. rientrano, oltre ai soggetti già citati, anche:
- genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi;
- adottanti;
- generi e nuore;
- suocero e la suocera;
- i contributi versati a Casse sanitarie con determinati requisiti entro il limite di euro 3.615,20;
- le somministrazioni di vitto;
- i buoni pasto cartacei nel limite di euro 5,29 giornalieri;
- i buoni pasto elettronici nel limite di euro 7,00 giornalieri;
- le prestazioni di trasporto collettivo;
- particolari servizi di utilità sociale.
3 Sul punto è utile richiamare anche quanto affermato in passato nella Circolare del Ministero delle Finanze n. 326/E del 23 dicembre 1997, ove il Dicastero precisava che “per quanto riguarda l’espressione “generalità o categorie di dipendenti” si ritiene che la prassi aziendale deve essere riferita a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio tutti i dirigenti, o tutti quelli che hanno un certo livello o una certa qualifica)”.
Ancora si veda il parere del Ministero nella Circolare n. 188/E del 16 luglio 1998, secondo cui “l’espressione “categorie di dipendenti”, utilizzata dal legislatore, non va intesa soltanto con riferimento alle categorie previste nel codice civile (dirigenti, operai, etc.), bensì “a tutti i dipendenti di un certo tipo” (in quest’ultima sede il Dicastero a fronte di specifico quesito rilevava che anche l’esempio “tutti gli operai del turno di notte” è idoneo ad individuare una categoria di dipendenti nel senso richiesto dal legislatore poiché sufficiente ad impedire in senso teorico che siano concesse erogazioni ad personam in esenzione totale o parziale da imposte”).
- fratelli e le sorelle germani o unilaterali.
Il riferimento ai familiari di cui all’art. 12 del TUIR prescinde dal carico familiare ai fini fiscali in quanto non vengono richiamate anche le condizioni ivi previste.
AMBITO OGGETTIVO
Il nuovo articolo 51, comma 2, lett. f) del TUIR stabilisce che “l'utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell'articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell'articolo 100”.
La lettera f) dell’articolo 51 prevede espressamente che i servizi siano offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell'articolo 12.
La norma conferma il rinvio alle finalità di cui all’art. 100 che riguardano le opere e i servizi con scopi di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale, sanitaria o culto. La previsione testuale è molto ampia e dunque sono riconducibili ad essa la generalità dei servizi di welfare presenti oggi sul mercato.
E’ altresì confermato che l’esclusione dalla tassazione opera non solo quando le opere e i servizi messi a disposizione dei dipendenti e ai familiari riguardino esclusivamente strutture di proprietà dell’azienda, ma anche quando tali servizi siano messi a disposizione del lavoratore tramite il ricorso a strutture esterne all’azienda (Cfr. Risoluzione n. 34/E del 10 marzo 2004 in cui l’Agenzia delle Entrate si era pronunciata su un quesito inerente ad un servizio di check-up medico da effettuarsi presso strutture mediche specializzate previa stipula di apposite convenzioni da parte del datore di lavoro interessato).
Ad ogni modo, in mancanza di una espressa previsione di legge “il dipendente deve risultare estraneo al rapporto che intercorre tra l’azienda e l’effettivo prestatore del servizio ed in particolare non deve risultare beneficiario dei pagamenti effettuati dalla propria azienda” ( Cfr. Risoluzione n. 34/E del 2004 e Risoluzione n. 26/E del 29 marzo 2010).
Non è possibile quindi fruire dell’agevolazione se le somme sono corrisposte in denaro anche mediante rimborsi o anticipazioni effettuati al dipendente.
Ciò premesso, la novità rispetto al passato consiste nella possibilità di beneficiare delle agevolazioni fiscali e contributive non assumendo più alcun significato la motivazione e/o gli strumenti che originano il piano di welfare aziendale.
In particolare la norma usa l’espressione “riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale”.
SERVIZI OFFERTI AI FAMILIARI DI DIPENDENTI O DI CATEGORIE DI ESSI
La nuova lettera f-bis) prevede la non imponibilità fiscale e conseguentemente contributiva delle “somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell'articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari”.
La lettera f-bis), a differenza della lettera f), prevede che i servizi in essa indicati siano rivolti esclusivamente ai familiari di cui all’art. 12 del TUIR (si veda innanzi elencazione).
Pertanto, non possono rientrare nella lettera f-bis), ad esempio, i servizi di istruzione o per la frequentazione di centri estivi o invernali, se fruiti direttamente dal lavoratore dipendente; tali servizi rientrerebbero quindi nella previsione di cui alla lettera f). Rispetto alla tipologia di servizi, nella previgente disciplina si faceva riferimento alla frequenza degli asili nido e di colonie climatiche da parte dei familiari indicati nell'articolo 12, nonché per borse di studio a favore degli stessi familiari.
Le modifiche estendono innanzitutto l’esclusione dalla base imponibile a tutte le spese di educazione e istruzione, anche in età prescolare, comprendendo altresì i servizi integrativi ad essi connessi.
Non è inutile osservare come sul punto sia l’ambito soggettivo che i servizi indicati nella lettera f-bis), si sovrappongono a quanto indicato nella lettera f) determinandosi una duplicazione (fatto salvo quando indicato per le borse di studio).
Peraltro, le spese di educazione e di istruzione, sono espressamente previste anche nella lettera f), così come i servizi relativi alla frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali potrebbero essere riconducibili ai servizi di ricreazione.
L’unica differenza che si può ipotizzare rispetto a quanto indicato nella lettera f-bis) è il riferimento alle “somme” consentendo così di fruire delle agevolazioni anche alle ipotesi di erogazioni in denaro fatte direttamente ai lavoratori a titolo di rimborsi o altri idonei titolo di spesa.
SPECIFICI SERVIZI OFFERTI ALLA GENERALITÀ O CATEGORIE DI DIPENDENTI
La lettera f-ter), invece, introduce una nuova indicazione circa “le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell'articolo 12”.
In questo caso i servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti possono sovrapporsi con i servizi di assistenza sociale già contenuti nella lettera f).
L’unica differenza rispetto alla lettera f-ter) è il riferimento alle “somme” consentendo così di fruire dell’agevolazione fiscale anche alle ipotesi di erogazioni in denaro fatte direttamente ai lavoratori a titolo di rimborsi o altri idonei titolo di spesa.
ORGANIZZAZIONE E FINANZIAMENTO DEI PIANI DI WELFARE
I piani di welfare aziendale possono essere predisposti in qualsiasi momento dell’anno e le norme non prevedono vincoli in termini di decorrenza e/o durata.
Pertanto, risulta possibile che un’azienda predisponga un piano di welfare, ad esempio, nel mese di giugno 2016 la cui validità è estesa a tutte le spese sostenute nell’intero anno 2016.
La durata del piano di welfare è in funzione delle scelte derivanti dalla negoziazione o dalla volontà aziendale (se introdotto non in via pattizia ma con atto unilaterale), pertanto, essi possono avere una durata di mesi, anno o pluralità di anni.
Il piano di welfare può, quindi, prevedere che qualora il lavoratore non riuscisse ad utilizzare il plafond a sua disposizione in un determinato anno, egli potrebbe cumulare il valore residuo con quello previsto nell’anno o negli anni successivi.
In relazione al finanziamento dei piani di welfare va precisato che nel caso di opzione del lavoratore per trasformare il premio aziendale in piani di welfare, i benefici fiscali e contributivi sono riconosciuti nei limiti di 2.000 euro o 2.500 euro fissati dalla legge di stabilità 2016.
Ciò in quanto l’opzione di trasformare in servizi di welfare il premio aziendale non altera il quadro normativo di origine e la relativa applicazione dei limiti economici imposti; nulla vieta che i datori di lavoro possano scegliere di avviare piani di welfare, parallelamente ai premi aziendali e senza alcun collegamento con essi, applicando i benefici senza alcun limite.
Il piano aziendale di welfare può essere finanziato con ulteriori e specifiche risorse messe a disposizione dall’azienda rispetto a quanto economicamente riconosciuti ad oggi ai lavoratori.
Tuttavia, in considerazione della situazione economica e finanziaria di ciascuna azienda e nell’ambito di una politica di revisione dei trattamenti economici, è consentito ad esse di scegliere una riduzione della misura dei premi aziendali riconosciuti annualmente ai lavoratori, affiancando loro dei piani di welfare, senza che i due trattamenti abbiano tra loro uno specifico collegamento.
Inoltre, in presenza di accordo, datore di lavoro e lavoratore possono rinunziare a trattamenti di superminimo attualmente riconosciuti (diritto che è nella piena e
indiscutibile disponibilità delle parti) a fronte di piani di welfare di specifico interesse per i lavoratori. VOUCHER CARTACEI O ELETTRONICI
A norma dell’art. 51, comma 3-bis del Tuir, 3-bis. “Ai fini dell'applicazione dei commi 2 e 3, l'erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale”.
Sul punto il decreto interministeriale 25 marzo 2016 pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali il 16 maggio 2016 (avviso in G.U. n. 112 del 14 maggio 2016) all’art. 6 ha previsto che tali documenti devono essere nominativi e non possono essere monetizzati o ceduti a terzi e devono dare diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale senza integrazioni a carico del titolare.
LA DEDUCIBILITÀ DAL REDDITO DELLE SPESE DI WELFARE
L’art. 100, comma 1 del TUIR stabilisce che “le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell'ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi”.
La norma prevede che la deducibilità riguardi le spese “volontariamente sostenute” per le specifiche finalità summenzionate. Tuttavia, tale limite non assume rilevanza ai fini della determinazione della misura delle somme da escludere dal reddito di lavoro dipendente in quanto il riferimento è finalizzato esclusivamente ad individuare la tipologia di opere e servizi che possono essere esclusi dalla base imponibile e non fissarne il limite massimo.
Da un punto di vista sistematico si osserva che la possibilità di stabilire piani di welfare anche mediante contratto, accordo o regolamento aziendale, contenuta nell’art. 51, comma 2, lettera f), non ha trovato analoga modifica nell’articolo 100 del TUIR. Pertanto, sul piano puramente letterale, pare fondato sostenere che il datore di lavoro ha diritto alla integrale deducibilità, quale costo di lavoro dipendenti, laddove le opere o i servizi siano riconosciuti a fronte di un vincolo che assume l’azienda nell’applicazione del piano di welfare anche derivante da una negoziazione sindacale.
La deducibilità del costo sostenuto per il piano di welfare, tuttavia, si ritiene possa essere integrale anche in presenza di un regolamento aziendale purché non sia un mero atto unilaterale privo di vincoli specifici all’attuazione del piano.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
I servizi e le opere rese alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per non concorrere alla formazione del reddito devono, quindi, riguardare le seguenti finalità:
- educazione;
- istruzione;
- ricreazione;
- assistenza sociale;
- assistenza sanitaria;
- culto.
L’ampia casistica, e tenuto conto delle esperienze maturate sino ad oggi, può consentire quindi di prevedere interventi atti favorire:
- l’iscrizione gratuita a circoli sportivi e ricreativi;
- l’acquisto da parte del datore di lavoro di biglietti di viaggio con esclusivo fine culturale o ricreativo;
- assegni, premi o sussidi per fini di studio;
- borse di studio;
- acquisto libri di studio scolastico;
- l’iscrizione a corsi di lingua all’estero o in Italia (il costo relativo al corso di lingue ove propedeutico all’attività lavorativa non sarà comunque mai considerato imponibile);
- l’abbonamento a spettacoli teatrali;
- l’abbonamento a riviste di cucina, equitazione o cucito (il costo relativo all’abbonamento a riviste attinenti l’attività lavorativa non sarà comunque mai considerato imponibile);
- il biglietto per un evento sportivo;
- l’utilizzo di case vacanze aziendali;
- l’iscrizione a corsi extra – professionali,
- la costituzione di spacci aziendali (gli acquisti dei dipendenti anche se avvengono a prezzi scontati costituiscono mere operazioni commerciali e, in quanto tali, sono irrilevanti ai fini della tassazione / contribuzione del reddito di lavoro dipendente);
- l’utilizzo di strutture sanitarie;
- rimborso somme per assistenze domiciliari per anziani / non autosufficienti;
- servizi di assistenza domiciliare per anziani / non autosufficienti;
- sostegno per visite mediche chek – up;
- iscrizione ludoteche, centri estivi e invernali;
- spese per asili nido, scuole materne ed elementari4.
4 Servizi di utilità sociale – strutture deputate
Contrariamente a quanto inizialmente indicato dal Ministero (Min. fin. Circ. n. 238/E/2000), la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 34/E del 10 marzo 2004, con specifico riferimento ad un servizio di check – up medico offerto alla generalità dei dipendenti ritenuto in linea con l’agevolazione di cui alla lett. f) del comma 2 dell’art. 51 del TUIR, ha precisato che: “L’esclusione dalla tassazione opera … anche nelle ipotesi in cui detti servizi siano messi a disposizione dei dipendenti tramite il ricorso a strutture esterne all’azienda. Ciò in quanto considerare o meno come bene in natura (e quindi assoggettare o meno a tassazione) l’utilizzo di un’opera o di un servizio messo a disposizione volontariamente dal datore di lavoro a seconda se le strutture impiegate siano o meno di proprietà dello stesso datore di lavoro determina una ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti che ricevono un beneficio sostanzialmente identico. Peraltro, affinché la disposizione dell’art. 51, comma 2, lett. f), possa tornare applicabile nell’ipotesi in cui le utilizzate non siano di proprietà del datore di lavoro, il dipendente deve risultare estraneo al rapporto che intercorre tra l’azienda e l’effettivo prestatore del servizio ed in particolare non deve risultare beneficiario dei pagamenti effettuati dalla propria azienda in relazione all’obiettivo di fornitura del servizio sanitario”
Tale interpretazione dovrà essere confermata anche in relazione alla riscrittura della lettera f) ove si prevede che i servizi debbano essere “riconosciuti” dal datore di lavoro; con ciò consentendo anche l’utilizzazione di strutture terze.
Somme rimborsate dal datore di lavoro – Le opere ed i servizi devono essere concessi ai lavoratori dal datore di lavoro in forma di erogazioni in natura e non di rimborsi monetari per spese anticipate dal lavoratore, reale contraente del servizio. Infatti, come precisato dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 34/E del 10 marzo 2004, “sono escluse da tassazione solo l’utilizzazione di opere e servizi da parte dei dipendenti; eventuali somme erogate dal datore di lavoro al dipendente in relazione a tali opere e servizi devono, invece, essere assoggettate integralmente a tassazione”. A tale riguardo, la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 26/E/2010 ha precisato che gli oneri di utilità sociale che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, anche se corrisposti in denaro, sono espressamente previsti dall’art. 51, comma 2, lett. f-bis) (e ora anche dalla lett. f-ter)), e riguardano esclusivamente le somme erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per particolari servizi scolastici, di educazione o di assistenza rivolti ai familiari dei dipendenti.
Servizi a finalità educative e scolastiche rivolti a familiari – La lettera f-bis) del comma 2 dell’art. 51 TUIR riscritta dall’art. 1, c. 190, della
l. 208/2015 prevede la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente delle somme, dei servizi e delle prestazioni “erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’art. 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essa connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari”.
La modifica alla lettera f-bis) del comma 2 dell’art. 51 TUIR risulta radicale ed è volta, da un lato a correggere palesi errori della vecchia disposizione e dall’altro ad ampliare i servizi impattati. Ad essere agevolate (sempre fiscalmente e contributivamente) continuano ad essere sia le “somme”, sia i “servizi e le prestazioni”.
UTILIZZO DI DOCUMENTI DI LEGITTIMAZIONE
In merito al secondo tipo d’intervento, la legge di Stabilità 2016 aggiunge il comma 3-bis all’art. 51 del TUIR, il quale recita: “Ai fini dell’applicazione di commi 2 e 3, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale”. La disposizione consentirà la formazione di piani di Welfare Aziendale anche in aziende di medio – piccole dimensioni.
La norma pertanto ha due particolari pregi:
- l’agevolazione riguarda non solo i servizi messi a disposizione dei familiari dei dipendenti ma anche le somme rimborsate;
- il titolo di concessione è libero; l’agevolazione può essere concessa sia per atto volontario del datore di lavoro sia in virtù di un contratto o accordo di natura collettiva.
Ora, il termine “servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare” non lascia dubbi di sorta; potranno pertanto essere agevolati, a titolo esemplificativo, asili nido, scuole materne, scuole elementari, ecc..
