Contract
1. Cina
1.1. Xxx Xx Xxx Xxxxxx’x Xxxxxxxx Xx Xxxxx On Employment Contracts, 29 giugno 2007 (en- trata in vigore il 1° gennaio 2008): traduzione inglese non ufficiale a cura di Xxxxx & McKen- zie (in 🕮 indice A-Z, voce Cina).
Note a margine della recente riforma del mercato del lavoro
Sommario: 1. Contesto e principi ispiratori della legge. – 2. I contenuti della nuova disciplina. – 3.
Primi spunti valutativi.
1. La legge 29 giugno 2007 sui contratti di lavoro, in epigrafe, entrata in vigore il 1° gen- naio 2008, rappresenta il primo passo di un vero e proprio processo di codificazione che, attraverso la legge sulla promozione dell’occupazione del 30 agosto 2007 e i disegni di legge in materia di sicurezza sociale e processo del lavoro, ancora in corso di stesura, mi- ra a ridisegnare il volto del mercato del lavoro cinese (per un’illustrazione dell’ordina- mento giuslavoristico cinese antecedente alla riforma cfr. X. XXXX, Labour Market Re- form in China, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxx, Xxxxxxxxx, 0000, cui xxxx X. XXXXXXXX, X. XXXXX-RAPP, W.R. XXXXXXX, X.X XXXXXXX, M.J. XXXXXX (eds.), The Global Workplace
– International and Comparative Employment Law, Cambridge University Press, Cam- bridge, 2007, qui cap. 11, China).
Prima dell’approvazione del provvedimento legislativo de quo non è mai esistito in Cina un corpus normativo unificato che governasse i contratti di lavoro. Spesso i vari provve- dimenti in questo settore si disperdevano ambiguamente tra numerose fonti di regolazio- ne, a livello sia locale sia nazionale nell’ambito peraltro di una tradizione profondamente sedimentata che attribuisce al diritto scritto una forza precettiva assai inferiore rispetto a quella comunemente riconosciuta ad esso in Italia o nei Paesi occidentali. Ciò ha reso al- quanto difficile per le imprese valutare le responsabilità a cui i contratti di lavoro le espo- nevano (in particolare per quanto concerne le imprese a capitale straniero) e per i lavora- tori proteggere i propri diritti ed interessi.
Negli ultimi undici anni, le relazioni tra datori e prestatori di lavoro sono per molti versi mutate. Nella scia di un orientamento culturale favorevole all’instaurazione di un più so- lido principio di legalità, che avrebbe sostenuto lo sviluppo economico assicurando mag- giore sicurezza alle transazioni commerciali (cfr. X. XXXX, Chinese Law. Towards an Un- derstanding of Chinese Law, Its Nature and Development, Kluwer Law International, The Hague, 1999), dal 2000 in avanti molte province e città della Cina hanno emanato disci- pline locali per dirimere le questioni relative ai contratti di lavoro. Tra di esse vi sono le Regole di Shanghai sul Contratto di lavoro (in vigore dal 1° maggio 2002) e i Provvedi- menti di Beijing (in vigore dal 1° febbraio 2002). Queste normative hanno fondamental- mente tentato di affrontare le mutate relazioni di lavoro e di definire standard locali per i contratti di impiego, colmando le persistenti lacune. Il risultato di tali provvedimenti è stato che differenti regioni praticassero differenti standard di trattamento dei lavoratori, sicché standard e regole per questioni relative a contratti di lavoro di una stessa natura mutavano da provincia a provincia. Alcune province, per esempio, contemplavano un ob- bligo di non concorrenza della durata massima di 2 anni, laddove altre province prevede- vano un periodo di 3 anni. È apparsa quindi evidente la necessità di una nuova legislazio- ne del lavoro, da adottare per affrontare alcune di quelle incongruità locali e imporre standard uniformi sul piano nazionale.
Considerando il crescente sviluppo economico, i mutamenti avvenuti nelle regioni e la si-
tuazione di eccesso di manodopera, da ultimo il Governo si è risolto a rivedere la legisla- zione esistente al fine di migliorare i diritti dei lavoratori, per mezzo della formalizzazio- ne di standard omogenei in materia di contratti di lavoro, diritti dei lavoratori a termine e trattamento di fine rapporto.
Le ragioni di un tale impeto riformatore devono probabilmente correlarsi alla crescente urgenza di una questione sociale che la rapida modificazione del mercato del lavoro ha reso ormai ineludibile (cfr. le tavole al termine del presente scritto). Invero, molti dei re- centi atti del Governo cinese, ricondotti allo slogan dello “sviluppo armonico della socie- tà”, manifestano lo sforzo di stemperare gli effetti negativi di una crescita economica di- latatasi senza controllo e al di fuori di ogni aspettativa, della quale, secondo gli analisti, non tutti i lavoratori del Paese hanno beneficiato in egual maniera (cfr. X. XXXXXXX, X. XXXXXXXX, Up to the job? How India and China risk being stifled by a skills squeeze, in Financial Times, 20 luglio 2006). Non stupisce pertanto la manifesta ispirazione pro- labour della nuova legge, esplicitamente dichiarata dall’art. 1. Tuttavia, come si vedrà, nel quadro normativo permangono alcune zone d’ombra che pongono dubbi circa il pieno conseguimento dei dichiarati obiettivi di politica del diritto.
