BUONE PRATICHE PER LA PREVENZIONE DELLA CONTENZIONE IN OSPEDALE
DIREZIONE GENERALE CURA DELLA PERSONA, SALUTE E WELFARE SERVIZIO ASSISTENZA OSPEDALIERA
BUONE PRATICHE PER LA PREVENZIONE DELLA CONTENZIONE IN OSPEDALE
Ultimo aggiornamento Febbraio 2021
Il presente documento, concepito per un utilizzo in ambito ospedaliero, è stato condiviso con il Servizio di Assistenza Territoriale che ne ha approvato scopi e contenuti indicandone l’applicabilità anche in setting territoriali e di cure intermedie, nell’attesa che venga prodotto un documento specifico per tali contesti.
1
Indice
4. Tipologie di contenzione 10
5. Aspetti etico-deontologici e medico-legali 12
5.1 Contenzione come extrema ratio 13
5.2 Contenzione richiesta dalla persona assistita 14
6. Contenzione meccanica: presidi e finalità d’uso 16
6.1 Qual è la differenza tra mezzi di contenzione meccanica e ausili riabilitativi? 17
6.1.1 Focus sulle sponde del letto 18
6.1.2 Focus sala operatoria 18
6.2 Rischi correlati all’uso della contenzione meccanica 19
7. Contenzione farmacologica: farmaci e finalità d’uso 20
7.1 Disturbi del comportamento 20
7.2 Farmaci impiegati nei disturbi del comportamento 23
8. Buone pratiche per la prevenzione della contenzione 25
8.1 Valutazione multidimensionale e identificazione dei fattori di rischio 26
8.2 Informazione alla persona assistita e ai suoi familiari 27
8.3 Interventi per la prevenzione e la gestione della contenzione 28
8.3.1 Interventi organizzativo-strutturali 28
8.3.2 Interventi clinico-assistenziali, psicologici, ambientali 28
8.3.3 Interventi per situazioni clinico-assistenziali specifiche 30
8.4 Gestione della contenzione 34
9. Documentazione sanitaria 37
9.1 Sistemi di segnalazione per la sicurezza delle cure 38
10. Strategie di implementazione 40
Allegato A – Scheda informativa 47
Allegato B – Ricognizione farmacolgica 48
Allegato C – Foglio unico di terapia 51
Allegato D – Guida rapida per la diagnosi differenziale delle cause scatenanti il delirium 52
Allegato E – Test per la valutazione del delirium 4-AT 53
Allegato F – Test per la valutazione del delirium Confusion Assessment Method 54
Allegato G – Anticholinergic Cognitive Burden (ACB) scale 55
Allegato H – Xxxxxxxx xxxxxxx xxxxxxxxxxxxx xxx xxxxxxxx 00
Allegato I – Elementi guida per documentare il provvedimento contenitivo 60
Allegato L – Tabella di sintesi degli interventi alternativi per la prevenzione della contenzione 63
Allegato M – Farmaci potenzialmente scatenanti il delirium 64
Allegato N – Elementi guida per la progettazione di un Audit Clinico Concomitante sull’adesione alle
buone pratiche di prevenzione della contenzione* 66
✓ Per contenzione s’intende quell’atto che, attraverso l’uso di mezzi (fisici, meccanici, farmacologici e ambientali), limita i movimenti volontari di tutto o di una parte del corpo della persona assistita. I presidi che riducono o limitano il movimento di una persona vengono considerati mezzi di contenzione quando essa sia incapace o impossibilitata a rimuoverli.
✓ La contenzione non è atto terapeutico e non ha finalità preventiva, di cura o riabilitativa.
✓ I mezzi di contenzione devono essere utilizzati solo nei casi di estrema necessità, cioè in presenza situazioni di eccezionale gravità nelle quali sussista un pericolo grave e attuale di condotte autolesive e/o eterolesive non altrimenti evitabile e gestibile. Devono altresì essere utilizzati solo per il tempo strettamente necessario, essere proporzionati alle circostanze nonché richiedere le modalità meno invasive possibili.
✓ La valutazione interprofessionale e multidimensionale rappresenta il primo intervento efficace per identificare i fattori scatenanti l’uso della contenzione.
✓ A seguito della valutazione è importante informare la persona assistita e i suoi familiari/caregivers sulle strategie alternative ritenute opportune e sulle eventuali azioni di contenzione da intraprendere.
✓ È essenziale formare il personale, sensibilizzarlo sul rischio potenziale di eventi avversi nonché violazione dei diritti fondamentali della persona che la contenzione può generare.
✓ È importante identificare e mettere in atto modalità assistenziali alternative di tipo clinico- assistenziale, psicologico e ambientale finalizzate a evitare la contenzione.
✓ Qualora gli interventi messi in atto per prevenire la contenzione siano risultati inefficaci, gli operatori sanitari possono ricorrervi come extrema ratio.
✓ Il soggetto a cui rimettere la decisione (non prescrizione) del provvedimento contenitivo è il medico e, solo in sua assenza e per situazioni urgenti, possono provvedere in sua vece altri professionisti sanitari.
✓ Almeno ogni 2 ore e sotto costante supervisione, la contenzione deve essere interrotta (per non meno di 10 minuti) per consentire alla persona assistita di muoversi.
✓ La durata dell’atto contenitivo non dovrebbe superare di norma le 12 ore consecutive, potendo prolungarsi fino ad un massimo di 24 ore nei casi che lo richiedono. Oltre le 24 ore, la contenzione potrà essere prolungata solo attraverso una nuova indicazione del medico di reparto controfirmata dal Responsabile/Direttore dell’U.O.
✓ All’interno della documentazione sanitaria deve essere chiaramente tracciato il percorso di valutazione, attuazione di modalità assistenziali alternative laddove possibili, pianificazione, gestione e monitoraggio della contenzione.
✓ Ogni Azienda sanitaria si deve dotare di apposita procedura per la gestione della persona assistita sottoposta a contenzione.
Gli ultimi trent’anni hanno visto un intenso dibattito internazionale sui temi etici inerenti il progresso delle cure mediche nei trattamenti sanitari, dalle problematiche di inizio e fine vita al rispetto dei diritti umani.
Particolare importanza a questo riguardo ha assunto la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che ha ridefinito i concetti di malattia e disabilità come problemi riguardanti il rapporto dell’individuo con l’ambiente. In questa prospettiva gli articoli che vanno dal 14 al 17 (Libertà e sicurezza personale; Diritto di non essere sottoposto a tortura, a pene o a trattamenti crudeli, inumani o degradanti; Diritto di non essere sottoposto a sfruttamento, violenza e maltrattamenti; Protezione dell’integrità della persona) pongono un onere particolare sulle istituzioni sanitarie: quello di predisporre e organizzare ambienti di cura ed assistenza che siano pensati per garantire tali diritti.
Anche il tema della contenzione, ma non solo, deve quindi essere primariamente posto in tale ottica. Esso riguarda diversi ambiti clinico-assistenziali con peculiarità proprie, ma che per le esigenze di questo documento sono trattati in prima istanza congiuntamente.
Ai fini di un corretto inquadramento del tema della contenzione, prima ancora di affrontare la tematica dei comportamenti professionali, è fondamentale assicurarsi che gli ambienti di cura ed assistenza abbiano i requisiti per rispettare e promuovere i diritti sopra esposti e siano dotati di meccanismi volti al miglioramento anche attraverso una maggiore attenzione alle modalità di erogazione delle cure, alla flessibilità organizzativa, alla personalizzazione e all’organizzazione dell’ambiente, con gruppi di lavoro interni per l’audit permanente sulle contenzioni. È dunque possibile e auspicabile sviluppare strumenti concreti atti a valutare in ogni dato momento quanto un setting assistenziale sia orientato al rispetto di questi diritti, in modo da poter perseguire gli obiettivi di qualità etica e tecnica più ambiziosi.
In linea generale per contenzione s’intende quell’atto che, attraverso l’uso di mezzi (fisici, meccanici, ambientali, farmacologici) limita i movimenti volontari di tutto o di una parte del corpo della persona assistita. La contenzione meccanica costituisce una limitazione della libertà di movimento della persona mediante l’applicazione diretta al corpo di mezzi meccanici (fasce, cinture, corpetti, ecc.). L’utilizzo di tale pratica, limitativa della libertà individuale e potenzialmente lesiva dell’integrità fisica e psichica della persona, va rigorosamente documentato e monitorato con l’obiettivo di un suo progressivo superamento. La contenzione farmacologica consiste invece nella somministrazione di farmaci (in genere tranquillanti o sedativi) di dubbia appropriatezza che modificano il comportamento limitando o annullando la capacità motoria e d’interazione dell’individuo, allo scopo di ottenere una sedazione e agevolare interventi assistenziali senza produrre valore aggiunto per la per la persona assistita. La somministrazione di farmaci utilizzata a scopo preventivo per limitare la libertà di movimento e l’integrità fisica e psichica si configura come pertanto come contenzione farmacologica.
2.1 Aspetti epidemiologici
I dati sull’utilizzo dei mezzi di contenzione variano a seconda del setting assistenziale e della tipologia contenitiva attuata. La letteratura evidenzia dati di prevalenza che oscillano fra il 3% (Xxxxxxxxx, 1997) e l’83% (Xxxxxx, 2004; Feng, 2009) nelle nursing home e tra il 4% e il 68% negli ospedali (Xx Xxxxx, 2004). Uno studio condotto in Germania (Xxxxxx, 2013) nell’ambito di ospedali per acuti evidenzia una prevalenza media dell’11.8%, mentre altri studi (O’Xxxxxxxxx, 0000; Ang, 2015) indicano una prevalenza che varia dal 6.2% al 16.6%. I dati di prevalenza sono eterogenei poiché correlati ai mezzi di contenzione considerati nello studio (ad esempio alcuni studi includono le sponde, altri le escludono) e per la presenza di differenti culture organizzative (Xx Xxxxx, 2004; Xxxxxxx, 2007; Xxxxxx, 2009).
In generale all’interno degli ospedali l’uso della contenzione è più frequente nei reparti di medicina rispetto ai reparti chirurgici (Xxxxxx, 2004) e nei reparti di cure intensive rispetto a quelli non intensivi. Il periodo di durata del provvedimento contenitivo nel setting ospedaliero è generalmente abbastanza lungo (Zanetti, 2009): normalmente, laddove si decide di utilizzarla, la contenzione è applicata per tutta la durata della degenza. Xxxxxx (2004) individua che il tempo di contenzione è variabile ed è compreso in un range tra 1 e 104 giorni con un periodo medio di 17,6 giorni e una mediana di 4,5. Nello studio di Xx Xxxxx (2004), il 69% dei pazienti (in ospedale e nelle nursing home) risulta contenuto per circa 10 ore durante il giorno; nei servizi ospedalieri la percentuale dei pazienti contenuti per 24 ore è maggiore rispetto ai residenti delle nursing home (rispettivamente 33% versus 4%). Dal fatto che la contenzione sia applicata per periodi così lunghi si può desumere che essa non sia un intervento di urgenza, quindi “straordinario”, ma che rappresenti una modalità assistenziale ordinaria (Xxxxxxx, 2009).
Le ragioni che inducono ad applicare un mezzo di contenzione sono molteplici e differiscono tra i vari setting: tra le ragioni principali, nei pazienti ricoverati in ospedale, oltre alla prevenzione delle cadute (Xxxxxx, 2011) è riportata la protezione dei presidi al fine di prevenire l’interruzione di terapie o la rimozione dei presidi stessi e al fine di garantire la sicurezza della persona assistita soprattutto se presenta uno stato confusionale e/o agitazione psicomotoria. Di conseguenza i pazienti maggiormente a rischio di contenzione negli ospedali includono persone con compromissione cognitiva permanente o temporanea (Xx Xxxxx, 2004; X’Xxxxxxxxx, 2014). Malgrado questa convinzione, molti studi evidenziano che l’uso della contenzione meccanica è correlato a un aumento degli eventi avversi, comprese le cadute e la rimozione di presidi, una riduzione del benessere psicofisico e un aumento della mortalità (Xxxxx, 2002; Xxxxxx, 2008; Xxxxxx, 0000; Rakhmatullina, 2013). Inoltre, l’esperienza di essere contenuti può causare sentimenti di paura, rabbia e disagio (Xxxxx, 2002; Xxxxx, 2003).
2.2 Contesto regionale
Con la Delibera di Giunta Regionale 1706 del 2009, “Individuazione di aree di miglioramento della qualità delle cure e integrazione delle politiche assicurative e di gestione del rischio”, sono state identificate le strategie regionali per la prevenzione del rischio, la gestione del danno, del contenzioso
e le strategie assicurative. Nell’allegato 3 della suddetta delibera è prevista una sezione dedicata a come documentare e comunicare la contenzione. Questa in primis, riporta l’importanza della documentazione “circostanziata e veritiera dell’atto di contenzione, allorquando esso si sia reso necessario come inevitabile conseguenza del fallimento e/o dell’inapplicabilità di altre modalità di risk assessment che ne devono rappresentare sempre l’irrinunciabile premessa”. Già con la DGR 1706/2009 si pone l’attenzione sulle strategie alternative alla contenzione, come ad esempio l’aspetto ambientale/relazionale come misura di prevenzione. Inoltre, le principali indicazioni riguardano la corretta gestione dell’evento contenzione a partire dalla indicazione, al consenso, al monitoraggio, alla sorveglianza della persona assistita contenuto e alla rivalutazione clinica per la prosecuzione o interruzione della contenzione stessa.
Nello stesso anno, è stata trasmessa alle aziende sanitarie la Circolare N. 16/2009 della Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare “Disciplina delle contenzioni fisiche presso i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura dei DSM-DP”, aggiornata nel 2015 con la Circolare 1/2015, che prevede le raccomandazioni in tema di contenzione1. Nelle raccomandazioni si definisce la contenzione come un procedimento estremo, cui ricorrere solo facendo riferimento allo stato di necessità, quando siano presenti gravi rischi per l’incolumità della persona o dei caregiver o di terzi e ove ogni altro provvedimento meno restrittivo sia risultato inefficace. Non si tratta quindi di un atto medico o sanitario, ma di un provvedimento d’urgenza.
In tali circolari la contenzione è considerata un evento potenzialmente avverso per quanto attiene al rischio clinico, sia per la possibile compromissione del percorso terapeutico, sia per i rischi legati alla salute fisica e psichica. Ogni Azienda sanitaria è tenuta a dotarsi di procedure scritte, sulla base delle indicazioni della suddetta circolare. In particolare, ogni Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Xxxx è dotato di un registro che raccoglie dati sull’episodio, comprensivi del monitoraggio fisico e psichico della persona sottoposta a contenzione (tra le altre, profilassi della trombosi venosa profonda). Ogni episodio di contenzione deve essere discusso in équipe e con i famigliari; in caso di durata superiore alle 12 ore, il caso va segnalato alla Direzione sanitaria di presidio e all’UO di gestione del rischio, che attiva tempestivamente un audit. Tutti gli episodi di contenzione devono essere riesaminati ogni sei mesi assieme alla Direzione sanitaria e all’unità operativa del rischio, per l’identificazione e la messa in atto di azioni di miglioramento clinico e organizzativo. Le Aziende sanitarie inviano una relazione annuale alla Direzione Generale della Regione Xxxxxx-Romagna per quantificare le dimensioni del fenomeno e informare sulle azioni intraprese per migliorare i fattori organizzativi che possono prevenire il ricorso alla contenzione fisica.
Dal 2011 la Regione effettua un monitoraggio annuale dell’applicazione delle raccomandazioni. Le misure organizzative messe in campo dalle Aziende Sanitarie per ridurre il fenomeno afferiscono a queste aree:
− formazione volta a potenziare le competenze dell’équipe di cura sulle strategie alternative alla contenzione fisica e le competenze relazionali (tecniche di de-escalation);
− gestione dello staff, supervisione d’équipe;
1 Le indicazioni tecniche contenute nel presente documento intendono superare quelle dei documenti precedenti, sia in funzione della loro rilevanza giuridica che del cambiamento culturale di cui si fanno portatrici.
− personale infermieristico attivabile al bisogno.
I dati documentano una riduzione del 62% del numero delle contenzioni dal 2011 al 2016. Le Aziende Sanitarie che facevano maggior ricorso alla contenzione sono ora allineate al resto della Regione. Le diagnosi maggiormente correlate a episodi di contenzione sono le psicosi affettive, seguite da altre psicosi anche organiche e da disturbi da uso di sostanze. Particolarmente interessante è l’analisi delle variabili sociodemografiche: le persone a maggior rischio di contenzione sono i ricoverati maschi italiani sopra gli 80 anni, seguite da maschi stranieri tra i 21 e i 30 anni. Risulta evidente che le difficoltà di comunicazione, legate all’età o alla lingua, giocano un ruolo determinante nel ricorso alla contenzione fisica.
I requisiti specifici per l’accreditamento delle strutture di geriatria ospedaliera per acuti (vedi DGR - RER 1095/2010) nel capitolo “Qualificazione dei percorsi e servizi erogati” riportano la sezione riguardante la Prevenzione e il governo della contenzione fisico-farmacologica. I requisiti specifici prevedono:
1. l’esistenza di indicazioni per la gestione ed il governo della contenzione fisica e farmacologica che contengono criteri di prescrizione, modalità di esecuzione, tempi di controllo e sorveglianza;
2. l’indicazione della contenzione e la sua presa d’atto sono documentate;
3. la sensibilizzazione-informazione dei caregiver e dei pazienti, all’atto dell’ingresso in UGA, attraverso documento scritto, sul rischio/beneficio dell’eventuale contenzione fisico farmacologica nelle sue varie modalità.
4. l’evidenza che tutti gli operatori abbiano effettuato formazione sulla problematica
“contenzione”.
5. l’evidenza di Xxxxx effettuati su casi clinici che abbiano richiesto l’utilizzo della contenzione.
I requisiti specifici per l’accreditamento delle strutture di Medicina Interna (vedi DGR-RER 2012/419), contemplano che: “Deve essere prevista una modalità/protocollo per la prescrizione/ registrazione della contenzione e i necessari presidi”2.
