GLI EFFETTI dell’AMMISSIONE al CONCORDATO
GLI EFFETTI dell’AMMISSIONE al CONCORDATO
e i CONTRATTI in CORSO di ESECUZIONE∗
di
Xxxxxxx Xxxxxxxxx
(Università degli Studi del Piemonte Orientale “Xxxxxx Xxxxxxxx”)
SOMMARIO: 1 . Gli effetti per il debitore. – 2. Gli atti di straordinaria amministrazione. – 3. La sorte dei contratti in corso di esecuzione. – 4. Segue: le peculiarità dei contratti bancari. – 5. Segue: la prosecuzione dei contratti pubblici.
– 6. Gli effetti per i creditori.
1. GLI EFFETTI PER IL DEBITORE.
Una delle conseguenze più rilevanti dell’essere ammesso a concordato preventivo anziché venire assoggettato a fallimento risiede nel fatto che il debitore non perde la disponibilità del proprio patrimonio, come si evince dal primo comma dell’art. 167, in base al quale, durante la procedura di concordato, il debitore «conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa» 1.
∗ Il presente saggio costituisce parte del lavoro monografico Il concordato preventivo, in corso di pubblicazione nel volume Le altre procedure concorsuali, in Trattato di diritto fallimentare, diretto da XXXXXXXX-XXXXX-XXXXXXXXX, XX, Xxxxxx, 0000 (Editrice Xxxxxxxxxxxx).
1 Nell’ipotesi in cui ad essere ammessa al concordato sia una società, e segnatamente una società di capitali, i relativi organi continuano regolarmente ad esercitare le loro funzioni; e questa regola, secondo i più, “non subisce alcun mutamento neppure nella successiva fase della liquidazione dei beni (trattandosi di concordato per cessione dei beni)” (LO XXXXXX, Il concordato preventivo,
La medesima norma, peraltro, tempera la portata di detto principio, da un lato, richiedendo che tali attività siano svolte «sotto la vigilanza del commissario giudiziale» (la riforma ha espunto il riferimento alla direzione del giudice delegato, coerentemente con il generale depotenziamento delle prerogative di quest’ultimo 2), dall’altro, limitando i poteri gestori dell’imprenditore agli atti di ordinaria amministrazione.
Il periodo di applicazione della norma 3 sul c.d. “spossessamento attenuato” coincide con la durata della procedura 4. E sebbene tale disposizione dia àdito a interpretazioni divergenti 5, la giurisprudenza sembra orientata a far coincidere la cessazione della procedura, anche ai fini dell’art. 167, con la pubblicazione del decreto di omologazione, con la conseguenza che soltanto a partire da detto momento il debitore si libera dai vincoli cui è sottoposto in itinere e riacquista il pieno e libero esercizio dell’impresa 6.
Milano, 2007, p. 426). Gli amministratori restano pertanto onerati di ogni incombente di tipo societario ed amministrativo (PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1998, p. 644), nonché di quelli di carattere tributario, consistendo la funzione del commissario, da questo punto di vista, essenzialmente in un’attività di vigilanza (ZAFARANA, Manuale tributario del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milano, 2007, p. 269). Secondo taluno, peraltro, gli oneri fiscali inerenti al patrimonio ceduto nel concordato per cessio bonorum andrebbero adempiuti dal commissario (MILLOZZA, Questioni fiscali nelle procedure concorsuali minori, in Fallimento, 1998, p. 169).
2 Come puntualmente evidenziato da XXXXXXXX, Gli effetti dell’ammissione al concordato, in AMBROSINI-DEMARCHI-XXXXXXXX, Il concordato preventivo e la transazione fiscale, Bologna, 2009,
p. 88, pur avendo il giudice delegato perso qualsiasi tipo di potere di direzione e di indirizzo dell’attività d’impresa, egli «ha tuttavia mantenuto un ampio potere autorizzatorio per gli atti di straordinaria amministrazione di cui al 2° co., ragion per cui a tutt’oggi potrà esercitare, sebbene in maniera indiretta e negativa, una certa influenza sull’attività d’impresa».
3 Per una disamina approfondita della questione temporale v., in luogo di altri, CENSONI, Sub art. 167, in Il nuovo diritto fallimentare, Commentario diretto da Xxxxx e coordinato da Xxxxxxx, Bologna, 2006, p. 2415 s.
4 Cfr. DI MAJO, sub art. 167, in LO XXXXXX (a cura di), Codice commentato del fallimento, Milano, 2013, p. 1977; al riguardo, si parla altresì di «capitis deminutio attenuata» (PAJARDI- PALUCHOWSKY, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008, p. 853).
5 Sottolinea DEMARCHI, Gli effetti dell’ammissione al concordato, cit., p. 89, come non risulti chiaro «se il sintagma si riferisca alla fase che va dal decreto di apertura al provvedimento di omologa, ovvero comprenda anche la fase successiva, fino alla completa esecuzione dell’accordo».
6 In giurisprudenza, il principio è stato espresso, sia pur con riferimento a fattispecie sorte sotto il vigore della previgente disciplina (ove l’omologazione era disposta con sentenza), da Cass., 15 novembre 2007, n. 23683, in Foro it. on line, ove si precisa che, dopo il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione del concordato preventivo, il debitore «non ha necessità, per promuovere un giudizio o per resistervi, di alcuna autorizzazione integrativa da parte degli organi preposti alla procedura concordataria».
Quanto alla decorrenza degli effetti di cui alla norma in parola, occorre precisare che il legislatore del 2012 ha apportato alcune modificazioni all’art. 168 l. fall., fissando un nuovo parametro temporale al quale ancorare il decorso degli effetti della domanda, i quali non si producono – come avveniva in passato – dal deposito del ricorso, bensì dalla sua pubblicazione presso il registro delle imprese. Ai sensi dell’art. 161, comma 5, all’incombente provvede il cancelliere, entro il giorno successivo alla presentazione dell’atto. L’innovazione è coerente con il novellato art. 184, il quale stabilisce l’obbligatorietà del concordato «per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione del ricorso» nel registro delle imprese 7.
Si è così delineato un sistema complessivamente omogeneo e coerente, nel cui contesto la pubblicità assurge a condizione necessaria di efficacia del concordato nei confronti dei terzi, in maniera analoga a quanto disposto, con riferimento alla procedura fallimentare, dall’art. 16, comma 2, l. fall., il quale – come noto – sancisce l’efficacia erga omnes della sentenza dichiarativa di fallimento nel momento della sua iscrizione nel registro delle imprese.
2. GLI ATTI DI STRAORDINARIA AMMINISTRAZIONE.
Come si diceva, nel concordato preventivo il debitore conserva la disponibilità dei propri beni, con l’unico limite derivante della necessità di richiedere l’autorizzazione per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, naturalmente con il vincolo indiretto rappresentato dal piano presentato. Ed invero, ai sensi del secondo comma dell’art. 167, i mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, compiuti senza l’autorizzazione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al
7 XXXXXXX, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Ilcivilista, Milano, 2012, p. 40.
concordato 8.
Emerge ictu oculi come quella in parola sia una disposizione “mista”, con individuazione degli atti sia per elenco, sia per genere 9. Il compimento di uno di questi atti senza la prescritta autorizzazione è severamente sanzionato, giacché comporta l’improseguibilità della procedura concordataria (art. 173, comma 2)10. E proprio l’opportunità di scongiurare conseguenze tanto afflittive, unitamente a ragioni di maggiore efficienza nella gestione dell’impresa in concordato, ha indotto il legislatore della riforma ad aggiungere all’art. 167 un comma 3, prevedendo che il tribunale, con il decreto di ammissione alla procedura o con successivo provvedimento, possa fissare un limite di valore al di sotto del quale non si renda necessaria l’autorizzazione del giudice delegato.
Il tenore del predetto secondo comma dell’art. 167 ripropone, nella materia di cui trattasi, la tradizionale (quanto discussa) distinzione fra atti di ordinaria ed atti di straordinaria amministrazione 11.
Se non par dubbio che eccedano l’ordinaria amministrazione tutti gli atti di liquidazione di cespiti dell’attivo 12, riesce meno agevole ricondurre a tale accezione, di per sé, tutti gli atti che non abbiano carattere conservativo. Ed invero, per sua natura l’attività d’impresa si
8 Cfr. XXXXXXXXXXXX, Diritto fallimentare. La nuova disciplina delle procedure concorsuali giudiziali, Torino, 2006, p. 331, secondo cui, «eliminata con il d.lgs. n. 5/2006 la previsione della direzione di un giudice delegato, palesemente incompatibile con il nuovo sistema nel quale al giudice è riservato un mero controllo di legittimità, sia in sede di ammissione, sia in sede di omologazione e quindi logicamente anche medio tempore, è rimasta la previsione della necessità dell’autorizzazione del giudice delegato per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, sia pure con il temperamento della possibilità per il tribunale di stabilire un limite di valore al di sotto del quale l’autorizzazione non è dovuta. La sopravvivenza della necessità dell’autorizzazione del giudice delegato – con l’attribuzione allo stesso, in via eccezionale, di un potere d’ingerenza nella gestione – si giustifica per l’assenza di un controllo sostitutivo dei creditori, in questa fase non ancora possibile, che rischierebbe altrimenti di favorire il compimento da parte del debitore di atti pregiudizievoli o non coerenti al piano da lui stesso predisposto».
9 DEMARCHI, Gli effetti dell’ammissione al concordato, cit., p. 93.
10 In argomento v., ex aliis, CASSANDRO, Gli effetti dell’ammissione per il debitore, in CASSANDRO-CESCHEL-NICITA-NORELLI, Il concordato preventivo, in APICE (diretto da), Trattato delle procedure concorsuali, vol. III, Torino, 2011, pp. 203 e ss., ove ampi riferimenti.
11 Su cui v., in luogo di altri, la per molti versi ancora attuale monografia di CORSI, Il concetto di amministrazione nel diritto privato, Milano, 1974, pp. 147 ss. e 218 ss.
12 XXXXXXXXXXXX, Lezioni di diritto fallimentare, Torino, 2006, p. 405 ss.
traduce (anche) nel compimento di atti dispositivi, sicché va considerata con favore l’impostazione di quella giurisprudenza secondo cui la distinzione andrebbe basata, piuttosto, sul concetto di normale gestione in rapporto al tipo di impresa di cui in concreto trattasi ed alle sue dimensioni. Ed invero, «rispetto alle attività di impresa, il criterio per individuare gli atti di ordinaria o straordinaria amministrazione non può essere quello del carattere “conservativo”, o meno, dell’atto compiuto (valido, in via di massima, per l’amministrazione del patrimonio dell’incapace) poiché trattasi, in questo caso, di attività che, per il suo esercizio, necessariamente presuppone il compimento di atti di disposizione di beni, e cioè di atti che, da tale punto di vista, non potrebbero mai essere considerati di “ordinaria amministrazione”. La distinzione va fondata, piuttosto, sulla relazione di cui l’atto si pone rispetto alla gestione “normale” (e quindi “ordinaria”) del tipo di impresa di cui si tratta e alle dimensioni in cui essa viene esercitata» 13.
Ciò non significa, tuttavia, che il legale rappresentante dell’impresa in concordato abbia la
facoltà di procedere al pagamento di debiti pregressi: tali atti solutori integrano infatti altrettante violazioni della par condicio creditorum, tenuto conto che prima dell’omologazione del concordato sussiste, in capo all’impresa debitrice, il divieto di eseguire pagamenti; principio, questo, che si desumeva già in passato dalla disposizione contenuta nell’art. 168,
l. fall., a mente della quale dalla data di presentazione del ricorso e fino al momento in cui il decreto di omologazione diventa definitivo i creditori per titolo o causa anteriore all’ammissione alla procedura non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore.
