RECEPIMENTO DELLA NUOVA REGOLAMENTAZIONE PRUDENZIALE INTERNAZIONALE (NUOVO ACCORDO SUL CAPITALE DI BASILEA E NUOVA DIRETTIVA U.E. SUI REQUISITI DI CAPITALE DELLE BANCHE E DELLE IMPRESE DI INVESTIMENTO)
Vigilanza Creditizia e Finanziaria
RECEPIMENTO DELLA NUOVA REGOLAMENTAZIONE PRUDENZIALE INTERNAZIONALE (NUOVO ACCORDO SUL CAPITALE DI BASILEA E NUOVA DIRETTIVA U.E. SUI REQUISITI DI CAPITALE DELLE BANCHE E DELLE IMPRESE DI INVESTIMENTO)
TECNICHE DI RIDUZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO (CRM) E CARTOLARIZZAZIONE
Il presente documento fornisce ipotesi di soluzione a talune problematiche relative all’applicazione del nuovo Accordo sul Capitale (“Accordo”) e della Direttiva CRD (“Direttiva”) con riferimento alle tecniche di riduzione del rischio creditizio (CRM) e alla cartolarizzazione. Il documento è stato predisposto sulla base delle analisi effettuate dalla Banca d’Italia e delle considerazioni provenienti dagli intermediari. Le osservazioni sulle questioni sotto indicate e gli eventuali ulteriori quesiti in materia di CRM e cartolarizzazione potranno essere trasmessi a: Banca d’Italia, Servizio Concorrenza, Normativa e Affari Generali, Divisione Normativa, xxx Xxxxxx, 00, 00000 XXXX.
Documento per la consultazione
Dicembre 2005
TECNICHE DI RIDUZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO (CRM)
E CARTOLARIZZAZIONE
1. Requisiti generali degli strumenti di riduzione del rischio di credito (CRM)
1.1) Tempestività di realizzo
Il pronto realizzo è uno dei requisiti di carattere generale richiesto, nei tre metodi di calcolo dei requisiti patrimoniali per il rischio di credito (standardizzato, IRB di base e IRB avanzato), per il riconoscimento a fini prudenziali degli strumenti di riduzione del medesimo rischio (credit risk mitigation, CRM)2.
Tenuto conto del contesto giuridico italiano, si ritiene che detto requisito debba essere rispettato in senso soggettivo, nel senso che gli intermediari devono attivare senza alcun indugio tutte le iniziative necessarie per l'escussione della garanzia. Pertanto, ai fini dell’ammissione delle garanzie non rileverebbero i tempi occorrenti per l’effettivo realizzo delle garanzie stesse, se dipendenti da fattori al di fuori della portata degli intermediari, quali la speditezza delle procedure di escussione. Va peraltro considerato che l’ordinamento ha messo a punto innovazioni normative, sulla scia della disciplina comunitaria, che dovrebbero assicurare una accelerazione dei tempi di escussione per talune forme di garanzia3.
Un ulteriore profilo rilevante per il requisito della tempestività concerne il concetto di realizzo. A tale fine, si ritiene che il realizzo non coincida con la liquidazione dell’attività oggetto di garanzia, ma con la sua acquisizione da parte del creditore garantito. Pertanto, nel caso di attività illiquide, come ad esempio gli immobili o i crediti, ciò che rileva è il momento in cui tali attività entrano nella proprietà o disponibilità della banca4, piuttosto che il momento della loro conversione in denaro 5.
Conclusivamente, si ritiene che il requisito della tempestività è da intendersi soddisfatto e quindi la garanzia va riconosciuta quando la banca disponga di adeguate procedure di rapida attivazione delle iniziative volte al realizzo o all’acquisizione delle attività che costituiscono l’oggetto immediato della garanzia.
(2) A titolo esemplificativo, cfr. “Accordo”, par. 123 e 125 (garanzie reali finanziarie), par. 190a (garanzie personali), par. 509 (garanzie immobiliari), par. 515 (cessione di crediti commerciali), par. 523, 2° punto (contratti di leasing ).
(3) Cfr. la regolamentazione delle garanzie finanziarie, introdotta con d.lgs. 21.5.2004, n. 170, che consente alle parti di definire forme di realizzo gestite direttamente dal creditore, senza l'intermediazione dell'autorità giudiziaria, che potrà eventualmente intervenire ex post.
(4) Tra le possibilità di escussione della garanzia, la Direttiva richiama quella di ottenere il trasferimento o l’appropriazione o di conservare il possesso delle attività che formano oggetto della garanzia (cfr. art. 4, comma 1, n. 31, a proposito della definizione della “protezione del credito assistita” e art. 92, comma 4).
(5) Pertanto, per le garanzie reali per le quali il creditore abbia ottenuto l'assegnazione del bene a sé stesso, la fase dell’escussione si considera compiuta con detta assegnazione e non con la liquidazione del bene. Nel caso di crediti ceduti in garanzia, l’escussione attiene all’acquisizione della piena disponibilità del credito. Nel caso di garanzie personali rileva l'attivazione del credito del garantito nei confronti del garante. Nei casi indicati, la garanzia reale e il credito verso il garante verrebbero considerati come ordinarie attività a rischio della banca garantita.
La durata dei tempi di realizzo assume rilievo in sede di quantificazione dell’effetto di riduzione del rischio connesso con l’utilizzo delle garanzie. A tale riguardo, va osservato che sussistono nella disciplina cautele e meccanismi per una determinazione prudenziale di tale effetto, che comportano una diminuita considerazione del grado di copertura offerto dalle garanzie6.
Inoltre, l’autorità di vigilanza dispone di specifici strumenti di intervento nell’ambito del “secondo pilastro” per fronteggiare il rischio residuale connesso con l’utilizzo delle garanzie (B2, para. 115 e 767-769).
1.2) Requisito della certezza giuridica: opponibilità delle garanzie in tutte le giurisdizioni rilevanti
L’opponibilità delle garanzie in tutte le giurisdizioni rilevanti rappresenta, per tutti e tre i metodi di calcolo dei requisiti prudenziali per il rischio di credito, una delle connotazioni principali del requisito generale della “certezza giuridica” che tutte le tecniche di CRM devono rispettare per essere riconosciute a fini prudenziali7.
La sussistenza di detto connotato va accertata caso per caso, sulla base delle norme di diritto internazionale applicabili, di eventuali convenzioni o regolamentazioni comunitarie rilevanti, delle diverse discipline nazionali.
L’accertamento dell’opponibilità deve essere condotto non soltanto con riferimento alla costituzione delle garanzie, ma anche con riguardo all'escussione delle stesse, atteso che la valutazione effettuata “ex ante” in ordine alla tenuta della protezione del credito deve riguardare l’intero ciclo di vita delle garanzie fino al momento del loro realizzo. Pertanto, a titolo esemplificativo, nel caso di una garanzia costituita secondo il diritto dello Stato A, avente ad oggetto beni situati nello Stato B, all’atto dell’acquisizione della garanzia andrà verificato il riconoscimento della stessa anche nello Stato B e l’effettuazione degli adempimenti eventualmente richiesti per la sua opponibilità ai fini dell’escussione sui beni ivi situati.