Il Servizio Assistenza Ospedaliera, nel 2014, ha condotto uno studio sui Nursing Sensitive Outcome (Studio regionale sugli esiti sensibili alle cure infermieristiche – ESI, 2016), con lo scopo di approfondire e di promuovere la cultura della valutazione degli esiti delle cure e della qualità delle pratiche assistenziali. Tale studio ha indagato un set di esiti (lesioni da pressione, cadute e contenzione), con l’obiettivo di: 1) descrivere il case-mix dei pazienti, lo skill-mix degli infermieri, le ore infermiere-persona assistita, i modelli organizzativo-assistenziali e il clima organizzativo nelle unità operative; 2) descrivere l’incidenza degli ESI nelle unità operative studiate per migliorare l’assistenza infermieristica sulla qualità delle cure; 3) individuare i potenziali fattori di rischio correlati agli ESI. L’indagine osservazionale ha coinvolto 65 unità operative di 14 aziende sanitarie della RER, 11345 pazienti ricoverati e 922 operatori (infermieri e coordinatori). I risultati dello studio hanno evidenziato che il 40,2% dei pazienti (geriatria 58,2%; lungodegenza 50,8%; recupero/riabilitazione 47,7%; ortopedia/traumatologia 33,3% e medicina generale 29,7%) è stato sottoposto a contenzione (sponde integrali del letto, carrozzina con tavolino, polsiera, fascia addominale) per almeno un turno di degenza. Le sponde integrali sono risultate il mezzo di contenzione più utilizzato. Le variabili
2 Ibidem.
correlate alla contenzione che rappresentano un fattore di rischio sono: indice di Xxxxxx ≤ 16; età
>70; stato cognitivo non collaborante; deambulazione non autonoma; caduta nell’anno precedente; stato di coscienza non vigile; indice di Xxxxxxxx >2 e assunzione di farmaci. Le variabili che invece rappresentano un fattore protettivo sono: “infermieri con laurea” > 30%; propensione a compiti extra ruolo; Work Engagement; soddisfazione per le politiche organizzative; ore infermiere-persona assistita. A parità di caratteristiche della persona assistita e del personale infermieristico è emerso che nelle Aziende della RER vi è una certa variabilità sull’uso della contenzione.
Lo studio regionale sugli ESI ed il censimento delle procedure aziendali sulla contenzione hanno messo in evidenza la diffusione di questa pratica e la difformità delle procedure presenti nelle Aziende sanitarie. Pertanto, come intervento di miglioramento è stato deciso di elaborare le linee di indirizzo sulla buona pratica della prevenzione della contenzione. Contestualmente allo studio sugli ESI, l’AUSL di Bologna ha portato avanti un progetto di miglioramento sul tema della contenzione che ha preso avvio nel 2015 dalle Case Residenza per Xxxxxxx (CRA) di Bologna, per poi proseguire nei presidi ospedalieri dell’Azienda Sanitaria ed in ultimo estendersi agli Ospedali Privati Accreditati.
Key message
✓ I dati sull’utilizzo dei mezzi di contenzione variano a seconda del setting assistenziale e della tipologia contenitiva attuata. La letteratura evidenzia dati di prevalenza che oscillano fra il 3% (Xxxxxxxxx, 1997) e l’83% (Xxxxxx, 2004; Feng, 2009) nelle nursing home e tra il 4% e il 68% negli ospedali (Xx Xxxxx, 2004).
✓ Lo studio regionale sugli ESI ed il censimento delle procedure aziendali sulla contenzione hanno messo in evidenza la diffusione di questa pratica e la difformità delle procedure presenti nelle Aziende sanitarie della RER.
Definire le buone pratiche per la prevenzione della contenzione in ambito ospedaliero al fine di garantire la libertà e la dignità della persona, anche in presenza di condizioni clinico-assistenziali che determinano comportamenti a rischio della sicurezza della persona assistita o di terzi durante un ricovero ospedaliero, promuovendo l’umanizzazione e la sicurezza delle cure alle persone assistite.
La letteratura sul tema della contenzione è vasta; esistono molte definizioni di contenzione che prevedono in linea generale gli stessi concetti seppur con qualche differenza soprattutto nella classificazione dei mezzi di contenzione in sottogruppi. In linea generale per contenzione s’intende quell’atto che, attraverso l’uso di mezzi (fisici, meccanici, ambientali, farmacologici), limita i movimenti volontari di tutto o di una parte del corpo della persona assistita. I presidi che riducono o limitano il movimento di una persona vengono considerati mezzi di contenzione quando essa sia incapace o impossibilitata a rimuovere tale mezzo (Centers for Medicare and Medicaid Services, 2009).
Riassumendo le varie definizioni presenti in letteratura, si possono distinguere principalmente quattro tipi di contenzione che vengono di seguito sinteticamente descritti.
Contenzione fisica: coinvolge uno o più membri del personale dell’assistenza che tengono la persona, la muovono o bloccano il suo movimento per impedirgli di andarsene (Royal College of Nursing, 2008). Tale contenzione impone una limitazione manuale del movimento di una persona (tutto il corpo o alcune parti del corpo) spesso usando la forza. La contenzione prone o face-down è quando una persona è tenuta a faccia in giù (o prona) sul pavimento e gli viene fisicamente impedito di muoversi al di fuori da questa posizione: si tratta di una forma particolarmente pericolosa a causa del rischio di asfissia posizionale e di morte improvvisa (World Health Organization, 2017). Fra le tecniche di contenzione fisica rientra anche quella di holding, usata per contenere la crisi acuta della persona assistita, ricorrendo all’ascolto e impegnando il proprio corpo, per limitarne il comportamento e tranquillizzarla nel tentativo di stabilire un dialogo: tale tecnica è contingente, di breve durata, utile a creare la relazione, mantenendo aperta la negoziazione e può perciò rappresentare una delle procedure di de-escalation per fronteggiare le crisi di aggressività (Presidenza del Consiglio dei Ministri e Comitato Nazionale di Bioetica, 2015).
Contenzione meccanica: è definita come qualsiasi azione o procedura che impedisca il movimento libero del corpo di una persona per mettersi in una data posizione scelta e/o il normale accesso al proprio corpo; si attua mediante l'uso di qualsiasi mezzo, fissato o adiacente al corpo di una persona (es. applicato al letto o alla carrozzina) che non possa essere controllato o rimosso facilmente (Bleijlevens et al, 2016), con lo scopo di ridurre o controllare i suoi movimenti.
Contenzione farmacologica: consiste nella somministrazione di un farmaco che non fa parte del regime di trattamento della persona e che viene utilizzato per limitarne la libertà di movimento di e/o controllarne il comportamento. Implica l'uso inappropriato di un farmaco sedativo o psicotropico (es. benzodiazepine, antipsicotici o anestetici dissociativi) spesso somministrato in
risposta a un atto percepito come violento o aggressivo contro sé stessi o gli altri o per controllare le persone e renderle "più facili da gestire". La contenzione chimica è spesso usata come "alternativa" a quella fisica e meccanica, tuttavia è importante notare che non può essere considerata un'alternativa accettabile (World Health Organization, 2017).
Contenzione ambientale: indicata con il termine seclusion, viene generalmente definita come l’azione di isolare un individuo lontano dagli altri limitando fisicamente la sua capacità di lasciare uno spazio definito. Può essere attuato bloccando qualcuno in uno spazio definito (ad es. stanza) o contenendolo in un'area specifica bloccando le porte di accesso o dicendo loro che non è consentito spostarsi da uno spazio definito e minacciando o implicando conseguenze negative se lo fanno (World Health Organization, 2017).
Fra le varie classificazioni si ritrovano anche la contenzione psicologica e tecnologica che non vengono approfondite in questo documento per la loro scarsa pertinenza.
Key message
✓ Per contenzione s’intende quell’atto che, attraverso l’uso di mezzi (fisici, meccanici, farmacologici e ambientali), limita i movimenti volontari di tutto o di una parte del corpo della persona assistita. I presidi che riducono o limitano il movimento di una persona vengono considerati mezzi di contenzione quando essa sia incapace o impossibilitata a rimuovere tale mezzo (Centers for Medicare and Medicaid Services, 2009).
✓ Si possono distinguere principalmente quattro tipi di contenzione: fisica, meccanica, farmacologica e ambientale.
5. Aspetti etico-deontologici e medico-legali
Le situazioni nelle quali si ricorre alla contenzione in ambito sanitario sono sostanzialmente due: la prima risponde in particolare a esigenze di natura terapeutica, quale supporto al trattamento sanitario propriamente detto, laddove la somministrazione di farmaci o l’attuazione di un intervento siano realizzabili unicamente grazie alla restrizione o alla completa immobilizzazione fisica della persona assistita per totale mancanza di collaborazione. La seconda, invece, si spiega con urgenze connesse alla sicurezza della persona assistita o di terzi all’interno della struttura sanitaria, laddove le condizioni e la patologia dell’interessato possano determinare frangenti di concreto ed effettivo rischio per l’incolumità fisica della persona assistita, del personale sanitario e/o degli altri degenti. La “pratica” della contenzione pone questioni etiche, deontologiche e medico-legali che devono essere affrontate al fine di superare le profonde contraddizioni e le anomalie che portano a utilizzare pratiche coercitive in luoghi che si pongono invece come obiettivo la cura delle persone con patologie, nel rispetto della loro volontà e nella ricerca di condivisione del percorso di cura, ogniqualvolta sia possibile.
La disposizione del proprio corpo è un diritto garantito dalla Costituzione che, all’art. 13, sancisce l’inviolabilità della libertà personale. A seguire, l’art. 32 dispone che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Il Codice di Deontologia Medica del 2014, all’art. 18 – Trattamenti che incidono sulla integrità psico-fisica – prevede che “i trattamenti che incidono sulla integrità psico-fisica sono attuati al fine esclusivo di procurare un concreto beneficio clinico alla persona”.
Il Codice Deontologico dell’Infermiere del 2019, all’art. 35, contempla: “Contenzione - L’Infermiere riconosce che la contenzione non è atto terapeutico. Essa ha esclusivamente carattere cautelare di natura eccezionale e temporanea; può essere attuata dall’équipe o, in caso di urgenza indifferibile, anche dal solo Infermiere se ricorrono i presupposti dello stato di necessità, per tutelare la sicurezza della persona assistita, delle altre persone e degli operatori. La contenzione deve comunque essere motivata e annotata nella documentazione clinico assistenziale, deve essere temporanea e monitorata nel corso del tempo per verificare se permangono le condizioni che ne hanno giustificato l’attuazione e se ha inciso negativamente sulle condizioni di salute della persona assistita”.
Anche il Codice Deontologico del Fisioterapista è stato recentemente modificato nel 2019 e all’articolo 28 recita: “La contenzione non è atto sanitario e non ha finalità preventiva, di cura o riabilitazione. Il Fisioterapista promuove una cultura della cura e dell’assistenza rispettosa dei diritti e della dignità della persona e si adopera per il superamento della contenzione, anche contribuendo alla realizzazione di modelli di cura e assistenziali attivanti e liberi da pratiche di contenzione”.
Nonostante le suddette premesse normative, in numerosi ambiti assistenziali è ancora dominante una cultura che fa ritenere lecito contenere le persone con disturbi psichici e/o in stato di agitazione, che abbiano abusato di sostanze psicoattive oppure le persone anziane affette da demenza senile o alterazioni della sfera cognitiva. A tale proposito, la giurisprudenza rileva che la
persona con infermità deve essere salvaguardata nelle sue libertà essenziali, per quanto esse possano risultare compromesse dalla malattia.
Ciò che ancora manca nei contesti sanitari è la diffusa consapevolezza che la contenzione sia comunque illecita, indipendentemente dai suoi effetti lesivi o dalle sue modalità di esecuzione, quando superi quel limite minimo di contenimento fisico, diretto, immediato e indispensabile – e accade di rado - e quindi scriminato sulla base di una rigorosa interpretazione dell’art. 54 c.p3.
Quindi l’atto di contenzione della persona assistita, per quanto effettuato in un’ottica di cura e tutela della sua salute, rappresenta un illecito. Oltre a ledere i diritti fondamentali dell’individuo costituzionalmente protetti, l’atto di contenzione potrebbe configurare diverse fattispecie di reato tra cui:
− abuso di mezzi di contenzione e disciplina (art. 571 c.p.);
− maltrattamenti (art. 572 c.p.);
− sequestro di persona (art. 605 c.p.);
− violenza privata (art. 610 c.p.);
− lesioni personali colpose (art. 590 c.p.) e omicidio colposo (art. 589 c.p.) in caso di danno psico-
fisico o morte in conseguenza dell’attuazione illegittima di misure di contenzione.
5.1 Contenzione come extrema ratio
I mezzi di contenzione, di qualunque natura essi siano, limitano la libertà della persona e devono essere utilizzati solo nei casi di estrema necessità, cioè in presenza situazioni di eccezionale gravità nelle quali sussista un pericolo grave e attuale di condotte autolesive e/o eterolesive non altrimenti evitabile e gestibile. La contenzione deve inoltre essere adottata solo per il tempo strettamente necessario a fronteggiare il suddetto pericolo; inoltre, i mezzi di contenzione devono essere idonei, proporzionati alle circostanze e richiedere le modalità meno invasive possibili in base alla singola situazione nel rispetto delle norme.
Il soggetto a cui rimettere la decisione (non prescrizione) del provvedimento contenitivo è il medico e solo in sua assenza e per situazioni urgenti, possono provvedere in sua vece altri professionisti sanitari, nel rispetto delle norme e con tempestivo avviso del medico responsabile. In presenza di un reale pericolo per il malato (es.: da movimenti inconsulti in portatore di cannula tracheale, CVC, drenaggi, ecc.) o di pericolo per altre persone, il medico valutata dapprima ogni altra alternativa assistenziale possibile e non essendosi questa rivelata efficace o fattibile, può adottare il provvedimento contenitivo, motivando puntualmente l’esigenza del caso concreto e la sua decisione in cartella clinica. Si sottolinea pertanto che anche di fronte a una situazione non altrimenti controllabile, caratterizzata da un concreto e significativo rischio per la persona assistita o per terzi (inclusi gli operatori sanitari), si impone sempre di valutare – e se possibile di eseguire – ogni
3 Art. 54 c.p. "Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo (...)". Tale articolo vale a scriminare quelle forme di contenimento fisico della persona assistita strettamente necessarie per contrastare una situazione di crisi improvvisa ed acuta, quando vi sia la necessità di salvare sé o altri (e perciò, ovviamente, anche la persona assistita stessa) da un danno grave alla persona, quando il pericolo non sia altrimenti evitabile e sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
provvedimento alternativo alla misura contenitiva, a cui ricorrere solo come extrema ratio, non essendo diversamente bilanciato il vulnus della limitazione della libertà della persona assistita.
Eventuali situazioni di urgenza o emergenza, per le quali l’atto di contenzione rappresenti in quel momento l’unico e inevitabile strumento per la salvaguardia dell’incolumità della persona o di terzi, autorizzano scelte immediate da parte del medico (o in sua assenza da parte di altri professionisti sanitari) anche senza un esplicito consenso del soggetto; il contenuto di tale intervento deve necessariamente essere adeguato e proporzionato al pericolo cui, in caso d’inerzia, sarebbe andata incontro la persona assistita, ovvero in considerazione di un effettivo stato di necessità secondo modalità e condizioni operative che dovranno poi essere comunque tempestivamente documentate. In tali circostanze, poiché sussiste l’obbligo di intervenire, anche sulla base del disposto di cui all’art. 40 c.p. (“… non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo…”), non applicare un mezzo di contenzione che dovrebbe essere applicato per la tutela della salute della persona assistita in caso di extrema ratio, potrebbe configurare il reato di omissione di soccorso o di abbandono di persona incapace (ex artt. 591 e 593 c.p.), ovvero di lesioni personali/omicidio colposi qualora dalla mancata applicazione delle misure contenitive, invece necessarie, derivassero lesioni all’integrità psicofisica o la morte della persona assistita. In tal caso occorre, nel più breve tempo possibile, inserire nella cartella clinica la documentazione contenente le motivazioni che hanno giustificato il provvedimento contenitivo e le procedure seguite per la sua adozione.
Fatte salve le situazioni di urgenza o emergenza sopracitate, è sempre doverosa una corretta informazione della persona assistita, se in grado di intendere e di volere, volta a spiegare le ragioni del provvedimento proposto e a ottenerne in qualche modo l’accettazione (la competenza decisionale in materia di salute può permanere anche in condizioni di alterazione mentale). È necessario inoltre informare i familiari/caregivers della persona assistita, in modo chiaro e comprensibile con particolare riguardo alla motivazione, circa l'avvenuto intervento contenitivo.
Per l'intera durata di un atto limitativo della libertà e della capacità dei movimenti volontari o comportamenti della persona dovrà in tutti i casi essere assicurata l'osservazione da parte di personale sanitario e/o di operatori finalizzata alla rivalutazione continuativa per la cessazione del provvedimento di contenzione nel minor tempo possibile.
5.2 Contenzione richiesta dalla persona assistita
Qualora fosse la stessa persona assistita, capace di intendere e di volere, a chiedere una forma di contenzione ammessa dall’ordinamento (es. sponde o altro mezzo, per sentirsi più sicuro, oppure le cinture in carrozzina) anche in previsione di future circostanze, è opportuno che il personale sanitario prenda in considerazione la volontà manifestata dalla persona assistita, cercando di comprenderne le ragioni, valutando le alternative realmente esperibili al fine di superare il problema esposto. Nel caso in cui, previa valutazione del bilancio rischi-benefici, emergesse una prevalenza dei secondi, si potrebbe allora acconsentire alla richiesta della persona assistita: in tal caso la contenzione non è sinonimo di costrizione forzata. Occorre, tuttavia, ribadire che il consenso potrà ritenersi validamente prestato quando abbia a oggetto forme di contenzione ammesse dall'ordinamento e opportune in previsione di determinate circostanze prospettate alla persona assistita
anticipatamente. Anche in questo caso la contenzione, pur essendo lecita in quanto richiesta dalla persona stessa, dovrà essere adeguatamente monitorata e gestita.