Colpisce, ad una prima osservazione (per un esame più analitico si rinvia al §2), l’evi- dente influenza esercitata sulle norme di tutela dei prestatori dalla tradizione giuslavori- stica occidentale: si considerino ad esempio i limiti e le condizioni a cui si subordina, a vantaggio dei dipendenti, la possibilità di stipulare un patto di non concorrenza (artt. 23 ss.), ovvero la regola di indifferenza dei rapporti di lavoro ai fenomeni di successione tra imprenditori (artt. 33 ss.), e finanche il favor per le forme contrattuali a tempo indetermi- nato a scapito di quelle temporanee, pur se espresso attraverso una semplice presunzione iuris tantum (art. 14).
Degni di particolare interesse, anche con riferimento ai temi più attuali nel dibattito euro- peo, sono gli spunti offerti in merito alla questione dei rapporti tra formazione professio- nale e tecniche di fidelizzazione e retention. Il riferimento è all’art. 22, che consente la stipulazione di una sorta di patto accessorio ai sensi del quale, a fronte dell’erogazione di specifici servizi formativi da parte del datore di lavoro, il prestatore si obbliga a permane- re alle dipendenze dell’impresa fino alla scadenza di un termine. Il patto è assistito da una speciale responsabilità risarcitoria a carico del dipendente che interrompa anzitempo il rapporto: egli dovrà tenere indenne il datore della porzione di investimento formativo non recuperata a causa del recesso.
Tali bagliori di modernità occidentalizzante si innestano tuttavia in un sistema di relazio- ni aziendali ancora retto da schemi culturali intimamente correlati ai costumi locali (il processo evolutivo e i principi fondanti delle relazioni sociali istituite all’interno dei luo- ghi di lavoro – danwei – è illustrato da M.W. XXXXXXX, The making of the Chinese indu- strial workplace, Xxxxxxxxx Xxxxxxxxxx Xxxxx, Xxxxxxxxx, 0000, che ne sottolinea la ten- denza all’auto-conservazione a prescindere dalle vicende politiche ed istituzionali ester- ne). Appare sintomatica in questo senso la presenza di alcuni residui dell’antica conce- zione istituzionalistica dei rapporti di produzione all’interno dell’impresa, emergenti ad esempio nelle norme che condizionano l’esercizio di alcuni poteri datoriali al preventivo esame congiunto (non con le rappresentanze ma) con l’assemblea dei lavoratori (art. 4), ovvero nel vagamente paternalistico divieto di recesso imposto all’imprenditore nei con- fronti dei dipendenti prossimi all’età pensionabile che abbiano maturato una certa anzia- nità di servizio (art. 42, n. 5). Tra questi tributi alla tradizione si cela, poi, la spia più evi- dente dell’incompiutezza del rinnovamento legislativo: il riferimento è alla perdurante o- stilità verso la sedimentazione di una reale – e perciò spontanea – forma di contropotere organizzato. Tale non può ritenersi, allo stato delle cose, la contrattazione collettiva, an- cora ridotta alla subalternità nei confronti del pubblico potere cui l’art. 54 della legge ri- serva la facoltà di approvare l’ipotesi di accordo, pur se già ratificata dai lavoratori. Da
questo punto di vista, sembra ancora remota l’eventualità che la Cina si conformi agli standard internazionali in materia di libertà di organizzazione sindacale e contrattazione collettiva (il riferimento è in particolare alla Dichiarazione sui Principi e Diritti fonda- mentali del lavoro proclamata dall’OIL nel 1998).
2. La nuova legge, che consiste di 98 articoli suddivisi in 8 capitoli, cerca di dare una e- spressa sistemazione ai diritti e ai doveri dei datori e dei prestatori di lavoro ed ha in par- ticolare l’obiettivo di rafforzare la protezione degli interessi di questi ultimi.
In sintesi, la nuova normativa governa tra l’altro la stipulazione, la modificazione e la cessazione dei contratti di lavoro all’interno della Repubblica Popolare Cinese. Data la maggiore inclusività che caratterizza la legge in commento, a fronte della precedente re- golamentazione, essa ha dato luogo ad un inusitato dibattito e al confronto tra differenti punti di vista da parte di studiosi del diritto, rappresentanti del mondo imprenditoriale, camere di commercio e sindacati.
Qui di seguito vengono illustrati, riassuntivamente, i maggiori cambiamenti introdotti e l’impatto da essi prodotto sulle pratiche correnti.