1.3) Requisito della certezza giuridica: revocatorie
In linea generale, si ritiene che la possibilità di revocatoria non dovrebbe far venire meno il requisito della opponibilità degli strumenti di CRM. La loro idoneità può quindi essere riconosciuta fin dalla costituzione, senza attendere il decorso del termine per la revocatoria in sede ordinaria e fallimentare.
Sono in corso approfondimenti sull’opportunità di prevedere un'eccezione a tale principio nei casi in cui la costituzione della garanzia avvenga nell'ambito di operazioni di ristrutturazione di crediti o, più in generale, in presenza di situazioni prossime al default del debitore.
Ciò posto, gli intermediari devono comunque valutare il rischio di revocatoria associato alla garanzia acquisita, sia al momento della costituzione che nel corso del rapporto, al fine di verificare nel continuo l’idoneità della garanzia stessa e quindi
(6) In particolare, si fa riferimento: i) per le garanzie finanziarie, agli scarti di garanzia (haircut: Accordo para. 168, 169); ii) per le ipoteche immobiliari nel metodo standardizzato, al margine di garanzia addizionale e alla possibilità delle autorità di richiedere coefficienti più elevati (Accordo para. 72 e 73); per le “garanzie IRB idonee” (ipoteche immobiliari, cessione dei crediti, altre garanzie reali), alle regole sulla sovracopertura contemplate per il metodo di base (Accordo para. 295). Nell’approccio IRB avanzato, invece, i tempi di recupero inciderebbero direttamente nella determinazione della LGD.
(7) Cfr. para. 118, 173, 188, 484 e 509 dell’Accordo.
l’appropriata quantificazione del grado di copertura del rischio ad essa attribuibile (ad es. quando il fornitore della garanzia versi in una situazione di crisi).
1.4) Eccezioni opponibili alla banca creditrice
La problematica delle eccezioni opponibili dal garante alla banca creditrice assume specifico rilievo, sia pure su piani diversi, con riferimento alle garanzie personali8, nonché al pegno e alla cessione di credito9.
In linea generale, l’opponibilità di eccezioni può incidere su più requisiti delle tecniche di CRM, ciascuno avente implicazioni regolamentari differenti: a) la “certezza giuridica”; b) il pronto realizzo; c) l’assenza di condizioni limitative10. Inoltre, gli effetti negativi derivanti dalle eccezioni possono essere presi in considerazione nell’ambito dei cd. “rischi residuali” connessi con l'uso delle garanzie (2° pilastro).
Al riguardo, si è dell’avviso che l'inopponibilità delle eccezioni possa essere inquadrata essenzialmente nell’ambito della “certezza giuridica”. Di conseguenza, la banca è tenuta ad accertare l’insussistenza del rischio di eccezioni per ottenere il riconoscimento a fini prudenziali dello strumento di CRM.
Per le garanzie che superano determinati importi, appare opportuno disporre di forme di accertamento accurate, come, ad esempio, l’acquisizione di una dichiarazione da parte del fideiussore o del debitore ceduto circa l'impegno a non opporre eccezioni. È ovviamente rimessa alla facoltà degli intermediari la scelta di richiedere in ogni caso tale dichiarazione.
2. Garanzie reali e tecniche di CRM assimilate
2.1) Esposizioni fuori bilancio garantite: fattori di conversione del credito
In presenza di esposizioni “fuori bilancio” garantite, l’Accordo non specifica se l’applicazione dei fattori di conversione debba avvenire prima o dopo l’effetto di mitigazione delle garanzie; ciò vale sia nel caso in cui i FCC siano stimati internamente dalle aziende (IRB avanzato) sia nel caso in cui siano fissati dalla normativa (metodo standardizzato e IRB di base).
Tale aspetto rileva nel caso di garanzie parziali.
In proposito, si osserva che la Direttiva CRD (All. 8, parte 3, punto 34) stabilisce che: a) dapprima si determina l’ammontare garantito e non garantito, utilizzando un FCC del 100%; b) successivamente, sia alla quota garantita sia a quella non garantita si applica il FCC proprio dell’esposizione. Il risultato così ottenuto è utilizzato per il calcolo del requisito patrimoniale11.
(8) Il fideiussore può opporre al garantito le stesse eccezioni del debitore principale.
(9) Eccezioni opponibili al garantito dal debitore "dato" in pegno o "ceduto"; in questi ultimi due casi, le eccezioni non riguardano l'attivazione della garanzia, quanto il realizzo del credito oggetto di garanzia.
(10) Tale requisito è previsto nell’ambito dei metodi “standard” e “IRB di base”, per le garanzie personali e per i derivati su crediti.
(11) Si ipotizzi che una banca che applica il metodo standardizzato abbia un’esposizione “fuori bilancio” di valore nominale 1000, fattore di conversione 50%, fattore di ponderazione 100%, garantita da una fidejussione di 800 fornita da una banca (fattore di ponderazione 20%). In tal caso, la banca determina innanzitutto la quota di esposizione garantita e non garantita applicando al valore nominale un FCC del 100%. Nell’esempio, il risultato è il seguente: 800 valore nominale garantito e 200 valore nominale non
2.2) Assenza di correlazione rilevante tra valore della garanzia reale e situazione del debitore
Sia l’Accordo che la Direttiva non consentono di riconoscere a fini prudenziali le garanzie finanziarie se il loro valore è correlato in misura rilevante al merito creditizio del debitore. La Direttiva prevede espressamente che i titoli emessi da un’entità collegata al gruppo di appartenenza del debitore non sono ammessi come garanzie finanziarie. Tali prescrizioni possono incidere in misura significativa soprattutto sull’idoneità delle garanzie infragruppo.
Al riguardo, sono in corso approfondimenti volti a stabilire quali siano i legami economici tra debitore e garante e la soglia di rilevanza che determinano una correlazione tale da ridurre la capacità di copertura della garanzia in misura non più compatibile con il suo riconoscimento.
Su tale tematica sarebbe utile ricevere la valutazione degli intermediari, alla luce delle esperienze concrete maturate.
2.3) Separazione tra beni custoditi in garanzia da un terzo depositario e patrimonio del depositario
La normativa prudenziale internazionale prevede che, nel caso in cui l’attività oggetto della garanzia finanziaria sia custodita presso terzi, la garanzia è ritenuta idonea se la banca è in grado di assicurare che vi sia separatezza tra il bene in custodia e i beni del depositario.
Seppure non esplicitamente richiamato dalla normativa internazionale, al requisito in questione (separazione “esterna”) è connesso il profilo della separazione tra i beni appartenenti a diversi soggetti, depositati presso il medesimo depositario (separazione “interna”). Il regime della separazione determina il trattamento dei diritti di terzi in caso di insolvenza del depositario e di insussistenza dei beni in custodia rispetto alle pretese dei terzi stessi.
In linea generale, il requisito di separatezza può ritenersi soddisfatto quando le attività siano specificamente individuate e attribuite al titolare (es. titoli nominativi) ovvero quando, pur essendo beni fungibili, siano custodite sulla base di forme contrattuali e secondo modalità idonee ad assicurare la separatezza esterna e interna. A titolo esemplificativo, si citano il caso di contratti di deposito a custodia regolare con registrazione contabile in conti individuali (come avviene per gli strumenti finanziari dematerializzati o comunque detenuti da banche e altri intermediari nell’ambito della prestazione di servizi di investimento e accessori, cui sia applica l’art. 22 del TUF) ovvero con segregazione fisica (metalli preziosi custoditi con modalità idonee a ricondurli al proprietario).