Per parte sua la giurisprudenza affermava da tempo che, dopo l’ammissione alla procedura concorsuale (nella specie si trattava dell’amministrazione controllata, ma il caso è analogo a quello del concordato preventivo), non è precluso il pagamento dei debiti pregressi, previa autorizzazione del giudice delegato, solo se ed in quanto esso sia
13 Cass., 4 maggio 1995, n. 4856, in Vita not., 1996, p. 941. A titolo esemplificativo, i giudici di merito hanno ritenuto atto di straordinaria amministrazione la cessione di un credito effettuata al fine di procurarsi la provvista necessaria al deposito ex art. 163 l. fall.
indirizzato al risanamento dell’impresa nell’interesse della massa 14; dal che discende che
«dopo l’ammissione alla procedura del concordato preventivo non sono consentiti pagamenti lesivi della par condicio creditorum, nemmeno se realizzati attraverso compensazione di debiti sorti anteriormente con crediti realizzati in pendenza della procedura concorsuale» 15.
E più di recente la Cassazione ha ribadito che “i debiti sorti prima dell’apertura della procedura di concordato preventivo, ai sensi dell’art. 168 l. fall., non sono mai estinguibili al di fuori del concorso” 16; opinione, questa, condivisa dalla giurisprudenza di merito 17.
L’assunto trova oggi puntuale conferma nel disposto dell’art. 182-quinquies, comma 4, ai sensi del quale neppure nel concordato con continuità aziendale sono liberamente estinguibili le passività pregresse, essendo richiesto il provvedimento autorizzatorio del Tribunale, preceduto dalla relazione del professionista che attesti l’essenzialità delle prestazioni da soddisfare per la prosecuzione dell’attività d’impresa e la loro funzionalità ad assicurare il miglior trattamento dei creditori.
Quanto all’ipotesi in cui vengano richiesti pareri legali o fiscali in ordine a fattispecie venute ad esistenza in epoca anteriore al concordato, tale attività, con i relativi oneri, non pare in linea di principio caratterizzata da un nesso di strumentalità rispetto all’obiettivo del risanamento dell’impresa, sicché detta iniziativa dovrebbe passare per l’autorizzazione del giudice delegato (in proposito, la Suprema Corte ha avuto modo di stabilire che la nomina di un consulente da parte della società in procedura eccede l’ordinaria amministrazione e richiede quindi l’autorizzazione del giudice, ogniqualvolta l’incarico non sia pertinente al risanamento dell’impresa 18; da intendersi peraltro, ad avviso di chi scrive, in senso ampio).
14 Cass., 5 novembre 1990, n. 10620, in Giur. comm., 1992, II, p. 179.
15 Cass., 28 agosto 1995, n. 9030, in Fallimento, 1996, p. 69.
16 Cass., 24 febbraio 2006, n. 4234, in Fallimento, 2006, p. 895, con nota di XXXXXX, L’ammissione al concordato preventivo non esonera l’imprenditore da sanzioni civili per omesso pagamento di tributi pre concorsuali.
17 App., 2 marzo 2001, in Banca Borsa, tit. cred., 2002, II, p. 552.
18 Cass., 23 giugno 1988, n. 4278, in Dir. fall., 1989, II, p. 53.
Anche le ipotesi testé prefigurate, insomma, vanno riguardate alla luce del già ricordato principio per cui sono considerati di ordinaria amministrazione soltanto quegli atti funzionali alla conservazione ed al miglioramento del patrimonio del debitore 19, sul presupposto per cui – come di recente ribadito dalla Cassazione – «in tema di concordato preventivo, la valutazione in ordine al carattere di ordinaria o straordinaria amministrazione dell’atto posto in essere dal debitore senza autorizzazione del giudice delegato, ai fini della eventuale dichiarazione di inefficacia dell’atto stesso ai sensi dell’art. 167 l. fall., deve essere compiuta dal giudice di merito tenendo conto che il carattere di atto di straordinaria amministrazione dipende dalla sua idoneità ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza o compromettendone la capacità a soddisfare le ragioni dei creditori, in quanto ne determina la riduzione, ovvero lo grava di vincoli e di pesi cui non corrisponde l’acquisizione di utilità reali prevalenti su questi ultimi» 20.
Tale assunto va tuttavia conciliato con la notevole rilevanza attribuita dalla riforma al piano di concordato. Ed invero, se all’interno di questo sono già previste le attività dirette a conseguire l’obiettivo della prosecuzione dell’iter concordatario fino al decreto di omologazione ed esse ricadano nella normale gestione dell’impresa, non pare che tale tipo di attività necessiti di autorizzazioni di sorta. E lo stesso dicasi per quegli atti che, pur non contemplati espressamente nel piano, risultino obiettivamente funzionali al buon esito del concordato (inclusa la costituzione del debitore nel giudizio di omologazione, nonché nell’eventuale subprocedimento ex art. 173).
Quanto alla fase della procedura concordataria in cui detta autorizzazione può essere rilasciata, il problema si pone, in particolare, rispetto alla possibilità per il debitore, nel concordato per cessio bonorum, di essere autorizzato ad alienare l’azienda (vale a dire la totalità dei beni strumentali all’esercizio dell’impresa) o a concederla in affitto prima
19 In dottrina, per tutti, XXXXXXXXXXXX, Lezioni di diritto fallimentare, cit., p. 405 ss., nonché, in epoca successiva alla novella, CAFFI, Il concordato preventivo, in XXXXXXX DI PEPE (a cura di), Il diritto fallimentare riformato, Padova, 2007, pp. 630-631.
20 Cass., 20 ottobre 2005, n. 20291, in Mass. Giust. civ., 2005, 7/8.
dell’omologazione, giacché in quel momento non ha ancora avuto inizio la fase propriamente liquidatoria 21.
Alla conclusione positiva è correttamente pervenuta la giurisprudenza di legittimità 22, sulla scorta del rilievo che l’art. 3, comma 3 della l. n. 223/1991, recante disposizioni in materia di cassa integrazione, mobilità e trattamenti di disoccupazione, «attribuisce, in base al suo tenore letterale ed alla sua ratio (consistente nella tutela di interessi rilevanti), tanto al commissario giudiziale quanto al liquidatore, a seconda che la necessità sorga prima o dopo l’omologazione, un eccezionale potere di gestione dell’impresa e, quindi, il potere di valutare in prospettiva la possibilità di continuare (anche tramite la cessione dell’azienda) l’attività imprenditoriale» 23. Ai sensi della stessa l. n. 223/1991, poi, l’affittuario dell’azienda ha diritto di esercitare la prelazione nel caso intenda acquistarne la proprietà 24.
Il fatto che al debitore resti l’amministrazione dei beni e l’esercizio dell’impresa gli consente di porre in essere tutte le più opportune iniziative volte alla ricostruzione del proprio patrimonio, a cominciare, evidentemente, dalle azioni di recupero dei crediti. Nel novero di tali iniziative rientra anche, ove l’impresa sia esercitata in forma societaria,
21 Sul punto cfr., in dottrina, XXXXXXXX, La vendita forzata nel concordato preventivo per cessione, Padova, 1999, 99 ss.; XXXXXXXX, Il concordato preventivo con cessione dei beni, Padova, 2000, p. 105 ss.
22 Cass., 12 maggio 2004, n. 8960, pubblicata solo in massima in Mass. Giust. civ., 2004, f. 5, ma consultabile per esteso in Juris Data.
23 L’art. 3 della norma in questione, rubricato «intervento straordinario di integrazione salariale e procedure concorsuali», recita infatti, al comma 3, che «il curatore, il liquidatore o il commissario hanno facoltà di collocare in mobilità, ai sensi dell’articolo 4 ovvero dell’articolo 24, i lavoratori eccedenti» solo «quando non sia possibile la continuazione dell’attività, anche tramite cessione dell’azienda o di sue parti, o quando i livelli occupazionali possano essere salvaguardati solo parzialmente».
24 L’art. 3, comma 4, l. n. 223/1991 dispone che «l’imprenditore che, a titolo di affitto, abbia assunto la gestione, anche parziale, di aziende appartenenti ad imprese assoggettate alle procedure di cui al comma 1, può esercitare il diritto di prelazione nell’acquisto delle medesime. Una volta esaurite le procedure previste dalle norme vigenti per la definitiva determinazione del prezzo di vendita dell’azienda, l’autorità che ad essa proceda provvede a comunicare entro dieci giorni il prezzo così stabilito all’imprenditore cui sia riconosciuto il diritto di prelazione. Tale diritto deve essere esercitato entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione».
l’eventuale azione sociale di responsabilità contro amministratori, sindaci e liquidatori 25, il cui esperimento non pare escluso dalla circostanza che, in ipotesi, sia già intervenuta l’omologazione del concordato, e ciò a prescindere dalla cessione o meno, nella proposta di concordato, del ricavato di detta azione 26 (ma sul punto, xxxxxxx, v. quanto osservato nella Sez. V).
3. LA SORTE DEI CONTRATTI IN CORSO DI ESECUZIONE.
Il legislatore del 2012 ha introdotto, per la prima volta, una serie di previsioni circa gli effetti del concordato preventivo sui contratti pendenti, denominati dall’art. 169 bis27 “in corso di esecuzione” sia nella rubrica che nel testo della norma, senza che la differente terminologia utilizzata rispetto all’art. 72 appaia foriera di implicazioni di sorta.
Le novità in materia riguardano la possibilità di richiedere lo scioglimento o la sospensione dei contratti in corso di esecuzione, nonché di ottenere l’autorizzazione al pagamento di crediti anteriori; regole particolari riguardano poi i contratti in corso con le pubbliche amministrazioni per i quali l’apertura della procedura non determina, sia pure a certe condizioni, lo scioglimento del contratto.
25 V., in luogo di altri, XXXXXXX, La responsabilità degli amministratori di società per azioni, Milano, 1992, p. 187 e nota 60, il quale con riferimento al regime previgente osservava giustamente come la proposizione di tale domanda risarcitoria andasse favorevolmente considerata sotto il profilo della meritevolezza, comprovando l’intendimento, da parte della società, di mutare indirizzo economico rispetto al passato. Nel senso della generale esperibilità delle azioni di responsabilità in costanza di concordato cfr. XXXXXXX, Il concordato preventivo della società, cit., p. 199; XXXXXXX, Esperibilità dell’azione ex art. 2449 c.c. in pendenza del concordato preventivo, in Fallimento, 1991,
p. 437; RAGUSA MAGGIORE, Concordato preventivo e responsabilità degli amministratori ex art. 2394 c.c., in Dir. fall., 1990, II, p. 1169, nonché, in giurisprudenza, App. Milano, 14 gennaio 1992, in Giur. comm., 1993, II, p. 68, con nota di XXXXXXX, Note in tema di concordato preventivo e azione di responsabilità dei creditori contro gli amministratori nel concordato preventivo della società, ove ulteriori riferimenti.
26 LO XXXXXX, Il concordato preventivo, Milano, 2011, p. 341.
27 In argomento v., tra i contributi più recenti, NARDECCHIA, sub art. 169-bis, in LO XXXXXX (a cura di), Codice commentato del fallimento, Milano, 2013), pp. 1998 e ss.; XXXXX, Rapporti pendenti nel concordato preventivo riformato tra prosecuzione e scioglimento, in Fallimento, 2013, pp. 261 e ss.; XXXXX, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, ivi, 2013, pp. 1121 e ss..
In proposito, l’art. 169-bis stabilisce che il debitore, nel ricorso, possa richiedere al tribunale l’autorizzazione a sciogliersi dai contratti in corso alla data di presentazione della domanda. Destinatario della richiesta può essere anche il giudice delegato, ma è dubbio se l’istanza debba essere formulata uno actu con il ricorso. La formulazione letterale della norma (“Il debitore nel ricorso di cui all’art. 161 può chiedere…”) parrebbe, a tutta prima, orientare in questa direzione28, ma la soluzione preferibile, seppur praeter litteram legis, è quella di interpretare la norma nel senso che la richiesta è esperibile fin dal deposito del ricorso e che dopo l’ammissione alla procedura essa va rivolta, giocoforza, al giudice delegato29, non apparendo razionale – in quanto inutilmente limitativa di opportunità – la lettura che postula la necessaria contestualità fra istanza e ricorso.
Oltre allo scioglimento, il debitore può anche domandare che venga disposta la sospensione del contratto per un periodo non superiore a sessanta giorni, prorogabili per una sola volta, con la possibilità, quindi, di ottenere una “moratoria” fino a un massimo di quattro mesi.