L’agevolazione è estesa anche ai servizi integrativi e di mensa, alla frequenza di ludoteche e centro estivi e invernali; in questo modo il legislatore ha voluto, da un lato, aggiornare il termine, ormai desueto, di “colonie climatiche” ora sostituito da ludoteche, centri estivi e invernali; dall’altro prevedere la defiscalizzazione anche per servizi solo indirettamente connessi alla frequenza di un percorso prescolastico / scolastico / universitario quale servizio di mensa.
Anche se ad essere defiscalizzate sono le “somme”, strumento sicuramente più agile per sfruttare l’agevolazione, in merito ai servizi ci si potrebbe chiedere se essi debbano essere concessi tramite strutture interne del datore di lavoro ovvero anche tramite strutture terze.
Sul predetto tema si è già parlato in precedenza del cambio di rotta interpretativo dell’Agenzia delle Entrate, in merito agli oneri di utilità sociale ex lettera f) (risoluzione Ag. Entrate 10 marzo 2004, n. 34/E), secondo il quale l’agevolazione è consentita anche se i servizi (ad esempio il check - up medico) venissero offerti tramite convenzioni con strutture esterne.
È auspicabile che l’Agenzia delle Entrate possa confermare tale posizioni anche per i servizi di cui alla lettera f-bis) e f-ter) anche se, ad una lettura rigorosa, le locuzioni utilizzate nella lett. f) (“riconosciuti”) e nelle lett. f-bis) e ter) (“erogati”) sembrano di peso differente; difatti nella lettera f) ci si sofferma principalmente sul servizio ai dipendenti mentre nelle lettere f-bis) e f-ter) è dato un ruolo principale al datore di lavoro (“servizi e prestazioni erogate dal datore di lavoro”).
Tuttavia, l’interpretazione letterale sembrerebbe divergere con la ratio della norma volta ad agevolare i servizi di istruzione, educazione, assistenza agli anziani, quali servizi di utilità sociale, fondamentali per alleviare da un punto di vista economico la situazione dei genitori – lavoratori o dei figli – lavoratori, che non dispongono nella normalità dei casi, proprio in ragione del loro impegno lavorativo, del tempo necessario per seguire i figli e/o anziani.
Come detto in precedenza, tuttavia, la problematica sembra facilmente superabile tramite l’utilizzo del rimborso delle somme riferibili ai predetti servizi.
Per quanto riguarda invece il concetto di borsa di studio, per orientamento ministeriale, si deve ritenere che in esso siano ricompresi le somme, gli assegni, i premi corrisposti per fini di studio o di addestramento professionale, nonché quelle elargizioni volte a sostenere gli studenti nello svolgimento di un’attività di studio o di formazione (Circ. M.F. 238/E/2010).
Sempre in merito alla definizione di “borse di studio” è bene fare presente che generalmente con tale termine di identificano erogazioni disciplinate da bandi di concorso che prevedono la formazione di graduatoria e di una pluralità di procedimenti di selezione e individuazione degli assegnatari. Pertanto, alla luce di quanto indicato dalla Cass. Sez. Un. 24 ottobre 1988, n. 5736, non potrebbero considerarsi vere e proprie borse di studio le somme erogate a favore di tutti i figli studenti dei dipendenti a prescindere da particolari requisiti di merito.
La definizione tecnica tuttavia contrasta con la disposizione normativa di cui alla lett. f-bis) che prevede l’agevolazione solo se concessa (ai familiari ex art. 12 TUIR) alla totalità di dipendenti ovvero ad una categoria di essi; per tale motivo l’Amministrazione Finanziaria con la circolare 238/E/2000, interpretando in senso a- tecnico il termine “borse di studio”, ritiene agevolabili le somme corrisposte “per assegni, premi o sussidi per fini di studio”, senza particolari condizioni aggiuntive; in questo modo, di fatto, si estende la nozione di borsa di studio ai nostri fini fino a prevedere fattispecie che non richiedono particolari procedure e graduatorie. Riguardo alle predetta agevolazioni, anche alla luce della circolare del Ministero delle Finanze n. 238/E del 22 dicembre 2000, è bene evidenziare sotto l’aspetto operativo ed in via conclusiva che.
- l’agevolazione si rende applicabile laddove il datore di lavoro acquisisca e conservi la documentazione comprovante l’utilizzo delle predette somme per i fini stabiliti dalla lett. f-bis) del comma 2 dell’art. 51 del TUIR;
- l’agevolazione può consistere nel pagamento diretto da parte del datore di lavoro ovvero nel rimborso sostenuto dal lavoratore;
- l’agevolazione è utilizzabile per assegni, premi ovvero sussidi per fini di studio a favore di familiari di cui all’art. 12 ossia: coniuge; figli; altri familiari ex art. 433 c.c.;
- tali somme e/o servizi devono essere rivolti alla generalità o a categorie di dipendente anche se poi realmente una parte (ad esempio chi non ha figli) non ne può usufruire;
- il termine borsa di studio non concerne solo le borse di studio disciplinate da bandi di concorso.
Servizi di assistenza per gli anziani e non autosufficienti – La nuova lettera f-ter) del comma 2 dell’art. 51 del TUIR così come introdotta dall’art. 1, comma 190, L. 208/2015 considera non imponibili “le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’art. 12”.
Anche per tale agevolazione si riepiloga:
a) l’agevolazione riguarda sia le somme sia le prestazioni concesse per la fruizione di specifici servizi: assistenza ai familiari ex art. 12 anziani o non autosufficienti;
b) i servizi devono essere messi a disposizione della generalità dei dipendenti o a categorie;
c) è possibile agevolare “somme” o “prestazioni” di servizi;
d) il datore può offrire ai dipendenti servizi e/o somme liberamente o tramite accordo sindacale;
e) è necessario, in caso di rimborso di somme, raccogliere tutte la documentazione comprovante la spesa.
Il tema del “documento di legittimazione” (c.d. voucher) non è nuovo nell’ambito tributario e vale la pena ripercorrete sinteticamente le posizioni Ministeriali a riguardo.
Negli anni’70, l’Amministrazione finanziaria ha avuto modo di analizzare la questione solo in merito al regime IVA e affermando che la fattispecie dei documenti di legittimazione “valorizzati” è assimilabile al denaro (circ. 1/08/1974, n. 30/502598; circ. 9/08/1976, n. 27/361446)5. Sono, pertanto, legittimi sul punto i c.d. buoni spesa, i buoni benzina, ecc..
LEGGE DI BILANCIO 2017: WELFARE AZIENDALE E DETASSAZIONE DEI PREMI AZIENDALI.
Come è stato più volte anticipato, la Legge di Bilancio per il 2017 ha provveduto a modificare in parte il precedente regime tributario, teso ad incentivare la corresponsione, in favore dei dipendenti, di premi di produttività, ampliando da un lato la platea dei beneficiari, del settore, innalzando da 50.000 euro ad 80.000 euro del tetto massimo di reddito di lavoro dipendente conseguito nell’anno precedente; dall’altro la norma prevede l’aumento per lavoratore da 2.000 euro a 3.000 euro con possibilità di arrivare da 2.500 euro a 4.000 euro per le aziende che corresponsabilizzano i lavoratori nell’organizzazione del lavoro. Come è noto, il beneficio previsto ha carattere unicamente fiscale ed abbatte l’aliquota al 10% sostitutiva di IRPEF e relative addizionali.
Legge n. 232/2016
Comma 160 - All'articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 182, le parole: «2.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «3.000 euro»;
b) al comma 184 e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Le somme e i valori di cui al comma 4 del medesimo articolo 51 concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente secondo le regole ivi previste e non sono soggetti all'imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191 del presente articolo, anche nell'eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui
al comma 182»;
c) dopo il comma 184 e' inserito il seguente: «184-bis. Ai fini dell'applicazione del comma 184, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, ne' sono soggetti all'imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191:
5 In ambito dei redditi di lavoro dipendete, invece, si riscontrano tre note di prassi dell’Agenzia delle Entrate:
1) Risoluzione 05/06/2007, n. 126/E: secondo la quale è stato considerato rientrante nella previsione agevolativa di cui al comma 3 dell’art. 51 l’ipotesi di un “ticket trasporto” di valore annuo non superiore a euro 258,23 grazie al quale i dipendenti dell’Ente istante erano legittimati ad acquistare l’abbonamento ordinario alla rete del trasporto pubblico locale mediante il pagamento di un corrispettivo pari alla differenza tra il prezzo dell’abbonamento e il valore facciale del buono stesso;
2) Circolare 22/10/2008, n. 59/E: tramite la quale l’Agenzia delle Entrate ha affermato che “con l’abrogazione delle disposizione agevolativa relativa alle liberalità, le stesse, ove siano erogate in natura (sotto forma di beni o servizi o di buoni rappresentativi degli stessi) possano rientrare nella previsione di esclusione dal reddito se di importo non superiore, nel periodo di imposta, a 258,23 euro”:
3) Risoluzione 26/03/2010, n. 26/E: in quest’ultima interpretazione è stato precisato, in merito alla fattispecie dei buoni pasto, che “l’evidenziazione del valore nomale porta, quindi, a ritenere che i ticket restaurant non costituiscano erogazioni in natura”.
Nel contrasto delle indicazioni sopra viste, è opportuno valutare le regole civilistiche: l’Agenzia delle Entrate può interpretare la novella valorizzando la ratio della disposizione pur nella fermezza della tracciatura della spesa al fine di evitare abusi estranei all’intentio del legislatore.
Dal punto di vista civilistico, possiamo distinguere due differenti fattispecie:
- Titoli rappresentativi di beni. Veri e propri titoli di credito (es. fede di deposito);
- Documenti di legittimazione: documenti che “servono solo ad identificare l’avente diritto alla prestazione” ed a “facilitare l’esecuzione del contratto sottostante (art. 2002 c.c.)”.
In merito ai primi, non vi è alcuna dubbio che trasferire a terzi un titolo rappresentativo di beni secondo le modalità di rito previste per tali documenti, corrisponde di fatto a trasferire il possesso di quei beni e la possibilità di disporne.
In merito ai secondi, si deve fare un’ulteriore distinzione; documenti di legittimazione che:
- contengono meramente la descrizione del bene o servizio che si ha diritto di ottenere esibendo il documento (buono benzina di 100 litri);
- oltre alla descrizione del bene o del servizio, contengono anche l’indicazione del valore nominale del bene o servizio che può essere ottenuto (buono benzina di euro 100).
Nel primo caso, si è di fronte ad un titolo rappresentativo di beni (assimilabile al concetto di “buoni rappresentativi” citati dall’Agenzia delle Entrate); nel secondo caso, i dubbi sulla tenuta giuridica della concessione siano risolti attraverso le indicazione del concetto di “documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale” per usufruire di beni e servizi previsti non solo dal comma 3 ma anche dal comma 2 dell’art. 51 del TUIR.
Si pensi ad esempio al c.d. carrello della spesa, accettato dall’Agenzia delle Entrate (v. risposta ad interpello mai ufficializzato 13/06/2012, n. 954-551/2001) in una versione moderna che consideri la possibilità di spesa tramite una card personale con tracciatura selettiva della spesa ed identificazione dei limiti fiscali di esenzione (es, acquisto beni: euro 258,32, viaggio: nessun limite; abbonamento palestra: nessun limite)
a) i contributi alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, versati, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182 del presente articolo, anche se eccedenti i limiti indicati all'articolo 8, commi 4 e 6, del medesimo decreto legislativo n. 252 del 2005. Tali contributi non concorrono a formare la parte imponibile delle prestazioni pensionistiche complementari ai fini dell'applicazione delle previsioni di cui all'articolo 11, comma 6, del medesimo decreto legislativo n. 252 del 2005;
b) i contributi di assistenza sanitaria di cui all'articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, versati per scelta del lavoratore in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182 del presente articolo, anche se eccedenti i limiti indicati nel medesimo articolo 51, comma 2, lettera a);
c) il valore delle azioni di cui all'articolo 51, comma 2, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ricevute, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182 del presente articolo, anche se eccedente il limite indicato nel medesimo articolo 51, comma 2, lettera g), e indipendentemente dalle condizioni dallo stesso
stabilite»;
d) al comma 186, le parole: «euro 50.000» sono sostituite dalle seguenti: «euro 80.000»;
e) al comma 189, le parole: «2.500 euro» sono sostituite dalle seguenti: «4.000 euro».
Comma 161 - All'articolo 51, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo la lettera f-ter) e' inserita la seguente:
«f-quater) i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, le cui caratteristiche sono definite dall'articolo 2, comma 2, lettera d), numeri 1) e 2), del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 27 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
12 del 16 gennaio 2010, o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie».
Comma 162 - Le disposizioni di cui all'articolo 51, comma 2, lettera f), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, come da ultimo modificate dalla legge 28 dicembre 2015,
n. 208, si interpretano nel senso che le stesse si applicano anche alle opere e servizi riconosciuti dal datore di lavoro, del settore privato o pubblico, in conformità a disposizioni di contratto collettivo nazionale di lavoro, di accordo interconfederale o di contratto collettivo territoriale.
Comma 163 – omissis-
Il comma 160 della Legge di Bilancio modifica il previgente comma 184 dell’art. 1, legge n. 208/2015, prevedendosi, a favore del lavoratore, la possibilità di scegliere beni e servizi in esenzione d’imposta in luogo della retribuzione di produttività, affermando il principio di sostituibilità, in tutto o in parte, tra retribuzione monetizzabile e beni o servizi (l’utilizzo di veicoli ad uso promiscuo, la concessione di prestiti, di fabbricati in locazione, in uso o in comodato, servizi di trasporto ferroviario prestati gratuitamente).
La lettera c) del comma 160 prevede che non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva del 10% i contributi alle forme pensionistiche complementari, anche se superiori al limite di deducibilità pari a 5.164,65 euro,, i contributi di assistenza sanitaria versati a enti o casse aventi esclusivamente fini assistenziali e le azioni distribuite ai dipendenti, a condizione che non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro ovvero cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione, anche oltre il limite di esenzione pari a 2.065,83 euro.
Nuove regole anche in materia di Welfare aziendale; il disposto nei commi 161 e 162 della Legge di Bilancio disciplina i nuovi casi di esclusione dalla base imponibile IRPEF del lavoratore dipendente.
Il comma 161 integra la lettera f-quater) dell’art. 51, comma 2 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR), prevedendo l’esclusione dalla base imponibile dei redditi da lavoro dipendente, dei contributi e dei premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o il rischio di gravi patologie.
Il comma 162 prevede l’esclusione dalla base imponibile ai fini IRPEF dell’uso delle opere e dei servizi offerti dall’imprenditore alla generalità dei dipendenti per specifiche finalità educative, di istruzione, ricreazione ed assistenza.
CAPITOLO 10 – TABELLE SALARIALI IN VIGORE E CONTRIBUTI C.I.M.A.A.V.
A seguito del rinnovo del CCNL Operai agricoli, sottoscritto in data 22/10/2014, pubblichiamo di seguito le tabelle salariali valevoli dal 1°gennaio 2017.
Con l'occasione pubblichiamo altresì le tavole stipendiali relativi al settore impiegatizio.