La separatezza non ricorrerebbe invece in presenza di contratti di deposito irregolare ai sensi dell’art. 1782 c.c..
Sulla questione, si richiama anche quanto previsto dalla nota n. 38 del par. 145 dell’Accordo, secondo cui, qualora contante e valori assimilati della banca creditrice depositati presso terzi e acquisiti al patrimonio del depositario - in quanto detenuti al di fuori di un contratto di custodia (“non custodial arrangements”) - siano prestati in garanzia a favore della stessa banca creditrice, detta garanzia determina l’applicazione della ponderazione di rischio non della garanzia stessa (contante), ma del depositario.
garantito. Successivamente, la banca procede al calcolo del requisito patrimoniale. Nell’esempio, il requisito è pari a 14,4, derivante da (800*50%*20%*8% = 6,4) + (200 *50%*100%*8% = 8).
In conclusione, gli intermediari devono adottare ogni ragionevole misura per assicurarsi che la separazione, oltre che essere fondata giuridicamente, sia anche rispettata dal depositario.
2.4) Master netting agreements
La regolamentazione internazionale detta specifiche disposizioni per il riconoscimento a fini prudenziali di eventuali accordi tipo di compensazione riguardanti operazioni di vendita con patto di riacquisto, operazioni di concessione e assunzione di titoli o di merci in prestito e/o altre operazioni correlate ai mercati finanziari (master netting agreements).
Tra le condizioni richieste per il riconoscimento di tali accordi, è richiamata la necessità che essi assicurino: 1) il diritto della parte non inadempiente di porre termine e di chiudere tempestivamente tutte le operazioni contemplate nell’accordo al verificarsi dell’inadempimento (includendo in quest’ultimo l’insolvenza o il fallimento della controparte); 2) la compensazione tra i profitti e le perdite delle operazioni chiuse nel quadro del relativo accordo, così che un solo ammontare netto sia dovuto da una controparte all’altra (cfr. Direttiva all. VIII, parte 2, para. 4). Il diritto di chiudere immediatamente i rapporti e la possibilità di compensazione devono essere efficaci ed opponibili anche in caso di insolvenza o fallimento della controparte.
Al riguardo, si osserva innanzi tutto che occorre tenere distinte la “compensazione in senso stretto”, che attiene all'estinzione di rapporti reciproci di debito/credito, e la c.d. “clausola di close out netting” (vale a dire l’interruzione dei rapporti pendenti e il pagamento del saldo netto), che presuppone, a monte della compensazione, la chiusura anticipata di tutti i rapporti pendenti tra le parti.
Il close out netting opera regolarmente sulla base dell’accordo tra le parti, nel caso di default di una di esse, che non implichi l’insolvenza e quindi l’applicazione della disciplina fallimentare. Tuttavia, per determinate fattispecie, il close out può ugualmente realizzarsi anche in caso di fallimento.
In particolare, per gli strumenti finanziari derivati, le operazioni a termine su valute, le operazioni di prestito titoli, di pronti contro termine e di riporto, l'art. 203 TUF stabilisce l'applicazione dell'art. 76 L. Fall., secondo il quale i rapporti si risolvono alla data del fallimento con regolamento tra le parti del differenziale derivante dalla chiusura dell'operazione; in alternativa al saldo netto, può utilizzarsi il criterio del costo di sostituzione del rapporto chiuso. Gli importi monetari di debito/credito che derivano dalla chiusura dei singoli rapporti sono da considerare compensabili ai sensi dell'art. 56 L. Fall.. Pertanto, i diversi rapporti aperti alla data del fallimento si chiudono con la determinazione di un importo netto derivante dal saldo dei saldi dei diversi rapporti.
Su tale impianto normativo si inserisce il d. lgs. 21.5.2004, n. 170, il quale riconosce in via esplicita e diretta, anche in caso di fallimento, l'applicazione della clausola di close out netting stipulata tra le parti, quale definita nel decreto stesso. La clausola consente la chiusura anticipata di tutti i rapporti pendenti tra le parti e la compensazione dei diversi saldi in un unico importo netto. Tale riconoscimento si applica ai rapporti tra i quali almeno uno sia un contratto di garanzia finanziaria; tra questi ultimi rientrano i pct aventi ad oggetto attività finanziarie, con esclusione quindi di quelli aventi ad oggetto merci (artt. 7, 1.f e 1.d).
In conclusione, in via generale e salve le specifiche valutazioni volta a volta necessarie, la compensazione può ritenersi efficace e vincolante, anche nei casi di procedure fallimentari, quando i rapporti siano ricompresi: i) nel novero di quelli elencati nell'art. 203 TUF; ii) nella definizione di garanzia finanziaria ai sensi del d. lgs. n. 170; iii)
in un contratto di close out netting che comprende almeno un contratto di garanzia finanziaria come definito alla lettera precedente.
Sui profili sopra indicati, è utile l’apporto che gli intermediari potranno fornire alla luce dell’esperienza accumulata e delle concrete modalità operative seguite.
2.5) Ammissibilità come garanzia reale finanziaria dei titoli derivanti da cartolarizzazioni.
Con riferimento al metodo standardizzato, si è posta la questione se i titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione possano formare oggetto di garanzie reali finanziarie. Infatti, in relazione a tale metodo di calcolo la Direttiva stabilisce che la ponderazione delle esposizioni cartolarizzate va effettuata sulla base delle previsioni relative alla cartolarizzazione (art. 80.5) e che la definizione delle garanzie finanziarie ammesse nella quale andrebbero ricompresi i titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione richiede una classe di rischio minima calcolata in base alle ponderazioni stabilite per le esposizioni verso imprese (Direttiva, all. VIII, parte 1, par. 7.d)).
Sul punto si ritiene che la regolamentazione non osti all’inclusione dei titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione nell’ambito delle garanzie finanziarie.
2.6) Garanzie immobiliari idonee; specialised lending: alcune questioni interpretative
Nell’ambito della metodologia IRB, le esposizioni verso imprese, non rientranti nel comparto retail (SME), assistite da garanzie su immobili residenziali o non residenziali ad uso ufficio o commerciale sono inquadrate nel portafoglio corporate e beneficiano dell’effetto di riduzione del requisito patrimoniale indotto dalla garanzia immobiliare qualora quest’ultima soddisfi le condizioni richieste per essere riconosciuta come “garanzia IRB idonea”. Oltre all’osservanza di taluni requisiti di carattere operativo, è necessario che:
1) la solvibilità del debitore non dipenda in misura rilevante dai proventi derivanti dall’immobile dato in garanzia (o dal progetto immobiliare sottostante); 2) il valore del bene non sia strettamente dipendente dal merito creditizio del debitore.
Sussistono possibilità di deroga al requisito sub 1).
Infatti, pur in mancanza di tale presupposto (e cioè quando la capacità di restituzione del debito dipende dai flussi di reddito generati dall’immobile), la Direttiva consente alle Autorità di vigilanza di ammettere ugualmente come garanzia gli immobili non residenziali ad uso ufficio o commerciale, purché ci sia evidenza che il mercato di riferimento degli immobili in questione è ben sviluppato e con bassi tassi di perdita (cfr. Direttiva, allegato VIII, parte 1, nn. 16 e 17)12. La Banca d’Italia ha già reso noto di voler esercitare tale discrezionalità.
