Trasmissione via PEC Spett.le
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Autorità di Regolazione dei Trasporti xxx@xxx.xxxxxxxx-xxxxxxxxx.xx
Roma, 9 gennaio 2023
Prot. n. 001/23/E.13. c.a. Dott.ssa Xxxxx Xxxxx
Prot.n. 0000320/2023 del 09/01/2023 18:59:22 Pagine totali: (1)
Oggetto: Disciplina per la soluzione non giurisdizionale delle controversie ART – delibera n. 236/2022.
Con riferimento alla consultazione avviata da codesta spettabile Autorità con delibera n. 236/2022 sul documento di disciplina, in prima attuazione, delle modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie, si inviano in allegato le osservazioni e le proposte della scrivente FEDERTRASPORTO – Federazione nazionale dei sistemi e delle modalità di trasporto e delle attività connesse, in rappresentanza delle organizzazioni aderenti AGENS, AISCAT, ANAV, XXXXX, ASSAEROPORTI, ASSO.H.POSTETRASPORTI e UIR.
Nel rimanere a disposizione per ogni eventuale approfondimento, è gradita l’occasione per inviare i migliori saluti.
FEDERTRASPORTO
Xxxx X. Xxxxxxxxxx
CONFINDUSTRIA
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Consultazione dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti
Disciplina per la soluzione non giurisdizionale delle controversie ART – delibera n.236/2022
Osservazioni e proposte di FEDERTRASPORTO
1. Osservazione di carattere generale
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La Disciplina prevede due fasi della procedura:
a) un tentativo obbligatorio di conciliazione;
b) la eventuale definizione della controversia dinanzi all’Autorità.
Ebbene, mentre non vi sono dubbi sulla potestà (e, anzi l’obbligo) dell’Autorità di istituire, ai sensi dell’art. 37, terzo comma, lett. h), del decreto-legge 6.12.2011, come modificato dalla legge n. 118/20221, un sistema di tentativo obbligatorio di conciliazione, il quale rappresenta una condizione di procedibilità dell’azione giurisdizionale, suscita seri dubbi di legittimità la procedura definita di “risoluzione non giurisdizionale delle controversie”.
L’art. 3 della Disciplina prevede, in caso di fallimento del tentativo obbligatorio di conciliazione, la facoltà per l’utente, o per le Parti congiuntamente, di rivolgersi all’Autorità per la definizione nel merito della controversia.
Afferma la relazione illustrativa che “In tal modo viene altresì assicurata la funzione, attribuita dall’articolo 37, comma 2, lettera e), di “dirimere” le controversie concernenti il contenuto minimo dei diritti degli utenti”.
Tale affermazione conferma che la normativa non prevede queste due fasi, connesse e conseguenziali.
1 “disciplina, con propri provvedimenti, le modalità per la soluzione non giurisdizionale delle controversie tra gli operatori economici che gestiscono reti, infrastrutture e servizi di trasporto e gli utenti o i consumatori mediante procedure semplici e non onerose anche in forma telematica. Per le predette controversie, individuate con i provvedimenti dell'Autorità di cui al primo periodo, non è possibile proporre ricorso in sede giurisdizionale fino a che non sia stato esperito un tentativo obbligatorio di conciliazione, da ultimare entro trenta giorni dalla proposizione dell'istanza all'Autorità. A tal fine, i termini per agire in sede giurisdizionale sono sospesi fino alla scadenza del termine per la conclusione del procedimento di conciliazione”.
Infatti, la previsione secondo cui l’Autorità può dirimere le controversie tra utenti e gestori dei servizi è stata inserita in tutt’altra norma, rispetto a quella sulla conciliazione: all’art. 37, comma 2, lett. e) del citato decreto-legge ovvero nell’ambito del potere dell’ART di “definire, in relazione ai diversi tipi di servizio e alle diverse infrastrutture, il contenuto minimo degli specifici diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti dei gestori dei servizi e delle infrastrutture di trasporto e a dirimere le relative controversie”.