SETTORE TRADIZIONALE
TABELLA SALARIALE DEGLI OPERAI AGRICOLI A TEMPO DETERMINATO 1°MAGGIO 2015 | ||||||||
Livello e Qualifica | Salario contrattuale al 1/11/2014 | Aumento C.C.N.L. 01/05/2015 (1,80%) | 3°Elemento (30,44%) | Salario Contrattual e al 01/05/2015 | Straordinari o Feriale 25% | Lavoro Festivo 40% | Straordinari o Festivo 50% | Val. xxx.xx TFR 8,63% |
7 Liv. Spec. Sup. | 9,37 | 0,17 | 2,90 | 12,44 | 14,83 | 16,26 | 17,21 | 0,82 |
6 Liv. Spec. Interm. | 8,91 | 0,16 | 2,76 | 11,83 | 14,10 | 15,46 | 16,37 | 0,78 |
5 Liv. Specializz. | 8,88 | 0,16 | 2,75 | 11,79 | 14,05 | 15,41 | 16,31 | 0,78 |
4 Liv. Qual. Sup. | 8,21 | 0,15 | 2,54 | 10,90 | 12,99 | 14,25 | 15,08 | 0,72 |
3 Liv. Qualif. | 7,72 | 0,14 | 2,39 | 10,25 | 12,22 | 13,39 | 14,18 | 0,68 |
2 Liv. Comuni A | 7,07 | 0,13 | 2,19 | 9,39 | 11,19 | 12,27 | 12,99 | 0,62 |
1 Liv. Comuni B | 5,39 | 0,10 | 1,67 | 7,16 | 8,53 | 9,35 | 9,90 | 0,47 |
TABELLA SALARIALE DEGLI OPERAI AGRICOLI A TEMPO INDETERMINATO 1°MAGGIO 2015 | |||
Livello e Qualifica | Salario Contrattuale 01/11/2014 | Aumento C.C.N.L. 01/05/2015 (1,80%) | Salario Contrattuale con Aumento C.C.N.L. al 01/05/2015 |
7 Liv. Spec. Sup. | 1629,88 | 29,34 | 1659,22 |
6 Liv. Spec. Interm. | 1543,44 | 27,78 | 1571,22 |
5 Liv. Specializz. | 1535,77 | 27,64 | 1563,41 |
4 Liv. Qual. Sup. | 1414,07 | 25,45 | 1439,52 |
SCATTI DI ANZIANITA' O.T.I. | |||||
Livello e Qualifica | 1°Biennio | 2°Biennio | 3°Biennio | 4°Biennio | 5°Biennio |
7 Liv. Spec. Sup. | 12,78 | 25,56 | 38,34 | 51,12 | 63,90 |
6 Liv. Spec. Interm. | 12,50 | 25,00 | 37,50 | 50,00 | 62,50 |
5 Liv. Specializz. | 12,50 | 25,00 | 37,50 | 50,00 | 62,50 |
4 Liv. Qual. Sup. | 11,93 | 23,86 | 35,79 | 35,79 | 59,65 |
SETTORE FLOROVIVAIO
TABELLA SALARIALE DEGLI OPERAI A TEMPO DETERMINATO 1°MAGGIO 2015 | ||||||||
Livello e Qualifica | Salario contrattuale al 01/11/2014 | Aumento C.C.N.L. 01/05/2015 (1,80%) | 3° Elemento (30,44%) | Salario contrattuale al 1/05/2015 | Straordinari o Feriale 29% | Lavoro Festivo 40% | Straordinari o Festivo 50% | Val. xxx.xx TFR 8,63% |
7 Liv. Spec. Sup. | 9,54 | 0,17 | 2,96 | 12,67 | 15,48 | 16,55 | 17,52 | 0,84 |
6 Liv. Spec. Interm.Ex Op. Mot. | 9,22 | 0,17 | 2,86 | 12,24 | 14,96 | 16,00 | 16,94 | 0,81 |
5 Liv. Specializz. | 9,05 | 0,16 | 2,80 | 12,02 | 14,69 | 15,70 | 16,62 | 0,80 |
4 Liv. Spec. Qual. Sup. | 8,35 | 0,15 | 2,59 | 11,09 | 13,55 | 14,49 | 15,34 | 0,73 |
3 Liv. Qualificato | 8,14 | 0,15 | 2,52 | 10,81 | 13,21 | 14,12 | 14,95 | 0,72 |
2 Liv. Comuni | 7,25 | 0,13 | 2,25 | 9,63 | 11,77 | 12,58 | 13,32 | 0,64 |
IMPIEGATI AGRICOLI E DIRIGENTI
TABELLA IMPIEGATI AGRICOLI 01/01/2017 | |||||||
Qualifica | Stipenio mensile arrontondato 31/12/2015 | Aumento C.C.N.L. 01/01/2017 | Totale Stipendio mensile 01/01/2017 | Mag. Tit. Studio (assegno ad personam) | Magg. Scatti anzianità | ||
Laurea | Diploma | ||||||
Cat. Concetto | QUADRO | € 2.145,36 | € 53,63 | € 2.283,99 | € 87,32 | € 58,39 | € 33,05 |
1. Direttore | € 2.145,36 | € 53,63 | € 2.198,99 | € 87,32 | € 58,39 | € 33,05 | |
2. Agente capocont. | € 1.931,92 | € 48,30 | € 1.980,22 | € 77,07 | € 51,55 | € 29,44 | |
3. Sottoag. Contab. | € 1.774,62 | € 44,37 | € 1.818,99 | € 72,86 | € 48,75 | € 26,86 | |
Cat. Ordine | 4. Capor. Aiutocont. | € 1.620,43 | € 40,51 | € 1.660,94 | € 70,81 | € 47,40 | € 24,79 |
5. Dattilografa | € 1.433,75 | € 35,84 | € 1.469,59 | € 0,00 | € 40,04 | € 23,76 | |
6 Usciere | € 1.211,73 | € 30,29 | € 1.242,02 | € 0,00 | € 0,00 | € 22,21 |
• Nota sul Totale Stipendio Mensile QUADRO: sono compresi € 85,00 come superminimo tabellare nazionale;
• Indennità di Funzione per il Quadro: € 100,00 mensili dal 01/01/2017 (art. 18 C.C.N.L. 23/02/2017)
• Indennità di Cassa: € 70,00 mensili dal 1-06-2014 (C.P.L. 01/06/2014)
• Fondo Sanitario: € 470,00 annui a carico ditta, € 100,00 a carico del dipendente (dal 1-01-2017)
• Fondo Pensioni FIA, oggi Agrifondo: contribuzione dell’1,2% a carico del datore, contribuzione dell’1,2% a carico del lavoratore (trattenuta in dodici rate mensili)
• Premio di disponibilità e produttività: erogato in dicembre, o alla data di cessazione, è così stabilito: 1^ cat. € 560,00
2^ cat .€ 500,00
3^ cat. € 250,00
4^ cat. € 200,00
5^ cat. € 200,00
6^ cat. € 200,00
DIRIGENTI AGRICOLI
Il 25 febbraio 2009 è stato firmato, in Roma, presso la sede della Confagricoltura, il verbale di Accordo per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti dell’agricoltura.
Pertanto il nuovo stipendio base mensile spettante ai dirigenti dal 1°gennaio 2010 sarà pari a € 3.515,00.
Il F.I.A. integrativo sanitario è fissato in € 520,00 annui; AgriFondo ha una contribuzione pari a 1,2% a carico del datore, una contribuzione pari a 1,2% a carico del lavoratore.
CONTRIBUTO CIMAAV – Operai agricoli
Con decorrenza dal 1/01/2010 il contributo giornaliero CIMAAV ordinario è pari ad € 0,5010 di cui 0,2736 a carico del datore di lavoro ed 0,2274 a carico del lavoratore.
Il contributo CAC è fissato, dal 1/01/2010, pari ad € 0,2490 giornaliere, di cui € 0,1419 a carico del datore di lavoro ed € 0,1071 a carico del lavoratore.
Pertanto il contributo CIMAAV totale dal 1/01/2010 è pari ad € 0, 75
CAPITOLO 11 – LA NUOVA NORMATIVA IN MATERIA DI CAPORALATO E SFRUTTAMENTO DEL LAVORO.
Pubblicata, sulla G.U. n. 257 del 03/11/2016, la legge 29 ottobre 2016, n. 199, concernente
“Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”.
Per quanto rilevante l’intero assetto normativo, è di assoluta importanza la norma che ha ridefinito i contorni del reato di caporalato ed ha introdotto il reato di sfruttamento, con rilevante inasprimento delle sanzioni penali e delle misure cautelari.
Riportiamo di seguito il testo dell’art. 603 bis c.p., come modificato dalla legge. La norma è entrata in vigore dal 4 novembre 2016.
603 BIS C.P. | |
Vecchio Testo | Nuovo testo dal 04/11/2016 |
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque svolga un'attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l'attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. | Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque: 1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori; 2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno. Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. |
Ai fini del primo comma, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti circostanze: | Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni: |
1) la sistematica retribuzione dei lavoratori in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; | 1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; |
2) la sistematica violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie; | 2) la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie; |
3) la sussistenza di violazioni della normativa in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro, tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l'incolumità personale; | 3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro; |
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza, o a situazioni alloggiative particolarmente degradanti. | 4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti. |
Costituiscono aggravante specifica e comportano l'aumento della pena da un terzo alla metà: | Costituiscono aggravante specifica e comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà: |
1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre; | 1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre; |
2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa; | 2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa; |
3) l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto | 3) l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori |
riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro. | sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro. |
Come si vede, la norma, nel mantenere sostanzialmente il reato di intermediazione illecita (introdotto con legge n. 148/2011), introduce ex novo la fattispecie relativa allo “sfruttamento del lavoro”, che è astrattamente configurabile anche in assenza di “caporali” o “intermediazioni illecite” e potrà, quindi, riguardare anche lavoratori assunti mediante le ordinarie regole di reclutamento.
La norma è applicabile a tutti i datori di lavoro (compresi i datori del settore pubblico, i datori di lavoro domestico, ecc…). Punto qualificante della norma è, quindi, la ridefinizione “in pejus” dell’articolo previgente, avuto riguardo alla figura del datore di lavoro, in precedenza sottoposto eventualmente unicamente alle regole del “concorso nel reato”, ex art. 110 c.p.
Il reato di sfruttamento del lavoro si verifica quando chiunque
“utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l’attività di intermediazione di cui al numero 1 (e cioè attraverso i caporali, ndr.), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno”.
La norma definisce alcuni “indici” c.d. di sfruttamento e cioè degli indicatori, fondati in genere su norme di carattere contrattuale organizzative ed economiche. Questi “indicatori” sono definiti, nel nuovo testo, in modo ancor più penalizzante rispetto a quelli già in precedenza esistenti nel vecchio 603 bis c.p. in tema di sfruttamento.
Secondo la legge, infatti, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:
• la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
• la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
• la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro;
• la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni dell’alloggio degradanti.
Si ha, quindi, “sfruttamento” quando il lavoratore sia “reiteratamente” retribuito in modo palesemente difforme dalle previsioni della contrattazione collettiva o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato; ovvero quando vengono “reiteratamente” violate le norme in materia di orario di lavoro straordinario non pagato, mancanza del riposo settimanale / domenicale oppure non siano riconosciute le ferie.
In caso di “retribuzione inferiore al contratto” o violazione delle norme in materia di orario di lavoro, la “sistematicità”, che era prevista nel vecchio art. 603 bis, che è un comportamento costante nel tempo, conforme ad un metodo, cede il passo alla “reiterazione”, che è la mera ripetizione dell’azione (anche due sole volte, in astratto).
Da notare che per la violazione delle norme in materia di igiene e sicurezza (che costituiscono un ulteriore e distinto indice di “sfruttamento”), non è richiesta nemmeno la reiterazione; basta perciò anche una sola violazione della complessa disciplina in materia di sicurezza sul lavoro, perché possa realizzarsi, in astratto, tale condizione di sfruttamento.
Perché vi sia la applicabilità astratta della fattispecie penale qui dedotta, indiscutibilmente occorrono comunque due condizioni:
- lo sfruttamento del lavoratore;
- l’approfittamento dello stato di bisogno.
Cerchiamo di analizzare i concetti sopra enucleati (elemento oggettivo del reato), anche alla luce della disciplina previgente nonché della dottrina e della giurisprudenza inerente al “vecchio” 603 bis c.p.
SFRUTTAMENTO
L’attività lavorativa svolta dalle persone impiegate deve essere in primo luogo caratterizzata da sfruttamento.
Il secondo comma dell’art. 603 bis stabiliva che erano indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle circostanze specificamente elencate, era richiesto il carattere della “sistematicità” (oggi reiterazione) quanto alla retribuzione dei lavoratori in modo “palesemente” difforme dai contratti collettivi o comunque sproporzionato, ovvero quanto alla violazione della
normativa in tema di orario di lavoro, riposo, aspettativa, ferie; il carattere della sistematicità non è richiesto invece con riguardo alle violazioni in tema di sicurezza ed igiene nei luoghi di lavoro, ovvero alla sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, metodi di sorveglianza o situazioni alloggiative particolarmente degradanti.
È da rilevare come il legislatore (richiedendo ad esempio che le condizioni di lavoro siano “particolarmente” degradanti) abbia voluto circoscrivere la fattispecie criminosa alle ipotesi maggiormente ed evidentemente lesive della dignità umana del lavoratore. La nozione di sfruttamento, in tema di delitti contro la personalità individuale, è già stata presa in esame dalla giurisprudenza con riguardo agli artt. 600 e 600 ter; gli “indici di sfruttamento” oggi in esame si riferiscono solo allo sfruttamento delle prestazioni lavorative (e non ad es. di quelle sessuali), ovvero comunque ad altre forme di sfruttamento della persona: l’interpretazione del concetto di “sfruttamento”, nell’ambito delle diverse disposizioni previste dalla legge penale, continuerà quindi a seguire percorsi paralleli, ma non del tutto coincidenti.
Per circoscrivere la nozione di “sfruttamento” si è richiamata l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza in ordine al medesimo concetto ai fini della configurabilità del reato di pornografia minorile (Cass. sez. un. 31 maggio 2000): lo sfruttamento non necessariamente assumerà una connotazione economica, ma potrebbe essere inteso in termini più ampi, come sinonimo di utilizzazione a fini egoistici di un soggetto da parte di un altro.
Determinante, secondo la giurisprudenza, è lo stato di soggezione in cui le persone offese dal reato – i lavoratori - versano, essendo sottoposte all’altrui potere di disposizione, che si estrinseca nell’esigere, con violenza fisica o psichica, prestazioni lavorative od altri bisogni “di fare” (Cass. 9 novembre 2005).
Alcuni commentatori hanno espresso perplessità relativamente alla possibilità che la condizione di assoggettamento venga realizzata attraverso la creazione di uno stato di soggezione psichica (l’art. 600 prevede fra le condotte rilevanti quella di approfittamento di una situazione di inferiorità psichica), dato che l’introduzione di una formula così indeterminata potrebbe essere interpretata come il tentativo di reinserire nel codice penale la norma incriminatrice del plagio.
Ancora, con riguardo alla nozione di approfittamento di una situazione di necessità, in giurisprudenza (Cass. sez. III, 20 dicembre 2004, n. 3368) si è ritenuto che la situazione di necessità cui fa riferimento l’art. 600, comma 2, c.p., che sanziona la riduzione in schiavitù o in una condizione ad essa analoga, va intesa come qualsiasi situazione di debolezza e di mancanza materiale o morale, idonea a condizionare la volontà della persona, e non è, pertanto, identificabile nello stato di necessità cui fa riferimento l’art. 54 c.p. ma, piuttosto, nello stato di bisogno menzionato nell’art. 1148 c.c. (cfr. anche Cass., 6 maggio 2010, n. 21630, Cass. pen. 2011, 1433; Cass., 13 novembre 2008, n. 46128), secondo cui integra il delitto di riduzione in schiavitù mediante approfittamento dello stato di necessità altrui, la condotta di chi approfitta della mancanza di alternative esistenziali di un immigrato da un Paese povero, imponendogli condizioni di vita abnormi e sfruttandone le prestazioni lavorative.
Altri hanno rilevato che, perché sussista la costrizione a prestazioni – in presenza dello stato di necessità, che è un presupposto della condotta approfittatrice dell’agente e che deve essere inteso come situazione di debolezza o mancanza materiale o morale atta a condizionare la volontà della persona, – è sufficiente l’approfittamento di tale situazione da parte dell’autore; mentre la costrizione alla prestazione deve essere esercitata con violenza o minaccia, inganno o abuso di autorità nei confronti di colui che non si trovi in una situazione di inferiorità fisica o psichica o di necessità (Cass. sez. I, 16 marzo 2006, n. 11348).
STATO DI BISOGNO
In senso generale, lo stato di bisogno è quella situazione di forte disagio economico, che compromette anche le necessità di vita primarie del soggetto.
Dal punto di vista generale si è visto in precedenza come il concetto di approfittamento di una situazione di necessità sia già previsto dall’art. 600 c.p., avendo enucleato i principali elementi atti a caratterizzare la fattispecie.