Un’ulteriore deroga discrezionale al requisito sub 1) sembra essere prevista nell’Accordo, che consente alle autorità di vigilanza di ammettere come garanzia immobiliare quelle su residenze multifamiliari, nei Paesi dove tale forma di edilizia costituisce una quota importante del mercato delle abitazioni e lo Stato promuove questo settore anche attraverso imprese pubbliche specializzate con un ruolo primario come
(12) Per gli immobili non residenziali, la Direttiva indica espressamente i tassi di perdita che non devono essere superati per poter applicare la deroga (cfr. allegato VIII, parte 1, n. 17). Tali indicazioni sono poi richiamate ai fini del metodo di calcolo degli effetti dell’attenuazione del rischio; infatti le garanzie su immobili residenziali e non residenziali per le quali sia verificato il rispetto di detti limiti, oltre al trattamento indicato nell’allegato VIII, parte 3, n. 69-73, possono essere assoggettate a un trattamento alternativo, che prevede l’applicazione di una ponderazione del 50% sulla parte di esposizione pienamente garantita (cfr. allegato VIII, parte 3, n. 74).
costruttori. In proposito, non si intenderebbe consentire tale deroga, non prevista dalla Direttiva, in quanto il mercato edilizio italiano non sembra soddisfare le caratteristiche richieste.
Quando il requisito sub 1) non sia rispettato e non si rientri nelle predette deroghe, l’esposizione potrebbe essere ricondotta nella categoria dello specialised lending, purché abbia le caratteristiche a ciò richieste, che consistono nell’assenza del requisito sub
1 (cioè la fonte di rimborso del debito deve essere costituita dai redditi provenienti dall’immobile) e in altre condizioni (cfr. Accordo para. 219). Ove tali altre condizioni non sussistano, l’esposizione resterebbe inquadrata nel portafoglio corporate, senza poter beneficiare degli effetti della garanzia immobiliare.
Pertanto, la stima del grado di dipendenza del rimborso del debito dai flussi finanziari generati dall’immobile è funzionale a stabilire, da un lato, se, nell’ambito del portafoglio corporate, l’esposizione può beneficiare della garanzia, dall’altro, se, concorrendo altre condizioni, può essere ricompresa nello specialised lending, anziché restare nel corporate senza l’effetto delle garanzie. Per effettuare detta stima, potrebbe prendersi in considerazione l’incidenza dei citati flussi sulle fonti finanziarie dell’affidato.
Data la complessa articolazione della disciplina in questione, gli intermediari potranno fornire un utile contributo, sulla base delle concrete fattispecie incontrate nell’operatività. Inoltre essi potranno fornire evidenze sulla presenza di mercati ben sviluppati e di basse perdite, al fine del concreto esercizio della discrezionalità prevista nell’allegato VIII, parte 1, nn. 16 e 17 della Direttiva.
2.7) Applicazione della regolamentazione dei crediti garantiti da ipoteca
Relativamente al trattamento dei crediti garantiti da ipoteca, si rilevano i seguenti disallineamenti tra Accordo e Direttiva:
a) nell’ambito del metodo standard, mentre l’Accordo riconosce le garanzie sugli immobili dati in locazione, la Direttiva contempla anche il caso di immobili destinati ad essere locati;
b) nel metodo IRB, mentre l’Accordo consente di includere nel portafoglio retail i soli mutui ipotecari su immobili residenziali concessi a persone fisiche, la Direttiva sembrerebbe ammettere anche i crediti garantiti da immobili commerciali.
In entrambi i casi, si sta valutando l’ipotesi di adottare l’impostazione più restrittiva derivante dall’applicazione dell’Accordo, in considerazione della minore capacità della garanzia, nelle ipotesi indicate, di ridurre effettivamente la rischiosità dei prestiti.
2.8) Monitoraggio del valore degli immobili
Nel metodo IRB di base, uno dei requisiti di carattere operativo per il riconoscimento degli immobili residenziali e commerciali come garanzia è rappresenta dalla “frequente revisione del valore del bene” da parte della banca creditrice.
In proposito si intenderebbe adottare le prescrizioni della Direttiva, che, rispetto all’Accordo, prevede: 1) una frequenza minore per la revisione delle valutazioni degli immobili residenziali (tre anni anziché uno); 2) la revisione obbligatoria da parte di un perito indipendente almeno ogni tre anni per prestiti superiori a 3 milioni di euro o al 5% del patrimonio di vigilanza.
Per la frequenza della revisione si seguirebbe il seguente approccio: agli intermediari verrebbe comunque richiesto di effettuare una valutazione annuale del valore degli immobili, che può essere fondata anche su analisi statistiche o campionarie circa
l’andamento del mercato di riferimento degli immobili; qualora il mercato presenti un’elevata variabilità dei prezzi, la valutazione verrebbe effettuata sui singoli immobili e potrebbe essere prevista una frequenza più elevata.
Su un piano più strettamente organizzativo, si osserva che l’attività di rivalutazione periodica rientra nelle procedure di gestione delle garanzie che gli intermediari sono tenuti ad adottare al fine di assicurare il costante rispetto dei requisiti legali, economici ed operativi previsti dal nuovo quadro normativo.
In tale ambito, l’attività valutativa pone una serie di problematiche, che concernono, a titolo esemplificativo, l’individuazione delle strutture aziendali deputate alle verifiche, la possibile insorgenza di conflitti di interesse con altre funzioni, le modalità e l’estensione di utilizzo dei periti esterni e delle società di consulenza immobiliare, la scelta delle metodologie di stima. Su tali profili è utile un confronto con gli intermediari bancari.
2.9) Garanzie ipotecarie subordinate
Si ritiene che le garanzie ipotecarie su immobili di grado successivo al primo non vadano considerate come garanzie sottoposte a condizioni limitative, il che ne riserverebbe l’utilizzo agli intermediari che adottano il metodo IRB avanzato. Pertanto, esse sono ammissibili nell’ambito di tutti i metodi di calcolo del requisito patrimoniale (standardizzato, IRB di base e IRB avanzato), in analogia a quanto previsto dalla vigente normativa.
Va da sé che l’ammissibilità delle garanzie ipotecarie subordinate è condizionata alla capienza residua del valore degli immobili rispetto alle esposizioni vantate dagli intermediari creditori.
2.10) Garanzie reali: requisiti addizionali.
Sono stati chiesti chiarimenti circa alcuni requisiti operativi addizionali previsti con riferimento alla gestione delle garanzie immobiliari. Al riguardo, si ritiene, in linea di massima, che:
a) le polizze assicurative poste a presidio degli immobili possono non discostarsi da quelle oggi generalmente utilizzate dagli intermediari (incendio, scoppio). Possono pertanto continuare a rimanere esclusi dalla copertura assicurativa i danni catastrofali (terremoti, guerre civili, ecc.);
b) gli intermediari devono valutare periodicamente l’esistenza di clausole di prelazione (ad esempio per i crediti d’imposta). Peraltro, attesa l’onerosità dell’operazione, si potrebbe consentire che tale valutazione avvenga almeno con cadenza annuale;
c) la valutazione di possibili diminuzioni di valore delle garanzie connesse con danni ambientali sarebbe rimessa al prudente apprezzamento degli intermediari.