L’impostazione della norma conferma la differenza fondamentale con la corrispondente disciplina del fallimento, nel cui ambito la mancata scelta del curatore circa le sorti dei contratti pendenti dopo la sospensione si traduce nel loro scioglimento, laddove il legislatore ha qui optato per la regola della prosecuzione dei rapporti giuridici pendenti. Una scelta, questa, coerente con i principi di diritto comune, a cominciare dall’art. 1372 c.c., in forza del quale il contratto ha efficacia obbligatoria tra le parti e non può, di regola, venir meno in virtù di un atto unilaterale.
Profondamente diverso è altresì il regime autorizzatorio. Mentre nel fallimento il curatore
28 Cfr. XXXXX, op. cit., p. 1125, secondo il quale il precetto in parola è “quanto mai chiaro nella sua formulazione testuale, secondo la quale la richiesta di scioglimento deve essere contenuta nel ricorso introduttivo, per cui non può essere presentata successivamente al giudice delegato, che è indicato nella norma non come l’organo al quale può essere rivolta la richiesta, bensì quale l’organo che può dare l’autorizzazione una volta nominato, qualora non abbia già provveduto il tribunale al momento della decisione sul ricorso”.
29 E v. infatti, fra gli altri, XXXXX, op. cit., pp. 268-269; XXXXXXXXXX, op. cit., 2002; Xxxxxxx, La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in Xxxxxx.xx, p. 17.
deve essere autorizzato dal comitato dei creditori solo ove opti per il subentro nel contratto (giacché tale scelta comporta l’esecuzione di obbligazioni da soddisfare in prededuzione), nel concordato tanto lo scioglimento quanto la sospensione sono sempre soggetti all’autorizzazione giudiziale, laddove – con regola diametralmente opposta a quella del fallimento – non lo è la prosecuzione del contratto.
Proseguendo nell’esame della nuova disciplina, occorre dar conto delle eccezioni alla regola generale che attribuisce al debitore la possibilità di richiedere lo scioglimento e la sospensione. L’ultimo comma dell’art. 169-bis, stabilisce che tale facoltà non trova applicazione con riferimento (i) ai rapporti di lavoro subordinato, (ii) ai preliminari di vendita trascritti ai sensi dell’art. 2645-bis c.c. aventi ad oggetto immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o dei suoi parenti ed affini entro il terzo grado, ovvero un immobile ad uso non abitativo ma destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa dell’acquirente; (iii) ai contratti di finanziamento destinati ad uno specifico affare; (iv) ai contrati di locazione di immobili quando l’ammissione al concordato venga richiesta dal locatore, mentre risulta l’ordinaria possibilità di sciogliersi dal contratto o di sospenderlo per l’ipotesi in cui il debitore ricopra la veste di conduttore.
La scelta di escludere la possibilità di scioglimento i contratti di lavoro, i preliminari di cui all’art. 72, comma 8, e le locazioni immobiliari può attribuirsi al fatto che tali contratti lambiscono interessi di rilievo e di rango costituzionale, mentre la ratio che ha condotto il legislatore a inserire, in sede di conversione, anche l’ipotesi di esclusione riguardante i contratti di finanziamento destinati a uno specifico affare sarebbe quella di coerenza sistematica con il nuovo sistema di incentivazione della finanza interinale di cui all’art. 182-quinquies.
Per quanto attiene alla locazione di immobili, poi, è evidente che la soluzione è imposta dalla natura giuridica del rapporto in forza del quale sorge, a favore del conduttore, un diritto personale di godimento opponibile ai terzi acquirenti, tra i quali devono essere
compresi anche coloro che acquistano il bene locato in sede di vendita forzata (art. 2923 c.c.). Ed invero, anche in costanza di esecuzione concorsuale si impone il rispetto del diritto del terzo contraente e l’esigenza di uno strumento di tutela opponibile ai creditori non può che tradursi, nel contesto concorsuale, nella regola della prosecuzione senza soluzione di continuità del contratto in capo alla procedura.
Il terzo comma della norma enuncia altresì che l’eventuale scioglimento del contratto non si estende alla clausola compromissoria in esso contenuta, la cui sopravvivenza trova la propria ratio nella esigenza di rispettare e mantenere la scelta delle parti a favore della giurisdizione arbitrale, con conseguente esclusione della possibilità di scioglimento tanto del compromesso arbitrale, di cui all’art. 807 c.p.c., quanto della clausola compromissoria, di cui all’art. 808 c.p.c., che sia stata inserita nel contratto.
Completa la nuova disciplina la previsione di un diritto indennitario a favore del contraente in bonis tanto per il caso di scioglimento quanto per quello di sospensione del contratto. Merita precisare che non si tratta propriamente di un risarcimento, che il creditore potrebbe far valere in base agli artt. 1218 e 1223 c.c., bensì di una forma di ristoro conseguente al mancato adempimento 30.
Conforme a tale impostazione è il termine “indennizzo” adoperato dal legislatore (sebbene da ragguagliare nel quantum alla stregua delle previsioni sul risarcimento del danno 31), giacché l’interruzione del rapporto non deriva da inadempimento colposo, ma da una causa che ha ottenuto il crisma della legittimità dall’intervento dell’autorità giudiziaria, costituendo il corollario di una facoltà concessa dalla legge.
Interessante notare che tale credito deve essere soddisfatto come credito anteriore al concordato, ossia come concorsuale e non come prededucibile, contrariamente al principio di carattere generale per cui i crediti risarcitori siano da collocarsi temporalmente al momento dell’inadempimento, cosicché i crediti inerenti ad inadempimenti in corso di
p. 3.
30 INZITARI, I contratti in corso di esecuzione nel concordato: l’art. 169-bis, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx,
31 XXXXXXX, Il c.d. Decreto sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, in
Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, p. 23.
procedura (fra cui quelli conseguenti allo scioglimento anticipato del vincolo negoziale) dovrebbero – salva, appunto, una previsione in senso contrario – essere soddisfatti integralmente e in prededuzione.
La natura indennitaria di detto credito non dovrebbe consentire di distinguere fra creditori chirografari e privilegiati (ad esempio un fornitore che sia impresa artigiana), trattandosi in ogni caso di pretese da collocare al chirografo.
Quanto infine all’organo deputato a determinare la misura dell’indennizzo, resta da stabilire se tale organo sia quello ordinariamente competente, o se possa provvedervi il giudice delegato (o il tribunale a seconda della fase concordataria in cui lo scioglimento o la sospensione intervengono). A favore della seconda soluzione parrebbero a tutta prima deporre le esigenze di economicità processuale e di tutela del contraente in bonis, che potrebbe così evitare i fisiologici ritardi derivanti dall’attivazione di un giudizio ordinario. A ben vedere, tuttavia, in assenza di previsioni “speciali” del tipo di quella contenuta nell’art. 80 (che, con riferimento a un’ipotesi non dissimile a quella che ci occupa, dispone che l’indennizzo per l’anticipato recesso dal contratto di locazione, per il caso di fallimento del conduttore, venga determinato dal giudice delegato), dovrebbe trovare la regola generale che incardina la competenza presso il giudice ordinario.
Il problema in larga parte si stempera, peraltro, ove si consideri che è onere del debitore, all’atto di presentare il ricorso, fornire al tribunale una quantificazione, seppur in via inevitabilmente unilaterale, del credito in questione32.
Le due questioni più delicate (e più gravide di implicazioni pratiche), ad ogni buon conto, attengono all’applicabilità dell’art. 169-bis alla fase “preconcordataria” e alla necessità o meno per il tribunale di procedere alla convocazione del contraente in bonis prima di disporre lo scioglimento o la sospensione.
32 Cfr. XXXXX, op. ult. cit., 1127, ove il rilievo che la natura dell’indennizzo “comporta che tale credito, come tutti quelli concorsuali, debba essere incluso nell’elenco da allegare al ricorso introduttivo a norma della lett. b), comma secondo, art. 161 (...) e contemplato nel piano tra i crediti chirografari da soddisfare, eventualmente allocato in una apposita classe, da cui discende che l’entità dello stesso sia determinata dal debitore fin dal momento della presentazione del ricorso”.
Sul primo punto33, la lettera della legge non è affatto perspicua, dal momento che, se, da un lato, il mancato richiamo al c.d. preconcordato potrebbe indurre ad escluderne la compatibilità con la disciplina dei rapporti pendenti 34, dall’altro, la norma rinvia pur sempre in maniera generica all’art. 161, sicché pare lecito estendere la portata applicativa della disposizione anche al sesto comma dello stesso articolo 35.
Ciò, del resto, può forse trovare conferma nel fatto che, mutatis mutandis, in materia di amministrazione straordinaria (cui la fattispecie concordataria dichiaratamente si ispira), nessuna preclusione in ordine all’applicabilità della disciplina sui rapporti giuridici pendenti viene collegata alla circostanza per cui il programma non sia stato ancora presentato ex art. 54 x. Xxxxx-bis.
Al di là del dato letterale, non sembra tuttavia pienamente corretto (né rispondente alla ratio della nuova norma) ritenere applicabile anche alla fase pre-concordataria, in via di principio e senza alcuna distinzione, la disciplina dell’art. 169-bis, posto che, in caso di domanda con riserva priva di qualunque indicazione (sia pure approssimativa) delle strategie di risanamento che il debitore intende perseguire, per il collegio non è possibile valutare (né motivare) il provvedimento di autorizzazione 36. D’altra parte,
33 In argomento v., fra i contributi più recenti, XXXXXXX, Concordato preventivo e contratti pendenti: applicabilità dell’art. 169-bis l.f. al concordato con riserva e convocazione del terzo contraente, in Xxxxxx.xx.
34 In tal senso, nella più recente giurisprudenza di merito, App. Brescia, 19 giugno 2013, in Xxxxxx.xx, secondo cui «l’applicazione dell’articolo 169-bis l. fall. ai concordati con riserva di cui all’articolo 161, comma 6, l. fall. non può ritenersi pacifica. Il citato articolo 169-bis non contiene, infatti, alcun riferimento alle domande presentate ai sensi del sesto comma dell’articolo 161; non è poi possibile escludere una certa contraddizione tra gli effetti provvisori impliciti in una domanda di concordato con riserva – tesa a creare gli effetti protettivi del patrimonio del debitore in attesa della proposta di concordato – e la stabilità e definitività che caratterizzano la decisione sulla sorte dei contratti pendenti»; cui adde, in dottrina, BOZZA, op. ult. cit., pp. 1129 e ss.; XXXXXXXXX, Concordato preventivo “in continuità” e autorizzazione allo scioglimento dei contratti pendenti: un binomio spesso inscindibile, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx; AMATORE, Autorizzazione allo scioglimento di contratto di affitto di azienda, ivi.
35 In questo senso v., nella più recente giurisprudenza di merito, Trib. Modena, 30 novembre 2012, in Xxxxxx.xx.
36 In tal senso, ex aliis, Trib. Verona, 31 ottobre 2012, in Xxxxxx.xx; Trib. di Milano, Ad. plen. del 20 settembre 2012, ivi, secondo cui «anche per i contratti pendenti l’autorizzazione di eventuali sospensioni implica l’immediata disponibilità di piani/proposte».
l’autorizzazione allo scioglimento dei contratti pendenti può essere concessa solo a condizione che essa faccia ragionevolmente prevedere una migliore riuscita del concordato preventivo, nell’interesse della massa dei creditori.
In tale luce, posto che il legislatore della riforma, attraverso l’introduzione dell’art. 169-bis
l. fall., sembra aver inteso prevedere una disciplina valida indistintamente tanto per il concordato “vero e proprio” quanto per quello “con riserva”, regolando nel contempo l’ipotesi di scioglimento o sospensione nell’una e nell’altra fattispecie, si dovrebbe nondimeno convenire che il decreto di autorizzazione dello scioglimento e della sospensione dei contratti pendenti in costanza di preconcordato potrebbe – in ipotesi – essere concesso solo laddove l’istanza del debitore sia accompagnata da una disclosure circa la tipologia di proposta di concordato che si intende perseguire; con la precisazione che
«con particolare riferimento alla ipotesi di scioglimento, va osservato che il sacrificio imposto alla controparte contrattuale si giustifica solo nel caso in cui la prosecuzione dei contratti risulti di ostacolo al perseguimento della soluzione concordataria e, quindi, alla migliore valorizzazione, a vantaggio di tutti i creditori, dei beni e dei rapporti aziendali, valorizzazione che si realizza anche attraverso il contenimento dell’onerosità conseguente al mantenimento di rapporti negoziali divenuti superflui o comunque non più rispondenti alle necessità del nuovo piano industriale o della liquidazione» 37.