Forma scritta. La legge prevede che il rapporto di lavoro si costituisca sulla base di un contratto scritto, e che abbia inizio il primo giorno di lavoro del dipendente. Se egli inizia a lavorare prima della stipulazione del contratto, questa deve avvenire entro un mese a partire dal primo giorno di lavoro del prestatore. Se il datore omette di produrre un con- tratto di lavoro scritto per un periodo compreso tra un mese e un anno a partire da tale giorno, egli dovrà corrispondere una retribuzione pari al doppio del salario mensile per ciascun mese di lavoro prestato in assenza di contratto. Qualora il datore di lavoro ometta di stipulare con il prestatore un contratto scritto nel primo anno di impiego, il rapporto di lavoro verrà ex lege considerato a tempo indeterminato. Questa rigorosa disposizione di- mostra il proposito del Governo di cambiare le pratiche correnti di numerose compagnie nazionali, che spesso non intrattengono alcun contratto formale con i propri dipendenti. Nell’eventualità che un dipendente sottoscriva un contratto precedentemente all’inizio del suo impiego, la data d’inizio sarà quella del primo giorno effettivo di lavoro, e non quella stabilita ai sensi del contratto. Tale data sarà importante ai fini del computo di intervalli temporali come quelli relativi al periodo di prova e al trattamento di fine rapporto.
Una conseguenza della legislazione è lo scoraggiamento della stipulazione di contratti a tempo determinato. Ai sensi della disciplina in commento, la scadenza del contratto a tempo determinato comporta l’obbligo di corrispondere un’indennità di fine rapporto, laddove tale obbligo non sussisteva nella legislazione precedente. Al datore di lavoro non basta, quindi, lasciare che eventuali problematiche intercorrenti con un prestatore si risol- vano semplicemente attendendo la risoluzione naturale del rapporto, in quanto egli dovrà pur sempre corrispondere una liquidazione. L’altra faccia della medaglia della legislazio- ne, perciò, consiste nell’aumento del costo dello scioglimento di un contratto, nonché nel- la minore flessibilità per le imprese. I contratti di lavoro a tempo indeterminato sono de- stinati a divenire la forma comune di impiego, e in talune circostanze i dipendenti potran- no pretendere la stipulazione di un contratto di tale genere. Inoltre, il periodo massimo di prova in relazione ad un contratto di lavoro a tempo indeterminato sarà limitato a 6 mesi. Regolamenti aziendali e norme sull’organizzazione del lavoro. I regolamenti aziendali e le norme che comunque incidono sugli interessi fondamentali dei dipendenti devono es- sere discusse coi rispettivi sindacati o con gli organi di rappresentanza. La legge in com- mento dispone che qualunque regolamento interno o standard di trattamento adottato, proposto o modificato dal datore, che possa apportare un danno agli interessi fondamen- tali dei prestatori, debba essere sottoposto all’esame e alla discussione dell’organo di rap- presentanza dei dipendenti ovvero dell’assemblea. Il datore di lavoro è, perciò, tenuto a negoziare in buona fede con i sindacati o con le rappresentanze dei lavoratori. La legge include tra gli “interessi fondamentali” dei dipendenti la retribuzione, l’orario di lavoro, i
riposi, i congedi, la sicurezza e l’igiene del lavoro, le prestazioni previdenziali, la forma- zione professionale, la condotta disciplinare e la gestione delle quote di lavoro.
Efficacia dei regolamenti aziendali. Le norme aziendali in materia di retribuzione, orario di lavoro, previdenza, trattamenti accessori, congedi, sicurezza e igiene, formazione pro- fessionale, condotta disciplinare sono efficaci ai sensi della legge in commento alle se- guenti condizioni:
I. che non contrastino con alcuna norma di legge o di regolamento;
II. che siano state adeguatamente comunicate ai lavoratori;
III. che siano state approvate mediante un “processo democratico”, il cui contenuto non è invero esplicitato dalla legge.
Rispetto alla legislazione previgente, la normativa in commento contiene un numero maggiore di disposizioni riguardo alle procedure che un datore di lavoro può adottare ai fini della definizione e della modificazione di un regolamento aziendale:
I. il regolamento dovrà essere formulato previa consultazione di tutti i dipendenti o dei relativi organismi di rappresentanza;
II. eventuali proposte e osservazioni sull’argomento dovranno essere negoziate coi sin- dacati o con i rappresentanti dei lavoratori;