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Ad ogni buon conto, la previsione del comma 2, lett. e) – che concerne le attribuzioni e le competenze dell’Autorità - non può essere letta senza considerare i limiti delle specifiche modalità di esercizio delle predette competenze, per come circoscritti al successivo comma 3. E’ proprio tale disposizione alla lett. h) a contemplare l’adozione di propri provvedimenti per la soluzione non giurisdizionale delle controversie con la specifica previsione della condizione di procedibilità ai fini della proposizione del ricorso giurisdizionale.
In altre parole, le modifiche introdotte dalla L. 118/2022 consentono la previsione di strumenti di conciliazione, ma non prevedono l’esercizio di poteri paragiurisdizionali e decisori di merito.
Si pongono quindi due questioni.
1.1. La prima è che in tal modo la Disciplina introduce – oltre le intenzioni della legge e, quindi, senza la copertura di una fonte primaria – un procedimento giurisdizionale pieno in contrasto, non solo con la legge regolatoria, ma anche con l’art. 102 della Costituzione che riserva la funzione giurisdizionale ai magistrati ordinari.
La giurisdizione e la competenza a decidere delle controversie tra utente e concessionario è infatti definita dalle norme generali dell’ordinamento giuridico (giurisdizione civile/amministrativa) e non può essere modificata da una delibera regolatoria, cui peraltro la legge non attribuisce tale compito. Il procedimento poi suppone l’emissione di un “provvedimento finale” che con tutta evidenza potrebbe avere solo natura amministrativa e conseguentemente sarebbe passibile di impugnazione dinanzi al giudice amministrativo, di fatto sottraendo alla giurisdizione civile la cognizione di contenziosi in merito a diritti soggettivi, o meglio creando una doppia giurisdizione sul medesimo oggetto del contendere.
Le suddette considerazioni sono avvalorate, come si vedrà, dall’art. 18, terzo comma, della Disciplina laddove prevede che la decisione dell’Autorità, a conclusione della fase di risoluzione delle
controversie, oltre a stabilire eventuali rimborsi e indennizzi in favore dell’utente “dispone le misure necessarie a far cessare la condotta lesiva dei diritti dell’utente”.
L’ipotesi di emissione di una decisione da parte del Consiglio dell’Autorità con l’obiettivo di “far cessare la condotta lesiva” pare piuttosto somigliante ai poteri attribuiti all’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato in materia di pratiche commerciali scorrette, ma in quest’ultimo caso i poteri cognitivi e sanzionatori dell’AGCM sono stabiliti a priori da una fonte normativa primaria2, che invece non sussiste nella fattispecie qui in esame.
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La definizione nel merito, peraltro, e fermo quanto sopra evidenziato, presuppone almeno che vi sia coincidenza tra “chiesto” e “pronunciato”, ovvero sulla specifica richiesta formulata dall’utente, non essendovi spazio alcuno per provvedimenti che agiscano extra petita (ad es. laddove l’utente non abbia richiesto la cessazione della condotta lesiva, ma semplicemente agito per ottenere un indennizzo).
1.2. La seconda questione si pone anche per l’ipotesi che venga ritenuta normativamente percorribile la soluzione di prevedere le due descritte connesse fasi di conciliazione e di definizione delle controversie.
Si tratta del perimetro della seconda fase che deve essere comunque limitato alla definizione delle controversie che riguardano “il contenuto minimo degli specifici diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti dei gestori dei servizi e delle infrastrutture di trasporto”.
Infatti, questo l’oggetto della norma che attribuisce all’Autorità il potere di “dirimere le relative
controversie”.
“Relative” vuol dire quindi che l’ART non può intervenire su qualsiasi controversia, ma solo sui casi in cui l’Autorità ha definito con propri atti il contenuto minimo di “specifici diritti” che gli utenti possono esigere.
Del resto, la ratio di tale differenziazione si può cogliere semplicemente con riguardo alla notevole differenza giuridica tra l’istituto della conciliazione e quello dell’intervento “paragiurisdizionale” di un’Autorità amministrativa indipendente.