Solo in tal modo, infatti, risulta possibile “bilanciare” i contrapposti interessi dell’impresa concordataria a realizzare il piano senza il vincolo dei contratti pendenti, dei creditori concorsuali a non subire i costi di prosecuzione del contratto, nonché, last but not least, quello del contraente in bonis alla regolare esecuzione del contratto 38.
In questa prospettiva, la richiesta di autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento dovrà essere non solo motivata, ma anche accompagnata dall’indicazione dei caratteri di massima del concordato preventivo che si intende proporre, con una comparazione
37 Così Trib. Monza, 21 gennaio 2013, in Xxxxxx.xx.
38 XXXXXXX, Per una lettura costruttiva della disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in Xxxxxx.xx, p. 3.
quantomeno approssimativa degli oneri che conseguirebbero alla prosecuzione del rapporto con quelli scaturenti dallo scioglimento anticipato dello stesso: “comparazione tanto più necessaria se il concordato è con «continuità aziendale”, sia perché lì la prosecuzione o lo scioglimento di un qualsiasi contratto [...] possono incidere in modo più o meno rilevante sulla stessa continuità aziendale, sia perché il piano di concordato, a sua volta, deve contenere tutte le indicazioni aggiuntive previste dall’art. 186-bis, 2° comma, lett. a), l. fall., fra le quali particolare peso possono assumere i “costi” della conservazione dei contratti e le relative “modalità di copertura”» 39.
Una diversa (e tranciante) impostazione strettamente formalistica presterebbe il fianco al concreto rischio dell’uso distorto e abusivo di un istituto che, di fatto, consentirebbe all’imprenditore, al solo scopo di sciogliersi da contratti regolarmente stipulati ma non più ritenuti convenienti, di depositare ricorso per l’ammissione al preconcordato, ottenendo – in spregio del principio pacta sunt servanda – lo scioglimento dei medesimi e senza far seguito al deposito di domanda di concordato, con evidente nocumento per le controparti contrattuali 40.
Stando le cose in questi termini, merita in definitiva condivisione l’orientamento secondo il quale nella fase preconcordataria è preferibile far luogo, ove necessario o comunque sicuramente opportuno, alla sospensione e non già allo scioglimento (come tale irreversibile41) del contratto42.
39 CENSONI, La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in Xxxxxx.xx, p. 15.
40 In questo senso, nella più recente giurisprudenza di merito, Trib. La Spezia, 25 settembre 2012, in Xxxxxxxxxxxx-xxx.xxx; Trib. Biella, 13 novembre 2012, in Xxxxxx.xx, secondo cui «la domanda di scioglimento dei contratti in corso di esecuzione alla data di presentazione della domanda di concordato preventivo con riserva della presentazione del piano e dei documenti di cui all’art. 161, comma 6, legge fall. deve essere adeguatamente motivata a pena d’inammissibilità».
41 Sul punto x. Xxxx. Xxxxxxx, 00 dicembre 2012, cui adde, tra le pronunce più recenti, App. Brescia, 19 giugno 2013, in Xxxxxx.xx, ove il rilievo per cui “non è possibile escludere una certa contraddizione tra gli effetti provvisori impliciti in una domanda di concordato con riserva – tesa a creare gli effetti protettivi del patrimonio del debitore in attesa della proposta di concordato – e la stabilità e definitività che caratterizzano la decisione sulla sorte dei contratti pendenti”.
42 Secondo Trib. Pistoia, 30 ottobre 2012, in Fallimento, 2013, p. 74, anzi, la sospensione è l’unica misura compatibile con l’assenza del piano. V. altresì Trib. Milano, Adunanza plenaria del 20
Quanto al tema della previa convocazione del contraente in bonis, una parte della giurisprudenza ha ravvisato un vero e proprio obbligo in tal senso, “avuto riguardo, da un lato, all’incidenza che il provvedimento in parola i cui effetti, per quanto riguarda lo scioglimento, assumono carattere definitivo e irreversibile, è idonea a esplicare sulla posizione del contraente in bonis, dall’altro, al fatto che uno dei principi ispiratrici delle recenti riforme del principio costituzionale del contraddittorio (v. in particolare gli artt. 15 e 62 l. fall.). E invero non è dubbio che ogniqualvolta si sia in presenza, come nella specie, di un provvedimento volto a dirimere un contrasto tra contrapposte posizioni soggettive il contraddittorio dev’essere esteso a coloro che saranno i destinatari degli effetti della decisione e quindi nel rispetto di un modello procedimentale conforme ai principi costituzionali del giusto processo”43.
In realtà, che sia realmente questa la chiave di lettura della norma pare lecito dubitare. Occorre infatti chiedersi se la ratio ad essa sottesa non sia, piuttosto, “quella di impedire che la protrazione nel tempo degli effetti dei contratti in essere, con conseguente obbligo in capo al debitore concordatario di adempiere alle relative obbligazioni e di sostenerne i costi, possa diminuire sensibilmente, se non azzerare, il patrimonio del debitore medesimo, rendendo addirittura impossibile, nei casi più estremi, la stessa presentazione di una domanda per l’ammissione alla procedura ai sensi dell’art. 161 legge fallim.”44.
Secondo quest’ultima prospettazione, la posizione giuridica del debitore che chiede il
settembre 2012, in Xxxxxx.xx, ove il rilievo che “nella fase preconcordataria è “più ragionevole chiedere ed ottenere autorizzazioni, anziché allo scioglimento, piuttosto alla sospensione, laddove vengano rappresentate – ovviamente – situazioni potenzialmente pregiudizievoli ed urgenti”; Trib. Verona, Trib. Verona 31 ottobre 2012, ivi. In dottrina, cfr., tra gli altri, AMATORE, Autorizzazione allo scioglimento di contratto di affitto di azienda, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx.
43 Così App. Milano, 8 agosto 2013, in Dir. fall., 2014, II, pp. 16-17.
44 INZITARI-XXXXXXXX, Scioglimento e sospensione del contratto in corso di esecuzione nel concordato ai sensi dell’art. 169-bis legge fallim.: il contraddittorio deve essere esteso alla controparte contrattuale in bonis?”, in Dir. fall., 2014, II, p. 14, i quali soggiungono che il precetto in parola impone al giudice “di valutare all’esclusivo fine di consentire il corretto svolgimento della procedura concordataria e nel solo interesse dei creditori concordatari, se vi sia o meno convenienza nello scioglimento ovvero nella sospensione dei contratti in essere, vale a dire, in altre parole, se tale soluzione sia efficiente e funzionale ai fini della predisposizione e dell’esecuzione del piano concordatario” (ivi, pp. 14-15).
concordato è “riconducibile all’alveo del diritto potestativo, atteso che, la modificazione della sfera giuridica della controparte contrattuale in bonis – che si trova in uno stato di soggezione giuridica, tale da non consentirgli di impedire l’effetto modificativo richiesto dal titolare del diritto –, si verifica in conseguenza del solo esercizio del diritto medesimo e, dunque, della volontà in tal senso espressa dal debitore concordatario”45.
Xxxxxx, se può convenirsi con l’assunto in base al quale non vi è, stricto jure, una necessità di convocare previamente l’altro contraente, il discorso muta se lo si colloca sul piano dell’opportunità.
Ed invero, nell’ottica della ricerca di un equo bilanciamento degli interessi in gioco, non sembra porsi contra legem la prassi adottata da alcuni tribunali di ascoltare anche le ragioni del paciscente in bonis, tanto più quando l’istanza del debitore non sia rivolta a ottenere la semplice sospensione (neppure in via subordinata), ma tout court lo scioglimento, senza alternative di sorta46.
Ed invero, provvedimenti “invasivi” quali la sospensione e, a fortiori, lo scioglimento di un contratto pendente non possono prescindere da un attento e ponderato bilanciamento dei diversi interessi in gioco, arrecando pur sempre un vulnus a quella tutela dell’affidamento dei consociati che rappresenta un principio generale dell’ordinamento.
4. SEGUE: LE PECULIARITÀ DEI CONTRATTI BANCARI.
Nelle prime prassi operative si registrano frequenti applicazioni dell’art. 169-bis ai settori bancario e dell’intermediazione finanziaria, con particolare riguardo, da un lato, ai contratti di finanziamento (nel cui ambito rientrano non solo le fattispecie codicistiche tipiche, ma anche i cc.dd. “contratti di liquidità” 47, categoria nella quale trovano
45 XXXXXXXX-XXXXXXXX, op. cit., p. 16.
46 V., nella più recente giurisprudenza di merito, App. Venezia, 20 novembre 2013, in Xxxxxx.xx, Trib. Novara, 7 febbraio 2014, El.An. s.r.l. / General Smontaggi s.p.a., inedito.
47 La denominazione, proposta per la prima volta da FERRO XXXXX, Lo sconto bancario, in Riv. dir. comm., I, 1977, p. 143, in riferimento al contratto di sconto bancario, è stata più accolta, tra gli
collocazione le più “moderne” tecniche di finanziamento, riconducibili, principalmente, alle linee di credito “autoliquidanti”), nonché, dall’altro, alle operazioni sui derivati.
Al fine di delimitare con esattezza il perimetro dell’art. 169-bis, conviene muovere dalla locuzione «contratto in corso di esecuzione», la quale – come già accennato – appare idonea ad abbracciare tutti i «contratti preesistenti alla procedura» (vale a dire rapporti giuridici obbligatori che hanno perfezionato il proprio iter formativo in epoca anteriore
«alla data della presentazione del ricorso») non completamente eseguiti per il mancato raggiungimento del loro effetto finale.
È pertanto possibile constatare come la nozione di contratto «in corso di esecuzione» ricalchi, di là da una (in verità solo apparente) differenza terminologica, la formula contenuta nella rubrica dell’art. 72, nel senso che, anche nel contesto concordatario, rientrano nell’orizzonte applicativo della disciplina sui “rapporti pendenti” i soli contratti a prestazioni corrispettive rimasti ineseguiti (o non compiutamente eseguiti) da entrambe le parti ad una certa data 48.
In altri termini, sembra corretto definire «in xxxxx xx xxxxxxxxxx» (xxxxx “xxxxxxxx”) il contratto sorto in epoca anteriore alla presentazione della domanda di concordato e non ancora (ovvero solo parzialmente) eseguito, con la conseguenza che dal perimetro dell’art. 169-bis fuoriescono solo i negozi che non contemplano alcuna obbligazione, in capo all’imprenditore concordatario, diversa dal pagamento di un debito scaduto 49, non potendosi annoverare nella categoria in questione i rapporti già interamente eseguiti da una delle parti prima della presentazione della domanda di concordato; rapporti, questi, che possono solo dare luogo, nel caso di adempimento da parte del contraente in bonis, ad un credito – come tale sottoposto alle regole del concorso 50 – afferente alla
altri, da MACCARONE, I contratti bancari di liquidità, in Dir. banca e merc. fin., 1987, I, p. 35 ss., nonché, più di recente, da CAVALLI, L’apertura di credito bancario, in CAVALLI-CALLEGARI, Lezioni sui contratti bancari, Bologna, 2011, p. 193.
48 INZITARI, I contratti in corso di esecuzione, cit., p. 1.
49 XXXXXXX, Per una lettura costruttiva, cit., p. 7.
50 CENSONI, La continuazione e lo scioglimento, cit., p. 3.
controprestazione dovutagli.