III. i regolamenti della compagnia dovranno essere comunicati ai dipendenti ed essere resi pubblici.
Patto di non concorrenza. Secondo la normativa in esame, il patto di non concorrenza può essere stipulato solo con lavoratori appartenenti al personale dirigenziale dell’im- presa, con i tecnici di più alto grado e con gli altri dipendenti soggetti ad un obbligo di ri- servatezza. Il datore di lavoro e il dipendente possono concordare nel contratto di lavoro l’estensione, la giurisdizione e la durata del patto. La durata non può in ogni caso protrar- si per più di 2 anni. Anche l’ammontare del corrispettivo può essere oggetto di specifica pattuizione. Esso può venire erogato su base mensile immediatamente dopo la scadenza o la risoluzione del contratto di lavoro. In caso di inadempimento, il dipendente è respon- sabile per la liquidazione dei danni in base a quanto prescritto dal contratto di lavoro; i- noltre, il dipendente sarà ritenuto responsabile per le ulteriori perdite che il datore di la- voro abbia patito in conseguenza della trasgressione. La legge non dispone in ordine all’eventuale esonero dagli obblighi pattuiti; si attende tuttavia che la questione venga chiarita con il consolidamento dell’applicazione concreta delle norme.
Scioglimento del contratto e trattamento di fine rapporto. Lo scioglimento di un contratto di lavoro può avvenire in base a diverse cause. Innanzitutto, per mutuo consenso delle parti. Il contratto può, inoltre, perdere efficacia per ragioni quali la scadenza del termine, la morte del lavoratore o per altre circostanze che incidono nella sfera del datore di lavoro (ad esempio la bancarotta).
Previo un congruo preavviso, in genere pari a 30 giorni, è consentito il recesso unilaterale del lavoratore, ai sensi dell’art. 38. Le condizioni che consentono al lavoratore di recede- re dal contratto includono la mancata corresponsione della retribuzione dovuta e degli e- ventuali trattamenti accessori, il mancato rispetto delle pattuizioni contrattuali, o la viola- zione di norme di legge da parte dell’imprenditore. È consentito il recesso unilaterale senza preavviso in situazioni estreme quali la minaccia o la violenza provenienti dal dato- re di lavoro ovvero l’impartizione di direttive che mettano a repentaglio la sicurezza per- sonale.
Il recesso unilaterale del datore di lavoro è previsto dall’art. 39, che ne elenca le condi- zioni. Esse comprendono: l’inadeguatezza del dipendente alle mansioni, manifestata du- rante il periodo di prova; la grave violazione delle norme organizzative e dei regolamenti interni, il compimento di atti di corruzione, che arrechi danni significativi al datore di la- voro; la costituzione di un ulteriore rapporto di lavoro con un distinto datore, in modo tale da compromettere il corretto adempimento degli obblighi verso il primo, la sottoposizio-
ne del dipendente ad un procedimento penale. Il datore può del pari mettere fine al con- tratto quando il lavoratore, al rientro da un congedo per malattia o un infortunio non deri- vante dal lavoro, non sia più in grado di svolgere le mansioni originarie, né quelle all’uo- po predisposte a seguito di un periodo di formazione o di un adattamento dell’organiz- zazione. È inoltre consentito il recesso quando, in seguito ad un cambiamento significati- vo nelle circostanze oggettive sulle quali si faceva affidamento al momento della stipula del contratto di lavoro, la prestazione diviene non più eseguibile e il datore di lavoro e il lavoratore non sono in grado di concordare, mediante consultazione, una modifica del contratto.
Tale ultima situazione allude chiaramente a un difficile periodo finanziario dell’azienda. Si rileva tuttavia che la legge non menziona esplicitamente tra le cause di recesso indivi- duale le circostanze attinenti all’attività produttiva, come ad esempio le ristrutturazioni imprenditoriali. Se apparentemente questa omissione può condurre ad escludere dette cir- costanze dal novero delle cause giustificatrici del recesso, ad un’attenta analisi essa, per l’effetto di privare i lavoratori di precisi motivi di impugnazione del licenziamento da far valere in giudizio, potrebbe essere interpretata come un segno favorevole per le imprese. Se il datore di lavoro sceglie di recedere dal contratto per le ragioni sopra citate, dovrà concedere al lavoratore un preavviso di 30 giorni ovvero un’indennità pari ad una mensi- lità retributiva.
Licenziamenti collettivi. L’art. 41 dovrebbe rivestire un certo interesse per le imprese straniere, dacché ha a che fare con le riduzioni di personale. La nuova legge sui contratti di lavoro sottopone ad una regolamentazione specifica il licenziamento di 20 o più lavo- ratori, o anche di meno di 20 lavoratori nel caso in cui il totale degli esuberi sia pari a un 10% o più della forza lavoro complessiva. Tale disciplina opera in corrispondenza di ri- strutturazioni aziendali ai sensi della recente legge sul fallimento, ovvero quando l’impresa incontri gravi difficoltà o consistenti modifiche nel ciclo produttivo o nelle cir- costanze finanziarie, o ancora quando stia mettendo in atto innovazioni tecnologiche che richiedano una riduzione nella forza lavoro. Più dettagliatamente, la ragioni che giustifi- xxxx un licenziamento collettivo sono:
I. mutamenti connessi a “circostanze oggettive” (inclusa la vendita di quote di maggio- ranza o un trasferimento dell’impianto);
II. “serie difficoltà” intercorse durante la produzione o a motivo di una instabilità finan- ziaria con ripercussioni sul regolare adempimento degli obblighi retributivi.