Nella conciliazione, il Conciliatore assume un ruolo di mediatore del conflitto, ricercando – ove possibile – la soluzione condivisa dalle parti che ponga fine ad una insorgenda controversia.
2 Art. 27 del D. Lgs. 6.9.2005, n. 206 - Codice del consumo
Questo presupposto “deflattivo” di contenzioso giustifica l’ambito di applicazione ampio a tutte le “controversie” tra operatori ed utenti-consumatori.
Nel caso di esercizio di funzioni paragiurisdizionali, invece, l’ART svolge una funzione attiva e strettamente legata alle competenze assegnatele dal legislatore, in quanto – di fatto – con le decisioni assunte per comporre le controversie l’Autorità svolge un’attività sostanzialmente regolatoria e di orientamento positivo di futuri comportamenti (effetto tipico dell’esercizio del potere regolatorio e giurisdizionale).
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L’intervento delle Autorità in funzione della soluzione di conflitti, dunque, conserva la duplice natura di strumento di soluzione delle controversie alternativo alla giurisdizione, da un lato, e di strumento volto a permettere la cosiddetta regulation by litigation, dall’altro.
Atteso, dunque, l’effetto conformativo del mercato sotteso alle decisioni “paragiurisdizionali” delle Autorità amministrative indipendenti, l’esercizio del potere di “dirimere le controversie” deve essere strettamente ancorato a competenze specifiche dell’ART.
Sul punto, ad esempio, l’Ordinanza del Consiglio di Stato, Sez. VI, del 31.12.2021 n. 8737 ha rimesso alla CGUE la questione della compatibilità con il diritto eurounitario della disciplina nazionale che consente all’ARERA di “dirimere le controversie” anche laddove riguardino clausole contrattuali “del tutto indipendenti dalla qualità del servizio”.
In base a quanto sopra osservato, si ritiene che la “funzione paragiurisdizionale” e la “funzione conciliativa” sono nettamente distinte e debbano quindi ricevere una regolamentazione delle procedure separata, atteso che:
- le due procedure hanno una distinta collocazione normativa;
- l’ART svolge funzioni completamente differenti;
- l’ambito oggettivo di applicazione è del tutto distinto, nei termini sopra specificati;
- nel caso di funzione paragiurisdizionale, l’accesso all’istituto deve necessariamente presupporre un vaglio più approfondito di ammissibilità delle istanze.
Si chiede, dunque, in via preliminare all’Autorità di prendere atto di quanto sopra osservato, disponendo un supplemento di istruttoria e di consultazione pubblica, volto a:
- disporre Discipline separate ed autonome per le procedure di conciliazione e di soluzione delle controversie;
- verificare il diverso ambito di applicazione oggettivo delle funzioni conciliative e paragiurisdizionali;
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- specificare nel dettaglio, nell’ipotesi di procedura paragiurisdizionale, i presupposti di ammissibilità delle istanze, se del caso riepilogando gli atti positivi adottati dall’ART che impongano “il contenuto minimo degli specifici diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti dei gestori dei servizi e delle infrastrutture di trasporto” e che, quindi, consentono l’accesso alla procedura paragiurisdizionale. Sarà necessario, poi, prevedere l’aggiornamento periodico di tale elenco per consentire agli utenti-consumatori di conoscere in anticipo l’esatto ambito di applicazione della misura.
Questa soluzione è anche la più compatibile con il sistema ART, dato che nelle definizioni, ad esempio non specifica cosa si intenda per “rete di trasporto” e quindi si finirebbe per assoggettare alla Disciplina praticamente tutti i settori.
Partendo da questa impostazione, ART dovrebbe definire i “diritti” e fare una profonda distinzione tra fase di conciliazione e fase di “definizione”.
La “definizione dei diritti” è certamente propedeutica al sistema di definizione delle controversie e non può non tener conto delle regolamentazioni emanande o emanate nei settori interessati dalla Discplina.