Secondo la giurisprudenza, come si è osservato, la situazione di necessità cui fa riferimento l’art. 600, comma 2, non è identificabile nello stato di necessità ex art. 54 c.p., ma, piuttosto, nello stato di bisogno menzionato nell’art. 1148 c.c. (così come nella condotta di chi approfitti della mancanza di alternative esistenziali di un immigrato da un Paese povero). L’inserimento, accanto allo “stato di necessità”, nell’art. 603 bis di nuovo conio, dello “stato di bisogno” dei lavoratori, non sembra quindi tale da far ritenere rilevanti situazioni diverse da quelle già prese in esame nell’ambito dei visti orientamenti interpretativi. Per eventualmente ulteriormente approfondire il concetto di stato di bisogno serve richiamare la giurisprudenza di legittimità, che si è formata in ordine all’art. 644 c.p. (usura), richiamando in particolare il concetto di “vulnerabilità” della vittima, che non ha nessuna alternativa se non sottomettersi all’abuso.
Si segnala, poi, come in tema di usura lo stato di bisogno sia stato qualificato come
“stato di necessità tendenzialmente irreversibile, non tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma che comunque, comportando un impellente assillo, compromette fortemente la libertà contrattuale del soggetto, inducendolo a ricorrere al credito a condizioni sfavorevoli”.
La giurisprudenza in tema di usura ha, infatti, ritenuto pacifico attestare come lo stato di bisogno connoti una condizione di minorità ben più grave che non quella descritta dal termine “difficoltà”, integrando una situazione di “estrema criticità” “tale da compromettere gravemente il soddisfacimento di esigenze elementari e da ridurre la vittima in una condizione di assillo non diversamente fronteggiabile”. Ancora, le “condizioni di difficoltà economica o finanziaria” della vittima, che integrano la materialità del reato, si distinguono dallo “stato di bisogno” … perché le prime consistono in una situazione meno grave ed in astratto reversibile, che priva la vittima di una piena libertà contrattuale, laddove la seconda consiste invece in uno stato di necessità tendenzialmente irreversibile, che, pur annientando in modo assoluto qualunque libertà di scelta, comporta un impellente assillo, tale da compromettere fortemente la libertà contrattuale del soggetto, inducendolo a ricorrere al credito a condizioni sfavorevoli (Cass., sez. II, 25 marzo 2014, n. 18778). Lo stato di bisogno in cui deve trovarsi la vittima può essere di qualsiasi natura, specie e grado (Cass., sez. II, 1 ottobre 2013, n. 709); lo stato di bisogno va inteso quindi non come uno stato di necessità tale da annientare in modo assoluto qualunque libertà di scelta, ma come un impellente assillo che limita la volontà del soggetto.
ELEMENTO SOGGETTIVO DEL REATO
Per quanto attiene l’elemento soggettivo del reato, la dottrina ha affermato la sufficienza del dolo (generico – evento dannoso voluto e preveduto), ancorché sia ritenuto necessario che l’agente si rappresenti “lo stato di bisogno o di necessità in cui versa il lavoratore sfruttato”, non essendo sufficiente, quindi, la mera disattenzione o negligenza, secondo altri viceversa è necessario il dolo specifico e cioè la consapevole volontà di approfittare di uno stato di bisogno.
RECENTI ORIENTAMENTI DELLA CASSAZIONE
Due recenti pronunzie della Cassazione confermano, sulla base del vecchio testo, l’orientamento innanzi citato, relativamente alla sussistenza delle condotte, in particolare
“in tema di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (art. 603 bis c.p.) deve ritenersi carente la motivazione sulla base della quale si affermi la configurabilità di detto reato riguardo soltanto gli elementi indicativi dello sfruttamento (quali, nella specie – trattandosi di operai distaccati da altre imprese – un orario di lavoro largamente superiore alla regola delle otto ore giornaliere, la corresponsione di metà della retribuzione dovuta, essendo l’altra metà destinata ai titolari delle imprese distaccanti, il mancato riconoscimento del diritto alle ferie ed alle assenze per malattia), senza che risulti dimostrata la sussistenza anche dell’altro necessario elemento, costituito di violenza, minaccia o intimidazione” (Corte di Cassazione, sez. V pen., 21 aprile 2016, n. 16735).
Ancora,
“quanto al merito deve premettersi che la fattispecie incriminatrice ex art. 603 bis c.p., è stata introdotta con Decreto legge 13 agosto 2011, convertito in Legge 14 settembre 2011, e va subito osservato che la descrizione delle condotte ivi indicate e dei modi di realizzazione dello sfruttamento, le severi cornici edittali di pena previste, la collocazione tra i delitti contro la personalità individuale, rivelano con chiarezza l’intenzione del legislatore di destinare la stessa alla prevenzione / repressione di fatti caratterizzati da un disvalore che eccede in maniera netta la semplice violazione delle condizioni di liceità dell’interposizione e della somministrazione della manodopera, comportamento il cui controllo in ambito penalistico rimane affidato alle previsioni del Decreto legislativo n. 276 del 203, all’articolo 18.
In proposito questa Corte, Sez. 5 sent. 14591, ha già considerato che “il reato di cui all’articolo 603 bis c.p., punisce tutte quelle condotte distorsive del mercato del lavoro, in quanto caratterizzate dallo sfruttamento mediante violenza, minaccia o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori e che non si risolvono nella mera violazione delle regole relative all’avviamento al lavoro sanzionate dal Decreto legislativo 10 settembre 2003, articolo 18.
BREVI CENNI IN ORDINE ALLE AGGRAVANTI
In modo coerente con l’impostazione sistematica che l’ha collocata tra i delitti contro la personalità individuale, la norma prevede che lo sfruttamento della manodopera debba avvenire tramite condotte alternativamente contemplate di violenza, minaccia o intimidazione, idonee – nel ricorrere dell’altro presupposto dell’approfittare da parte del soggetto attivo dello stato di bisogno o di necessità – ad attestare alla sua dignità di uomo, non essendo, quindi, la sola condizione di sfruttamento sufficiente ad integrare il delitto” (Corte di Cassazione, Sez. 5 pen., 21 aprile 2016, n. 16373).
BREVI CENNI IN ORDINE ALLE AGGRAVANTI
Il nuovo testo prevede al 2°comma che
“Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato”.
Per le nozioni di violenza e minaccia, quali strumenti per coartare la volontà altrui, così come per la “intimidazione”, si è sovente valutata la giurisprudenza relativa all’art. 416 bis c.p. (reato relativo a fattispecie di mafia): l’art. 603 bis richiede, infatti, che l’attività di intermediazione debba essere organizzata, l’effetto intimidatorio da qualsiasi attività criminosa svolta in forma organizzata, indipendentemente dal compimento di specifici atti di violenza o minaccia. La condotta può consistere soltanto nella violenza o nella minaccia, che comportino la perdita o la riduzione sensibile da parte del soggetto passivo della capacità di determinarsi e di agire secondo la propria volontà (Xxxx. 9 gennaio 1985).
È quindi esclusa la rilevanza dell’inganno, o di altro mezzo fraudolento, con cui un soggetto sia indotto a fare una cosa diversa da quella altrimenti voluta.
La violenza di cui si parla è costituita da una violenza o da una minaccia che abbiano l’effetto di costringere taluno a fare, tollerare od omettere una condotta determinata.
La violenza, ovvero l’esplicazione di una energia fisica da cui derivi una coazione personale, può essere posta in essere con qualsiasi mezzo idoneo a privare il soggetto passivo, in rapporto alle condizioni fisiche e psichiche di questo, della capacità di determinarsi ed agire secondo la propria volontà (Xxxx. 19 gennaio 1990).
Non rileva, quindi, secondo l’opinione dominante in dottrina e giurisprudenza, soltanto la violenza “propria”, ma anche la violenza “impropria”, che si può esplicare in forme molteplici dirette ad esercitare pressioni sulla volontà altrui al fine di impedirne una libera manifestazione.
La violenza o minaccia non devono essere necessariamente esercitate, quindi, nei confronti del soggetto passivo del reato, ma anche su una terza persona (Xxxx. 3 dicembre 1982); non è necessario che vi sia un rapporto di parentela o di amicizia nei confronti di tale persona: un effetto di coazione può infatti derivare anche da una violenza esercitata contro un terzo estraneo.
Il concetto di violenza comprende qualunque condotta che valga ad impedire il libero movimento del soggetto passivo e ponga quest’ultimo nell’alternativa di non muoversi oppure di muoversi con il pericolo di menomare l’integrità altrui, compreso lo stesso agente che ha creato consapevolmente l’ostacolo (Xxxx., sez. V., 15 ottobre 2008, n. 41311).
Secondo altri, in contrasto con la tesi dominante, si è ritenuto non condivisibile l’orientamento che conduce ad ampliare l’ambito di operatività dell’art. 610 mediante la formulazione di un concetto unitario di violenza che comprenda anche la violenza impropria: ai fini dell’art. 610 dovrebbe invece ritenersi rilevante solo la violenza che si esaurisce nell’impiego della forza fisica, con esclusione anche delle condotte di mera resistenza, che potrebbero essere ricondotte in certi casi al concetto di minaccia.
Venendo alla minaccia, si dovrà osservare che la minaccia, ovvero la prospettazione di un danno ingiusto e futuro, rileva ai sensi dell’art. 610 c.p. (violenza privata) in quanto sia mezzo per la coercizione della volontà altrui.
Secondo la giurisprudenza l’elemento della minaccia consiste in qualunque azione o comportamento che – tenuto conto delle condizioni in cui la vicenda si svolge – sia idoneo ad eliminare o ridurre nella vittima la capacità di determinarsi liberamente (Cass., 5 novembre 2001; sempre Cass. sez. V, 26 gennaio 2006, n. 7214).
La giurisprudenza ha precisato (in tema di violenza privata) che nella nozione di minaccia rientra qualsiasi comportamento od atteggiamento intimidatorio dell’agente, che sia idoneo ad eliminare o ridurre sensibilmente nel soggetto passivo la capacità di determinarsi ad agire secondo la propria volontà indipendente.
Pertanto, non occorre una minaccia verbale od esplicita, essendo sufficiente un qualsiasi comportamento od atteggiamento, tanto verso il soggetto passivo tanto verso altri, idoneo, avuto riguardo alle condizioni ambientali in cui il fatto si svolge, ad incutere timore ed a suscitare la preoccupazione di subire un danno ingiusto, onde ottenere che, mediante tale intimidazione, il soggetto passivo sia indotto a fare, tollerare od omettere qualche cosa (Cass. 6 marzo 1989), la minaccia deve essere “seria”, con l’avvertenza che tale qualità deve essere accertata tenendo conto sia della capacità dell’agente, sia delle condizioni fisiopsichiche della vittima.
Pur non essendo applicabili alla dedotta fattispecie si segnalano alcune pronunzie in materia di “violenza”, che vedono come soggetto attivo l’imprenditore.
La giurisprudenza in tema di violenza privata (art. 610 c.p.) ha, poi, ancora ritenuto integri il reato la condotta di un imprenditore che costringa alcuni lavoratori a sottoscrivere, al momento della loro assunzione, una lettera di dimissioni per motivi personali, con la implicita minaccia di non procedere alla loro assunzione qualora non avessero firmato la lettera.
Si è ritenuto, inoltre, configurabile il reato di violenza privata, consumata o tentata, a carico di datori di lavoro i quali costringano o cerchino di costringere taluni lavoratori dipendenti ad accertare una novazione del rapporto di lavoro comportante un loro demansionamento, mediante minaccia di destinarli, altrimenti, a forzata ed umiliante inerzia in ambiente fatiscente ed emarginato dal resto del contesto aziendale, nella prospettiva di un susseguente licenziamento (Cass. 8 marzo 2006, n. 31413). S veda Cass. sez. V, 30 aprile 2012, n. 36332, secondo cui integra il delitto di tentata violenza privata la condotta del datore di lavoro che convochi la dipendente – rientrata al lavoro dopo un periodo di astensione obbligatoria per maternità – in un locale fatiscente e le prospetti di farla lavorare in un luogo degradato ed in condizioni invivibili nel caso di mancata accettazione delle condizioni imposte dalla società preordinate ad ottenere contro la sua volontà le dimissioni od il prolungamento del periodo di allontanamento dal lavoro mediante l’astensione facoltativa post – partum.
Il terzo comma dell’art. 603 bis contempla alcune circostanze aggravanti specifiche che comportano l’aumento della pena da un terzo alla metà se:
1. il numero di lavoratori reclutati è superiore a tre;
2. uno o più soggetti reclutati sono minori in età non lavorativa;
3. il fatto è commesso esponendo i lavoratori intermediati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.
RAPPORTI CON LA ILLECITA INTERMEDIAZIONE PREVISTA DAI REATI CONTRAVVENZIONALI ED ALTRI REATI
La attuale normativa ha rapporti con altri reati similari e rischi di sovrapponibilità.
Sulla base della giurisprudenza i reati della stessa sezione del codice (es. art. 600, Riduzione o mantenimento in schiavitù) che, come il reato di cui all’art. 603 bis, prevedono lo sfruttamento di persone mediante condotte attuate anche con violenza e minaccia, si potrà avere il concorso di reati con le altre ipotesi criminose, le quali si caratterizzano per le particolari modalità con cui si esplica l’intimidazione e lo sfruttamento dei lavoratori (ad es. art. 572 c.p. maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, art. 572 c.p. percosse, art. 582 c.p. lesioni, art. 609 bis violenza sessuale).
Secondo molti commentatori, viceversa, per i reati di violenza privata e minacce si dovrà escludere il concorso in quanto assorbito dalla fattispecie dell’art. 603 bis.
Ugualmente sarà da escludere il concorso tra il reato di Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ed i reati contravvenzionali disciplinati sulla base del d.lgs. 276/2003, reati relativi alle varie fattispecie della c.d. interposizione illecita di manodopera che si caratterizza per l’utilizzo da parte di un imprenditore di prestazioni di lavoratori forniti da altri soggetti al di fuori dai casi consentiti dalla legge:
• il reato di somministrazione di lavoro abusiva (art. 18, c. 1,) che punisce chi esercita l’attività di somministrazione di lavoro
in assenza di autorizzazione ovvero fuori dalle ipotesi previste ed espressamente autorizzate;
• il reato di somministrazione di lavoro fraudolenta di cui all’ art. 28 del D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 che punisce chi pone in essere la somministrazione di lavoro con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo;
• il reato c.d. di pseudo-appalto di cui all’art. 29 del D.lgs. 10 settembre 2003, n. 276 che punisce chi pone in essere un
appalto, d’opera o di servizi, in assenza dei requisiti di un appalto lecito di cui all’art. 29 del medesimo dlgs. (l’organizzazione dei mezzi produttivi, la direzione dei lavoratori, il rischio di impresa in capo all’appaltatore e non al committente utilizzatore delle prestazioni);
• il reato c.d. di distacco illecito di cui all’art. 30 del medesimo D.lgs. che punisce chi pone in essere un distacco fittizio di un
lavoratore ovvero in assenza dei requisiti di cui all’art. 30, c.1, dello stesso D.lgs. (temporaneità del distacco, interesse specifico del distaccante).
Tutti reati puniti con la sola pena dell’ammenda ma che, a differenza del reato di cui all’art. 603-bis, prevedono espressamente che anche l’utilizzatore delle prestazioni dei lavoratori sia soggetto alla medesima sanzione del somministrante, pseudo- appaltatore o pseudo-distaccante,(per questo alcuni commentatori hanno iscritto queste contravvenzioni alla categoria dei reati plurisoggettivi propri) .
Il concorso di reati dovrà quindi essere escluso quando la fattispecie concreta della più grave Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro contenga anche una delle condotte dell’ interposizione illecita, come nel caso in cui il “caporale” fornisca la manodopera sotto la forma di un appalto fittizio.
In ordine ai reati di cui sopra, si ricorda che il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in attuazione della legge delega 183/2014 (c.d. Jobs Act) ha disposto l’abrogazione degli artt. dal 20 al 28 del D.lgs. n. 276/2003 riguardanti la “somministrazione di lavoro”.
L’istituto viene disciplinato dal capo IV del medesimo D.Lgs. n. 81/2015, che precede la disciplina sanzionatoria sostanzialmente delineata dall’art. 18 D.lgs. n. 276/2003.
Tale ultimo articolo prevede la punizione, con la sanzione penale dell’ammenda, l’esercizio non autorizzato della attività di somministrazione di lavoro (reato definito come “somministrazione abusiva”) ed il correlativo utilizzo di lavoratori somministrati da soggetti non autorizzati (reato di utilizzazione illecita). La previsione del più grave reato di “somministrazione fraudolenta”, ovvero quella posta in essere con la specifica finalità di eludere le norme inderogabili di legge o di contratto collettivo, era contenuta nell’art. 28, ora abrogato.