Key message
✓ La contenzione non è atto terapeutico e non ha finalità preventiva, di cura o riabilitativa.
✓ I mezzi di contenzione, di qualunque natura essi siano, limitano la libertà della persona e devono essere utilizzati solo nei casi di estrema necessità, cioè in presenza situazioni di eccezionale gravità nelle quali sussista un pericolo grave e attuale di condotte autolesive e/o eterolesive non altrimenti evitabile e gestibile.
✓ La contenzione deve inoltre essere adottata solo per il tempo strettamente necessario, essere proporzionata alle circostanze nonché richiedere le modalità meno invasive possibili.
✓ Il soggetto a cui rimettere la decisione (non prescrizione) del provvedimento contenitivo è il medico e, solo in sua assenza e per situazioni urgenti, possono provvedere in sua vece altri professionisti sanitari.
✓ Non applicare un mezzo di contenzione che dovrebbe essere applicato per la tutela della salute della persona assistita in caso di extrema ratio, potrebbe configurarsi come reato di omissione di soccorso o di abbandono di persona incapace.
✓ Nel caso di adozione del provvedimento contenitivo occorre, nel più breve tempo possibile, inserire nella cartella clinica la documentazione contenente le motivazioni che lo hanno giustificato e le procedure seguite per la sua adozione.
✓ È sempre doverosa una corretta informazione della persona assistita, nonché dei suoi familiari/caregivers.
✓ Per l'intera durata dell’atto contenitivo dovrà in tutti i casi essere assicurata l'osservazione da parte di personale sanitario e la rivalutazione continuativa.
✓ Qualora fosse la stessa persona assistita, capace di intendere e di volere, a chiedere una forma di contenzione è opportuno che il personale sanitario prenda in considerazione la volontà manifestata dalla persona assistita, acconsentendo alla sua richiesta; in tal caso la contenzione non è sinonimo di costrizione forzata.
6. Contenzione meccanica: presidi e finalità d’uso
La contenzione meccanica costituisce una limitazione della libertà di movimento della persona e deve pertanto essere considerata come pratica da superare. Si tratta di una misura estrema la cui liceità è giustificata esclusivamente sulla base di un pericolo grave ed attuale di comportamenti auto e/o eterolesivi da parte della persona assistita e deve essere attuata solo per il tempo strettamente necessario a superare tale pericolo; la misura contenitiva deve essere sempre proporzionata alle esigenze concrete, ricorrendo alle modalità meno invasive.
Come esposto precedentemente, si definiscono mezzi di contenzione meccanica i presidi applicati al corpo o allo spazio circostante la persona per limitare la libertà dei movimenti volontari (Bleijlevens et al, 2016). In particolare, i presidi che riducono o prevengono il movimento sono considerati contenzione quando la persona assistita sia incapace di rimuoverli (Centers for Medicare and Medicaids Services, 2009). Questi mezzi di contenzione si possono classificare in base alla sede di applicazione:
− ai segmenti corporei (es. polsiere o cavigliere);
− al letto (es. sponde integrali posizionate su entrambi i lati del letto);
− alla sedia (es. corpetto o cinture);
− alla carrozzina (es. tavolino occlusivo non removibile dalla persona assistita o fascia corpo).
Xxxxxxx in un lavoro del 1998 illustra un semplice criterio da utilizzare per identificare i mezzi di contenzione. Egli suggerisce di utilizzare due semplici domande per discriminare cosa è e cosa non è contenzione:
− il presidio limita il movimento individuale?
− l’individuo ha difficoltà a rimuovere il presidio?
Se entrambe le risposte sono positive, il presidio può essere convenzionalmente considerato un mezzo di contenzione meccanica.
Nella pratica quotidiana l’applicazione temporanea di un presidio, quale ad esempio le sponde del letto o una cintura/tavolino in carrozzina, potrebbe essere richiesta o accettata direttamente dalla persona interessata che ne riconosca l’utilità in modo consapevole: in tal caso il presidio non si configura come una costrizione forzata o una limitazione della libertà della persona perché vi è il suo consenso. Quindi, ai suddetti quesiti proposti da Xxxxxxx, potrebbero esserne aggiunti altri due:
− l’assistito, che è persona capace di autodeterminarsi, ha rilasciato un consenso all’applicazione
del presidio riconoscendone così l’accettazione e l’utilità per sé?
Se sì, non si tratta di contenzione, ma è opportuno comunque che il consenso sia tracciato nella documentazione sanitaria. Invece si ricorda che, salvo eccezionali stati di necessità temporanei4 estremamente rari, l’applicazione di una contenzione contro la volontà dell’assistito capace di autodeterminarsi configura un reato che va subito interrotto.
4 Art. 54 c.p. - Stato di necessità.
Infine, qualora l'assistito sia persona incapace di autodeterminarsi, occorre porsi la seguente domanda:
− la persona assistita necessita realmente di un mezzo di contenzione, come misura temporanea estrema di prevenzione, in quanto sussiste un concreto pericolo grave e attuale per la sua vita e/o salute o quella di terzi?
Se sì, la sua applicazione è definita contenzione. In ogni caso, il richiamo a una causa di giustificazione potrà valere soltanto a condizione che sussistano tutti i requisiti richiesti per un legittimo ricorso alla contenzione, in casi davvero eccezionali.
6.1 Qual è la differenza tra mezzi di contenzione meccanica e ausili riabilitativi?
I presidi possono essere considerati alternativamente mezzi di contenzione o ausili riabilitativi in base alle finalità con la quale essi sono utilizzati. Esiste infatti una ragionevole distinzione fra un mezzo usato con finalità di contenzione o come ausilio. L’utilizzo di ausili secondo le finalità previste dal DM n. 332 del 27/08/1999, Norme per l’assistenza protesica nel SSN e del D.P.C.M 12 gennaio 2017, Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, allegato 5, non costituisce ricorso a misura di contenzione (Regione FVG, DRG n. 1906, 14/10/2016). Ad esempio, un tavolino della carrozzina usato per sostenere una parte del corpo (es. arto superiore nella persona emiplegica) o per appoggiare oggetti utili nello svolgimento di attività funzionali (es. alimentazione o cura della persona) o ancora un bretellaggio per posturare correttamente una persona (es. paziente con scarso controllo del tronco) non rappresentano mezzi di contenzione. Al contrario, i presidi applicati direttamente al corpo della persona o a esso adiacenti (es. polsiere, cinture, fasce, corpetti, tavolini) utilizzati non per aiutare una persona aumentando le sue capacità funzionali ma allo scopo di ridurre o impedire la libertà di movimento della persona sono univocamente considerati mezzi di contenzione meccanica.
Nello specifico gli ausili possono essere suddivisi in: 1) complessi e personalizzati, 2) semplici. I primi richiedono valutazione specialistica e successiva prescrizione; vengono utilizzati in caso di persone affette da particolari patologie o condizioni che determinino alterazioni dell’apparato muscolo-scheletrico, deficit neurologici, motori e/o di controllo posturale, nonché in caso di interventi specifici volti al supporto posturale o allo svolgimento di attività funzionali che altrimenti sarebbero impossibili o ad alto rischio di cadute accidentali. I professionisti sanitari di riferimento (fisioterapisti, medici specialisti per la patologia, MMG) attivano le procedure necessarie ai fini della proposta di adozione e prescrizione dell’ausilio idoneo.
Gli ausili semplici vengono invece utilizzati in caso di persone non affette da particolari patologie che si trovano nella situazione temporanea di dover utilizzare ausili utili al mantenimento delle capacità funzionali e allo svolgimento delle attività della vita quotidiana (es. nel caso di decondizionamento muscolare da allettamento). Non richiedono una valutazione specialistica e il loro utilizzo può essere indicato da tutti i professionisti sanitari che fanno parte dell’équipe clinico assistenziale, a condizione che tali ausili (es. tavolini delle carrozzine, ausili per deambulare) siano già presenti nei reparti di degenza e destinati a un uso comune.
L’indicazione all’utilizzo di un ausilio dovrà essere riportata nell’ambito del PAI (Piano
Assistenziale Individuale) e/o PRI (Piano Riabilitativo Individuale).
6.1.1 Focus sulle sponde del letto
Quando si parla di sponde integrali si intendono sponde laterali che siano completamente occlusive e che non possano essere aperte dal paziente: si tratta di sponde intere che coprono tutta la lunghezza del letto. Esistono poi semi-sponde modulabili che possono essere sollevate alternativamente in modo da permettere alla persona assistita di scendere dal letto; nel caso in cui queste vengano mantenute entrambe sollevate, sono considerate equivalenti alle sponde integrali poiché diventano completamente occlusive.
La letteratura di riferimento sul tema della contenzione evidenzia la duplice interpretazione sull’uso delle sponde:
− come contenzione: le sponde integrali sono considerate una forma di contenzione se usate per contrastare la volontà della persona di xxxxxsi dal letto. Gli studi hanno evidenziato che tale utilizzo delle sponde non riduce la possibilità di alzarsi, in quanto possono essere scavalcate e le conseguenze della caduta in loro presenza tendono ad essere peggiori (Registered Nurses’ Association of Ontario, 2012; Xxxxx D, Xxxx J, Xxxxxxx L, XxxxXxxxxx M. 2002). Le sponde integrali non devono quindi essere utilizzate con l’obiettivo di impedire alla persona assistita di alzarsi dal letto, proteggere la persona agitata, ridurre l’autonomia della persona assistita.
− come ausilio: quando, in presenza di un operatore sanitario impegnato nello svolgimento di pratiche assistenziali, sono utilizzate per favorire la mobilizzazione autonoma nel letto della persona assistita o per proteggerla da un potenziale rischio di scivolamento, rotolamento e conseguente caduta accidentale dal letto.
Le sponde integrali non sono mai da considerare un ausilio se sollevate entrambe, in quanto limitano inevitabilmente la libertà di movimento della persona.
Al contrario le sponde parziali non occlusive, che permettano alla persona assistita di uscire dal letto e non limitino la sua libertà di muoversi, non costituiscono uno strumento di contenzione; nonostante ciò, anche l’utilizzo di tali sponde porta con sé dei potenziali rischi, soprattutto in presenza di persone agitate, disorientate e confuse, pertanto se ne consiglia un uso oculato.
Se la persona si trova su una barella o durante il trasporto su letto/barella, le sponde integrali rappresentano un mezzo di protezione e devono essere utilizzate.
Per quanto attiene il contesto della sala operatoria, i mezzi utilizzati al fine di permettere l’immobilità della persona durante l’intervento chirurgico e per il tempo di permanenza nel blocco operatorio (es. cinghie, immobilizzatori di arti, sponde, ecc.) non sono da considerarsi contenzione in quanto necessari per la sua sicurezza e incolumità. Anche in questo caso è opportuno fornire alla persona l’informazione rispetto al loro utilizzo durante l’intervento e in fase di risveglio spiegandone le finalità.
6.2 Rischi correlati all’uso della contenzione meccanica
A tutt’oggi, non esistono evidenze scientifiche che dimostrino che l’uso della contenzione
riduca il numero delle cadute o che diminuisca il livello di agitazione della persona assistita. Al contrario è dimostrato che la contenzione espone la persona assistita a:
− traumi meccanici -asfissia da compressione della gabbia toracica, strangolamento, ferite, abrasioni, fratture, distorsioni articolari, contratture o distrazioni tendineo-muscolari;
− esiti secondari -lesioni da decubito, maggiore incidenza e gravità delle infezioni nosocomiali, incontinenza, peggioramento della mobilità, trombosi venosa;
− sindromi della sfera psicosociale -depressione, stress, umiliazione, sconforto, aumento del livello di confusione/disorientamento- (RNAO 2012, Ministero della Salute Raccomandazione
n. 13, novembre 2011).
Alcuni Autori (Xxxxx et al., 2002) hanno proposto di suddividere gli esiti associati all’uso di mezzi
di contenzione in due gruppi:
1. danni diretti: lacerazioni, abrasioni, compressioni, lesioni nervose del plesso brachiale, lesioni ischemiche, morte per asfissia e strangolamento, causati dalla pressione esercitata dal mezzo di contenzione;
2. xxxxx xxxxxxxxx: lesioni da pressione, cadute, infezioni correlate all’assistenza, declino del comportamento sociale, cognitivo e della mobilità, stati depressivi e ansiosi, con conseguente prolungamento della degenza, aumento del rischio di istituzionalizzazione e di mortalità, causati dalla forzata immobilità.
Key message
✓ Si definiscono mezzi di contenzione meccanica i presidi applicati al corpo o allo spazio circostante la persona per limitare la libertà dei movimenti volontari. In particolare, i presidi che riducono o prevengono il movimento, sono considerati contenzione quando la persona assistita sia incapace di rimuoverli.
✓ I presidi possono essere considerati alternativamente mezzi di contenzione o ausili riabilitativi in base alle finalità con la quale essi sono utilizzati.
✓ Le sponde integrali sono considerate una forma di contenzione se usate per contrastare la volontà della persona di xxxxxsi dal letto. Possono essere utilizzate solo se sono un aiuto per la persona assistita, per es. nella mobilità durante le pratiche di cura in presenza di un operatore.
✓ Le sponde integrali non sono mai da considerare un ausilio se sollevate entrambe, in quanto limitano inevitabilmente la libertà di movimento della persona.
✓ Al contrario le sponde parziali non occlusive, che permettano alla persona assistita di uscire dal letto e non limitino la sua libertà di muoversi, non costituiscono uno strumento di contenzione.
✓ Infine, se la persona si trova su una barella o durante il trasporto su letto/barella, le sponde integrali rappresentano un mezzo di protezione e devono essere utilizzate.
7. Contenzione farmacologica: farmaci e finalità d’uso
La contenzione farmacologica consiste nella somministrazione di farmaci (in genere tranquillanti o sedativi) di dubbia appropriatezza che modificano il comportamento limitando o annullando la capacità motoria e d’interazione dell’individuo, allo scopo di ottenere una sedazione ed agevolare interventi assistenziali senza produrre valore aggiunto per la per la persona assistita. I farmaci psicotropi passano la barriera ematoencefalica ed alterano la percezione, il tono dell’umore, la coscienza, lo stato cognitivo e il comportamento; per queste loro caratteristiche possono essere utilizzati impropriamente come mezzo di contenzione farmacologica.
Una sedazione effettuata secondo criteri riscontrabili in linee guida accreditate e in presenza di condizioni cliniche ben precise non può essere considerata contenzione farmacologica. Viceversa, i trattamenti farmacologici che limitino la libertà di movimento e l’integrità fisica e psichica della persona, che non rispettino linee guida e buone pratiche e che abbiano significato preventivo, devono essere rigorosamente evitati.
Pertanto, l’uso di un farmaco si configura come contenzione farmacologica quando sono presenti uno o più delle seguenti condizioni:
1. è assente l’indicazione terapeutica precisa e dichiarata in cartella;
2. è prescritto a un dosaggio eccessivo e/o per un tempo eccessivamente lungo;
3. è assente un adeguato monitoraggio;
4. è assente la valutazione dei fattori scatenanti.
Tra le azioni da mettere in campo per minimizzare/ridurre tale rischio, fondamentale è la ricognizione farmacologica, ovvero un bilancio dei farmaci prescritti/assunti dalla persona assistita in quel dato momento. L’obiettivo di questa azione è quello di ottenere, dalla documentazione e dalle informazioni raccolte (intervista alla persona assistita, intervista al caregiver, lettera di dimissione, ecc.), la massima conoscenza della terapia prescritta e assunta dalla persona assistita al momento del ricovero. A questa fase seguirà quella successiva della riconciliazione farmacologica; occorre precisare che quest’ultima va eseguita a ogni nuovo ricovero e a ogni cambiamento di setting di cura (vedi Cartella Clinica Integrata - Report Progetto di intervento regionale – Allegati B e C).
7.1 Disturbi del comportamento
I disturbi del comportamento, come ad esempio l’agitazione psicomotoria/delirium ipercinetico e l’aggressività rappresentano un problema di grande rilevanza nelle persone anziane ricoverate in ospedale. Il trattamento di tali disturbi richiede un’attenta valutazione delle cause scatenanti e il primo approccio deve sempre essere quello “non farmacologico”, con lo scopo di ricercare le cause ed eventualmente correggerle. La ricerca delle cause è fondamentale in quanto l’agitazione psicomotoria è frequentemente a genesi multifattoriale:
− patologie medico-chirurgiche in fase acuta (agitazione psicomotoria ascrivibile a delirium ipercinetico);
− disturbi del comportamento nell’ambito di una demenza (BPSD);
− intossicazione o astinenza da sostanze;
− patologie psichiatriche scompensate.
Prima di iniziare un trattamento farmacologico per i disturbi del comportamento è indicato valutare la possibilità che la persona assistita sia affetta da delirium e poi porsi le seguenti domande:
1. Qual è il problema target da trattare?
2. È necessario un farmaco?
3. Ci sono delle strategie non farmacologiche da attuare?
4. Si sta praticando la dose più bassa?
5. Potrebbe una terapia al bisogno controllare i sintomi?
6. Il farmaco introdotto può avere degli effetti collaterali o peggiorare la sintomatologia
nell’anziano?
7. È la scelta meno costosa?
8. Attraverso quali criteri e in quanto tempo mi aspetto degli effetti positivi dalla terapia?
La varietà dei disturbi del comportamento richiede l’utilizzo di classi diverse di farmaci a cui i pazienti possono rispondere in maniera molto diversa. Per questo la terapia farmacologica finalizzata al trattamento di questi disturbi deve essere personalizzata in base alle caratteristiche cliniche della persona assistita, alle comorbidità e ai relativi eventuali altri farmaci da essa assunti, alla polifarmacoterapia e al profilo degli effetti collaterali possibili (Vampini, 2003). Inoltre, va ricordato che alcuni farmaci presentano un maggior rischio di scatenare disturbi del comportamento o stato confusionale, soprattutto a causa del loro potenziale effetto anticolinergico.