Ad esempio, nel settore delle concessionarie autostradali, non risultano ancora definiti i contenuti minimi dei diritti degli utenti ed i parametri oggettivi dei livelli di qualità del servizio della rete autostradale previsti nel procedimento collegato alla delibera ART n. 59/2022, ancora in corso finalizzazione; vengono quindi, allo stato, a mancare nello specifico le casistiche per le quali gli utenti potrebbero adire la procedura di conciliazione.
Per quanto attiene ai diritti degli utenti del trasporto con autobus, inoltre, andrebbero declinate puntualmente le fattispecie previste dal regolamento UE 181/2011 - relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus – così come, per il settore aeroportuale, quelle previste dal regolamento UE 261/2004 – che istituisce regole comuni in materia di compensazione e assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo i ritardo prolungato – e dal regolamento 1107/2006 – relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità
ridotta nel trasporto aereo – quali uniche casistiche per le quali è ammesso il ricorso alle procedure di risoluzione alternativa oggetto del documento in consultazione.
Le medesime precisazioni andrebbero quindi formulate per tutti i settori interessati.
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In tal senso si ritiene opportuno che l’Autorità individui in maniera esplicita le fattispecie che possono costituire oggetto di risoluzione non giurisdizionale al fine di non ingenerare dubbi interpretativi. In particolare, si ritiene che l’Autorità non dovrebbe poter estendere il campo di applicazione delle esistenti disposizioni degli ordinamenti settoriali ovvero incidere sul novero degli obblighi cui i gestori sono sottoposti, a maggior ragione se, anche la normativa nazionale adottata in tale campo non abbia disposto in tal senso.
L’esigenza di individuare le fattispecie precise rispetto alle quali è possibile attivare la procedura di risoluzione delle controversie, sia nella fase conciliativa che di definizione della controversia, sarebbe utile anche ad eliminare ab origine le richieste incaute e pretestuose.
2. Osservazioni specifiche all’articolato
Art. 1 - Definizioni
Si rendono necessarie due osservazioni sulla nozione di “utente”.
La prima riguarda l’inclusione nella definizione dell’utente “potenziale”.
Pur comprendendosi le ragioni che hanno portato ad una simile formulazione 3 – laddove per utente “potenziale” si intende il soggetto che “intende utilizzare” servizi di trasporto, o che “intende utilizzare” un’infrastruttura di trasporto – si ritiene che tale previsione rischi di compromettere l’efficiente funzionamento del sistema, slegandolo da una connessione con l’interesse concreto dell’utente.
Qualsiasi procedimento giurisdizionale o anche solo decisorio si basa sul presupposto della situazione legittimante dell’istante ovvero di un rapporto diretto, certo e concreto tra il soggetto che agisce e la pretesa che il medesimo intende far valere (legitimatio ad causam e interesse ad agire).
3 Relazione illustrativa, pag. 11.
L’ampliamento dell’accesso alla procedura anche a coloro che “intendono utilizzare” servizi di trasporto rischia concretamente di ingolfare il sistema con richieste meramente pretestuose o di disturbo.
La previsione risulta peraltro incoerente con l’art. 6, comma 4, lett. c) della Disciplina il quale giustamente prevede, proprio per collegare la fase di conciliazione ad una situazione legittimante che tra i documenti da allegare all’istanza di conciliazione debba esservi anche “copia del titolo di viaggio o documento analogo come indicato nella piattaforma ART”4.
Si chiede quindi di eleminare la possibilità di accesso alla procedura anche all’utente potenziale.
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La seconda osservazione è riferita al fatto che la Disciplina non considera che, in alcuni casi, l’utente che utilizza sistemi di trasporto è esso stesso un operatore economico ovvero un’impresa di trasporto.
Trattandosi di soggetto qualificato, organizzato in forma di impresa, non sembra appropriato assoggettarlo obbligatoriamente alla procedura prevista dalla Disciplina, dato il carattere tecnico e spesso rilevante delle questioni che possono dar luogo a contenzioso.