La nuova legge, estendendo la nozione di licenziamento collettivo, vi ha incluso poi le seguenti, ulteriori circostanze:
III. mutamenti nei modi di produzione, rilevanti innovazioni tecniche o revisione dei me- todi imprenditoriali dell’impresa, in seguito a cui si renda necessaria una riduzione del personale;
IV. un “sostanziale” mutamento delle “circostanze” riguardanti gli obiettivi economici, che renda impossibile per l’impresa adempiere correttamente alle proprie obbligazioni contrattuali.
La legge prescrive al datore di lavoro che intenda procedere ad una riduzione di personale di illustrare preventivamente le circostanze al sindacato oppure a tutti i dipendenti e di valutare le opinioni espresse in sede di consultazione. Sempre in virtù dell’art. 41, il dato- re di lavoro è tenuto a considerare prioritariamente, ai fini della scelta dei dipendenti da mantenere in servizio, le seguenti categorie: coloro che sono stati assunti con un contratto di lavoro a tempo indeterminato ovvero dalla durata relativamente lunga, coloro che rap- presentano gli unici percettori di reddito della propria famiglia. Inoltre, le persone appar- tenenti alla medesima categoria avranno, qualora dovessero essere licenziate, la priorità ai fini di una eventuale riassunzione.
I dipendenti sono tutelati contro il recesso datoriale dall’art. 42, in relazione a circostanze
quali l’insorgenza di malattie o infortuni derivanti da fattori lavorativi, ovvero a fronte di una patologia extralavorativa (nei limiti di un periodo di comporto), o ancora – nel caso delle lavoratrici – per i periodi di gravidanza, puerperio, o allattamento.
Agli investitori stranieri, infine, potrebbe risultare di un certo interesse l’art. 46, laddove si statuisce che il datore di lavoro è tenuto ad erogare una indennità di fine rapporto in corrispondenza di una larga gamma di circostanze, tra le quali: dimissioni del lavoratore ai sensi del succitato art. 38; estinzione del contratto per mutuo consenso; fallimento e conseguente cessazione dell’attività d’impresa, circostanza quest’ultima nella quale non è peraltro difficile immaginare la difficoltà, per il datore di lavoro, di poter corrispondere effettivamente il trattamento di fine rapporto. Nella maggior parte dei casi l’ammontare del trattamento è calcolato in base ad una mensilità retributiva per ogni anno di anzianità. Il ruolo dei sindacati. La legge prefigura una relazione tripartita tra datore di lavoro, sin- dacato e lavoratori, ed impone loro un onere di mutua consultazione riguardo ai contenuti del rapporto di lavoro, come le retribuzioni, i trattamenti accessori, le ferie, e la sicurezza. Peraltro, nell’eventualità di una mancata composizione della controversia la legislazione non specifica a chi spetti l’autorità finale, benché appaia intuitivo che essa rimanga ap- pannaggio del datore di lavoro. Qualora un comportamento datoriale dovesse provocare una lesione degli interessi dei dipendenti, il sindacato può ricorrere ad una commissione arbitrale appositamente costituita su base territoriale. La legislazione stabilisce che la bozza del contratto collettivo di lavoro debba essere approvata da tutti i dipendenti o dai relativi organismi di rappresentanza. Il sindacato ha il potere di sottoscrivere contratti collettivi nell’interesse dei lavoratori, ma non può costituirsi in giudizio in rappresentanza di un singolo prestatore. È permesso invece al sindacato prestare assistenza e sostegno al lavoratore che instauri una causa.
Il ruolo del Governo. Ai sensi della legge in commento, varie autorità amministrative (sia l’autorità amministrativa dipendente dal Consiglio di Stato, sia i suoi equivalenti locali) sono responsabili per l’applicazione della nuova legge e del sistema contrattuale da essa introdotto, nonché per il monitoraggio sui datori di lavoro e per la garanzia dell’effettività dell’apparato sanzionatorio. Per quanto riguarda il monitoraggio, le autorità locali sono ora responsabili di verificare la corretta applicazione della legge nei settori di propria competenza. L’art. 74 fornisce una lista di tematiche sulle quali l’attività ispettiva dovrà concentrarsi in modo particolare: la formulazione di norme e regolamenti interni che pro- ducono conseguenze dirette sugli interessi immediati dei lavoratori, e l’attuazione dei medesimi; l’applicazione da parte delle imprese delle norme statuali sull’orario di lavoro, sui riposi e sui congedi; il corretto adempimento degli obblighi retributivi. Le imprese dovranno inoltre essere consapevoli che, in virtù dell’art. 75, alle autorità amministrative del lavoro è conferito il potere di conoscere in merito a qualsiasi contratto di lavoro e ma- teria connessa, anche per mezzo di ispezioni sul campo. Sia il datore di lavoro sia il di- pendente hanno il dovere di rendere disponibile tale materiale per le suddette attività di controllo. L’art. 79 stabilisce che lavoratori e datori di lavoro abbiano inoltre il dovere di riferire le violazioni della legislazione sul lavoro alle competenti autorità; queste ultime, da parte loro, dovranno mettere in atto le appropriate investigazioni sulle questioni ogget- to di denuncia.