Il delirium (o “stato confusionale acuto”) è un disturbo neuropsichiatrico caratterizzato dall’alterazione di molteplici funzioni cognitive (principalmente l’attenzione e le funzioni esecutive), scatenato dall’insorgenza di un problema clinico acuto o cronico riacutizzato, come espressione di una sofferenza metabolica cerebrale. Il delirium è una condizione epidemiologicamente frequente in ospedale ma ancora poco riconosciuta e di difficile identificazione a causa di vari motivi: aspetti culturali, organizzativi e valutativi.
Il decorso è fluttuante (tipicamente il soggetto affetto da delirium alterna fasi di relativa lucidità a fasi di confusione, specialmente notturne) e nella maggior parte dei casi è reversibile, anche se non mancano episodi di delirium che durano settimane o mesi. Il cambiamento delle funzioni cognitive si sviluppa in genere in un tempo relativamente breve, di solito ore o giorni fino a un massimo di sei mesi (Xxxxxxx et al, 2010; American Psychiatric Association 2013).
Le cause del delirium sono molteplici, in particolare: patologie acute, fratture, interventi chirurgici, sovradosaggio di farmaci o utilizzo di farmaci con azione anticolinergica (vedi tabella in Allegato G). Un metodo per riconoscere le cause scatenanti del delirium è utilizzare la guida di rapida applicazione che si serve dell’acronimo DELIRIUMS (vedi tabella THINK DELIRIUM, Allegato D).
La letteratura ha ampiamente dimostrato che il delirium si associa a molteplici outcome avversi tra cui un incremento del rischio di disabilità, istituzionalizzazione e mortalità nel breve-medio termine. Studi recenti hanno anche dimostrato che il delirium, spesso associato ad una preesistente demenza, è in grado di accelerare la velocità di progressione del declino cognitivo e di favorirne la comparsa nei soggetti che ancora non hanno la demenza (Xxxxxx et al., 2010; Xxxxx et al., 2012; Xxxxxx et al., 2014). Il delirium è stato inoltre associato ad un aumento dello stress del personale
sanitario e dei caregiver oltre che ad un incremento dei costi sanitari, dovuto in parte all’aumento
delle giornate di degenza (Xxxxxx et al., 2008; OECD, 2012).
La persona assistita con delirium ha una ridotta consapevolezza dell'ambiente e una ridotta capacità di fissare, mantenere e spostare l'attenzione; altre alterazioni della sfera cognitiva sono deficit di memoria, disorientamento spazio-temporale e disturbo del linguaggio. Il delirium si manifesta generalmente in una forma agitata, con ansia, iperattività o aggressività: in questo caso si parla di delirium ipercinetico; ma può manifestarsi anche con un rallentamento ideomotorio, dove prevale letargia e sopore: si parla in tal caso di delirium ipocinetico. Questa ultima forma è quella meno riconosciuta dal personale sanitario proprio perché la persona assistita con un delirium ipocinetico, essendo in uno stato di tranquillità, non attira su di sé l'attenzione. Eppure, un riconoscimento del delirium da parte dell'equipe può ridurre la durata dello stesso ed è necessario rassicurare i familiari che può essere una condizione reversibile. Esiste anche una forma mista di delirium (42 % dei casi) in cui lo stato di agitazione si alterna a momenti di “sopore” anche nell’arco della stessa giornata.
Il delirium può essere facilmente identificato usando strumenti semplici come, ad esempio, il test 4-AT (vedi allegato E). Questo, rispetto ad altri strumenti utilizzati come il CAM (Confusion Assessment Method, allegato F), ha il vantaggio di non richiedere una formazione specifica da parte dell’esaminatore e di essere stato validato in lingua italiana (Xxxx & Xxxx, 2008; Xxxxxxxx et al., 2015; Xxxxxxxx et al., 2015). In letteratura sono noti i fattori correlati all’aumento del rischio di sviluppare delirium (Xxxxxx et al., 2014): essi possono essere suddivisi in fattori predisponenti e fattori precipitanti e sono riassunti nella in tabella 1.
Fattori predisponenti | Xxxxxxx precipitanti |
- Età avanzata (>70 aa) - Demenza o decadimento cognitivo - Disabilità visiva o uditiva - Compromissione nelle attività della vita quotidiana (ADL) o immobilità - Storia di delirium - Storia di alcolismo - Malnutrizione - Disidratazione - Polifarmacoterapia - Gravità/severità delle patologie concomitanti - Fragilità | - Farmaci (sedativi, narcotici, anticolinergici, antidepressivi, oppiacei, corticosteroidi, analgesici, glicosidi cardiaci, farmaci anti-Parkinson) - Lesione neurologica primaria (ictus, emorragia intracranica, meningite) - Patologia acuta: infezioni (polmonite, infezioni del tratto urinario, sepsi), malattia cardiaca (infarto del miocardio), ipossia, shock, disidratazione, febbre, stipsi, complicanze iatrogene - Anomalie metaboliche - Chirurgia (soprattutto ortopedica, cardiaca) - Ricovero in terapia intensiva - Fattori ambientali: contenzione fisica, cateterismo, monitoraggio invasivo - Dolore - Deprivazione prolungata del sonno - Sospensione improvvisa di farmaci (benzodiazepine) o alcol |
Tabella 1 - Fattori predisponenti e precipitanti nell’insorgenza del delirium (Xxxxxx et al., 2014).
Alcuni farmaci sono noti per essere direttamente collegati all’insorgenza di delirium in persone “vulnerabili” e in modo particolare negli anziani con “fragilità cognitiva”. Per questi pazienti è particolarmente importante mettere in atto le strategie sopra menzionate di ricognizione - riconciliazione terapeutica. In letteratura è stato descritto l’impatto dei farmaci ad azione
anticolinergica sulle funzioni cognitive dell’anziano, definito con il termine di anticholinergic burden (Xxxxxxxx et al., 2008; Xxxxxxxx et al, 2009; Xxxxxxxxxxxxxx et al, 2017) ed è stata proposta anche una scala (scala ACB) che indentifica i farmaci a rischio lieve (ACB score = 1), a rischio medio (ACB score = 2) e a rischio alto (ACB score = 3) di provocare disfunzioni cognitive e delirium (vedi Allegato G).
Di fondamentale importanza, vista la tossicità degli antipsicotici negli anziani, è che il trattamento sia tempestivo ma di breve durata. Si ricorda comunque che l’approccio da preferire in caso di delirium è quello non farmacologico; all’Allegato H viene riportato schematicamente un esempio di percorso clinico-assistenziale del delirium.
7.2 Farmaci impiegati nei disturbi del comportamento
Gli antipsicotici rappresentano i farmaci maggiormente impiegati nel trattamento dei disturbi del comportamento. La caratteristica farmacodinamica che li accomuna è quella di rallentare la neurotrasmissione attraverso il blocco dei recettori (D1 e D2 per la dopamina; 5-HT2 per la serotonina; M1 per l’acetilcolina; H1 per l’istamina; Alfa1 e Alfa2 per la noradrenalina). In relazione all’affinità con questi recettori, gli antipsicotici vengono distinti in due principali categorie: tipici e atipici. Gli antipsicotici tipici o anche detti tradizionali, si caratterizzano per l’elevata affinità con i recettori dopaminergici (D2) e sono gravati da importanti effetti collaterali5. Le indicazioni tipiche sono rappresentate da: allucinazioni, delirio, agitazione e aggressività. Il dosaggio di inizio e di mantenimento va proporzionato alle caratteristiche della persona assistita e all’intensità del sintomo secondo il principio “Start low go slow”. Gli antipsicotici atipici, invece, si differenziano rispetto ai tipici per una maggiore affinità per i recettori D2 e 5-HT2A serotoninergici. Rispetto a quelli tipici, determinano minori effetti collaterali di tipo extrapiramidale, discinesie tardive e una scarsa induzione di iperprolattinemia. Tuttavia, nel 2005 alcuni report dell’AIFA hanno evidenziato un aumento del rischio cerebrovascolare e della mortalità in pazienti anziani con demenza, tanto che la prescrizione degli atipici è regolata da un piano terapeutico autorizzato da un centro specialistico di riferimento (CDCD: Centro Disturbi Cognitivi e Demenze, DGR 990/2016).
Le raccomandazioni contenute nelle linee guida NICE 2010 (update 2019), in riferimento all’approccio farmacologico al delirium, presentano evidenze limitate; sono state infatti formulate sulla base dei risultati di un esiguo numero di RCT di qualità moderata. Uno di questi studi ha evidenziato un miglioramento del delirium e una diminuzione della severità dei sintomi a sette giorni di trattamento con antipsicotici tipici (Aloperidolo) rispetto all’uso di placebo. Per quanto riguarda invece l’uso degli antipsicotici atipici, un secondo RCT ha mostrato una ripresa dei pazienti a sette giorni di trattamento con Olanzapina rispetto all’uso di placebo, nonché una diminuzione della severità dei sintomi. Questi risultati, benché statisticamente significativi, presentano un discreto livello di incertezza; non ci sono inoltre evidenze sull’efficacia delle benzodiazepine.
5 Possibili effetti collaterali degli antipsicotici tipici: effetti extrapiramidali (acatisia, distonia, parkinsonismo, discinesia tardiva), sonnolenza e vertigini, aumento della prolattina, effetti anticolinergici (xerostomia, disturbi visivi, glaucoma, ritenzione urinaria, stipsi, confusione mentale, peggioramento del deficit cognitivo); effetti cardiovascolari (tachicardia, palpitazioni, alterazioni ECG quali allungamento del tratto QT con aumento del rischio aritmico e di torsione di punta, ipotensione ortostatica); effetti ematologici (leucopenia e piastrinopenia); sindrome maligna da neurolettici, incremento ponderale, iperglicemia fino al diabete mellito tipo II, ittero colostatico.
Anche le linee guide del SIGN 2019 sulla gestione del delirium affermano che non ci sono prove sufficienti per raccomandare l'uso di antipsicotici né tantomeno dexmedetomidina, inibitori dell’acetilcolinesterasi o benzodiazepine nel trattamento di pazienti con delirium. L'opinione degli esperti supporta l’utilizzo dei farmaci solo in situazioni specifiche come, ad esempio, nei casi di distress intrattabile, dove viene messa a rischio la sicurezza del paziente stesso e di chi lo circonda. Complessivamente anche queste linee guida promuovono in prima istanza un approccio non farmacologico per la gestione degli episodi di delirium.
Key message
✓ L’utilizzo di farmaci che limitano la libertà di movimento e l’integrità psico-fisica della persona, che hanno significato preventivo e non rispettano le buone pratiche, si configura come contenzione farmacologica e deve essere rigorosamente evitato.
✓ Una sedazione effettuata secondo criteri riscontrabili in linee guida accreditate e in presenza di condizioni cliniche ben precise non può essere considerata contenzione farmacologica.
✓ Tra le azioni da mettere in campo per minimizzare/ridurre tale rischio, fondamentale è la
ricognizione farmacologica seguita dalla riconciliazione farmacologica.
✓ Il trattamento dei disturbi del comportamento richiede un’attenta valutazione delle cause scatenanti e il primo approccio deve sempre essere quello “non farmacologico”; è importante la revisione della terapia farmacologica in corso, allo scopo di ricercare le cause precipitanti e se possibile correggerle.
✓ Il delirium è un disturbo neuropsichiatrico caratterizzato dall’alterazione di molteplici funzioni cognitive scatenato dall’insorgenza di un problema clinico acuto o cronico riacutizzato, come espressione di una sofferenza metabolica cerebrale.
✓ Il delirium è una condizione epidemiologicamente frequente in ospedale ma ancora poco riconosciuta e di difficile identificazione.
✓ Il delirium può essere facilmente identificato usando strumenti semplici come ad es. il test 4-AT (vedi allegato E).
✓ Le cause del delirium sono molteplici: patologie acute, fratture, interventi chirurgici, sovradosaggio di farmaci o utilizzo di farmaci con azione anticolinergica (Allegato G).
✓ Un metodo per riconoscere le cause scatenanti del delirium è utilizzare la guida di rapida applicazione che si serve dell’acronimo DELIRIUMS (Allegato D).
✓ Alcuni farmaci sono noti per essere direttamente collegati all’insorgenza di delirium in persone vulnerabili e in modo particolare negli anziani con “fragilità cognitiva”. Per questi pazienti è particolarmente importante mettere in atto le strategie sopra menzionate di ricognizione-riconciliazione terapeutica.
8. Buone pratiche per la prevenzione della contenzione
La letteratura riporta diverse strategie alternative all’uso della contenzione. La Registered Nurses’ Association of Ontario (RNAO, 2012), ad esempio, ha sviluppato un modello di approccio alternativo all’uso della contenzione per la sicurezza della persona assistita. Il modello (Figura 1) prevede tre fasi: la prima riguarda la valutazione della persona assistita e dell’ambiente e l’uso di interventi alternativi in grado di prevenire la contenzione; la seconda prevede interventi di gestione della persona assistita che presenta un disturbo del comportamento secondo pratiche di de- escalation e infine, la terza considera la contenzione come extrema ratio qualora gli interventi alternativi siano risultati inefficaci.
Fig. 1 – Modello per un approccio alternativo all’uso della contenzione (RNAO, 2012).
8.1 Valutazione multidimensionale e identificazione dei fattori di rischio
Un’attenta valutazione delle caratteristiche clinico-assistenziali della persona assistita, che includa il livello di orientamento, le abilità psicologiche e funzionali e i fattori ambientali, fornisce di per sé il primo intervento efficace in grado di identificare fattori scatenanti l’uso della contenzione. I professionisti sanitari devono valutare le situazioni di rischio in modo multidimensionale e interprofessionale e intraprendere le relative azioni finalizzate alla diminuzione di comportamenti potenzialmente lesivi della persona assistita verso sé stessa o verso terzi. È importante che la valutazione (e le relative azioni intraprese a seguito della stessa) sia riportata e sottoscritta dai professionisti nella cartella sanitaria, che deve essere conservata agli atti dalla struttura ai sensi della
normativa vigente.
Esistono più fattori predisponenti e precipitanti l’uso della contenzione che possono presentarsi singolarmente o combinati tra loro, in grado di condizionare l’uso della contenzione (vedi tabella 2).
Fattori predisponenti | Xxxxxxx precipitanti |
- Età avanzata (>80 anni) - Alterazioni cognitive - Difficoltà di comunicazione - Incontinenza fecale/urinaria - Precedenti episodi di caduta - Disabilità - Condizioni psichiatriche - Comportamenti reattivi (ansia, aggressività, wandering, rischio di danni a sé stessi o altri, ecc.) - Deficit del sensorio (udito, vista) | - Delirium, demenza, deficit di memoria, patologie del SNC - Diminuzione della mobilità, mancanza di ausili - Stimoli ambientali (rumore, temperatura, ambiente estraneo, ecc.) - Rischio di caduta - Terapie farmacologiche - Condizioni psichiatriche - Interventi chirurgici - Procedure diagnostiche e/o terapeutiche - Bisogni insoddisfatti (ansia, paura, fame, sete, toilette, ecc.) |
Tab. 2 - Fattori predisponenti e precipitanti l’uso della contenzione
L’identificazione multidimensionale e interprofessionale dei fattori di rischio, predisponenti e/o precipitanti, deve orientare la pianificazione degli interventi assistenziali individualizzati con lo scopo di implementare azioni ed interventi finalizzati alla prevenzione della contenzione.
Al momento della presa in carico della persona assistita come pure ad ogni rilievo del cambiamento delle condizioni clinico-assistenziali, è necessario effettuare una valutazione della persona assistita che comprenda l’accertamento infermieristico, l’anamnesi medica e la ricognizione farmacologica (in tabella 3 sono riportate le principali variabili da tenere in considerazione in questa valutazione). L’anamnesi medica e l’accertamento infermieristico hanno lo scopo di identificare i fattori di rischio della persona assistita e di raccogliere le informazioni relative alla terapia farmacologica attraverso la ricognizione e la riconciliazione farmacologica (Allegati B e C).
Variabili | Strategia |
Storia del comportamento | Anamnesi di comportamenti avvenuti in passato riferiti dalla persona assistita, dalla famiglia e dai caregiver. |
Fattori fisiologici | Valutazione del livello di sedazione; dolore; disturbi elettrolitici; infezione; ipotensione ortostatica; sincope; disturbi urinari o di evacuazione; riposo insufficiente; difficoltà di deambulazione, di equilibrio o di mobilità. |
Fattori psicologici | Valutazione delle abilità di comunicazione (es. stroke, demenza, lingua straniera); depressione; ansia; impulsività; agitazione; paura; afflizione; disturbo post-traumatico; abuso di sostanze (alcole, droghe, nicotina); e fattori di stress, supporto e strategie di coping. |
Terapie | Identificare le terapie che possono scatenare il delirium, confusione, disordini del movimento e cadute, così come reazioni avverse e interazioni farmacologiche. |
Ambiente | Esaminare appropriatezza e sicurezza rispetto a: letto, dispositivi medici e necessità d’uso (es. tubo per ventilazione, linee venose, cateteri), attrezzature e mobili (es. aste per flebo, trapezio, comodino, tavoli), illuminazione, livello di rumore, temperatura della camera e superficie del pavimento. |
Tab. 3 - Valutazione della persona assistita
Per l’identificazione precoce del delirium avvalersi delle scale di valutazione 4 AT” (Allegato E) oppure CAM (Allegato F); per i pazienti ricoverati in terapia intensiva deve essere utilizzata la “CAM- ICU”.
L’implementazione di strategie alternative alla contenzione (vedi Allegato H) deve essere messa in atto, in particolare, in presenza di diversi fattori di rischio quali ad es.: età, tentativi di rimuovere i presidi medici (es. linee venose, sonde per l’alimentazione, tubi endotracheali), pregresse cadute o rischio elevato di caduta, alzarsi senza richiedere l’aiuto del personale, delirium, deterioramento cognitivo o uno stato mentale alterato con comportamenti di fuga o aggressività, stati di agitazione o irrequietezza, problemi di incontinenza o di eliminazione, politerapie.