Ciò pone numerosi problemi agli interpreti e non è semplice ipotizzare i nuovi equilibri tra le varie fattispecie punitive.
RAPPORTI CON LE NORMATIVE SUL LAVORO EXTRACOMUNITARIO
È stato rilevato che la violazione del divieto di intermediazione nel mercato del lavoro integrava in origine le contravvenzioni previste dall’art. 27 L. 29 aprile 1949, n. 264 e dagli artt. 1 e 2 della l. 23 ottobre 1960, n. 1369. Con l’introduzione del lavoro interinale (L. n. 196 del 1997) ed il generale riordino della disciplina del mercato del lavoro (D.Lg. 10 settembre 2003, n. 276) si è verificato un depotenziamento degli strumenti di contrasto rispetto alla intermediazione illecita: pur avendo infatti ritenuto la giurisprudenza di legittimità che i reati stabiliti dalle leggi n. 264 del 1949 e 1369 del 1960 non siano stati aboliti dalla legge
n. 276 del 2003 (Cass., sez. III, 20 ottobre 2010), tali fattispecie contravvenzionali, sanzionate con pene di modesta entità, risultavano inadeguate ad un contrasto efficace del fenomeno del caporalato.
La giurisprudenza ha così fatto ricorso, per i casi più gravi, all’incriminazione per il reato di riduzione in schiavitù di cui all’art. 600 c.p., mentre per il solo sfruttamento degli immigrati extracomunitari clandestini è stato introdotto il delitto di cui all’art. 12, comma 3 ter, del D.lg. 25 luglio 1998, n. 286, che prevede, oltre alla multa, la reclusione da cinque a quindici anni.
ARTICOLO 12 D.LGS N. 286/1998 E S.M.I. DISPOSIZIONI CONTRO LE IMMIGRAZIONI CLANDESTINE.
“1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona.
2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 54 del codice penale, non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.
3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona nel caso in cui:
a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio dello Stato di cinque o più persone;
b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;
c) la persona trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale;
d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti;
e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti.
3-bis. Se i fatti di cui al comma 3 sono commessi ricorrendo due o più delle ipotesi di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del medesimo comma, la pena ivi prevista è aumentata.
3-ter. La pena detentiva è aumentata da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti di cui ai commi 1 e 3:
a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale o
lavorativo ovvero riguardano l’ingresso di minori da impiegare in attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento;
b) sono commessi al fine di trarne profitto, anche indiretto.
… omissis …
ARTICOLO 12 D.LGS N. 286/1998 E S.M.I. DISPOSIZIONI CONTRO LE IMMIGRAZIONI CLANDESTINE.
5. Fuori dei casi previsti dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell'ambito delle attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni. Quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
5-bis. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre ingiusto profitto, dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La condanna con provvedimento irrevocabile ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, anche se e' stata concessa la sospensione condizionale della pena, comporta la confisca dell'immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati sono destinate al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione
L’art. 22, commi 12 e 12 bis, dello stesso D.lg. punisce anche il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendente lavoratori stranieri, privi del permesso di soggiorno, sottoposti alle condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui all’art. 603 bis, comma 3.
ARTICOLO 22 D. LGS. N. 286/1998 E S.M.I.
LAVORO SUBORDINATO A TEMPO DETERMINATO E INDETERMINATO.
“12. Il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno previsto dal presente articolo, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa di 5000 euro per ogni lavoratore impiegato.
12-bis. Le pene per il fatto previsto dal comma 12 sono aumentate da un terzo alla metà:
a) se i lavoratori occupati sono in numero superiore a tre;
b) se i lavoratori occupati sono minori in età non lavorativa;
c) se i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell'articolo 603-bis del codice penale”.
L’art. 603 bis, introdotto dalla legge n. 199/2016, secondo gli interpreti, ha quindi colmato una lacuna, introducendo una incriminazione che sanziona i comportamenti i quali, da un lato, non si risolvano nella mera violazione delle regole poste dalla legge 276/2003 per la liceità della intermediazione, dall’altro non siano riconducibili ad una vera e propria riduzione in schiavitù o servitù
Relativamente al reato di riduzione in schiavitù, ex art. 600 c.p., sotto riprodotto,
“Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento, è punito con la reclusione da otto a venti anni.
La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona”
occorre osservare come integra la fattispecie, a differenza delle altre condotte similari, il considerare la persona come una cosa che possa essere oggetto di scambio commerciale.
Ai fini della configurabilità del reato di riduzione in schiavitù previsto dall’art. 600, la condizione di segregazione ed assoggettamento all’altrui potere di disposizione non viene meno allorquando essa temporaneamente si allenti, consentendo momenti di convivialità. Ed apparente benevolenza, finalizzati allo scopo di meglio piegare la volontà della vittima e vincerne la resistenza (Xxxx., sez. V,. 27 ottobre 2000; secondo Cass., sez. V, 18 novembre 2010, n. 2775, ai fini della configurabilità del delitto di riduzione in schiavitù non è necessaria una integrale negazione della libertà personale ma è sufficiente una significativa compromissione della capacità di autodeterminazione della persona, idonea a configurare lo stato di soggezione rilevante ai fini della integrazione della norma incriminatrice).
L’esame della normativa internazionale consente di evidenziare che il concetto di “servitù”, che costituisce una novità nell’ambito del sistema penale italiano, era già menzionato, insieme a quello di schiavitù, sia nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 10 dicembre 1948, sia nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950 (art. 4. Nessuno può essere tenuto “en esclavage ni en servitude”), sia nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966 (art. 8, comma 2: “nul ne sera tenu en servitude”), sia nella Convenzione internazionale sulla protezione dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie del 1990.
La dottrina aveva peraltro evidenziato la genericità del dettato convenzionale e le difficoltà di uniforme interpretazione.
La fattispecie (così come peraltro ora modificata dall’art,. 2, comma 1, lett. a, del D.Lg. 4 marzo 2014, n. 24, attuativo della Direttiva Comunitaria n. 2011/36/UE) contiene attualmente il riferimento ad una molteplicità di elementi; nel comma 1 dell’art. 600, infatti, si prevede che la riduzione o mantenimento di una persona in uno stato di soggezione continuativa rileva quando la persona sia costretta a prestazioni lavorative o sessuali, ovvero all’accattonaggio, o comunque al compimento di attività illecite (il D.lg. n. 24 del 2014 ha sostituito le parole “a prestazioni”) che ne comportino lo sfruttamento, nella descrizione, al comma 2, delle modalità di condotta (violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, promessa o dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona) mediante cui “ha luogo” la riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione.
CONCLUSIONI
Secondo la Presidente della Commissione Giustizia della camera, Xxxxxxxxx Xxxxxxxx,
“Il nuovo reato si articola in due distinte ipotesi. a) la fattispecie – base; b) la fattispecie – aggravata.
a) Fattispecie – base: è punito (reclusione da uno a sei anni e multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato) il caporale, ossia chi recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno, ed il datore di lavoro che utilizza, assume o impiega manodopera reclutata anche – ma non necessariamente – con l’utilizzo di caporalato sfruttando i lavoratori e approfittando del loro stato di bisogno. Gli elementi che caratterizzano la condotta, in entrambi i casi, sono lo sfruttamento del lavoratore e l’approfittarsi del suo stato di bisogno.
b) Fattispecie – aggravata: è punito (reclusione da cinque a otto anni e multa da 1.00 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato) chi commette il reato di caporalato come descritto nella fattispecie – base mediante violenza o minaccia.
La nuova versione dell’art. 603 bis va letta correttamente: il datore di lavoro risponde del reato di caporalato (a prescindere dall’intervento del caporale) solo se sfrutta ed approfitta dello stato di bisogno dei lavoratori. Le nozioni di sfruttamento e di stato di bisogno debbono essere intese in stretta connessione tra loro, costituendo la condizione di vulnerabilità di chi versa in stato di bisogno il presupposto della condotta approfittatrice del soggetto agente attraverso la quale realizzare lo sfruttamento. Senza queste due condizioni, insomma, non c’è reato”.
Secondo la dottrina ed i commentatori intervenuti sull’argomento da ultimo, in sostanza, gli indici di sfruttamento sono unicamente “sintomi” ovvero indizi che il giudice dovrà valutare se corroborati dagli elementi di sfruttamento ed approfittamento dello stato di bisogno (concetto comunque labile e discrezionale) e non condotte immediatamente delittuose e costituiscono un semplice indicatore dell’esistenza dei fatti oggetto di incriminazione di cui il giudice deve tener conto nell’accertamento della verità, ma che non si identificano a priori con gli elementi costitutivi del reato. Tutto vero. Con questo argomentare, apparentemente corretto e convincente, si alimenta, però, in realtà, il sospetto, la diffidenza verso l’impresa e l’imprenditore. Anche per mere violazioni formali ovvero di carattere unicamente contrattuale e lavoristico, l’imprenditore rischierà di essere introdotto nel meccanismo infernale del processo penale. Sicuramente non si determineranno, nella gran
parte dei casi, le condizioni per arrivare alla condanna penale (se sganciate da un reale sfruttamento connesso allo stato di bisogno) ma forte è il rischio che sia attribuito nell’immediatezza del fatto contestato al lavoratore, ai funzionari ispettivi ed al sindacato dei lavoratori uno straordinario potere interdittivo (o peggio!) nei confronti dei datori di lavoro, che si troveranno perciò ad affrontare, in relazione agli indicatori dello sfruttamento, come normati, le conseguenze del loro agire imprenditoriale non più in sede civile ma in sede penale, unitamente a misure draconiane quali l’arresto in flagranza, la confisca, il “controllo” giudiziale dell’azienda.
Se dunque è vero che per configurare il reato è necessario che sussista lo stato di bisogno e l’approfittamento da parte del datore di lavoro, è pur vero che tale stato non è astrattamente difficile da riscontrare nei confronti di persone, come gran parte dei lavoratori agricoli, che svolgono attività di carattere stagionale e discontinuo, che sono disoccupati per buona parte dell’anno, che percepiscono redditi contenuti, e che spesso appartengono a categorie sociali considerate deboli sotto il profilo occupazionale (extracomunitari, ultra cinquantenni, donne).
In ogni caso, la necessità che sussistano il dolo e l’approfittamento dello stato di bisogno mitigano solo in parte le preoccupazioni dei datori di lavoro in merito ad una fattispecie criminosa descritta in modo generico e attraverso il rinvio ad indicatori vaghi ed eccessivamente ampi, che lasciano grandi margini di discrezionalità agli organi di vigilanza ed alla magistratura.
QUADRO SANZIONATORIO – RIEPILOGO
Per quanto riguarda le sanzioni, l’art. 1 prevede per il reato base la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. Se il reato è commesso con violenza o minaccia, è prevista la reclusione da 5 a 8 anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Le pene sopra indicate sono aumentate da un terzo alla metà alla presenza di aggravanti specifiche: numero di lavoratori coinvolti superiore a 3, soggetti minori di età, messa in stato di grave pericolo dei lavoratori. Costituisce circostanza attenuante – che fa diminuire le pene sopra indicate da un terzo a due terzi – la collaborazione con le autorità inquirenti.
Vengono inoltre previsti l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (di cui all’art. 380 c.p.p.) e la confisca obbligatoria dei beni, anche per equivalente (art. 2 e art. 5).
Tra le misure cautelari si segnala l’introduzione del controllo giudiziario dell'azienda che il giudice può disporre in luogo del sequestro qualora l’interruzione dell’attività imprenditoriale comporti rischi occupazionali ed economici (art.3) .
Viene infine estesa alle ipotesi di reato sopra indicate la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche di cui alla legge n. 231/2001 (art.6).
Per mitigare il rischio di essere coinvolti in procedimenti penali si rende opportuna la definizione di appositi criteri interpretativi ad uso, in specie, degli enti ispettivi.
Occorre precisare ad esempio cosa si debba intendere per “retribuzione palesemente difforme” rispetto a quella contrattuale, al riguardo, si segnala che utile sarebbe stabilire ciò unicamente per salari corrisposti se inferiori al livello salariale minimo sancito dal CCNL o dal CPL, poiché in caso contrario si vedrebbero punite penalmente mere violazioni contrattuali i tema di classificazione o demansionamento.
Ancora da chiarire la portata delle violazioni in materia di organizzazione del lavoro (orario, ferie, festività, ecc … ), xxxxx solo citare le norme contrattuali relative al terzo elemento che compensa, per il personale “avventizio”, in chiave economica tali istituti.
Che dire, poi, delle violazioni in materia di sicurezza del lavoro, alla luce della generica formulazione del punto 3) del terzo comma del nuovo art. 603 bis c.p., formulazione che nemmeno più contempla la previgente formulazione (peraltro di assoluto buon senso) “tale da esporre il lavoratore a pericolo per la salute, la sicurezza o l’incolumità personale”.
Ciò alla luce delle miriade di adempimenti (per lo più meramente formule e documentali) previsti dal D.Lgs. n. 81/2008. Occorre, in particolare, riformare, alla luce del nuovo dettato normativo, tutte le regole contrattuali portatrici di rigidità, ad esempio in materia di orario di lavoro, recuperando “in toto”, a livello provinciale, le modifiche introdotte dall’art. 42 del CCNL
22 ottobre 2014 in merito al lavoro straordinario; occorrerà riportare la definizione dell’orario al naturale contesto “settimanale” come previsto dall’art. 3 del D.Lgs. n. 66/2003, confinando il divisore 6.5 all’odierno tecnicamente connaturato di divisore salariale stipendiale.
Opportuna, poi, la definizione dell’orario multiperiodale come sancito dall’art. 34, comma 2, del CCNL operai agricoli vigente.
Occorre i sostanza prevedere la massima flessibilità dei fattori organizzativi, come dei livelli “classificatori”, puntando sulle declaratorie e non unicamente sui “profili”, solo la flessibilità contrattuale potrà mitigare i rigori della norma penale, così assurdamente sovrapponibile.
Nessun agricoltore sarà condannato per il “nuovo” 603 bis c.p., molti rischieranno però le “spiate”, “l’invidia del vicino”, le maldicenze del sindacalista, il rigore dell’ispettore; il tutto foriero di costi, lungaggini, gogna mediatica e discredito personale.
Occorre lavorare per modificare un assurdo e penalizzante assetto normativo che se inalterato avrà come unico effetto quello di disincentivare l’impresa sana ed onesta, paradossalmente favorendo l’illegalità che si pretenderebbe di combattere.
CAPITOLO 12 – FAC SIMILI CONTRATTI VARI
a. Il fac simile contratto occasionale agricolo
Collaborazione occasionale tra parenti e affini
ai sensi dell’art. 74 Decreto Legislativo 10/9/2003 n. 276
Con la presente scrittura privata il sig. ……………………….. nato a …………….. il C.F.
………………………………………, titolare dell’azienda agricola ………………………………………., con sede a
………………………… in via …………………….
conferisce
in ragione dei rapporti familiari sottesi, al sig. ………………………… nato a …………….. il C.F.
………………………………………, che accetta l’incarico di collaboratore occasionalmente e gratuitamente, ai sensi e per gli effetti dell'art. 74 del X.X.xx 276/2003 nel periodo dal ………..…. al …………….. dandosi atto reciprocamente che tale prestazione è occasione, ovvero comunque di breve periodo e resa a titolo di aiuto per “affectio” familiare e con il carattere della gratuità.
Le parti dichiarano sotto la propria responsabilità che tra di loro esiste un vincolo di parentela/affinità entro il quarto grado, essendo rispettivamente (es. padre e figlio; ovvero nonno e nipote; cognati, ecc.).
Le parti dichiarano altresì che la collaborazione occasionale di cui alla presente scrittura viene resa in piena autonomia ed indipendenza, senza alcun vincolo di subordinazione, senza il rispetto di un orario di lavoro e senza alcuna forma di retribuzione e che la stessa non configura un rapporto di lavoro subordinato, né autonomo e che pertanto non dà luogo, a mente dell’art. 74 del X.X.xx 276/2003, ad obblighi contributivi.
Per le spese di mantenimento e di esecuzione dei lavori il sig. ……………….. riconosce al sig la
somma di € giornaliere.
Data, ………………….
Firma Firma
Titolare azienda Collaboratore familiare occasionale
Nota 1
Pur in assenza di normative specifiche, è opportuno limitare il periodo a 30 giorni
b. Il fac simile contratto occasionale non agricolo
Contratto d’opera
ai sensi degli artt. 2222 e seguenti del c.c.