Sulla materia appare opportuno conoscere le valutazioni degli intermediari, anche sulla base dell’esperienza maturata.
2.11) Leasing su immobili non residenziali e su “attrezzature”.
Nell’ambito del metodo “IRB di base”, la Direttiva abilita le autorità nazionali a prevedere, fino al 31.12.2012, una LGD ridotta per le esposizioni non subordinate in forma di leasing su immobili non residenziali (30%) e di leasing su equipment, “attrezzature” nella traduzione italiana (35%).
In relazione a ciò, con riferimento agli immobili non residenziali è stato chiesto di conoscere se venga mantenuta l’impostazione attuale – che riconosce un trattamento di favore solo per i locali ad suo ufficio e commerciali, in linea con quanto previsto per le ipoteche su immobili commerciali – oppure se tale trattamento venga esteso ai locali ad uso industriale.
Relativamente al leasing su equipment, è stato chiesto se esso debba intendersi come “leasing mobiliare”, tenuto conto che equipment leasing indicherebbe, nella prassi internazionale, tutti i contratti di leasing diversi da quelli su immobili, e quindi anche quelli relativi a beni mobili strumentali all’attività del locatario (oltre alle attrezzature, anche macchinari e mezzi di trasporto).
Al riguardo, in merito al primo quesito sono in corso approfondimenti.
Relativamente al secondo xxxxxxx, si ritiene che la nozione di equipment leasing indichi i contratti di leasing aventi ad oggetto beni strumentali all’attività imprenditoriale svolta dal locatario, coerentemente con la nozione di equipment prevista nello IAS 16.
2.12) Leasing su beni mobili
Nel metodo standardizzato, al leasing su beni mobili non viene riconosciuto alcun effetto di riduzione del rischio, coerentemente con l’esclusione dei beni mobili (salvo le garanzie finanziarie) dal novero delle garanzie ammesse.
Nel metodo IRB di base, invece, la Direttiva e l’Accordo riconoscono, previo consenso dell’Autorità di vigilanza, la possibilità di ampliare la gamma delle “garanzie reali” ammesse includendovi le “altre garanzia reali” (“other physical collateral”).
Pertanto, i beni mobili registrati e non registrati concessi in locazione finanziaria possono essere riconosciuti dal locatore come strumento di riduzione del rischio, purché rispettino i requisiti specifici previsti per le “altre garanzie reali”.
2.13) Inquadramento della cessione di crediti commerciali come portafoglio a sé stante ovvero come garanzia. Esame fattispecie
Nell’ambito del metodo IRB, i crediti commerciali sono contemplati in due contesti diversi, come:
i) elementi dell'attivo acquisiti dalla banca, sui quali calcolare il pertinente requisito patrimoniale tenendo conto della rischiosità del portafoglio e di eventuali garanzie da parte del cedente (purchased receivables);
ii) strumenti di riduzione del rischio (eligible receivables), quando siano rispettati determinanti requisiti di natura organizzativa, nonché di certezza giuridica, di chiarezza dei diritti attribuiti al creditore e di adeguatezza delle procedure per il tempestivo realizzo della garanzia. Nella definizione dei crediti commerciali riconosciuti come garanzie rientrano non solo quelli derivanti da transazioni commerciali (crediti commerciali propriamente detti), ma anche da altre tipologie di operazioni, purché caratterizzate da una durata originaria non superiore a un anno.
Con riferimento alla classificazione della cessione di crediti commerciali in una delle due fattispecie citate, si osserva in via preliminare che le cessioni di crediti sono operazioni astratte; la causa della transazione può risiedere nella effettiva vendita dei crediti trasferiti (cessione con funzione di vendita), cosicché i crediti sono, sotto un profilo giuridico, stabilmente acquisiti nel patrimonio del cessionario, ovvero nella prestazione di una garanzia, costituita dai crediti trasferiti (cessione con funzione di garanzia), che può essere escussa nel caso di inadempimento del cedente.
Quando il credito ceduto costituisce uno stabile elemento dell'attivo del cessionario (purchased receivables) esso è soggetto al trattamento stabilito per tali attività di rischio; se il cedente mantiene o assume la garanzia della solvenza del debitore ceduto, il cessionario avrà un "credito da garanzia" verso il cedente.
Se invece il credito ceduto assume rilievo come strumento di riduzione del rischio (eligible receivable) inerente al credito verso il cedente, il cessionario avrà un "credito da garanzia" verso il debitore ceduto.
* * *
Alla luce dell’impostazione che precede, si osserva che:
a) le operazioni di anticipo “salvo buon fine” non rientrerebbero nella categoria dei purchased receivables né in quella degli eligible receivables, in quanto esse attribuiscono agli intermediari soltanto la domiciliazione dei pagamenti, non la titolarità giuridica dei crediti connessi, requisito necessario per poter attivare il recupero diretto verso il debitore principale.
b) le cessioni del credito pro soluto, che non prevedono alcuna forma di garanzia del cedente per la solvibilità del debitore ceduto, possono farsi rientrare nella categoria dei purchased receivables;
c) le cessioni pro solvendo, potrebbero in astratto dare luogo sia alla figura dei purchased receivables che degli eligible receivables. Ai fini in questione, possono essere ricondotte alle cessioni pro solvendo quelle che, pur essendo formalmente pro soluto, prevedono comunque forme di responsabilità del cedente13. In ordine al trattamento di tali fattispecie sono in corso approfondimenti, anche alla luce della nuova previsione normativa secondo la quale le cessioni di credito nelle quali il cedente offre una garanzia piena sulla solvibilità del ceduto e sul rischio di diluizione possono essere trattate come eligible receivables invece che come purchased receivables 14.
Con riferimento alle fattispecie indicate sub c) si ritiene che un discrimine tra la figura dei purchased receivables e quella degli eligible receivables è rappresentato dalle modalità di rilevazione dei crediti commerciali nel bilancio della banca cessionaria in applicazione dei principi contabili internazionali IAS/IFRS. Pertanto, nel caso in cui la cessione rispetta le regole contemplate dallo IAS 39 per consentire l’uscita dei crediti ceduti dal bilancio del cedente (“derecognition”), i crediti commerciali sarebbero allocati dalla banca cessionaria tra i purchased receivables. A seconda poi del tipo di copertura fornita dal cedente ai rischi dei debitori ceduti, tali esposizioni potrebbero rientrare anche nello schema della cartolarizzazione. Ciò può manifestarsi ad esempio nel caso in cui il cedente garantisca la “prima perdita” del pool di crediti oggetto di cessione.
Qualora, invece, le regole della “derecognition” non fossero rispettate, la banca cessionaria iscriverebbe nel proprio bilancio un’esposizione nei confronti del cedente, e i crediti commerciali sottostanti sarebbero considerati come eligible receivables, al ricorrere dei requisiti indicati al precedente punto ii.