Proprio tale circostanza, pertanto, dovrebbe essere – di per sé sola – sufficiente per escludere che la disciplina dei rapporti pendenti nel concordato preventivo possa essere estesa al mutuo, quantomeno ove si consideri che, nell’ambito di tale fattispecie negoziale, la banca esaurisce la propria obbligazione tipica attraverso l’erogazione della somma a favore del soggetto sovvenuto, il quale, percepiti gli importi pattuiti, assume le vesti di mero debitore.
A tale stregua, il contratto di mutuo (stipulato e adempiuto dalla banca prima della presentazione della domanda di concordato preventivo da parte del cliente) non sembra potersi qualificare «come rapporto pendente, poiché l’obbligazione restitutoria gravante sul mutuatario si configura come debito disciplinato dall’articolo 55, legge fall. in forza del richiamo contenuto nell’articolo 169, l. fall.» 51.
Nel medesimo senso pare deporre la natura reale del contratto, il quale si perfeziona, come noto, per effetto della consegna della somma di denaro (o di altre cose fungibili). In tale luce, è possibile affermare che (i) il contratto può comunque dirsi pienamente “eseguito” al momento della consegna della somma di denaro da parte della banca, sia pure a fronte della contestuale assunzione dell’obbligazione restitutoria de parte del mutuatario, nonché (ii), per converso, una volta esaurito l’effetto tipico del negozio (vale a dire – come già accennato – la messa a disposizione della somma di denaro), non appare sufficiente, al fine di qualificare il negozio come rapporto pendente, la sussistenza dell’obbligo del cliente di rimborsare le somme nei termini pattuiti, essendosi comunque realizzata l’attribuzione patrimoniale caratterizzante il contratto, sufficiente, di per sé, a soddisfare l’interesse finale di uno dei contraenti.
Di qui la sostanziale irrilevanza della correlata obbligazione restitutoria al fine di sancire la possibilità, in capo al debitore concordatario, di esercitare la facoltà di scioglimento (o di sospensione) dal contratto di mutuo.
51 Trib. Monza, 16 gennaio 2013, in Xxxxxx.xx.
Gli effetti della domanda di concordato preventivo appaiono riflettersi – con incidenza assai frequente nella prassi – sull’attività posta in essere nell’ambito delle linee di credito “autoliquidanti”, concesse dalla banca a fronte del mandato all’incasso di ricevute bancarie o di fatture.
La questione, com’è noto, prende le mosse dal consolidato orientamento della Cassazione, la quale, ancora di recente, ha avuto occasione di ribadire il diritto, vantato dall’ente creditizio, a «compensare il suo debito per il versamento al cliente delle somme riscosse con il proprio credito, verso lo stesso cliente, conseguente ad operazioni regolate nel medesimo conto corrente, a nulla rilevando che detto credito sia anteriore all’ammissione alla procedura concorsuale ed il correlativo debito, invece, posteriore» 52.
Si tratta pertanto di stabilire se sia configurabile la facoltà dell’istituto di credito di trattenere le somme versate da terzi a seguito della presentazione degli effetti, “portandole in compensazione” con quanto precedentemente anticipato, ovvero se essa soggiaccia al
«diritto potestativo allo scioglimento dei contratti pendenti» 53 che l’art. 169-bis pone in capo al debitore.
Secondo un primo orientamento 54, nel caso in cui il tribunale (ovvero, in seguito all’apertura della procedura, il giudice delegato) autorizzi lo scioglimento del rapporto negoziale, sussisterebbe il diritto del debitore concordatario di ottenere la restituzione delle somme incassate dall’istituto di credito in epoca successiva alla presentazione della domanda di concordato, le quali sarebbero trattenute dalla banca, in seguito allo scioglimento del rapporto (nonché, in particolare, del patto di compensazione) sine causa.
52 Così, nella più recente giurisprudenza di legittimità, Cass., 1° settembre 2011, n. 17999, in Fallimento, 2012, p. 739. In dottrina cfr., ex aliis, XXXXXX, Riscossione di crediti ‘‘anticipati’’ dalla banca, ed efficacia del patto di compensazione nel concordato preventivo, in Fallimento, 2012, p. 586, ove altri riferimenti.
53 INZITARI, I contratti in corso di esecuzione, cit., p. 2.
54 Sul tema v., tra i contributi più recenti, XXXXXXXXX, Anticipazioni bancarie e concordato preventivo, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx; XXXXXXX-XXXX, Anticipo fatture e concordato preventivo, ivi; FRIGENI, Linee di credito “autoliquidanti” e (pre)concordato preventivo, in Banca, borsa tit. cred., 2013, I, p. 537; DE PRA, Concordato preventivo e contratti in corso (con uno sguardo ai contratti bancari), in Giur. comm., 2014, II, 43.
In tale luce, il tribunale sarebbe legittimato ad autorizzare lo scioglimento (o, in subordine, la sospensione) dei contratti di “anticipazione” al fine di scongiurare l’operatività del pactum de compensando 55 fra il debito della banca conseguente all’incasso del portafoglio e gli eventuali crediti vantati dalla medesima nei confronti del correntista.
L’assunto è stato recepito da una parte della giurisprudenza di merito, la quale, muovendo dal presupposto che «la prosecuzione dei contratti in corso con gli istituti di credito determinerebbe pregiudizio in capo ai creditori sociali in quanto le somme incassate dalle banche successivamente alla data di pubblicazione del ricorso di concordato sarebbero trattenute definitivamente dagli istituti in violazione della par condicio creditorum», ha positivamente valutato «la convenienza dello scioglimento dai contratti» 56 ovvero, in subordine, l’opportunità della sospensione degli stessi, «allo scopo di evitare che gli istituti di credito possano opporre in compensazione i crediti maturati» 57. Logico corollario di tale prospettazione sarebbe, nel caso in cui il tribunale autorizzi lo scioglimento del rapporto, il diritto del debitore di ottenere la restituzione delle somme incassate dalla banca in epoca successiva alla presentazione della domanda di concordato.
Tale assunto, tuttavia, non sembra pienamente condivisibile.
Se da un lato appare infatti innegabile che l’acquisizione alla massa delle somme percepite dalla banca in forza del rapporto negoziale in epoca successiva all’apertura del concorso
55 È opportuno peraltro precisare che il meccanismo configurato integra una fattispecie di natura compensatoria in senso improprio. La stessa cassazione, del resto, ne accoglie l’alternativa definizione di “patto di annotazione ed elisione” nel conto di partite in segno opposto. In argomento v., fra i contributi più recenti, CEDERLE, Anticipazione di crediti e concordato preventivo: la banca mandataria tra obblighi restitutori e patto di compensazione, in Fallimento, 2010, 1301. Ed invero, l’inclusione da parte di una banca nel conto corrente del cliente di somme ad essa rimesse da terzi, per effetto di mandato all’incasso conferitole dal cliente medesimo, non fa sorgere in capo alla banca un’obbligazione autonoma, ex mandatu, di rimettere al mandante le somme riscosse, determinando, nell’ambito dell’unitario complesso rapporto di conto corrente, una variazione quantitativa del debito del correntista non inquadrabile nello schema della compensazione legale, che presuppone l’autonomia delle reciproche obbligazioni (x. Xxxx., 19 gennaio 2006, n. 1060, in Mass. Giust. civ., 2006; Cass., 1° luglio 0000, x. 00000, in Fallimento, 2009, p. 291).
56 Trib. Busto Arsizio, 11 febbraio 2013, in Xxxxxx.xx. Nello stesso senso Trib. Como, 5
novembre 2012, ivi.
57 Trib. Piacenza, 1° marzo 2013, in Xxxxxx.xx.
comporti un innegabile vantaggio per la massa dei creditori, dall’altro, pretendere di perseguire tale effetto attraverso lo scioglimento del rapporto negoziale sembra costituire un “salto logico” incoerente con la ratio legislativa. Il rimedio concesso dall’art. 169-bis l. fall. al debitore concordatario, invero, è diretto a far cessare, per il futuro, l’operatività del sinallagma contrattuale, al fine di scongiurare il rischio che da esso insorgano nuove passività (da soddisfare in prededuzione, trattandosi di pretese recanti il proprio momento genetico in costanza di procedura concorsuale), non già di consentire applicazioni di fatto retroattive.
Più che a precludere la (successiva) operatività del rapporto negoziale, l’istanza ex art. 169- bis si rivela, sotto il profilo che ci occupa, una sorta di “revocatoria per vie brevi”: la sospensione o l’interruzione delle linee di credito formalmente perseguita «non è, in realtà, ciò sui cui il giudice è effettivamente chiamato a pronunciarsi in sede di autorizzazione, posto che l’obiettivo primario è privare di effetto gli atti destinati a dare esecuzione alla operatività “autoliquidante” pregressa e ancora pendente» 58.
In altri termini, il debitore, attraverso l’istanza ex art. 169-bis, più che ottenere lo scioglimento del rapporto giuridico pendente, mira alla restituzione degli importi trattenuti dalla banca, invocando, a sostegno delle proprie pretese, la tutela della par condicio creditorum, che verrebbe, secondo tale prospettazione, irrimediabilmente lesa dalla completa esecuzione del contratto.
Alla luce di tali considerazioni, risulta maggiormente persuasiva l’impostazione adottata da altra giurisprudenza di merito, la quale ha sancito l’inammissibilità della domanda di scioglimento delle “anticipazioni” bancarie (avanzata ai sensi dell’art. 169-bis), rilevando che, nel caso in cui i rapporti abbiano «generato obblighi restitutori, l’unico elemento che residua è un debito e non un rapporto bilaterale pendente, che, come tale non è soggetto a scioglimento ex art. 169-bis l. fall.», con la conseguenza che, pur non potendo la banca
«soddisfare motu proprio tali passività anteriori», l’eventuale «tutela della debitrice contro atti
58 FRIGENI, Linee di credito “autoliquidanti”, cit., p. 566.
illegittimi della controparte non transita comunque attraverso l’autorizzazione allo scioglimento dei contratti» 59.
A tale stregua, il diritto del debitore concordatario di ottenere lo scioglimento (o la sospensione) dei contratti di anticipazione in essere comporta il solo effetto di impedire la presentazione di ulteriori effetti all’incasso, interrompendo il servizio altrimenti predisposto dalla banca per il cliente.
Al contrario, nessuna conseguenza dovrebbe derivare rispetto ai servizi d’incasso e di anticipazione già eseguiti, in relazione ai quali la facoltà di scioglimento non appare affatto idonea a incidere retroattivamente sulle operazioni già concluse, dato che l’istituto di cui all’art. 169-bis l. fall. si risolve nella sospensione o nello scioglimento ex nunc del rapporto negoziale, non invece nella caducazione dello stesso fin dall’origine. In caso contrario, sarebbe pienamente evidente lo squilibrio delle condizioni economiche del rapporto negoziale, dovuto al fatto che il debitore concordatario, prima dell’apertura della procedura concorsuale ha attinto al credito bancario facendosi anticipare i crediti di cui ora chiede l’incasso, inibendo alle banche ogni possibilità di recuperare legittimamente quanto anticipato e pretendendo così di far gravare sulle stesse il peso economico della procedura. Diversamente opinando e attribuendo al provvedimento di scioglimento efficacia retroattiva – in palese contraddizione con il perspicuo tenore letterale della disposizione –, si rischia di convertire l’art. 169-bis l. fall. in una sorta di surrogato dell’azione revocatoria fallimentare, la quale tuttavia non trova, com’è noto, applicazione nel contesto concordatario.
59 Così Trib. Milano, 19 marzo 2013, in Riv. dott. comm., 2013, p. 681; nello stesso senso Trib. Verona, 30 gennaio 2013, in Fallimento, 2013, 623; Trib. Vicenza, 25 giugno 2013, in Xxxxxx.xx, secondo cui l’anticipazione bancaria con mandato all’incasso in rem propriam costituisce “un contratto bilaterale a livello genetico, ma sostanzialmente unilaterale nella fase funzionale del sinallagma, in cui eventuali obblighi accessori della banca (di rendiconto, do diligenza, etc.) non incidono sulla struttura fondamentale (causa) del rapporto”, non potendosi pertanto ravvisare “due reciproche prestazioni da sospendere, in equilibrio sinallagmatico funzionale, ma una sola, come nel mutuo”. Contra Trib. Busto Arsizio, 11 febbraio 2013, in Xxxxxx.xx; Trib. Monza 8 agosto 2013, ivi; Trib. Genova, 4 novembre 2013, ivi, cui xxxx, nella dottrina più recente, DE PRA, Concordato preventivo e contratti in corso (con uno sguardo ai contratti bancari), cit., 55-56.