Lavoro a tempo parziale. La normativa in commento ha diminuito il numero massimo di ore lavorative per i dipendenti part-time, portandole da 5 ore giornaliere (o 30 settimana- li) a 4 ore giornaliere (o 24 settimanali) presso lo stesso datore di lavoro. La retribuzione dei dipendenti a tempo parziale non può essere inferiore al minimo salariale orario defini- to dal governo della regione in cui l’impresa è collocata. La legge dispone, poi, che la frequenza di pagamento per tali dipendenti non debba essere più ampia di 15 giorni.
Periodo di prova. Spinta dall’obiettivo di porre fine ad una cronica situazione di abuso a danno dei lavoratori, la legge istituisce rigide limitazioni alla durata del periodo di prova,
prescrivendo che esso venga modulato sulla base del termine apposto al contratto di lavo- ro. Per i contratti di lavoro con un termine non superiore ad un anno, il periodo di prova deve essere inferiore al mese. Per i contratti di durata compresa tra uno e 3 anni, il perio- do di prova non dovrà eccedere i 3 mesi. Per i contratti di durata superiore o a tempo in- determinato, la prova non potrà estendersi ad oltre 6 mesi. La legge richiede, inoltre, che la retribuzione corrisposta durante il periodo di prova non sia inferiore all’80% dei mini- mi salariali vigenti nella località in cui l’impresa è situata. La legge prevede poi che il da- tore di lavoro possa recedere dal contratto, durante il periodo di prova, senza preavviso e indennità di fine rapporto quando il dipendente venga ritenuto inadeguato allo svolgimen- to delle mansioni pattuite, oppure abbia violato le regole e gli standard di comportamento stabiliti dal datore di lavoro, o si dimostri in altro modo incapace di realizzare la presta- zione dovuta.
Formazione professionale. Il datore di lavoro può concordare con il prestatore l’appo- sizione al contratto di un termine minimo di durata, a fronte dell’assunzione, da parte del primo, dell’obbligo di destinare un finanziamento speciale a fini di formazione professio- nale. Il dipendente che violi tale accordo può essere tenuto a risarcire il datore, entro un limite massimo, per le spese di formazione sostenute.
Lavoro tramite agenzia. Secondo la legge, i lavoratori in somministrazione non devono patire discriminazioni rispetto ai dipendenti dell’impresa utilizzatrice, a parità di mansio- ni. In particolare, sull’utilizzatore ricadono i seguenti obblighi:
1. comunicare ai lavoratori in missione i contenuti delle mansioni e il trattamento retri- butivo;
2. rispettare gli standard di trattamento e fornire in misura corrispondente adeguati li- velli di condizioni di lavoro e di protezione dell’ambiente di lavoro;
3. corrispondere la retribuzione per lo straordinario e gli incentivi di produzione e for- nire le prestazioni supplementari adeguate alla posizione ricoperta;
4. fornire una formazione pari a quella erogata ai propri dipendenti;
5. armonizzare il trattamento retributivo con gli stessi standard in vigore per i propri di- pendenti.
I lavoratori in somministrazione godono inoltre del diritto di iscriversi al sindacato ope- rante presso l’impresa utilizzatrice.
Invalidità dei contratti di lavoro. In seguito all’emanazione della nuova disciplina, il con- tratto di lavoro è invalido in presenza di una delle seguenti circostanze: quando il consen- so alla stipulazione o alla modifica del contratto è stato ottenuto con minacce o altre for- me di violenza; quando il contenuto del contratto sia contrario a disposizioni di legge o di regolamento; quando il dipendente venga indotto a negoziare rinunzie o transazioni su di- ritti indisponibili. Di quelle innanzi elencate, solo quest’ultima circostanza è stata intro- dotta dalla legge in commento, costituendo pertanto una reale novità. I datori di lavoro dovranno d’ora in avanti essere particolarmente cauti nel concordare deroghe in materia di lavoro straordinario o trattamento di fine rapporto. Anche in presenza di una transazio- ne scritta, infatti, il datore di lavoro rischia di incorrere in una dichiarazione di invalidità da parte di un tribunale o di una Commissione arbitrale del lavoro.