Si chiede quindi di modificare la definizione, escludendo dalla stessa “il soggetto che svolge attività imprenditoriale di trasporto”.
Art. 2 – Ambito di applicazione
In alcuni settori quali ad esempio quello ferroviario, aeroportuale e autostradale, esiste già una disciplina specifica per le controversie tra gestori di reti o servizi e vettori; ed infatti, come precisato nella Relazione illustrativa (pag. 11), tali contenziosi dovrebbero essere esclusi dall’ambito di applicazione della Disciplina. Tuttavia, l’art. 2, lett. b) del documento in consultazione si limita a prevedere, con una formulazione troppo generica, che essa non si applica alle controversie tra operatori economici e utenti “per le quali sono esperibili procedure di soluzione non giurisdizionale previste da altre specifiche discipline”.
Considerato che gli utenti possono non conoscere tutte le discipline di settore, sarebbe senz’altro auspicabile precisare espressamente i settori e le casistiche escluse.
4 Contraddittoriamente la Relazione prevede che per la controversia attinente alla fase precedente il viaggio “potrà essere fornita diversa documentazione atta a comprovare che non è stato possibile acquistare il titolo” (pag. 22); trattasi di previsione che di fatto pone una condizione irrealizzabile.
Art. 5 – Tentativo di conciliazione tramite Piattaforma ART
La Disciplina prevede che le Associazioni dei consumatori e gli enti esponenziali agiscano come soggetti accreditati. Non è ben chiaro, tuttavia, il legame che debba intercorrere tra utente e Associazione e quale sia la “parte” che deve formalmente proporre l’istanza. La circostanza risulta rilevante stante il rapporto di pregiudizialità tra tentativo di conciliazione e azione giurisdizionale che presuppone la riconducibilità dell’iniziativa giurisdizionale allo stesso soggetto giuridico che abbia agito in via conciliativa.
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Si propone, pertanto, di chiarire che le Associazioni e gli enti esponenziali non possano assumere direttamente la qualifica di “parte” del procedimento.
La Disciplina prevede che le Associazioni dei consumatori non possano presentare istanza di conciliazione all’ART come soggetti accreditati qualora esista un organismo paritetico presso il quale sia possibile esperire questo tentativo di conciliazione.
Si ritiene che, laddove la controversia riguardi un operatore economico che ha già implementato una procedura di conciliazione paritetica mediante un organismo iscritto nell’elenco di cui all’articolo 141-decies del Codice del consumo, quest’ultimo debba avere carattere di esclusività, analogamente a quanto già previsto per le Associazioni dei Consumatori.
Tale previsione si rende necessaria sia per valorizzare best practices acquisite nel tempo, e conseguentemente incentivarne l’utilizzo da parte dell’utenza, sia per evitare duplicazioni di procedure e rendere più efficaci i tempi di gestione e di risposta nell’interesse del passeggero, garantendo maggiore certezza nei tempi di risoluzione della controversia.
Art. 6 – Istanza di conciliazione
Si propone che l’istanza venga formulata in lingua italiana o inglese.
La Disciplina dovrebbe prevedere l’inammissibilità dell’istanza di conciliazione, se il reclamo non è stato presentato nei termini fissati dai regolamenti di settore.
Al riguardo, non sembra condivisibile quanto argomentato nella Relazione illustrativa a sostegno della soluzione di ammettere l’esperibilità della procedura anche in caso di reclamo tardivo5. Anche la composizione in via conciliativa presuppone il rispetto dei termini di decadenza che sono posti al fine di non protrarre situazioni di incertezza giuridica.
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A tal proposito, la previsione di un termine di “un anno dalla presentazione del reclamo” appare del tutto sproporzionato, anche in considerazione del termine concesso all’operatore economico per riscontrare il reclamo (30 giorni) ed indice di effettiva carenza di interesse da parte dell’istante rispetto ad un esito negativo maturato in un lasso di tempo di molto antecedente. Si chiede, pertanto, che il termine di cui all’art. 6, comma 2, lett. a), sia congruamente ridotto a 60 giorni decorrenti dalla conoscenza del riscontro fornito al reclamo, ovvero dal termine massimo concesso all’operatore per fornire riscontro al reclamo.