(13) La categoria ricomprende: lo sconto bancario, che determina il trasferimento alla banca creditrice della titolarità giuridica di un credito verso terzi non ancora scaduto a fronte dell’erogazione di un anticipo al cedente, che fornisce alla banca una garanzia sulla solvibilità del debitore ceduto (la cessione è salvo buon fine ai sensi dell’art. 1858 c.c.); le operazioni di factoring nelle quali il rischio non sia integralmente trasferito al cessionario, ma anche parzialmente trattenuto dal cedente.
(14) Cfr. art. 87.2 della Direttiva, come modificato dall’emendamento n. 744.
2.14) Altre garanzie reali
Le Autorità di Vigilanza nazionali possono consentire – nell’ambito dell’approccio IRB – il riconoscimento delle cd. “altre garanzie reali” (other physical collateral), a condizione che: a) esistano mercati liquidi per un realizzo rapido ed efficiente del bene; b) i prezzi di mercato siano significativi e accessibili al pubblico. È altresì richiesto il rispetto di ulteriori requisiti di tipo economico-organizzativo.
La Banca d’Italia ha già manifestato l’intenzione di avvalersi di detta discrezionalità in un’ottica di parità concorrenziale degli intermediari italiani, riconoscendo
- ove ne ricorrano i presupposti - le specificità dei mercati di determinati prodotti nazionali.
Da una prima analisi appare che l’anticipazione e il pegno su merci siano le forme tecniche di impiego più diffuse. Esse sembrano avere un’importanza particolare per determinati mercati regionali (parmigiani). Potrebbero assumere rilievo anche le operazioni garantite da aeromobili e navi.
È emerso peraltro che i prezzi dei listini delle varie Borse merci esistenti presso le Camere di commercio non sono il risultato di effettive contrattazioni, ma assumerebbero un mero valore segnaletico.
Al riguardo, in sede di normativa secondaria si intenderebbe delineare solo il quadro di riferimento all’interno del quale gli intermediari possano identificare i beni che hanno le caratteristiche richieste dalla normativa, senza prescrivere una lista di merci ammesse.
Ove i beni in garanzia siano custoditi presso terzi, si ritiene applicabile il requisito della separazione patrimoniale, espressamente previsto per le garanzie finanziarie (Accordo par. 126) e sopra esaminato; esso risulta implicito nella previsione che la garanzia sui beni deve attribuire un diritto di prelazione assoluta rispetto a tutti gli altri creditori (Accordo par. n. 522, primo pallino).
Su tale materia sarebbe opportuno che gli intermediari fornissero le proprie valutazioni.
2.15) Pluralità di garanzie reali e personali
Nel caso in cui un’esposizione sia assistita da garanzie reali e personali, la normativa internazionale non stabilisce un criterio di priorità nell’abbinamento delle diverse garanzie all’esposizione.
Pertanto, si ritiene di rimettere la scelta agli intermediari, che potranno adottare l’abbinamento che minimizza il requisito patrimoniale. Tale discrezionalità potrà comportare disallineamenti con i criteri fissati dalla Banca d’Italia per le segnalazioni statistiche di vigilanza15.
3. Garanzie personali
3.1) Ammissibilità delle "fideiussioni omnibus"
L’ammissibilità delle fideiussioni omnibus va valutata alla luce del requisito richiesto dalla normativa, secondo il quale le garanzie personali devono riferirsi a crediti (o
(15) Si rammenta che, sulla base dello schema attualmente vigente a fini sia prudenziali sia statistici, alle esposizioni vanno attribuite prima le garanzie reali poi a quelle personali (partendo dai garanti aventi ponderazione ovvero PD minore); nell’ambito delle garanzie reali, l’ordine di priorità e il seguente: finanziarie, commerciali, ipotecarie, altre.
a portafogli di crediti) specifici. In particolare, tale presupposto richiede non solo la determinazione dell’importo della garanzia, ma anche l’identificazione dei crediti che beneficiano della stessa.
Ciò posto, si ritiene che le “fideiussioni omnibus” possano essere ammesse, a condizione che sia prevista la specifica identificazione dei crediti che esse assistono. Per i crediti futuri, la condizione può considerarsi rispettata quando l’intermediario garantito comunichi al garante i nuovi prestiti garantiti dalla fideiussione, in modo da evitare incertezze tra le parti sull'effettiva estensione della garanzia. La comunicazione consentirebbe anche di determinare l'obbligazione del fideiussore in caso di recesso, individuando con maggiore certezza i crediti sorti fino al recesso stesso per i quali il garante resta comunque responsabile.
Quanto precede vale anche per le fideiussioni omnibus relative alle forme tecniche rotative (ad es. aperture di credito in conto corrente, anticipi salvo buon fine, ecc.).
3.2) Garanzie personali incondizionate
L’assenza di condizioni rappresenta uno dei requisiti necessari per il riconoscimento delle garanzie personali nell’ambito dei metodi standard e IRB di base; nel quadro del metodo IRB avanzato sono invece ammesse anche le “garanzie condizionate”, a patto che la banca sia in grado di dimostrare che i criteri di misurazione del rischio utilizzati tengono adeguatamente conto degli eventuali effetti limitativi che ne possono derivare.
In generale, le condizioni apposte alle garanzie non assumono rilievo per il riconoscimento a fini prudenziali quando il loro verificarsi dipende esclusivamente dalla banca e quindi ricade sotto il suo diretto controllo (ad es., comunicazione al garante del primo mancato pagamento del debitore).
Andrebbero tuttavia evitate previsioni troppo generiche e difficilmente verificabili, che potrebbero essere facilmente eccepite dal garante al momento dell’esercizio della garanzia.
Alla luce di quanto precede, le garanzie che prevedono il beneficio di escussione non sono ammissibili a fini prudenziali. Riflessioni sono in corso sul trattamento delle garanzie in essere, non conformi alle indicazioni che precedono.
Inoltre, in conformità all’indirizzo espresso dalla Banca d'Italia in materia di segnalazioni di vigilanza e di Centrale dei rischi, fra le garanzie personali non rientrerebbero le lettere di patronage c.d. deboli, ma solo quelle idonee a costituire un impegno giuridicamente vincolante ed azionabile da parte della banca creditrice (c.d. lettere di patronage forti) (cfr. “Manuale per la compilazione della matrice dei conti”, Avvertenze generali”, pag. C.15).
3.3) Applicabilità delle garanzie personali alle esposizioni del portafoglio retail
Sono stati chiesti chiarimenti in ordine all’applicabilità delle garanzie personali alle posizioni inserite nel portafoglio retail, tenuto conto che tale portafoglio è preso in considerazione nella sua globalità, senza distinguere le singole posizioni al suo interno e che, nel metodo IRB, la relativa PD è applicata a livello di pool di esposizioni e non di singolo debitore.
Al riguardo, si osserva, in linea generale, che le esposizioni verso un determinato soggetto che, a fini definitori, va ricompreso nel portafoglio retail (ad es. una piccola impresa) sono incluse in detto portafoglio.
Tuttavia, ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali, una esposizione garantita nei confronti di soggetti appartenenti al portafoglio retail potrebbe essere valutata come rientrante nel portafoglio del soggetto garante. Nel metodo standardizzato, ciò implica che, se un’esposizione retail è garantita per il 50% dallo Stato, l’esposizione andrebbe considerata per il 50% come rientrante nel portafoglio "Stati sovrani” e per il restante 50% come ricompresa nel portafoglio retail, e ciascuna parte sarebbe soggetta alla relativa ponderazione.