A tal riguardo, merita altresì precisare che il criterio valutativo che deve guidare il tribunale (o, dopo l’ammissione del debitore al concordato, il giudice delegato) nella concessione dell’autorizzazione allo scioglimento o alla sospensione dei contratti pendenti non riguarda la tutela della par condicio creditorum, bensì – come già rilevato nei paragrafi precedenti – la funzionalità dell’autorizzazione alla «continuità aziendale (in capo allo stesso debitore o ad altro imprenditore), avuto riguardo alle concrete ed attuali esigenze della gestione dell’impresa, in relazione, ad esempio, a contratti superflui o relativi a beni o attività da liquidarsi, ovvero in qualche modo eccessivamente onerosi, alla salvaguardia dei livelli produttivi, ecc.» 60.
In altri termini il tribunale deve condurre una valutazione comparativa «tra il vantaggio che deriva alla massa dei creditori ed il danno che subisce il contraente per effetto dello scioglimento dei contratti in corso di esecuzione di cui all’articolo 169-bis, l. fall.; a tal fine il tribunale dovrà tener conto delle condizioni contrattuali vigenti e del rischio che la scelta di sciogliere il rapporto negoziale riverbera sulla procedura anche in considerazione del contenzioso che ne potrebbe scaturire» 61 dovendo, inoltre, tenersi bene a mente che la regola di default è la prosecuzione del contratto, mentre lo scioglimento e la sospensione costituiscono ipotesi eccezionali.
Alla luce di tali considerazioni, la tutela della par condicio creditorum non sembra rientrare nello spettro dei motivi che possono condurre gli organi della procedura verso l’autorizzazione dello scioglimento e della sospensione dei contratti, dovendosi ritenere che il principio della parità del concorso fra i creditori sia tutelato da strumenti ben più pregnanti di quello in esame (fra tutti, per l’appunto, l’azione revocatoria ordinaria).
Tra i contratti bancari più di frequente in corso di esecuzione al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo vanno inoltre annoverati quelli
60 Così, in parte motiva, App. Brescia, 19 giugno 2013, in Xxxxxx.xx.
61 Trib. Novara, 3 aprile 2013, in Xxxxxxxx.xx.
relativi ai derivati 62, di regola aventi ad oggetto tassi d’interesse o rapporti di cambio valutario. Com’è noto, la relativa sottoscrizione costituisce il precipitato di una eterogenea pluralità di motivazioni, le quali sembrano tuttavia potersi ricondurre – nella sostanza – a due grandi sottoinsiemi: da un lato, i negozi con finalità “di copertura”, dall’altro, quelli di carattere “speculativo” 63. Naturalmente, perché il contratto possa davvero ritenersi pendente al momento dell’apertura del concorso è necessario che lo stesso sia immune da criticità idonee a incidere sulla relativa validità ed efficacia, quali sono quelle fonte di nullità (nella maggior parte dei casi discendente da ragioni di ordine formale, a cominciare dall’omessa osservanza della forma scritta, stabilita dall’art. 23 del d.lgs. 24 febbraio 1998,
n. 58, ad substantiam) o di annullamento (talora basato sul vizio del consenso dello stipulante).
Ai fini dell’individuazione dei rapporti in corso di esecuzione, non rileva invece il diverso profilo attinente alla coerenza dei derivati con la singola realtà imprenditoriale; profilo, questo, che talora si traduce nell’addebito all’intermediario finanziario del preteso inadempimento ai propri obblighi di tutela nei confronti del cliente 64, con conseguente dispiegamento di richieste risarcitorie, quantificabili – in via di prima approssimazione – in un ammontare pari agli importi che il cliente abbia dovuto versare in forza del contratto. Si tratta – evidentemente – di aspetti che esulano dall’instaurazione della procedura concorsuale, la quale, di per sé, appare neutra rispetto alla coltivazione (o alla prosecuzione) di eventuali iniziative contro la banca, non potendosi tuttavia sottacere che, in concreto, spesso subentrano, con il concordato, valutazioni di opportunità, legate, da una parte, alla necessità di favorire l’adesione dell’istituto alla proposta di concordato; dall’altra, a scongiurare l’insorgenza di contestazioni circa l’operato degli amministratori
62 Per una disamina di alcune delle problematiche che si pongono con riguardo ai contratti derivati nel contesto di una procedura concorsuale v. BAVIERA-XXXXXXX, Contratti derivati e usura: impatti e conseguenze in procedure concorsuali, in XxXxxxxxxxxxxxxxx.xx, 2011.
63 In materia v., tra i contributi più recenti, MAFFEIS (a cura di), Swap tra banche e clienti. I contratti e le condotte, Milano, 2014.
64 In proposito x. Xxxx., 00 dicembre 2011, n. 29864, con nota di LA ROCCA, L’“obbligo di servire al meglio gli interessi dei clienti” in Cassazione (art. 21 TUF), in Xxxxxx.xx.
della società debitrice, i quali – a ben vedere – potrebbero fondatamente risultare oggetto di censure laddove fosse raggiunta la prova che gli stessi abbiano perfezionato intese negoziali onerose per l’ente e, ciò nondimeno, del tutto prive di obiettiva utilità ai fini del perseguimento dell’oggetto sociale.
Al di là di questi rilievi, il debitore ricorrente è chiamato a valutare se la perdurante vigenza del derivato sia compatibile con la prospettata soluzione della crisi, al fine di optare per la sua regolare prosecuzione o, al contrario, per la richiesta di scioglimento (se del caso preceduta da un periodo di sospensione) ai sensi dell’art. 169-bis l. fall. Naturalmente, la conservazione del contratto presuppone che lo stesso si riveli davvero funzionale al piano, il che accade al ricorrere di due condizioni: il negozio doveva presentare, ab origine, una finzione di copertura e quest’ultima deve mantenersi intatta nonostante il deposito della domanda. Con riguardo ai derivati sui cambi, ciò si verifica, tipicamente, quando il piano sia basato sulla continuità aziendale, con prosecuzione dell’attività espletata in prevalenza (o, comunque, in misura rilevante) con l’estero: in queste condizioni, infatti, permane un’alea imprenditoriale che può essere opportuno governare mediante idonei strumenti finanziari. Parimenti, l’opzione per la regolare esecuzione di un contratto di locazione finanziaria con remunerazione variabile può probabilmente giustificare – quantomeno in determinate situazioni di mercato – la conservazione di un derivato preposto a neutralizzare (o, quantomeno, a mitigare) il rischio di rialzo dei tassi.
Diversamente, ogniqualvolta la ragione economica alla base del contratto venga meno (ad esempio perché il concordato determini la cessazione dell’attività caratteristica, o la scadenza immediata, ex art. 55 l. fall., del debito per il quale era originariamente previsto un esteso piano di ammortamento), il derivato si traduce un mero fattore moltiplicatore del rischio, alla pari di quando il contratto sia concepito, fin dalla stipulazione con scopo speculativo. Xxxxxx, a seguito dell’apertura del concorso tale alea finisce per essere traslata dall’imprenditore alla massa, con conseguenze difficilmente accettabili nel quadro
di una procedura – qual è quella di concordato preventivo – invariabilmente tesa (quand’anche strutturata sulla continuazione dell’attività d’impresa) al miglior soddisfacimento dei creditori. Di qui la frequenza delle richieste di sospensione e di scioglimento ex art. 169-bis l. fall. 65, dichiaratamente finalizzate a impedire che in corso di procedura maturino differenziali negativi, da corrispondersi – in quanto sorti in occasione del concordato – in prededuzione, con conseguente erosione delle risorse da destinarsi ai soggetti assoggettati al concorso. Questa soluzione comporta il pagamento all’intermediario finanziario di un congruo indennizzo, che sembra poter essere parametrato al valore del mark to market rilevato al momento della cessazione del negozio; valore, questo, talvolta molto consistente, ma che presenta l’indubbio vantaggio di essere collocato al chirografo.
5. Segue: LA PROSECUZIONE DEI CONTRATTI PUBBLICI.
Come si è già avuto modo di rilevare, i commi 3 e 4 dell’art. 186-bis dettano, con riferimento alla fattispecie del concordato con continuità aziendale, la disciplina degli effetti dell’apertura della procedura sui contratti pubblici, sia in ordine alla loro prosecuzione in costanza di procedura, sia per quanto concerne la possibilità per il debitore di partecipare a nuove procedure di affidamento 66.
Viene oggi apertamente affermata la regola dell’automatica prosecuzione dei rapporti giuridici pendenti alla data del deposito del ricorso (e, fra essi, anche quelli stipulati con pubbliche amministrazioni) e della loro non risolubilità per effetto dell’apertura della procedura, ferma restando l’applicabilità della disciplina generale sui contratti pendenti in
65 Trib. Monza, 16 gennaio 2013, in Xxxxxx.xx, ha disposto la sospensione dei contratti derivati stipulati dall’imprenditore prima del deposito della domanda di concordato “in bianco”, riservando la definitiva valutazione circa lo scioglimento a momento successivo alla presentazione del piano e della relazione.
66 Cfr. XXXXX, Il concordato con continuità aziendale, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, p. 9.
costanza di concordato, in forza del richiamo all’art. 169-bis 67.
Il debitore pertanto può chiedere l’autorizzazione a che il Tribunale (o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato) lo autorizzi a sciogliersi dai contratti stipulati con pubbliche amministrazioni in corso di esecuzione alla data di presentazione del ricorso, ovvero, in alternativa, alla sospensione del contratto per non oltre sessanta giorni, prorogabili per una sola volta, non ostando all’applicabilità della disciplina generale sui contratti pendenti la circostanza che la controparte negoziale del debitore sia un’amministrazione pubblica.
Completa la regola dell’automatica prosecuzione dei rapporti giuridici pendenti in costanza di concordato con continuità la previsione dell’inefficacia degli eventuali patti contrari.
Nel caso in cui la clausola risolutiva espressa contenuta nel contratto di appalto non operi alcuna distinzione tra concordato con continuità aziendale e con cessio bonorum, deve intendersi che la sanzione dell’inefficacia operi con esclusivo riferimento al primo caso 68. È opportuno precisare che la disciplina di cui all’art. 169-bis sembra avere, con specifico riferimento ai contratti pubblici, un perimetro operativo piuttosto contenuto, essendo destinata, di fatto, a trovare applicazione prevalentemente nella fase “preconcordataria”, che va, cioè, dalla presentazione del ricorso (ai sensi dell’art. 161, comma 6) fino all’ammissione. In base al terzo periodo del comma 3 dell’art. 186-bis, infatti, una volta ammesso il debitore al concordato preventivo con continuità aziendale, la prosecuzione dei contratti pubblici è consentita solo se il professionista di cui all’art. 67, comma 3, lett. d), attesta la conformità del contratto al piano e la ragionevole capacità di adempimento del debitore concordatario.
In proposito, occorre domandarsi se l’attestazione dell’esperto si renda necessaria per la
67 CENSONI, La continuazione e lo scioglimento, cit., p. 12, secondo cui la norma altro non fa che riaffermare la regola generale della continuazione dei contratti indirettamente contenuta nell’art. 169-bis, che viene espressamente richiamato.
68 PIZZA, Il concordato preventivo di imprese fornitrici della pubblica amministrazione, in
Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, p. 3.
prosecuzione di tutti i «contratti stipulati con le pubbliche amministrazioni» (secondo la terminologia utilizzata al primo periodo del comma 3 dell’art. 186-bis), ovvero dei soli
«contratti pubblici» (espressamente richiamati dal terzo periodo della medesima disposizione), posto che, da un punto di vista strettamente letterale, le due differenti locuzioni non sembrano ammettere un utilizzo pienamente alternativo, in ragione della loro configurazione in rapporto di genus a species.