8.2 Informazione alla persona assistita e ai suoi familiari
A seguito delle valutazioni di rischio effettuate, il personale sanitario deve informare la persona assistita e i suoi familiari/caregivers sul loro esito, sulle strategie di contesto alternative ritenute opportune e/o poste in essere e sulle eventuali azioni di contenzione intraprese e/o da intraprendere. È altresì necessario informarli in modo completo ed esaustivo sulla natura e sull’utilizzo dei mezzi di contenzione: a supporto del colloquio informativo è opportuno consegnare e illustrare ai familiari/caregivers della persona assistita una scheda informativa sulla contenzione (vedi allegato A).
L'informazione adeguata e tempestiva, resa in maniera chiara e comprensibile, rappresenta un momento necessario e importante sia per l'interessato che per i suoi familiari/caregivers. I familiari/caregivers possono essere inoltre coinvolti, laddove disponibili, nella prevenzione dell’uso della contenzione, prestando la loro fattiva collaborazione nell’adozione di idonee strategie finalizzate all’attenuazione e al superamento delle situazioni di rischio presenti.
8.3 Interventi per la prevenzione e la gestione della contenzione
8.3.1 Interventi organizzativo-strutturali
La prevenzione della contenzione richiede un approccio basato sulla consapevolezza della sua inefficacia e dannosità, che preveda il coinvolgimento dei professionisti in prima linea ma anche dell’intera organizzazione a tutti i livelli. Per diffondere una cultura che promuova l’assistenza libera da contenzione, le organizzazioni sanitarie devono:
− informare i professionisti sanitari e gli operatori dell’assistenza, le persone assistite, i familiari e caregivers sull’inefficacia della contenzione nella prevenzione delle cadute e dei comportamenti che mettono a rischio la sicurezza della persona assistita;
− sensibilizzare i professionisti e operatori dell’assistenza sul rischio potenziale di eventi avversi (anche gravi) che la contenzione può generare e sul rischio di violazione dei diritti fondamentali della persona, qualora non vi sia la reale necessità;
− supportare il personale nell’impiego di interventi alternativi alla contenzione e nell’implementazione di strategie di identificazione precoce dei soggetti a rischio, anche attraverso adeguati modelli organizzativi dell’assistenza;
− incentivare il superamento della medicina difensiva;
− promuovere il lavoro in team multidisciplinare;
− svolgere interventi formativi che coinvolgano progressivamente tutti i professionisti sanitari;
− utilizzare l’audit come strumento di auto-valutazione della qualità delle cure;
− fornire adeguate dotazioni di risorse umane in relazione alla complessità dei setting assistenziali;
− identificare i rischi strutturali/ambientali;
− fornire le attrezzature e i materiali necessari per gli interventi alternativi (es: letti ad altezza variabile, attività diversive, sistemi di allarme, ecc.).
8.3.2 Interventi clinico-assistenziali, psicologici, ambientali
Tra le strategie alternative all’uso della contenzione proposte in letteratura, emergono una serie di interventi finalizzati a:
− rimuovere le cause sottostanti un comportamento non sicuro;
− adeguare l’ambiente di cura in base alle abilità cognitive e fisiche dell’individuo;
− gestire il comportamento a rischio di contenzione per prevenire lesioni a sé e agli altri.
Di seguito nella tabella 4 sono riportati alcuni interventi alternativi all’uso della contenzione secondo un approccio clinico-assistenziale, psicologico e ambientale. All’allegato L è riportata una tabella di sintesi degli interventi per la prevenzione della contenzione: è stata ideata in modo da poterla stampare e affiggere nei luoghi ritenuti opportuni al fine di agevolarne la consultazione da parte dei professionisti sanitari e fornire loro un supporto per reperire soluzioni utili.
Approccio Clinico-assistenziale | Intervento |
Soddisfare i bisogni fondamentali della persona | - Rispondere ai bisogni fondamentali della persona in modo proattivo (bisogno di eliminazione, frequenti cure igieniche, attenta valutazione ai bisogni di fame, idratazione, sonno, dolore e senso di caldo o freddo). - Utilizzare le attrezzature adeguate alla persona assistita. - Sviluppare dei programmi di assistenza individuali. |
Eliminare/ridurre trattamenti o dispositivi fastidiosi appena possibile | - Svezzamento precoce dal respiratore. - Favorire l’assunzione di terapie orali vs ev. o tramite SNG. - Rimuovere precocemente i dispositivi non indispensabili. |
Implementare misure per ridurre l'interferenza del trattamento e “mascherare” i presidi | - Assicurare un ancoraggio dei device appropriato e sicuro. - Utilizzare indumenti a maniche lunghe o telini per coprire i siti dei cateteri vascolari, le medicazioni delle ferite ecc. dalla vista della persona assistita. - Tenere le sacche di soluzione ev. e le linee infusive fuori dal campo visivo della persona assistita. |
Implementare misure evidence- based per la prevenzione delle cadute e degli infortuni | - Interventi su misura per i rischi specifici della persona assistita (ad es. dispositivi di assistenza, illuminazione, scarpe antiscivolo, letto con dispositivi di allarme, protettori d’anca, ecc.). |
Attauare un’adeguata gestione del dolore | - Terapia antalgica periodica e prima di procedure potenzialmente dolorose, come bagno, deambulazione o altre attività per le quali il dolore può aumentare l’agitazione. |
Tab. 4.1 - Interventi clinico assistenziali preventivi l’uso della contenzione
Approccio Psicologico | Intervento |
Massimizzare la comunicazione | - Motivare e spiegare gli obiettivi di cura. - Utilizzare l'ascolto attivo per dedurre sentimenti, preoccupazioni e paure della persona assistita. - Utilizzare interpreti, famiglia se necessario. |
Coinvolgere la persona assistita e la famiglia nel processo di cura | - Rendere l’ambiente più familiare dove possibile. - Far in modo che la persona assistita non resti sola. - Chiedere di portare foto o altri oggetti personali. |
Promuovere attività di intrattenimento | - Visione di programmi televisivi, ascolto di musica, movimento, esercizi, terapie occupazionali. |
Trattare lo stato confusionale acuto | - Riorientare la persona assistita confuso (es. giorno della settimana, data, ora, luogo, ecc.). - Utilizzare tecniche per favorire il rilassamento (ad esempio massaggi, tocco terapeutico, musica, bevande calde), pianificare periodi di riposo adeguati. - Reindirizzamento verbale del comportamento (es. dare motivazioni coerenti alle condizioni cliniche e alle situazioni ambientali). - Presentarsi ogni volta che si entra nella stanza della persona assistita. - Promuovere l’orientamento spazio -temporale (ad es. calendario, orologio, condizioni meteorologiche della giornata). |
Tab. 4.2 - Interventi psicologici preventivi l’uso della contenzione
Approccio Ambientale | Intervento |
Rimuovere i rischi | - Rimuovere gli oggetti e le attrezzature che potrebbero causare lesioni. - Mantenere l’ambiente ordinato. |
Assicurare input sensoriali appropriati | - Assicurarsi che la persona assistita abbia gli occhiali e gli apparecchi acustici quando possibile, in modo che possa interpretare l'ambiente. - Fornire un'adeguata illuminazione diurna e notturna. - Dotare ogni stanza ad es. di calendario, orologio, condizioni meteorologiche della giornata per promuovere l’orientamento spazio-temporale. |
Intensificare la sorveglianza in base alle condizioni e ai rischi della persona assistita | - Attivare la sorveglianza periodica. - Collocare i pazienti in un'area in cui possono essere osservati frequentemente (stanze vicino alle postazioni infermieristiche) - Favorire la compagnia individuale e l’osservazione costante (famiglia, caregiver, amici, volontari). - Considerare l’uso della “delirium room” con osservazione continua, se disponibile. |
Ridurre gli stimoli ambientali eccessivi o fastidiosi | - Rumore. - Bagliore/ Illuminazione. - Temperatura. |
Tab. 4.3 - Interventi ambientali preventivi l’uso della contenzione
8.3.3 Interventi per situazioni clinico-assistenziali specifiche
Oltre a interventi alternativi all’uso della contenzione, sono proposti alcuni interventi specifici per condizioni clinico-assistenziali peculiari. Tali condizioni possono presentarsi in modi differenti, a seconda delle caratteristiche della persona assistita, singolarmente o associate tra loro. Le condizioni clinico-assistenziali della persona assistita giovane o adulta più frequentemente riscontrate riguardano stati di agitazione, irrequietezza e aggressività, prevalentemente in setting di cura psichiatrici o di emergenza/urgenza, mentre la popolazione anziana presenta con maggiore frequenza delirium, demenza e wandering. In tabella 5 sono riportati gli interventi suggeriti per la gestione della persona assistita con particolari condizioni cliniche.
Condizione clinico- assistenziale a rischio | Interventi |
Alterazione dello Stato Cognitivo: DEMENZA | - Rispondere ai bisogni fondamentali della persona in modo proattivo (frequenti cure igieniche e pianificazione individualizzata, attenta valutazione ai bisogni di fame, idratazione, sonno, dolore e senso di caldo o freddo) - Aumentare le interazioni sociali - Utilizzare un approccio empatico - Valutare le strategie di coping utilizzate in passato - Reminiscenza: ricordi/racconti di episodi – esperienze di vita del passato - Favorire la mobilità e la deambulazione se consentito - Coinvolgere la famiglia nella pianificazione dell'assistenza - Attività occupazionali compatibilmente con il contesto di cura: televisione, radio, animali domestici, musica, puzzle, artigianato, carte, snack - Identificare gli ambienti con apposita segnaletica: ad es. la porta del bagno - Fornire dispositivi di allarme - letto / sedia / porta - Ambiente confortevole libero da ostacoli - Illuminazione diurna e notturna adeguata - Occhiali, apparecchi acustici, ausili per la deambulazione |
Stato confusionale acuto: DELIRIUM o AGITAZIONE | - Revisione della terapia farmacologica favorente la condizione di delirium, psicofarmaci (Allegato G e Allegato M) - Individuazione e trattamento delle cause sottostanti (vedi Allegato D: “Guida rapida per la diagnosi differenziale delle cause scatenanti il delirium”) - Occhiali, apparecchi acustici, ausili per la deambulazione facilmente disponibili - Rispondere ai bisogni di eliminazione in modo proattivo (pianificazione individualizzata dell’assistenza) - Promuovere le ADL - Coinvolgere i familiari /caregiver - Curare la comunicazione verbale e non verbale - Utilizzare l’approccio TADA6 (Tolerate Anticipate Don’t Agitate) - Stimolare i sensi attraverso l’utilizzo di: fonti luminose (luci colorate, proiettore di immagini), superfici e fibre tattili che possono essere manipolate dalla persona assistita, poltrone basculanti (culla care), musica (cercando di andare incontro alle preferenze musicali), diffusore di aromi (le sostanze vengono diffuse nell’aria attraverso erogatori di diverse profumazioni a seconda del momento della giornata. Esse influenzano l’emotività, agiscono sul comportamento, moderano l’appetito, abbassano lo stress e diminuiscono la percezione del dolore fisico) |
WANDERING | - Prevedere la consulenza del geriatra /esperto di disturbi cognitivi - Lavoro di equipe per la sorveglianza e il monitoraggio della persona assistita - Coinvolgere la famiglia nella pianificazione dell'assistenza - Attività occupazionali - Favorire la deambulazione in sicurezza - Dispositivi di allarme correlati a letto, sedia, porta |
6 Tollerare alcuni atteggiamenti e comportamenti della persona assistita senza continue restrizioni (ad es. rimozione del saturimetro o del bracciale della pressione se non è presente necessità di continuo monitoraggio e se la persona assistita cerca di rimuoverli autonomamente). Anticipare le mosse della persona assistita, condizioni potenzialmente pericolose per lui (anticipare, disinnescando le condizioni che possono peggiorare lo stato di agitazione della persona assistita; anticipare vuol dire anche cercare di capire perché la persona assistita vuole scendere dal letto). Non Agitare ovvero togliere ed evitare tutto ciò che può essere fonte di stress psicofisico per la persona assistita (ad es. evitare se non necessario di posizionare un catetere vescicale, una maschera per l’ossigeno o i mezzi di contenimento).
Condizione clinico- assistenziale a rischio | Interventi |
- Ambienti senza ostacoli | |
TENTATIVO DI RIMOZIONE DI DISPOSITIVI MEDICI INVASIVI | - Valutare la xxx xx xxxxxxxxxxxxxxxx xx xxxxxxx, preferendo l’assunzione orale e l’orario di somministrazione, evitare terapie notturne se possibile - Chiedere la collaborazione dei famigliari - Coprire la via venosa dalla vista della persona assistita (es. abbigliamento personale della persona assistita, telino, ecc.) - Sollievo dal dolore e misure di comfort - Fascia addominale su PEG, ferita chirurgica, ecc. - Prevedere appena possibile il passaggio da infusione continua ad intermittente |
IRREQUITEZZA / AGGRESSIVITA’ | - Favorire la mobilità /deambulazione / esercizio - Revisione della terapia farmacologica - Aumentare/diminuire le interazioni sociali - Mostrare il funzionamento del campanello di chiamata - Pianificare periodi di riposo giornalieri - Posizionare un materassino sul pavimento e/o abbassare il letto se possibile - Illuminazione notturna adeguata - Informare la persona assistita/caregiver del rischio di eventi avversi (es. cadute) o lesioni corporee - Occhiali, apparecchi acustici, ausili per la deambulazione facilmente disponibili |
Rischio CADUTA Fare riferimento alle linee di indirizzo regionali sulle cadute in ospedale (Circolare n. 21 del 23/12/2016) | - Condurre la valutazione del rischio di caduta - Revisione della terapia farmacologica - Programmare l’accompagnamento della persona assistita ai servizi igienici o la soddisfazione del bisogno di eliminazione al letto - Promuovere la mobilizzazione della persona assistita (es. cambi posturali programmati individualmente) - Promuovere le ADL e/o attività occupazionali/di intrattenimento/sociali - Controllo del dolore - Mettere a disposizione occhiali, apparecchi acustici, ausili per la deambulazione e dispositivo della chiamata/ calzature antiscivolo - Intervento informativo/educativo rispetto al rischio di caduta - Coinvolgere la famiglia nella pianificazione dell'assistenza e promuoverne la presenza - Favorire il normale ritmo sonno/veglia - Qualora disponibili, utilizzare apparecchiature di allarme sonoro in grado di segnalare gli spostamenti della persona assistita dal letto - Abbassare il letto al piano terra oppure posizionare a fianco del letto un materasso di protezione - Illuminazione notturna adeguata |
Tab. 5 - Interventi per situazioni clinico-assistenziali specifiche
In figura 2 è riportato uno schema riassuntivo degli interventi generali e specifici per prevenire la contenzione.
Demenza* Assistenza proattiva individualizzata Riorientamento con comandi semplici Approccio empatico
Aumentare le interazioni sociali
Reminiscenza Pianificare fasi di riposo durante la giornata Dispositivi di allarme (letto, sedia, porta)
Irrequietezza/ Aggressività* Favorire la mobilità/deambulazione Revisione terapia farmacologica
Adeguare le interazioni sociali
Garantire un riposo adeguato
Occhiali, apparecchi acustici, ausili per la deambulazione
Wandering* Dispositivi di allarme
Favorire la deambulazione in sicurezza
Gioco di squadra tra tutto il personale
APPROCCIO GENERALE
Clinico/assistenziale:
Eliminare/ridurre i trattamenti o i dispositivi fastidiosi appena possibile
Implementare misure di prevenzione delle cadute
Gestione del dolore Rispondere ai bisogni in modo proattivo.
Psicologico:
Migliorare la comunicazione Coinvolgere la famiglia
Fornire distrazioni e attività occupazionali affrontare confusione, delirio e agitazione.
Ambientale:
rimuovere i rischi; supportare input sensoriali appropriati; adeguare la sorveglianza in base alle condizioni della persona assistita; ridurre gli stimoli ambientali eccessivi e fastidiosi.
Attività occupazionali
Intolleranza ai dispositivi medici invasivi Collaborazione dei familiari Mascherare le vie venose o le medicazioni
(indumenti, telini, ecc.) Preferire la via di somministrazione per bocca
Rischio di caduta Valutazione del rischio Revisione terapia farmacologica Assistenza proattiva individualizzata
Promuovere la mobilità e la deambulazione in sicurezza Promuovere le ADL e attività occupazionali
Informare circa il rischio di cadute
Fornire un ambiente confortevole privo di rischi Favorire il normale ritmo sonno/veglia
Garantire una facile accessibilità a occhiali, ausili per la deambulazione Abbassare il letto
Delirium/ Agitazione* Revisione terapia farmacologica Identificazione della causa scatenante Comunicazione efficace Fornire stimoli sensoriali Approccio TADA
Figura 2 – Interventi alternativi per la prevenzione della contenzione
8.4 Gestione della contenzione
Qualora gli interventi messi in atto per prevenire la contenzione siano risultati inefficaci, ovvero persistano comportamenti che costituiscono un pericolo grave e attuale di condotte autolesive o eterolesive (nei confronti di altri utenti o degli operatori), previa indicazione da parte del medico (o in autonomia in caso di assenza del medico con successiva e tempestiva comunicazione al medico), gli operatori sanitari possono ricorrere, come extrema ratio, alla contenzione.
È bene ricordare che un’indicazione al provvedimento, per essere valida, oltre a rispettare tutti i requisiti previsti dalla sua adozione, deve essere preceduta - se è possibile - dall’accettazione del provvedimento da parte della persona assistita interessata. Con riferimento a soggetti capaci di intendere e di volere e cognitivamente integri, il medico ha quindi il dovere di informarli al fine dell’accettazione del provvedimento, tenendo conto di alcune peculiarità, non potendo prescindere dal livello culturale e dalle capacità di comprensione del singolo individuo ed avendo quindi cura di usare un linguaggio semplice e accessibile, anche attraverso l’utilizzo d’interpretariato o di mediazione culturale, se necessario.