Nel metodo IRB, l’effetto della garanzia sul portafoglio retail può incidere o sulla PD (sostituzione della PD del debitore con quella del garante) o sulla stima della LGD (come noto, per applicare l’IRB al portafoglio retail occorre sempre essere in grado di stimare la LGD). Di conseguenza, gli intermediari finanziatori possono valutare se ricondurre la posizione garantita nel portafoglio del garante, applicando ad essa la relativa PD (come nel caso del metodo standardizzato), ovvero se calcolare l’impatto della garanzia personale in termini di riduzione della LGD stimata.
3.4) Ammissibilità del mandato all'incasso e della delegazione di pagamento
Il mandato all’incasso e la delegazione di pagamento sono diffusamente utilizzati per costituire in garanzia crediti verso le amministrazioni pubbliche, in sostituzione della loro cessione.
Dette fattispecie non possono essere riconosciute come garanzie idonee a fini prudenziali, in quanto il debitore non assume alcun obbligo verso la banca creditrice (mandataria / delegataria).
Tuttavia, nel caso in cui il mandato o la delegazione siano assistiti dall’assunzione di un obbligo diretto e incondizionato della pubblica amministrazione nei confronti della banca finanziatrice, si ritiene che dette fattispecie possano essere trattate a fini prudenziali alla stregua di una garanzia personale.
3.5) Cessione del quinto dello stipendio
La cessione fino ad un quinto dello stipendio mensile, per un massimo di dieci anni, è una fattispecie tipica dell’ordinamento italiano, tradizionalmente prevista dalla legge a garanzia del prestito personale destinato ai dipendenti pubblici. La restituzione avviene mediante trattenute mensili sullo stipendio, effettuate direttamente dall’ente pubblico o dall’azienda presso la quale il cliente finanziato lavora. La legge finanziaria 2005 ha esteso la fattispecie ai lavoratori dipendenti privati, ai dipendenti (pubblici e privati) assunti a tempo determinato nonché ai pensionati (del settore pubblico e privato); allo stesso tempo, ha abrogato la garanzia pubblica che un tempo assisteva detti finanziamenti a copertura dei c.d. rischi vita e impiego16.
Ciò posto, si osserva che i finanziamenti soggetti alla disciplina previgente, fruendo della predetta garanzia pubblica in caso di insolvenza del debitore principale, continuerebbero a beneficiare del trattamento prudenziale attualmente riconosciuto alle garanzie rilasciate dallo Stato (ponderazione zero).
Per i contratti stipulati successivamente alla modifica legislativa, indipendentemente se a favore di dipendenti/pensionati pubblici o privati, la disciplina
(16) In proposito, cfr. L. 30 dicembre 2004, n. 311, recante “Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale dello Stato” (“legge finanziaria”), art. 1, comma 137 che ha modificato la disciplina prevista dal D.P.R. n. 180 del 5 gennaio 1950 e dal Regolamento applicativo adottato con D.P.R. n. 895 del 28 luglio 1950.
nazionale prevede che le parti stipulino polizze assicurative per il rischio di impiego e di vita.
Tuttavia, le polizze per il rischio di impiego non sono riconosciute dalla regolamentazione e le polizze vita in senso stretto non coprono il rischio di inadempimento del debitore principale (dipendente/pensionato pubblico o privato) e, quindi, non possono essere utilizzate come strumento di CRM a fini prudenziali. A tale fine, è necessario acquisire la copertura del rischio di inadempimento, eventualmente rimodulando o integrando il contenuto della polizza, in modo da potersi configurare una garanzia personale ammessa. Al di fuori di tali ipotesi non sembrano sussistere margini per il riconoscimento ai fini prudenziali della cessione del quinto.
3.6) Garanti ammessi nelle contro-garanzie
Relativamente ai metodi “standardizzato” e “IRB di base”, l’Accordo prevede il riconoscimento della contro-garanzia “indiretta” (contro-garanzia nella terminologia italiana)17 solo nel caso in cui questa sia fornita da soggetti sovrani (par. 201), mentre la Direttiva ammette un più ampio novero di soggetti (tra i quali rilevano le Amministrazioni locali, le banche multilaterali di sviluppo, gli enti del settore pubblico; sono escluse le banche).
La contro-garanzia “diretta” (equivalente alla co-garanzia nel nostro sistema)18 è invece ammessa per le medesime tipologie di soggetti riconosciuti in via generale come fornitori di protezione nei metodi “standardizzato” e “IRB di base” (par. 195).
Relativamente alle contro-garanzie “indirette”, si ritiene di applicare la norma più espansiva prevista dalla Direttiva, che consentirebbe agli intermediari di continuare a utilizzare in particolare la contro-garanzia di Amministrazioni locali e di banche multilaterali di sviluppo.
3.7) Ammissibilità dei Fondi di garanzia come fornitori di garanzie o contro-garanzie
I Fondi di garanzia (aventi natura statale o regionale) prevedono che la copertura assicurata dallo Stato o dalla Regione sia pari all’ammontare del patrimonio del fondo e non all’ammontare delle garanzie (o contro-garanzie) concesse, che normalmente rappresentano un multiplo del fondo.
In argomento si osserva che alle garanzie rilasciate da tali Fondi potrebbe essere riconosciuta la più favorevole ponderazione dello Stato o della Regione, solo a condizione che l’importo delle garanzie complessivamente rilasciate dal singolo Fondo non possa eccedere il patrimonio dello stesso ovvero che lo Stato o la Regione assumano un impegno idoneo ad assicurare al Fondo i mezzi necessari ad onorare le garanzie eccedenti la dotazione patrimoniale del Fondo medesimo.
(17) La contro-garanzia “indiretta” (tipicamente la fideiussione concessa al fideiussore prevista nell’art. 1940 c.c.) rappresenta una garanzia di secondo livello e consente alla banca finanziatrice di beneficiare della migliore ponderazione (o PD) del soggetto contro-garante qualora sia possibile chiedere il pagamento dell’obbligazione al contro-garante nel caso in cui né il debitore originario né il garante siano in grado di pagare.
(18) La contro-garanzia “diretta” (in Italia, co-garanzia) rappresenta invece una garanzia di primo livello che concorre con un’altra garanzia al pagamento dell’obbligazione nel caso in cui il debitore originario sia inadempiente. In questo caso la banca può applicare il trattamento prudenziale del co-garante alla quota di credito da questi garantita.
3.8) Metodo IRB di base: copertura di esposizioni subordinate
Ai fini del calcolo del requisito patrimoniale nell’ambito del metodo IRB di base, la banca finanziatrice, in presenza di garanzie personali idonee, può sostituire la PD del soggetto garante a quella del soggetto debitore.
Nel caso in cui una garanzia non subordinata copra un’esposizione subordinata, l’intermediario, oltre a poter sostituire la PD del debitore con quella del garante, può anche applicare la LGD prevista per le esposizioni di rango primario (45%) in luogo di quella relativa alle esposizioni subordinate (75%) (Direttiva, all. VIII, parte 3, par. 91).