Il richiamo ai “contratti pubblici” infatti dovrebbe, a stretto rigore, far considerare applicabile la disciplina in esame alle sole fattispecie contrattuali regolamentate dal codice dei contratti pubblici, nel cui ambito, come noto, non si inserisce tutta l’attività negoziale della pubblica amministrazione, non essendovi riconducibili i contratti associativi, quelli cc.dd. attivi e alcune tipologie di contratti passivi 69.
Di qui l’idea che il legislatore, dopo aver sancito la regola generale dell’“indifferenza” del deposito del ricorso sulle sorti di tutti i contratti in corso di esecuzione (compresi quelli stipulati con pubbliche amministrazioni), abbia individuato una disciplina particolare concernente i soli «contratti pubblici» di cui al d.lgs. n. 163/2006, consentendone la prosecuzione anche in seguito all’ammissione del debitore al concordato solo in presenza dell’attestazione del professionista relativa alla conformità al piano e alla capacità di adempimento.
L’attestazione dell’esperto si rende parimenti necessaria per la prosecuzione dei contratti pubblici di cui agli artt. 16 e ss. del d.lgs. n. 163/2006, i quali, pur esclusi, in tutto o in parte, dall’ambito di applicazione del medesimo decreto legislativo, soggiacciono alla disciplina codicistica, sia pur nei limiti stabiliti nel Titolo II Parte I del d.lgs. n.
69 PIZZA, op. ult. cit., p. 1. L’ambito oggettivo di applicazione del codice dei contratti pubblici è individuato, anzitutto, dall’art. 3 del d.lgs. n. 163/2006, a mente del quale sono contratti pubblici «i contratti di appalto o di concessione aventi per oggetto l’acquisizione di servizi, o di forniture, ovvero l’esecuzione di opere o lavori, posti in essere dalle stazioni appaltanti, dagli enti aggiudicatori, dai soggetti aggiudicatori», in argomento v., ex aliis, IAIONE, La nozione codicistica di contratto pubblico, in Giust. amm., 2007, p. 286 e ss.
163/2006 70.
In ogni caso, ai sensi del terzo comma dell’art. 186-bis il vaglio dell’esperto – come già ricordato – deve concernere (i) la conformità della prosecuzione del contratto al piano (o, per il caso di cui al quarto comma, della partecipazione alla procedura di affidamento); (ii) la ragionevole capacità del debitore concordatario di adempiere agli obblighi contrattuali (assunti o che si intendono assumere in seguito all’eventuale aggiudicazione dell’appalto o della fornitura) 71.
Attesa la rilevanza della relazione, funzionale all’applicazione di una fattispecie derogatoria alla disciplina tradizionalmente dettata dal codice dei contratti pubblici, è ragionevole ritenere che il contenuto del giudizio debba essere tendenzialmente ampio. A tale stregua, quanto all’attestazione di conformità, essa si dovrà sostanziare «in un giudizio di coerenza della prosecuzione del contratto rispetto al piano di concordato, con particolare riguardo all’esistenza di una correlazione tra tale prosecuzione ed i flussi dalla stessa generati» 72; con riferimento, invece, all’attestazione sulla ragionevole capacità di adempimento, essa dovrà comprendere, da un lato, l’insussistenza di ragioni ostative, anche prospettiche, alla capacità del debitore concordatario di fare fronte agli impegni già assunti (o che si
70 In particolare, sono esclusi dall’ambito oggettivo di applicazione del codice i contratti di cui agli artt. 16 (settore della difesa, produzione e commercio di armi, munizioni e materiale bellico), 17 (contratti segretati o che esigono particolari misure di sicurezza, come nel caso di opere, servizi o forniture destinati alla Banca d’Italia, forze armate, corpi di polizia, qualora la richiesta di misure di sicurezza o la protezione di interessi essenziali della sicurezza dello Stato impongano l’esecuzione in deroga), 18 (contratti aggiudicati in base ad accordi o norme internazionali), 19 (servizi nei settori esclusi), 20, 21, 22 (contratti esclusi nel settore delle telecomunicazioni), 23 (contratti relativi all’autotrasporto mediante autobus), 24 (appalti aggiudicati a scopo di locazione o di rivendita a terzi), 25 (appalti aggiudicati per l’acquisto d’acqua e per la fornitura di energia o combustibili destinati alla produzione di energia), 26 (contratti di sponsorizzazione).
71 Si rammenta in ogni caso che l’art. 186-bis, comma 4, lett. b) ha condizionato la possibilità, per il debitore concordatario, di partecipare alla procedura pubblica di affidamento condizionata anche alla presentazione di una dichiarazione di un imprenditore in possesso dei requisiti richiesti per l’assegnazione dell’appalto con la quale lo stesso si impegna nei confronti del concorrente e della pubblica amministrazione appaltante a mettere a disposizione del primo le risorse per l’esecuzione dell’appalto e a subentrare nella sua posizione durante la gara o nel corso della esecuzione del contratto, ove esso non sia in grado di dare regolare esecuzione ai lavori.
72 QUATTROCCHIO-XXXXXXX, Concordato in continuità e ruolo dell’attestatore: poteri divinatori o applicazione di principi di best practice, in Xxxxxxxxxxxxxxxxx.xx, p. 11.
intendono assumere con la partecipazione alla gara) nei confronti della stazione appaltante; dall’altro, la ricorrenza dei requisiti previsti dal codice dei contratti pubblici per la partecipazione alle procedure di affidamento.
L’oggetto dell’attestazione, poi, sarà verosimilmente destinato ad ampliarsi nel caso di concordato in continuità attuato tramite il trasferimento dell’azienda in esercizio, dovendo il professionista sondare la “tenuta” della commessa pubblica in capo al soggetto cessionario o conferitario Ai sensi dell’ultimo periodo del comma 3 dell’art. 186-bis, «il giudice delegato, all’atto della cessione o del suo conferimento, dispone la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni».
Tale effetto “purgativo” delle ipoteche, dei pignoramenti e dei sequestri non parrebbe condizionato, come invece previsto nella liquidazione fallimentare 73, all’avvenuto pagamento del prezzo del compendio ceduto, ben potendo il giudice delegato disporre la cancellazione dei gravami in qualunque momento della procedura in cui abbia luogo la cessione o il conferimento 74.
Xxxxxxx in proposito domandarsi se la disposizione possa trovare applicazione anche nel caso di concordato con continuità “pura”, posto che il legislatore ha fatto riferimento al solo caso di cessione o conferimento dell’azienda in esercizio. Xxxxxx, alla luce di un’interpretazione sistematica, la soluzione affermativa sembra lasciarsi preferire, anche in considerazione del fatto che, in caso contrario, il potere dispositivo del giudice delegato sarebbe ancorato al preventivo assenso del creditore, il quale potrebbe anche condurre “pretenziose manovre di disturbo”, nel caso in cui abbia ricevuto una “soddisfazione” parziale del proprio credito 75.
Per espressa previsione dell’ultimo periodo del terzo comma dell’art. 186-bis, della
«continuazione può beneficiare, in presenza dei requisiti di legge, anche la società cessionaria o conferitaria d’azienda o di rami d’azienda cui i contratti siano trasferiti».
73 L’art. 108 l. fall. prevede la cancellazione delle iscrizioni e trascrizioni ad opera del giudice delegato «una volta riscosso interamente il prezzo».
74 XXXXXXX, Il c.d. decreto sviluppo, cit., p. 32.
75 ARATO, Il concordato con continuità aziendale, cit., p. 9.
L’inserimento dell’inciso «in presenza dei requisiti di legge» postula che la regola della continuazione dei contratti pubblici sia subordinata alla verifica, da parte della stazione appaltante, della sussistenza sia dei requisiti di qualificazione in capo al soggetto cessionario o conferitario dell’azienda in esercizio, a norma degli artt. 51 e 116 del codice dei contratti pubblici.
Merita da ultimo segnalare che il d.lgs. n. 83/2012 ha coordinato la novellata disciplina concorsuale con le norme di carattere generale in materia di appalti pubblici, modificando l’art. 38, comma 0, xxxx. x) xxx x.xxx. x. 000/0000 (xx quale esclude, oggi, il concordato preventivo con continuità aziendale dal novero delle cause ostative alla partecipazione alle procedure di affidamento)76. È rimasto invece immutato il testo del successivo art. 140 che, come noto, individua la procedura concordataria tra le situazioni che conferiscono alle stazioni appaltanti la facoltà dello “scorrimento di graduatoria”, al fine di stipulare un nuovo contratto per l’affidamento del completamento dei lavori. Tuttavia, a ben vedere, il difetto di coordinamento potrebbe essere solo apparente, posto che la facoltà di concludere un nuovo contratto è preclusa dalla sopravvivenza di quello in essere con la società ammessa a concordato con continuità 77.
6. GLI EFFETTI PER I CREDITORI.
Gli effetti della presentazione del ricorso per ciascun creditore riguardano sia i rapporti con il debitore sia quelli con gli altri creditori.
Sotto il secondo profilo, viene in evidenza il precetto contenuto nel terzo comma dell’art. 168, ai sensi del quale i creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti; a meno che, naturalmente, vi sia l’autorizzazione del giudice ex art. 167.
76 In argomento v., fra i contributi più recenti, MACAGNO, Continuità aziendale e contratti pubblici al tempo della crisi, in Xxxxxx.xx.
77 XXXXXXX, Sub art. 186-bis, in LO XXXXXX (diretto da), Codice commentato del fallimento, Milano, 2013, p. 2307.
Sotto il primo profilo, il primo comma dell’art. 168 sanciva, originariamente, la regola in base alla quale, dalla data della presentazione del ricorso e momento in cui il decreto di omologazione diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore. Ed al secondo comma la norma soggiunge che le prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese e le decadenze non si verificano.
Com’è chiaro, l’improponibilità e l’improseguibilità delle iniziative dirette a soddisfarsi coattivamente rappresentano una delle conseguenze più importanti del deposito della domanda di concordato, dal momento che solo in questo modo, con una garanzia patrimoniale cristallizzata, è possibile, per l’esperto prima e gli organi della procedura poi, verificare la fattibilità del piano e per i creditori esercitare il voto in maniera consapevole 78.
Da questo punto di vista, la situazione corrisponde a quella dell’imprenditore fallito, stante il disposto dell’art. 51, anche se quest’ultima previsione deriva dallo spossessamento del debitore che consegue al c.d. pignoramento fallimentare.
D’altra parte, non esiste, nel concordato preventivo, una norma equivalente al secondo comma dell’art. 52, ai sensi del quale ogni ragione di credito va fatta valere nelle forme della domanda di ammissione allo stato passivo. Ne consegue che sono esperibili nei confronti dell’imprenditore in concordato 79, a differenza che nell’ipotesi di fallimento, le azioni di accertamento e di condanna 80, quelle possessorie, le domande di rivendicazione
78 Cfr., nella giurisprudenza relativa alla legislazione previgente, Cass., 5 febbraio 1987, n. 1115, in Fallimento, 1987, p. 605, la quale pone altresì in luce l’esigenza di assicurare alla massa creditoria una parità di trattamento nel soddisfacimento delle proprie ragioni.
79 Legittimato passivo è dunque il debitore e non già il commissario.
80 Cfr. Cass., 30 marzo 2005, n. 6672, in Dir. e giust., 2005, p. 2427, la quale ha affermato che
«nel corso della procedura per concordato preventivo è precluso ai creditori per titolo anteriore al decreto di ammissione alla procedura esclusivamente l’esercizio delle azioni esecutive e non anche quelle di accertamento e di condanna, le quali restano proponibili davanti al giudice competente, che dovrà tener conto anche degli interessi moratori, il cui corso non è sospeso per effetto della detta procedura, in quanto il principio della cristallizzazione anche dei crediti risarcitori alla data di presentazione della domanda ha portata interna alla procedura concorsuale e non opera nei rapporti tra creditori e debitori al di fuori della procedura medesima; né dalla pronuncia di condanna nei confronti
e quelle di esecuzione dell’obbligo di concludere un contratto, nonché i ricorsi per provvedimenti d’urgenza ed ogni altra iniziativa che non incida coattivamente sul patrimonio concordatario 81.