Nel caso invece di soggetti incapaci di intendere e di volere (a causa di alterazioni dello stato mentale dovute a deterioramento cognitivo o ad alterazioni dello stato di coscienza conseguenti a patologie o all’uso di sostanze psicotrope) è evidente come risulti arduo che essi possano esprimere un consenso valido, in quanto è difficile pensare ad un loro pieno coinvolgimento nell’iter decisionale. Quando infatti la perdita di competenza è tale da rendere difficoltoso il coinvolgimento diretto della persona assistita nel percorso che s’intende intraprendere, è il medico a dover decidere assumendosi le relative responsabilità e informando i familiari, caregiver, tutori, rappresentanti legali della persona assistita. È chiaro il riferimento allo stato di necessità: oltre all’imminenza e all’inevitabilità del pericolo per la persona assistita e/o per altre persone, è richiesta la proporzionalità del fatto al pericolo, che deve essere grave ed attuale; più precisamente si richiede quell’adeguatezza d’intervento verso i rischi cui il soggetto andrebbe incontro non applicando nel caso concreto, la misura di contenzione.
Al fine di garantire la sicurezza della persona assistita, si raccomanda che durante il periodo di contenzione egli sia monitorato a intervalli regolari, stabiliti di volta in volta secondo il piano individualizzato messo a punto in base alle condizioni cliniche della singola persona assistita, in base alla tipologia del mezzo di contenzione utilizzato e ai rischi ad esso connessi. Il monitoraggio non si deve limitare ad una semplice osservazione della persona assistita ma comporta l’attenta valutazione delle condizioni cliniche generali (stato di vigilanza, respiro, polso/pressione arteriosa e, se necessario, motilità, sensibilità e termotatto delle estremità “contenute”, tono dell’umore, ecc.), eventuali bisogni espressi dalla persona assistita, eventuali danni-lesioni correlabili ai mezzi di contenzione meccanica nonché il loro corretto posizionamento.
Almeno ogni 2 ore e sotto costante supervisione, la contenzione deve essere interrotta (per non meno di 10 minuti) per consentire alla persona assistita di muovere liberamente gli arti, il busto e il capo. Qualora si utilizzino mezzi che siano stati prescritti come ausilio protesico, la persona assistita deve comunque essere sottoposta al monitoraggio.
La durata dell’atto contenitivo non dovrebbe superare di norma le 12 ore consecutive, potendo prolungarsi fino ad un massimo di 24 ore nei casi che lo richiedono. Oltre le 24 ore, qualora
sussistano le condizioni per la necessaria prosecuzione del trattamento, la contenzione potrà essere prolungata solo attraverso una nuova indicazione del medico di reparto; tale indicazione dovrà tuttavia essere controfirmata dal Responsabile/Direttore dell’U.O. Inoltre, nei casi in cui vi sia la necessità di rinnovare l’indicazione della contenzione e si vada oltre le 24 ore d’immobilizzazione, è necessario valutare l’opportunità di impostare una terapia di profilassi della trombosi venosa profonda (eventualmente, laddove possibile, attivare una consulenza internistica o ematologica).
Le valutazioni cliniche effettuate dai professionisti sanitari durante il monitoraggio, a prescindere dalla tipologia di contenzione applicata, hanno primariamente lo scopo di verificare la persistenza delle condizioni cliniche che hanno portato all’adozione della contenzione e di monitorare la persona assistita dal punto di vista clinico al fine di prevenire eventuali complicanze legate alla contenzione.
All’interno della documentazione sanitaria deve essere chiaramente tracciato il percorso di valutazione, pianificazione e gestione delle condizioni clinico-assistenziali che hanno portato all’uso di mezzi di contenzione. In cartella clinica devono essere accuratamente registrati anche tutti gli aspetti riguardanti il monitoraggio. Inoltre, il medico deve riportare le motivazioni che sottendono alla decisione di proseguire o rimuovere la contenzione.
Si sottolinea che la responsabilità della sicurezza della persona assistita a cui si applica un mezzo di contenzione è in capo a tutti i componenti del team clinico-assistenziale che devono collaborare alla gestione della contenzione, ognuno per il proprio specifico professionale.
Ogni Azienda sanitaria si deve dotare di apposita procedura per la gestione della persona assistita sottoposta a contenzione.
Key message
✓ La valutazione interprofessionale e multidimensionale rappresenta il primo intervento efficace per identificare i fattori scatenanti l’uso della contenzione.
✓ A seguito della valutazione è importante informare la persona assistita e i suoi familiari/caregivers sulle strategie alternative ritenute opportune e sulle eventuali azioni di contenzione da intraprendere.
✓ È essenziale formare il personale, sensibilizzarlo sul rischio potenziale di eventi avversi nonché violazione dei diritti fondamentali della persona che la contenzione può generare.
✓ È importante identificare e mettere in atto modalità assistenziali alternative di tipo clinico- assistenziale, psicologico e ambientale finalizzate a evitare la contenzione. Qualora gli interventi messi in atto per prevenire la contenzione siano risultati inefficaci, gli operatori sanitari possono ricorrervi come extrema ratio.
✓ In caso di contenzione il personale sanitario deve sorvegliare la persona in base al piano individualizzato di monitoraggio definito e descritto nella documentazione sanitaria.
✓ Almeno ogni 2 ore e sotto costante supervisione, la contenzione deve essere interrotta (per non meno di 10 minuti) per consentire alla persona assistita di muoversi.
✓ La durata dell’atto contenitivo non dovrebbe superare di norma le 12 ore consecutive, potendo prolungarsi fino ad un massimo di 24 ore nei casi che lo richiedono. Oltre le 24 ore, la contenzione potrà essere prolungata solo attraverso una nuova indicazione del medico di reparto controfirmata dal Responsabile/Direttore dell’U.O.
✓ All’interno della documentazione sanitaria deve essere chiaramente tracciato il percorso di
valutazione, pianificazione, gestione e monitoraggio della contenzione.
✓ Ogni Azienda sanitaria si deve dotare di apposita procedura per la gestione della persona assistita sottoposta a contenzione.
La cartella clinica, nelle sue componenti medica, infermieristica e di altri professionisti, è riconosciuta come “lo strumento più fedele in grado di documentare il percorso clinico-assistenziale di ogni persona assistita, le decisioni assunte, gli interventi messi in atto dai diversi membri dell’équipe multi-professionale e la loro efficacia nel preservare e/o modificare lo stato di salute della persona assistita”.
Come già accennato nei capitoli precedenti, risulta di prioritaria importanza la redazione di una documentazione circostanziata e veritiera sia delle azioni alternative intraprese, sia dell’eventuale atto di contenzione allorquando esso si sia reso necessario come inevitabile conseguenza del fallimento e/o dell’inapplicabilità di altre modalità, che ne devono rappresentare sempre l’irrinunciabile premessa. Schematizzando, per ogni atto di contenzione si possono individuare generalmente le seguenti fasi:
− valutazione ed eventuale messa in campo di interventi alternativi;
− decisione clinica con indicazione del provvedimento contenitivo;
− attuazione, monitoraggio e rivalutazione;
− interruzione.
Ogni fase deve essere dettagliatamente descritta con cronodatazione e firma in cartella clinica (nel diario clinico e/o in schede appositamente elaborate allo scopo) sia da parte del medico che indica l’utilizzo della contenzione sia dagli altri professionisti sanitari coinvolti nel processo di cura, ciascuno rispetto a quanto contestualmente compiuto.
La descrizione delle diverse fasi presente in cartella clinica deve essere corredata quanto meno delle seguenti informazioni:
− interventi alternativi: in questa fase deve essere documentata la valutazione delle possibili alternative alla contenzione e il tentativo di metterle in atto, esplicitando la loro efficacia o inapplicabilità e/o il loro fallimento. Il medico deve attestare altresì il grado di adesione della persona assistita (o del rappresentante legale) e dei suoi familiari di riferimento;
− motivazione della decisione: devono essere chiaramente e dettagliatamente esplicitate le ragioni della decisione, vale a dire l’occorrenza delle circostanze che rendono l’atto indispensabile. Si deve chiaramente evincere l’adeguatezza e la proporzionalità dell’atto rispetto alla gravità e alla attualità del pericolo di una condotta autolesiva o eterolesiva nei confronti di terzi. Si raccomanda cioè, che l’intervento risulti adeguato a fronte dei rischi a cui il soggetto andrebbe incontro se la contenzione non fosse applicata;
− menzione dell’informazione fornita alla persona assistita e/o ai suoi familiari/caregiver e/o al rappresentante legale, nonché della risposta ottenuta;
− tipo di provvedimento contenitivo: deve essere esplicitato la tipologia di mezzo/i utilizzato/i, le motivazioni della scelta e la tecnica adottata. Per ciò che riguarda le varie tipologie di contenzione, è necessario optare per le modalità meno invasive possibile;
− modalità di attuazione: deve essere riportato da parte di chi, dove, quando, con quali precauzioni debba essere attuata la contenzione;
− inizio, durata e condizioni che ne determinano il venir meno: la contenzione deve avere una durata limitata nel tempo ovvero può essere utilizzata solamente per il tempo necessario al superamento delle condizioni che abbiano indotto a ricorrervi; l’indicazione dovrà infatti esplicitare l’inizio (data e ora) dell’intervento contenitivo, monitoraggio (data e ora) e il termine previsto (data e ora);
− misure di sorveglianza da seguire per evitare danni diretti e indiretti (es. controllare il corretto posizionamento dei presidi e la pressione esercitata sui vari distretti corporei);
− accertamenti clinici (es. saturimetria) e terapie (es. profilassi antitromboembolica) da attuare.
All’attuazione del provvedimento contenitivo deve seguire un accurato piano assistenziale, teso a monitorare la persona assistita per rilevare problemi ed eventi che suggeriscano una modifica del provvedimento in essere.
Data la numerosità delle azioni da documentare e l’estrema rilevanza del loro contenuto (sia dal punto di vista clinico assistenziale che giuridico), all’allegato I sono proposti una serie di elementi che possono essere utilizzati:
- come reminder, per guidare i professionisti alla compilazione della documentazione sanitaria;
- per la costruzione di una scheda cartacea o format elettronico che consenta una puntuale documentazione di tutte le fasi relative al processo di adozione e gestione del provvedimento contenitivo.
9.1 Sistemi di segnalazione per la sicurezza delle cure
Come affermato in precedenza, la contenzione è considerata un evento potenzialmente avverso per quanto attiene al rischio clinico e pertanto il razionale e le modalità con cui viene effettuata sono indagabili attraverso l’analisi della documentazione sanitaria e le segnalazioni.
Le modalità di segnalazione che consentono di valutare delle situazioni critiche per la sicurezza delle cure sono:
- sistemi di incident reporting che gli operatori devono utilizzare in tutti i casi in cui l’attuazione del provvedimento contenitivo abbia determinato condizioni ritenute significative per la sicurezza delle cure;
- segnalazioni sulla tematica effettuate dai cittadini e utenti con le modalità previste dalle procedure aziendali.
A tali segnalazioni deve seguire l’analisi del caso attraverso l’utilizzo degli strumenti della gestione del rischio quali il Significant Event Audit (SEA) o la Root Cause Analysis (RCA) al fine di individuare possibili azioni di miglioramento per la sicurezza delle cure.
Key message
✓ La redazione di una documentazione circostanziata delle azioni intraprese risulta di prioritaria importanza. Ogni fase deve essere dettagliatamente descritta con cronodatazione e firma in cartella clinica sia da parte del medico che indica l’utilizzo della contenzione sia dagli altri professionisti sanitari coinvolti nel processo di cura.
✓ In cartella clinica devono essere presenti gli interventi alternativi alla contenzione e la loro efficacia o fallimento; la motivazione della decisione che permetta di evincere l’adeguatezza e la proporzionalità dell’atto rispetto alla gravità e alla attualità del pericolo; la menzione dell’informazione fornita alla persona assistita e/o ai suoi familiari/caregiver; il tipo di provvedimento contenitivo scelto e la sua modalità di attuazione; l’inizio, la durata e le condizioni che ne determinano il venir meno; le misure di sorveglianza e gli accertamenti clinici attuati.
✓ All’attuazione del provvedimento contenitivo deve seguire un accurato piano assistenziale,
teso a monitorare la persona assistita.
10. Strategie di implementazione
L’indicazione di una buona pratica clinico-assistenziale deve essere sempre accompagnata da strategie d’implementazione degli interventi contenuti nel contesto operativo. Le strategie devono riguardare preferibilmente l’area delle conoscenze degli operatori, l’analisi organizzativo- assistenziale dei contesti operativi per identificare i punti di forza e di debolezza oltre alle strategie di intervento e alla fase di monitoraggio dell’implementazione.
Lo strumento consigliato è la definizione e l’attuazione di un progetto di intervento con tutoraggio con i seguenti obiettivi:
1. aggiornare la procedura aziendale secondo le buone pratiche di prevenzione regionali;
2. migliorare le conoscenze degli operatori sanitari sulle buone pratiche della prevenzione della contenzione;
3. implementare la buona pratica nell’assistenza quotidiana e identificare i punti di forza e i punti di debolezza presenti nell’organizzazione;
4. monitorare il livello di adesione alle buone pratiche di prevenzione della contenzione. Le azioni da intraprendere per raggiungere i suddetti obiettivi sono:
1. definire e realizzare interventi formativi rivolti agli operatori sanitari;
2. attuare periodici audit clinico-assistenziali retrospettivi (di processo) sulle buone pratiche per la prevenzione e gestione;
3. monitorare gli indicatori (strutturali, di processo e di esito);
4. promuovere azioni di intervento-miglioramento.
Gli indicatori rappresentano uno strumento indispensabile per far emergere le aree che necessitano di miglioramento: il loro monitoraggio contribuisce a conoscere meglio il fenomeno, valutare lo scostamento dallo standard di riferimento e implementare processi di miglioramento della qualità.
Per quanto attiene il recepimento del presente documento, è previsto un monitoraggio dello stato di aggiornamento della procedura aziendale a cura del Servizio Assistenza Ospedaliera a decorrere dal nono mese dopo la pubblicazione del presente documento.
Indicatore | Modalità di rilevazione | Frequenza della rilevazione | Responsabile della rilevazione | Valore atteso |
Aggiornamento della procedura aziendale alla buona pratica per la prevenzione della contenzione (Sì/No) | Raccolta procedure aziendali | Censimento al 9° mese dalla pubblicazione del presente documento | Servizio Assistenza Ospedaliera - RER | 100% |
In considerazione del fatto che l’implementazione delle presenti buone pratiche dovrà avvenire con la gradualità necessaria a garantirne la sostenibilità, di seguito si suggeriscono una serie di indicatori che ciascuna Azienda può prendere a riferimento per il monitoraggio dello stato di avanzamento e del livello di adesione.
Indicatore | Modalità di rilevazione | Frequenza della rilevazione | Responsabile della rilevazione | Valore atteso |
STRUTTURA | ||||
N° di letti con sponde integrali/ totale letti | Censimento dei letti con sponde integrali | Annuale | Servizio di Ingegneria clinica e Referente Aziendale della logistica | Valore atteso da definire. È auspicabile che la % di letti con sponde integrali venga ridotto e tenda allo zero. |
N° di letti con semi sponde modulabili/ totale letti | Censimento dei letti con semi sponde modulabili | Annuale | Servizio di Ingegneria clinica e Referente Aziendale della logistica | Valore atteso da definire. È auspicabile che la % di letti con semi sponde modulabili tenda al 100%. |
N° operatori che hanno partecipato a interventi formativi sul tema contenzione/ totale degli operatori sanitari | Rilevazione del n° operatori sanitari che hanno frequentato gli interventi formativi | Annuale | Servizio Formazione Aziendale | È auspicabile che la % di operatori formati sul tema contenzione raggiunga il 90% in tre anni (30% annuo) |
Indicatore | Modalità di rilevazione | Frequenza della rilevazione | Responsabile della rilevazione | Valore atteso |
PROCESSO | ||||
% di adesione alle buone pratiche per la prevenzione della contenzione (sulla base delle buone pratiche presenti nella procedura aziendale) | Audit clinico-assistenziale concomitante*, previa definizione e implementazione della procedura aziendale. | Annuale | DS e DIT | Valore atteso da definire. È auspicabile che la % di adesione alle buone pratiche tenda al 100%. |
N° di analisi effettuate su casi segnalati dagli operatori tramite incident reporting o dai cittadini sul tema contenzione/totale segnalazioni incident reporting e segnalazioni dei cittadini sul tema contenzione | Significant event audit (SEA)/ Root cause analysis (RCA) | // | Coordinatore delle attività di gestione del rischio sanitario (funzione di risk management) | 100%. |
*Si rimanda all’Allegato N, nel quale sono stati declinati i criteri per la progettazione e la conduzione dell’audit clinico-assistenziale concomitante (Xxxxx N, Wienand U, 2011) e che rappresenta una proposta di strumento ad uso delle Aziende sanitarie della RER.
Indicatore | Modalità di rilevazione | Frequenza della rilevazione | Responsabile della rilevazione | Valore atteso |
ESITO | ||||
N° di episodi di contenzione /giornate di degenza | Rilevazione prevista per le Aziende che hanno già istituito un flusso ad hoc sulla contenzione su cartella informatizzata | Annuale | DS e DIT | Valore atteso da definire. È auspicabile che il n° di episodi di contenzione venga ridotto e tenda allo zero. |
N° di pazienti contenuti*/ totale pazienti (* con qualsiasi mezzo) | Rilevazione prevista per le Aziende che hanno già istituito un flusso ad hoc sulla contenzione su cartella informatizzata | Annuale | DS e DIT | Valore atteso da definire. È auspicabile che la % di pz contenuti tenda a 0. |
N° di pazienti con episodi multipli di contenzione/ totale dei pazienti | Rilevazione prevista per le Aziende che hanno già istituito un flusso ad hoc sulla contenzione su cartella informatizzata | Annuale | DS e DIT | Valore atteso da definire. È auspicabile che la % di pz contenuti tenda a 0. |
A titolo di esempio, seguono ulteriori indicatori (International Quality Indicator Project® Long-term Care Implementation Manual, Indicator 6: Physical Restraint Use) che possono fornire informazioni ancora più puntuali rispetto alla durata, al timing e alle motivazioni per le quali i professionisti ricorrono alla pratica contenitiva:
− Eventi di contenzione meccanica ≤ 2 ore;
− Eventi di contenzione meccanica > 2 ore ma ≤ 12 ore;
− Eventi di contenzione meccanica > 12 ore ma ≤ 24 ore
− Eventi di contenzione meccanica > 24 ore;
− Eventi di contenzione meccanica il cui ricorso è dovuto a un disturbo cognitivo;
− Eventi di contenzione meccanica il cui ricorso è dovuto alla presenza di rischio di caduta;
− Eventi di contenzione meccanica il cui ricorso è dovuto a disturbo comportamentale;
− Eventi di contenzione meccanica il cui ricorso è dovuto alla somministrazione di una terapia;
− Eventi di contenzione meccanica il cui ricorso è dovuto ad altre motivazioni;
− Eventi di contenzione meccanica iniziati fra le 7:00 e le 14:59;
− Eventi di contenzione meccanica iniziati fra le 15:00 e le 22:59;
− Eventi di contenzione meccanica iniziati fra le 23:00 e le 6:59.