Oggi ……………… in …………… tra lo Studio ……………………… con sede legale in Via
…………………………………………….., C.F. ……………………… P.IVA ………………………, più brevemente di seguito indicato come committente
e
Il sig. …………………. nato a ……………………….. il ……….. e residente in ………………. Via , C.F.
…………………, più brevemente di seguito indicato come collaboratore Premxxxx
• che il committente svolge attività di consulenza nell’arredamento di interni e che necessita del collegamento in rete dei computer e dei software per l’arredamento di interni ora inseriti autonomamente nelle diverse postazioni di lavoro
• che il collaboratore ha una specifica conoscenza dell’installazione di nuovi software nonché delle modalità di organizzazione di computer in rete
• che è intenzione del committente di avvalersi dell’attività del collaboratore, in qualità di lavoratore autonomo, per l’approntamento dei propri computer in rete nonché per l’installazione di nuovi software per l’arredamento
• che è intenzione del collaboratore realizzare tale prestazione d’opera
• che è intendimento delle parti di collaborare tra loro in autonomia ed escludendo ogni vincolo di subordinazione si conviene
di costituire il seguente contratto, di seguito indicato contratto, conformemente a quanto previsto dall’art. 2222 e seguenti del codice civile, regolamentato dai seguenti patti e condizioni.
Art. 1 – Oggetto
Oggetto del presente contratto è costituito dalla creazione del collegamento in rete di tutte le postazioni di lavoro presso lo studio di arredamento di interni del committente sito in via …………………………………
In particolare, conformemente a quanto già indicato nella premessa del presente contratto, il collaboratore, per le sue conoscenze professionali, dovrà provvedere a:
• individuare e acquistare il server e il software di rete più adatto alle esigenze del committente
• effettuare, tramite un eventuale altro tecnico di sua fiducia che si occupa dell’impiantistica elettrica, i vari collegamenti tra le postazioni di lavoro e il server di rete
• installare i nuovi software di rete
• installare il programma outlook e/o programmi similari che permettano la condivisione tra gli operatori di appuntamenti, rubriche, e di comunicazioni interne.
Le prestazioni sopra elencate verranno effettuate dal collaboratore esclusivamente presso la sede del committente. Art. 2 – Durata del rapporto
Il rapporto avrà inizio a far data dal per concludersi al raggiungimento del risultato oggetto del presente contratto.
Art. 3 – Corrispettivo
A fronte delle prestazioni di cui all’art. 1 del presente contratto, viene fissato un corrispettivo lordo di Le spese
sostenute dal collaboratore per lo svolgimento del presente incarico sono a carico del collaboratore stesso. Art. 4 – Pagamento
Il corrispettivo di cui al precedente art. 3 sarà liquidato per il 50% entro 15 giorni dalla firma del presente contratto, il rimanente al completamento dei lavori.
Art. 5 – Modalità di svolgimento delle prestazioni
Il collaboratore non è inserito nell’organizzazione gerarchica dello studio del committente e svolgerà le prestazioni oggetto del presente contratto in piena indipendenza ed autonomia, senza quindi l’obbligo di seguire particolari direttive tecniche od organizzative.
Art. 6 – Diligenza qualificata
Nell’esecuzione del presente contratto, al collaboratore sarà richiesta la diligenza qualificata propria di un professionista.
La prestazione di tale diligenza qualificata non include la facoltà da parte del committente di richiedere al collaboratore eventuali danni diretti e/o indiretti, limitandosi la responsabilità del collaboratore al ripristino gratuito dell’opera.
Art. 7 – Forma scritta
Ogni accordo in deroga al presente contratto dovrà risultare in forma scritta, non essendo applicabili i patti verbali.
Art. 8 – Foro competente
Per ogni controversia che dovesse sorgere tra le parti in merito alla interpretazione ed esecuzione del presente contratto, Foro competente è ……………
Letto, approvato, sottoscritto.
c. Il fac simile dello scambio di manodopera
Contratto ai sensi dell’art. 2139 c.c.
Tra i sigg. …………………………………………………………….. e …………………………………………………………….
………………………………………………………………………… e ……………………………………………………………..
- Visto l’art. 2139 del c.c.;
- Tenuto conto della facilità con cui si può accedere ai fondi dei sottoscritti gestiti singolarmente;
- Tenuto conto della qualifica posseduta di piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.) in quanto coltivatori diretti;
- Viste le necessità colturali per l’anno ;
- Valutata insufficiente la forza lavoro delle rispettive aziende;
- Ritenuta l’utilità dello scambio di prestazioni e servizi che riguarderà anche i mezzi meccanici e le attrezzature di proprietà, occorrenti al disbrigo dei lavori inerenti i prodotti ortofrutticoli, cerealicoli, bieticoli, ecc., di cui le aziende in questione, prese singolarmente, sono carenti, ma che in questo modo si integreranno,
si conviene
lo scambio di manodopera in occasione delle lavorazioni inerenti le produzioni di cui sopra previste nel piano colturale aziendale.
Lo scambio di cui si tratta, avverrà a far tempo dal …………………. al ed avrà carattere di reciprocità.
Potranno coadiuvare i sigg. ………………………………………… e ………………………………………………………………
Anche le unità familiari eventualmente od occasionalmente in forza alle aziende. In linea principale sono quindi interessati allo scambio di manodopera i sigg , appartenenti tutti al medesimo nucleo familiare di C.D.
Lo scambio di manodopera non dà diritto alla percezione di alcuna retribuzione. Tale contratto ha validità a tutti gli effetti di legge e previdenziali.
Luogo e data, ………………………
Firma Firma
d. Il fac simile della lettera di assunzione operaio agricolo tempo pieno e determinato, Ex art. 21 CCNL Operai Agricoli 22/10/2014, lett. B o C.
L’anno ….. il giorno ….. del mese di……..
Tra
Il/La sig./sig.ra ………………………………………, titolare /legale rappresentante dell’azienda agricola …. con sede , (datore di lavoro)
Ed
Il sig……, nato a……, e residente in ……, via….. (lavoratore)
Visto il CCNL 22/10/2014, visto il C.P.L. vigente in provincia di Bologna, si conviene quanto segue.
Il/La sig./sig.ra , assume alle proprie dipendenze il sig……,in qualità di operaio agricolo, con
contratto di lavoro a tempo determinato, da svolgersi nell’ambito di un unico rapporto continuativo, ai sensi dell’art. 21, lett. B o lett. C) (N.B. lett. B) per un rapporto con minimo 100 g/anno; lett. C) per un rapporto con minimo 180 g/anno) del CCNL operai agricoli florovivaisti del 22 ottobre 2014.
Il rapporto di lavoro ha inizio il…..e termina…… senza necessità di alcuna disdetta o preavviso e si svolge per un numero di giornate pari a (indicare il numero di giornate a seconda che si tratti dell’art. 21, lett. B o lett. C)
Il sig…..viene assunto con la qualifica/livello professionale operai agricolo ……………… di ..° livello, per lo svolgimento delle mansioni di proprie del livello.
Al lavoratore sono assicurate , conformemente alle norme contrattuale di settore previste in caso di avviamento al lavoro per fase lavorativa, chiamate al lavoro per tutta la durata della fase e per l’orario contrattualmente previsto, ad eccezione delle giornate nelle quali l’attività produttiva non è consentita da cause dipendenti da avversità atmosferiche e/o forza maggiore e comunque altre motivate ragioni non imputabili all’Azienda.
Luogo e data, ………………………
Firma
e.1. Il fac simile della lettera di assunzione di impiegato agricolo a tempo determinato a tempo pieno – acausale (fino ad un massimo di 36 mesi – comprensivo di un massimo di 5 proroghe)
Egr. Sig./a
Oggetto: IMPIEGATI AGRICOLO ASSUNZIONE a TEMPO DETERMINATO A TEMPO PIENO
A definizione degli accordi verbali intervenuti, Le comunichiamo che Ella xxxà assunto alle dipendenze della scrivente azienda , alle condizioni contrattuali e normative appresso meglio indicate, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 368/2001, così come modificato dalla legge n. 92 del 2012, e dal D.L. 34/2014, convertito in legge n. 78/2014, e s.m.i.
1. Sede di lavoro: La sua sede di lavoro sarà d’ordinario, per le attività proprie della mansione, presso la sede / fondo situato in .
2. Tipo di rapporto: Il Suo rapporto a Tempo determinato a tempo pieno, avrà inizio il / / e termine al
/ / , per la durata complessiva di mesi .
3. Contratto collettivo di riferimento: Il Rapporto di Lavoro sarà regolato dalle norme previste dal C.C.N.L. e
s.m.i. e del C.P.L. Prov. di Bologna del alle cui condizioni ci si riporta integralmente che, in parte ed in via non esaustiva, si riportano di seguito:
4. Orario di Lavoro:
L’orario di lavoro previsto è pari a 39 ore settimanali, su 5/6 giorni settimanali, così distribuite:
dal lunedì al venerdì dalle alle ; sabato dalle alle .
domenica: riposo settimanale festivo. Il lavoro è previsto continuativamente per ogni settimana prevista dal calendario lavorativo annuo.
5. Assicurazione infortuni: Contro gli infortuni professionali ed extra professionali sarà attivata presso l’E.N.P.A.I.A. la relativa assicurazione.
In caso di infortunio, per ottenere la relativa assistenza, dovrà darne tempestiva comunicazione che provvederà a dar corso alla pratica presso il suddetto Ente e, nel caso specifico di infortunio sul lavoro, ad informare nei termini di legge gli Uffici competenti.
6. Trattamento di fine rapporto: Il Trattamento di Fine Rapporto è corrisposto dall’E.N.P.A.I.A.
7. Livello d’inquadramento:
Ella sarà assunto con inquadramento al livello del CCNL vigente, con mansioni di impiegato tecnico/amministrativo.
8. Trattamento Economico: La sua retribuzione mensile ordinaria è fissata, per l’orario di lavoro stabilito e nella misura del prestazione ordinaria, in Euro (Euro /00) al lordo delle trattenute di legge e così articolata:
Voci retributive | Importi |
Retribuzione base | |
Superminimo |
Totale retribuzione |
Al termine delle prestazioni Le saranno corrisposti gli istituti contrattuali previsti (eventuali ratei di ferie non godute, ratei di 13ma e ratei di 14ma mensilità).
9. Ferie: Ella maturerà per l’intera durata del rapporto giorni di ferie da godersi entro il termine del rapporto, in caso di mancato godimento Le sarà corrisposta la relativa indennità sostitutiva.
10. Trasferte: per missioni presso località diverse da quelle indicate al punto 1.) Le saranno riconosciuti i rimborsi relativi alle spese di alloggio, di vitto, trasporto e per l’eventuale uso di auto propria, connessi alle trasferte preventivamente autorizzate.
11. Strumentazione aziendale: onde eseguire la prestazione lavorativa Le è assegnata
.
12. Assegni Familiari: Con le modalità prescritte ed in caso di spettanza, previa presentazione della relativa documentazione, Le saranno liquidati gli eventuali assegni familiari unitamente alle competenze.
13. Consegna copia comunicazione telematica assunzione: ai sensi delle vigenti disposizioni comunicazione dell’instaurazione del rapporto verrà trasmessa telematicamente agli uffici competenti, copia di tale comunicazione Le sarà consegnata all’atto della instaurazione del rapporto.
14. Confidenzialità: Lei xx impegna a non utilizzare ed a non divulgare, tanto nel vigore del presente contratto che successivamente alla sua cessazione, alcuna delle informazioni confidenziali che avrà avuto modo di raccogliere in occasione dello svolgimento del rapporto di lavoro.
15. Dati personali: con la sottoscrizione del presente contratto, ai sensi del D. Lgs. 196/03, Lei autorizza la Società a conservare, archiviare e trattare i Suoi dati personali, compresi quelli definiti “sensibili”, necessari per la corretta formalizzazione ed amministrazione del rapporto di lavoro. Lei altresì autorizza l’azienda, titolare del trattamento dei Suoi dati personali, a comunicare gli stessi agli studi di consulenza e/o a centri di elaborazione dati che dovessero procedere all’elaborazione dei cedolini paga. In ogni caso il trattamento dei Suoi dati personali avverrà a norma di legge, secondo principi di liceità e correttezza ed in modo da tutelare la Sua riservatezza.
16. Normx xx rinvio: per quanto non previsto nella presente lettera di assunzione si fa rinvio alle vigenti disposizioni di legge ed al citato CCNL 25/05/2010 e relativo C.P.L. Prov. di Bologna.
17. Diritto di precedenza: si dà atto che a mente delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 15/06/2015, n. 81, nel caso in cui la prestazione lavorativa sia resa per un periodo superiore a sei mesi, Lei ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato, effettuate dallo scrivente datore di lavoro, entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione del rapporto a termine.
Il presente contratto si intenderà da Lei accettato se si presenterà regolarmente al lavoro nella data sopraindicata, restituendo nel contempo, a questa Sede, copia dello stesso controfirmata.
Distinti saluti.
Bologna,
Azienda
Il Dipendente per accettazione
e.2. Il fac simile della lettera di assunzione di impiegato agricolo a tempo determinato a tempo parziale – acausale (fino ad un massimo di 36 mesi – comprensivo di un massimo di 5 proroghe)
Egr. Sig./a
Oggetto: IMPIEGATI AGRICOLO ASSUNZIONE a TEMPO DETERMINATO A TEMPO PARZIALE
A definizione degli accordi verbali intervenuti, Le comunichiamo che Ella xxxà assunto alle dipendenze della scrivente azienda , alle condizioni contrattuali e normative appresso meglio indicate, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 368/2001, così come modificato dalla legge n. 92 del 2012, e dal D.L. 34/2014, convertito in legge n. 78/2014, e s.m.i.
1. Sede di lavoro: La sua sede di lavoro sarà d’ordinario, per le attività proprie della mansione, presso la sede / fondo situato in .
2. Tipo di rapporto: Il Suo rapporto a Tempo determinato a tempo parziale, avrà inizio il / / e termine al
/ / , per la durata complessiva di mesi .
3. Contratto collettivo di riferimento: Il Rapporto di Lavoro sarà regolato dalle norme previste dal C.C.N.L. e
s.m.i. e del C.P.L. Prov. di Bologna del alle cui condizioni ci si riporta integralmente che, in parte ed in via non esaustiva, si riportano di seguito:
4. Orario di Lavoro:
L’orario di lavoro, sulla base dell’art. del citato C.C.N.L., è pari a ore settimanali, pari al % dell’orario ordinario contrattualmente previsto.
Lo svolgimento dell’attività lavorativa a tempo parziale è così regolata:
- Dal al dalle ore alle ore ;
- Il dalle ore alle ore e dalle ore alle ore ;
- Il dalle ore alle ore .
Le parti si danno atto che l’orario di lavoro così descritto si intende in ogni caso ordinario. Le parti si danno atto che il giorno di riposo settimanale è il .
È consentita la prestazione di lavoro supplementare ove sia giustificata da esigenze organizzative o produttive aziendali. Il lavoro supplementare non deve superare, nell’anno, la misura del 25% rispetto all’orario ridotto concordato, con una maggiorazione del 15%. In caso di superamento del limite di cui al periodo precedente, le ore di lavoro prestate oltre tale limite sono retribuite con la maggiorazione del 35%.
Nelle ipotesi di part – time di tipo verticale o misto (limitatamente alle giornate ad orario pieno) è anche consentito lo svolgimento di ore di lavoro straordinario in relazione alle giornate di attività lavorativa nel limite massimo di 2 ore giornaliere e, comunque, nel rispetto del limite massimo previsto dal contratto collettivo di lavoro, riproporzionato in base alla ridotta durata della prestazione lavorativa. Tali prestazioni lavorative straordinarie saranno retribuite in base alla disciplina contrattuale vigente.
In caso di necessità aziendali è consentita la possibilità di definire una diversa collocazione temporale della prestazione lavorativa (clausola flessibile) per un periodo continuativo non superiore a 6 mesi, purché si verifichino, anche disgiuntamente, le seguenti condizioni:
- oggettive esigenze tecnico – produttive,
- esigenza connesse alla funzionalità del servizio o dell’attività produttiva.
La modifica della collocazione temporale della prestazione lavorativa (clausola flessibile) e la variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa (clausola elastica) sono consentite per esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
Con la sottoscrizione del presente contratto Lei, formalmente ed espressamente, presta consenso e disponibilità alla variazione della collocazione temporale della prestazione o alla variazione in aumento della durata della stessa.