Responsabilità legali. Il cap. 7 della legge sui contratti di lavoro conferisce all’autorità amministrativa il potere di imporre ai datori di lavoro, mediante preavviso, l’ottempe- ranza alle disposizioni normative nei casi in cui venga rilevata un’infrazione. Le possibili infrazioni includono la sottoscrizione di contratti di lavoro non conformi a disposizioni imperative e la definizione di regolamenti interni che vìolino le norme di legge, per e- sempio estendendo il periodo di prova oltre il limite legale od omettendo di fornire ai di- pendenti, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, la documentazione pre- scritta. Specifiche sanzioni amministrative pecuniarie possono essere irrogate al datore di lavoro che trattenga indebitamente il permesso di residenza del lavoratore o i suoi docu-
menti d’identità, ovvero gli effetti personali del lavoratore o ancora i documenti attestanti i precedenti contratti sottoscritti da quest’ultimo.
Il datore di lavoro è soggetto anche a responsabilità civile, quando una delle suddette vio- lazioni dia luogo ad un danno. Sussiste una responsabilità civile anche quando il datore di lavoro produca un danno al prestatore con espedienti quali violenza fisica, minaccia, de- tenzione, perquisizioni illegali, quando impartisca al lavoratore istruzioni per eludere re- gole o regolamenti ovvero intimi l’ordine perentorio di eseguire operazioni pericolose che minacciano la sua incolumità (come ad esempio quello di operare in un luogo conta- minato). In virtù dell’art. 88, tali comportamenti possono anche implicare una responsabi- lità penale del datore di lavoro.
Per quanto riguarda la retribuzione, il cap. 7 della legge in commento definisce standard precisi. L’erogazione di una retribuzione inferiore al livello minimo, così come la manca- ta corresponsione del compenso per lavoro straordinario o dell’indennità di fine rapporto, obbliga il datore di lavoro a versare la parte residua. Qualora la retribuzione non venga corrisposta nei termini temporali stabiliti dalle autorità amministrative, il datore di lavoro è obbligato al pagamento di una multa pari ad una somma compresa tra il 50% e il 100% dell’ammontare previsto dal contratto di lavoro (art. 85).
Anche i lavoratori possono essere ritenuti responsabili civilmente per l’illegale sciogli- mento del contratto, per la violazione del vincolo di riservatezza o del patto di non con- correnza.
Ambedue le parti possono essere ritenute civilmente responsabili, congiuntamente e indi- vidualmente, nel caso in cui l’imprenditore assuma un dipendente il cui contratto di lavo- ro precedente sia ancora valido, determinando così un danno al precedente datore di lavo- ro. Responsabilità civili e amministrative sussistono poi in capo alle agenzie di fornitura che vìolino la legge sui contratti di lavoro. Anche le imprese utilizzatrici possono essere esposte a responsabilità, qualora dal suddetto comportamento derivi un danno per il lavo- ratore. Un tipo di responsabilità congiunta e individuale è prevista dall’art. 94 in capo ai soggetti adibiti alla stipula di contratti per l’esercizio di attività di impresa, allorché essi assumono lavoratori in violazione delle disposizioni di legge e da ciò derivi un danno ai lavoratori. L’art. 95 attribuisce responsabilità civili anche alle autorità amministrative e agli altri organismi governativi competenti, quando omettano di osservare i propri obbli- ghi statutari oppure esercitino la propria autorità in violazione della legge, in tal modo provocando un danno ad un lavoratore o ad un datore di lavoro. In tali casi, i pubblici funzionari possono incorrere in sanzioni amministrative e penali.
Disposizioni integrative ed esenzioni. Le disposizioni integrative chiariscono che i con- tratti di lavoro conclusi precedentemente al 1° gennaio 2008 seguitano a essere validi. Nel caso in cui ad una persona assunta prima del gennaio 2008 sia riconosciuto, ai sensi della nuova legge, il diritto ad una indennità di fine rapporto precedentemente non dovu- ta, l’anzianità lavorativa verrà calcolata a tal fine solo a partire da quella data. Qualora invece la normativa previgente attribuisca al prestatore il diritto a tale indennità, la vec- chia disciplina troverà applicazione anche nel caso in cui il rapporto sia venuto a cessare dopo il 1° gennaio 2008.
3. È difficile poter valutare, con un certo grado di attendibilità, quale sarà il reale impatto di questa nuova legislazione, tanto temuta dalle multinazionali occidentali e americane in particolare, sulle dinamiche di funzionamento del mercato del lavoro cinese e, indiretta- mente, sugli equilibri economici e sociali della nuova Cina nello scenario internazionale e comparato (per alcune considerazioni in merito cfr. X. XXXXXX (a cura di), China’s Labor Market and Proactive Employment Policy, OECD, 2007, e X. XXXXXX, X. XXX (a cura di), China’s Labor Market Performance and Challenges, International Monetary Fund, Working Paper, 2003, in 🕮 indice A-Z, voce Cina). Certo è che si tratta di una svolta culturale di non poco conto, e non solo in relazione alla pregressa esperienza di una eco-
nomia centralizzata e rigidamente pianificata dallo Stato. Non è revocabile in dubbio, pertanto, che dopo questa legge le prospettive di regolazione dei rapporti economici e so- ciali in Cina cambino drasticamente.