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Allegato A – Scheda informativa Allegato B – Ricognizione farmacologica Allegato C – Foglio unico di terapia
Allegato D – Guida rapida per la diagnosi differenziale delle cause scatenanti il delirium Allegato E – Test per la valutazione del delirium 4-AT
Allegato F – Test per la valutazione del delirium Confusion Assessment Method Allegato G – Anticholinergic Cognitive Burden (ACB) scale
Allegato H – Percorso clinico assistenziale del delirium
Allegato I – Elementi guida per documentare il provvedimento contenitivo
Allegato L – Tabella di sintesi degli interventi alternativi per la prevenzione della contenzione Allegato M – Farmaci potenzialmente scatenanti il delirium
Allegato N – Elementi guida per la progettazione di un Audit Clinico Concomitante sull’adesione dei
professionisti sanitari alle buone pratiche di prevenzione della contenzione
Allegato A – Scheda informativa
BUONE PRATICHE PER LA PREVENZIONE DELLA CONTENZIONE IN OSPEDALE
Che cos’è la contenzione?
Per contenzione s’intende quell’atto che, attraverso l’uso di mezzi (fisici, meccanici, ambientali, farmacologici, psicologici o tecnologici), limita i movimenti volontari di tutto o di una parte del corpo della persona assistita. Non è un trattamento preventivo o terapeutico, ma un provvedimento d’urgenza.
Si può contenere una persona?
In generale NO, perché la contenzione rappresenta in sé una violazione dei diritti fondamentali della persona.
I mezzi di contenzione limitano la libertà e devono essere utilizzati solo quando non è possibile risolvere la situazione con modalità alternative. La contenzione può essere utilizzata esclusivamente in presenza di un rischio grave per la persona assistita e per gli altri, non altrimenti evitabile. In questo caso la contenzione deve essere limitata per il tempo strettamente necessario.
Esistono strategie alternative?
Sì. Le strategie alternative all’uso della contenzione prevedono una serie di azioni finalizzate a rimuovere le cause di un comportamento pericoloso, adeguare l’ambiente di cura in base alle abilità cognitive e fisiche della persona e gestire il comportamento a rischio. Queste vengono messe in atto dai professionisti sanitari i quali possono richiedere la collaborazione dei familiari.
Come posso distinguere un mezzo di contenzione da un ausilio (es. xxxxxxx, carrozzina, tavolino)? Non è il mezzo che definisce la contenzione ma la motivazione per la quale si usa. Se il mezzo aiuta la persona a muoversi, a sostenersi o a svolgere attività funzionali della vita quotidiana è un aiuto, mentre se limita la sua libertà di movimento è una contenzione.
Cosa possono fare i familiari per prevenire l’uso della contenzione?
I familiari/caregivers, dopo essere stati informati della presenza di un comportamento potenzialmente rischioso della persona assistita, se possibile devono essere coinvolti attivamente nell’attuazione di strategie volte a prevenire la contenzione (es. fare compagnia alla persona assistita, parlare, farla passeggiare a piedi o in carrozzina, leggere libri o giornali, fornire stimoli funzionali e aiutarla a orientarsi nel tempo e nello spazio). Nel caso queste non fossero sufficienti i familiari devono essere informati in modo chiaro dell’utilizzo della contenzione e della sua motivazione.
Per eventuali chiarimenti è opportuno rivolgersi al personale di reparto.
Allegato B – Ricognizione farmacolgica
Allegato C – Foglio unico di terapia
Allegato D – Guida rapida per la diagnosi differenziale delle cause scatenanti il delirium
DELIRIUM Acronimo DELIRIUMS: è una guida di rapida applicazione per identificare le cause scatenanti del delirium | |
Drugs: farmaci (psicofarmaci, antibiotici, etc) Eyes/Ears: deficit sensoriali (mancanza di protesi) Low PO2: ipossiemia Infection: infezioni Retention of urine and feces, restraints: ritenzione di urina e feci, contenzioni Ictal states: Ictus Undernutrition/dehydratation: malnutrizione, disidratazione Metabolic disorders: disordini metabolici Subdural, sleep deprivation: ematomi subdurali, privazione di sonno | Definizione: Il delirium è un rapido cambiamento delle funzioni cognitive con incapacità a mantenere l’attenzione, sonnolenza, agitazione, talvolta allucinazioni e/o convinzioni errate. Si sviluppa in poche ore o giorni, spesso con fluttuazioni quotidiane Impatto • Prevalenza: - 25% area medica - 50% area chirurgica - 75% terapia intensiva • Outcome: - aumento mortalità, deterioramento cognitivo e istituzionalizzazione Rischio • Pazienti critici • Anziani (50%) • Pazienti affetti da demenza • Pazienti chirurgici • Bambini Prevenzione • Identificare i pazienti a rischio • Mobilizzare, far camminare • Migliorare la stimolazione cognitiva • Favorire l’utilizzo delle protesi sensoriali • Promuovere il sonno • Evitare farmaci con effetti cognitivi • Sensibilizzare lo staff • Coinvolgere il familiare /caregiver |
Allegato E – Test per la valutazione del delirium 4-AT
Allegato F – Test per la valutazione del delirium Confusion Assessment Method
Allegato G – Anticholinergic Cognitive Burden (ACB) scale
La scala ABC prevede la definizione di uno score ottenuto dalla somma punteggi attribuiti ai farmaci in uso dal paziente secondo la classificazione illustrata nella tabella che segue. Uno score totale di tre o più nella scala ACB è considerato clinicamente rilevante in termini di rischio per l’insorgere del delirio.
ACB Punteggio 1 (lieve) | ACB Punteggio 2 (moderato) | ACB Punteggio 3 (severo) |
Alimemazine | Amantadine | Amitriptyline |
Alprazolam | Belladonna | Amoxapine |
Alverine | Carbamazepine | Atropine |
Atenolol | Cyclobenzaprine | Benztropine |
Beclometasone dipropionate | Cyproheptadine | Chlorpheniramine |
Bupropion hydrochloride | Loxapine | Chlorpromazine |
Captopril | Meperidine | Clemastine |
Chlorthalidone | Methotrimeprazine | Clomipramine |
Cimetidine hydrochloride | Molindone | Clozapine |
Clorazepate | Oxcarbazepine | Darifenacin |
Codeine | Pethidine hydrochloride | Desipramine |
Colchicine | Pimozide | Dicyclomine |
Dextropropoxyphene | Diphenhydramine | |
Diazepam | Doxepin | |
Digoxin | Flavoxate | |
Dipyridamole | Hydroxyzine | |
Disopyramide phosphate | Hyoscyamine | |
Fentanyl | Imipramine | |
Fluvoxamine | Meclizine | |
Furosemide | Nortriptyline | |
Haloperidol | Orphenadrine | |
Hydralazine | Oxybutynin | |
Hydrocortisone | Paroxetine | |
Isosorbide preparations | Perphenazine | |
Loperamide | Procyclidine | |
Metoprolol | Promazine | |
Morphine | Promethazine | |
Nifedipine | Propentheline | |
Prednisone/Prednisolone | Pyrilamine | |
Quinidine | Scopolamine | |
Ranitidine | Thioridazine (withdrawn) | |
Theophylline | Tolterodine | |
Timolol maleate | Trifluoperazine | |
Trazodone | Trihexyphenidyl | |
Triamterene | Trimipramine |
Allegato H – Percorso clinico assistenziale del delirium
Allegato I – Elementi guida per documentare il provvedimento contenitivo
Sono di seguito proposti una serie di elementi che possono essere utilizzati per guidare i professionisti alla compilazione puntuale di tutte le fasi del provvedimento contenitivo nella documentazione sanitaria, nonché per la costruzione di una scheda cartacea o informatizzata. Le parti precedute dal simbolo 🖳 si riferiscono alle possibili voci da utilizzare come campi di un format elettronico.
Valutazione |
È stata svolta un’attenta valutazione multidimensionale e interprofessionale delle caratteristiche della persona assistita, che includa il livello di orientamento, le abilità psicologiche e funzionali e i fattori ambientali volta all’identificazione dei fattori di rischio, predisponenti e/o precipitanti? Esempio: 🖳 deterioramento cognitivo, demenza, deficit di memoria, disorientamento, confusione, disturbi del comportamento, condizioni psichiatriche, agitazione psicomotoria, delirium ipercinetico, depressione, comportamenti impulsivi, scarsa consapevolezza del rischio; deficit motori, diminuzione della mobilità, deficit funzionali, mancanza di ausili, rischio di caduta, disordini del movimento, patologie del SNC; stimoli ambientali interferenti (rumore, temperatura, ambiente estraneo, ecc.); bisogni insoddisfatti (ansia, paura, fame, sete, toilette, ecc.); terapie farmacologiche in atto. |
La persona assistita manifesta comportamenti potenzialmente lesivi verso sé stessa o verso terzi? Esempio: 🖳 si strappa i device, tenta di scendere dal letto non avendo la capacità di mantenere la stazione eretta, dice o agisce comportamenti che facciano supporre che voglia farsi del male, è aggressivo fisicamente nei confronti degli operatori. |
Prevenzione della contenzione: Interventi alternativi |
Quali interventi alternativi sono stati attuati? Esempio: 🖳 un elenco di tutti i possibili interventi alternativi volti alla prevenzione della contenzione sono riportati all’Allegato L. |
Quali hanno avuto esito positivo o negativo? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. |
Descrizione dell’adesione della persona e dei caregiver. Esempio: 🖳 campo aperto. |
Decisione di adottare il provvedimento contenitivo e motivazione |
Quali circostanze rendono l’atto indispensabile? Esiste un pericolo attuale? Per il paziente o per gli altri? Esempio: 🖳 campo aperto. Si deve chiaramente evincere l’adeguatezza e la proporzionalità dell’atto rispetto alla gravità e alla attualità del pericolo di una condotta autolesiva o eterolesiva nei confronti di terzi. In assenza di un pericolo attuale, ma in presenza di richiesta esplicita del paziente di utilizzare la contenzione, questa deve essere documentata |
Informazione |
Sono state fornite informazioni sull’esito delle valutazioni di rischio effettuate? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. |
Sono state fornite informazioni sulle strategie di contesto alternative ritenute opportune e/o poste in essere? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. |
Sono state fornite informazioni sulle eventuali azioni di contenzione intraprese e/o da intraprendere? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. |
Sono state fornite informazioni adeguate, complete e chiare sulla natura e sull’utilizzo dei mezzi di contenzione? |
Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. (A supporto del colloquio informativo è opportuno consegnare e illustrare ai familiari/caregivers della persona assistita una scheda informativa sulla contenzione presente all’allegato A del documento regionale). |
A chi sono state fornite? Esempio: 🖳 persona assistita e/o ai suoi familiari/caregiver e/o al rappresentante legale. |
I familiari/caregivers, laddove disponibili e in grado di collaborare, sono stati coinvolti nella prevenzione dell’uso della contenzione e nell’adozione di idonee strategie finalizzate all’attenuazione e al superamento delle situazioni di rischio presenti? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. |
È stata ottenuta una eventuale accettazione del provvedimento da parte della persona assistita, con riferimento a soggetti cognitivamente integri? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. |
Pianificazione: modalità di attuazione e gestione del provvedimento contenitivo |
Quale tipo di contenzione è stata utilizzata? Esempio: 🖳 Mezzi meccanici: polsiera, cavigliera, corpetto, cinture, fascia corpo, bretellaggi, sponde integrali, tavolino occlusivo. Mezzi farmacologici: quali? |
Quali sono le motivazioni della modalità contenitiva adottata? Esempio: 🖳 campo aperto. |
Da parte di chi deve/può esser applicata? Esempio: 🖳 medico, infermiere, OSS, altro professionista, altro. |
A quali segmenti corporei deve essere applicata? Esempio: 🖳 Arto Superiore DX-SX, Arto inferiore DX-SX, tronco, capo. |
Quando? Esempio: 🖳 Quando è al letto, in sedia, in carrozzina, è da solo, di notte. |
Con quali precauzioni? Esempio: 🖳 campo aperto. |
Quando è iniziato il provvedimento? Esempio: 🖳 data e ora. |
Qual è il termine previsto per la rimozione della contenzione? Esempio: 🖳 data e ora (la durata deve essere limitata nel tempo ovvero può essere utilizzata solamente per il tempo necessario al superamento delle condizioni che abbiano indotto a ricorrervi). |
Monitoraggio |
Quali misure di sorveglianza sono state attuate? Esempio: 🖳 osservazione della persona assistita, controllo del corretto posizionamento dei presidi e la pressione esercitata sui vari distretti corporei, eventuali danni-lesioni correlabili ai mezzi di contenzione meccanica nonché il loro corretto posizionamento, attenta valutazione delle condizioni cliniche generali quali lo stato di vigilanza, il respiro, il polso/pressione arteriosa, motilità, sensibilità e termotatto delle estremità contenute, tono dell’umore; eventuali bisogni espressi dalla persona assistita. |
Qual è stato il loro esito? Esempio: 🖳 campo aperto. |
Il monitoraggio è stato svolto a intervalli regolari, stabiliti di volta in volta secondo il piano individualizzato messo a punto in base alle condizioni cliniche della singola persona assistita, in base alla tipologia del mezzo di contenzione utilizzato e ai rischi ad esso connessi? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. |
Quali accertamenti clinici devono essere eseguiti? Esempio: 🖳 saturimetria e terapie (es. profilassi antitromboembolica). |
Sono stati eseguiti gli accertamenti? Qual è stato il loro esito? Esempio: 🖳 campo aperto. |
Sono sorti problemi ed eventi che suggeriscano una modifica del provvedimento in essere? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. Quali? 🖳 campo aperto. |
Quando sono state svolte le rivalutazioni? Esempio: 🖳 data e ora. |
Quale esito hanno avuto? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. Perché?🖳 campo aperto. |
Qualora si utilizzino mezzi che siano stati prescritti come ausilio protesico, la persona assistita è stata comunque sottoposta al monitoraggio? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. |
Interruzione temporanea e termine del provvedimento contenitivo |
Interruzione temporanea: la contenzione è stata interrotta (per non meno di 10 minuti) almeno ogni 2 ore, sotto costante supervisione per consentire alla persona assistita di muovere liberamente gli arti, il busto e il capo? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. |
Quando è stato terminato il provvedimento contenitivo? Esempio: 🖳 data e ora. |
Quanto è durato? Esempio: 🖳 campo aperto. |
Quali condizioni ne hanno determinato il termine? Esempio: 🖳 campo aperto. |
La durata dell’atto contenitivo ha superato le 12 ore consecutive? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. Quali sono le motivazioni? Esempio: 🖳 campo aperto. Oltre le 24 ore di contenzione è stata attuata una nuova indicazione del medico di reparto? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. Tale indicazione è stata controfirmata dal Responsabile/Direttore dell’U.O? Quali sono le condizioni che hanno portato alla prosecuzione del trattamento? Esempio: 🖳 campo aperto. Nei casi in cui vi sia la necessità di rinnovare l’indicazione della contenzione e si vada oltre le 24 ore d’immobilizzazione, è stata valutare la necessità di una terapia di profilassi della trombosi venosa profonda? Esempio: 🖳 flag 🗹 su positivo o negativo. |
Allegato L – Tabella di sintesi degli interventi alternativi per la prevenzione della contenzione
Approccio Clinico-assistenziale | Approccio Psicologico | Approccio Ambientale |
Soddisfare i bisogni fondamentali della persona sviluppando programmi di assistenza individualizzati (frequenti cure igieniche, bisogno di eliminazione, alimentazione, idratazione, sonno, dolore e senso di caldo o freddo). | Coinvolgere la persona assistita e i familiari/caregiver nel processo di cura e nella pianificazione dell'assistenza (es. rendere l’ambiente più familiare, fare in modo che la persona assistita non resti sola, chiedere di portare foto o altri oggetti personali). | Creare un ambiente confortevole, ordinato e libero da ostacoli; rimuovere i rischi (es. gli oggetti e le attrezzature che potrebbero causare lesioni). |
Eliminare/ridurre trattamenti o dispositivi fastidiosi appena possibile; favorire i trattamenti per os laddove possibile. | Utilizzare un approccio empatico; massimizzare la comunicazione verbale e non verbale. | Assicurarsi che la persona assistita abbia input sensoriali appropriati (es. gli occhiali e gli apparecchi acustici), fornire un'adeguata illuminazione diurna e notturna. |
Implementare misure per ridurre l'interferenza del trattamento e “mascherare” i presidi con abiti/telini o tenendoli fuori dal campo visivo. | Utilizzare l'ascolto attivo per dedurre sentimenti, preoccupazioni e paure della persona assistita. | Ridurre gli stimoli ambientali eccessivi o fastidiosi (es. rumore, bagliore/ illuminazione, temperatura). |
Attuare un'adeguata gestione del dolore (es. prima di procedure potenzialmente dolorose o altre attività per le quali il dolore può aumentare l’agitazione). | Promuovere attività di intrattenimento (es. visione di programmi televisivi, ascolto di musica, movimento, esercizi, terapie occupazionali). | Promuovere strategie per l’orientamento spazio- temporale (ad es. calendario, orologi, identificare gli ambienti con apposita segnaletica: ad es. la porta del bagno). |
Favorire la mobilità e la deambulazione se consentito; assicurarsi che siano a disposizione gli ausili per la deambulazione, promuovere la partecipazione nelle ADL | In caso di confusione riorientare la persona assistita (es. giorno della settimana, data, ora, luogo, ecc.); presentarsi ogni volta che si entra nella stanza. | Intensificare la sorveglianza in base alle condizioni e ai rischi della persona assistita (es. attivare la sorveglianza periodica; collocare i pazienti in un'area in cui possono essere osservati frequentemente. |