La variazione della prestazione lavorativa le sarà di regola comunicata con un preavviso di almeno 5 giorni. In caso di oggettiva urgenza il termine di preavviso è ridotto a 2 giorni.
Le ore di lavoro prestate in attuazione delle clausole elastiche o flessibili sono retribuite con una maggiorazione del 15%.
5. Assicurazione infortuni: Contro gli infortuni professionali ed extra professionali sarà attivata presso l’E.N.P.A.I.A. la relativa assicurazione.
In caso di infortunio, per ottenere la relativa assistenza, dovrà darne tempestiva comunicazione che provvederà a dar corso alla pratica presso il suddetto Ente e, nel caso specifico di infortunio sul lavoro, ad informare nei termini di legge gli Uffici competenti.
6. Trattamento di fine rapporto: Il Trattamento di Fine Rapporto è corrisposto dall’E.N.P.A.I.A.
7. Livello d’inquadramento:
Ella sarà assunto con inquadramento al livello del CCNL vigente, con mansioni di impiegato tecnico/amministrativo.
Trattamento Economico: Premesso che, in relazione al suo inquadramento la retribuzione ordinaria mensile è fissata, per il tempo pieno, come da tabella sotto riportata,
Voci retributive | Importi |
Retribuzione base | |
Superminimo | |
Totale retribuzione |
Il trattamento per la prestazione di lavoro a tempo parziale a Lei spettante è commisurato, visto l’orario di cui al punto 4) del presente contratto, alla percentuale di % di una prestazione a tempo pieno.
Le sono riconosciuti altresì gli istituti economici e contrattuali, quali festività nazionali ed infrasettimanali, ferie, 13esima mensilità, 14esima mensilità in misura proporzionale a quelli spettanti per il tempo pieno, pari al % secondo quanto previsto dal vigente C.C.N.L. e relativo C.P.L. Prov. di Bologna. Pertanto, la Sua retribuzione mensile rapportata al tempo parziale è pari ad € mensili, al lordo delle ritenute di legge.
8. Ferie: Ella maturerà per l’intera durata del rapporto giorni di ferie da godersi entro il termine del rapporto, in caso di mancato godimento Le sarà corrisposta la relativa indennità sostitutiva.
9. Trasferte: per missioni presso località diverse da quelle indicate al punto 1.) Le saranno riconosciuti i rimborsi relativi alle spese di alloggio, di vitto, trasporto e per l’eventuale uso di auto propria, connessi alle trasferte preventivamente autorizzate.
10. Strumentazione aziendale: onde eseguire la prestazione lavorativa Le è assegnata
.
11. Assegni Familiari: Con le modalità prescritte ed in caso di spettanza, previa presentazione della relativa documentazione, Le saranno liquidati gli eventuali assegni familiari unitamente alle competenze.
12. Consegna copia comunicazione telematica assunzione: ai sensi delle vigenti disposizioni comunicazione dell’instaurazione del rapporto verrà trasmessa telematicamente agli uffici competenti, copia di tale comunicazione Le sarà consegnata all’atto della instaurazione del rapporto.
13. Confidenzialità: Lei xx impegna a non utilizzare ed a non divulgare, tanto nel vigore del presente contratto che successivamente alla sua cessazione, alcuna delle informazioni confidenziali che avrà avuto modo di raccogliere in occasione dello svolgimento del rapporto di lavoro.
14. Dati personali: con la sottoscrizione del presente contratto, ai sensi del D. Lgs. 196/03, Lei autorizza la Società a conservare, archiviare e trattare i Suoi dati personali, compresi quelli definiti “sensibili”, necessari per la corretta formalizzazione ed amministrazione del rapporto di lavoro. Lei altresì autorizza l’azienda, titolare del trattamento dei Suoi dati personali, a comunicare gli stessi agli studi di consulenza e/o a centri di elaborazione dati che dovessero procedere all’elaborazione dei cedolini paga. In ogni caso il trattamento dei Suoi dati personali avverrà a norma di legge, secondo principi di liceità e correttezza ed in modo da tutelare la Sua riservatezza.
15. Normx xx rinvio: per quanto non previsto nella presente lettera di assunzione si fa rinvio alle vigenti disposizioni di legge ed al citato CCNL 25/05/2010 e relativo C.P.L. Prov. di Bologna.
16. Diritto di precedenza: si dà atto che a mente delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 15/06/2015, n. 81, nel caso in cui la prestazione lavorativa sia resa per un periodo superiore a sei mesi, Lei ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato, effettuate dallo scrivente datore di lavoro, entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione del rapporto a termine.
Il presente contratto si intenderà da Lei accettato se si presenterà regolarmente al lavoro nella data sopraindicata, restituendo nel contempo, a questa Sede, copia dello stesso controfirmata.
Distinti saluti.
Bologna,
Azienda
Il Dipendente per accettazione
e.3 Il fac simile assunzione impiegato a tempo determinato a tempo pieno con causale
Oggetto: LETTERA DI ASSUNZIONE A TEMPO DETERMINATO A TEMPO PIENO PER MOTIVI DI CARATTERE TECNICO, PRODUTTIVO, ORGANIZZATIVO
Egr. Sig./a
A definizione degli accordi verbali intervenuti, Le comunichiamo che Ella xxxà assunto alle dipendenze della scrivente azienda , alle condizioni contrattuali e normative appresso meglio indicate, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1, comma 1 bis, del D.Lgs. n. 368/2001, così come modificato dalla legge n. 92 del 2012, e dal D.L. 34/2014, convertito in legge n. 78/2014, e s.m.i., per esigenze di carattere (tecnico / produttivo e organizzativo)
1. Sede di lavoro: La sua sede di lavoro sarà d’ordinario, per le attività proprie della mansione, presso la sede / fondo situato in .
2. Tipo di rapporto: Il Suo rapporto a Tempo determinato a tempo pieno, avrà inizio il / / e termine al
/ / , per la durata complessiva di mesi .
3. Contratto collettivo di riferimento: Il Rapporto di Lavoro sarà regolato dalle norme previste dal C.C.N.L. e
s.m.i. e del C.P.L. Prov. di Bologna del alle cui condizioni ci si riporta integralmente che, in parte ed in via non esaustiva, si riportano di seguito:
4. Orario di Lavoro:
L’orario di lavoro previsto è pari a 39 ore settimanali, su 5/6 giorni settimanali, così distribuite:
dal lunedì al venerdì dalle alle ; sabato dalle alle .
domenica: riposo settimanale festivo. Il lavoro è previsto continuativamente per ogni settimana prevista dal calendario lavorativo annuo.
5. Assicurazione infortuni: Contro gli infortuni professionali ed extra professionali sarà attivata presso l’E.N.P.A.I.A. la relativa assicurazione.
In caso di infortunio, per ottenere la relativa assistenza, dovrà darne tempestiva comunicazione che provvederà a dar corso alla pratica presso il suddetto Ente e, nel caso specifico di infortunio sul lavoro, ad informare nei termini di legge gli Uffici competenti.
6. Trattamento di fine rapporto: Il Trattamento di Fine Rapporto è corrisposto dall’E.N.P.A.I.A.
7. Livello d’inquadramento:
Ella sarà assunto con inquadramento al livello del CCNL vigente, con mansioni di impiegato tecnico/amministrativo.
8. Trattamento Economico: La sua retribuzione mensile ordinaria è fissata, per l’orario di lavoro stabilito e nella misura del prestazione ordinaria, in Euro (Euro /00) al lordo delle trattenute di legge e così articolata:
Voci retributive | Importi |
Retribuzione base | |
Superminimo |
Totale retribuzione |
Al termine delle prestazioni Le saranno corrisposti gli istituti contrattuali previsti (eventuali ratei di ferie non godute, ratei di 13ma e ratei di 14ma mensilità).
9. Ferie: Ella maturerà per l’intera durata del rapporto giorni di ferie da godersi entro il termine del rapporto, in caso di mancato godimento Le sarà corrisposta la relativa indennità sostitutiva.
10. Trasferte: per missioni presso località diverse da quelle indicate al punto 1.) Le saranno riconosciuti i rimborsi relativi alle spese di alloggio, di vitto, trasporto e per l’eventuale uso di auto propria, connessi alle trasferte preventivamente autorizzate.
11. Strumentazione aziendale: onde eseguire la prestazione lavorativa Le è assegnata
.
12. Assegni Familiari: Con le modalità prescritte ed in caso di spettanza, previa presentazione della relativa documentazione, Le saranno liquidati gli eventuali assegni familiari unitamente alle competenze.
13. Consegna copia comunicazione telematica assunzione: ai sensi delle vigenti disposizioni comunicazione dell’instaurazione del rapporto verrà trasmessa telematicamente agli uffici competenti, copia di tale comunicazione Le sarà consegnata all’atto della instaurazione del rapporto.
14. Confidenzialità: Lei xx impegna a non utilizzare ed a non divulgare, tanto nel vigore del presente contratto che successivamente alla sua cessazione, alcuna delle informazioni confidenziali che avrà avuto modo di raccogliere in occasione dello svolgimento del rapporto di lavoro.
15. Dati personali: con la sottoscrizione del presente contratto, ai sensi del D. Lgs. 196/03, Lei autorizza la Società a conservare, archiviare e trattare i Suoi dati personali, compresi quelli definiti “sensibili”, necessari per la corretta formalizzazione ed amministrazione del rapporto di lavoro. Lei altresì autorizza l’azienda, titolare del trattamento dei Suoi dati personali, a comunicare gli stessi agli studi di consulenza e/o a centri di elaborazione dati che dovessero procedere all’elaborazione dei cedolini paga. In ogni caso il trattamento dei Suoi dati personali avverrà a norma di legge, secondo principi di liceità e correttezza ed in modo da tutelare la Sua riservatezza.
16. Normx xx rinvio: per quanto non previsto nella presente lettera di assunzione si fa rinvio alle vigenti disposizioni di legge ed al citato CCNL 25/05/2010 e relativo C.P.L. Prov. di Bologna.
17. Diritto di precedenza: si dà atto che a mente delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 15/06/2015, n. 81, nel caso in cui la prestazione lavorativa sia resa per un periodo superiore a sei mesi, Lei ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato, effettuate dallo scrivente datore di lavoro, entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione del rapporto a termine.
Il presente contratto si intenderà da Lei accettato se si presenterà regolarmente al lavoro nella data sopraindicata, restituendo nel contempo, a questa Sede, copia dello stesso controfirmata.
Distinti saluti.
Bologna,
Azienda
Il Dipendente per accettazione
e.4. Il fac simile assunzione impiegato a tempo determinato a tempo pieno per sostituzione
LETTERA DI ASSUNZIONE A TEMPO DETERMINATO PER SOSTITUZIONE
Data, …………….
Egr. Sig./a
Facendo seguito agli accordi intercorsi, le confermiamo la sua assunzione, per esigenze di carattere sostitutivo, alle dipendenze della nostra società, con decorrenza dal ; l’assunzione deve intendersi a tempo determinato, in sostituzione del/la sig. assente dal lavoro per , ciò ex art. 1, comma 1, del DLgs 368/01 così come modificato dalla legge n. 92 del 2012, e dal D.L. 34/2014, convertito in legge n. 78/2014, e s.m.i.,
Resta inteso che il contratto di lavoro con lei stipulato dovrà considerarsi risolto ad ogni effetto, contrattuale e di legge, al rientro del/la sig. ,prevista indicativamente per il .
1. Sede di lavoro: La sua sede di lavoro sarà d’ordinario, per le attività proprie della mansione, presso la sede / fondo situato in .
2. Contratto collettivo di riferimento: Il Rapporto di Lavoro sarà regolato dalle norme previste dal C.C.N.L. e
s.m.i. e del C.P.L. Prov. di Bologna del alle cui condizioni ci si riporta integralmente che, in parte ed in via non esaustiva, si riportano di seguito:
3. Orario di Lavoro:
L’orario di lavoro previsto è pari a 39 ore settimanali, su 5/6 giorni settimanali, così distribuite:
dal lunedì al venerdì dalle alle ; sabato dalle alle .
domenica: riposo settimanale festivo. Il lavoro è previsto continuativamente per ogni settimana prevista dal calendario lavorativo annuo.
4. Assicurazione infortuni: Contro gli infortuni professionali ed extra professionali sarà attivata presso l’E.N.P.A.I.A. la relativa assicurazione.
In caso di infortunio, per ottenere la relativa assistenza, dovrà darne tempestiva comunicazione che provvederà a dar corso alla pratica presso il suddetto Ente e, nel caso specifico di infortunio sul lavoro, ad informare nei termini di legge gli Uffici competenti.
5. Trattamento di fine rapporto: Il Trattamento di Fine Rapporto è corrisposto dall’E.N.P.A.I.A.
6. Livello d’inquadramento:
Ella sarà assunto con inquadramento al livello del CCNL vigente, con mansioni di impiegato tecnico/amministrativo.
7. Trattamento Economico: La sua retribuzione mensile ordinaria è fissata, per l’orario di lavoro stabilito e nella misura del prestazione ordinaria, in Euro (Euro /00) al lordo delle trattenute di legge e così articolata:
Voci retributive | Importi |
Retribuzione base | |
Superminimo | |
Totale retribuzione |
Al termine delle prestazioni Le saranno corrisposti gli istituti contrattuali previsti (eventuali ratei di ferie non godute, ratei di 13ma e ratei di 14ma mensilità).
8. Ferie: Ella maturerà per l’intera durata del rapporto giorni di ferie da godersi entro il termine del rapporto, in caso di mancato godimento Le sarà corrisposta la relativa indennità sostitutiva.
9. Trasferte: per missioni presso località diverse da quelle indicate al punto 1.) Le saranno riconosciuti i rimborsi relativi alle spese di alloggio, di vitto, trasporto e per l’eventuale uso di auto propria, connessi alle trasferte preventivamente autorizzate.
10. Strumentazione aziendale: onde eseguire la prestazione lavorativa Le è assegnata
.
11. Assegni Familiari: Con le modalità prescritte ed in caso di spettanza, previa presentazione della relativa documentazione, Le saranno liquidati gli eventuali assegni familiari unitamente alle competenze.
12. Consegna copia comunicazione telematica assunzione: ai sensi delle vigenti disposizioni comunicazione dell’instaurazione del rapporto verrà trasmessa telematicamente agli uffici competenti, copia di tale comunicazione Le sarà consegnata all’atto della instaurazione del rapporto.
13. Confidenzialità: Lei xx impegna a non utilizzare ed a non divulgare, tanto nel vigore del presente contratto che successivamente alla sua cessazione, alcuna delle informazioni confidenziali che avrà avuto modo di raccogliere in occasione dello svolgimento del rapporto di lavoro.
14. Dati personali: con la sottoscrizione del presente contratto, ai sensi del D. Lgs. 196/03, Lei autorizza la Società a conservare, archiviare e trattare i Suoi dati personali, compresi quelli definiti “sensibili”, necessari per la corretta formalizzazione ed amministrazione del rapporto di lavoro. Lei altresì autorizza l’azienda, titolare del trattamento dei Suoi dati personali, a comunicare gli stessi agli studi di consulenza e/o a centri di elaborazione dati che dovessero procedere all’elaborazione dei cedolini paga. In ogni caso il trattamento dei Suoi dati personali avverrà a norma di legge, secondo principi di liceità e correttezza ed in modo da tutelare la Sua riservatezza.
15. Normx xx rinvio: per quanto non previsto nella presente lettera di assunzione si fa rinvio alle vigenti disposizioni di legge ed al citato CCNL 25/05/2010 e relativo C.P.L. Prov. di Bologna.
16. Diritto di precedenza: si dà atto che a mente delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 15/06/2015, n. 81, nel caso in cui la prestazione lavorativa sia resa per un periodo superiore a sei mesi, Lei ha diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato, effettuate dallo scrivente datore di lavoro, entro i successivi dodici mesi, con riferimento alle mansioni già espletate in esecuzione del rapporto a termine.
Il presente contratto si intenderà da Lei accettato se si presenterà regolarmente al lavoro nella data sopraindicata, restituendo nel contempo, a questa Sede, copia dello stesso controfirmata.
Distinti saluti.
Bologna,
Azienda
Il Dipendente per accettazione
e.5 Il fac simile assunzione impiegato a tempo indeterminato a tempo pieno
LETTERA DI ASSUNZIONE A TEMPO INDETERMINATO
Data, …………….