È presumibile tuttavia che la nuova disciplina, nell’innalzare gli attuali (bassi) standard normativi di tutela dei lavoratori cinesi, non avrà nel breve periodo un elevato tasso di ef- fettività. Sotto questo profilo, gli interrogativi circa la reale portata delle recenti innova- zioni sono legittimati dalla consolidata abitudine al permissivismo dell’apparato xxxxxx- strativo nei confronti dell’inosservanza delle “regole del gioco”, frequentemente motivata dal timore che un’eccessiva severità della vigilanza sul rispetto delle norme possa andare a detrimento dello sviluppo economico (cfr. GLOBAL LABOR STRATEGIES, Undue In- fluence: Corporations Gain Ground in Battle over China’s New Labor Law – But Hu- man Rights and Labor Advocates Are Pushing Back, 2007, in 🕮 indice A-Z, voce Cina). Un ulteriore connotato culturale che il rinnovato impianto ispettivo e sanzionatorio è chiamato a rimuovere. A tale proposito, il più rilevante elemento di novità introdotto dal- la legge in commento è costituito dall’attribuzione al lavoratore della facoltà di promuo- vere uti singulus l’intervento ispettivo pubblico per reprimere gli eventuali abusi perpe- trati a proprio danno (art. 77).
Tralasciando alcune giustificate perplessità, tuttavia, resta il fatto che questa legge rap- presenta un passaggio obbligato per consolidare definitivamente un vero e proprio merca- to del lavoro che, almeno nella accezione comune alle economie occidentali, ancora oggi non esiste. E così sarà ancora a lungo, almeno fino a quando anche in Cina non si stabili- ranno un libero sindacato e un effettivo sistema di relazioni industriali (oggi esiste il sin- dacato unico, denominato All China Federation of Trade Unions – ACFTU, subordinato politicamente e istituzionalmente al Partito Comunista Cinese. Sull’attuale sistema di re- lazioni industriali cinese, e sulle prospettive evolutive, cfr. X. XXXXXX, X. XXXX, Industrial Relations System and Recent Developments in Xxxxx, Xxxxxxxxxx xx Xxxxx Xxxxxxxxx, 0000, in 🕮 indice A-Z, voce Cina. Si veda altresì, per uno studio di settore, X. XXXX, X. XXXXXX, Collective Contracts in the Shenzhen Special Economic Zone in China, in I- JCLLIR, 2006, qui 469-506), in grado di trasporre nella prassi dei rapporti di lavoro, an- che mediante il riconoscimento del diritto sciopero (diritto che oggi è ancora negato ai la- voratori), i precetti normativi formali e astratti.
Tavola 1 – La struttura del mercato del lavoro nel 1990.
Tavola 2 – La struttura del mercato del lavoro nel 2005.
Xxxxxxx Xxxxxxxxxx Professore ordinario di Diritto del lavoro – Università degli Studi di Modena e Reggio Xxxxxx
Xxxxxx Senatori Ricercatore – Fondazione Xxxxx Xxxxx
Xxxxx Xx Scuola internazionale di Alta formazione in Relazioni industriali e di lavoro
Adapt – Fondazione Xxxxx Xxxxx – Università degli Studi di Modena e Reggio Xxxxxx
2. Paesi Bassi
3.1. XXX XXXXXXXX, XXX XXXXXXXX (a cura di), Wage Structure and Labour Mobility in the Netherlands, 1999-2003 (in 🕮 Boll. Adapt, 2007, n. 28).
Struttura retributiva e mobilità dei lavoratori
Sommario: 1. Cenni sul sistema retributivo olandese: ruolo del Governo e delle parti sociali. – 2. La mobilità dei lavoratori nei Paesi Bassi.
1. In questo articolo due ricercatori dell’università di Maastricht espongono i risultati di un’analisi longitudinale dell’andamento delle retribuzioni e della mobilità dei lavoratori in Olanda. Utilizzando estrazioni effettuate a partire da banche dati amministrative, gli Autori si interrogano su quali siano le determinanti del livello delle retribuzioni, metten- do a confronto l’effetto del sistema centralizzato di contrattazione dei salari e le sollecita- zioni del mercato.
Per lo studioso interessato alle relazioni industriali e ai differenziali retributivi, il saggio in esame, oltre a proporre una metodologia statistica per comprendere gli andamenti sala- riali si occupa di analizzare tali dati empirici alla luce di una proposta ricostruttiva del si- stema di relazioni industriali presente nei Paesi Bassi. L’analisi complessiva che ne scatu- risce, di connotazione interdisciplinare, mostra pertanto uno specifico interesse per il ri- cercatore con formazione giuridica come per l’economista e il sociologo. Il contributo dei due ricercatori risulta infatti strutturato in due parti. Nella prima, viene descritto in modo