Mostrare il funzionamento del campanello di chiamata. | Aumentare le interazioni sociali o diminuirle in caso di aggressività. | Favorire la compagnia individuale e l’osservazione costante (famiglia, caregiver, amici, volontari). |
Attuare una revisione della terapia farmacologica laddove necessario. | Fornire motivazioni coerenti alle condizioni cliniche e alle situazioni ambientali. | Posizionare un materassino sul pavimento e/o abbassare il letto se possibile, in caso di irrequietezza, aggressività, agitazione. |
Prevedere la consulenza del geriatra /esperto di disturbi cognitivi laddove necessario. | Utilizzare tecniche per favorire il rilassamento (es. tocco terapeutico, musica, bevande calde), pianificare periodi di riposo adeguati. | Qualora disponibili, utilizzare apparecchiature di allarme sonoro in grado di segnalare gli spostamenti della persona assistita dal letto/sedia. |
In caso di delirium o agitazione individuare e trattare delle cause sottostanti (vedi “Guida rapida per identificare le cause scatenanti del delirium - THINK delirium”) | In caso di delirium o agitazione utilizzare l’approccio TADA (Tolerate Anticipate Don’t Agitate) e stimolazioni sensoriali | In caso di delirium o agitazione considerare l’uso della “delirium room” con osservazione continua, se disponibile. |
Allegato M – Farmaci potenzialmente scatenanti il delirium
Farmaco | Rischio | Considerazioni |
Benzodiazepine | Alto | Rischio alto anche per sindrome da sospensione |
Antidepressivi - amitriptilina - doxepina - trazodone | Alto | Rischio maggiore con farmaci ad effetto anticolinergico e sedativo |
Antiparkinsoniani - L-DOPA - Bromocriptina - Selegilina - Orfenadrina - Pergolide | Alto Basso | Tutti hanno effetti anticolinergico e dopaminergico per cui possono dare delirium |
Analgesici - FANS - Oppiacei - Aspirina | Alto | Tutti gli analgesici eccetto il paracetamolo possono causare delirium. Il rischio per gli oppiacei è molto alto, l’effetto dell’ASA è dose dipendente |
Litio | Alto | |
Steroidi | Alto | Rischio dose correlato |
Antiipertensivi - metildopa - beta-bloccanti - alfa-litici - ACE inibitori - Calcio antagonisti - Diuretici | Alto Medio Basso | I diuretici possono causare delirium mediante alterazioni degli elettroliti |
Antiaritmici - digossina - amiodarone - disopiramide - lidocaina | Medio | Il rischio da digossina è dose-relato, la lidocaina presenta un rischio più elevato |
Neurolettici - clorpromazina - tioridazina - trifluoperazina - aloperidolo - droperidolo | Medio Basso | I neurolettici con effetto anticolinergico (es. clorpromazina) hanno rischio più elevato rispetto all’aloperidolo |
Anticonvulsivanti - primidone - fenitoina | Basso | Rischio maggiore per il primidone, più basso per valproato e carbamazepina, dose relato per la fenitoina |
Farmaco | Rischio | Considerazioni |
- carbamazepina - valproato | ||
Anticolinergici Antistaminici Antispastici | Medio | Questi farmaci sono spesso da banco |
Antiacidi - cimetidina - ranitidina - famotidina | Basso | Rischio più elevato per la cimetidina |
Antibatterici, antiparassitari, antivirali - penicillina - cotrimoxazolo - anfotericina - antitubercolari - antiparassiti - clorochina - chinino - amantadina - acyclovir, zidovudina | Basso Medio | Più facilmente il delirium è secondario all’infezione e non alla terapia antibiotica |
Antiasmatici - aminofillina | Bassa | Rischio dose correlato |
Ipoglicemizzanti orali - tolbutamide - glibencamide | Incerto | Possono causare delirium tramite l’ipoglicemia e l’iponatriemia |
Allegato N – Elementi guida per la progettazione di un Audit Clinico Concomitante
sull’adesione alle buone pratiche di prevenzione della contenzione*
Tema dell’audit: Buone pratiche sulla prevenzione della contenzione in ospedale. |
È un tema professionale? (riguarda ambiti clinici/assistenziali, di diagnosi, terapia, prevenzione, riabilitazione) □ Sì✓ □ No |
Motivazione e rilevanza dell’audit: □ Alti volumi □ Alti costi □ Alta rischiosità ✓ □ Alta variabilità ✓ □ Alta complessità ✓ □ Alto contenuto di innovazione |
Obiettivi dell’audit Esaminare l’adesione alle buone pratiche di prevenzione della contenzione presenti nel documento aziendale da parte dei professionisti della UO selezionata e identificare eventuali aree di miglioramento. Aumentare la consapevolezza dei professionisti su quali informazioni debbano essere riportate nella cartella clinica. Aumentare la qualità e sicurezza e delle cure, l’accountability, la personalizzazione e l’umanizzazione delle cure. |
Committente dell’audit: (indicare committente). |
Valutati: Tutti i componenti del team clinico assistenziale. |
Composizione del gruppo di audit (per ciascun componente specificare a quali attività partecipa: P=pianificazione audit, D=raccolta dati, V=valutazione/analisi dei dati, A=Azioni correttive/di miglioramento). |
Quando? (periodo di tempo nel quale avrà luogo l’audit) |
Quale è la popolazione dello studio? Professionisti che compongono il team clinico assistenziale che si trovano nella condizione di dover ricorrere a un provvedimento contenitivo. |
Campionamento: Le rilevazioni devono avvenire rispetto alle azioni attuate dai professionisti per ciascun paziente sottoposto al provvedimento contenitivo nella UO individuata nell’arco del suo ricovero. |
Strategia per la raccolta dati: La strategia di raccolta dati è quella concomitante: la raccolta dei dati avviene mentre i pazienti sono ricoverati e stanno ricevendo assistenza. |
* Xxxxx X. Edizione italiana a cura di Xxxxxx Xxxxxxx (2011). Come condurre un audit clinic a beneficio dei pazienti. Healthcare Quality Quest Ltd.
Criteri, indicatori, standard e fonti dei dati
Criterio 1 | Formulazione del criterio: | I componenti del team dovrebbero svolgere e documentare la valutazione del quadro cognitivo/comportamentale della persona assistita e del livello di rischio correlato per comprendere se si trova in uno stato di pericolo attuale di una condotta autolesiva o eterolesiva. |
Il criterio è di processo o di esito? | Processo | |
Fonte del criterio: | Linee di indirizzo regionali sulle buone pratiche della prevenzione della contenzione | |
Indicatore: | Numeratore: | N. pazienti con contenzione che hanno ricevuto la valutazione |
Denominatore: | N. pazienti sottoposti a contenzione | |
Eccezioni? | Pazienti che richiedono volontariamente di essere contenuti ad es. per paura di cadere | |
Standard: | 100 | |
Lo standard proviene da: | Buone pratiche regionali per la prevenzione della contenzione | |
Raccolta dati: | Dati del numeratore provengono da: | Consultazione della cartella clinica cartacea/elettronica o apposita scheda nella quale sia tracciata la valutazione attuata dai professionisti |
Dati del denominatore provengono da: | Valutazione sul campo con rilevazione dell’utilizzo della contenzione Cartella clinica cartacea o elettronica, apposita scheda che rilevi il ricorso alla contenzione |
Criterio 2 | Formulazione del criterio: | I componenti del team dovrebbero tentare di attuare tutti i possibili interventi alternativi finalizzati alla prevenzione della contenzione e dovrebbero tracciarne l’esito nella documentazione sanitaria |
Il criterio è di processo o di esito? | Processo | |
Fonte del criterio: | Linee di indirizzo regionali sulle buone pratiche della prevenzione della contenzione |
Indicatore: | Numeratore: | N. pazienti per i quali il team ha tentato/messo in campo interventi alternativi finalizzati alla contenzione |
Denominatore: | N. pazienti sottoposti a contenzione | |
Eccezioni? | Casi in cui il paziente stia già mettendo in atto comportamenti auto/eterolesivi di una gravità tale da non permettere di tentare interventi preventivi Pazienti che richiedono volontariamente di essere contenuti ad es. per paura di cadere | |
Standard: | 100 | |
Lo standard proviene da: | Buone pratiche regionali per la prevenzione della contenzione | |
Raccolta dati: | Dati del numeratore provengono da: | Consultazione della cartella clinica cartacea/elettronica o apposita scheda nella quale siano documentati gli interventi clinico assistenziali, psicologici e ambientali alternativi attuati dai professionisti e il loro esito |
Dati del denominatore provengono da: | Valutazione sul campo con rilevazione dell’utilizzo della contenzione Cartella clinica cartacea o elettronica, apposita scheda che rilevi il ricorso alla contenzione |
Criterio 3 | Formulazione del criterio: | In presenza di una situazione di extrema ratio o nel caso in cui il paziente stesso richieda di essere contenuto, il medico che decide di adottare il provvedimento contenitivo (o altro professionista in sua vece se egli non è presente) dovrebbe tracciare tale decisione ed esplicitarne la motivazione |
Il criterio è di processo o di esito? | Processo | |
Fonte del criterio: | Linee di indirizzo regionali sulle buone pratiche della prevenzione della contenzione | |
Indicatore: | Numeratore: | N. pazienti per i quali è tracciata la decisione e la motivazione della contenzione |
Denominatore: | N. pazienti sottoposti a contenzione | |
Eccezioni? | // | |
Standard: | 100 | |
Lo standard proviene da: | Buone pratiche regionali per la prevenzione della contenzione |
Raccolta dati: | Dati del numeratore provengono da: | Consultazione della cartella clinica cartacea/elettronica o apposita scheda nella quale sia tracciata la decisione di adottare la contenzione e la relativa motivazione |
Dati del denominatore provengono da: | Valutazione sul campo con rilevazione dell’utilizzo della contenzione Cartella clinica cartacea o elettronica, apposita scheda che rilevi il ricorso alla contenzione |
Criterio 4 | Formulazione del criterio: | Il medico e gli altri componenti del team dovrebbero fornire tempestivamente le necessarie informazioni sul provvedimento contenitivo alla persona assistita e/o al care giver |
Il criterio è di processo o di esito? | Processo | |
Fonte del criterio: | Linee di indirizzo regionali sulle buone pratiche della prevenzione della contenzione | |
Indicatore: | Numeratore: | N. pazienti/care-giver ai quali è stata fornita una esauriente e tempestiva informazione in merito alla decisione e alla motivazione della contenzione |
Denominatore: | N. pazienti sottoposti a contenzione | |
Eccezioni? | Casi in cui il paziente non sia in grado di intendere e di volere Assenza di familiari o caregiver | |
Standard: | 100 | |
Lo standard proviene da: | Buone pratiche regionali per la prevenzione della contenzione | |
Raccolta dati: | Dati del numeratore provengono da: | Consultazione della cartella clinica cartacea/elettronica o apposita scheda nella quale sia fatta menzione dell’informazione data, del destinatario e dell’avvenuta consegna della scheda informativa (“Buone pratiche per la prevenzione della contenzione in ospedale” Allegato A) |
Dati del denominatore provengono da: | Valutazione sul campo con rilevazione dell’utilizzo della contenzione Cartella clinica cartacea o elettronica, apposita scheda che rilevi il ricorso alla contenzione |
Criterio 5 | Formulazione del criterio: | I componenti del team dovrebbero definire e documentare la pianificazione del provvedimento contenitivo esplicitandone modalità di attuazione e gestione specifiche |
Il criterio è di processo o di esito? | Processo | |
Fonte del criterio: | Linee di indirizzo regionali sulle buone pratiche della prevenzione della contenzione | |
Indicatore: | Numeratore: | N. pazienti per i quali è stata creata una pianificazione che espliciti le modalità di attuazione e gestione della contenzione |
Denominatore: | N. pazienti sottoposti a contenzione | |
Eccezioni? | // | |
Standard: | 100 | |
Lo standard proviene da: | Buone pratiche regionali per la prevenzione della contenzione | |
Raccolta dati: | Dati del numeratore provengono da: | Consultazione della cartella clinica cartacea/elettronica o apposita scheda nella quale sia esplicitata la pianificazione della contenzione con le relative modalità di attuazione e gestione: - quale tipo di contenzione è stata utilizzata (meccanica: polsiera, cavigliera, corpetto, cinture, fascia corpo, bretellaggi, sponde integrali, tavolino occlusivo; farmacologici) - motivazione della scelta - chi deve/può applicarla - a quali segmenti - in quali situazioni - quando deve essere applicata - con quali precauzioni - quando si è applicata - qual è il termine previsto per la rimozione |
Dati del denominatore provengono da: | Valutazione sul campo con rilevazione dell’utilizzo della contenzione Cartella clinica cartacea o elettronica, apposita scheda che rilevi il ricorso alla contenzione |
Criterio 6 | Formulazione del criterio: | I componenti del team dovrebbero definire e documentare le modalità specifiche di monitoraggio del provvedimento contenitivo |
Il criterio è di processo o di esito? | Processo | |
Fonte del criterio: | Linee di indirizzo regionali sulle buone pratiche della prevenzione della contenzione | |
Indicatore: | Numeratore: | N. pazienti per i quali sono state definite le modalità specifiche relative al monitoraggio della contenzione |
Denominatore: | N. pazienti sottoposti a contenzione | |
Eccezioni? | // | |
Standard: | 100 | |
Lo standard proviene da: | Buone pratiche regionali per la prevenzione della contenzione | |
Raccolta dati: | Dati del numeratore provengono da: | Consultazione della cartella clinica cartacea/elettronica o apposita scheda nella quale sia tracciato il monitoraggio della contenzione nella quale devono essere rilevate: - quali misure di sorveglianza sono state attuate - qual è stato il loro esito - se il monitoraggio è stato svolto a intervalli regolari, stabiliti di volta in volta secondo il piano individualizzato - se il monitoraggio è stato tracciato - quali accertamenti clinici devono essere eseguiti - se sono stati eseguiti e qual è stato il loro esito - se sono sorti problemi ed eventi che hanno suggerito una modifica del provvedimento in essere: quali? - Se e quando sono state svolte le rivalutazioni (data e ora) - quale esito hanno avuto e perché |
Dati del denominatore provengono da: | Valutazione sul campo con rilevazione dell’utilizzo della contenzione Cartella clinica cartacea o elettronica, apposita scheda che rilevi il ricorso alla contenzione |
Criterio 7 | Formulazione del criterio: | I componenti del team dovrebbero tracciare l’Interruzione temporanea e/o il termine del provvedimento contenitivo |
Il criterio è di processo o di esito? | Processo | |
Fonte del criterio: | Linee di indirizzo regionali sulle buone pratiche della prevenzione della contenzione | |
Indicatore: | Numeratore: | N. pazienti per i quali è stata tracciata l’interruzione temporanea e/o il termine della contenzione |
Denominatore: | N. pazienti che sono contenuti (interruzione transitoria) o sono stati sottoposti a contenzione poi rimossa | |
Eccezioni? | // | |
Standard: | 100 | |
Lo standard proviene da: | Buone pratiche regionali per la prevenzione della contenzione | |
Raccolta dati: | Dati del numeratore provengono da: | Consultazione della cartella clinica cartacea/elettronica o apposita scheda nella quale sia tracciata l’interruzione della contenzione: - se è stata attuata l’interruzione temporanea per non meno di 10 minuti almeno ogni 2 ore, sotto costante supervisione per consentire alla persona assistita di muoversi - se e quando è stato terminato il provvedimento contenitivo - quali condizioni ne hanno determinato il termine - quanto è durata - se la durata dell’atto contenitivo ha superato le 12 ore consecutive e perché - se oltre le 24 ore di contenzione è stata attuata una nuova indicazione del medico di reparto - se tale indicazione è stata controfirmata dal Responsabile/Direttore dell’U.O - quali sono le condizioni che hanno portato alla prosecuzione del trattamento - se è stata richiesta una consulenza ematologica/internistica nei casi in cui vi sia stata la necessità di rinnovare |
l’indicazione della contenzione oltre le 24 ore d’immobilizzazione, al fine di valutare l’opportunità di una terapia di profilassi della trombosi venosa profonda | ||
Dati del denominatore provengono da: | Cartella clinica cartacea o elettronica, apposita scheda che rilevi il ricorso alla contenzione ora terminata |
Criterio 8 | Formulazione del criterio: | I componenti del team dovrebbero tracciare nella documentazione clinica la data, l’ora, la qualifica e la firma di chi ha eseguito ciascuna azione |
Il criterio è di processo o di esito? | Processo | |
Fonte del criterio: | Linee di indirizzo regionali sulle buone pratiche della prevenzione della contenzione | |
Indicatore: | Numeratore: | N. di azioni per le quali è stata tracciata la data, l’ora, la qualifica e la firma di chi le ha eseguite |
Denominatore: | N. di azioni attinenti alla valutazione, informazione, pianificazione, attuazione, gestione e monitoraggio della contenzione | |
Eccezioni? | // | |
Standard: | 100 | |
Lo standard proviene da: | Buone pratiche regionali per la prevenzione della contenzione | |
Raccolta dati: | Dati del numeratore provengono da: | Consultazione della cartella clinica cartacea/elettronica o apposita scheda nella quale sia tracciata: - la data - l’ora - la qualifica e - la firma di chi ha eseguito ciascuna attività inerente l’episodio di contenzione |
Dati del denominatore provengono da: | Cartella clinica cartacea o elettronica, apposita scheda che rilevi il ricorso alla contenzione |