Andrebbe inoltre specificato, come ulteriore requisito, che il reclamo o la richiesta dell’utente debbano necessariamente essere stati presentati secondo le forme ed i canali indicati dall’Ente Gestore al fine di garantire la corretta conoscibilità del reclamo o della richiesta stessi, ovvero avere ad oggetto le specifiche controversie sulle tematiche indicate dai gestori nelle Carte dei servizi; la presentazione tramite canali non autorizzati dall’Ente Gestore dovrebbe quindi rendere inefficace la richiesta anche ai fini della procedura di conciliazione all’Autorità.
In coerenza con quanto argomentato in relazione all’art. 5, comma 3, si ritiene opportuno prevedere tra i casi di irricevibilità la circostanza in cui l’istanza riguardi controversie con un operatore economico che si sia già dotato di un organismo di negoziazione paritetica.
Analogamente, le suddette precisazioni andrebbero inserite nell’articolo 7 quali cause di inammissibilità della richiesta dell’utente.
Infine, l’istanza di conciliazione dovrebbe indicare anche il diritto dell’utente che si assume violato; ciò anche ai fini della valutazione di ammissibilità ex art. 7, comma 1, lett. c).
Art. 7 – Inammissibilità dell’istanza di conciliazione
5 “Tenuto conto di quanto sopra esposto, e della finalità specifica delle procedure per la soluzione non giurisdizionale delle controversie di cui alla Disciplina, che non consiste nell’accertamento di una violazione, bensì alla composizione, in via conciliativa, di una controversia, si ritiene che il mancato rispetto, da parte dell’utente, del termine fissato per la presentazione del reclamo di prima istanza non comporti la decadenza dal diritto di esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione” (pag. 21).
Alla lett. d) si propone di sostituire il riferimento al procedimento giurisdizionale “pendente”, prevedendo l’inammissibilità in tutti i casi in cui risulti instaurato un procedimento giurisdizionale, salvo il caso in cui l’esperimento del tentativo sia stato disposto dall’Autorità giudiziaria.
Art. 9 – Svolgimento della procedura ed esito
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Il comma 1 prevede la non simultaneità nello scambio di comunicazioni tra le parti ed il conciliatore. In realtà, la simultaneità (facilmente ottenibile attraverso l’utilizzo dei moderni strumenti tecnologici) e l’oralità del contraddittorio potrebbero costituire un elemento essenziale per garantire l’efficacia della conciliazione; vale la pena quindi ipotizzare anche la possibilità di un momento di confronto “simultaneo” tra le parti, successivo alla presentazione dell’istanza, in cui il conciliatore possa svolgere ulteriori approfondimenti istruttori ed audire direttamente e congiuntamente le parti tramite collegamenti telematici (videoconferenza) prima dell’emanazione della proposta di conciliazione.
Inoltre, è opportuno prevedere un termine entro cui fornire un riscontro alla proposta conciliativa (ad esempio, 10 giorni lavorativi).
Si ritiene opportuno precisare che il verbale di conciliazione, oltre a costituire titolo esecutivo ed avere efficacia di accordo transattivo, determina per le parti la rinuncia all’azione, anche in considerazione della funzione deflattiva del contenzioso.
Articolo 12 – Istanza di definizione della controversia
La gratuità della procedura è espressamente prevista dalla normativa soltanto per la fase di conciliazione (art. 37, comma 3, lett .h) ma non per la procedura paragiurisdizionale.
Sarebbe utile, al fine di evitare contenziosi dilatori o pretestuosi, prevedere il pagamento di un importo sia pure minimo, per l’accesso alla procedura, analogamente a quanto avviene per le conciliazioni propedeutiche alla instaurazione dei processi civili.