L’intermediario può avvalersi di tale facoltà solo se il garante assume il rischio di subordinazione, cioè solo se il garante, in caso di default del debitore principale, è tenuto ad adempiere la propria obbligazione verso la banca garantita come se fosse di rango primario, salvo poi rivalersi nei confronti del debitore assumendo la veste di creditore subordinato.
3.9) Garanzie personali e derivati su crediti: clausole di “cross default”
E’ stato chiesto se sia possibile escludere il riferimento alla clausola di “cross default”. Per “cross default” s’intende l’estensione a tutte le esposizioni verso un debitore dell'inadempimento verificatosi su una specifica posizione creditizia. Il “cross default” rappresenta un fattore determinante per l'attivazione delle garanzie soltanto nei casi di “asset mismatch”, cioè quando la garanzia fa riferimento a un’attività (reference obligation) diversa da quella oggetto di copertura (underlying obligation).
Ai fini del riconoscimento delle garanzie personali e dei derivati su crediti, la clausola di “cross default” può non essere contrattualmente prevista quando c’è coincidenza tra reference obligation e underlying obligation.
4. Derivati su crediti
4.1) Definizione del “periodo di tolleranza”
La nuova regolamentazione prudenziale internazionale stabilisce che il verificarsi del “mancato pagamento”, quale evento che determina l’attivazione della protezione prevista nel derivato di credito, possa essere posticipato sino alla conclusione di un “periodo di tolleranza”. Ciò rileva sia ai fini dell’attivazione della garanzia sia ai fini della durata temporale del derivato che, ove scada prima di detto periodo di tolleranza, darebbe luogo all’applicazione della disciplina prevista in caso di disallineamento di scadenze (maturity mismatch).
Nell’individuare il suddetto periodo di tolleranza si ritiene di fare riferimento alla definizione adottata dal mercato regolamentato in cui il titolo sia eventualmente trattato ovvero a quella concordata nel regolamento di emissione. In difetto di tali indicazioni, il periodo di grazia non verrebbe riconosciuto.
5. Compensazione delle posizioni in bilancio
5.1) Condizioni necessarie per l’ “on-balance sheet netting”
La nuova regolamentazione prudenziale internazionale sembra presupporre l'esistenza di un accordo formale di compensazione tra le attività e le passività per cassa al fine del riconoscimento degli effetti di riduzione del rischio. Pertanto, per il riconoscimento della compensazione a fini prudenziali, la stipulazione di un accordo si ritiene comunque necessaria, anche quando sussistono i presupposti per la compensazione legale. La
definizione di un accordo consentirebbe la precisa individuazione dei crediti e dei debiti soggetti alla compensazione, evitando la possibilità di contestazioni e riducendo, così, il connesso rischio legale.
Inoltre, in linea generale si ritiene che per ammettere la compensazione delle posizioni di bilancio a fini prudenziali dovrebbe sussistere un vincolo / legame tra attività e passività rientranti nel netting. Tale legame è innanzi tutto di natura temporale, nel senso che le passività devono avere una durata pari o superiore a quella delle attività. In caso contrario, si avrebbe un’attività garantita con disallineamento di scadenze (maturity mismatch), alla quale si applicherebbero le disposizioni previste in tale ipotesi dalla normativa internazionale per quanto riguarda l’ammissibilità e il trattamento.
Infine, l’esigenza di certezza giuridica in merito alla effettiva disponibilità per la banca delle passività da opporre in compensazione delle attività potrebbe rendere necessaria la previsione di vincoli (ad esempio, incedibilità delle passività da parte della banca) ovvero l’effettuazione di valutazioni concernenti, a titolo esemplificativo, l’ipotesi di sequestro o pignoramento da parte di terzi. Va verificata, altresì, l’eventuale rilevanza di cause ostative al riconoscimento giuridico della compensazione anche in relazione al fallimento di una delle parti (ad es. art. 1246 c.c., art. 56, comma 2, l. fall.).
6. Cartolarizzazione
6.1) Deduzione o ponderazione delle posizioni di cartolarizzazione prive di rating
Nell’ambito della metodologia standard, per le esposizioni connesse con un’operazione di cartolarizzazione caratterizzate da una maggiore rischiosità (titoli junior) (posizioni rientranti nell’ultima classe di rating prevista dalla griglia normativa ovvero prive di rating), l’Accordo prevede la deduzione dal patrimonio di vigilanza, mentre la Direttiva consente la scelta tra la deduzione e la ponderazione al 1250% (che produce un requisito patrimoniale di ammontare pari alle esposizioni stesse).
In proposito, si osserva innanzi tutto che il trattamento previsto dalla Direttiva per quanto concerne le esposizioni prive di rating è in linea con quanto previsto dalla normativa vigente.
Si ritiene di adottare in via generale la soluzione della Direttiva e di stabilire che, qualora l’intermediario scelga il metodo della deduzione, tale metodo si applichi a tutte le operazioni realizzate.
6.2) Applicazione di un massimale (cap) ai requisiti patrimoniali per gli intermediari originator
La Direttiva, a differenza dell’Accordo, prevede che il requisito patrimoniale da applicare alle posizioni connesse con la cartolarizzazione detenute dagli intermediari originator che abbiano scelto il metodo standardizzato non possa essere superiore al requisito calcolato sul portafoglio oggetto dell’operazione stessa.
Al fine di non creare eccessive disparità tra intermediari che adottano metodi differenti e in considerazione della maggiore coerenza con l’attuale regolamentazione, si sta approfondendo l’ipotesi di prevedere il massimale previsto dalla Direttiva per tutte gli intermediari originator, indipendentemente dal metodo scelto per il calcolo dei requisiti patrimoniali.
7. Profili organizzativi
La regolamentazione internazionale sulle tecniche di CRM si riflette sul piano organizzativo e gestionale, determinando l’esigenza per gli intermediari di adottare configurazioni strutturali e di processo idonee ad assicurare il costante rispetto delle prescrizioni prudenziali in materia di requisiti e condizioni per il riconoscimento delle garanzie.
Espliciti richiami sono contenuti nell’Accordo all’adeguatezza dei sistemi e delle procedure operative per assicurare: la certezza giuridica e la idoneità della documentazione legale, l’opponibilità ai terzi, la tempestività di realizzo, la separatezza dei beni in garanzia depositati presso terzi rispetto al patrimonio del depositario, la misurazione della volatilità in relazione all’utilizzo delle garanzie reali finanziarie; la stima dei rischi insiti nei crediti commerciali; la rivalutazione frequente degli immobili.
Inoltre, l’Accordo richiama la circostanza che l’utilizzo delle tecniche di CRM può accrescere altri rischi, di natura residuale (legale, operativo, liquidità e di mercato), impegnando gli intermediari ad adottare solidi processi e misure per il monitoraggio e la gestione dei rischi stessi.
Sul piano più generale, è stata sollevata la questione se il controllo sugli aspetti giuridici dei contratti possa essere affidato a strutture periferiche, eventualmente dipendenti dalle unità operative che stipulano i contratti stessi, oppure debba essere accentrato presso organi distinti dalle unità operative.
In linea teorica, non sembrano sussistere controindicazioni al decentramento, avendo presente comunque l’esigenza che, per evitare conflitti di interesse tra funzioni commerciali e di controllo, le unità addette alle verifiche legali non dovrebbero dipendere dalle unità operative che stipulano i contratti.