La disposizione in parola è stata opportunamente integrata per quanto attiene all’oggetto del c.d. automatic stay, con la previsione esplicita del divieto, gravante su tutti i creditori recanti titolo o causa anteriori alla pubblicazione del ricorso, di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore. Inserendo apertis verbis le azioni cautelari nel novero delle iniziative giudiziali improponibili e improseguibili, il legislatore ha emendato la lacuna che contraddistingueva il previgente testo, riferito alle sole azioni esecutive. Possono pertanto ritenersi superati i dubbi interpretativi – mai del tutto sopiti prima dell’ultimo intervento riformatore – in ordine all’applicabilità del divieto in questione anche alla categoria delle azioni cautelari.
D’altro canto, sembrano destinate a riproporsi in subiecta materia le questioni afferenti all’esatta portata applicativa del sintagma “azioni cautelari”. Ed invero, se, da un lato, può considerarsi ormai certa l’inclusione nel divieto di cui all’art. 168 di qualsivoglia tipologia di azione cautelare di diritto civile, meno scontata è, dall’altro lato, l’operatività infrasistematica dell’inibitoria e la sua idoneità a coprire le diverse misure conservative previste in altri settori dell’ordinamento, come quello amministrativo o penale 82.
Quanto alle conseguenze della violazione del divieto, la lettera della legge sanziona con la
dell’imprenditore ammesso al concordato preventivo può derivare alcun danno alla par condicio creditorum in quanto il credito giudizialmente accertato nella sua integralità, con sentenza passata in giudicato dopo l’omologazione del concordato, potrà essere soddisfatto solo nei limiti della percentuale concordataria».
81 V. CENSONI, Commento all’art. 168, in Il nuovo diritto fallimentare, Commentario diretto da Xxxxx e coordinato da Xxxxxxx, II, cit., p. 2417 ss.
82 Sul tema dell’ammissibilità del sequestro adottato ex art. 321 c.p.p., v., fra le più recenti pronunce di legittimità ante riforma, Cass. pen., 8 febbraio 2012, n. 13996, in CED Cass., 2012, che ha ritenuto legittimo il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente dei beni mobili ed immobili nella disponibilità dell’unico socio di una società ammessa al concordato preventivo, «atteso che il debitore conserva l’amministrazione e la disponibilità dei beni nell’ambito della procedura».
nullità 83 le azioni esecutive (e cautelari) proposte nei confronti del debitore in procedura. Con riguardo alle azioni già pendenti al momento dalla presentazione della domanda di concordato, sembra corretto sostenere che la presentazione della domanda di concordato non determini l’estinzione del processo esecutivo 84, quanto piuttosto la sospensione ope legis dello stesso sino alla definizione del giudizio di omologazione 85, in vista di una prosecuzione nel caso in cui il concordato preventivo non sia omologato e, al contempo, non risulti dichiarato il fallimento del debitore esecutato.
Il divieto di azioni esecutive, poi, cessa con l’omologazione del concordato, ma, essendo quest’ultimo obbligatorio per tutti i creditori anteriori al decreto di apertura della procedura concorsuale, i creditori per titolo anteriore potranno procedere esecutivamente contro il debitore solo nei limiti di quanto promesso con il concordato stesso 86.
Un’altra significativa differenza rispetto al fallimento consiste nel fatto che, mentre l’art. 51 fa salva ogni «diversa disposizione di legge» (il riferimento è, ad esempio, all’art. 41, comma 2 del Testo unico bancario in tema di credito fondiario), l’art. 168 non contempla deroghe di sorta.
Al riguardo, dottrina e giurisprudenza appaiono concordi nel ritenere che il dato letterale sia inequivoco e, come tale, insuperabile 87. Resta tuttavia, a mio modo di vedere, una vistosa quanto irrazionale discrepanza, dal momento che il divieto di azioni esecutive
83 Cfr. Cass., 5 febbraio 1987, n. 1115, in Fallimento, 1987, p. 605, che ne menziona la rilevabilità d’ufficio.
84 In questo senso era, invece, orientata la più risalente giurisprudenza, x. Xxxx. Xxxx, 00 maggio 1954, inedita.
85 In questo senso Trib. Pesaro, 16 marzo 2012, in Xxxxxx.xx.
86 V, ex aliis, DEMARCHI, Gli effetti dell’ammissione al concordato, cit., p. 105.
87 Cfr. Cass., 19 marzo 1998, n. 2922, in Fallimento, 1999, n. 363, secondo cui «l’art. 42 t.u. 16 luglio 1905 n. 646, nella parte in cui consente l’applicazione della disciplina del credito fondiario anche in caso di fallimento del debitore, per i beni ipotecati agli istituti di credito fondiario, non opera nei confronti del debitore ammesso al concordato preventivo. Infatti, la disposizione dettata dall’art. 168 l. fall., nel vietare ai creditori di iniziare o proseguire azioni esecutive individuali sul patrimonio del debitore ammesso al concordato preventivo, non contempla deroghe a differenza dell’art. 51 che, nel prevedere analogo divieto quanto ai beni compresi nel fallimento, fa salve le diverse disposizioni di legge». Conforme Cass., 7 novembre 1991, n. 11879, in Giust. civ., 1992, I, p. 1281; in dottrina, tra gli altri, BOZZA, Il difficile coordinamento tra la normativa sul credito fondiario e quella fallimentare, in Fallimento, 1985, p. 369; ID., Il credito fondiario nel nuovo T.U. bancario, Padova, 1996, p. 154.
risulta più rigido nella procedura in cui non vi è spossessamento e meno severo in quella in cui il debitore perde la disponibilità del proprio patrimonio. Il che consente di affacciare il dubbio che, ove in ciò si ravvisasse un’ingiustificata disparità di trattamento, si potrebbe, forse, attraverso un’interpretazione conservativa della norma sul piano costituzionale, applicare al concordato le stesse deroghe previste per l’ipotesi di fallimento.
È appena il caso di precisare, poi, che la preclusione di cui all’art. 168 non opera nei confronti dei creditori particolari dei soci illimitatamente responsabili di società in concordato, posto che – come ricordato nel capitolo II – gli effetti del concordato sociale non si estendono alle persone dei soci, per cui i patrimoni di costoro risultano liberamente aggredibili dai loro creditori 88.
Altro profilo di particolare significatività è dato dal nuovo terzo comma dell’art. 168, il quale dispone l’inefficacia, nei confronti dei creditori anteriori al concordato, delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni che precedono la data della pubblicazione del ricorso presso il registro delle imprese.
Si è in questo modo previsto un ulteriore strumento teso a rafforzare l’“ombrello protettivo” del patrimonio del debitore, anticipandone la soglia di efficacia di tre mesi rispetto al divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari.
La chiara finalità della disposizione è quella di arginare la “corsa” all’acquisizione di una garanzia nuova (more solito in forza di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo), riallineando così la posizione dei soggetti più opportunisti a quella degli altri creditori aventi titolo o causa anteriori alla pubblicazione del ricorso.
Trattandosi di inefficacia della prelazione, il creditore che abbia iscritto nei tre mesi un’ipoteca giudiziale verrà degradato a chirografario e, come tale, collocato ai fini del trattamento concorsuale 89.
88 Cfr., ex aliis, XXXXXXX, Il concordato preventivo della società, cit., p. 169 ss.; LO XXXXXX,
Concordato preventivo e soci illimitatamente responsabili, in Giust. civ., 1988, I, p. 752.
89 XXXXXXX, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, cit., p. 41.
I restanti effetti del concordato nei confronti dei creditori sono quelli che derivano dal richiamo, ad opera dell’art. 169, delle disposizioni degli artt. 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63, che si applicano – dice la norma – con riferimento alla data di presentazione della domanda di concordato90. Trovano pertanto applicazione anche in subiecta materia, fra le altre, le statuizioni inerenti alla scadenza dei debiti pecuniari, al corso dei relativi interessi e alla compensazione.
Conformemente all’auspicio formulato da parte della dottrina 91, la riforma del 2006 ha inserito nell’art. 169 il richiamo all’art. 45, sicché sono d’ora in poi prive di effetto nei confronti dei creditori le formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi se compiute dopo la presentazione della domanda di concordato; laddove in precedenza dottrina e giurisprudenza, proprio per via del mancato riferimento alla suddetta disposizione in tema di fallimento, erano per lo più inclini ad affermare il contrario 92.
Su questa previsione, come pure sulle modifiche apportate dalla novella all’art. 167 e su quelle introdotte dal decreto correttivo del 2007, grava peraltro il sospetto dell’incostituzionalità per eccesso di delega, posto che nella legge delega non vi è alcun riferimento al concordato preventivo.
Resta infine da osservare, in tema di effetti del concordato per i creditori, come l’annosa questione del carattere prededucibile o meno, nell’eventuale successivo fallimento, dei crediti venuti ad esistenza durante il concordato, già risolta in senso affermativo dalla
90 In argomento x. XXXXXXXXX, La normativa fallimentare applicabile al concordato preventivo, in CASSANDRO-CESCHEL-NICITA-NORELLI, Il concordato preventivo, cit., pp. 258 e ss., ove ampi riferimenti.
91 PAJARDI, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1998, p. 650.
92 PROVINCIALI, Trattato di diritto fallimentare, IV, Milano, 1974, p. 853; XXXXX, I rapporti giuridici pendenti nel concordato preventivo, Padova, 1973, p. 228, nota 8; conformi Cass., 22 settembre 1990, n. 9650, in Giur. comm., 1992, II, p. 399, con nota di CENSONI, “Formalità” necessarie per rendere gli atti opponibili ai terzi e concordato preventivo; Cass., 28 ottobre 1993, n. 10434, in Giur. it., 1994, I, 1, pp. 564, 1530, con nota di XXXXXXXXX, Concordato preventivo e successivo fallimento: la sorte delle formalità compiute medio tempore; Cass., 1° giugno 1999, n. 5306, in Fallimento, 2000, p. 486.
dottrina e dalla giurisprudenza prevalenti 93, risulti oggi chiarita expressis verbis dal disposto dell’art. 111, comma 2, ai sensi del quale sono considerati debiti di massa quelli «sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge», con la conseguenza che essi andranno soddisfatti secondo la procedura di cui all’art. 111-bis.
E ciò senza dire che, qualora il fallimento sopraggiunga a seguito di un provvedimento di annullamento o di risoluzione del concordato, i creditori che abbiano già trovato soddisfazione, anche solo parziale, non risentono del rischio di dover restituire alla nuova procedura quanto percepito dalla precedente, dato che l’art. 67, comma 3, lett. e), esclude espressamente l’assoggettabilità a revocatoria degli atti, dei pagamenti e delle garanzie posti in essere in esecuzione del piano concordatario.
93 Cfr. Cass., 12 marzo 1999, n. 2192, in Foro it., 1999, I, c. 2948, secondo cui «in tema di concordato preventivo, qualora la gestione dell’impresa assurga a dimensione di modalità essenziale della singola procedura concordataria (siccome diretta ad una più proficua liquidazione patrimoniale a favore dei creditori concorrenti), in quanto risulti parte della proposta di concordato, sia oggetto dell’ammissione da parte del tribunale e dell’approvazione da parte dei creditori, e formi altresì oggetto dell’omologazione finale, si rende applicabile, in caso di successivo fallimento, la norma di cui all’art. 111, comma 1, n. 1, l. fall., dovendosi, per l’effetto, considerare le spese della gestione dell’impresa come spese della procedura». Conforme Cass., 5 agosto 1996, n. 7140, in Fallimento, 1997, p. 269. Di orientamento opposto era invece la giurisprudenza più risalente: Cass., 22 giugno 1992, n. 8013, in Fallimento, 1992, p. 1027; Cass., 16 novembre 1989, n. 4892, ivi, 1990, p. 402;
Cass., 5 maggio 1988, n. 3325, ivi, 1988, p. 967; Cass., sez. un., 14 ottobre 1977, n. 4370, in Giur.
comm., 1978, II, p. 12.