In tema di inammissibilità dell’istanza si chiede di sostituire il riferimento al giudizio “pendente” con quello dell’avvenuta proposizione del giudizio di merito dinanzi all’Autorità giudiziaria.
Si ritiene inoltre che debbano considerarsi escluse dall’istanza di definizione delle controversie richieste diverse da quelle già esaminate in sede di tentativo obbligatorio di conciliazione, al fine di evitare che vengano introdotte istanze sulle quali non sia già intervenuto un contraddittorio in sede di tentativo obbligatorio di conciliazione.
Art. 18 – Decisione della controversia
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La Disciplina prevede che, nel caso di fondatezza dell’istanza dell’utente, il provvedimento che definisce la controversia disponga le misure necessarie a far cessare la condotta lesiva dei diritti dell’utente stesso e stabilisca gli eventuali rimborsi e indennizzi in favore dello stesso.
In primo luogo, occorre ribadire che la decisione di merito non può essere slegata dalla richiesta effettuata nell’istanza, pena la violazione del principio del contraddittorio, ponendosi la decisione extra petita.
In secondo luogo, con la pronuncia relativa alla cessazione della condotta lesiva l’Autorità appare sovrapporre e doppiare le funzioni relative all’esercizio della potestà sanzionatoria con quelle di definizione delle controversie, sottoposte a presupposti e regole differenti.
In ogni caso, occorre precisare che la decisione della controversia dovrebbe comportare un accertamento qualificato in merito alla lamentata responsabilità dell’operatore economico, ma non anche il potere dell’Autorità di imporre autoritativamente all’operatore economico una specifica obbligazione di facere (che, nell’indeterminatezza della previsione, potrebbe essere esteso a qualunque campo dell’attività dell’Ente a cui, secondo il giudicante, fosse riconducibile la lesione del diritto dell’utente) e neanche un obbligo conformativo assoluto dell’operatore economico. Si rammenta a tal proposito che alcuni aspetti dell’attività svolta dall’operatore economico devono necessariamente venire sottoposti a specifica approvazione da parte dell’Ente Concedente (ad esempio per quanto concerne ambiti manutentivi e gestionali), così che eventuali imposizioni su tali aspetti derivanti dal giudicato dell’Autorità sarebbero da considerarsi esorbitanti rispetto al perimetro di competenza dell’Autorità e non attuabili dall’operatore economico in quanto al di fuori della sua libertà di iniziativa.
Occorre pertanto distinguere a seconda del contenuto delle possibili decisioni e, comunque, graduare il termine per ottemperare, negli ambiti in cui possa essere individuato un obbligo conformativo in tal senso secondo quanto sopra evidenziato.
Art. 19 – Relazione annuale, disposizioni di coordinamento e finali
La partecipazione delle aziende al tentativo di conciliazione non è obbligatoria6; nella Disciplina si prevede tuttavia che della mancata partecipazione al tentativo di conciliazione sarà data informazione nella Relazione annuale che l’Autorità dedicherà alla materia della risoluzione extragiudiziale delle controversie.
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Si propone: (i) di eliminare la possibilità di rendere pubbliche attraverso la Relazione le informazioni relative alla partecipazione delle aziende alle procedure di conciliazione; (ii) di ribadire che la mancata partecipazione dell’azienda non potrà in ogni caso dare luogo a penalizzazioni di alcun genere e che non potrà essere fatta valere come violazione nei reclami di seconda istanza presentati eventualmente all’ART a fini sanzionatori.
Roma, 9 gennaio 2023 FEDERTRASPORTO
6 Nella Relazione illustrativa, a p. 23, si specifica “quantomeno in fase di prima attuazione”.
Si inviano in allegato le osservazioni di Xxxxxxxxxxxxxx in relazione alla consultazione in oggetto. Distinti saluti
FEDERTRASPORTO
Xxxxx Xxxxxxx 00 00000 Xxxx
tel 000000000 fax 000000000
Prot.n. 0000320/2023 del 09/01/2023 18:59:22 Pagine totali: (1)