Egr. Sig./a
Facendo seguito agli accordi intercorsi, le confermiamo la sua assunzione, alle dipendenze della nostra società, con decorrenza dal ; l’assunzione deve intendersi a tempo indeterminato.
1. Sede di lavoro: La sua sede di lavoro sarà d’ordinario, per le attività proprie della mansione, presso la sede / fondo situato in .
2. Contratto collettivo di riferimento: Il Rapporto di Lavoro sarà regolato dalle norme previste dal C.C.N.L. e
s.m.i. e del C.P.L. Prov. di Bologna del alle cui condizioni ci si riporta integralmente che, in parte ed in via non esaustiva, si riportano di seguito:
3. Orario di Lavoro:
L’orario di lavoro previsto è pari a 39 ore settimanali, su 5/6 giorni settimanali, così distribuite:
dal lunedì al venerdì dalle alle ; sabato dalle alle .
domenica: riposo settimanale festivo. Il lavoro è previsto continuativamente per ogni settimana prevista dal calendario lavorativo annuo.
4. Assicurazione infortuni: Contro gli infortuni professionali ed extra professionali sarà attivata presso l’E.N.P.A.I.A. la relativa assicurazione.
In caso di infortunio, per ottenere la relativa assistenza, dovrà darne tempestiva comunicazione che provvederà a dar corso alla pratica presso il suddetto Ente e, nel caso specifico di infortunio sul lavoro, ad informare nei termini di legge gli Uffici competenti.
5. Trattamento di fine rapporto: Il Trattamento di Fine Rapporto è corrisposto dall’E.N.P.A.I.A.
6. Livello d’inquadramento:
Ella sarà assunto con inquadramento al livello del CCNL vigente, con mansioni di impiegato tecnico/amministrativo.
7. Trattamento Economico: La sua retribuzione mensile ordinaria è fissata, per l’orario di lavoro stabilito e nella misura del prestazione ordinaria, in Euro (Euro /00) al lordo delle trattenute di legge e così articolata:
Voci retributive | Importi |
Retribuzione base | |
Superminimo | |
Totale retribuzione |
Al termine delle prestazioni Le saranno corrisposti gli istituti contrattuali previsti (eventuali ratei di ferie non godute, ratei di 13ma e ratei di 14ma mensilità).
8. Ferie: Ella maturerà per l’intera durata del rapporto giorni di ferie da godersi entro il termine del rapporto, in caso di mancato godimento Le sarà corrisposta la relativa indennità sostitutiva.
9. Trasferte: per missioni presso località diverse da quelle indicate al punto 1.) Le saranno riconosciuti i rimborsi relativi alle spese di alloggio, di vitto, trasporto e per l’eventuale uso di auto propria, connessi alle trasferte preventivamente autorizzate.
10. Strumentazione aziendale: onde eseguire la prestazione lavorativa Le è assegnata
.
11. Assegni Familiari: Con le modalità prescritte ed in caso di spettanza, previa presentazione della relativa documentazione, Le saranno liquidati gli eventuali assegni familiari unitamente alle competenze.
12. Consegna copia comunicazione telematica assunzione: ai sensi delle vigenti disposizioni comunicazione dell’instaurazione del rapporto verrà trasmessa telematicamente agli uffici competenti, copia di tale comunicazione Le sarà consegnata all’atto della instaurazione del rapporto.
13. Confidenzialità: Xxx si impegna a non utilizzare ed a non divulgare, tanto nel vigore del presente contratto che successivamente alla sua cessazione, alcuna delle informazioni confidenziali che avrà avuto modo di raccogliere in occasione dello svolgimento del rapporto di lavoro.
14. Dati personali: con la sottoscrizione del presente contratto, ai sensi del D. Lgs. 196/03, Lei autorizza la Società a conservare, archiviare e trattare i Suoi dati personali, compresi quelli definiti “sensibili”, necessari per la corretta formalizzazione ed amministrazione del rapporto di lavoro. Lei altresì autorizza l’azienda, titolare del trattamento dei Suoi dati personali, a comunicare gli stessi agli studi di consulenza e/o a centri di elaborazione dati che dovessero procedere all’elaborazione dei cedolini paga. In ogni caso il trattamento dei Suoi dati personali avverrà a norma di legge, secondo principi di liceità e correttezza ed in modo da tutelare la Sua riservatezza.
15. Xxxxx di rinvio: per quanto non previsto nella presente lettera di assunzione si fa rinvio alle vigenti disposizioni di legge ed al citato CCNL 25/05/2010 e relativo C.P.L. Prov. di Bologna.
Il presente contratto si intenderà da Lei accettato se si presenterà regolarmente al lavoro nella data sopraindicata, restituendo nel contempo, a questa Sede, copia dello stesso controfirmata.
Distinti saluti.
Bologna,
Azienda
Il Dipendente per accettazione
e.6 Il fac simile della lettera di assunzione di impiegato agricolo a tempo indeterminato a tempo parziale
Egr. Sig./a
Oggetto: IMPIEGATI AGRICOLO ASSUNZIONE a TEMPO INDETERMINATO A TEMPO PARZIALE
A definizione degli accordi verbali intervenuti, Le comunichiamo che Xxxx sarà assunto alle dipendenze della scrivente azienda , alle condizioni contrattuali e normative appresso meglio indicate.
1. Sede di lavoro: La sua sede di lavoro sarà d’ordinario, per le attività proprie della mansione, presso la sede / fondo situato in .
2. Contratto collettivo di riferimento: Il Rapporto di Lavoro sarà regolato dalle norme previste dal C.C.N.L. Impiegati Agricoli 19 novembre 2012 e s.m.i. e del C.P.L. Prov. di Bologna del alle cui condizioni ci si riporta integralmente che, in parte ed in via non esaustiva, si riportano di seguito:
3. Orario di Lavoro:
L’orario di lavoro, sulla base dell’art. 11 del citato C.C.N.L. Impiegati Agricoli 19 novembre 2012 e s.m.i., è pari a ore settimanali, pari al % dell’orario ordinario contrattualmente previsto.
Lo svolgimento dell’attività lavorativa a tempo parziale è così regolata:
- Dal al dalle ore alle ore ;
- Il dalle ore alle ore e dalle ore alle ore ;
- Il dalle ore alle ore .
Le parti si danno atto che l’orario di lavoro così descritto si intende in ogni caso ordinario. Le parti si danno atto che il giorno di riposo settimanale è il .
È consentita la prestazione di lavoro supplementare ove sia giustificata da esigenze organizzative o produttive aziendali. Il lavoro supplementare non deve superare, nell’anno, la misura del 25% rispetto all’orario ridotto concordato, con una maggiorazione del 15%. In caso di superamento del limite di cui al periodo precedente, le ore di lavoro prestate oltre tale limite sono retribuite con la maggiorazione del 35%.
Nelle ipotesi di part – time di tipo verticale o misto (limitatamente alle giornate ad orario pieno) è anche consentito lo svolgimento di ore di lavoro straordinario in relazione alle giornate di attività lavorativa nel limite massimo di 2 ore giornaliere e, comunque, nel rispetto del limite massimo previsto dal contratto collettivo di lavoro, riproporzionato in base alla ridotta durata della prestazione lavorativa. Tali prestazioni lavorative straordinarie saranno retribuite in base alla disciplina contrattuale vigente.
In caso di necessità aziendali è consentita la possibilità di definire una diversa collocazione temporale della prestazione lavorativa (clausola flessibile) per un periodo continuativo non superiore a 6 mesi, purché si verifichino, anche disgiuntamente, le seguenti condizioni:
- oggettive esigenze tecnico – produttive,
- esigenza connesse alla funzionalità del servizio o dell’attività produttiva.
La modifica della collocazione temporale della prestazione lavorativa (clausola flessibile) e la variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa (clausola elastica) sono consentite per esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
Con la sottoscrizione del presente contratto Lei, formalmente ed espressamente, presta consenso e disponibilità alla variazione della collocazione temporale della prestazione o alla variazione in aumento della durata della stessa.
La variazione della prestazione lavorativa le sarà di regola comunicata con un preavviso di almeno 5 giorni. In caso di oggettiva urgenza il termine di preavviso è ridotto a 2 giorni.
Le ore di lavoro prestate in attuazione delle clausole elastiche o flessibili sono retribuite con una maggiorazione del 15%.
4. Assicurazione infortuni: Contro gli infortuni professionali ed extra professionali sarà attivata presso l’E.N.P.A.I.A. la relativa assicurazione.
In caso di infortunio, per ottenere la relativa assistenza, dovrà darne tempestiva comunicazione che provvederà a dar corso alla pratica presso il suddetto Ente e, nel caso specifico di infortunio sul lavoro, ad informare nei termini di legge gli Uffici competenti.
5. Trattamento di fine rapporto: Il Trattamento di Fine Rapporto è corrisposto dall’E.N.P.A.I.A.
6. Livello d’inquadramento:
Ella sarà assunto con inquadramento al livello del CCNL vigente, con mansioni di impiegato tecnico/amministrativo.
Trattamento Economico: Premesso che, in relazione al suo inquadramento la retribuzione ordinaria mensile è fissata, per il tempo pieno, come da tabella sotto riportata,
Voci retributive | Importi |
Retribuzione base | |
Superminimo | |
Totale retribuzione |
Il trattamento per la prestazione di lavoro a tempo parziale a Lei spettante è commisurato, visto l’orario di cui al punto 4) del presente contratto, alla percentuale di % di una prestazione a tempo pieno.
Le sono riconosciuti altresì gli istituti economici e contrattuali, quali festività nazionali ed infrasettimanali, ferie, 13esima mensilità, 14esima mensilità in misura proporzionale a quelli spettanti per il tempo pieno, pari al % secondo quanto previsto dal vigente C.C.N.L. e relativo C.P.L. Prov. di Bologna. Pertanto, la Sua retribuzione mensile rapportata al tempo parziale è pari ad € mensili, al lordo delle ritenute di legge.
7. Ferie: Ella maturerà per l’intera durata del rapporto giorni di ferie da godersi entro il termine del rapporto, in caso di mancato godimento Le sarà corrisposta la relativa indennità sostitutiva.
8. Trasferte: per missioni presso località diverse da quelle indicate al punto 1.) Le saranno riconosciuti i rimborsi relativi alle spese di alloggio, di vitto, trasporto e per l’eventuale uso di auto propria, connessi alle trasferte preventivamente autorizzate.
9. Strumentazione aziendale: onde eseguire la prestazione lavorativa Le è assegnata
.
10. Assegni Familiari: Con le modalità prescritte ed in caso di spettanza, previa presentazione della relativa documentazione, Le saranno liquidati gli eventuali assegni familiari unitamente alle competenze.
11. Consegna copia comunicazione telematica assunzione: ai sensi delle vigenti disposizioni comunicazione dell’instaurazione del rapporto verrà trasmessa telematicamente agli uffici competenti, copia di tale comunicazione Le sarà consegnata all’atto della instaurazione del rapporto.
12. Confidenzialità: Xxx si impegna a non utilizzare ed a non divulgare, tanto nel vigore del presente contratto che successivamente alla sua cessazione, alcuna delle informazioni confidenziali che avrà avuto modo di raccogliere in occasione dello svolgimento del rapporto di lavoro.
13. Dati personali: con la sottoscrizione del presente contratto, ai sensi del D. Lgs. 196/03, Lei autorizza la Società a conservare, archiviare e trattare i Suoi dati personali, compresi quelli definiti “sensibili”, necessari per la corretta formalizzazione ed amministrazione del rapporto di lavoro. Lei altresì autorizza l’azienda, titolare del trattamento dei Suoi dati personali, a comunicare gli stessi agli studi di consulenza e/o a centri di elaborazione dati che dovessero procedere
all’elaborazione dei cedolini paga. In ogni caso il trattamento dei Suoi dati personali avverrà a norma di legge, secondo principi di liceità e correttezza ed in modo da tutelare la Sua riservatezza.
14. Xxxxx di rinvio: per quanto non previsto nella presente lettera di assunzione si fa rinvio alle vigenti disposizioni di legge ed al citato CCNL 25/05/2010 e relativo C.P.L. Prov. di Bologna.
Il presente contratto si intenderà da Lei accettato se si presenterà regolarmente al lavoro nella data sopraindicata, restituendo nel contempo, a questa Sede, copia dello stesso controfirmata.
Distinti saluti.
Bologna,
Azienda
Il Dipendente per accettazione
f. Il fac simile di assunzione operaio agricolo OTD tempo parziale – Az. AGRITURISTICHE e SIMILI
L’anno …….. il giorno …….. del mese di ………… in ………………
TRA
L’azienda agricola …………….. in qualità di titolare della ditta medesima con sede in VIA
…………………….., codice fiscale ………………….
E
La sig.ra ………………, nata a ……………. il …………..residente in ……………. via ………………. codice fiscale
………………….. si è stipulato il presente contratto di lavoro a tempo determinato con prestazione a tempo parziale che è regolato dalle seguenti condizioni:
• La decorrenza del rapporto di lavoro a tempo determinato a tempo parziale è dal ……………. al ;
• L’assunzione definitiva è soggetta ad un periodo di prova di 2 giorni lavorativi durante tale periodo è reciproco il diritto delle parti di risolvere il rapporto senza obbligo di preavviso, prevedendo comunque la corresponsione al lavoratore delle spettanze maturate per il lavoro svolto;
Il lavoratore, in base al vigente CCNL operai agricoli e florovivaisti è inquadrato nell’area , con profilo professionale di
operaio …… livello ………………. addetto mansioni ……………. .
L’orario di lavoro annuale, è pari, sulla base dell’art. 17, comma 3, punto 3 del CCNL 25 maggio 2010 e s.m.i., ad ore annue oppure ore mensili oppure ore settimanali; conseguentemente l’orario settimanale ordinario conseguente è perciò pari a ore.
Lo svolgimento dell’attività lavorativa a tempo parziale è così regolata:
• DAL AL DALLE ORE ALLE
• IL DALLE ALLE E DALLE ALLE
• LA DALLE ALLE
In particolare, è consentita la prestazione di lavoro supplementare ove sia giustificata da esigenze organizzative o produttive aziendali. Il lavoro supplementare non deve superare, nell’anno, la misura del 25% rispetto all’orario ridotto concordato, con una maggiorazione del 15%. In caso di superamento del limite di cui al periodo precedente, le ore di lavoro prestate oltre tale limite sono retribuite con la maggiorazione del 35%.
Nelle ipotesi di part – time di tipo verticale o misto (limitatamente alle giornate ad orario pieno) è anche consentito lo svolgimento di ore di lavoro straordinario in relazione alle giornate di attività lavorativa nel limite massimo di 2 ore giornaliere e, comunque, nel rispetto del limite massimo previsto dal contratto collettivo di lavoro, riproporzionato in base alla ridotta durata della prestazione lavorativa. Tali prestazioni lavorative straordinarie saranno retribuite in base alla disciplina contrattuale vigente.
In caso di necessità aziendali è consentita la possibilità di definire una diversa collocazione temporale della prestazione lavorativa (clausola flessibile) per un periodo continuativo non superiore a 6 mesi, purché si verifichino, anche disgiuntamente, le seguenti condizioni:
- oggettive esigenze tecnico – produttive,
- esigenza connesse alla funzionalità del servizio o dell’attività produttiva.
La modifica della collocazione temporale della prestazione lavorativa (clausola flessibile) e la variazione in aumento della durata della prestazione lavorativa (clausola elastica) sono consentite per esigenze di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo.
Con la sottoscrizione del presente contratto Lei, formalmente ed espressamente, presta consenso e disponibilità alla variazione della collocazione temporale della prestazione o alla variazione in aumento della durata della stessa.
La variazione della prestazione lavorativa le sarà di regola comunicata con un preavviso di almeno 5 giorni. In caso di oggettiva urgenza il termine di preavviso è ridotto a 2 giorni.
Le ore di lavoro prestate in attuazione delle clausole elastiche o flessibili sono retribuite con una maggiorazione del 15%.
Le parti si danno atto che stante la particolarità dell’attività agrituristica, l’orario di lavoro così descritto si intende in ogni caso ordinario, con rinuncia formale ed espressa del lavoratore all'applicazione degli artt. dal 40 al 43 del vigente CCNL del
e relative norme del CPL della provincia di Bologna del 25/01/2013 e relative maggiorazioni salariali. Le parti si danno atto che il giorno di riposo settimanale è il .